Sezione V; decisione 5 maggio 1984, n. 337; Pres. P. Salvatore, Est. V. Salvatore; Lo Noce e altri(Avv. Di Gravio) c. Comune di Roma (Avv. Brigante), Soc. Cattolica Induno e altro (Avv.Persichelli, U e C. Iaccarino). Conferma T.A.R. Lazio, sez. II, 9 settembre 1983, n. 778Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 415/416-421/422Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177672 .
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PARTE TERZA
chiaramente, ad avviso della sezione, d'esistenza di un obbligo giuridico, cui corrisponde per il sostanziale contenuto bilaterale del rapporto un diritto soggettivo del gestore.
5. - Ha presente il collegio l'altra interpretazione (sez. IV n. 974 del 15 dicembre 1970, id., Rep. 1970, voce cit., n. 48) secondo la quale nella fattispecie possono coesistere posizioni di interesse giuridicamente protetto alla regolarità della procedura di accertamento dell'indennità e, comunque, che il diritto dell'inte ressato all'avviamento possa essere fatto valere non di per sé ma come elemento necessario del procedimento nel senso, cioè, di
legittimare il suo titolare a richiedere la puntuale osservanza, da
parte dell'amministrazione, delle norme vigenti in materia. 6. - Ritiene, peraltro, che nell'ipotesi è la stessa legge che tutela
in modo specifico e diretto l'interesse privato del precedente ttolare o del gestore provvisorio disciplinando in realtà un
rapporto sinaUagmatico caratterizzato da reciproci diritti ed ob
blighi, sicché la prevista necessaria intermediazione dell'atto am ministrativo non ha altra funzione che quella di mera verifica della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto ai quali dalla legge sono immediatamente connessi gli effetti giuridici tipici del rapporto suddetto.
7. - In breve, può affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario ritenuta (la fase relativa all'accertamento dell'obbligo di
corrispondere l'indennità di avviamento un elemento presupposto del procedimento amministrativo finalizzato all'autorizzazione al l'esercizio della farmacia e, quindi, esterno ad esso. (Omissis)
I
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 5 maggio 1984, n. 337; Pres. P. Salvatore, Est. V. Salvatore; Lo Noce e altri
(Avv. Di Gravio) c. Comune di Roma (Aw. Brigante), Soc.
Cattòlica Induno e altro (Aw. Persichelli, U e C. Iaccarino).
Conferma T.A.R. Lazio, sez. II, 9 settembre 1983, n. 778.
Pubblica sicurezza — Prevenzione degli incendi — Chiusura di
esercizi artigianali — Legittimità — Fattispecie.
È legittimo il provvedimento col quale il sindaco ordina la
chiusura di due esercizi artigianali di falegnameria e di ripara zione di autovetture, operanti da lungo tempo in base a
regolari autorizzazioni e sottoposti senza rilievi a vigilanza,
perché risultati incompatibili ai fini della prevenzione degli incendi con la presenza nello stesso edificio dove sono ubicati di un cinema, pur privo dell'autorizzazione dell'agibilità dei locali per carenze tecniche per le quali il suo esercizio è stato
contemporaneamente sospeso, se l'attività di questo era iniziata in epoca ancora anteriore. (1)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE
MONTE; Sezione I; sentenza 26 ottobre 1983, n. 10; Pres.
Messina, Est. Visciola; Soc. Solme (Aw. Savia) c. Comune di Torino (Aw. Bruzzone, Sabatini), Prefetto di Torino (Aw. dello Stato Carotenuto).
Pubblica sicurezza — Prevenzione degli incendi — Ristorante
privo di uscite di sicurezza — Ordinanza sindacale di chiusura
(1) Non si rinvengono precedenti editi. La decisione che si riporta Sa applicazione del c.d. criterio della
prevenzione, allo scopo di operare, seppure in termini puramente meccanici, una ponderazione comparativa degli interessi in gioco, i quali, se non sono, in questo caso, del tutto omogenei (non si tratta, infatti, di comparare due istanze, o due situazioni di aspettativa, facenti capo a due o più soggetti privati operanti nello stesso settore economico, secondo quanto avviene, ad esempio, nella fattispecie delle domande concorrenti presentate da due o più imprenditori nel campo delle attività commerciali, e volte ad ottenere il provvedimento auto rizzatolo indispensabile: cfr. l'art. 30, ult. comma, 1. 11 giugno 1971 n. 426, sulla disciplina delle attività commerciali, e, in argomento, V. Ragonesi Rassegna di giurisprudenza sulle leggi del commercio, Mila
no, 1979, 386) hanno, tuttavia, tutti ad oggetto l'esercizio di un'attività economica ritenuta degna di tutela ad opera dell'ordinamento positivo.
A questo riguardo, il Cjd. criterio della prevenzione (prior in tempore potior in iure) si presenta, ovviamente, come anelastico e vincolato, in quanto interviene solo là dove non sia possibile risolvere diversamente la questione, e la sua applicazione diviene tanto più difficile e delicata quanto più essa avvenga, per cosi dire, extra ordinem, e cioè in assenza di una norma espressa che lo assuma come regola estrema di regolazione del conflitto.
— Legittimità (R.d. 18 giugno 1931 n. 773, t.u. delle leggi di
pubblica sicurezza, art. 9; d.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, norme
per la prevenzione degli infortuni, art. 33; 1. 26 luglio 1965 n.
966, disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei
compensi al personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco
per i servizi a pagamento, art. 2, 4; 1. 14 ottobre 1974 n. 524, modifica alla disciplina degli esercizi pubblici di vendita e
consumo di alimenti e bevande, art. 6; d.p.r. 24 luglio 1977 n.
616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 19; d.m. 16 febbraio 1982, modificazioni del d.m. 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi, punto 83).
È legittimo il provvedimento, adeguatamente motivato, col quale il sindaco dispone la chiusura di un ristorante con capienza superiore a cento posti perché privo delle necessarie uscite di
sicurezza, sulla base delle risultanze di una visita di controllo
eseguita dai vigili del fuoco e in seguito a sollecitazione del
prefetto, che successivamente ha aderito a tale misura. (2)
I
Fatto. — Con la sentenza n. 778 del 9 settembre 1983 la II sezione del T.A.R. per il Lazio, dopo averli riuniti, respingeva i ricorsi proposti dai signori Lo Noce Luciano ed Ermenegildo, dalla s.n.c. Contaldi Arginio e per essa da Foti Maria nonché dalla s.r.l. Cine Cattolica Induno e dal sig. Carletti Sergio avverso i provvedimenti adottati nei loro confronti dal sindaco di Roma, nn. 301 e 302 del 2 marzo 1983 e 318 del 7 del predetto mese, intimativi rispettivamente della chiusura dei due esercizi artigia nali di falegnameria e di riparazione delle autovetture e della sospensione dell'attività cinematografica per la verificata incompa tibilità, ai finii della prevenzione degli incendi, della coesistenza nello stesso edificio delle tre aziende sopradistinte. (Omissis)
(2) Anche in questo oaso si ha un'applicazione della normativa vigente nel campo della prevenzione degli incendi. A questo proposito, la sentenza si segnala par più profili.
In primo luogo, perché ricostruisce la disciplina delle misure di prevenzione degli incendi, la quale consta dà un complesso disorganico e scomposto di norme, a chiarificare le quali è recentemente intervenu to il djn. 16 febbraio 1982, che modifica il precedente d.m. 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi (punto 83).
La materia è ingarbugliata, secondo quanto dimostra la giu risprudenza in materia, poiché vi è una pervicace tendenza ad eludere, o quanto meno a limitare, i vincoli della normativa, nel discutibile intento di contenere i costi economici della prevenzione (e sottovalutandosi, pertanto, anche a voler qui sottacere i ben evidenti risvolti umani, e penali, di tali vicende, il « costo sociale » dei sinistri causati da una scarsa coscienza antinfortunistica).
Sui diversi profili di responsabilità penale del gestore di una sala cinematografica non in regola con le norme di sicurezza antinfortuni stica cfr. Pret. Torino 21 maggio 1983, Keller, giud. Guariniello, inedita (che sarà riportata su uno dei prossimi fascicoli con nota di richiami).
Cfr., recentemente, per riferimenti, T.A.R. Lazio, sez. II, 22 febbraio 1984, n. 317, Trib. amm. reg., 1984, I, 837, secondo cui agli esercizi commerciali con superficie globale inferiore a 400 mq. non si applica no le prescrizioni di cui all'art. 4 1. n. 966/65, essendo sufficiente il rilascio del certificato attestante l'esistenza delle normali misure di prevenzione incendi; in argomento, cfr. anche Pret. Finale Ligure, ord. 13 marzo 1981, foro it., 1982, II, 415, con nota di richiami, che solleva la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 650 c.p. e 2 e 4 1. n. 966/65, nella parte in cui, mentre punisce colui che, avendo fatto eseguire la visita di controllo e i controlli prescritti ed ottenuto il certificato di prevenzione incendi da parte dei vigili del fuoco, non si attenga alle condizioni ivi stabilite, non prevede alcuna sanzione per coloro che omettono di far eseguire ai looali tale visita di controllo e non sono pertanto in possesso di alcun certificato di prevenzione, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost.
In secondo luogo, la sentenza che si riporta fa il punto sul riparto di competenze, in subiecta materia, fra il sindaco e il prefetto, sulla base dell'art. 19 d.p.r. 616/77.
In questo senso, la decisione sembra voler, in qualche modo, circoscrivere e limitare il potere di codecisione del prefetto, enfatizzando, su questa via, il potere di ordinanza del sindaco.
In argomento, cfr., recentemente, T.A.R. Veneto 10 marzo 1983, n. 183, id., Rep. 1983, voce Pubblica sicurezza, n. 17, ove si conclude che spetta al prefetto, e non al questore, chiedere al sindaco l'adozione dei provvedimenti di revoca delle licenze di p.s. in tutte quelle fattispecie in cui il prefetto stesso poteva assumere direttamente tale atto di ritiro, e T.A.R. Abruzzo 28 novembre 1979, n. 434, id., 1981, III, 369, con ampia annotazione sul punto, ove, in senso parzialmente difforme rispetto alla sentenza che si riporta, risulta maggiormente accentuato il potere di intervento del prefetto (la fattispecie è in tema di revoca della licenza di esercizio di una discoteca).
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — (Omissis). Gli appellanti, sotto diversi profili, tra
loro complementari e suscettibili di un congiunto esame, hanno
contestato l'applicabilità del criterio della prevenzione alla presen te fattispecie, criterio che l'autorità emanante ha invece, posto a
sostegno dell'intimata azione reprensiva, precisando: a) che la
virtuale pericolosità, per le finalità considerate, derivante dalla
coesistenza delle diverse attività aziendali, ritenute rafforzative
dello stato di minaccia della pubblica e privata incolumità, era
correlata soltanto con quella svolta dalla impresa cinematografica e non certamente connessa con le altre esplicate dalle imprese artigianali, che operavano in modo legittimo, nel rispetto delle
norme di sicurezza generali e speciali di polizia amministrativa, di guisa che ili divieto loro intimato di proseguire, nel rispettivo ambito della specifica azione lavorativa, avrebbe dovuto interessa re il proprietario e l'esercente della prima delle predette imprese, cui era da imputarsi la responsabilità di un eventuale evento di danno; b) che era stata, del tutto, pretermessa la rilevante circostanza della mancata concessione dell'autorizzazione di agibi lità ai locali adibiti a sede del cinema, dovuta alla presenza di
carenze tecniche, quali la insuffficienza degli sbocchi d'aria, la
inadeguatezza delle uscite di sicurezza e l'eccessivo numero dei
posti in precedenza assegnati, con riferimento alla loro effettiva
capacità ricettiva ed in stridente contrasto con la indicata situa zione negativa i provvedimenti impugnati avevano di fatto privi legiato l'attività cinematografica; c) che, nella fattispecie, l'eserci zio del potere di polizia era precluso dai notevole periodo di
tempo intercorso dall'inizio dell'attività artigianale, cha aveva determinato la consolidazione della posizione soggettiva degli operatori-titolari ed in ordine alla quale era stata eseguita una costante periodica azione di accertamento della sua rispondenza e conformità alla disciplina normativa che la regolava, con l'ulterio re conseguenza che la repressione spiegata si era tradotta in una revoca implicita delle assentite autorizzazioni, non giustificata dalla salvaguardia di un particolare interesse pubblico, meritevole di tutela e che, nella ipotesi, contrastava con il diritto alla libertà dell'iniziativa economica esercitata dai relativi titolari.
Le censure che precedono non si ravvisano fondate: l'autorità
emanante, resa edotta della esistente incompatibilità per la coesi stenza nello stesso stabile dei tre esercizi, autorizzati a spiegare attività potenzialmente induttrici di manifestazioni d'incendio, in assenza di idonee condizioni di sicurezza (fonogramma del 26 febbraio 1983 del comando dei vigili del fuoco) era chiamata a risolvere due ordini di questioni, di cui l'una costituita dalla necessità di garantire tale sicurezza, l'altra connessa alla indivi duazione del criterio, cui fare ricorso per dirimere la situazione conflittuale creatasi fra gli operatori delle cennate tre imprese.
L'autorità medesima vi ha provveduto, come si è avuto occa sione di chiarire, ingiungendo la chiusura dai laboratori di
falegnameria e di autoriparazione e nel contempo ordinando la
sospensione dell'attività cinematografica, per i rilievi d'ordine tecnico riscontrati e dei quali si è fatto già debito cenno, sulla
obiettiva valutazione della impossibilità dell'attuale compresenza delle menzionate aziende e sull'applicazione del criterio della
prevenzione per risolvere il contrasto che si era prodotto, con la
conseguente determinazione della iniziativa economica, meritevole
di essere conservata e che, nel caso, era rappresentata dal cinema, il cui inizio di funzionamento risaliva a data anteriore a quella delle altre due imprese.
L'operato dell'amministrazione è, senza dubbio, legittimo: sotto
il primo degli enunciati profili la ricerca, l'imposizione e l'ade
guamento delle misure protettive per limitare l'insorgenza dei
fenomeni d'incendio o comunque per contenerne la pericolosità costituiscono una esigenza permanente sottoposta a costante e
continua verifica, preclusiva della nascita di effetti di consolida
zione nei confronti di situazioni illegittime, anche dopo il decorso
di notevoli periodi di tempo, in quanto la loro previsione con le
caratteristiche della efficienza e della piena rispondenza allo scopo
perseguito è posta a tutela di beni primari, quali la integrità e
l'incolumità delle persone, che, in numero determinato, possono essere coinvolte in tristi e luttuosi accadimenti, mentre, sotto
l'altro aspetto, il criterio che è stato osservato è di generale
operatività in tutte le situazioni di interferenza di posizioni
soggettive in conflitto e per le quali è necessario prefissare dei
principi per poterle regolare (prior in tempore, potior in iure).
Le pregresse considerazioni sono altresì idonee a giustificare la
reiezione del successivo motivo, con cui è stato richiesto l'esperi mento di una istruttoria supplementare per l'acquisizione di atti e
documenti relativi alle trasformazioni edilizie e di ampliamento del cinema, unitamente alle determinazioni assunte sulla sua
agibilità, istruttoria priva di rilevanza ai fini della soluzione della
presente controversia, poiché le rispettive risultanze, anche se
favorevoli all'assunto della parte, non possono infirmare i giusti
presupposti sui quali gli impugnati provvedimenti sono sorretti e
comunque si ricollegano a situazioni differenziate da quelle che
nella specie vengono in rilievo e che sono suscettibili di essere
eventualmente oggetto dell'esercizio di altri poteri dell'ammini
strazione. ! (Omissis)
II
Diritto. — Preliminare si presenta l'esame delle questioni di
rito, con le quali la difesa erariale e l'avvocatura comunale
rispettivamente sostengono il difetto di legittimazione passiva dell'amministrazione dell'interno e l'inammissibilità del ricorso per mancanza di diretta impugnativa della comunicazione 6 gennaio 1983 del comando provinciale dei vigili del fuoco.
Entrambe le questioni sono prive di pregio. La procedura di cui la società ricorrente sostiene l'illegittimità,
per i motivi esposti in narrativa, e culminata nell'emanazione
dell'ordinanza sindacale notificata il 4 marzo 1983, postula il
concorrente intervento di più organi della p.a., ciascuno dei
quali titolare della tutela di particolari interessi nella specifica materia, il cui esercizio è stato realizzato con l'emanazione dei
rispettivi atti impugnati con il presente gravame. In particolare il prefetto, cui compete fra l'altro la responsabili
tà dalla sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico nella provincia, informato dai vigili del fuoco della [situazione di pericolo, ha
tempestivamente attivato gli organi comunali affinché, nell'ambito delle istituzionali competenze ad essi attribuite, sollecitassero la ricorrente a rimuovere l'anzidetta situazione adottando, ove lo ritenessero necessario, i provvedimenti contingibili ed urgenti a tutela della pubblica incolumità ed avvertendola, altresì, che in caso di inosservanza sarebbe stata emessa a cura della prefettura medesima ordinanza di sospensione della licenza di esercizio, in conformità a quanto previsto dall'art. 2 1. 26 luglio 1965 n. 966.
L'autorità comunale, così investita della questione — di cui
era, peraltro, stata direttamente informata dai vigili del fuoco —
poneva in essere la diffida sindacale 28 febbraio 1983 e, quindi, l'ordinanza sindacale di chiusura dell'esercizio notificata all'inte ressata il 4 marzo 1983.
Tanto la comunicazione prefettizia quanto gli atti dell'autorità comunale testé menzionati venivano emanati sul presupposto che la riscontrata situazione di pericolo per la pubblica incolumità dei locali di proprietà della ricorrente, comportassero l'applicazione di una normativa — richiamata negli atti impugnati — contestata dalla società Solme in quanto estranea, a suo giudizio, al caso concreto.
Correttamente dunque, il ricorso giurisdizionale è stato propo sto contro le autorità intervenute nel procedimento (prefetto e
sindaco), nei cui confronti non è dato riscontrare alcuna iden tificazione né sul piano processuale né su quello degli interessi in concreto tutelati, sicché deve respingersi l'eccezione di carenza di
legittimazione passiva del prefetto di Torino, sollevata dalla difesa erariale, dovendosi comunque riconoscere a tale autorità, nel caso in esame, la qualifica di contraddittore necessario.
Circa l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'avvocatura
comunale, osserva il collegio che, pur avendo il procedimento qui contestato dalla ricorrente società ricevuto impulso dalla segnala zione in data 6 gennaio 1983 dei vigili del fuoco, quest'ultima costituisce atto strumentale, meramente preparatorio del procedi mento medesimo, cui non può riconoscersi alcun contenuto immediatamente e direttamente lesivo della sfera giuridica dell'in teressata che non aveva, pertanto, alcun onere di formale impu gnativa della stessa.
Nel merito, il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di gravame la società ricorrente, richiama ta la disciplina normativa concernente sia la prevenzione incendi che quella del commercio, sostiene preclusa all'autorità comunale la possibilità di disporre la chiusura del locale — con conseguen te cessazione dell'attività in esso esercitata — pur in presenza di
un'accertata situazione di pericolo, non potendo l'esercizio in
discorso farsi rientrare tra quelli « di pubblico spettacolo e di trattenimento pubblico in genere ».
La questione essenziale sulla quale il collegio è chiamato a
pronunciarsi sul punto, consiste nello stabilire, pertanto, se l'eser
cizio in questione sia ascrivibile o meno alla categoria dei locali
previsti dalla normativa vigente in materia di prevenzione incendi
e, in particolare, alla normativa che prescrive « uscite di sicurezza
idonee » in caso di incendio di locali frequentati dal pubblico. È sul presupposto dell'applicabilità di tale normativa, infatti,
che sono stati emanati gli atti impugnati e, in particolare, l'ordinanza sindacale 24 febbraio 1983 e non già di quella concernente la disciplina commerciale, dal momento che la di
sposta immediata cessazione dell'attività commerciale rappresenta
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PARTE TERZA
la necessaria ed ineluttabile conseguenza della contestuale chiusu
ra dell'esercizio ordinata in attesa della rimozione della situazione
di pericolo. Per il combinato dell'art. 33 d.p.r. n. 547 del 1955 e del punto
83 del d.m. dell'interno 16 febbraio 1982, in relazione all'art. 4 1.
26 luglio 1965 n. 966, sono soggetti a visita e controllo, oltre che
a parere preventivo dei vigili del fuoco, iai fini della prevenzione incendi « i locali di spettacolo e di trattenimento in genere con
capienza superiore a 100 posti ».
Né la legge, né il decreto ministeriale forniscono, invero, la
nozione di « locale di spettacolo e di trattenimento in genere », che deve pertanto ricavarsi in via ermeneutica, sulla base della
ratio delle disposizioni citate, dell'indicazione dei locali concreta
mente individuati nelle disposizioni stesse e dell'applicazione offertane dai competenti organi dell'amministrazione.
Come è agevole desumere dal contesto delle proposizioni nor
mative, scopo delle cerniate disposizioni è quello di garantire l'incolumità e la sicurezza delle persone con il prevenire, attra
verso idonee prescrizioni, eventi di grave pericolo tra cui, in
primo luogo, il verificarsi di incendi.
Tra le anzidette prescrizioni figurano, secondo una necessità che appare dettata dalla comune esperienza ancor prima che da un obbligo giuridico, la presenza di « uscite di sicurezza idonee »
a consentire agli avventori dei locali nei quali sia in atto la situazione di pericolo, la possibilità di trarsi in salvo sgomberan do rapidamente i locali medesimi.
L'indicato decreto ministeriale, infatti, esplicitamente menziona taluni locali, soggiacenti alla normativa in questione, quali « al
berghi, pensioni, motels, dormitori con oltre 25 posti letto, scuole, accademie e simili per oltre 100 persone presenti », il cui tratto comune è rappresentato, al di là della specifica attività in essi
esercitata, dalla potenziale possibilità della presenza di un consi stente numero di persone alla tutela dettila cui incolumità e sicurezza sono preordinate le richiamate disposizioni.
Ritiene, pertanto, il collegio che tra i detti «locali di tratteni mento in genere con capienza superiore a 100 posti » vadano sicuramente annoverati gli esercizi di ristorazione e somministra zione bevande come quello in discorso, nei cui confronti risultano sussistenti le medesime esigenze di tutela della pubblica incolumi tà richieste agli altri locali in cui si svolge un diverso tipo di attività.
Legittimamente, dunque, i vigili del fuoco hanno sottoposto a
visita sopralluogo l'esercizio in argomento — peraltro su richiesta dello stesso titolare in data 6 febbraio 1983 — riscontrando la mancanza di sufficienti e sicure uscite di sicurezza idonee per lo sfollamento degli avventori in caso di pericolo dei saloni, oltre che al piano terra, ubicati al piano interrato dell'edificio.
Nell'esercizio delle istituzionali funzioni ad essi attribuite i
vigili del fuoco hanno segnalato alle competenti autorità la riscontrata mancanza di uscite di sicurezza, costituente pericolo per la incolumità degli occupanti, affinché le stesse adottassero i necessari provvedimenti di competenza.
Nel rispetto di tale competenza e della normativa concernente la prevenzione degli incendi il prefetto prima, e successivamente l'autorità comunale, hanno imposto alla soc. Solme l'esecuzione delle opere atte a garantire, attraverso il rispetto delle vigenti norme di sicurezza, l'incolumità delle persone e, nelle more, la chiusura dell'esercizio con conseguente cessazione dell'attività.
Prive .di pregio si palesano, pertanto, le censure della ricorren
te allorché nega l'applicabilità della disciplina di prevenzione
degli incendi con riferimento esclusivamente alla normativa com
merciale, che escluderebbe la sottoposizione degli esercizi di
ristorazione e di somministrazione bevande alle disposizioni rela
tive, in particolare, ralle uscite di sicurezza.
Come sostenuto dalla difesa della resistente amministrazione
comunale, infatti, la normativa commerciale è assolutamente e
stranea al caso in esame in cui vengono essenzialmente in rilievo — come riconosce la stessa difesa della ricorrente — le disposizioni relative alle uscite di sicurezza ed alla prevenzione incendi di cui, come emerge dagli atti impugnati, le autorità intervenute nel proce dimento ed intimate col presente gravame hanno inteso fare
applicazione. Del pari inconferente appare, il richiamo ai poteri della com
missione provinciale di vigilanza di cui all'art. 41 r.d. 6 maggio 1940 n. 695, al cui controllo preventivo e successivo sarebbero
sottoposti i locali di spettacolo e di trattenimento pubblico residuando ai vigili del fuoco in detta materia solo poteri di
vigilanza nei limiti ed in conformità alle prescrizioni stabilite
dalla menzionata commissione.
La normativa concernente i poteri dell'anzidetta commissione, richiamata dalla Solme, non esclude affatto la possibilità di
intervento da parte dei vigili del fuoco che, proprio nell'esercizio
delle funzioni di vigilanza loro riconosciute dalla stessa ricorren
te, ben possono eseguire visite e controlli ai ristoranti con
capienza superiore a 100 posti, a tenore dell'art. 33 d.p.r. n.
547/55 e del punto 83 d.m. 16 febbraio 1982, ai fini della
prevenzione incendi.
La competenza della commissione in discorso potrà, pertanto, assumere eventuale rilevanza in relazione alle prescrizioni ed alle
opere che la stessa riterrà di imporre alla ricorrente al fine di
garantire la sicurezza dei locali, ma non può dispiegare alcun
effetto sulla legittimità del procedimento contestato con il presen te gravame, con il quale non si controverte circa l'esecuzione di
opere o di lavori prescritti dall'autorità, ma sull'assoggettabili tà
dell'esercizio di ristorazione alla normativa in materia di prevenzio ne incendi.
In presenza, dunque, di un'acclarata situazione di pericolo ben
poteva — e doveva — l'autorità comunale adottare i provvedimen ti impugnati, nell'esercizio del potere cautelare regolato dagli art. 9 ss. r.d. 18 giugno 1931 n. 773 e di quello previsto dall'art. 6 1. 14 ottobre 1974 n. 524.
Con il secondo motivo di gravame la ricorrente lamenta ecces so di potere per difetto di motivazione.
ili motivo è infondato. Sia l'ordinanza sindacale notificata il 4 marzo 1083 che il provvedimento sindacale n. 196 del (1983, notificato il 28 febbraio 1983, contengono nelle premesse l'esplici to richiamo alla segnalazione del comando provinciale dei vigili del fuoco in data 6 gennaio 1083.
In tale segnalazione — peraltro direttamente inviata per cono scenza alla soc. Solme — si comunicava all'autorità competenti che « da visita sopralluogo eseguita presso l'esercizio... è risulta to che il locale è costituito da saloni ali piano terra e al piano internato, sprovvisti delle necessarie uscite di sicurezza ». iLa
visita ai locali, inoltre, effettuata da tecnici dei vigili del fuoco, era stata richiesta dallo stesso titolare dell'esercizio in data 6 febbraio 1083 — come affermato nella nota 4 marzo 1083
dell'ispettorato interregionale dei vigili del fuoco versata in atti — alla cui presenza può ragionevolmente presumersi eseguito il
sopralluogo in questione. Non è, dunque, fondatamente sostenibile la mancata indicazio
ne delle ragioni di « insufficienza » delle uscite di sicurezza di cui si duole la ricorrente, risultando la stessa evidente dalla comuni cazione dei vigili del fuoco ed emergendo oggettivamente dallo stato dei luoghi e dei varchi di accesso esistenti, entrambi ben noti alla soc. Solme, proprietaria dei locali medesimi.
Parimenti infondato è il terzo motivo di gravame con cui si
sostengono eccesso di potere per contraddittorietà nonché viola zione dell'art. 10, penult, comma, d.p.r. 24 luglio 1077 n. 616.
È pur vero che con provvedimento sindacale sprovvisto di data n. 106 del 1083, a firma dell'assessore alla polizia amministrativa e notificata all'interessata il 28 febbraio 1083, si diffidava la ricorrente « ad eliminare, entro trenta giorni dalla data di no tificazione della presente, le riscontrate carenze ».
Risulta altresì provato per tabulas che il provvedimento sinda cale con cui è stata disposta la chiusura temporanea dell'esercizio è stato notificato alla ricorrente il 4 marzo 1983, e cioè prima dello spirare del termine alla medesima assegnato dall'autorità comunale per l'esecuzione delle opere.
I due provvedimenti, però, pur assumendo a proprio presup posto la riscontrata e segnalata situazione di pericolo per l'inco lumità delle persone non sono legati da rapporti di interdipen denza e, in particolare, di conseguenzialità sotto il profilo sanzio
natorio, essendo stati adottati dall'autorità comunale (rispettiva mente assessore alla polizia amministrativa ed assessore al com
mercio) nell'esercizio di distinte competenze amministrative e delle connesse facoltà cautelari e prescrizionali.
L'indicata contraddittorietà avrebbe, se mai, potuto essere invo cata dalla ricorrente ove questa, all'atto dell'adozione del secondo
provvedimento, avesse provveduto a rimuovere l'acclarata situa zione di pericolo, facendo cosi venir meno il presupposto assunto a giustificazione del provvedimento medesimo.
Nessun lavoro risultava però eseguito nell'intervallo di tempo intercorso tra ila data di notifica degli indicati provvedimenti —
né, peraltro, secondo le affermazioni della difesa della ricorrente, era stato effettuato alla data di discussione del ricorso — sicché deve ritenersi insussistente ila lamentata contraddittorietà.
Quanto all'ulteriore censura con cui la Solme si duole della violazione dell'art. 19, penult, comma, d.pjr. n. 616/77, in quanto l'impugnato provvedimento di chiusura temporanea non sarebbe stato preceduto da espressa e motivata richiesta del prefetto, la stessa si presenta priva di pregio.
L'art. 10 d.p.r. 24 luglio 1077 n. 616, infatti, contiene al 1° comma l'elencazione tassativa delle funzioni di polizia ammini
strativa attribuite ai comuni.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Secondo il penultimo comma dello stesso articolo, inyooato dalla ricorrente, i provvedimenti relativi ad una delle funzioni
contemplate « sono adottati previa comunicazione al prefetto e
devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta
dello stesso ». L'eventuale motivata richiesta del prefetto non
deve, pertanto, come vorrebbe la difesa della ricorrente, precedere il provvedimento di competenza dell'autorità comunale, le cui
determinazioni in materia non sono condizionate al preventivo assenso dell'autorità prefettizie, il cui speciale potere di intervento
può esercitarsi solo in un momento successivo all'adozione del
provvedimento medesimo.
Nel caso in esame l'autorità comunale — intervenuta proprio su solleoitazione del prefetto, effettuata con nota 25 gennaio 1983
n. 3913 — ha adempiuto al disposto del succitato penult, comma
dell'art. 9 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, richiamato nelle premesse
dell'impugnato provvedimento sindacale, informando il prefetto stesso della disposta sospensione temporanea.
Come dichiarato dalla difesa della resistente amministrazione —
con affermazione non contraddetta dalla ricorrente — alla sospen sione in argomento « aderisce anche il parere del prefetto, autono
mo e successivo rispetto a quello espresso il 25 gennaio 1983 ».
Con l'ultimo motivo di gravame si sostiene l'incompetenza dell'assessore delegato al commeroio ad adottare l'impugnato
provvedimento di chiusura temporanea del^eseroizio che, come il
precedente provvedimento di diffida, avrebbe dovuto essere emes
so dall'assessore delegato alla polizia amministrativa.
Le considerazioni pocanzi svolte dal collegio a proposito della
invocata — e riconosciuta insussistente — contraddittorietà dei
medesimi provvedimenti, valgono a togliere pregio anche alla
doglianza in esame.
Posta l'autonomia, sotto, ili profilo delle competenze rispettiva mente esercitate, tra i due provvedimenti, legittimamente l'asses
sore al commercio, nei limiti delle attribuzioni connesse alla
concreta gestione del pubblico interesse nella materia delegatagli, ha disposto la sospensione temporanea della licenza di esercizio e
contestuale chiusura dello stesso, quale conseguenza, necessaria
mente ex post, della accertata — e mai contestata — irregolarità ai fini della prevenzione incendi la cui inosservanza può essere
sanzionata, nei casi di grave e perdurante inosservanza, con la
revoca dell'autorizzazione commerciale.
Emerge, da quanto precede, l'infondatezza del ricorso che va,
dunque, respinto. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; Sezione V; decisione 23 gennaio
1984, n. 64; Pres. Piga, Est. Bozzi; Picchi (Aw. Colzi, P
Barile) c. Comune di Fiesole (Aw. Narese). Annulla T.A.R.
Toscana 18 ottobre 1982, n. 334.
Edilizia e urbanistica — Opere abusive — Manutenzione straor
dinaria — Acquisizione gratuita del fabbricato — Illegittimità
(L. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 15; 1. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residenzia
le, art. 31; 1. reg. Toscana 21 maggio 1980 n. 59, norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente).
Giustizia amministrativa — Acquiescenza — Esclusione — Fat
tispecie.
È illegittimo il provvedimento di acquisizione al patrimonio
indisponibile del comune di un fabbricato all'interno del quale, senza alterazione dei volumi e delle superfici, erano state
realizzate abusivamente opere che devono essere qualificate come di manutenzione straordinariaj(1)
(1) In senso conforme cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 1984, n. 377, Cons. Stato, 1984, I, 557; Cass. 18 maggio 1983, Galliamo, Riv. pen., 1984, 434, T.A.R. Piemonte, sez. II, 10 febbraio 1984, n. 27, Trib. amm. reg., 1984, I, 1239; T.A.R. Lazio, sez. II, 2 novembre 1983, n. 959, id., 1983, I, 3393; Cass. 11 febbraio
1981, Tornasi, Foro it., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n.
382; 6 novembre 1981, Bairtoletti, id., 1982, II, 265, con nota di
richiami, secondo cui i lavori edilizi di ristrutturazione dell'interno di un fabbricato, tali da non comportare alterazione dei volumi e delle
superfici, rilevanza esterna e mutamento di destinazione non solo
qualificabili come «ristrutturazione edilizia», la quale postula, invece, un intervento edilizio caratterizzato dalla sistematicità delle opere che devono interessare la globalità dell'edifìcio si da realizzare un quid novi rispetto al preesistente edificio.
In specifico, sono stati considerati di manutenzione straordinaria i
seguenti interventi: la trasformazione di una tromba di scale in un vano diversamente utilizzabile (Cass. 6 novembre 1981, Bartoletti, cit.); lo spostamento di tramezzi, pareti divisorie all'interno di un
Non è inammissibile il ricorso che il beneficiario di una conces sione di costruzione ha proposto contro il provvedimento di
acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune del fabbricato nel quale aveva realizzato opere difformi dalla concessione stessa, anche se questa aveva previsto esplicitamen te l'adozione di tale misura sanzionatoria per una simile
difformità. (2)
Fatto. — Il sindaco di Fiesole, con atto n. 3)1 del 29 aprile 1978, rilasciava alla società agricola Porta Rossa la concessione edilizia per l'esecuzione di opere di rifacimento del tetto e di consolidamento delle fondazioni ad un fabbricato colonico posto in quel comune, località Girone, via Montegirone n. 6/A.
Detta concessione conteneva normali e tipiche condizioni e
prescrizioni, comuni a tutti gli atti dell genere: fra queste, anche l'avvertenza che l'inosservanza delle condizioni e prescrizioni
fabbricato, con una diversa distribuzione dei vani (Cass. 11 febbraio 1981, Tornasi, cit.); l'apertura dà nicchie nella parte esterna di un edificio al fine di collocarvi vetrine per l'esposizione delle merci (Pret. Galatina 23 novembre 1979, id., Rep. 1981, voce cit., n. 397); l'utilizzazione di una terrazza balcone al fine di realizzare servizi igieniooisanitari, mediante tamponamento di spazi vuoti tra la grondaia e la terrazza stessa (Pret. Bassano del Grappa 16 gennaio 1981, ibid., n. 398); la costruzione di un piccolo manufatto in muratura destinato a forno a legna ed adiacente ad un fabbricato rurale (Pret. Civita Castellana 17 febbraio 1981, id., 1981, II, 468, con nota di richiami); la costruzione di una veranda con finalità di protezione dall'azione di agenti atmosferici esterni, in modo da .assicurare una più completa funzionalità dell'immobile (Cass. 11 febbraio 1983, Anniballi, Cons. Stato, 1984, II, 265). Più perplessi lascia invece la qualificazione di opera di manutenzione straordinaria la realizzazione tout-court, senza fini igienici e sanitari, di una veranda chiusa a vetri su di una terrazza (Pret. Pizzo 19 gennaio 1982, Foro it., 1982, II, 449, con nota di richiami, cui adde Cass. 25 febbraio 1981, Vanin, id., Rep. 1982, voce cit., n. 383), in quanto trattasi a nostro parere di un aumento di volumetria e superficie dell'abitabile e non di un mero volume tecnico. Del resto, la giurisprudenza, interpretando letteral mente la norma dell'art. 31, lett. b), 1. 5 agosto 1978 n. 457, non manca di classificare come ristrutturazione edilizia interventi di analo ga portata, quali, ad esempio, la demolizione ed il rifacimento di una volta o delle solette portanti, che, pur dirette alla conservazione dell'immobile ed al suo risanamento, con sostituzione del materiale impiegato, comportino tuttavia un aumento di cubatura della parte sotto-tetto.
Sulla distinzione tra opere di manutenzione straordinaria ed inter venti di ristrutturazione cfr. anche Pret. Ponitassieve 11 novembre
1982, id., 1983, II, 336, con nota di richiami, cui adde T.A.R. Piemonte 26 febbraio 1980, n. 114, id., Rep. 1980, voce cit., n. 421, secondo cui concretano ristrutturazione edilizia quegli interventi che
comportano una modificazione delle caratteristiche e della utilizzazione esistenti prima dell'intervento stesso anche se attuati mediante semplice riparazione e/o sostituzione di alcuno degli elementi del manufatto.
Conformemente alla massima, costante è l'orientamento della
giurisprudenza nel ritenere che la misura sanzionatoria dell'acqui sizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune può essere adottata solo in presenza di iniziative poste in essere radicalmente senza concessione: Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 1983, n. 307, id., Rep. 1983, vooe cit., o. 892; 2 aprile 1982, n. 269, id., 1982, III, 404, con no ta di richiami; sez. IV 10 novembre 1981, n. 872, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 834, T.A.R. Toscana 26 febbraio 1981, n. 94, id., Rep. 1981, vooe cit., n. 816; T.A.R. Lazio, sez. II, 14 marzo 1979, n. 122, id., Rep. 1979, voce oit., il. 808; sez. Latina 23 marzo 1979, n. 15, ibid., n. 653; T.A.R. Sicilia 1° febbraio 1978, n. 40, id., 1979, III, 278, con nota di richiami.
Sulla nozione di difformità totale e parziale cfr. Coos. Stato, sez. V, 17 ottobre 1980, n. 834, id., 1981, III, 492, oon osservazioni di G.
Garrone, e, da ultimo, Cass. 13 giugno 1983, Collia, Riv. pen., 1984, 432.
Sulla inclusione o meno tra i presupposti della misura dell'acquisi zione gratuita del fabbricato abusivo e dell'area su cui 'esso insiste al
patrimonio indisponibile del comune del previo accertamento della mancanza di contrasti tra rilevanti interessi urbanistici o ambientali e della sua utilizzabilità a fini pubblici cfr., da ultimo, T.A.R. Puglia 7
febbraio 1981, in. 21, Foro it., 1982, III, 259, con nota di richiami.
(2) Nora constano precedenti editi. Sul problema della inammissibilità di una acquiescenza a provvedi
menti futuri cfr. T.A.R. Toscana 12 ottobre 1983, n. 846, Trib. amm.
reg., 1983, I, 3579, in una fattispecie in tema di corresponsione degli oneri 'di urbanizzazione in cui è stato affermato che la sottoscrizione della clausola apposta in calce all'atto idi concessione, con la quale il destinatario del provvedimento dichiara di accettare e di obbligarsi alla osservanza di tutte le condizioni cui l'atto concessorio è subordi
nato, non comporta acquiescenza alla determinazione di questi ultimi. In senso analogo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 1982, n. 667, Foro it., 1983, III, 102, con nota di richiami, e T.A.R. Toscana 20 giugno 1980, n. 380, id., 1981, III, 525, oon nota di richiami.
La sentenza T.A.R. Toscana 18 ottobre 1982, n. 334, annullata dalla decisione qui riportata, leggesi in Trib. amm. reg., 1982, I, 1305.
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