Sezione V; decisione 9 gennaio 1960, n. 8; Pres. Gallo P., Est. Cesareo; Pontificia opera di S.Pietro apostolo pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Giorgianni) c. Sezione urbanisticacompartimentale presso il Provveditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di Roma(Avv. Colamartino, Focacci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 29/30-33/34Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151000 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
comma, del r. decreto 30 ottobre 1933 n. 1611, perchè quella norma, anche se può ritenersi ancora ili vigore, non si può estendere oltre la fattispecie in essa prevista.
Li nuova legge ha accolto un diverso principio nell'art. 4
prevedendo la sanatoria e la non rilevabilità d'ufficio della
irregolarità di notificazioni avvenute presso l'Avvocatura e
male indirizzate. Da quel principio si dovrà trarre il criterio,
per definire l'efficacia dei ricorsi notificati presso l'Avvo
catura a norma dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958 n. 260, sebbene quella norma non fosse direttamente applicabile alla specie, come si è chiarito.
I ricorsi invece che, come quello in esame, sono stati
notificati direttamente all'autorità che ha emesso il provve dimento a norma dell'art. 36, 2° comma del t. u. 26 giugno 1924 n. 1056, debbono ritenersi validi e regolari. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione V ; decisione 9 gennaio 1960, n. 8 ; Pres. Gallo
P., Est. Cesareo ; Pontificia opera di S. Pietro apostolo
pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Gtorgianni) c. Sezione urbanistica compartimentale presso il Prov
veditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di
Roma (Avv. Colamartino, Focacci).
Giustizia amministrativa — Intervento adesivo per la
conservazione del provvedimento impugnato —
Ammissibilità — Estremi.
Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle
costruzioni — Licenza edilizia — Annullamento — Legittimità — Estremi Fattispecie.
Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle
costruzioni — Licenze edilizie — Annullamento — Presentazione di varianti al progetto — Irrile
vanza — Fattispecie. Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle
costruzioni — Ordine di demolizione — Parere
delle sezione urbanistica — Legittimità — Fat
tispecie (L. 17 agosto 1942n. 1150, legge urbanistica, art. 32).
È ammissibile l'intervento ad adiuvandum nei confronti della pubblica Amministrazione resistente, quando l'in
terveniente abbia un interesse diretto, personale ed attuale
al rigetto del ricorso, coincidente, sia pure parzialmente, con quello dell'Amministrazione alla conservazione del
provvedimento impugnato. (1) È legittimo l'annullamento di una licenza edilizia, quando
l'esercizio del relativo potere sia immune da vizi e ispirato alla tutela del pubblico interesse (nella specie, è stato ri
tenuto sussistente in re ipsa l'interesse pubblico alla ema
il) Sull'ammissibilità dell'intervento ad resistendum e ad
opponendum, Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 1958, n. 589, Foro it., Rep. 1958, voce Giustizia amministrativa, n. 338 ; Cons,
giust. amulin. sic. 19 giugno 1958, n. 137, ibid., n. 339 ; Cons.
Stato, Sez. IV, 8 marzo 1957, n. 256, id., Rep. 1957, voce cit., n. 313 ; Sez. VI 27 marzo 1957, n. 125, ibid., n. 314 ; Sez. VI 9 gennaio 1957, n. 4, id., 1957, III, 68, e Sez. V 6 aprile 1957, n. 185, ibid., 155, con nota di richiami ; Guicciardi, Sulla no
zione di controinteressato, in Giur. it., 1948, III, 101. Invece è giurisprudenza consolidata che sia inammissi
bile l'intervento ad adiuvandum (il ricorrente) proposto da chi, essendo titolare di un interesse direttamente leso dall'atto im
pugnato, avrebbe dovuto farlo valere con autonomo ricorso giu risdizionale : Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 1958, n. 730, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 335 ; 10 dicembre 1958, n. 913,
ibid., n. 336 ; 5 novembre 1958, n. 836, ibid., n. 337 ; Cons, giust. amm. sic. 13 ottobre 1958, n. 203, ibid, n. 334 ; Cons. Stato, Sez.
VI, 20 febbraio 1957, n. 74, id., Rep. 1957, voce cit., n. 310 ; 6 novembre 1957, n. 810, ibid., n. 311 ; a meno che l'interven tore non faccia valere un interesse non già diretto e attuale, ma solo indiretto e parallelo a quello del ricorrente principale
(Cons. Stato, Sez. V, 28 novembre 1958, n. 924, id., Rep. 1958, voce cit., n. 333).
nazione di quel provvedimento, inteso ad evitare che vengano violate le norme relative alla tutela paesistica di una zona
panoramica ; e insindacabile sotto il profilo dell'opportu nità l'esercizio del potere discrezionale di annullamento). (2)
Il sindaco, che, avendo rilevato difformità tra il progetto e le opere eseguite, abbia invitato il costruttore a rielabo rare il progetto, non è tenuto, prima di adottare i
definitivi provvedimenti, ad attendere la presentazione del nuovo progetto, una volta accertato che la redazione del
progetto stesso era avvenuta in base a tipi non rispon denti alla realtà, ed essendo questa circostanza sufficiente a legittimare l'annullamento della licenza edilizia. (3)
Non è illegittimo, perchè non preceduto dalla diffida prevista dalla legge urbanistica, l'ordine di demolizione che consegue automaticamente all'annullamento della licenza edilizia, ed è valido il parere favorevole espresso circa la sua ema nazione dalla Sezione urbanistica compartimentale, pur se il comune non abbia portato a conoscenza della Sezione stessa l'invito rivolto al costruttore di presentare un pro getto di variante, ove tale invito non potesse influire sulla
irregolarità della licenza rilasciata in base a tipi non ri
spondenti al vero. (4)
La Sezione, ecc. — I ricorsi possono essere riuniti ai fini di una unica decisione, data la loro connessione og gettiva e soggettiva.
Preliminarmente deve essere esaminata l'ammissibilità del ricorso adesivo dell'Orlandi, intervenuto in giudizio per contrastare le ragioni della ricorrente e per far valere un suo interesse parallelo a quello della Amministrazione.
La Sezione non ignora i dubbi cui ha dato luogo l'am
missibilità di un intervento ad adiuvandum nei confronti
della pubblica Amministrazione resistente ; ma, considerato che l'Orlandi ha un interesse diretto, personale ed attuale a che il ricorso sia rigettato, interesse per altro coincidente, sia pure parzialmente, con quello del Comune alla conser
vazione del provvedimento impugnato, ritiene, aderendo
all'opinione giurisdizionale meno rigorosa, confortata del
resto dall'unanime dottrina, che l'intervento possa essere
ammesso.
Si può quindi passare all'esame dei motivi dei ricorsi, tenendo conto delle considerazioni fatte al loro riguardo e dall'Amministrazione resistente e dal controinteressato
Orlandi. La infondatezza del primo motivo del primo e del se
condo ricorso discende dalla considerazione che è fuori di
ogni dubbio che il Sindaco di Roma ha esercitato i poteri di cui all'art. 32, 2° comma, della legge urbanistica 17
agosto 1942 n. 1150, ed ha ritenuto essersi verificata l'ipo tesi prevista dall'art. 12, n. 2, del regolamento generale edilizio del Comune di Roma, quella cioè di licenza rilasciata
in base a dati non rispondenti a realtà.
Tutto ciò risulta dalla espressa citazione nel provvedi mento della predetta norma del regolamento e dalla esplicita considerazione che la licenza era stata rilasciata in base a
tipi non rispondenti al vero, contenuta nella motivazione
del provvedimento medesimo.
La sussistenza dei presupposti di fatto sui quali si basa
il provvedimento sindacale, e che sono previsti dalla norma
regolamentare violata, espressamente citata, è sufficiente
ad escludere la fondatezza della censura di perplessità e
(2-4) La decisione si riferisce alla nota questione della co
struzione dello Studentato al Gianicolo in Roma. Non si rinvengono precedenti sulla questione— peraltro di
specie — dell'annullamento di licenza edilizia. Circa le condizioni per la sospensione dei lavori, vedi Cons.
Stato, Sez. V, 31 maggio 1957, n. 371, Foro it., Rep. 1957, voce
Piano regolatore, n. 141 ; Sjz. VI 9 gennaio 1954, n. 4, cit.
Nel senso che il parere della Sezione urbanistica deve pre cedere non già la diffida a demolire, bensì il provvedimento clie
dispone l'esecuzione d'ufficio, v. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre
1958, n. 844, id., Rep. 1958, voce cit., n. 258 ; 5 dicembre
1958, n. 927, ibid., n. 262 ; 27 giugno 1958, n. 453, ibid., n. 264 ; 20 giugno 1958, n. 438, ibid., n. 265 ; 28 giugno 1957, n. 522, id.,
Rep. 1957, voce cit., n. 143 ; 24 maggio 1957, n. 338, id., 1958,
III, 109, con nota di richiami.
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31 PARTE TERZA 32
I
contraddizione, dedotta sotto il profilo die l'autorità co
munale avrebbe allegato nell'ordinanza fatti eterogenei, diversamente regolati dalla legge, alcuni dei quali sarebbero
inesistenti, per cui non si può stabilire se l'atto sarebbe
stato ugualmente adottato ove l'Amministrazione avesse
saputo che non tutte le cause che l'hanno indotta ad adot
tare il provvedimento erano sussistenti.
Invero, un siffatto ragionamento potrebbe valere, ove
tutte le considerazioni prospettate dall'Amministrazione
e le circostanze sulle quali esse si basano avessero la me
desima rilevanza. Ma nella specie risulta, invece, che il
provvedimento è stato adottato, come si è detto, perchè l'autorizzazione era stata rilasciata in base a tipi non ri
spondenti al vero, mentre tutte le altre considerazioni
prospettate e le rispettive premesse di fatto, non rappre sentano che elementi ulteriori, citati ad abundantiam, allo
scopo di precisare la cronistoria degli avvenimenti e di dare
un quadro completo dei fatti, anche se non necessariamente
collegati da un rapporto di causa ed effetto ai fini del con
seguente provvedimento. Pertanto cade anche l'affermazione che la determina
zione dell'autorità comunale sarebbe stata impulsiva oltre
che perplessa, ed è poi superfluo soffermarsi sulla interve
nuta abrogazione delle ulteriori norme contenute nell'art. 12, n. 3, del regolamento edilizio, norme alle quali ogni rife
rimento anche implicito deve pure intendersi meramente
ad abundant iam. Per quanto concerne, invece, il rilievo che l'annulla
mento della licenza è un atto discrezionale di gravità estrema, il quale incide sui diritti soggettivi dei cittadini, si può ravvisarne l'esattezza in linea teorica, ma esso non giova, ovviamente, a concretare una censura d'illegittimità, quando l'esercizio del relativo potere nel caso concreto risulti, come
in seguito si dirà, immune da vizi e ispirato alla tutela del
pubblico interesse.
Al riguardo il Collegio non può anzitutto seguire la
difesa della ricorrente nel suo pur diligente sforzo di mini
mizzare la difformità del progetto dalla reale situazione, come si legge nel ricorso, e soprattutto nella memoria del 2
novembre, in quanto tale tentativo sarebbe vano, perchè, in questa sede competente per la sola legittimità, non si
potrebbe valutare la importanza e la misura di tale dif
formità, ma se ne deve soltanto accertare la sussistenza. Per quanto poi concerne l'ulteriore rilievo che solo un
concreto interesse pubblico può richiedere un provvedi mento di annullamento, è sufficiente considerare che nel caso concreto tale interesse è in re ipsa, insito cioè nella ne
cessità non soltanto di difendere le attuali norme che tute lano il panorama della zona, ma anche di ottenere ima più stretta e disciplinata osservanza ai precetti della legge e dei
regolamenti da parte delle imprese costruttrici in zone
paesistiche. E se è vero, come si è premesso, che il Comune non era tenuto ad annullare la licenza, trattandosi appunto dell'esercizio di un potere discrezionale, non giova, d'altra
parte, quanto è stato rilevato dal patrono dell'Opera a
proposito delle eventuali disposizioni di rettifica che questa avrebbe potuto invocare a suo favore, posto che il Comune sembra abbia inteso adottare il provvedimento per diverse
considerazioni, non tutte egualmente rilevanti ; è agevole obiettare, infatti, che solo l'Amministrazione è in grado di apprezzare se veramente sia indispensabile alla soddis fazione di un pubblico interesse il pervenire all'annulla mento d'ufficio di un proprio provvedimento. E la Sezione
deve aggiungere che tale valutazione è affidata dal legisla tore esclusivamente agli organi municipali, e non può es sere sindacata sotto un profilo attinente alla sua opportunità. Non è invece da escludere, come del resto ha fatto presente in udienza anche il patrono del Comune, che la Ammini strazione possa riesaminare una nuova sistemazione, la
quale, eliminando le cause che hanno indotto l'Ammini strazione stessa ad annullare la licenza edilizia, si conformi alle esigenze, di pubblico interesse, cui non è peraltro, estraneo che un'opera in avanzato stato di costruzione debba essere interamente abbattuta e una costosissima area rimanga inutilizzata.
Circa il secondo motivo del primo e del secondo ricorso,
con cui si deduce più specificamente la violazione dei principi sull'annullamento di ufficio e dell'art. 12, n. 2, del rego lamento edilizio, nonché l'eccesso di potere, basterà ri
petere che l'interesse pubblico è in re ipsa in un provvedi
mento, il quale intende evitare che vengano violate le norme
relative alla tutela paesistica di una zona panoramica, mentre la norma regolamentare, di cui il Comune ha ri
levato la violazione, non consente alla Sezione una indagine sulla buona fede dell'Opera (che non si vuole contestare, ma che è ovviamente irrilevante), e sulla causa della non
rispondenza del progetto alla reale situazione ; altrimenti
opinando si dovrebbe concludere che dell'errore in cui vo
lontariamente o involontariamente può cadere il proget tista dovrebbe rispondere il Comune per mancato controllo, e ciò sovvertirebbe il principio, per il quale deve essere la
parte, la quale richiede la licenza di costruzione, ad assumere
la responsabilità della rispondenza del progetto alla reale
situazione del terreno, sul quale la costruzione deve essere
eseguita. Circa poi l'asserito difetto di motivazione, va ricordato
che il provvedimento impugnato, come già si è avuto oc
casione di rilevare, cita esplicitamente l'art. 12, n. 2, del
regolamento edilizio, che sta a difesa dell'interesse pub blico connesso con la tutela panoramica della zona.
E neanche il Comune aveva l'obbligo di dimostrare il
nesso logico tra l'errore nel quale l'Opera è incorsa e la
illegittimità della licenza, nesso che per altro è evidente
se ha portato la costruzione ad una altezza maggiore di
quella consentita nella zona, nella quale la costruzione
è sorta.
In ordine al terzo motivo dei due ricorsi, la Pontificia
opera rileva che il Comune non ha tenuto conto della sua
formale rinunzia alla costruzione della palazzina B, della
quale non sono stati iniziati i lavori, e che la revoca (an
nullamento) sarebbe in ogni caso illegittima per difetto di
motivazione, in quanto il provvedimento afferma generica mente che la palazzina supera in superficie coperta il ven
tesimo dell'area totale annessa, senza considerare che, per
suggerimento della Sopraintendenza ai monumenti, i vil
lini erano stati raggruppati in un unico edificio, che avrebbe
migliorato l'aspetto urbanistico e le condizioni ambientali
della zona.
Ma appunto la unitarietà dell'edificio, pur composto da
più palazzine, e l'accertamento dei motivi di illegittimità della licenza escludeva l'obbligo del Comune di tener conto
della rinunzia di costruire una parte dell'edificio, e toglie valore alla censura di mancanza di motivazione circa il
rapporto tra altezza e superficie coperta, alla quale non si è
riferito, almeno direttamente, l'impugnato provvedimento. Inoltre l'ordine di sospensione vi era stato, anche se
adottato per motivi diversi da quelli che hanno poi condotto
alla revoca della licenza ed all'ordine di demolizione, e non
vi era necessità di ripeterlo. Sulle censure dedotte nel quarto motivo del primo
ricorso, rileva la Sezione che non è giustificata la tesi del
patrono della ricorrente, secondo la quale il Sindaco, avendo
rilevato difformità tra il progetto e le opere eseguite, ed
avendo invitato l'Opera a rielaborare il progetto, era
tenuto, prima di adottare i definitivi provvedimenti, ad
attendere la presentazione di un nuovo progetto. Infatti, una volta accertato che la redazione del progetto
era avvenuta in base a tipi non rispondenti a realtà, ed
essendo questa circostanza sufficiente a legittimare l'an
nullamento della licenza, la ricorrente non poteva invocare
una condizione di favore per la circostanza che successi
vamente essa era incorsa in un'altra violazione delle norme
edilizie, di per sè meno grave e tale da consentire una sana
toria. Nè un argomento in favore della tesi dell'Opera può essere desunto dalla relazione dell'ing. De Trovato, il quale ha riferito ampiamente sulle difformità del progetto, ed ha
in qualche punto accennato ad eventuali rimedi, in via di
mera ipotesi sotto un profilo esclusivamente tecnico, dato
che egli nessuna veste aveva per esaminare quali provvedi menti amministrativi sarebbe conventito adottare.
Anche la censura, dedotta nel quinto motivo del primo ricorso, secondo cui l'ordine di demolizione sarebbe ille
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33 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 34
gittimo perchè non preceduto dalla diffida prevista dalla
legge urbanistica, e perchè non è stato sentito il parere della Sezione urbanistica compartimentale, non è fondata.
Va rilevato, difatti, che l'ordine di demolizione è conse
guenza automatica dell'annullamento della licenza edilizia, e risulta che la Sezione urbanistica compartimentale è
stata sentita, ed ha espresso parere favorevole alla demoli
zione. Nè si può convenire con la difesa della ricorrente, la
quale nel quinto motivo del secondo ricorso ha sostenuto
che il parere della Sezione urbanistica sarebbe invalido,
perchè fornito in base ad una incompleta rappresentazione dei fatti, perchè mancherebbe di motivazione, e perchè
comunque non potrebbe identificarsi con il parere previsto dall'art. 32 della legge urbanistica, avendo avuto solo un
valore di massima. Invero, che il Comune abbia tenuto la
Sezione urbanistica all'oscuro dell'invito rivolto all'Opera Pontificia di presentare un progetto di variante non ha ri
levanza, una volta messo in chiaro che tale invito non poteva influire sulla irregolarità della licenza rilasciata in base a
tipi non rispondenti al vero. Le autorità comunali avevano
l'obbligo di mettere a conoscenza della Sezione gli elementi
di fatto rilevanti ai fini del provvedimento da adottare, e a
ciò non si può dire non sia stato adempiuto. Per quanto concerne, poi, la motivazione del parere,
trattandosi di una precisa violazione di una norma regola
mentare, era nella specie sufficiente l'accertamento che
la violazione vi fosse stata, e che per essa fosse prevista la demolizione. (Omissis)
Per questi motivi, respinge ecc.
CONSIGLIO DI STATO,
Sezione V ; decisione 9 gennaio 1960, n. 6 ; Pres. Macchia
P., Est. Cesareo ; Latorre (Avv. Del Prete, Viola) e.
Presidente della Repubblica e Prefetto di Matera (Avv. dello Stato Carbone) e Comune di Tursi e nei confronti
di De Gemmis (Avv. Iaccarino) c. Ministero dell'interno
e Prefetto di Matera.
Hicorso al Capo dello Stato — Decreto tlel Presi
dente della Repubblica — Natura — Vizi attinenti
alla forma e al procedimento — Ammissibilità del
ricorso — Limiti — Fattispecie.
Il decreto del Presidente della Bepubblica che decide il ricorso
straordinario è un provvedimento amministrativo ed è
impugnabile in sede giurisdizionale per vizi formali e
procedurali della decisione e del procedimento che in essa
sfocia, purché però tali vizi non concernano questioni le
quali potevano essere pregiudizialmente esaminate di uf
ficio o siano state espressamente o implicitamente esa
minate nel merito dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato nelV esprimere il parere sul ricorso straordinario
(applicazione del principio alla ipotesi di questioni pre
giudiziali concernenti la tardività della proposizione del
ricorso straordinario e della sua mancata notifica al con
trointeressato). (1)
(1) Nel senso che il decreto del Capo dello Stato emesso ili
sede di ricordo straordinario è un vero e proprio atto amministra
tivo, cosi come natura di atto amministrativo hanno lo stesso
istituto del ricorso straordinario e il relativo procedimento, v.
Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 1957, n. 644, Foro it., Rep. 1957,
voce Ricorso al Capo dello Stato, n. 30.
Precisa che tale decreto è un provvedimento amministra
tivo di natura decisoria : Cons. Stato, Sez. V, 9 novembre 1957,
n. 899, ibid., n. 31. Nel senso che il decreto in parola è impugnabile in sede giu
risdizionale per vizi che attengono alla (orma o al procedimento
seguito all'emanazione dell'atto, v. Cons. Stato, Ad. plen., 30
ottobre 1954, n. 26, id., 1955, III, 187.
Si discute sull'applicabilità dell'art. 27, n. 4, r. decreto 26
giugno 1924 n. 1054 per ottenere l'esecuzione della decisione su
ricorso straordinario : per tale applicabilità, pur sul presupposto che la decisione concreta un atto amministrativo, v. Cons. Stato,
La Sezione, ecc. — I ricorsi possono essere riuniti ai fini di un'unica decisione, data la loro connessione oggettiva e soggettiva, e poiché il difensore dell'Amministrazione ed il patrono del controinteressato, dott. De Gemmis, hanno
dichiarato di non insistere nell'eccezione di irricevibilità per tardività, nell'eccezione di difetto di interesse, e in quella relativa alla erroneità della notifica, la Sezione può passare ad esaminare la principale questione pregiudiziale cui è
condizionata l'ammissibilità del ricorso, che è stata con
testata dal controinteressato e dalla difesa dello Stato, sotto il profilo che dinanzi alla Sezione sono state ripro
poste questioni sulle quali ha già portato il suo esame
l'Adunanza generale di questo Consiglio, dando il parere sul ricorso straordinario del De Gemmis.
L'eccezione è fondata. È pacifico che il decreto del Presidente della Repub
blica che decide il ricorso straordinario è un provvedi mento amministrativo, e non è contestato che avverso
di esso, considerato non quale decisione di un gravame, ma quale atto dell'Amministrazione può essere proposto ricorso giurisdizionale, nel quale sono deducibili i vizi di
forma e di procedura del decreto presidenziale ; e ciò non
soltanto discende dai principi del nostro ordinamento
costituzionale, il quale non consente che la difesa giurisdi zionale contro gli atti della pubblica Amministrazione sia
in alcun modo limitata, ma risponde alla ovvia necessità
di non lasciare senza tutela la garanzia cui il legislatore ha subordinato la decisione del ricorso straordinario,
garanzie che sono state faticosamente elaborate dalla
dottrina e dalla giurisprudenza, e nelle quali sta la maggior difesa di chi fa ricorso a tale mezzo.
Questo principio è stato del resto generalmente rico
nosciuto, pur con le necessarie precisazioni e limitazioni,
dipendenti, sia dalla natura del ricorso straordinatio (il
quale, anche se il decreto che lo decide non è formalmente
che un atto amministrativo, rappresenta sostanzialmente
estrinsecazione di funzione giurisdizionale), sia dalla circo
stanza che partecipa al procedimento, che termina nella
decisione, il Consiglio di Stato in Adunanza generale, al
quale spetta di espremere il parere sul ricorso.
I limiti della ammissibilità del ricorso giurisdizionale sono quelli che nascono dalla regola della alternatività
tra il ricorso straordinario ed il ricorso giurisdizionale, sancita espressamente nell'art. 34 del t. u. 26 giugno 1924
n. 1054 ; questa disposizione, ammettendo la proponibilità del ricorso giurisdizionale, solo quando l'atto contro cui
si ricorre non è stato già impugnato in via straordinaria,
intende, non soltanto escludere il ricorso al Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale contro lo stesso provvedi mento definitivo, già impugnato in via straordinaria, ma
anche evitare che si possano avere due pronunce del Con
siglio tra di loro contrastanti, o che una Sezione debba
pronunciarsi due volte sulla medesima questione, e che,
sotto l'apparenza della impugnativa in primo ed ultimo
grado di un atto amministrativo, quale è il decreto presi
denziale, in realtà si possa riproporre alla giustizia del
Supremo consesso amministrativo una questione che esso
ha già esaminato e deciso, anche se nell'esercizio della fun
zione consultiva.
Ciò premesso, non è dubbio che possono essere proposti alle Sezioni giurisdizionali del Consiglio tutti quei vizi
formali e procedurali del decreto del Presidente della Repub
Sez. VI, 10 ottobre 1051, n. 430, id., 1951, III, 261 e 1952, III,
9, con nota di Rivalta, Sull'applicabilità dell'art. 27, n. 4,
t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 ai decreti del Capo dello Stato che
decidono ricorsi straordinari.
Invece, la Cassazione (sentenza 2 ottobre 1953, n. 3141,
id., 1953, I, 1577) ha ritenuto che « il ricorso, previsto dall'art.
27 t. u. sul Consiglio di Stato, presuppone atti di natura giurisdi zionale ed è, pertanto, inammissibile per ottenere l'esecuzione
della decisione del Capo dello Stato su ricorso straordinario, che
ha natura amministrativa ».
Sull'argomento, v. pure Acquarone, Inadempimento di deci
sione su ricorso straordinario ed esperibililà del ricorso previsto
dall'art. 27, n. 4, t. u. sul Consiglio di Stato, id., 1955, IV, 77.
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