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Sezione V; decisione 9 gennaio 1960, n. 8; Pres. Gallo P., Est. Cesareo; Pontificia opera di S....

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Sezione V; decisione 9 gennaio 1960, n. 8; Pres. Gallo P., Est. Cesareo; Pontificia opera di S. Pietro apostolo pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Giorgianni) c. Sezione urbanistica compartimentale presso il Provveditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di Roma (Avv. Colamartino, Focacci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 29/30-33/34 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151000 . Accessed: 25/06/2014 04:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 04:43:21 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione V; decisione 9 gennaio 1960, n. 8; Pres. Gallo P., Est. Cesareo; Pontificia opera di S.Pietro apostolo pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Giorgianni) c. Sezione urbanisticacompartimentale presso il Provveditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di Roma(Avv. Colamartino, Focacci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 29/30-33/34Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151000 .

Accessed: 25/06/2014 04:43

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

comma, del r. decreto 30 ottobre 1933 n. 1611, perchè quella norma, anche se può ritenersi ancora ili vigore, non si può estendere oltre la fattispecie in essa prevista.

Li nuova legge ha accolto un diverso principio nell'art. 4

prevedendo la sanatoria e la non rilevabilità d'ufficio della

irregolarità di notificazioni avvenute presso l'Avvocatura e

male indirizzate. Da quel principio si dovrà trarre il criterio,

per definire l'efficacia dei ricorsi notificati presso l'Avvo

catura a norma dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958 n. 260, sebbene quella norma non fosse direttamente applicabile alla specie, come si è chiarito.

I ricorsi invece che, come quello in esame, sono stati

notificati direttamente all'autorità che ha emesso il provve dimento a norma dell'art. 36, 2° comma del t. u. 26 giugno 1924 n. 1056, debbono ritenersi validi e regolari. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 9 gennaio 1960, n. 8 ; Pres. Gallo

P., Est. Cesareo ; Pontificia opera di S. Pietro apostolo

pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Gtorgianni) c. Sezione urbanistica compartimentale presso il Prov

veditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di

Roma (Avv. Colamartino, Focacci).

Giustizia amministrativa — Intervento adesivo per la

conservazione del provvedimento impugnato —

Ammissibilità — Estremi.

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Licenza edilizia — Annullamento — Legittimità — Estremi Fattispecie.

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Licenze edilizie — Annullamento — Presentazione di varianti al progetto — Irrile

vanza — Fattispecie. Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Ordine di demolizione — Parere

delle sezione urbanistica — Legittimità — Fat

tispecie (L. 17 agosto 1942n. 1150, legge urbanistica, art. 32).

È ammissibile l'intervento ad adiuvandum nei confronti della pubblica Amministrazione resistente, quando l'in

terveniente abbia un interesse diretto, personale ed attuale

al rigetto del ricorso, coincidente, sia pure parzialmente, con quello dell'Amministrazione alla conservazione del

provvedimento impugnato. (1) È legittimo l'annullamento di una licenza edilizia, quando

l'esercizio del relativo potere sia immune da vizi e ispirato alla tutela del pubblico interesse (nella specie, è stato ri

tenuto sussistente in re ipsa l'interesse pubblico alla ema

il) Sull'ammissibilità dell'intervento ad resistendum e ad

opponendum, Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 1958, n. 589, Foro it., Rep. 1958, voce Giustizia amministrativa, n. 338 ; Cons,

giust. amulin. sic. 19 giugno 1958, n. 137, ibid., n. 339 ; Cons.

Stato, Sez. IV, 8 marzo 1957, n. 256, id., Rep. 1957, voce cit., n. 313 ; Sez. VI 27 marzo 1957, n. 125, ibid., n. 314 ; Sez. VI 9 gennaio 1957, n. 4, id., 1957, III, 68, e Sez. V 6 aprile 1957, n. 185, ibid., 155, con nota di richiami ; Guicciardi, Sulla no

zione di controinteressato, in Giur. it., 1948, III, 101. Invece è giurisprudenza consolidata che sia inammissi

bile l'intervento ad adiuvandum (il ricorrente) proposto da chi, essendo titolare di un interesse direttamente leso dall'atto im

pugnato, avrebbe dovuto farlo valere con autonomo ricorso giu risdizionale : Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 1958, n. 730, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 335 ; 10 dicembre 1958, n. 913,

ibid., n. 336 ; 5 novembre 1958, n. 836, ibid., n. 337 ; Cons, giust. amm. sic. 13 ottobre 1958, n. 203, ibid, n. 334 ; Cons. Stato, Sez.

VI, 20 febbraio 1957, n. 74, id., Rep. 1957, voce cit., n. 310 ; 6 novembre 1957, n. 810, ibid., n. 311 ; a meno che l'interven tore non faccia valere un interesse non già diretto e attuale, ma solo indiretto e parallelo a quello del ricorrente principale

(Cons. Stato, Sez. V, 28 novembre 1958, n. 924, id., Rep. 1958, voce cit., n. 333).

nazione di quel provvedimento, inteso ad evitare che vengano violate le norme relative alla tutela paesistica di una zona

panoramica ; e insindacabile sotto il profilo dell'opportu nità l'esercizio del potere discrezionale di annullamento). (2)

Il sindaco, che, avendo rilevato difformità tra il progetto e le opere eseguite, abbia invitato il costruttore a rielabo rare il progetto, non è tenuto, prima di adottare i

definitivi provvedimenti, ad attendere la presentazione del nuovo progetto, una volta accertato che la redazione del

progetto stesso era avvenuta in base a tipi non rispon denti alla realtà, ed essendo questa circostanza sufficiente a legittimare l'annullamento della licenza edilizia. (3)

Non è illegittimo, perchè non preceduto dalla diffida prevista dalla legge urbanistica, l'ordine di demolizione che consegue automaticamente all'annullamento della licenza edilizia, ed è valido il parere favorevole espresso circa la sua ema nazione dalla Sezione urbanistica compartimentale, pur se il comune non abbia portato a conoscenza della Sezione stessa l'invito rivolto al costruttore di presentare un pro getto di variante, ove tale invito non potesse influire sulla

irregolarità della licenza rilasciata in base a tipi non ri

spondenti al vero. (4)

La Sezione, ecc. — I ricorsi possono essere riuniti ai fini di una unica decisione, data la loro connessione og gettiva e soggettiva.

Preliminarmente deve essere esaminata l'ammissibilità del ricorso adesivo dell'Orlandi, intervenuto in giudizio per contrastare le ragioni della ricorrente e per far valere un suo interesse parallelo a quello della Amministrazione.

La Sezione non ignora i dubbi cui ha dato luogo l'am

missibilità di un intervento ad adiuvandum nei confronti

della pubblica Amministrazione resistente ; ma, considerato che l'Orlandi ha un interesse diretto, personale ed attuale a che il ricorso sia rigettato, interesse per altro coincidente, sia pure parzialmente, con quello del Comune alla conser

vazione del provvedimento impugnato, ritiene, aderendo

all'opinione giurisdizionale meno rigorosa, confortata del

resto dall'unanime dottrina, che l'intervento possa essere

ammesso.

Si può quindi passare all'esame dei motivi dei ricorsi, tenendo conto delle considerazioni fatte al loro riguardo e dall'Amministrazione resistente e dal controinteressato

Orlandi. La infondatezza del primo motivo del primo e del se

condo ricorso discende dalla considerazione che è fuori di

ogni dubbio che il Sindaco di Roma ha esercitato i poteri di cui all'art. 32, 2° comma, della legge urbanistica 17

agosto 1942 n. 1150, ed ha ritenuto essersi verificata l'ipo tesi prevista dall'art. 12, n. 2, del regolamento generale edilizio del Comune di Roma, quella cioè di licenza rilasciata

in base a dati non rispondenti a realtà.

Tutto ciò risulta dalla espressa citazione nel provvedi mento della predetta norma del regolamento e dalla esplicita considerazione che la licenza era stata rilasciata in base a

tipi non rispondenti al vero, contenuta nella motivazione

del provvedimento medesimo.

La sussistenza dei presupposti di fatto sui quali si basa

il provvedimento sindacale, e che sono previsti dalla norma

regolamentare violata, espressamente citata, è sufficiente

ad escludere la fondatezza della censura di perplessità e

(2-4) La decisione si riferisce alla nota questione della co

struzione dello Studentato al Gianicolo in Roma. Non si rinvengono precedenti sulla questione— peraltro di

specie — dell'annullamento di licenza edilizia. Circa le condizioni per la sospensione dei lavori, vedi Cons.

Stato, Sez. V, 31 maggio 1957, n. 371, Foro it., Rep. 1957, voce

Piano regolatore, n. 141 ; Sjz. VI 9 gennaio 1954, n. 4, cit.

Nel senso che il parere della Sezione urbanistica deve pre cedere non già la diffida a demolire, bensì il provvedimento clie

dispone l'esecuzione d'ufficio, v. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre

1958, n. 844, id., Rep. 1958, voce cit., n. 258 ; 5 dicembre

1958, n. 927, ibid., n. 262 ; 27 giugno 1958, n. 453, ibid., n. 264 ; 20 giugno 1958, n. 438, ibid., n. 265 ; 28 giugno 1957, n. 522, id.,

Rep. 1957, voce cit., n. 143 ; 24 maggio 1957, n. 338, id., 1958,

III, 109, con nota di richiami.

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31 PARTE TERZA 32

I

contraddizione, dedotta sotto il profilo die l'autorità co

munale avrebbe allegato nell'ordinanza fatti eterogenei, diversamente regolati dalla legge, alcuni dei quali sarebbero

inesistenti, per cui non si può stabilire se l'atto sarebbe

stato ugualmente adottato ove l'Amministrazione avesse

saputo che non tutte le cause che l'hanno indotta ad adot

tare il provvedimento erano sussistenti.

Invero, un siffatto ragionamento potrebbe valere, ove

tutte le considerazioni prospettate dall'Amministrazione

e le circostanze sulle quali esse si basano avessero la me

desima rilevanza. Ma nella specie risulta, invece, che il

provvedimento è stato adottato, come si è detto, perchè l'autorizzazione era stata rilasciata in base a tipi non ri

spondenti al vero, mentre tutte le altre considerazioni

prospettate e le rispettive premesse di fatto, non rappre sentano che elementi ulteriori, citati ad abundantiam, allo

scopo di precisare la cronistoria degli avvenimenti e di dare

un quadro completo dei fatti, anche se non necessariamente

collegati da un rapporto di causa ed effetto ai fini del con

seguente provvedimento. Pertanto cade anche l'affermazione che la determina

zione dell'autorità comunale sarebbe stata impulsiva oltre

che perplessa, ed è poi superfluo soffermarsi sulla interve

nuta abrogazione delle ulteriori norme contenute nell'art. 12, n. 3, del regolamento edilizio, norme alle quali ogni rife

rimento anche implicito deve pure intendersi meramente

ad abundant iam. Per quanto concerne, invece, il rilievo che l'annulla

mento della licenza è un atto discrezionale di gravità estrema, il quale incide sui diritti soggettivi dei cittadini, si può ravvisarne l'esattezza in linea teorica, ma esso non giova, ovviamente, a concretare una censura d'illegittimità, quando l'esercizio del relativo potere nel caso concreto risulti, come

in seguito si dirà, immune da vizi e ispirato alla tutela del

pubblico interesse.

Al riguardo il Collegio non può anzitutto seguire la

difesa della ricorrente nel suo pur diligente sforzo di mini

mizzare la difformità del progetto dalla reale situazione, come si legge nel ricorso, e soprattutto nella memoria del 2

novembre, in quanto tale tentativo sarebbe vano, perchè, in questa sede competente per la sola legittimità, non si

potrebbe valutare la importanza e la misura di tale dif

formità, ma se ne deve soltanto accertare la sussistenza. Per quanto poi concerne l'ulteriore rilievo che solo un

concreto interesse pubblico può richiedere un provvedi mento di annullamento, è sufficiente considerare che nel caso concreto tale interesse è in re ipsa, insito cioè nella ne

cessità non soltanto di difendere le attuali norme che tute lano il panorama della zona, ma anche di ottenere ima più stretta e disciplinata osservanza ai precetti della legge e dei

regolamenti da parte delle imprese costruttrici in zone

paesistiche. E se è vero, come si è premesso, che il Comune non era tenuto ad annullare la licenza, trattandosi appunto dell'esercizio di un potere discrezionale, non giova, d'altra

parte, quanto è stato rilevato dal patrono dell'Opera a

proposito delle eventuali disposizioni di rettifica che questa avrebbe potuto invocare a suo favore, posto che il Comune sembra abbia inteso adottare il provvedimento per diverse

considerazioni, non tutte egualmente rilevanti ; è agevole obiettare, infatti, che solo l'Amministrazione è in grado di apprezzare se veramente sia indispensabile alla soddis fazione di un pubblico interesse il pervenire all'annulla mento d'ufficio di un proprio provvedimento. E la Sezione

deve aggiungere che tale valutazione è affidata dal legisla tore esclusivamente agli organi municipali, e non può es sere sindacata sotto un profilo attinente alla sua opportunità. Non è invece da escludere, come del resto ha fatto presente in udienza anche il patrono del Comune, che la Ammini strazione possa riesaminare una nuova sistemazione, la

quale, eliminando le cause che hanno indotto l'Ammini strazione stessa ad annullare la licenza edilizia, si conformi alle esigenze, di pubblico interesse, cui non è peraltro, estraneo che un'opera in avanzato stato di costruzione debba essere interamente abbattuta e una costosissima area rimanga inutilizzata.

Circa il secondo motivo del primo e del secondo ricorso,

con cui si deduce più specificamente la violazione dei principi sull'annullamento di ufficio e dell'art. 12, n. 2, del rego lamento edilizio, nonché l'eccesso di potere, basterà ri

petere che l'interesse pubblico è in re ipsa in un provvedi

mento, il quale intende evitare che vengano violate le norme

relative alla tutela paesistica di una zona panoramica, mentre la norma regolamentare, di cui il Comune ha ri

levato la violazione, non consente alla Sezione una indagine sulla buona fede dell'Opera (che non si vuole contestare, ma che è ovviamente irrilevante), e sulla causa della non

rispondenza del progetto alla reale situazione ; altrimenti

opinando si dovrebbe concludere che dell'errore in cui vo

lontariamente o involontariamente può cadere il proget tista dovrebbe rispondere il Comune per mancato controllo, e ciò sovvertirebbe il principio, per il quale deve essere la

parte, la quale richiede la licenza di costruzione, ad assumere

la responsabilità della rispondenza del progetto alla reale

situazione del terreno, sul quale la costruzione deve essere

eseguita. Circa poi l'asserito difetto di motivazione, va ricordato

che il provvedimento impugnato, come già si è avuto oc

casione di rilevare, cita esplicitamente l'art. 12, n. 2, del

regolamento edilizio, che sta a difesa dell'interesse pub blico connesso con la tutela panoramica della zona.

E neanche il Comune aveva l'obbligo di dimostrare il

nesso logico tra l'errore nel quale l'Opera è incorsa e la

illegittimità della licenza, nesso che per altro è evidente

se ha portato la costruzione ad una altezza maggiore di

quella consentita nella zona, nella quale la costruzione

è sorta.

In ordine al terzo motivo dei due ricorsi, la Pontificia

opera rileva che il Comune non ha tenuto conto della sua

formale rinunzia alla costruzione della palazzina B, della

quale non sono stati iniziati i lavori, e che la revoca (an

nullamento) sarebbe in ogni caso illegittima per difetto di

motivazione, in quanto il provvedimento afferma generica mente che la palazzina supera in superficie coperta il ven

tesimo dell'area totale annessa, senza considerare che, per

suggerimento della Sopraintendenza ai monumenti, i vil

lini erano stati raggruppati in un unico edificio, che avrebbe

migliorato l'aspetto urbanistico e le condizioni ambientali

della zona.

Ma appunto la unitarietà dell'edificio, pur composto da

più palazzine, e l'accertamento dei motivi di illegittimità della licenza escludeva l'obbligo del Comune di tener conto

della rinunzia di costruire una parte dell'edificio, e toglie valore alla censura di mancanza di motivazione circa il

rapporto tra altezza e superficie coperta, alla quale non si è

riferito, almeno direttamente, l'impugnato provvedimento. Inoltre l'ordine di sospensione vi era stato, anche se

adottato per motivi diversi da quelli che hanno poi condotto

alla revoca della licenza ed all'ordine di demolizione, e non

vi era necessità di ripeterlo. Sulle censure dedotte nel quarto motivo del primo

ricorso, rileva la Sezione che non è giustificata la tesi del

patrono della ricorrente, secondo la quale il Sindaco, avendo

rilevato difformità tra il progetto e le opere eseguite, ed

avendo invitato l'Opera a rielaborare il progetto, era

tenuto, prima di adottare i definitivi provvedimenti, ad

attendere la presentazione di un nuovo progetto. Infatti, una volta accertato che la redazione del progetto

era avvenuta in base a tipi non rispondenti a realtà, ed

essendo questa circostanza sufficiente a legittimare l'an

nullamento della licenza, la ricorrente non poteva invocare

una condizione di favore per la circostanza che successi

vamente essa era incorsa in un'altra violazione delle norme

edilizie, di per sè meno grave e tale da consentire una sana

toria. Nè un argomento in favore della tesi dell'Opera può essere desunto dalla relazione dell'ing. De Trovato, il quale ha riferito ampiamente sulle difformità del progetto, ed ha

in qualche punto accennato ad eventuali rimedi, in via di

mera ipotesi sotto un profilo esclusivamente tecnico, dato

che egli nessuna veste aveva per esaminare quali provvedi menti amministrativi sarebbe conventito adottare.

Anche la censura, dedotta nel quinto motivo del primo ricorso, secondo cui l'ordine di demolizione sarebbe ille

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33 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 34

gittimo perchè non preceduto dalla diffida prevista dalla

legge urbanistica, e perchè non è stato sentito il parere della Sezione urbanistica compartimentale, non è fondata.

Va rilevato, difatti, che l'ordine di demolizione è conse

guenza automatica dell'annullamento della licenza edilizia, e risulta che la Sezione urbanistica compartimentale è

stata sentita, ed ha espresso parere favorevole alla demoli

zione. Nè si può convenire con la difesa della ricorrente, la

quale nel quinto motivo del secondo ricorso ha sostenuto

che il parere della Sezione urbanistica sarebbe invalido,

perchè fornito in base ad una incompleta rappresentazione dei fatti, perchè mancherebbe di motivazione, e perchè

comunque non potrebbe identificarsi con il parere previsto dall'art. 32 della legge urbanistica, avendo avuto solo un

valore di massima. Invero, che il Comune abbia tenuto la

Sezione urbanistica all'oscuro dell'invito rivolto all'Opera Pontificia di presentare un progetto di variante non ha ri

levanza, una volta messo in chiaro che tale invito non poteva influire sulla irregolarità della licenza rilasciata in base a

tipi non rispondenti al vero. Le autorità comunali avevano

l'obbligo di mettere a conoscenza della Sezione gli elementi

di fatto rilevanti ai fini del provvedimento da adottare, e a

ciò non si può dire non sia stato adempiuto. Per quanto concerne, poi, la motivazione del parere,

trattandosi di una precisa violazione di una norma regola

mentare, era nella specie sufficiente l'accertamento che

la violazione vi fosse stata, e che per essa fosse prevista la demolizione. (Omissis)

Per questi motivi, respinge ecc.

CONSIGLIO DI STATO,

Sezione V ; decisione 9 gennaio 1960, n. 6 ; Pres. Macchia

P., Est. Cesareo ; Latorre (Avv. Del Prete, Viola) e.

Presidente della Repubblica e Prefetto di Matera (Avv. dello Stato Carbone) e Comune di Tursi e nei confronti

di De Gemmis (Avv. Iaccarino) c. Ministero dell'interno

e Prefetto di Matera.

Hicorso al Capo dello Stato — Decreto tlel Presi

dente della Repubblica — Natura — Vizi attinenti

alla forma e al procedimento — Ammissibilità del

ricorso — Limiti — Fattispecie.

Il decreto del Presidente della Bepubblica che decide il ricorso

straordinario è un provvedimento amministrativo ed è

impugnabile in sede giurisdizionale per vizi formali e

procedurali della decisione e del procedimento che in essa

sfocia, purché però tali vizi non concernano questioni le

quali potevano essere pregiudizialmente esaminate di uf

ficio o siano state espressamente o implicitamente esa

minate nel merito dall'Adunanza generale del Consiglio di Stato nelV esprimere il parere sul ricorso straordinario

(applicazione del principio alla ipotesi di questioni pre

giudiziali concernenti la tardività della proposizione del

ricorso straordinario e della sua mancata notifica al con

trointeressato). (1)

(1) Nel senso che il decreto del Capo dello Stato emesso ili

sede di ricordo straordinario è un vero e proprio atto amministra

tivo, cosi come natura di atto amministrativo hanno lo stesso

istituto del ricorso straordinario e il relativo procedimento, v.

Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 1957, n. 644, Foro it., Rep. 1957,

voce Ricorso al Capo dello Stato, n. 30.

Precisa che tale decreto è un provvedimento amministra

tivo di natura decisoria : Cons. Stato, Sez. V, 9 novembre 1957,

n. 899, ibid., n. 31. Nel senso che il decreto in parola è impugnabile in sede giu

risdizionale per vizi che attengono alla (orma o al procedimento

seguito all'emanazione dell'atto, v. Cons. Stato, Ad. plen., 30

ottobre 1954, n. 26, id., 1955, III, 187.

Si discute sull'applicabilità dell'art. 27, n. 4, r. decreto 26

giugno 1924 n. 1054 per ottenere l'esecuzione della decisione su

ricorso straordinario : per tale applicabilità, pur sul presupposto che la decisione concreta un atto amministrativo, v. Cons. Stato,

La Sezione, ecc. — I ricorsi possono essere riuniti ai fini di un'unica decisione, data la loro connessione oggettiva e soggettiva, e poiché il difensore dell'Amministrazione ed il patrono del controinteressato, dott. De Gemmis, hanno

dichiarato di non insistere nell'eccezione di irricevibilità per tardività, nell'eccezione di difetto di interesse, e in quella relativa alla erroneità della notifica, la Sezione può passare ad esaminare la principale questione pregiudiziale cui è

condizionata l'ammissibilità del ricorso, che è stata con

testata dal controinteressato e dalla difesa dello Stato, sotto il profilo che dinanzi alla Sezione sono state ripro

poste questioni sulle quali ha già portato il suo esame

l'Adunanza generale di questo Consiglio, dando il parere sul ricorso straordinario del De Gemmis.

L'eccezione è fondata. È pacifico che il decreto del Presidente della Repub

blica che decide il ricorso straordinario è un provvedi mento amministrativo, e non è contestato che avverso

di esso, considerato non quale decisione di un gravame, ma quale atto dell'Amministrazione può essere proposto ricorso giurisdizionale, nel quale sono deducibili i vizi di

forma e di procedura del decreto presidenziale ; e ciò non

soltanto discende dai principi del nostro ordinamento

costituzionale, il quale non consente che la difesa giurisdi zionale contro gli atti della pubblica Amministrazione sia

in alcun modo limitata, ma risponde alla ovvia necessità

di non lasciare senza tutela la garanzia cui il legislatore ha subordinato la decisione del ricorso straordinario,

garanzie che sono state faticosamente elaborate dalla

dottrina e dalla giurisprudenza, e nelle quali sta la maggior difesa di chi fa ricorso a tale mezzo.

Questo principio è stato del resto generalmente rico

nosciuto, pur con le necessarie precisazioni e limitazioni,

dipendenti, sia dalla natura del ricorso straordinatio (il

quale, anche se il decreto che lo decide non è formalmente

che un atto amministrativo, rappresenta sostanzialmente

estrinsecazione di funzione giurisdizionale), sia dalla circo

stanza che partecipa al procedimento, che termina nella

decisione, il Consiglio di Stato in Adunanza generale, al

quale spetta di espremere il parere sul ricorso.

I limiti della ammissibilità del ricorso giurisdizionale sono quelli che nascono dalla regola della alternatività

tra il ricorso straordinario ed il ricorso giurisdizionale, sancita espressamente nell'art. 34 del t. u. 26 giugno 1924

n. 1054 ; questa disposizione, ammettendo la proponibilità del ricorso giurisdizionale, solo quando l'atto contro cui

si ricorre non è stato già impugnato in via straordinaria,

intende, non soltanto escludere il ricorso al Consiglio di

Stato in sede giurisdizionale contro lo stesso provvedi mento definitivo, già impugnato in via straordinaria, ma

anche evitare che si possano avere due pronunce del Con

siglio tra di loro contrastanti, o che una Sezione debba

pronunciarsi due volte sulla medesima questione, e che,

sotto l'apparenza della impugnativa in primo ed ultimo

grado di un atto amministrativo, quale è il decreto presi

denziale, in realtà si possa riproporre alla giustizia del

Supremo consesso amministrativo una questione che esso

ha già esaminato e deciso, anche se nell'esercizio della fun

zione consultiva.

Ciò premesso, non è dubbio che possono essere proposti alle Sezioni giurisdizionali del Consiglio tutti quei vizi

formali e procedurali del decreto del Presidente della Repub

Sez. VI, 10 ottobre 1051, n. 430, id., 1951, III, 261 e 1952, III,

9, con nota di Rivalta, Sull'applicabilità dell'art. 27, n. 4,

t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 ai decreti del Capo dello Stato che

decidono ricorsi straordinari.

Invece, la Cassazione (sentenza 2 ottobre 1953, n. 3141,

id., 1953, I, 1577) ha ritenuto che « il ricorso, previsto dall'art.

27 t. u. sul Consiglio di Stato, presuppone atti di natura giurisdi zionale ed è, pertanto, inammissibile per ottenere l'esecuzione

della decisione del Capo dello Stato su ricorso straordinario, che

ha natura amministrativa ».

Sull'argomento, v. pure Acquarone, Inadempimento di deci

sione su ricorso straordinario ed esperibililà del ricorso previsto

dall'art. 27, n. 4, t. u. sul Consiglio di Stato, id., 1955, IV, 77.

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