Sezione V; decisione 24 febbraio 1962, n. 177; Pres. Polistina P., Est. Laschena; Mignucci (Avv.Sciacca) c. Comune di Roma (Avv. Bozzi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 5 (1962), pp. 163/164-167/168Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150637 .
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163 PARTE TERZA 164
sistente non disconosce, ha trovato più volte specifica
applicazione nella giurisprudenza di questa Sezione in or
dine alla materia dei controlli prefettizi sulle deliberazioni
degli enti locali.
L'Amministrazione resistente cita, a sostegno della pro
pria tesi, la decisione 3 luglio 1952, n. 11, emessa da questo
Consiglio in Adunanza plenaria. Nella fattispecie cui detta decisione si riferiva il mo
tivo della restituzione, che pur si diceva senza provvedi
mento, si aggiungeva con valore rafforzato la parola « al
cuno », era quello che la deliberazione era soggetta ad ap
provazione della giunta prov. amm., e questa non aveva
precedentemente approvato atti analoghi. Effettivamente,
quindi, il provvedimento mancava, perchè, appartenendo esso ad altro organo della prefettura, non era stato pro vocato dalla prefettura che, con la nota, ne spiegava la
ragione. Diversamente, nella specie attuale, il Prefetto di Sa
lerno ha dimostrato chiaramente di voler esercitare il
proprio potere e non di volersi riferire a quello di altro or
gano della Prefettura, chiarendo quali erano a suo giudizio le ragioni della riscontrata illegittimità ; il significato del
provvedimento viene ancora sottolineato con il richiamo
alla data di ricezione dell'atto, evidentemente inteso a
sottolineare l'avvenuta osservanza del termine tassativo e
perentorio per annullarlo in relazione alla prossimità della
scadenza dello stesso termine.
La decisione n. 524 di questa Sezione del 16 luglio 1960
(Foro it., Eep. 1960, voce Comune, n. 115) riguardava, poi, la restituzione di una deliberazione con semplici osserva
zioni non contenenti chiari e precisi rilievi di illegittimità nè la manifestazione, seppure implicita, della volontà di an
nullamento. Si riferiva, pertanto, a una fattispecie non
solo diversa, ma addirittura opposta all'attuale. Per tali
considerazioni devesi concordare nella tesi della ricorrente,
secondo la quale la deliberazione in questione devesi consi
derare annullata dal Prefetto di Salerno con la nota 16 set
tembre 1959, n. 68522 suindicata.
Ma tale conclusione non conduce all'accoglimento del
ricorso, bensì ne importa la inammissibilità perchè prodotto avverso atto che è stato già annullato in sede di controllo
prefettizio. La ricorrente afferma, invero, che successivamente al
l'annullamento il Prefetto di Salerno ha emesso un provve dimento che viene qualificato come visto, ma tale circo
stanza non vale a far ritenere l'esistenza di un residuale
provvedimento sul quale debba pur sempre esprimersi il
giudizio di questa Sezione : la stessa ricorrente non impugna tale asserito provvedimento perchè, anzi, di esso disconosce
essa stessa qualsiasi valore, dichiarandolo tardivo e incon
sistente. Non è poi esatto che il Prefetto abbia anche suc
cessivamente apposto il visto alla deliberazione, nè lo po teva trattandosi di provvedimento non previsto dall'attuale
ordinamento nell'ambito dei controlli prefettizi sulle deli
berazioni : quelli che vengono richiamati sotto la comples siva qualifica di « visto », altro non sono che la nota 30 no
vembre 1959, n. 85330 con la quale il Prefetto di Salerno,
prendendo atto dei chiarimenti forniti, restituiva, segnan done ricevuta, la deliberazione n. 521 del 18 agosto 1959
e la stessa attestazione di avvenuta ricezione, la delibera
zione n. 521 del 18 agosto 1959, apposta in calce al verbale
di deliberazione: atti del tutto improduttivi di effetti giu
ridici, in conseguenza di quanto fondatamente sostiene,
pur senza trarne la sola possibile conseguenza logica, la
stessa ricorrente e che, pertanto, come tali, non portavano mutamento nella situazione determinatasi a seguito del
quale la interessata non aveva che da promuovere i provve dimenti che l'Amministrazione, nella sua competenza ri
tenesse di dovere o potere assumere.
Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissi
bile, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione Y ; decisione^ 24 febbraio 1962, n. 177 ; Pres.
Polistina P., Est. Laschena ; Mignucci (Avv. Sciacca) c. Comune di Roma (Avv. Bozzi).
Impiegato dello Stalo e pubblico in genere — Rapporti di pubblico impiego con gli enti locali — Atti
anteriori o concernenti la costituzione del rapporto — Giurisdizione esclusiva della giunta prov. amm. — Insussistenza (K. d. 26 giugno 1924 n. 1058, t. u.
sulla giunta prov. amm., art. 4).
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Portieri
di edilici appartenenti ad enti pubblici ed adibiti
a scopi non istituzionali dell'ente — Rapporto di pubblico impiego — Insussistenza.
Atto amministrativo — Disparità di trattamento —
Estremi.
Rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del Con
siglio di Stato, e non nella competenza giurisdizionale esclusiva della giunta prov. amm. in materia di pub blico impiego, le controversie relative agli atti anteriori
alla costituzione o concernenti la stessa costituzione del
rapporto d'impiego presso gli enti pubblici locali. (1) Anche se la loro prestazione abbia il carattere della conti
nuità e sia svolta con subordinazione gerarchica, non
sono pubblici impiegati i portieri assunti da un ente
pubblico (nella specie, comune) per la custodia di edifici
acquistati o costruiti dall'ente, non per destinarli a scopi
conformi ai suoi fini istituzionali, bensì al solo fine di ricavarne un reddito nell'esercizio di attività mera
mente patrimoniale. (2) L'eccesso di potere per disparità di trattamento presuppone
che una potestà discrezionale venga esercitata dalla pub blica Amministrazione in maniera diversa nei confronti di coloro, che si trovino rispetto a tale potestà in condi
zioni perfettamente identiche. (3)
La Sezione, ecc. — Le eccezioni di inammissibilità
sollevate dal resistente Comune non si riferiscono in effetti
al presente ricorso di appello, ma a quello proposto in
primo grado dagli istanti dinanzi la Giunta prov. amm. di
Roma in s. g., che, peraltro, ha declinato la propria com
petenza. In questa sede la questione della competenza della
stessa Giunta si presenta logicamente preliminare e assor
bente di ogni altra, relativa all'ammissibilità dell'impugna
(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 ottobre 1951, Foro it., Rep. 1951, voce Giustizia amm., n. 74 ; Giunta prov. amm. Genova 19 ottobre 1951, ibid., voce Impiegato gov. e pubbl., n. 134.
Giova precisare che i concorsi interni sono considerati come attinenti al rapporto di impiego già costituiti : cfr. Sez. V 19 e 26 maggio, 7 dicembre 1951, ibid., voce Impiegato com., nn. 26-29 ; 8 novembre 1952, n. 1325, id., Rep. 1952, voce cit., n. 98 ; 5 dicembre 1958, n. 926, id., Rep. 1959, voce
Impiegato dello Stato n. 151. In dottrina, cfr. Zanobini, Corso di diritto amministrativo,
Milano, 1954, II, pag. 238 ; Sandulli, Manuale di diritto ammi
nistrativo, Napoli, 1957, pag. 572.
(2) Vedi le decisioni (ricordate nel testo) : Cass. 28 luglio 1960, n. 2194, Foro it., Rep. 1960, voce Impiegato dello Stato, n. 838 ; Cons. Stato, Sez. VI, 25 maggio 1955, n. 377, id., Rep. 1955, voce Infortuni, nn. 298, 299 ; 27 agosto 1951, id., 1952, III, 43. V. pure, sugli estremi del rapporto di pubblico impiego, tra le altre, da ultimo : Sez. V 23 luglio 1960, n. 545, id., Rep. 1960, voce Impiegato dello Stato n. 27 ; Sez. V 12 novembre 1960, n. 796, ibid., nn. 28, 29 ; Sez. VI 8 novembre 1961, n. 848, id., Rep. 1961, voce cit., n. 771 ; Sez. VI 5 luglio 1961, n. 584, ibid., n. 775.
(3) Vedi le decisioni (ricordate nel testo) : Cons. Stato, Sez.
V, 9 novembre 1957, n. 889, Foro it., Rep. 1957, voce Atto amm., n. 41 bis ; 1 febbraio 1958, n. 13, id., Rep. 1958, voce Impiegato dello Stato, n. 572 ; 8 marzo 1958, n. 73, id., 1959, III, 72. V.
pure : Ad. gen. 8 novembre 1956, n. 369, id., Rep. 1957, voce Atto amm., n. 41 ; 12 febbraio 1959, n. 103, id., Rep. 1960, voce Giustizia amm., n. 474.
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165 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 166
tiva di primo grado. Ove tale competenza venisse ricono
sciuta, la controversia, ai sensi dell'art. 22, 3° comma, t. u. 26 giugno 1924 n. 1058, andrebbe rimessa ai primi Giudici, i quali dovrebbero allora pronunciarsi sulle eccezioni sud dette e sui motivi a suo tempo dedotti in prime cure dai ricorrenti.
La Giunta prov. di Eoma ha denegato la propria com
petenza sulla base delle seguenti considerazioni : a) la competenza giurisdizionale esclusiva della giunta in materia di pubblico impiego, prestato presso enti locali
(art. 4 t. u. 26 giugno 1824 n. 1058), presuppone l'esistenza di un già costituito rapporto di pubblico impiego ; ove, invece, il ricorso miri alla costituzione di tale rapporto, la controversia rientra nella competenza giurisdizionale generale di legittimità del Consiglio di Stato ; b) i ricor renti erano legati a.1 Comune da un rapporto di natura meramente privatistica. Pertanto la loro impugnativa, diretta in sostanza ad ottenere l'inquadramento tra i
pubblici dipendenti, doveva essere proposta dinanzi al
Consiglio di Stato e non avanti alla Giunta prov. amm. La prima proposizione è conforme al costante indirizzo
della dottrina e della giurisprudenza. La giurisdizione esclusiva della giunta prov. amm. in materia di pubblico
impiego presuppone il concorso di un elemento oggettivo (questione derivante da un rapporto di pubblico impiego) e di un elemento soggettivo (assunzione presso un ente
pubblico locale). Per quanto concerne l'elemento oggettivo, che, nella
specie, interessa, occorre che si tratti di un rapporto d'im
piego già costituito, cioè che la domanda abbia il suo titolo necessario nel rapporto di pubblico impiego considerato nel suo svolgimento e ad esso si riferisca o lo presupponga. Le controversie relative agli atti anteriori alla costituzione del detto rapporto (operazioni di concorso) o concernenti la stessa costituzione del medesimo (nomina, ecc.) sono invece comprese nella giurisdizione generale di legittimità del Consiglio di Stato.
L'altra questione, che viene all'esame del Collegio, decisiva ai fini della declaratoria di competenza, concerne la qualificazione della posizione giuridica, precedentemente rivestita dai ricorrenti.
Occorre premettere in punto di fatto che i medesimi
sono portieri di stabili, di proprietà comunale, adibiti, in tutto o in prevalenza, a case di civile abitazione ; alcuni di essi già vi prestavano servizio quando il Comune acquistò tali edifici, altri sono stati assunti allorché l'Amministra zione fece costruire edifici al fine di ricoverarci famiglie sinistrate, provvisoriamente sistemate in edifici scolastici.
Come risulta dagli atti fino al 1950 i suddetti portieri furono privi di una qualsiasi regolamentazione giuridica e soggetti al trattamento di privati prestatori d'opera. Soltanto in tale anno, l'Amministrazione, accogliendo la raccomandazione rivoltale dal Cons, comunale, avvertì
l'esigenza del Consiglio comunale di disciplinarne il rapporto di servizio. La deliberazione 21 marzo 1950, nell'autoriz zare la liquidazione, anche a favore dei suddetti portieri, custodi, del conguaglio di retribuzione, in rapporto agli aumenti concessi ai dipendenti comunali, precisò peraltro che tale autorizzazione lascia impregiudicata la ques ione relativa alla posizione giuridico-amministrativa djl perso nale di cui si tratta, alla quale definizione l'Amministrazione
addiverrà non appena i competenti uffici avranno predi sposto gli elementi necessari.
Con successiva del n. 3204 dell'8 agosto 1950, il Comune
nell'avvertire che era tuttora in esame presso l'Ammini
strazione la questione concernente il loro trattamento
giuridico ed economico, stabilì frattanto di applicare ad
alcuni di detti portieri, in linea di massima, il contratto
nazionale di lavoro privato. Soltanto con le delibere n. 2017 del 1953 e n. 617 del
1954 è stata adottata una precisa definitiva regolamenta zione dello stato giuridico del personale addetto alla custodia
di immobili comunali, destinati ad uso di civile abitazione, mediante applicazione del contratto collettivo dei portieri di privati. Il preteso carattere pubblicistico* del rapporto di servizio intercorrente tra il Comune e il suddetto perso
naie, nel periodo anteriore alla adozione dei citati provve dimenti, non risulta da alcun atto formale, nè comunque potrebbe desumersi, ove ciò fosse ammissibile, dal preteso comportamento dell'Amministrazione.
Questa ha sempre distinto la posizione giuridica ed economica dei portieri, addetti ad immobili destinati ad uso di civile abitazione, da quella dei portieri, incaricati della guardiania di stabili destinati a scuole o a pubblici uffici, riconoscendo l'esistenza di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego soltanto dei confronti di questi ultimi. In un sol caso è stata applicata ai primi la procedura disciplinare prevista per i pubblici dipendenti comunali ; ma tale fatto, di per sè non determinante, è rimasto assolu tamente isolato e pertanto non può essere invocato quale indice di un sicuro comportamento del comune. Il carat tere privatistico del rapporto di lavoro è ancora dimostrato non solo e non tanto dal difetto di un provvedimento for male di nomina, che pur costituisce il presupposto neces sario per la costituzione di un rapporto di pubblico impiego (Cass.; Sez. un., 28 luglio 1960, n. 2194, Foro it., Kep. 1960, voce Impiegato dello Stato, n. 838), quanto dalla stessa natura delle mansioni svolte dal personale, che esulavano evidentemente dai fini istituzionali dell'ente.
È indubbio che il servizio di custodia di edifici e locali, nei quali si trovano uffici della pubblica Amministrazione, costituisca un servizio, cui l'ente non può rinunciare, senza
determinare, nel suo funzionamento, deficienze dannose nel
pubblico impiego e quindi senza venir meno per certi
aspetti ai suoi compiti istituzionali. Ma la custodia di edifici che la pubblica Amministrazione ha acquistato o costruito per fini economici occasionali o nell'esercizio di un'attività meramente patrimoniale e utilizza alla stregua di un qualsiasi proprietario privato al solo fine di rica varne un reddito, è funzione ben differente da quelle com
prese nei fini istituzionali di un comune. Nulla vieta all'ente di disfarsi di tali immobili, poiché
nessun pregiudizio deriverebbe al conseguimento dei suoi fini. Gli immobili medesimi sono poi sottoposti ad un regime giuridico (di beni patrimoniali disponibili) diverso da quello dei beni pubblici (patrimoniali indisponibili) adibiti ad uffici e ricevono una diversa tutela. Da questa diversità di situazioni discende il fondamento della diversa posi zione giuridica dei portieri ad essi addetti.
I ricorrenti muovono al riguardo due ordini di obiezioni :
a) assumono in primo luogo che un rapporto di lavoro
continuativo, quale quello da essi svolto per anni, non può non avere natura pubblicistica. Ya pertanto rilevato che la natura di ente pubblico del datore di lavoro, la continuità della prestazione e la subordinazione gerarchica sono ele menti necessari, ma non sufficienti per la qualificazione pubblicistica di un rapporto di lavoro o di impiego, occor rendo altresì, come è stato sopra provato, che l'attività del dipendente sia in diretta correlazione coi fini istitu zionali dell'ente. La giurisprudenza della Corte di cassa zione e del Consiglio di Stato è consolidata in tal senso. È stato infatti ritenuto (Cass., Sez. un., 28 luglio 1960, n. 2194, cit.) che, quando un ente pubblico non economico
svolga volontariamente un'attività non prevista tra i
compiti ad esso istituzionalmente assegnati e non dissimile da quella normalmente spiegata dagli imprenditori pri vati, in tal caso i rapporti di lavoro, costituiti in relazione a detta attività, hanno natura privatistica. Tali principi, sono stati affermati negli stessi precedenti giurisprudenziali (Cons. Stato, Sez. VI, 25 maggio 1955, n. 377, Foro it., Rep. 1955, voce Infortuni, nn. 298, 299) invocati dai ricor
renti, i quali precedenti hanno appunto ritenuto che il
rapporto di lavoro dei portieri assunti da un ente pubblico non economico (I.n.a.i.l.) per la custodia di stabili, desti nati ad usi non rispondenti ai fini istituzionali, ha natura
meramente privata. Nè vale obiettare che quel personale era stato assunto ab initio secondo le norme del contratto collettivo dei portieri di privati, in quanto, alla stregua delle suesposte considerazioni, anche i portieri addetti a stabili del Comune di Eoma, destinati ad uso abitazione, non hanno mai avuto lo status di pubblici dipendenti ; b) in secondo luogo si sostiene che la qualificazione priva
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167 PARTE TERZA 168
tistica del rapporto di lavoro in esame porrebbe in essere
una disparità di trattamento tra il suddetto personale e
quello adibito alla custodia di stabili destinati ad uffici
e scuole.
Ora, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di
Stato (Sez. V 9 novembre 1957, n. 889, Foro it., Rep. 1957, voce Atto amm., n. 41 bis ; 1 febbraio 1958, n. 13, id.,
Eep. 1958, voce Impiegato dello Stato n. 572 ; 8 marzo 1958, n. 73, id., 1959, III, 72), la disparità di trattamento può sussistere solo quando una potestà discrezionale venga eser
citata dalla pubblica Amministrazione in maniera diversa
nei confronti di coloro che si trovino rispetto a detta potestà in condizioni perfettamente identiche.
La pretesa parità di condizioni non sussiste, peraltro, nella specie, rispondendo i rispettivi servizi a funzioni e
ad esigenze diverse, come sopra è stato precisato. E il pre cedente giurisprudenziale invocato (VI Sez. 27 agosto 1951, n. 380, Scigliuzzo c. I.n.c.i.s., Foro it., 1952, III, 43) non
è pertinente. L'I.n.c.i.s. ha il fine istituzionale di costruire
case da concedere in locazione agli impiegati dello Stato
o ad altre categorie assimilate, onde i portieri addetti alla
custodia degli stabili svolgono tutti un'attività che è in
diretta correlazione col fine istituzionale suddetto, trovan
dosi pertanto in un'effettiva situazione di parità di condi
zioni, che invece non ricorre nel caso in esame.
In definitiva, la controversia introdotta in prime cure
atteneva effettivamente alla costituzione ex novo di un
rapporto di pubblico impiego. Il provvedimento impugnato, incidendo sull'aspettativa dei ricorrenti all'inquadramento tra i pubblici dipendenti, ha leso la loro posizione sostan
ziale di interesse legittimo alla costituzione di tale rap
porto, tutelabile dinanzi alla giurisdizione generale di legit timità del Consiglio di Stato (Ad. plen. 28 febbraio 1956, n. 6, Foro it., Rep. 1956, voce Impiegato gov. e pubbl., nn. 638-640).
Per questi motivi, respinge, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione VI ; decisione 24 gennaio 1962, n. 78 ; Pres. Stumpo
P., Est. Toro ; Eusebietto (Avv. Vecchione, Poeto) c. Camera di commercio, industria e agricoltura di
Vercelli.
Mediazione e mediatore — Iscrizione nell'albo ordi
nario — Immunità penale —- Presupposti —- Fat
tispecie (L. 21 marzo 1958 n. 253, disciplina della
professione di mediatore art. 2, 3).
Anche per coloro che erano muniti della licenza di Pubblica
sicurezza, la immunità penale costituisce presupposto per Viscrizione nell'albo ordinario dei mediatori, istituito con la legge 21 marzo 1958 n. 253. (1)
La Sezione, eoe. —- Il ricorso è infondato.
Si premette che, in base alla legge 20 marzo 1913
n. *272, la professione di « mediatore » era libera. Nondi
meno, gli uffici pubblici, per i quali si richiedeva un'auto
rizzazione speciale, erano riservati ai mediatori iscritti in
un ruolo formato e conservato dalla camera di commercio.
Il ruolo doveva indicare la specie di mediazione per la
quale ciascuno era iscritto. I mediatori autorizzati alla
negoziazione dei valori pubblici erano qualificati agenti di cambio (art. 21).
All'art. 22 erano stabilite le condizioni per l'iscrizione
nel ruolo degli agenti di cambio, e fra le altre al n. 2 era
prevista «l'immunità penale» da provarsi mediante cer
tificato negativo del casellario giudiziario. L'art. 23 dettava analoghe norme per l'iscrizione tra i
(1) Non constano precedenti editi. Il testo della legge 21 marzo 1958 n. 253 è riprodotto su Le Leggi, 1958,"756, con'la Relazione Caroleo alla Camera dei deputati.
mediatori in merci e richiamava, fra le condizioni, quella indicata al n. 2 dell'art, precedente, cioè l'immunità penale, da provarsi in quel determinato modo.
In conclusione erano previste due categorie di mediatori,
quelli liberi, per i quali non erano stabiliti speciali requisiti e quelli (agenti di cambio e mediatori) inscritti nel ruolo
della camera di commercio, per i quali erano richiesti
requisiti vari, fra i quali l'immunità penale. Con r. decreto 6 novembre 1926 n. 1848 fu approvato
il t. u. delle leggi di P. s., che agli art. 116-121 comprese nella disciplina delle agenzie pubbliche anche l'attività
di sensale o d'intromettitore.
Tale disciplina pq,ssò. poi, nel t. u. delle leggi di P. s.
18 giugno 1931 n. 773, art. 115-120.
Dispone l'art. 115 t. u. del 1931 che non possono aprirsi o condursi agenzie di prestito su pegno, e altre agenzie di
affari, quali che ne siano l'oggetto o la durata senza licenza
del questore. La licenza è necessaria anche per l'esercizio del
« renstiere di sensale o di intromettitore ».
La licenza di P. s. rientra nelle autorizzazioni di polizia,
disciplinate dagli art. 8-14 del t. u. e perciò deve essere
negata a chi ha riportato condanne a pena restrittiva
della libertà personale superiore a 3 anni, per delitto non
colposo, e non ha ottenuto la riabilitazione, e a chi è sot
toposto all'ammonizione o a misura di sicurezza (art. 11, nn. 1-2) e può essere negata, in altri casi (art. 11, 2° comma) e similmente deve e può essere revocata, se vengono a
risultare, a carico delle persone autorizzate le condizioni
e circostanze predette (art. 11, 3° comma). Per effetto di queste norme del t. u. delle leggi di P. s.,
dal 1926 in poi vennero conservate le due categorie di
mediatori, quelli dell'art. 21 della legge del 1913 sulle camere
di commercio, dei mediatori liberi, cioè, e di quelli iscritti
nei ruoli delle camere di commercio, ma l'esercizio del
« mestiere » di mediatore in genere, e quindi, in sostanza, anche di quello dei mediatori liberi, della prima categoria, venne subordinato a licenza di polizia, per la quale erano
prescritte condizioni di immunità da alcune condanne
e misure di sicurezza determinate. Non era l'immunità
penale (totale) dei mediatori della seconda categoria della
legge del 1913, ma era sempre una immunità (parziale). La legge 21 marzo 1958 n. 253 ha infine dettato una
nuova disciplina della «professione di mediatore» prescri vendo per tutti «iscrizione nei ruoli previsti dall'art. 21
legge 20 marzo 1913 n. 272, e dalle norme sull'ordina
mento delle camere di commercio, industria ed agricoltura secondo le modalità indicate in detta legge » (art. 2, 1° com
ma). È previsto, poi, un ruolo speciale, per i media
tori, che intendono esercitare gli uffici pubblici dell'art. 27
legge del 1913 (art. 2, 2° comma). Non è richiesta però la
licenza di polizia dell'art. 115 t. u. delle leggi di P. s. (art. 3), ma coloro che, alla data di entrata in vigore della nuova
legge (120 giorni dopo quello della pubblicazione, art. 8 e cioè al 3 agosto 1958, essendo stata pubblicata la legge il 5 aprile di detto anno), erano provvisti della regolare licenza di P. s. avevano diritto di iscrizione nel ruolo senza esame di abilitazione (art. 6). All'art. 7, infine, si legge che le norme di attuazione saranno emanate dal Governo.
Tali norme di attuazione sono state approvate, poi, con decreto pres. 6 novembre 1960 n. 1926, pubblicato nella Gazzetta uff., n. 180 del 22 luglio 1961 (in data poste riore al provvedimento in discussione).
Ciò premesso, si osserva che il ricorrente Eusebietto,
provvisto, alla data di entrata in vigore della legge del 1958, di regolare licenza del Questore di Vercelli, per l'esercizio dell'attività di mediatore di cereali, in comuni con popolazione fino a 50.000 abitanti, licenza rinnovata fino al 7 marzo 1958 (documento depositato il 16 set tembre 1961), chiese alla Camera di commercio di Ver
celli, in data imprecisata, l'iscrizione nel ruolo ordinario dei mediatori. La Camera di commercio negò l'iscrizione con deliberazione n. 635 del 16 dicembre 1959 e, su istanza
opposizione dell'interessato, confermò l'esclusione con
deliberazione 27 giugno 1960 perchè risultava a carico dell'istante una condanna per furto semplice, e non era intervenuta la riabilitazione. In questa decisione camerale
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