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sezione V; decisione 2 febbraio 1996, n. 135; Pres. Ancona, Est. Santoro; Comune di Perugia e Min....

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sezione V; decisione 2 febbraio 1996, n. 135; Pres. Ancona, Est. Santoro; Comune di Perugia e Min. finanze c. Associazione proprietà edilizia di Perugia. Conferma Tar Umbria 11 maggio 1995, n. 163 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 199/200-203/204 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190349 . Accessed: 28/06/2014 17:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 17:39:52 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V; decisione 2 febbraio 1996, n. 135; Pres. Ancona, Est. Santoro; Comune di Perugia eMin. finanze c. Associazione proprietà edilizia di Perugia. Conferma Tar Umbria 11 maggio1995, n. 163Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 199/200-203/204Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190349 .

Accessed: 28/06/2014 17:39

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PARTE TERZA

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 2 febbraio 1996, n. 135; Pres. Ancona, Est. Santoro; Comune di Perugia e Min. finanze c. Associazione proprietà edilizia di Perugia. Conferma Tar Umbria 11 maggio 1995, n. 163.

Tributi locali — Imposta comunale sugli immobili — Determi nazione della aliquota — Riferimento a futuro fabbisogno economico finanziario del comune — Illegittimità (D.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, riordino della finanza degli enti terri

toriali, a norma dell'art. 4 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 6).

È illegittima la delibera della giunta comunale (nella specie, del comune di Perugia) che stabilisce l'aliquota dell'imposta co munale sugli immobili (nella specie, per il 1993) nella misura massima del sei per mille, non già in presenza di un fabbiso gno economico finanziario predeterminato ed emergente alla data di approvazione del bilancio di previsione ovvero a quel la di approvazione della delibera impugnata, bensì'con riguardo ad un fabbisogno futuro, ancora in fase di studio e possibile oggetto di deliberazione in sede di variazione al bilancio. (1)

Diritto. — 1. - Gli appelli sono rivolti contro la medesima sentenza e debbono pertanto essere decisi congiuntamente.

In punto di fatto va ricordato che con delibera 25 febbraio

1993, n. 703 la giunta comunale di Perugia aveva determinato

l'aliquota dell'Ici al 6 per mille per l'anno 1993. Avverso tale delibera gli appellati proponevano ricorso noti

ficato il 26 aprile 1993 al Tar per l'Umbria, deducendo anche questioni di legittimità costituzionale.

Dopo la sentenza Corte costituzionale n. 263 del 24 giugno 1994 (Foro it., 1994, I, 2312) che dichiarava in parte non am missibili ed in parte non fondate le questioni sollevate, con la sentenza appellata il Tar ha annullato la delibera per insuffi cienza della motivazione. La sentenza si fonda sul punto che dall'ordinamento giuridico, e in particolare dal sistema della fi nanza locale, deriva il principio per il quale l'esercizio del pote re impositivo dell'ente locale — nel caso, in esame — «non

può legittimamente prescindere da una adeguata istruttoria pre ventiva dalla quale emerga la formale individuazione delle spese

(1) Non si rinvengono, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, precedenti in tali esatti termini.

Tar Umbria 11 maggio 1995, n. 163, ora confermata, si legge in Cor riere trib., 1995, 2804, e Arch, locazioni, 1995, 679, con nota di Gan dulla; di tale giudice territoriale, v. anche ord. 6 dicembre 1993, n. 480, Foro it.. Rep. 1994, voce Tributi locali, n. 92, con cui è stata rimessa alla Corte costituzionale (che l'ha respinta con sentenza 24 giu gno 1994, n. 263, id., 1994, I, 2312, con nota di richiami; Bollettino trib., 1994, 1131, con nota di Righi; Corriere trib., 1994, 1907, con nota di Trimeloni; Arch, locazioni, 1994, 485, con nota di D'Amico; la sentenza è annotata anche da Baiiello, in Riv. giur. trib., 1994, II, 837, e da R. Bagoio, in Finanza loc., 1995, 1133) la questione di costituzionalità del d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504 in materia di impo sta comunale sugli immobili (lei).

Nella decisione in epigrafe, il Consiglio di Stato ribadisce poi l'inesi stenza di un obbligo di motivazione della delibera, generale ed astratta, di determinazione delle aliquote dell'imposta (con conseguente inconfi gurabilità del vizio di difetto o insufficiente motivazione), al contempo riaffermando l'ammissibilità di un controllo di legittimità sotto altri profili sulla motivazione o sui presupposti di fatto comunque addotti dall'amministrazione: sul punto, v., con riferimento alla tassa sui rifiuti solidi urbani, Tar Emilia Romagna, sez. Parma, 30 maggio 1988, n. 185, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 159.

Sulla delibera di determinazione dell'aliquota dell'Ici, v. anche, per altri aspetti, Tar Sardegna 6 ottobre 1994, n. 1771, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 94, 95, che ha ravvisato l'illegittimità della delibera adot tata da un consiglio comunale per la determinazione in misura unica dell'aliquota dell'imposta per l'anno 1993 prima ancora della emana zione del d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, sulla sola base della legge di delega 421/92.

Il Consiglio di Stato, in motivazione, afferma — sulla scorta di quel la sua giurisprudenza (v., ex plurimis, sez. VI 31 ottobre 1992, n. 841, id., Rep. 1992, voce Giustizia amministrativa, n. 591) che ravvisa l'am missibilità delle impugnative proposte da associazioni di categorie (v. in proposito anche Tar Lazio, sez. I, 4 settembre 1992, n. 1094, id., Rep. 1993, voce cit., n. 403, e, per altra parte, id., 1994, III, 160) — la legittimazione attiva della associazione della proprietà edilizia a ricorrere avverso la delibera di determinazione dell'aliquota lei; nel sen so che, invece, è inammissibile l'azione proposta da un'associazione di proprietari di fabbricati per l'annullamento della deliberazione comu nale istitutiva della sovraimposta sul reddito dei fabbricati (Socof), v. Tar Lombardia, sez. Brescia, 9 maggio 1984, n. 444, id., 1984, III, 243.

Il Foro Italiano — 1996.

certamente da assumere e da finanziare mediante il relativo mag giore o minore gettito dell'Ici, né può prescindere dall'esterna zione in modo congruo e sufficiente delle ragioni che inducono annualmente l'ente territoriale ad imporre una aliquota più gra vosa rispetto a un'altra meno gravosa». La potestà impositiva deve infatti intendersi «circoscritta» ai fini da raggiungere, che per l'Ici sono quelli di ripianare un fabbisogno finanziario an nuale variabile «da verificare puntualmente anno per anno». In base a tali premesse la sentenza ha ritenuto motivata illogica mente la delibera impugnata, in quanto in essa la determinazio ne della aliquota era avvenuta in relazione ad impegni di spesa ancora in fase di studio ed eventualmente da deliberare in sede di variazione al bilancio 1993, mentre avrebbe dovuto fare rife rimento esclusivamente al fabbisogno finanziario attuale.

Avverso tale sentenza hanno proposto distinti appelli il mini stero delle finanze ed il comune di Perugia.

Il ministero appellante ha dedotto innanzitutto difetto di le

gittimazione e di interesse a ricorrere, in quanto l'associazione odierna appellata, nel proporre ricorso al Tar Umbria, avrebbe

esplicitamente indicato di proporlo «in nome e per conto dei

propri associati», escludendo cosi di allegare un proprio perso nale interesse legittimo, in assenza di procure speciali ed in as senza di indicazione di situazioni soggettive facenti capo a «ter zi» soggetti.

Ha dedotto anche la sopravvenuta improcedibilità del ricorso in quanto il comune di Perugia ha esibito la propria delibera consiliare n. 62 del 26 aprile 1993, disponente variazioni del bilancio nelle quali è indicato (tra le entrate) il maggior gettito dell'Ici conseguente all'applicazione della aliquota del 6 per mille.

Ha poi dedotto violazione dell'art. 3 1. n. 241 del 7 agosto 1990 e dei principi generali, in quanto la delibera comunale che, integrando la legge dello Stato, annualmente determina l'ali

quota dell'Ici, è un atto generale ed astratto, avente i connotati sostanziali dell'atto normativo. Invece, la sentenza impugnata al riguardo erroneamente asserisce che la natura dell'atto in que stione ben difficilmente può essere assimilata a quella degli atti a contenuto generale trattandosi di atto «destinato ad incidere su soggetti passivi determinati e/o determinabili», senza consi derare che i proprietari di immobili possono mutare, in misura

più o meno sensibile, anche nel corso di un solo anno solare, ed introducendo cosi oneri di motivazione non previsti dalla

legge. L'unico limite sarebbe, appunto, quello di determinare

l'aliquota tra un tetto minimo e un tetto massimo, mancando

qualsiasi riferimento, nella legge, a situazioni sociali od economico-finanziarie che debbano essere tenute presenti in se de di determinazione (ad eccezione del caso in cui si fissi l'ali quota del sette per mille). Ha poi dedotto violazione di legge (in particolare, dell'art. 6 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504) ed eccesso di potere, in quanto l'unico limite posto dalla legge alla discrezionalità del comune sarebbe quello dei limiti minimo e massimo dell'aliquota, mentre non sussisterebbe l'ulteriore li mite implicito ravvisato dal Tar Umbria, e cioè la necessità del presupposto di una «particolare esigenza» del comune. E ciò — secondo il deducente ministero — senza considerare che con dizionare la determinazione nel febbraio 1993 di una aliquota superiore al quattro per mille alla anteriore adozione di un bi lancio di previsione in perdita (e perciò con necessità di maggio re gettito tributario) equivarrebbe a rendere inapplicabile e pri vo di significato l'art. 18, 1° comma, d.leg. n. 504 del 1992, posto che l'art. 55, 2° comma, 1. 8 giugno 1990 n. 142 prescrive il pareggio economico e finanziario del bilancio di previsione degli enti locali. Infine, sempre secondo il ministero, non vi sarebbe difetto di istruttoria e di motivazione nella delibera di

giunta 25 febbraio 1993 cit., in quanto la determinazione della

aliquota del sei per mille è stata preceduta da una ricognizione delle pur sottodimensionate esigenze finanziarie dell'esercizio.

2. - Osserva a sua volta il comune appellante che, in base al principio di unicità del bilancio, non sussiste un collegamen to tra singole poste di spesa ed entrate tributarie di diversa na tura destinate a finanziarle, salvo che ciò non sia previsto da

specifiche disposizioni di legge che, per quanto riguarda l'Ici, non esistono. Per l'anno 1993 la prevista acquisizione allo Stato del gettito derivante dall'aliquota del 4% avrebbe comunque reso impraticabile un adeguamento dell'aliquota al fabbisogno. Nell'ambito dell'autonomia impositiva dell'ente locale l'art. 54 1. 8 giugno 1990 n. 142 stabilisce esclusivamente il principio (ed il limite) per il quale le entrate fiscali comunali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comuni tà, in base ad una autonoma valutazione dell'ente, ed integrano

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi indispensa bili. L'art. 55 successivo enuncia i criteri di contabilità pubblica dell'università, dell'integrità e del pareggio economico-finanziario.

Nel rispetto di tali limiti e principi, la determinazione del fabbi sogno finanziario e dei mezzi necessari per il pareggio non ri

chiederebbe secondo il comune alcuna motivazione specifica, tantomeno, in particolare, quella motivazione che la sentenza

ha ritenuto «ineludibile». Secondo il deducente l'obbligo di mo tivazione individuato dal Tar concernerebbe una motivazione

specifica circa l'impostazione del bilancio di previsione e delle

singole poste di spesa, e non già (o non soltanto) della delibera

zione che ha fissato la misura dell'aliquota nei limiti contenuti nella legge. Senonché, nel rispetto dei principi normativi che

regolano l'esercizio della potestà finanziaria, l'impostazione del

bilancio costituirebbe una scelta riservata all'autonomia ammi

nistrativa dell'ente e non richiederebbe alcuna motivazione a

giustificazione delle entrate tributarie in esso previste, essendo

le ragioni delle scelte intrinseche agli elementi attivi e passivi dai quali il bilancio è formato. Ne deriverebbe altresì, per quanto

riguarda il controverso obbligo di motivazione circa la misura

dell'imposizione tributaria, che la delibera che esercita una tale

potestà non può essere considerata come un atto amministrati

vo, essendo invece una fonte di normazione secondaria, diretta

a determinare quegli elementi della fattispecie impositiva che il legislatore ha affidato alla scelta dell'ente locale entro criteri

predeterminati. E poiché il legislatore all'art. 4 1. n. 421 del

23 ottobre 1992 (norma di delega del decreto istitutivo dell'Ici), non ha richiesto alcuna specifica motivazione della scelta del

comune di determinare una aliquota variante tra il quattro e

il sei per mille, né ha collegato la misura dell'aliquota a situa zioni particolari di carattere sociale ed economico o di bilancio, l'atto che la determina entro i limiti normativi sarebbe da consi

derarsi legittimo per il solo fatto che esso costituisce espressione della potestà impositiva attribuita al comune dalla legge e che

tale potestà è esercitata nel rispetto dei limiti nonché dei criteri

dalla stessa legge prestabiliti. La correlazione tra predetermina zione del fabbisogno finanziario annuale e determinazione del

l'aliquota lei, affermata nella sentenza appellata, sarebbe peral tro smentita dalla legge stessa, laddove prevede che, in assenza

di deliberazione di determinazione dell'aliquota, si applica quel la del quattro per mille; a dimostrazione di come Pici sia esclu

sivamente riferibile all'autonomia finanziaria dell'ente locale e

non già ad uno specifico fabbisogno finanziario emergente dal

bilancio di previsione. Il comune appellante, come il ministero, ha anche contestato

il principio per il quale gli atti a contenuto generale non sono

soggetti all'obbligo di una motivazione specifica ritenuto dal

Tar inapplicabile nel caso in cui un atto sia manifestazione di un potere che incide sulle proprietà immobiliari di soggetti pas sivi «determinati» o «determinabili», sostenendo che la delibera

in esame, in quanto atto a carattere generale, è legittima perché adottata nel rispetto dei presupposti fissati dalla legge, senza

che sia anche necessaria in essa una motivazione analoga a quella richiesta per gli atti amministrativi a carattere particolare. Ha

anche dedotto ultrapetizione, in quanto l'«inversione logico

giuridica del ragionamento che ha condotto alla determinazione

dell'aliquota lei al sei per mille» censurata dal Tar Umbria,

configura un vizio di legittimità dell'atto impugnato non dedot

to con il ricorso introduttivo, e comunque infondato perché la

determinazione dell'aliquota del sei per mille non sarebbe priva di coordinazione con l'impostazione del bilancio; sarebbe avve

nuta in fasi successive a causa dei tempi imposti dal legislatore; risulterebbe inoltre adeguatamente motivata con riferimento al

fabbisogno evidenziato nella relazione al bilancio di previsione, e il cui soddisfacimento era stato in quella sede rinviato alle

variazioni da adottare successivamente alla determinazione del

l'aliquota e quindi del gettito lei. 3. - L'eccezione del difetto di legittimazione attiva dell'asso

ciazione appellata è da disattendere.

È noto che le associazioni di utenti sono legittimate ad impu

gnare dinanzi al giudice amministrativo le disposizioni contenu

te in atti amministrativi generali, anche a contenuto normativo, ravvisate lesive degli interessi degli associati, in quanto si tratti

di disposizioni autoritativamente determinate dalla pubblica am

ministrazione in virtù di specifici poteri ad essa attribuiti (tra le altre, si veda Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 1992, n. 841,

Foro it., 1993, III, 147). Né si può far derivare dal tenore della prospettazione della propria domanda la legittimazione ad cau

sarti dell'appellata, dovendosi viceversa fare riferimento, a tale

Il Foro Italiano — 1996.

fine, anche e soprattutto all'interesse sostanziale fatto valere dal

l'associazione, che nella specie concide, nei confronti dell'atto

impugnato, con quello dei suoi associati.

Anche l'eccezione di improcedibilità del ricorso di primo gra do, eccepita dal ministero, è da disattendere. Infatti la delibera

consiliare n. 62 del 26 aprile 1993, recante variazioni del bilan cio nelle quali è indicato (tra le entrate) il maggior gettito dell'I

ci conseguente all'applicazione dell'aliquota del 6 per mille, è

a ben vedere un atto meramente conseguenziale a quello qui

impugnato, e non ne determina certamente alcuna modifica sa

tisfattiva per gli originari ricorrenti.

4. - Altra questione preliminare, sulla quale è da soffermarsi, consiste nella rilevata retroattività della determinazione im

pugnata. Al riguardo è necessario ricordare che la delibera impugnata

è stata adottata in puntuale applicazione dell'art. 18 (concer nente «disposizioni transitorie») del d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504 istitutivo dell'Ici, secondo cui, «per l'anno 1993 la delibera della giunta comunale, con cui viene stabilita l'aliquota dell'im

posta comunale sugli immobili ai sensi del 1° comma dell'art.

6, deve essere adottata entro il 28 febbraio 1993».

Poiché la delibera si riferisce appunto all'anno 1993, ed è

stata adottata il 25 febbraio 1993, ne consegue che essa non

soltanto ha rispettato il termine prescritto dalla norma, ma an che che la decorrenza dei suoi effetti trova puntuale disciplina nella stessa norma citata e che dunque la questione prospettata non può essere di pretesa illegittimità per retroattività di un

atto amministrativo (cioè di violazione dell'art. 11 disp. prel.

c.c.), ma semmai di illegittimità costituzionale dell'art. 18 cit.

Ma è noto che il divieto di retroattività della legge, contenuto

nell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, non aven

do il rango di precetto costituzionale se non nel campo delle

leggi penali, può essere derogato, anche per le leggi tributarie, con una semplice legge ordinaria; anche in tale materia pertan to il legislatore può imporre una linea di condotta che il singolo deve seguire per l'avvenire anche se il presupposto di fatto cui la legge ricollega l'esercizio del potere d'imposizione si sia veri

ficato prima dell'entrata in vigore della norma istitutiva del tri

buto (Cass. 13 settembre 1979, n. 4755, id., Rep. 1979, voce

Fabbricazione (imposta), n. 49). E nella specie è chiaro che l'a

dozione entro il 28 febbraio 1993 della determinazione dell'ali quota lei per lo stesso anno non è idonea a scalfire il principio secondo cui il presupposto del tributo in esame dovesse essere

anteriore all'entrata in vigore della norma impositiva, conside

rato che il 2° comma dell'art. 1 d.leg. 30 dicembre 1992 n.

504, indica quale presupposto dell'imposta il possesso di fabbri

cati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli stru mentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività del

l'impresa. Ed è appena il caso di osservare che tale ordine di

problemi può avere rilevanza esclusivamente in sede di applica zione del tributo, e non già di impugnativa in sede di legittimità della delibera comunale determinativa dell'aliquota.

4. - Altra questione irrilevante, ma con conseguenze diverse da quella da ultimo affrontata, è quella relativa alla generalità ed astrattezza della delibera impugnata.

Ora, non v'è chi non veda che la questione è irrilevante —

anche alla luce dell'art. 3, 2° comma, 1. 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui «la motivazione non è richiesta per gli atti normati

vi e per quelli a contenuto generale» — in ordine alla configu rabilità del vizio di eccesso di potere per illogicità della motiva

zione, accolto dai primi giudici e ritenuto fondato dalla sezione.

Quest'ultima disposizione riguarda infatti l'obbligo della mo

tivazione ed il correlato vizio di eccesso di potere per insuffi

cienza o difetto di motivazione, ma non esclude il controllo

di legittimità sotto altri profili sulla motivazione od i presuppo sti di fatto comunque addotti dall'amministrazione nel provve dimento generale o negli atti a questo presupposti, tanto più

quando, come nel caso in esame, tali atti presupposti siano espres samente richiamati nel provvedimento impugnato ed accedano

alla motivazione-preambolo di quest'ultimo. D'altro canto, anche anteriormente alla 1. n. 241 vigeva l'a

nalogo principio secondo cui per gli atti a contenuto generale ed astratto (come gli accordi nazionali di lavoro) non è configu rabile il vizio di difetto di motivazione. E la stessa giurispru denza ha sempre ammesso la sindacabilità degli atti ammini

strativi generali (ad es. organizzativi); per profili di eccesso di potere, per contraddittorietà manifesta, per macroscopica illo

gicità, per falsità di presupposti o per disparità di trattamento,

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PARTE TERZA

ma non anche per difetto o insufficienza di motivazione, consi

derato che gli atti amministrativi di carattere generale, quale

quello in esame, pur se sottoposti al canone della coerenza logi ca, escludono, per loro natura, il dovere dell'autorità emanante

di enunciare le ragioni sulle quali gli stessi atti si fondano (cosi, tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 1979, n. 180, ibid., voce Comune, n. 71).

Va infine considerato che, indipendentemente dall'entrata in

vigore della 1. 241/90, nella giurisprudenza era pacificamente ammessa la configurabilità di tale categoria di vizi a carico di

atti amministrativi generali quali quello in esame (per un caso

analogo, e senza volere citare le frequenti ipotesi di impugnati ve di determinazioni autoritative di prezzi e tariffe si veda Cons.

Stato, sez. IV, 12 novembre 1991, n. 915, id., Rep. 1992, voce

Sanità pubblica, n. 323) concernente l'impugnazione del d.m.

della sanità 22 dicembre 1984 — determinativo, per l'anno 1985, del contributo di assicurazione al servizio sanitario nazionale

dovuto dai cittadini non mutuati ai sensi dell'art. 63 1. 23 di cembre 1978 n. 833 — nella parte in cui fissa l'aliquota del

5,50% del reddito imponibile ai fini dell'Irpef per il predetto anno). E, per un caso analogo, si veda Cons. Stato, sez. IV, 1° ottobre 1991, n. 749 (id., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 1230) secondo cui il decreto del ministro per le finanze dell'8

marzo 1982, che ha determinato i compensi spettanti ai compo nenti delle commissioni tributarie di primo e di secondo grado, ha natura di atto generale e, in quanto tale, non abbisogna di

una specifica motivazione (si noti che anche in tale ipotesi la

circostanza che i membri delle commissioni fossero nominativa

mente determinati non ha escluso la natura generale di quell'atto). 5. - Sgombrato cosi il campo delle censure riguardanti l'am

missibilità del sindacato giurisdizionale sulla delibera impugna

ta, può passarsi all'esame della censura accolta dal Tar.

Secondo l'impostazione dei due appelli occorrerebbe chiarire

se la scelta del comune tra le diverse aliquote, certamente incisi

va sui soggetti passivi del tributo, possa legittimamente conside

rarsi svincolata da ogni criterio logico e frutto dell'arbitrio del l'autorità locale.

L'art. 6 d.leg. 30 dicembre 1992 n. 504, recante disposizioni sul «Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma del

l'art. 4 1. 23 ottobre 1992 n. 421», dispone: «Determinazione dell'aliquota e dell'imposta. -1. L'aliquota,

in misura unica, è stabilita con deliberazione della giunta comu nale adottata entro il 31 ottobre di ogni anno con effetto per l'anno successivo. 2. L'aliquota deve essere deliberata in misura

non inferiore al quattro per mille né superiore al sei per mille, ovvero al sette per mille per straordinarie esigenze di bilancio.

Se la delibera non è adottata nel termine di cui al 1° comma, si applica l'aliquota del quattro per mille, ferma restando la

disposizione di cui all'art. 25 d.l. 2 marzo 1989 n. 66, converti

to, con modificazioni, dalla 1. 24 aprile 1989 n. 144, e successi

ve modificazioni. 3. L'imposta è determinata applicando alla base imponibile l'aliquota vigente nel comune di cui all'art. 4».

Il riferimento nella norma alle «straordinarie esigenze di bi

lancio», al fine della determinazione dell'aliquota nella massi ma misura, indica in via di analogia che il riferimento per la scelta tra le diverse aliquote, anche inferiori, è appunto il bilan cio dell'ente locale, come confermato dal 1° comma dell'art. 4 della legge delega 421/92, secondo cui l'Ici è istituita per con sentire agli enti locali «di provvedere ad una rilevante parte del loro fabbisogno finanziario attraverso risorse proprie», e dal l'efficacia necessariamente limitata ad un anno della determina

zione dell'aliquota. Il riferimento della norma al «bilancio» è necessariamente al

bilancio di previsione approvato dall'ente.

Ora, nella specie si è certamente fatto riferimento ad un bi lancio già approvato (cioè alla delibera consiliare 270 del 14 dicembre 1992). Tuttavia, come hanno ampiamente dimostrato i primi giudici, la delibera impugnata ha anche fatto un espres so ed inequivoco richiamo alla riserva, contenuta nella presup posta delibera 270/92 cit., circa la possibilità di finanziare ulte riori e non meglio individuate spese mediante l'eventuale suc cessiva determinazione di un'aliquota lei superiore al minimo

e, altresì, all'esistenza di uno schema di provvedimento, ancora allo studio, di variazione al bilancio 1993 che avrebbe precisato tali ulteriori spese necessarie per l'anno stesso.

Irrilevante è infine la circostanza che la variazione al bilancio 1993 sia stata poi approvata (con delibera consiliare n. 62 del 26 aprile 1993, successiva quindi a quella impugnata), giacché ciò che configura il vizio di eccesso di potere per illogicità, rav

II Foro Italiano — 1996.

visato dalla sezione e dai primi giudici, è appunto quell'inver sione logico-giuridica del ragionamento che ha condotto alla de

terminazione dell'aliquota per il 1993, come denunciato nel pri mo motivo del ricorso di primo grado (il che esclude altresì

la ultrapetizione denunciata dal ministero). Come esaurientemente chiarito nella sentenza appellata, dal

tenore della motivazione sopra richiamata può argomentarsi che

l'aliquota lei per l'anno 1993 è stata fissata, con atto adottato

entro la scadenza del 28 febbraio 1993 fissata per legge, al sei

per mille non già in presenza di un fabbisogno economico

finanziario predeterminato ed emergente alla data di approva zione del bilancio di previsione ovvero a quella di approvazione della delibera impugnata, bensì' con riguardo ad un fabbisogno futuro, ancora in fase di studio e possibile oggetto di delibera

zione in sede di variazione al bilancio 1993. E, inoltre, che il maggior gettito del tributo (derivante dalla maggiore aliquota al sei per mille rispetto a quella minima del quattro) non era

giustificato in base ad un fabbisogno finanziario attuale bensì in base ad un fabbisogno delineato in futuro; come se il mag

giore aggravio fiscale fosse necessario perché in futuro saranno

deliberate nuove spese. Ciò in totale contrasto con la finalità

tipica del tributo, di finanziare con risorse proprie, spese certe

previste nel bilancio di previsione approvato, ed anche in con trasto con i principi invalsi nel nuovo sistema delle autonomie

locali, introdotto con la 1. n. 142, secondo il quale l'autonomia

finanziaria degli enti locali non può prescindere dal quadro di

riferimento della finanza nazionale e dalla certezza delle spese e delle entrate di bilancio derivanti annualmente dalle risorse

proprie e trasferite di ogni singolo comune. In termini di impe

gni riguardanti le spese correnti e quelle in conto capitale, ciò

comporta che il bilancio annuale e quello pluriennale dei comu

ni e delle province non possono non tenere conto della situazio

ne economico-finanziaria nazionale e del gettito fiscale o di al

tre entrate extratributarie, a fronte di spese altrettanto certe da

finanziare.

Per le considerazioni che precedono gli appelli debbono re

spingersi.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 24 ottobre 1995, n. 1201; Pres. Laschéna, Est. Bagarotto; Tognoli e altri

(Aw. Mercuri) c. Capitaneria di porto di Livorno (Aw. dello Stato Figliolia). Conferma Tar Toscana 14 giugno 1988, n.

922.

Porti, spiagge, fari — Litorale marittimo — Utilizzazione turi stica e ricreativa — Concessione — Competenza (D.p.r. 24

luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 234, art. 59).

Atto amministrativo — Motivazione — Concessione demaniale —

Diniego — Richiamo a pareri conformi — Legittimità (Cod. nav., art. 36; 1. 7 agosto 1990 n. 241, norme in materia di

procedimento amministrativo e accesso ai documenti ammini

strativi, art. 3).

In materia di concessione di aree demaniali marittime già desti

nate ad uso turistico e ricreativo all'entrata in vigore del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, la delega delle funzioni agli organi re gionali è subordinata all'individuazione delle aree dì interesse nazionale, senza di che la competenza rimane alla capitaneria di porto. (1)

(1) Conf., Cons. Stato, sez. VI, 2 giugno 1987, nn. 358 e 359, Foro it., Rep. 1987, voce Porti, spiagge, fari, nn. 15, 13; Tar Toscana 6 agosto 1983, n. 722, id., Rep. 1984, voce cit., n. 15; Tar Sardegna 9 aprile 1993, n. 344, id., Rep. 1993, voce cit., n. 27. Sulla limitazione della delega ex art. 59 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 ai soli casi di utilizza zione con finalità turistico-ricreative, Tar Puglia 21 febbraio 1985, n. 94, id., Rep. 1986, voce cit., n. 17.

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