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Sezione V; decisione 4 marzo 1953, n. 106; Pres. Colucci P., Est. Sangiorgio; Comune di Sulmona...

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Sezione V; decisione 4 marzo 1953, n. 106; Pres. Colucci P., Est. Sangiorgio; Comune di Sulmona (Avv. Giuliani, Manes) c. Susi (Avv. Mascetti, Tabassi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 76, No. 5 (1953), pp. 129/130-131/132 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23144566 . Accessed: 28/06/2014 17:39 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.196 on Sat, 28 Jun 2014 17:39:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 4 marzo 1953, n. 106; Pres. Colucci P., Est. Sangiorgio; Comune di Sulmona(Avv. Giuliani, Manes) c. Susi (Avv. Mascetti, Tabassi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 76, No. 5 (1953), pp. 129/130-131/132Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23144566 .

Accessed: 28/06/2014 17:39

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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129 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 130

fossero titolari di un autonomo diritto sul terreno fra

quelli sopraindicati (il che non risulta parimenti, nè è stato

denunciato) gli atti di espropriazione o di occupazione di

urgenza non potevano essere diretti cite soltanto contro la

Vuolo, la quale dai dati catastali risultava essere l'unica

ed esclusiva proprietaria del terreno.

Indipendentemente quindi dalla natura dell'azienda che sul terreno veniva esercitata, sia essa agricola o pure

industriale-agricola, il motivo d'impugnativa non risulta

fondato, e non può pertanto trovare accoglimento. ,

Infondato è parimenti il secondo motivo, di eccesso di

potere, sotto il profilo dello sviamento, perchè la semplice coincidenza di una lite e di un procedimento giudiziario civile con il provvedimento coattivo di espropriazione e di

occupazione non basta a stabilire che questo sia stato

adottato per influenzare o deviare il corso del primo. Oc

correrebbe dimostrare che la espropriazione o la occupa zione del terreno non era necessaria per i fini per cui fu

richiesta, il che è smentito dai risultati della istruttoria

disposta dal Prefetto, e dal rapporto del Genio civile, che

ha riconosciuto giustificata, motivandola, la richiesta di

espropriazione della proprietà Vuolo, in applicazione del

decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1598.

Inattendibile è poi il terzo mezzo di gravame, che de

nuncia la sommarietà e genericità del verbale di consi

stenza, il quale mancherebbe, per questo motivo, di ogni

rispondenza ai fini voluti, per l'occupazione di urgenza, dall'art. 71 della legge sul]e.espropriazioni. La legge non

prescrive particolari modalità per la redazione del verbale

di consistenza che, nella specie, risulta redatto da un no

taio con l'assistenza di un tecnico, e riguarda, è bene te

nerlo presente, una superficie di limitata estensione, e cioè

di sole 37 are, pari a mq. 3.700, vale a dire ad una area

avente un fronte di m. TO ed una profondità di circa

m. 40, che può benissimo essere esaminata da un punto

sopraelevato, come quello indicato nel verbale. Ad ogni modo, prescindendo da ogni apprezzamento sul contenuto

del suddetto verbale di consistenza e sulla sufficienza di

esso ai fini della procedura di occupazione temporanea, occorre tener presente che, nella specie, il decreto di oc

cupazione fa riferimento nelle premesse non solo al verbale

di consistenza impugnato, ma anche al piano parcellare richiesto dalla legge nell'ipotesi più grave del trasferimento

della proprietà nella procedura espropriativa, ed è stato

poi seguito da un dettagliato verbale di immissione in

possesso, redatto in contraddittorio col rappresentante della

proprietaria Vuolo, per modo che non può dirsi siano

mancate nel caso considerato tutte le maggiori garanzie

per la tutela degli interessi del proprietario. Giova anche aggiungere che, come questo Consiglio ha

già riconosciuto (IV Sezione 11 agosto 95 , n. 381), l'ar

ticolo 7 ' della legge sulle espropriazioni non esige che la

compilazione dello stato di consistenza sia effettuata in

contraddittorio con i proprietari dei fondi da occupare. Infondato è anche il quarto motivo di censura, di

violazione dell'art. 4 del citato r. decreto sulla industrializza

zione del Mezzogiorno, nell'assunto che la espropriazione della proprietà Vuolo, seguendo a breve distanza quella

per lo stesso fine eseguita della proprietà Accadia, mani

festa in modo evidente che la nuova espropriazione non

risponde ad un programma organico che richiede unicità

di soluzione, e denuncia un fine diverso da quello di ne

cessità posto a base della legge. •

Come ha giustamente rilevato la difesa della Prefet

tura, nessuna disposizione vieta ohe la procedura di espro

priazione sia svolta in momenti successivi e si estenda ad

altri beni, quando quelli già espropriati non risultino suf

ficienti a realizzare lo scopo che si vuol porre in essere ;

in questo caso l'ampliamento e la sistemazione dello Sta

bilimento Di Florio. Quello che occorre è che la nuova

espropriazione sia riconosciuta giustificata ai fini della ap

plicazione dell'invocata disposizione di legge ; e poiché

.questa rispondenza, risultata dall'istruttoria e dal parere tecnico del Genio civile, è stata accolta e fatta propria dalla Prefettura, il provvedimento è regolare e non è sotto

questo aspetto impugnabile.

Anche il quinto motivo, di difetto di eausa nel de creto di occupazione, è a sua volta inattendibile, perchè se è vero, da una parte, che la ditta Di Florio era già in possesso di porzione del terreno e quindi poteva non occorrere, per questa parte, un provvedimento di occu

pazione, non è meno vero che tale o cupazione, a titolo locativo, era anche contestata dalla proprietaria Yuolo, mentre i Di Florio ne richiedevano il possesso in modo certo e garantito, in vista di tramutarlo, esaurita la pro cedura di espropriazione, in permanente e completo.

Il difetto di causa per la restante parte della espropria zione, per essere lo Stabilimento già provvisto di uno scalo per il carico e lo scarico delle merci, non è a svia volta am missibile, perchè, a carte la circostanza che tale espro priazione è fatta anche per provvedere lo Stabilimento, che ne difetta, di ampi piazzali per deposito e stagiona tura del materiale, la valutazione della necessità dell'espro priazione rientra nell'apprezzamento discrezionale dell'Am ministrazione, e non può pertanto essere oggetto di sinda cato in sede di legittimità del provvedimento impugnato. (Omissis)

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione Y ; decisione 4 marzo 1953, n. 106 ; Pres. .Colucci P., Est. Sangiorgio ; Comune di Sulmona (Avv. Giu liani, Manes) c. Susi (Avy. Mascetti, Tabassi).

Giustizia amministrativa — Ricorso in revocazione

proposto dal sindaco — Successiva delibera di

proporlo assunta dopo la scadenza del termine —- Improponibilità.

E' improponibile il ricorso in revocazione proposto dal sin daco senza la previa deliberazione degli organi comunali

competenti, a meno che tale deliberazione non intervenga successivamente, ma nel termine utile per la proposizione del ricorso stesso. (1)

La Sezione, ecc. — L'eccezione di improponibilità del ricorso sollevata dal resistente Susi è fondata. Risulta dagli atti che, quando il Sindaco del Comune di Sulmona I'll luglio 1951 notificò al Susi il ricorso in revocazione, non esisteva alcuna deliberazione nè della Giunta comunale nè del Consiglio comunale, diretta alla proposizione del ricorso. Nè poteva dirsi che una determinazione di vo lontà in tale senso fosse insita nelle precedenti delibera zioni istitutive del giudizio, emesse da quei due organi de liberanti del Comune, e cioè nella deliberazione d'urgenza del 10 agosto 1950, con la quale la Giunta comunale aveva determinato di produrre ricorso al Consiglio di Stato av verso la decisione della Giunta prov. amm. 28 luglio 1950 e nella deliberazione dell'11 ottobre 1950, con la quale il

Consiglio comunale l'aveva puramente e semplicemente ra tificata. Quella manifestazione di volontà era stata diretta esclusivamente alla impugnativa della decisione della Giunta

provinciale. A parte pertanto la questione di principio, se la deter

minazione di impugnare una decisione del Consiglio di Stato in via di revocazione possa ritenersi implicita nella

precedente determinazione di proporre il ricorso al Consiglio di Stato, o se invece, date le caratteristiche del ricorso in

(1) Non ci risultano precisi precedenti editi. Sulla necessità di provvedere con apposite delibere per cia

scuno dei vari gradi del giudizio, cfr. V Sez. 20 giugno 1952, n. 1958, Race. Cons. Stato, 1952, 882 ; 19 aprile 1952, n. 668, ibid., 570 ; 19 settembre 1951, n. 807, Foro it., Rep. 1951, voce Giustizia amm., n. 230 ; 20 gennaio 1951, n. 8, id., 1951, III, 252 ; 16 dicembre 1950, id., Rep. 1950, voce cit., n. 244 ; 8 ottobre 1948, id., Rep. 1949, voce cit., n. 189. Sull'ammissibilità di una regolariz zazione nel caso di delibera assunta regolarmente, ma di cui non si documenta nè la ratifica nè il controllo favorevole, v. V Sez. 23 aprile 1949, id., 1949, III, 231 e nota ivi.

li. Fobo Italiano — Volum* LXXV1 — Parte ///-io.

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131 PARTE TERZA 132

revocazione, rimaste intatte nel presente ordinamento, anche se questo non lo qualifichi più come un rimedio stra

ordinario, non richieda mia esplicita e più energica ina

nifesta'zione di volontà, nella specie nulla v'era nemmeno

di implicito nelle due cerniate deliberazioni che stesse a

significare la volontà del Comune di estendere eventual

mente l'impugnativa alla futura decisione del Consiglio di Stato davanti allo stesso in via di revocazione. Tanto

vero che lo stesso Sindaco sentì a un certo momento il

bisogno di portare l'affare davanti al Consiglio comunale

e fu allora che questo con deliberazione del 2 agosto 1951

determinò « di esperire ricorso di revocazione avverso la

decisione del Consiglio di Stato del 30 marzo 1951 » ; ma

era ormai troppo tardi, perchè detta decisione era stata

pubblicata il 12 maggio 1951 e il termine per proporre quel

gravame (60 giorni dalla pubblicazione della revocanda

decisione, nelle ipotesi di errore di fatto e di violazione di

giudicato: art. 82 regol. proc. 17 agosto 1907 n. 642).era trascorso da tempo.

Nè quella deliberazione consiliare può riguardarsi come

un atto di convalida di un atto invalido messo in essere

dal Sindaco con la proposizione del ricorso. Non bisogna confondere l'atto puramente processuale, compiuto dal

Sindaco firmando il ricorso in revocazione e nominando

nel ricorso stesso il procuratore del Comune, con l'atto

amministrativo in cui si sarebbe dovuta estrinsecare la

volontà di istituire il giudizio. Ora nessun atto del genere, il quale per la sua natura

e per essere perfino soggetto al controllo di merito del

l'autorità tutoria, avrebbe richiesto ad substantiam la

forma scritta, fu mai emesso dal Sindaco di Sulmona nella

sua qualità di organo, sia pure nella specie non competente, del Comune. Non ci si troverebbe quindi, dato che il Sin

daco abbia mai avuto l'intenzione di metterlo in essere, di fronte a un atto invalido per incompetenza dell'organo che lo ha emesso, e tale quindi che potesse essere e sia stato

effettivamente convalidato dall'organo competente (a

parte poi la questione della decorrenza degli effetti di una

tale convalida), ma di fronte a un atto radicalmente nullo

per difetto di forma essenziale e come tale non passibile di convalida.

Del resto, nella accennata deliberazione del Consiglio comunale del 2 agosto 1951 non v'è alcuna traccia di una

intenzione di convalidare (la quale per sua natura avrebbe

richiesto una manifestazione erpressis verbis) un atto com

piuto dal Sindaco fuori della sfera della sua competenza.

Neppure vi si parla che il Sindaco avesse preso per proprio conto la determinazione di proporre il ricorso, nè tanto

meno che il ricorso fosse stato già proposto. Il Consiglio comunale deliberò come se la questione si presentasse allora per la prima volta e determinò la proposizione del

ricorso, come se una tale determinazione non fosse stata mai presa prima d'allora da alcun altro organo del Comune.

Tale determinazione avrebbe tuttavia potuto raggiungere lo scopo se fosse intervenuta entro il termine dei 60 giorni di proponibilità del ricorso, perchè, in tal caso, avrebbe

potuto servire il ricorso già proposto dal Sindaco.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 16 gennaio 1953, n. 22 : Pres. De

Mabco P., Est. Gallo ; Dettori Garau (Avv. Stop

pani) c. Rappres. del Governo presso la Regione sarda, Consorzio di bonifica di campo Giavesu (Avv. Sciacca).

Sardegna — Rappresentante del Governo presso la

Regione sarda — Adozione di provvedimento di

competenza degli organi regionali — Ricorso

giurisdizionale al Consiglio di Stato — Ammis sibilità (Costituzione della Repubblica, art. 134).

Sardegna — Alto Commissariato per la Sardegna — Esecuzione di opere pubbliche - Competenza — Attribuzione transitoria al Rappresentante

del Governo — Materie riservate alla compe tenza dell'Amministrazione regionale — Con

dizioni (D. legisl. luog. 28 dicembre 1944 n. 417, prov vedimenti regionali per la Sardegna, art. 2 ; d. pres. 19

maggio 1949 n. 250, norme di attuazione dello statuto

speciale per la Sardegna, art. fil). Bonifica — Mollifica integrale — Piano generale

previsto dall'art. 4 r. decreto 13 febbraio 1933

n. il5 —- Bonifiche iniziate in periodo anteriore — Potere di deroga dei Ministero dell'agricol tura — lliferimento ad opera pubblica inclusa

nel piano di massima — Applicazione della rela

tiva norma in Sardegna (R. d. 13 febbraio 1933 n. 215, nuove norme per la bonifica integrale, art. Ili, comma 2 ).

E impugnabile avanti il Consiglio di Stato in sede giurisdi zionale un provvedimento amministrativo emanato dal

Rappresentante del Governo in materia riservata alla

competenza degli organi della Regione sarda. (1) All'Alto commissario per la Sardegna e poscia, sino al 30

giugno 1951, al Rappresentante del Governo presso la Re

gione sarda spettava la competenza di approvare, anche in

deroga alle vigenti disposizioni, i piani ed i progetti con

cernenti Vesecuzione di opere pubbliche di qualsiasi specie, purché non si trattasse di materie di competenza del

l'Amministrazione regionale, sulle quali la Regione avesse in concreto legiferato. (2)

La facoltà del Ministero dell'agricoltura e delle foreste di

consentire il prosieguo della esecuzione delle opere di

bonifica iniziate prima dell'entrata in vigore del r. decreto 13 febbraio 1933 n. 215, indipendentemente dalla com

pilazione o dal completamento del piano generale di mas

sima, si riferisce anche ad opere pubbliche non comprese in tal piano, ma comunque rientranti nella bonif ica già iniziata ; e tale facoltà può essere esercitata nell'ambito della

Regione sarda dal Rappresentante del Governo. (3)

(1-2) Per qualche riferimento, v. Gaspabbi, Sulle attribuzioni degli organi esecutivi della Regione sarda, in Giur. it., 1952, IV, 33 seg.; Cons. Stato, Ad. plen., 21 febbraio 1949 (Foro if., 1950, HI, 20), ove in relazione alla Regione siciliana si mette in risalto che gli or gani della Regione possono considerarsi come organi dello Stato soltanto quando esercitano funzioni di decentramento burocra tico, già demandate all'ex Alto commissario ; V Sez. 27 gennaio 1950, id., Rep. 1950, voce Sicilia, n. 169. Occorre, però, tenere presente in proposito la decisione Corte conti (Sez. controllo) 10 febbraio 1948 (id., Rep. 1948, voce cit., n. 17), nella quale si ri tiene che l'Alto commissario per la Sicilia aveva una competenza esclusiva la quale rendeva inoperante quella degli organi centrali nell'ambito del territorio dell'Isola. In relazione al personale del l'Alto commissariato per la Sardegna, si è ritenuto che esso doveva essere considerato come personale non di ruolo dell'Amministra zione statale (Cons. Stato, par., 24 settembre 1949, id., Rep. 1950, voce Sardegna, n. 4).

In connessione con la seconda massima : cfr. Corte conti (Sez. controllo) 22 aprile 1950, ibid., n. 3, ove si mette in risalto che prima dell'emanazione delle norme d'attuazione dello statuto speciale per la Sardegna con le quali si è precisata la portata delle disposizioni statutarie in materia di opere pubbliche, gli organi regionali non potevano considerarsi operanti, tanto più che le di sposizioni statutarie non offrivano elementi idonei a stabilire una completa discriminazione di competenza tra lo Stato e la Regione in tale materia. Nel senso specifico che gli organi regionali in tanto possono esercitare i poteri amministrativi ed esecutivi sulle ma terie attribuite alla loro competenza, in quanto la Regione stessa si sia avvalsa della sua potestà legislativa esclusiva ed abbia quindi emanato la propria legislazione in argomento, cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 18 dicembre 1947, Foro it., Rep. 1948, voce Sicilia, nn. 15, 13.

È da segnalare infine, in rapporto al contenuto della prima massima, ia decisione del Cons, giust. amm. sic. 6 giugno 1949 (id., Rep. 1949, voce cit., n. 154), ove di afferma che i conflitti di competenza fra autorità regionale e statale sono conflitti di at tribuzione, che debbono essere risolti dalla Corte costituzionale, e non dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato. Sul punto, in linea generale, cfr. D'Alessio, Istituzioni di diritto amministra tivo italiano, Torino, 1949, vol. II, pag. 662 seg., ove si precisa che prima del funzionamento di detta Corte, in tema di conflitti di attribuzione, si osservano le norme preesistenti all'entrata in vi gore della Costituzione (cfr. VII dispos. trans.).

(3) Sul punto non si rinvengono precedenti in termini.

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