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Sezione V; decisione 25 novembre 1953, n. 54222

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Sezione V; decisione 25 novembre 1953, n. 54222 Source: Il Foro Italiano, Vol. 77, No. 10 (1954), pp. 283/284-285/286 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23145707 . Accessed: 25/06/2014 09:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 09:50:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 25 novembre 1953, n. 54222Source: Il Foro Italiano, Vol. 77, No. 10 (1954), pp. 283/284-285/286Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23145707 .

Accessed: 25/06/2014 09:50

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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PARTE TERZA

in merito all'autorizzazione, previo parere della giunta pro vinciale amministrativa, con facoltà di ricorso contro il

provvedimento definitivo al Consiglio di Stato in sede giu risdizionale. E dal complesso di queste norme, trasfuse

ora nell'art. 17 cod. civ., con la prescrizione che la persona

giuridica non può acquistare beni immobili senza l'auto

rizzazione governativa, in mancanza della quale l'acquisto resta senza effetto, ed integrate inoltre con la statuizione

dell'art. 5 delle norme di attuazione, che rimette al prefetto la competenza per l'istruttoria delle domande, qualora non

sia delegato a concedere l'autorizzazione, si potrebbe essere

indotti a ritenere che, ad escluderne l'applicabilità all'Am

ministrazione statale, sia sufficiente il rilievo che non ne

viene fatta esplicita menzione e che il procedimento sta bilito per richiedere l'autorizzazione è intuitivamente inap plicabile alla stessa.

Ma in contrario può osservarsi, quanto al rilievo les

sicale, che la norma è riferita alle persone giuridiche in

genere, e che tale qualifica non può contestarsi allo Stato, essendo noto che esso è anzi la più elevata tra le persone

giuridiche pubbliche, e non potendo dubitarsi che debba

anch'esso sottostare all'ordinamento giuridico che ha sta

bilito, e che questo, fino a quando non venga modificato, serva di vincolo alla sua attività. Quanto, poi, alla forma

del procedimento stabilito per richiedere l'autorizzazione,

potrebbe osservarsi che dal rilievo della sua inapplicabi lità agli acquisti immobiliari che lo Stato intenda compiere non possa trarsi altra conseguenza all'infuori di quella che l'Amministrazione demaniale non sia tenuta ad os

servare le norme del regolamento approvato con il r. de

creto 26 giugno 1864 n. 1817, ma possa provvedere diret

tamente a promuovere il parere del Consiglio di Stato e

l'emissione del decreto di autorizzazione.

Appare, pertanto, quanto meno dubbio che il rilievo del

l'elemento lessicale possa offrire, di per sè solo, un sicuro

argomento per limitare la portata del precetto alle persone

giuridiche minori, sia pubbliche sia private. E ciò con

ferma che la soluzione della questione deve piuttosto ri

cavarsi dai principi informatori del precetto di cui trattasi.

Orbene dai principi che regolano la légge del 1850 e le

successive modificazioni risulta manifesto che la medesima

si ispira alla necessità di combattere il risorgere della ma

nomorta, mercè l'immobilizzazione della proprietà fondiaria

nelle mani di enti morali, siano laici o ecclesiastici. Ed è ap

punto questo criterio informatore che ne rende evidente

il riferimento ai soli enti subordinati allo Stato, che agi scono nell'ambito del suo territorio.

La incompatibilità di un simile criterio con i compiti e

con le esigenze dello Stato è posta, invero, in luce dal ri

lievo che questo è ben lungi dall'avere una capacità di

acquisto limitata per i beni immobili, come è provato dal fatto che esso acquista di diritto i beni immobili clie non

risultano in proprietà di alcuno (art. 827 cod. civ.) e le

eredità di coloro che vengono a morte senza testamento e

senza lasciare successibili riconosciuti dalla legge (art. 586 cod. civ.).

D'altra parte, l'ordinamento positivo dimostra in modo

non dubbio che alla formazione di una manomorta statale

si è inteso ovviare non già col limitare gli acquisti volon

tari di stabili, che non vengono compiuti se non in quanto siano richiesti da esigenze indotte dal migliore funziona

mento di un pubblico servizio, nè col vietare l'incremento

del patrimonio stesso causato dagli acquisti di beni o ere

dità vacanti, previsti dalla legge, ma per contro col pro vocare l'alienazione della parte dei beni patrimoniali, che

risulti non necessaria o non utile al soddisfacimento dei

bisogni dello Stato (art. 32, 37 e 38 r. decreto 20 giugno 1929 n. 1058).

E che, in effetti, la legge del 1850 debba ritenersi inap

plicabile agli acquisti immobiliari, di carattere contrat

tuale, compiuti dallo Stato, emerge anche dalle norme det

tate in materia, e più propriamente dalle Istruzioni ge nerali sui servizi del Provveditorato generale dello Stato, emanate ili base al disposto dell'art. 62 del citato decreto

20 giugno 1929 ed approvate con decreto min. 24 agosto 1940 n. 2984.

Queste istruzioni, infatti, nel dettare con gli art. 819

a 837 la disciplina dei vari modi di acquisto di beni da parte dello Stato, dopo averne ribadito la giuridica capacità « a

seconda dei vari modi previsti dal codice civile, e cioè a)

per occupazione ; b) per accessione ; c) per successione le

gittima o testamentaria ; d) per donazione ; e) per prescri zione ; /) per convenzione » (art. 819), dichiarano applica bili le disposizioni della legge 5 giugno 1850 n. 1037, in

aggiunta a quelle del codice civile, per i soli primi cinque modi di acquisto, aggiungendo che in tali casi il Provve

ditorato generale dello Stato non è tenuto ad osservare le norme del relativo regolamento approvato col r. decreto

26 giugno 1864 n. 1817, ma provvede direttamente, ove oc

corra, a promuovere il parere del Consiglio di Stato e l'emis

sione del decreto di autorizzazione (art. 820). Per gli acquisti mediante convenzione, « e cioè mediante

contratto di permuta e di compravendita » (art. 822), sono

invece dichiarate applicabili soltanto le disposizioni del

codice civile (ivi). E dopo essersi stabilite, fra l'altro, la

competenza del Provveditorato generale dello Stato a prov vedere all'acquisto di beni immobili sia per conto dell'Am

ministrazione finanziaria sia per conto di altre Ammini

strazioni governative (art. 824 e 825) e la necessità della

esistenza in bilancio dei fondi occorrenti (art. 828) e del

parere del Consiglio di Stato, quando il prezzo superi la

somma indicata per la trattativa privata nell'art. 6 della

legge di contabilità e successive variazioni (art. 830), vi si

prescrive che il contratto deve essere approvato « se

condo le norme comuni agli altri contratti stipulati nell'in

teresse dello Stato », e che il decreto di approvazione deve

essere emesso dal Ministro delle finanze di concerto con gli altri Ministri interessati, qualora l'acquisto non interessi

esclusivamente l'Amministrazione finanziaria (art. 832), in

tal modo rinviando per l'approvazione del contratto a

quanto dispone l'art. 19 della vigente legge di contabilità

generale. Sembra, quindi, lecito affermare che per i contratti di

cui trattasi la esclusione della discussa esigenza dell'auto

rizzazione, richiesta per gli acquisti degli enti morali dalla citata legge n. 1037 del 1850 e dall'art. 17 cod. civ., discenda

non solo dalla ratio della norma, ma finanche dallo stesso

ordinamento positivo. (Omissis) Le considerazioni suesposte inducono, adunque, a con

cludere che per gli acquisti di beni immobili occorrenti

per il funzionamento dei pubblici servizi che dipendono dalle Amministrazioni dello Stato il Ministero delle finanze

può provvedere anche in mancanza di una legge speciale di autorizzazione, e senza che occorra una particolare auto

rizzazione di volta in volta con decreto del Capo dello

Stato, e che, pertanto, una volta accertata l'esistenza in

bilancio dei fondi occorrenti per la spesa, ben può darsi corso ai decreti con cui il Ministro delle finanze, di con certo con gli altri Ministri eventualmente interessati, pro ceda all'approvazione dei contratti del genere stipulati dalla

Direzione generale del demanio per conto dello Stato,

sempre che, beninteso, sia stato sentito il parere del Con

siglio di Stato qualora l'acquisto avvenga, come di regola accade trattandosi di beni infungibili, a trattativa privata e si superino i limiti, previsti dalle vigenti disposizioni in

materia, per poterne prescindere.

COMMISSIONE CENTRALE PER LE IMPOSTE DIRETTE.

Sezione V ; decisione 25 novembre 1953, n. 54222.

Keyistro Società di persone - Recesso di socio —•

Attribuzione di danaro —■ Applicabilità della tassa di trasferimento (R. d. 30 dicembre 1923, n. 3269. testo di legge sul registro, art. 27, 48, 49; ali. A, art. 87)

Il recesso del socio da una società di persone è soggetto ad

imposta proporzionale di registro qualora egli riceva la

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

parte di capitale, e non la parte dei beni sociali a lui spet tante. (1)

La Sezione, ecc. — È stato da tempo riconosciuto dalla

giurisprudenza che l'atto con il quale il socio, dietro un cor

rispettivo in danaro, cessa di far parte di una società di per sone non costituisce semplice dichiarazione dì recesso, ma vendita o cessione di quota sociale soggetta ad imposta di

trasferimento, di natura immobiliare o mobiliare a se conda che nel patrimonio della società si trovino o meno beni immobili.

La tab. A allegata alla legge del registro contempla il negozio giuridico di recesso di soci sotto varie forme :

a) per gli atti di scioglimento di società e le dichiarazioni di recesso dalle medesime (art. 87) la tabella prevede la sem

plice imposta fìssa ; b) per le assegnazioni ai soci in seguito a

scioglimento e liquidazione di società, prevede l'imposta proporzionale se si tratta di assegnazione di beni immobili

agli azionisti di società anonime e in accomandita per azioni, mentre per i beni delle altre specie di società contempla l'imposta proporzionale se si tratta di persona diversa da

quella che conferì l'immobile nella società, l'imposta gra duale se l'assegnazione è fatta a colui che a suo tempo ha conferito i detti beni, o comunque se si tratta di assegna zione di immobili acquistati o costruiti dalla società ; c) per quanto concerne i beni mobili, sulle assegnazioni fatte ai soci di società diverse da quelle per azioni, la tariffa stabi lisce l'imposta graduale.

Dalle disposizioni di cui sopra si evince che il concetto informatore delle distinzioni fatte è quello che domina

nella materia delle imposte di registro : si applica l'imposta

proporzionale ogni volta che il negozio giuridico comporti un trasferimento di proprietà da uno ad altro soggetto ; è

dovuta l'imposta graduale quando la sostanza del negozio sia quella di una divisione di patrimonio collettivo, con

conseguente attribuzione al condividente di una quota cor

rispondente ai suoi diritti.

In corrispondenza di questi principi, il recesso del socio

può essere esentato dalla imposta proporzionale, per venire

assoggettato, a seconda dei casi, all'imposta graduale o alla semplice imposta fìssa, quando si possa sicuramente

escludere che esso comporti un trasferimento.

Questa certezza si ha normalmente quando il socio di

una società in nome collettivo, ritirandosi dalla società

stessa, riprende in natura la parte del patrimonio sociale

che corrisponde esattamente alla sua quota. Il possesso di

tale quota infatti dà al socio il diritto non già ad una pro

porzionale porzione del capitale sociale, che può essere di

entità notevolmente inferiore a quella del patrimonio della

società al momento del recesso del socio, ma ad una corri

spondente parte di tale patrimonio. Se ad es. un socio pos siede una quota uguale ad un quinto, e se il capitale della

società è di lire 5.000.000, mentre il patrimonio sociale am

monta al valore di 50.000.000, il recesso in senso proprio av

viene quando il socio ritira una somma di beni, mobili od

immobili, del patrimonio sociale che corrisponda a 10 mi

lioni, non già quando il socio riceva un solo milione sui 5

che costituiscono il capitale sociale.

Se dunque, come è avvenuto nella fattispecie, due soci

hanno dichiarato di recedere dalla società in nome collet

tivo, ritirando in complesso soltanto lire 50.000 in danaro, cioè un quarto del capitale sociale di lire 200.000, mentre

il patrimonio della società risulta essere notevolmente mag

giore di tale importo ed è stato accertato dall'Ufficio (salva l'ulteriore procedura di valutazione) in lire 10 milioni, non

si può escludere, anzi si ha ragione di affermare, che i due

soci recedenti non abbiano ritirato la quota ad essi spet

(1) Vedi in conformità Cass. 28 febbraio 1941, Foro it., 1041,

I, 830, con nota di richiami. Consulta anche, per qualche riferimento, App. Torino 28

giugno 1948, id., Rep. 1949, voce Registro, nn. 97, 98 ; Comm.

centr. imp. dir. 8 marzo 1947, id., Rep. 1948, voce cit., nn. 87-89 :

Cass. 31 gennaio 1944, id., Bep. 1943-45, voce cit., n. Ili ; Avezza, in Foro pad., 1949, I, 94; Stella Richter, in Giur. Cans. dr..

1944, 34.

tante, ma abbiano fatto una cessione della quota stessa agli altri membri della società in nome collettivo, trasferendo loro la proprietà di tale quota contro un corrispettivo in danaro.

L'applicazione dell'imposta proporzionale appare per tanto giustificata.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

Rivista di Giurisprudenza Amministrativa

l£spropriazionc per pubblico interesse l'iaiii <li ri costruzione previsti dalla leytje 1 marzo 1945 n. 154 — Formazione dello stato di consistenza — Decreto prefettizio — Alatiira Ini mpugna bilit à.

Il decreto prefettizio che, ai sensi dell'art. 9 decreto legisl. 1 marzo 1945 n. 154, dispone che il comune formi lo stato di consistenza dei terreni da espropriare, in rela zione al piano di ricostruzione, è meramente esecutivo nei confronti del decreto con cui il Ministro dei lavori- pub blici approva il piano stesso, e preparatorio nei confronti del successivo decreto di espropriazione, da pronunciarsi a norma del cit. art. 9 ; esso non è pertanto impugnabile ex se con ricorso giurisdizionale. (1)

Consiglio di Stato ; Sezione IV ; decisione 28 maggio 1954 n. 359; Pres. Stumpo P., Est. Polistina ; Soc. offi cine e fonderie Caltarossa (Avv. Storoni) c. Prefetto di Verona e Comune di Verona (Avv. Fedeli).

(1-2) X m constano precedenti in termini. La inlmpugnabilità degli atti esecutivi di un precedente prov

vedimento, o preparatori rispetto all'atto terminale di un procedi mento, è oraiai un principio saldamente affermato in dottrina e giurisprudenza, e numerose, di conseguenze, le decisioni in tal senso. Vedi, da ultimo, quanto agli atti esecutivi, Oons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 1952, foro it., Rep. 1952, voce Piano regolatore. n. 31 (ove è ritenuto esecutivo del decreto che approva il piano particolareggiato il decreto prefettizio che ordina l'espropriazione ed autorizza l'occupazione di area contemplata nel piano parti colareggiato di esecuzione di un piano regolatore) ; Sez. IV 26 ot tobre 1949, id., Rep. 1950, voce Giustizia ammin., n. 210 ; Sez. VI 7 novembre 1950, ibid., n. 217 ; 27 febbraio 1950, ibid., n. 218, e 4 dicembre 1950, ibid, n. 219 ; e, quanto agli atti preparatori, Oons. Stato, Sez. VI, 25 febbraio 1952, n. 65, Foro it., 1953, III, pag. 73 (nella motivazione), e 4 luglio 1950, id., Rep. 1950, voce Giustizia ammin., n. 92.

In dottrina, vedi Guicciardi, La giustizia amministrativa, Cedam, Padova, 1954, pag. 195 ; Zanobini, Corso di dir, ammin., II, Giuffrè, Milano, 1948, pag. 138 ; Vitta, Dir. ammin., vol. II, U.t.e.t., Torino, 1950, pag. 509 ; Sandxit.i.i, Mannaie di dir. ammin., Tovene, Napoli, 1952, pag. 425.

♦ ♦ ♦

La decisione è cosi motivata : « Il provvedimento impugnato è costituito, come si è specificato nelle premesse di fatto, dal decreto del Prefetto che ha disposto a sensi dell'art. 9 decreto legisl. ] marzo 1945 n. 154, che il Comune di Verona formasse lo stato di consistenza dei terreni da espropriare, in relazione al piano di ri; costruzione della città di Verona, già approvato con decreto 25 marzo 1948 n. 276 del Ministro lavori pubblici. Tale provvedimento è meramente esecutivo nei confronti di quello costituito dall'ap provazione del piano di ricostruzione, da parte del Ministero ; approvazione che, a sensi dell'art. 7 del citato decreto n. 154 del 1945 equivale a dichiarazione di pubblica utilità. Lo stesso provvedi mento è, nel procedimento di espropriazione soltanto preparatorio, nei confronti del successivo decreto di espropriazione, che dovrà intervenire a sensi dell'art. 9 decreto piìi volte citato, dopo la com

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