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Sezione V; decisione 22 aprile 1960, n. 275; Pres. Macchia P., Est. Mezzanotte; Ceccon (Avv....

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Sezione V; decisione 22 aprile 1960, n. 275; Pres. Macchia P., Est. Mezzanotte; Ceccon (Avv. Schiller, Viola) c. Comune di Padova (Avv. Segantini, Lorenzoni) e Ministero dei lavori pubblici (Avv. dello Stato Foligno) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 8 (1960), pp. 155/156-157/158 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152223 . Accessed: 25/06/2014 00:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.250 on Wed, 25 Jun 2014 00:37:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 22 aprile 1960, n. 275; Pres. Macchia P., Est. Mezzanotte; Ceccon (Avv.Schiller, Viola) c. Comune di Padova (Avv. Segantini, Lorenzoni) e Ministero dei lavori pubblici(Avv. dello Stato Foligno)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 8 (1960), pp. 155/156-157/158Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152223 .

Accessed: 25/06/2014 00:37

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PARTE TERZA

zione privata, all'espressa condizione che l'invito alla gara fosse rivolto a non meno di dieci ditte tecnicamente attrez

zate. Tale fu in effetti il numero delle ditte invitate dal

Comune, ma, in sede di visto di esecutività, il Prefetto

constatò che la condizione posta era stata sostanzialmente

elusa, giacché, da un lato, l'invito era stato rivolto a tre

ditte, notoriamente emanazione di unico appaltatore, e dal

l'altro risultavano invitate sei ditte presumibilmente non

aventi alcun interesse all'appalto, talune essendo con sede

in provincie lontane ed altre avendo la sede legale in Eoma, ma senza appalti nella Provincia. Tratto il convincimento

che in tal modo il campo dei concorrenti era Venuto inspie

gabilmente a restringersi a sole due ditte, con un aumento

di appena lire 550.000 sul canone base determinato in lire

8.200.000, il Prefetto, dopo aver restituito al Comune con

osservazioni il verbale di licitazione, ha negato il visto di

esecutività al contratto di appalto successivamente stipu lato, invitando il Sindaco a ripetere, nell'interesse del Co

mune, l'esperimento di gara. Contro il diniego la Società aggiudicataria comm. Gu

glielmo Nicolai ha proposto ricorso a questo Consiglio, so

stanzialmente assumendo, con i primi tre motivi di gra vame, che il procedimento seguito dal Comune deve rite

nersi regolare e legittimo. A tal fine deduce : a) che la condizione cui era subor

dinata la licitazione deve ritenersi integralmente soddisfatta, avendo il Comune rivolto l'invito a dieci ditte appaltatrici che era il numero minimo indicato dal Prefetto nel con

cedere l'autorizzazione. L'assunto, secondo cui tre delle

ditte partecipanti dovrebbero «computarsi per una e non

per tre » non avrebbe, secondo la Società ricorrente, alcun

legittimo fondamento, dovendo in fatto escludersi che fra

le tre ditte indicate vi eia comunanza d'interessi, ma so

prattutto dovendo in diritto escludersi che alle ditte stesse

non potesse rivolgersi invito di partecipazione alla gara, se è vero che caratteristiche delle società di capitali è

quella di distinguersi dalle persone degli stessi soci, e se è

vero che l'iscrizione all'Albo nazionale degli appaltatori delle imposte di consumo dà diritto ad ogni singola ditta

di concorrere agli appalti ; 6) che spetta al Comune l'in

sindacabile e discrezionale potere di operare la scelta fra

le ditte iscritte all'Albo ; c) che nessuna norma, a pena di

nullità, impone che nel verbale di licitazione sia fatta men zione delle generalità dei procuratori e degli estremi delle

procure avute.

Ma i motivi così dedotti non presentano rilevanza ai

fini della soluzione della controversia, emergendo chiaro

dai provvedimenti impugnati che il Prefetto, nel formu

lare i propri rilievi, non ha inteso esercitare il controllo

di legittimità previsto dal 1° comma dell'art. 296 t. u.

3 marzo 1934 n. 383, bensì il controllo di merito contem

plato dal 3° comma.

Ora, come è noto, ai fini del diniego occorre soltanto che

esistano, giusta il precetto contenuto nel ricordato 3° comma

dell'art. 296, gravi motivi di interesse dell'ente o altri gravi motivi d'interesse pubblico ; ed è giurisprudenza ormai

consolidata di questo Consiglio che tra i motivi d'interesse

dell'ente rientrano anche quelli di carattere patrimoniale, a meno che non siano di così modesta rilevanza (atteso il requisito della gravità posto dalla legge) da non far pre valere l'interesse dell'ente pubblico su quello del privato

aggiudicatario. Trattasi, come è di intuitiva evidenza, di un potere

discrezionale non censurabile in sede di legittimità, se non

sotto il profilo dell'eventuale eccesso di potere, potendo

questo Consiglio soltanto controllare se la determinazione

negativa risulti formata attraverso un processo che ne ri

veli il fondamento logico. E col quarto motivo la Società

ricorrente muove appunto censura sotto il profilo dell'even

tuale eccesso di potere, al riguardo osservando che il Pre

fetto, con la prima comunicazione del 4 gennaio 1956, indicati i motivi per i quali aveva ritenuto di restituire

gli atti senza provvedimento, chiedeva spiegazioni al Sin

daco in ordine al mancato invito all'I.n.g.i.c., che aveva

fatto pervenire una offerta di aumento di lire 2.500.000.

Dimostratosi, da parte della Giunta municipale, soggiunge

la ricorrente, che detta offerta, tardivamente pervenuta, era da ritenersi svantaggiosa per il Comune e antiecono mica per la Ditta, il Prefetto, nel negare definitivamente il visto di esecutività sul contratto di appalto nel frat

tempo stipulato, non ha più insistito sulle ragioni di lesione dell'interesse patrimoniale del Comune, che, se sus

sistente, avrebbe potuto legittimare il provvedimento. Ma non può il Collegio ritenere che, sotto il profilo

denunziato, il provvedimento di diniego sia illogico e suscet tibile di censure. Rettamente il Prefetto, sulla base degli elementi come sopra rilevati, trasse il fondato convinci mento che il procedimento seguito per il collocamento del

l'appalto, non ostante l'apparente regolarità formale, era stato non idoneo ad assicurare il miglior profitto per il Comune. Il campo della gara, infatti, venne in sostanza a limitarsi a tre ditte soltanto, ottenendosi così un aumento di appena lire 550.000 sul canone base. E ben potè il Pre fetto non tener conto dei chiarimenti forniti dal Comune circa la tardiva offerta dell'I.n.g.i.c., poiché restava pur sempre ferma l'ovvia considerazione logica che, anche vo lendo ritenere antieconomico per la offerente un aumento di 2.500.000 lire sul canone base, l'oggetto della gara me ritava un risultato comunque più vantaggioso rispetto al

l'esiguo miglioramento di appena 550.000. offerto dalla Ditta ricorrente.

Infine, non è superfluo soggiungere, sia pure ad abun

dantiam, che, con procedura precipitosa, gli inviti alle ditte, fra cui quattro son sede in Provincie lontane, furono tras messi in data 22 dicembre 1955, quando mancavano ap pena sei giorni, compresi due festivi, per la gara indetta

per il 28 dello stesso mese.

Per questi motivi, respinge, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V[; decisione 22 aprile I960, n. 275 ; Pres. Macchia

P., Est. Mezzanotte ; Ceccon (Avv. Schiller, Viola) c. Comune di Padova (Avv. Segantini, Loeenzoni) e

Ministero dei lavori pubblici (Avv. dello Stato Foligno).

Piano regolatore, «li ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Licenza edilizia — Parere della commissione edilizia — Rapporti.

Ove sia •prescritto (come dal regolamento edilizio del Comune

di Padova), in materia .di licenza edilizia, il parere della

commissione edilizia, è illegittimo il provvedimento del

sindaco che non sia stato preceduto da detto parere, anche

se l'esame preliminare della domanda da parte del com

petente ufficio comunale abbia avuto esito negativo. (1)

La Sezione, ecc. — L'art. 1 del regolamento edilizio del

Comune di Padova prescrive clie siano sottoposte al parere della Commissione edilizia le denunce e i progètti per nuove

costruzioni o per la modificazione di quelle già esistenti.

È ben vero che l'art. 90 dello stesso regolamento prescrive clie tutte le denunce di cui sopra debbono essere trasmesse

all'Ufficio civico dei lavori pubblici per la istruttoria ed

esame preliminare, ma è da notare che nell'ultimo comma

lo stesso articolo dispone che, compiuto tale esame, il

progetto è rimesso alla Commissione edilizia con una rela

zione scritta. Dalle disposizioni richiamate, dunque, si evince

che la pronunzia del Sindaco non può essere emessa senza

(1) Nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 1959, n. 23, Foro it., Rep. 1953, voce Piano regolatore, n. 217, e in Riv. giur. edilizia, 1959, I, 83, con annotazione di Spagnitolo

Vigorita, Sulla necessità del previo parere della commissione edilizia per la concessione di licenza edilizia ; Sez. V 12 aprile 1958, n. 211, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 203 ; Sez. IV 10

gennaio 1958, n. 1, ibid., n. 224.

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157 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 158

clie sia stata sentita la Commissione edilizia ; si tratta di

un parere obbligatorio, che non può ritenersi sostituito

dall'esame preliminare effettuato dall'Ufficio dei lavori

pubblici del Comune, e, pertanto, non è esatta l'afferma

zione della difesa del Comune, secondo cui, una volta che

l'Ufficio abbia riconosciuto la mancanza dei requisiti di

ammissibilità della domanda, risulta del tutto superfhio il

parere della Commissione edilizia.

Ai sensi dell'art. 31 legge 17 agosto 1942 n. 1150, l'auto

rizzazione ad eseguire nuove costruzioni o ampliare o mo

dificare quelle esistenti è data dal sindaco. Questo organo lia l'obbligo di pronunziarsi sulle domande presentate dagli interessati in materia. E poiché, per quanto riguarda il

Comune di Padova, ai sensi dell'art. 1 del regolamento edilizio locale, occorre sentire la Commissione edilizia, il

Sindaco, prima di decidere sulle domande deve sentire

la Commissione predetta : si tratta del rispetto di una pre cisa norma giuridica, che impone al Capo dell'amministra

zione comunale di prendere cognizione del parere di un

qualificato organo collegiale, prima di ogni determinazione

in materia.

Anche se l'esame preliminare della domanda da parte del

competente Ufficio comunale ha dato risultati negativi, il

Sindaco è tenuto a sentire la Commissione, la quale può

esprimere parere conforme alle risultanze dell'esame del

l'Ufficio, ma anche difforme : l'esame dell'Ufficio ha una

funzione preparatoria ed istruttoria necessaria affinchè gli

organi che dovranno esaminale successivamente la do

manda (Commissione edilizia in sede consultiva e Sindaco) abbiano presenti tutti gli elementi di valutazione. (Omissis)

Per questi motivi, accoglie,' ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 26 marzo 1960, n. 192 ; Pres. Macchia

P., Est. Scotto ; Comune di Milano (Avv. Consolini) c. Prefetto di Milano (n. c.) e Comune di Trento (n. c.).

Spose di spedalità — Malattia acuta —- Ricovero del

l'interino — Spese a carico del comune — Malattia

contagiosa — Irrilevanza.

La contagiosità della malattia non ha rilevanza giuridica al

fine di sottrarre il comune di origine o di soccorso all'onere

delle spese di spedalità, quando l'ammissione di urgenza in ospedale di un infermo sia stata disposta ad evitare le

gravi conseguenze dell'omissione di tempestive misure tera

peutiche per una malattia che si presenti in stato di acuzie

(nella specie, scarlattina). (1)

La Sezione, ecc. — Vengono esaminati congiuntamente i quattro motivi di ricorso perchè risultano tra loro stretta

mente connessi.

È pacifico, in linea di fatto, che l'assistito Miori Giu

seppe, al momento del ricovero presso l'Ospedale « A.

Bassi » di Milano, presentava tutti i sintomi di una malattia

in fase acuta (ipertermia, malessere generale, vomito,

esantema ed infezione all'indice della mano sinistra : quadro clinico molto grave dell'affezione (scarlattina) che lo af

fliggeva). Legittima, quindi, ne fu la sua ammissione d'ur

genza in ospedale (cfr. dec. V Sez. 30 aprile 1954, n. 441,

Foro it., Rep. 1954, voce Spese di spedalità, n. 28) per evi

tare, in mancanza di tempestive misure terapeutiche, gravi,

irreparabili conseguenze. Secondo la clinica medica, infatti, la scarlattina, oltre

(1) Conformi: Sez. V 11 luglio 1959, n. 497, Foro it., Rep. 1959, voce Spese di spedalità, J). 73 ; 21 febbraio 1959, n. 86, ibid., n. 71 ; 19 dicembre 1958, n. 1114, id., Rep. 1958, voce cit., n. 61 ; 21 aprile 1956, n. 276, id., Rep. 1956, voce cit., n. 46 ; un caso

relativo alla malattia scarlattina è stato deciso dalla stessa Se

zione 7 aprile 1956, n. 254, ibid., n. 47. Che sia legittimo il ri

covero dell'infermo se presenti malattia in stato di acuzie, è

stato oggetto di varie decisioni : da ultimo Sez. V 15 marzo

1958, n. 114, id., Rep. 1958, voce cit., n. 53 ; 29 marzo 1958, n. 169, ibid., n. 50.

In dottrina v. Crema Lombabdi, L'onere delle spedalità per

malattie infettive, in Attuai, ammin., 1955, 440.

alla letale paralisi dei vasomotori, può dar luogo a varie com

plicazioni quali l'otite con perforazione della membrana e

interessamento della mastoide, delle meningi, dell'orecchio

interno e nefrite post-scarlattinosa. Il Miori, quindi, doveva

essere curato in ospedale, dove in qualsiasi momento me

dici specialisti ed infermieri avrebbero potuto prestargli la loro qualificata opera, e ciò perchè la sintomatologia da lui presentata (infezione all'indice della mano sinistra, sintomo evidente di avvelenamento), se non debellata in

tempo, avrebbe potuto causare serie manifestazioni setti

cemiche.

È vero che la malattia del Miori, se fosse stata curata

a domicilio (nella specie, presso l'Istituto Pavoniano Arti

gianelli, dove egli era ricoverato), avrebbe potuto contagiare coloro che vivevano con lui, ma la ragione del ricovero in

ospedale del Miori non fu certo la natura contagiosa della

malattia, bensì l'impossibilità di opportune, adeguate cure

nell'infermeria dell'Istituto Pavoniano.

Lo stesso Rettore dell'Istituto, nella nota 19 gennaio 1958, ebbe a dichiarare l'impossibilità di curare a domicilio

il Miori giacché le malattie, che presentavano una certa

difficoltà di assistenza, a prescindere dalla loro contagiosità, non venivano curate nell'infermeria dell'Istituto, ma i

malati venivano avviati per il ricovero agli ospedali citta

dini. Quindi il Miori sarebbe stato ricoverato in ospedale anche se non fosse stato affetto da malattia contagiosa.

Di codesta circostanza il Prefetto non ha tenuto conto

nel porre a carico del Comune di Milano le spese di spedalità occorse per il ricovero del Miori, stabilendo che il ricovero

era stato effettuato per eliminare un serio pericolo di con

tagio per gli altri membri della comunità, e quindi, per motivi di profilassi. Ora ciò non è esatto, com'è stato detto

dianzi ; comunque, anche in caso di contagiosità della ma

lattia, la giurisprudenza (Sez. V 7 aprile 1956, n. 254, Foro it., Eep. 1956, voce Spese di spedalità, n. 47 ; 21 aprile

1956, n. 276, ibid., n. 46 ; 19 dicembre 1958, n. 1114, id.,

Eep. 1958, voce cit., n. 61 ; 21 febbraio 1959, n. 86, id„

Rep. 1959, voce cit., n. 71, e 11 luglio 1959, n. 497, ibid., n. 73), è pressoché unanime nell'affermare che la Conta

giosità non ha rilevanza giuridica al fine di sottrarre il

comune di origine (nella specie, comune di soccorso) al

l'onere della spedalità, quando la malattia si presenta in

stato di acuzie (come è accaduto nella specie in esame). L'onere delle spese di spedalità occorse per il ricovero del

Miori nell'Ospedale « A. Bassi » di Milano, dal 28 giugno al 31 luglio 1948, va, pertanto, posto a carico del Comune

di Trento, domicilio di soccorso dell'ammalato.

Ne consegue che il ricorso del Comune di Milano deve

essere accolto, annullandosi l'impugnato provvedimento. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 26 febbraio 1960, n. 121 ; Pres. Gallo

P., Est. Manzari ; Loschiavo (Avv. Metta, Vitale) c. Prefetto di Bari (AtV. dello Stato Del Greco) e

Coop, agricola « Vito Lombardi » (Avv. Gaeta, Mari

CONDA).

Terre incolte — Legislazione — Eccezione di illegit timità costituzionale —• Inammissibilità per man

cata specificazione delle norme illegittime e di

quelle violate — Manifesta infondatezza (L. 11

marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzio

namento della Corte costituzionale, art. 23).

L'eccezione di illegittimità costituzionale di tutta la legislazione sulle concessioni di terre incolte è inammissibile, in difetto di specificazione delle norme di legge che si pretende siano

incostituzionali, e delle norme della Costituzione che si

assumono violate, ed è comunque, nel merito, manifesta mente infondata. (1)

(1) Sulle conseguenze della mancata indicazione nell'ordi

nanza di rimessione delle norme costituzionali violate, vedi

Corte cost., ord.,27 gennaio 1959, n. 3, Foro it., Rep. 1959, voce Corte costituzionale, n. 122.

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