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sezione V; decisione 23 dicembre 1985, n. 499; Pres. Santaniello, Est. Bozzi; Aziendamunicipalizzata pubblici servizi di Parma (Avv. Bassi, Scoca) c. Cortesi (Avv. Salvi, De Luca).Annulla T.A.R. Emilia-Romagna, sede Parma, 11 maggio 1982, n. 102Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 335/336-337/338Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180699 .
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PARTE TERZA
infatti ravvisato nell'art. 103, 2° comma, Cost, e nei principi dell'ordinamento contabile.
Verificare, quindi, se l'istituzione dell'ente Ferrovie dello Stato con « personalità giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria ai sensi dell'art. 2093, 2° comma, c.c. » si concili con il particolare trattamento normativo della responsabilità patrimo niale connessa alla circolazione dei treni, è questione sicuramente
rilevante, ma estranea rispetto al problema di stabilire chi sia il
giudice competente a conoscere delle relative controversie. La questione di giurisdizione, pertanto, va esaminata sotto altri
profili: da una parte se la 1. n. 210 contenga disposizioni in
contrasto con l'attuale sistema di competenza giurisdizionale della Corte dei conti in materia di responsabilità dei soggetti legati da
rapporto d'impiego o di servizio con lo Stato o gli enti pubblici; dall'altra, se l'assetto giuridico posto in essere dalla legge in
questione determini l'applicabilità dei principi limitativi della
giurisdizione della corte, recentemente affermati dalla Corte di cassazione con riferimento agli enti pubblici economici.
Sotto il primo aspetto, appare evidente al collegio la mancanza
nella legge in questione di qualsiasi riferimento, esplicito o
implicito, alla materia della responsabilità patrimoniale del perso nale verso l'ente, che appare essere rimasta del tutto estranea ai
contenuti ed alle finalità della legge stessa.
Se il legislatore, infatti, avesse avuto un intendimento modifica torio del trattamento sostanziale e processuale della responsabilità patrimoniale del personale, non avrebbe avuto alcun motivo di
non seguire la strada della esplicazione normativa, come effettua
to in relazione alla disciplina del contratto di lavoro del persona le stesso (art. 21) e della attribuzione delle relative controversie al giudice ordinario del lavoro (art. 23).
Né potrebbe ritenersi che la disposizione di cui all'art. 23, sulla
devoluzione al pretore competente territorialmente delle contro
versie di lavoro relative al personale dipendente dell'ente com
prenda implicitamente anche le controversie in materia di respon sabilità patrimoniale verso l'ente.
Osservato, infatti, che nella tradizione giuridica la definizione
di controversie di lavoro è riservata esclusivamente alle questioni che abbiano ad oggetto diretto il rapporto di lavoro nei suoi
aspetti di trattamento giuridico ed economico, non v'è dubbio che
a tale specifica accezione si sia riferito il legislatore, dal momento
che il « pretore », espressamente indicato dall'art. 23, ha compe tenza esclusiva solo in materia di controversie di lavoro in senso
stretto, e non anche in materia di azioni di responsabilità. A ciò può aggiungersi che l'art. 21, richiamando la potestà
regolamentare di cui all'art. 14 e trattando della responsabilità dei
dipendenti (pur definita civile), stabilisce la nullità dei contratti
collettivi e dei regolamenti di organizzazione che contengano una
disciplina della materia meno favorevole di quella vigente all'atto
dell'entrata in vigore della legge. È facile osservare che l'introduzione di un tale limite possa
ben presentarsi come volontà di mantenimento di un sistema
complessivo — sostanziale e processuale — che, per effetto della
imputabilità dei soli danni provocati con dolo o colpa grave e
della devoluzione delle controversie ad un giudice munito del
potere di ridurre la somma da porre a carico del responsabile, costituisce regime di indubbio favore rispetto a quello della
ordinaria responsabilità civile. L'altro aspetto del problema, come sopra osservato, è stabilire
se la legge di cui trattasi abbia conferito all'ente « Ferrovie dello
Stato », da essa istituito, i caratteri di un ente pubblico economi
co che, secondo il recente indirizzo della Corte di cassazione, dovrebbero escludere la giurisdizione della Corte dei conti.
Ora, a parte le obiezioni che pur potrebbero muoversi, in via
generale, a tale orientamento, è fuor di dubbio che il criterio
adottato dal Supremo collegio non si risolve in un mero automa
tismo in base al quale dalla semplice qualificazione di « ente
pubblico economico » deriva l'attribuzione all'a.g.o. delle contro
versie di responsabilità nei confronti del relativo personale. Un primo discrimine, infatti, viene individuato nella natura
dell'attività da cui si fa derivare il danno per l'ente: rimangono cioè compresi nell'ambito della giurisdizione della Corte dei conti, a norma dell'art. 103, 3° comma, Cost., gli atti che si ricolleghino a poteri di autorganizzazione od a funzioni pubbliche svolte in
sostituzione di amministrazioni dello Stato o di enti pubblici non
economici, mentre appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie di responsabilità connesse alla dimensio
ne imprenditoriale dell'ente (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 2
marzo 1982, n. 1282, Foro it., 1982, I, 1596, e 10 maggio 1984, n.
2851, id., Rep. 1984, voce Responsabilità contabile, n. 112).
Ma, a parte la suddetta distinzione di carattere estrinseco, che
comunque non interesserebbe la materia concreta qui in discus
sione, un secondo e più penetrante elemento di differenziazione è da ritenersi compreso nel principio giurisprudenziale in esame.
Poiché, infatti, il Supremo collegio pone a fondamento dell'e sclusione della giurisdizione della Corte dei conti le caratteristiche di svolgimento dell'attività nel settore economico, qualificate dal
medesimo modus operandi dell'imprenditore del libero mercato, vale a dire dall'agire in regime di concorrenza con la finalità di
conseguimento di utili, deve ritenersi che non sia sufficiente a
determinare lo spostamento di giurisdizione una ambigua defini
zione di « economicità », desunta dall'oggetto della attività svolta, ma che sia altresì necessario che tale attività sia svolta in forma
antitetica con i principi dell'ordinamento contabile (cfr. Cass. sez.
un., n. 2851/84 cit.). Ritiene il collegio che caratteristiche del genere non siano
assolutamente ravvisabili nell'ente Ferrovie dello Stato.
A parte, infatti, l'espressa sottoposizione del nuovo ente al
controllo della Corte dei conti con le modalità di cui alla 1. 21
marzo 1958 n. 259, che non appare certo in armonia con la
pretesa « privatizzazione », deve osservarsi come facciano in esso
difetto i discriminanti criteri di imprenditorialità, costituiti dalla
partecipazione al regime di concorrenza e dal perseguimento di
utili, pur nella più riduttiva accezione della realizzazione « alme
no (di) quanto occorre per compensare i fattori produttivi impie
gati » (cfr. Cass. n. 1282/82 cit.). È agevole al riguardo considerare che il sistema del rimborso
da parte dello Stato degli oneri relativi al divario tra la tariffa
tecnico-economica e le tariffe realmente applicate, determinate
dal ministro dei trasporti, ponga l'ente ferrovie in una situazione
ben differente da quella dell'operatore economico che tragga dall'attività svolta la remunerazione dei fattori di produzione.
L'intervento diretto e costante dell'erario per ripianare i deficit di gestione dell'ente (art. 16 e 17) non solo è elemento del tutto
estraneo alla connotazione di imprenditorialità, cui viene collegata la sottrazione alle regole della contabilità pubblica e quindi alla
giurisdizione contabile, ma è anzi fattore che richiede ed impone
l'applicazione di dette regole a tutela di una corretta gestione del
pubblico denaro.
L'eccezione di carenza di giurisdizione della Corte dei conti
deve pertanto essere respinta. Si dispone con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 23 dicembre
1985, n. 499; Pres. Santaniello, Est. Bozzi; Azienda munici
palizzata pubblici servizi di Parma (Avv. Bassi, Scoca) c.
Cortesi (Aw. Salvi, De Luca). Annulla T.A.R. Emilia-Ro
magna, sede Parma, 11 maggio 1982, n. 102.
Impiegato dello Stato e pubblico — Azienda municipalizzata —
Direttore — Concorso per la copertura del posto — Ricorso —
Difetto di giurisdizione amministrativa.
Sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo, e rientra in
quella del giudice ordinario, il ricorso contro gli atti della
procedura concorsuale pubblica per la copertura del posto di
direttore di azienda municipalizzata di pubblici servizi, propo sto per violazione di disposizioni regolamentari. (1)
(1) La decisione è conforme alla sentenza della Cass. 26 aprile 1985, n. 2722 (che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario sul
ricorso contro l'esclusione da un concorso per la copertura di posti di
impiegato presso una cassa di risparmio), in questo fascicolo, 2276, con
nota di richiami.
Inoltre, nella giurisprudenza del giudice amministrativo successiva a
quella citata in nota a Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 1980, n. 702 (che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario sul ricorso proposto contro una sanzione disciplinare da parte del dipendente da ente
pubblico economico), Foro it., 1981, III, 617, si sono pronunciate nello stesso senso, nei confronti di controversie concernenti le assunzioni, le
relative procedure di selezione, e cosi via, presso enti pubblici economici, casse di risparmio, aziende municipalizzate, ecc., sez. VI 22
maggio 1985, n. 201, Cons. Stato, 1985, I, 586; T.A.R. Sicilia 19 ottobre 1983, n. 870, Foro it., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 233; T.A.R. Toscana 11 giugno 1983, n. 149, ibid., n. 252; T.A.R. Marche 15 ottobre 1982, n. 521, id., Rep. 1983, voce Concorso a pubbli co impiego, n. 57. Ma si sono pronunciate nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo, divergendo, cosi, anche da quella giuri sprudenza della Cassazione: Cons, giust. amm. sic. 11 maggio 1984, n.
60, id., Rep. 1984, voce cit., n. 11; Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 1982, n. 394, id., Rep. 1982, voce cit., n. 6; T.A.R. Lazio, sez. I, 24
settembre 1980, n. 961, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 237. E
Il Foro Italiano — 1986.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — La questione di difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo, prospettata dall'azienda appellante, è fondata.
Essa è stata già da tempo esaminata, e risolta, da questo
Consiglio di Stato (ad. plen. 24 febbraio 1978, n. 9, Foro it., 1978,
III, 366) nel senso che le controversie relative al rapporto di lavoro
dei dipendenti delle aziende municipalizzate esulano dalla giuri sdizione del giudice amministrativo rientrando in quella dell'auto
rità giudiziaria ordinaria, salvo che si tratti di questioni concer
nenti la legittimità di provvedimenti autoritativi nei quali si
eserciti o si estrinsechi il potere organizzatorio dell'azienda, nel
qual caso la cognizione delle relative controversie resta compresa nell'ambito della giurisdizione amministrativa.
Tale non è sicuramente il caso in esame. È infatti noto che il
potere di organizzazione spettante agli enti pubblici economici (e fra questi quindi, alle aziende municipalizzate), rispetto al quale sono configurabili posizioni di interesse legittimo e in relazione al
quale può rimanere influenzata la disciplina privatistica del rap
porto di lavoro, attiene unicamente alla strutturazione e alla
dislocazione degli uffici, nonché alla definizione dei ruoli e delle
mansioni per il personale, e si esplica attraverso provvedimenti
generali ed astratti emanati dall'ente in virtù di un regime
giuridico che conferisce a tale attività natura squisitamente auto
ritativa e di supremazia, in quanto rivolta alla predisposizione delle regole del funzionamento degli enti stessi.
Sulla base di quanto si è ora detto, appare quindi vano lo
sforzo dell'appellato ing. Cortesi di ricondurre nella sfera dell'at
tività organizzatoria, cosi dianzi individuata, i provvedimenti adottati dalla Azienda municipalizzata di Parma in occasione del
concorso di cui si tratta, essendo evidente che essi sono stati invece emanati per l'attuazione di precise disposizioni regolamen tari, come è dimostrato, a tacer d'altro, dalla stessa prospettazione delle censure dedotte dal Cortesi contro i provvedimenti medesi
mi, che vengono denunciati per errata applicazione di norme
regolamentari e per erronea valutazione ed interpretazione delle norme stesse.
Ora, la discrezionalità valutativa, che ha contrassegnato le
operazioni di scelta compiute dall'azienda in sede di espletamento del concorso in questione, non configura certamente l'espressione di una potestà pubblica di autorganizzazione, poiché, come è
pacifico, il concorso stesso è stato bandito a norma dell'art. 13
del regolamento speciale dell'azienda, al solo fine di assicurare il
regolare svolgimento della vita dell'ente, in applicazione delle
disposizioni regolamentari vigenti. Sicché, come è stato costante
mente affermato con opinioni che il collegio condivide (Cass., sez.
un., 23 marzo 1983, n. 2028, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello
Stato, n. 344); Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 1980, n. 582, id.,
Rep. 1980, voce Servizi municipalizzati, n. 18), tale discrezionalità
resta sindacabile da parte del giudice ordinario, sia sotto il
profilo dell'osservanza delle norme regolamentari e dei patti della
contrattazione collettiva, sia sotto il profilo dell'osservanza del
principio generale di correttezza fissato dall'art. 1175 c.c.
Da quanto precede consegue che per la controversia in esame
va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
L'appello deve pertanto essere accolto e, per conseguenza, la
sentenza appellata deve essere annullata. (Omissis)
divergono dai suddetti orientamenti della Cassazione anche le decisioni giurisdizionali amministrative che affermano la giurisdizione del giudice amministrativo su provvedimenti che incidono sullo svilup po del rapporto (promozioni, selezioni interne, ecc.): T.A.R. Liguria 5 marzo 1981, n. 139, id., Rep. 1981, voce cit., n. 483; T.A.R. Piemonte, sez. II, 24 settembre 1985, n. 350, Trib. amm. reg., 1985, I, 3698.
La giurisprudenza amministrativa nel senso della giurisdizione del
giudice amministrativo spesso si basa sulla valutazione degli atti dell'ente investiti dalle varie controversie come di atti attinenti all'au
torganizzazione dell'ente stesso, in ordine ai quali, almeno in linea di
principio, anche la Cassazione ammette tale giurisdizione: v. la già citata nota di richiami a Cass. n. 2722/85, dalla quale emerge, peraltro, la diversa ampiezza che la Cassazione e il giudice ammini
strativo danno alla categoria, tendendo la prima a restringerla e il
secondo ad ampliarla: per l'affermazione della giurisdizione del giudice
amministrativo, da parte di questo stesso giudice, su atti del genere, v.
in particolare le già richiamate sentenze del Consiglio di giustizia ammi
nistrativa per la regione siciliana n. 60/84, del T.A.R. Sicilia n.
870/83 e del Cons. Stato, sez. VI, n. 394/82, id., Rep. 1982, voce
Impiegato dello Stato, n. 209.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 30 novembre
1985, n. 593; Pres. Paleologo, Est. Monterosso; Min. grazia e
giustizia, Consiglio superiore della magistratura (Avv. dello
Stato Linguiti), Visconti (Avv. Biagini, Dodaro) c. Lerario e
altri (Avv. M. S. Giannini, Dalfino, Giocoli Nacci). Conferma T.A.R. Puglia 1° agosto 1984, n. 536.
Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore delia magistratura — Deliberazione — Difetto di censure contro il decreto presi denziale — Ricorso — Ammissibilità (Cost., art. 105, 106, 107,
110; 1. 24 marzo 1968 n. 195, norme sulla costituzione e sul
funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, art.
17). Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura
— Conferimento di ufficio direttivo — Difetto di motivazione — Illegittimità — Fattispecie.
Ordinamento giudiziario — Ufficio direttivo superiore — Nomina
di magistrato di appello — Illegittimità (R.d. 30 gennaio 1941
n. 12, ordinamento giudiziario, art. 193, 194; 1. 24 maggio 1951
n. 392, distinzione dei magistrati secondo le funzioni. Tratta
mento economico della magistratura nonché dei magistrati del
Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della giustizia militare
e degli avvocati e dei procuratori dello Stato, art. 6; 1. 20
dicembre 1973 n. 831, modifiche dell'ordinamento giudiziario
per la nomina a magistrato di cassazione, e per il conferimento
degli uffici direttivi superiori, art. 7, 10, 16, 17, 19).
È ammissibile il ricorso contro la deliberazione del Consiglio
superiore della magistratura di conferimento ad un magistrato di ufficio direttivo, anche se non siano state rivolte censure
specifiche al decreto presidenziale che la recepisce. (1) È illegittima la deliberazione con la quale il Consiglio superiore
della magistratura conferisce ad un magistrato un ufficio diret
tivo sulla base di una scelta tra aspiranti di un gruppo, ritenuti
ictu oculi superiori per anzianità, meriti e attitudini, dal quale erano stati esclusi gli aspiranti di altro gruppo, considerati,
sempre ictu oculi, con meno titoli, se è mancata l'indicazione
dei criteri di distinzione tra gli aspiranti dei due gruppi, e
l'esposizione analitica, con una adeguata valutazione comparati
va, delle ragioni per le quali ciascuno degli appartenenti al
secondo gruppo è stato escluso dal primo. (2) È illegittima la deliberazione con la quale il Consiglio superiore
della magistratura conferisce « per salto » un ufficio superiore ad un magistrato in precedenza nominato magistrato di cassa
zione e alle funzioni direttive superiori ma che abbia seguitato ad esercitare le funzioni di magistrato d'appello. (3)
(1-3) I. - La decisione si può leggere in Foro it., 1986, III, 247, con nota di richiami. Riproduciamo le massime per fornire ulteriori informazioni in considerazione del notevole interesse e preoccupazione che la decisione ha suscitato nell'intera magistratura ordinaria. A seguito della pubblicazione della decisione del Consiglio di Stato, il Consiglio superiore della magistratura si è occupato della specifica vicenda relativa al conferimento dell'ufficio direttivo di procuratore generale della repubblica di Bari, nelle sedute del 18 e 19 febbraio, 18 giugno e 9 luglio 1986.
II. - Si riporta il testo dell'intervento pronunciato dal consigliere G. Borré nella seduta del 18 giugno scorso.
1. - Una prima parte della riforma della «carriera» dei magistrati vide la luce con la 1. 25 luglio 1966 n. 570. Essa stabili che i magistrati di tribunale, dopo undici anni dall'assunzione di tale qualifica, sono assoggettati ad una valutazione di laboriosità, diligenza, capacità e preparazione, all'esito favorevole della quale conseguono la nomina a magistrato di appello, svincolata dall'acquisto delle relative funzioni ma produttiva di tutti gli altri effetti giuridici ed economici. La valutazione (compiuta dal Consiglio superiore su parere del consi glio giudiziario competente) non è selettiva « in positivo », in quanto non si coordina ad un numero limitato di avanzamenti, ma selettiva « in negativo », nel senso che essa implica (o dovrebbe implicare) il
diniego della nomina a magistrato di appello per coloro che non possiedono gli accennati requisiti di professionalità.
Analogo intervento riformatore segui alcuni anni più tardi (1. 20 dicembre 1973 n. 831) per la nomina a magistrato di cassazione. Anche qui era prevista (dopo sette anni dalla nomina a magistrato di
appello) una valutazione del tipo sopra illustrato, cui seguiva l'investi tura nella qualifica indipendentemente dall'acquisto delle relative fun
zioni; e analogamente operava (decorsi altri otto anni) la dichiarazione di idoneità alle c.d. funzioni direttive superiori.
Pur simili fra loro, i due interventi legislativi presentavano una differenza (peraltro rimasta, come vedremo, allo stato teorico). Mentre la legge del 1966, all'art. 4, prevede che, all'atto del conferimento effettivo delle funzioni in relazione alle vacanze che andranno a pro dursi, il Consiglio superiore tiene conto non solo dell'anzianità ma anche delle attitudini professionali, invece la legge del 1973, aflrontan
Il Foro Italiano — 19S6 — Parte III- 25.
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