Sezione V penale; sentenza 10 maggio 1984; Pres. ed est. Mazza, P. M. Ciani (concl. conf.); P.m.c. Losuriello. Conferma Trib. Bari, ord. 10 febbraio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 439/440-441/442Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177340 .
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PARTE SECONDA
far riferimento alla fattispecie descritta nella norma incriminatrice
e non è, quindi, ammissibile la considerazione di elementi che non figurino nella previsione legislativa, eccezion fatta per le
ipotesi in cui l'interpretazione della norma consenta di ricom
prenderli in essa.
Nel delitto previsto dall'art. 306 c.p. l'elemento materiale è
costituito dalla formazione e dalla partecipazione alla banda
armata al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'art. 302
(contro la personalità interna o internazionale dello Stato), men
tre l'elemento psicologico va individuato nel dolo specifico consi
stente, appunto, nella finalità di commettere o far commettere
uno o più di tali delitti. Orbene, per ritenere elemento essenziale
del reato di banda armata la finalità di terrorismo o di eversione
dell'ordine democratico occorrerebbe che tutti i delitti ai quali l'art. 302 fa riferimento, cioè i delitti non colposi preveduti dai
capi I e II del titolo I, libro II del codice penale siano finalizzati al
terrorismo o all'eversione dell'ordine democratico, il che certa
mente non è: basti pensare, a titolo di esempio, agli atti ostili
verso uno Stato estero, art. 244, al commercio con il nemico, art.
250, alla distruzione e sabotaggio di opere militari, art. 253, o
anche all'attentato al presidente della repubblica, art. 276, a
delitti, cioè, che, pur potendo incidere sulla stabilità dell'ordina
mento democratico, possono, comunque, essere commessi per finalità diverse dal terrorismo o dall'eversione.
L'indicata finalità, pertanto, non ponendosi come elemento normale della banda armata ma come elemento secondario ed
eventuale, si caratterizza, in senso tecnico, come circostanza
aggravante. Si è affermato che l'aggravante di che trattasi non sarebbe
comunque applicabile nei casi di banda armata costituita per commettere delitti specificamente finalizzati al terrorismo o all'e versione dell'ordine democratico giacché in questi casi tale finalità deve considerarsi come elemento sostitutivo del reato. La tesi non
può, però, essere condivisa poiché individua il dolo specifico richiesto dal delitto previsto dall'art. 306 con riguardo non alla
fattispecie tipica delineata dalla legge bensf alla banda armata
oggetto della contestazione e realizza, in definitiva, una inammis sibile trasposizione nel reato-mezzo di un elemento essenziale del reato-fine.
Va rilevato, d'altra parte, ohe il delitto di banda armata, di natura strumentale, sussiste anche se il reato o i reati-fine non siano stati commessi, essendo punibili d promotori, gli organizzato ri, i capi o i sovventori soltanto per questa loro attività (« per ciò solo », prima ed ultima parte dell'art. 306) e gli altri aderenti alla banda soltanto per la loro partecipazione i(« per il solo fatto », 2°
comma). Il Tribunale di Torino, nel sostenere la inconciliabilità tra
l'aggravante di cui all'art. 1 1. n. 15 ed il reato previsto dall'art.
306, ha configurato questo come reato a più fattispecie ed ha
osservato che la finalità terroristica od eversiva, essendo presente in alcune delle ipotesi alternative considerate dalla norma e pur
potendo quindi ricorrere o meno nel singolo caso, è individuata dalla norma medesima ed entra pertanto a far parte del reato come elemento costitutivo.
Non può, tuttavia, aderirsi a tale nuova ed originale tesi, che
l'impugnata ordinanza ha sostenuto con acute argomentazioni, giacché nei reati a più fattispecie le ipotesi alternative sono descritte dalla stessa norma incriminatrice, che le considera, agli effetti penali, equivalenti e fungibili riguardandole sotto il pirofilo della condotta, come modalità di esecuzione diverse di una sola
fattispecie tipica. Nei reati associativi, invece, non può parlarsi di
reati a più fattispecie poiché la legge si limita ad enunciare gli elementi materiale e psicologico che li caratterizzano prescinden do dalla natura o dal titolo del reato-fine, che possono essere
innumerevoli (come nell'ipotesi dell'associazione per delinquere, art. 416 c.p.) ovvero predeterminati (art. 74 1. n. 685/75); ed il
fatto che in tali casi le caratteristiche strumentali od operative siano diverse, come diversi possono essere gli scopi che gli associati si prefiggono, non incide sugli elementi essenziali del
reato associativo che conserva la sua autonomia — sotto i profili oggettivo e soggettivo — rispetto ai reati cui l'associazione è
finalizzata, i quali, a loro volta, vanno autonomamente consi derati.
Nella banda armata, quindi, la finalità di terrorismo o di
eversione, che integra alcuni tra i reati previsti dall'art. 302, non
può essere sussunta tra gli elementi costitutivi del reato per il
quale la norma incriminatrice descrive un solo dolo specifico, consistente, come si è detto, nella finalità di commettere o far
commettere uno o più tra i reati contro la personalità interna o
internazionale dello Stato.
Ma una conferma della compatibilità dell'aggravante della qua le si tratta con il delitto di banda armata si trae dall'art. 1 1. 29
maggio 1982 n. 304, che prevede una speciale causa di non
punibilità per gli imputati che abbiano commesso, per finalità di
terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale (locu zione corrispondente a « ordine democratico », art. 11 della stessa
legge), taluni delitti tra i quali quello di cui all'art. 306 c.p., ove ricorrano le condizioni richieste dalla norma medesima: il riferi
mento alla finalità terroristica o eversiva non avrebbe, infatti, senso se tale finalità fosse elemento costitutivo della banda armata. È ben vero che la citata disposizione indica, oltre al
delitto previsto dall'art. 306 ed a quelli di cui agli art. 270, 304 e
305 c.p. — per i quali vale la stessa osservazione — anche il
delitto di cui all'art. 270 bis c.p. che annovera la finalità di
terrorismo o di eversione dell'ordine democratico tra i suoi
elementi essenziali; ma, come ha osservato il p.g. della repubblica
presso questa corte nella sua requisitoria, la norma — poco felice
nella sua formulazione letterale — non può che essere interpreta ta nel senso che la causa di non punibilità è applicabile in ogni caso al reato di cui all'art. 270 bis, mentre agli altri reati
associativi è applicabile a condizione che ricorra in concreto la
finalità di terrorismo o di eversione anche se in considerazione del tempus commissi delicti non sia stata contestata l'aggravante ovvero sia stato contestato il reato previsto dall'art. 270 c.p. in
luogo di quello previsto dall'art. 270 bis, introdotto con il d.l. n.
625/79 convertito nella 1. n. 15/80. Pertanto, ritenuto che l'aggravante è stata nel caso in esame,
certamente contestata mediante l'indicazione dei suoi estremi di
fatto, deve concludersi che, non essendo ancora decorso per la Deffenu il termine massimo di un anno e quattro mesi, illegitti mamente è stata disposta la sua scarcerazione.
Deve aggiungersi che non ha fondamento la tesi che la ricorrente aveva sostenuto con l'appello relativamente all'illegitti ma contemporanea applicazione degli art. 1 e 10 1. n. 15/80, tesi che il tribunale non ha esaminato avendo disposto la scarcerazio ne per l'assorbente motivo, del quale si è più sopra trattato.
I citati art. 1 e 10 sono, invero, norme compatibili e suscettibili di contemporanea applicazione essendo la prima una norma di diritto sostanziale, che attiene alla fattispecie legale ed alla entità della sanzione, e la seconda una norma di diritto processuale che determina il prolungamento della custodia preventiva.
L'ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi, per i conseguenti provvedimenti di giustizia, al g.i. del Tribunale di Torino il quale, se del caso, li rimetterà al giudice che ha la disponibilità del procedimento.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione V penale; sentenza 10 mag gio 1984; Pres. ed est. Mazza, P. M. Ciani (conol. conf.); P.m. c. Losuriello. Conferma Trib. Bari, ord. 10 febbraio 1984.
Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Riesa me — Tribunale della libertà — Poteri — Modifica dell'impu tazione — Ammissibilità — Limiti — Vincolatività per l'organo istruttorio — Esclusione — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 263 ter-, 1. 12 agosto 1982 n. 532, disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro. Misure alternative alla car cerazione preventiva, art. 8).
In sede di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà
personale può essere modificata l'imputazione ed affermata la sussistenza di un reato diverso da quello ascritto al prevenuto, purché non venga meno la necessaria correlazione tra il fatto ritenuto dall'organo inquirente e quello verificato dall'or
gano giurisdizionale, fermo restando che la pronuncia di
quest'ultimo non vincola il primo nelle sue determinazio ni concernenti l'imputazione (nella specie, la Cassazione ha ritenuto che il p.m. non avesse interesse ad impugnare l'or
dinanza del tribunale della libertà che aveva confermato un ordine di cattura previa derubricazione in preterintenzionale di un omicidio doloso). (1)
(1) Per l'affermazione di un analogo principio in tema di esclu sione di circostanza aggravante ritenuta insussistente, v. Cass. 21 ottobre 1983, iP.m. c. Filippi, Foro it., 1984, II, 113, con nota di richiami; la sentenza 12 ottobre 1983, Caruso, ivi citata può leggersi in Cass, pen., 1984, 366.
« Quanto alla eventualità di emissione di nuovi provvedimenti limitativi » — di cui è cenno nella motivazione della sentenza che si
riporta — « resta l'impressione che sia ragionevole ammetterla soltan to quando sia soddisfatta almeno una delle condizioni seguenti: o il nuovo provvedimento ha uno specifico contenuto autonomo rispetto
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GIURISPRUDENZA PENALE
Svolgimento del processo e motivi della decisione. — Con
ordinanza 10 febbraio 1984 il Tribunale di Bari, in sede di
riesame, confermava l'ordine di cattura emesso dal procuratore della repubblica nei confronti di Aldo Losuriello, previa derubri
cazione dell'originaria imputazione di omicidio doloso ag,gravato in quella di omicidio preterintenzionale aggravato ai danni di
Michele Barberi.
Avverso questa pronuncia proponevano ricorso per cassazione
il procuratore della repubblica e l'imputato. L'ufficio ricorrente deduce a sostegno del proprio gravame che
il tribunale della libertà non poteva modificare l'originaria im
putazione di omicidio doloso, esulando una tale modifica dai
poteri del collegio chiamato al riesame. Secondo il prevenuto, invece, fermo il potere di mutare il titolo del reato, quel tribunale non avrebbe tratto le conseguenze scaturenti dalla stessa
interpretazione della legge accolta dal tribunale, sicché avrebbe dovuto revocare l'ordine di cattura emesso per l'omicidio doloso,
spettando al p.m. nell'esercizio dei suoi poteri emettere — per il delitto di omicidio preterintenzionale — un nuovo ordine di
cattura, obbligatorio anche in riferimento alla modificata imputa zione. Come si rileva dagli stessi motivi 'di impugnazione dedotti da entrambi i ricorrenti, trattasi di una questione giuridica, la cui soluzione risulta viziata da un errore di base. Di vero, non si è tenuto conto dell'innovazione introdotta dall'istituto del riesame
rispetto al precedente sistema, che contemplava solo la possibilità dell'immediato ricorso per cassazione avverso i provvedimenti istruttori restrittivi della libertà personale emessi dal p.m. o dal
giudice monocratico. In questo assetto, ove a precostituiti elemen ti sistematici si innestano le norme sul tribunale della libertà, si evidenzia il rilievo che ambedue le tesi sovraesposte finiscano
inconsapevolmente per allontanarsi dal solco di una fondamentale
premessa che, per euritmia sistematica, ritiene operanti, nei pro cedimenti incidentali, salva diversa disposizione, i principi genera li valevoli nel procedimento principale. Da questa più ampia tematica si trae legittimo il convincimento che, mentre è tuttora
emergente la questione circa l'ambito in cui siano deducibili i vizi in sede di legittimità a seguito di ricorso per cassazione, una tale indagine non si richiede per il giudizio di riesame, ove è estraneo l'indagare circa il potere di rilevare, ed a quali condi
zioni, l'eventuale contrasto tra una fattispecie puntuale e quella astratta. In effetti, di controllo del giudice, in sede di riesame, si estende anche al merito del provvedimento, come è agevole evincere — in via mediata — dal 4° comma dell'art. 263 ter
c.p.p., che prevede la proroga del termine in cui deve essere
pronunciato il provvedimento di riesame, ove la si riscontri necessaria per la complessità dei fatti oggetto dell'imputazione. Pertanto, la potestà giurisdizionale può essere esercitata non nel senso di variare l'imputazione, sibbene nel senso di accertare
l'incompatibilità di elementi accidentali della fattispecie con il
particolare modularsi del fatto in concreto, donde la conseguente modifica dell'imputazione ai fini della revoca del provvedimento restrittivo. Ora, tornando alla fattispecie in esame, si può rilevare,
per riassumere in una formula semplice e comprensiva il quesito da risolvere, che l'imputazione risulta sostituita con altra di un
diverso titolo di reato, al fine di legittimare il mantenimento dello
stato di cattura senza soluzione di continuo. Una corretta spiega zione di questo singolare caso deve ovviamente ossere effettuata in modo, sia da chiarirlo nei suoi peculiari aspetti, sia da collocarlo in una prospettiva che non si allontani arbitrariamente da forme e concetti consentanei al sistema processuale vigente. Cosi' conciliando alterne esigenze, e considerando che i poteri del tribunale della libertà sono limitati ad una scelta tra conferma o revoca del provvedimento riesaminato, non avendo la legge fatto menzione di un potere di radicale modifica dell'atto processuale da controllare, è necessario concludere che, mentre sono consenti te eliminazioni di elementi accidentali del fatto ipotizzato, non è invece possibile un'integrale sostituzione. La ragione che giustifica questo risultato deve trarsi dalla conclusione che il decidere sulla conferma o non di quel provvedimento postuli la sussistenza del
fatto ipotizzato, anche se ridotto per l'elisione di elementi acci
dentali, laddove il tribunale del riesame mai potrebbe confermare
un provvedimento restrittivo, per esempio, emesso in base ad
un'ipotesi di omicidio perché nei fatti dovrebbe ravvisarsi invece
un'ipotesi di sequestro di persona a scopo estortivo. Se al
tribunale si riconoscesse il potere di addentrarsi in così radicali
accertamenti, difficilmente si potrebbero evitare, sul piano della
al precedente, e non incompatibile con le ragioni della revoca di
questo; oppure il nuovo provvedimento viene motivato in base ad elementi sopravvenuti rispetto a quelli già esistenti all'atto dell'emis sione del precedente» (Chiavario, Tribunale della libertà e libertà
personale, in AA.VV., Tribunale della libertà e garanzie individuali, a cura di Grevi, Bologna, 1983, 187).
Il Foro Italiano — 1984 — Parte II- 29.
concretezza, affrettate risultanze, retaggio di indagini necessaria mente incomplete, siccome affidate ad un collegio, che è invece
posto in condizioni di isolamento rispetto all'intero organamento processuale. Le conseguenze a trarsene sarebbero del tutto eversi
ve, in quanto la legge avrebbe tolto al p.m. l'iniziativa dell'eserci zio dell'azione penale, mentre, con inammissibile mutazione, al
giudice incomberebbe prospettare l'ipotesi accusatoria ed al p.m. competerebbe svolgere supinamente la relativa istruttoria. Si rea
lizzerebbe, in tal guisa, non più quel legittimo adattamento del
processo per necessità di rifluenza nella realtà sociale, alla quale il sistema processuale è legato, ma si tratterebbe di un vero arbitrario ribaltamento del sistema fino alla rottura dei suoi stessi fondamenti.
In conclusione, dalla vincolatività dei precetti incidenti sulla
fattispecie in esame si risale cosi' all'individuazione dei limiti che ne determinano il contenuto, e si individua il punto di incontro di norme partecipi della struttura incidentale tipica del procedi mento di riesame, con altre norme che hanno riferimento ai
principi generali tipici del procedimento principale. Ne consegue che, ai fini di un corretto orientamento, i criteri che si legano alla struttura della fattispecie concreta possono essere ricondotti ad alcuni punti essenziali. Di vero, temperando gli emersi valori tendenziali con la valorizzazione delle esigenze specifiche della
fattispecie, ne deriva che la pronuncia del giudice del riesame non vincola l'organo istruttorio nelle sue determinazioni concer nenti l'imputazione, senza alcuna incidenza sull'ulteriore corso dell'istruttoria stessa, se non nei limiti di impedire la pronuncia di un nuovo provvedimento restrittivo in tutto identico a quello valutato negativamente dal tribunale della libertà, senza che siano emerse nuove emergenze. Inoltre, la modifica della imputazione deve ritenersi consentita nei limiti, nei quali dà luogo ad una diversità del fatto compatibile con il fondamentale principio della
indispensabilità della correlazione necessaria tra il fatto ritenuto
dall'organo inquirente e quello verificato dall'organo giurisdi zionale.
Nel tornare ora alla fattispecie in esame, è da rilevare che, dovendosi ritenere che la modifica della imputazione operata dal
giudice del riesame non abbia alcuna incidenza nel contesto del
processo principale, il ip.m. non ha interesse a dolersi della conferma del provvedimento, ancorché disposta per lo stesso fatto diversamente qualificato o per considerazioni non collimanti con
quelle contenute nell'ordine di cattura. Pertanto il ricorso del l'ufficio impugnante deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto all'imputato ricorrente, dovendosi ritenere che in alcu na violazione del diritto difesa e del principio della titolarità esclusiva dell'esercizio dell'azione penale si sia incorso nella
specie, egli non ha diritto, per la derubricazione del titolo del
reato, alla revoca del provvedimento restrittivo, in quanto l'impu tazione ritenuta dal collegio di controllo deve considerarsi conte nuta nel fatto reato, quale descritto nell'originaria imputazione. In definitiva, ai fini che ne occuipa, è da considerarsi irrilevante la depurazione del fatto da elementi non conferenti, quale il dolo
dell'evento, rientrando tale operazione al pari di quella volta ad escludere dal fatto medesimo circostanze accidentali, nei poteri del giudice del riesame.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 8 no vembre 1983; Pres. Fasani, Est. Scopelliti, P. M. Antonucci
(conci, parz. diff.); ric. P.g. c. Zucco. Annulla App. Torino 9 aprile 1981.
Armi e materie esplodenti — Arma-giocattolo priva di tappo rosso incorporato — Detenzione — Reato — Sussistenza (L. 18 aprile 1975 n. 110, norme integrative della disciplina vigente
per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, art. 5).
Costituisce reato la detenzione presso la propria abitazione di
un'arma-giocattolo con canna priva del prescritto tappo rosso
incorporato, essendo il precetto di cui al 4° comma dell'art. 5 l.
18 aprile 1975 n. 110 destinato a chiunque e non solo ai
fabbricanti di armi-giocattolo. (1)
(1) In senso contrario Trib. Rimini 24 maggio 1983 e Pret.
Morbegno 15 novembre 1982, Foro it., 1983, II, 375, con nota di richiami.
♦ ♦ *
La decisione riportata merita consenso: se, infatti, non è contro vertibile l'esclusiva destinazione ai fabbricanti del primo dei due
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