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sezione V penale; sentenza 20 novembre 2002; Pres. Ietti, Est. Cicchetti, P.M. Mura (concl. conf.);...

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Page 1: sezione V penale; sentenza 20 novembre 2002; Pres. Ietti, Est. Cicchetti, P.M. Mura (concl. conf.); ric. Treglia. Annulla senza rinvio App. Perugia 29 maggio 2001

sezione V penale; sentenza 20 novembre 2002; Pres. Ietti, Est. Cicchetti, P.M. Mura (concl.conf.); ric. Treglia. Annulla senza rinvio App. Perugia 29 maggio 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 11 (NOVEMBRE 2003), pp. 621/622-625/626Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197911 .

Accessed: 25/06/2014 03:41

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GIURISPRUDENZA PENALE

nell'ali. 1 d.m. ambiente 5 settembre 1994». Invero, questo inci

so ha invece un senso preciso, e cioè che lo stesso legislatore del 1997, nel dettare la disposizione transitoria, aveva ben pre sente che l'esenzione dal regime dei rifiuti specificata nel citato

decreto ministeriale aveva origine legislativa, e come tale inten

deva prorogarla sino alla data del 30 giugno 1999.

5. - Gli altri motivi dedotti restano assorbiti.

In conclusione il Capecchi doveva essere assolto perché il

fatto non sussiste. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 20

novembre 2002; Pres. Ietti, Est. Cicchetti, P.M. Mura

(conci, conf.); ric. Treglia. Annulla senza rinvio App. Perugia 29 maggio 2001.

Società — False comunicazioni sociali — Nuova disciplina — Successione di leggi penali (Cod. civ., art. 2621, 2622; cod. pen., art. 2; d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commer

ciali, a norma dell'art. 11 1. 3 ottobre 2001 n. 366, art. 1).

La nuova formulazione del reato di false comunicazioni sociali

(art. 2621 e 2622 c.c.) non comporta alcuna abolitio criminis

in relazione alla precedente disciplina, ma piuttosto una suc

cessione di leggi penali ex art. 2, 3° comma, c.p. poiché esiste

una sostanziale continuità ed omogeneità tra vecchia e nuova

normativa, essendo quest'ultima ancora volta a tutelare —

anche se non in via esclusiva — la fede pubblica mediante la

correttezza sostanziale e formale nei bilanci delle società di

capitali. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 8

maggio 2002; Pres. Calabrese, Est. Ferrua, P.M. Veneziano

(conci, diff.); ric. Torrenti. Annulla senza rinvio App. Roma 2

marzo 2001.

Società — False comunicazioni sociali — Nuova disciplina — Successione di leggi penali (Cod. civ., art. 2621, 2622; cod. pen., art. 2; d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, art. 1).

A seguito della nuova formulazione degli art. 2621 e 2622 c.c.,

quale contenuta nel d.leg. 11 aprile 2002 n. 61 in materia di

false comunicazioni sociali, si è verificato un fenomeno di

successione di norme nell'ambito del quale la vigente disci

plina si pone in rapporto di specialità rispetto a quella prece dente; poiché, dunque, il novellato art. 2621 c.c. ha un ambito

di applicabilità più ristretto, ne consegue che, ai fini di

un 'affermazione di responsabilità per fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, è neces

sario che la violazione sia stata contestata al completo degli elementi costitutivi della nuova fattispecie normativa. (2)

(1-2) Con le sentenze sopra riportate la Cassazione affronta la que stione di diritto intertemporale connessa alla riforma dei reati societari

di cui al d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, pronunciandosi in favore della tesi

della successione di leggi penali nel tempo tra la vecchia e la nuova

normativa e respingendo la tesi contraria dell' abolitio criminis (nello

Il Foro Italiano — 2003.

I

Svolgimento in fatto e diritto. — L'impugnata sentenza della

Corte d'appello di Perugia in data 29 maggio 2001 confermava

quella del g.u.p. del Tribunale di Spoleto in data 7 maggio 1999

quanto alla dichiarazione di colpevolezza per due distinte ipote si di falso in bilancio continuato (art. 81 c.p. e 2621 c.c.), rite

nuta l'ipotesi del concorso formale, a carico di Treglia Angelo,

legale rappresentante della società Centro 2000 s.r.l.

Il Treglia, avendo effettuato l'acquisto di un immobile della

Co.im. s.r.l. all'apparente prezzo di lire 1.920.000.000, fraudo

lentemente esponeva in bilancio 1994 l'importo di lire

119.000.000, pari all'acconto dovuto ma versato con due asse

gni tratti dal suo conto corrente personale, alla voce cassa; il

valore dell'immobile — pari alla sopradetta somma indicata nel

rogito — alla voce immobilizzazioni materiali nonché quello di

lire 1.820.000.000 — per debiti verso la venditrice Co.im. —

alla voce passività-debiti esigibili entro l'esercizio successivo.

Il ricorrente allegava i seguenti motivi:

1) nullità del decreto di citazione in appello per violazione

dell'art. 157 c.p.p. mancando la prova degli adempimenti di cui

all'8° comma, al fine di verificare il rispetto del termine di

comparizione;

2) violazione art. 621 c.c. e mancanza/manifesta illogicità di

motivazione quanto all'elemento oggettivo del primo reato, data

l'irrilevanza della immutatio veri e per l'insussistenza della fal

sità per il secondo reato, poiché l'esposizione in bilancio corri

spondeva perfettamente al contenuto del rogito;

3) violazione del principio di correlazione tra imputazione e

sentenza (art. 521 c.p.p.) nella parte in cui viene censurato il

mancato aumento del capitale sociale, così eludendo il controllo

del nominando collegio sindacale;

4) manifesta illogicità della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche.

Chiedeva l'annullamento dell'impugnata sentenza.

Con motivi aggiunti depositati in data 5 novembre 2002, in

vocava l'applicazione del d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, che ha

modificato il reato di falso in bilancio, considerando semplice

stesso senso, cfr. Cass. 21 maggio 2002, Fabbri, Foro it., 2002, II, 401; 8 maggio 2002, Kunz, id., Rep. 2002, voce Bancarotta, il. 43; 8 ottobre

2002, Tosetti, in questo fascicolo. II, 626). In dottrina, in senso con

forme alle pronunce in rassegna, sia pure con diversità di accenti, v.

Padovani, Il cammello e la cruna dell'ago. 1 problemi della succes sione di leggi penali relativi alle nuove fattispecie di false comunica

zioni sociali, in Cass, pen., 2002, 1602; Pulitanò, La giustizia penale fra vecchio e nuovo diritto penale societario, in Società, 2002, 1117, il

quale ritiene dotata di maggiore coerenza interna «la tesi che ricostrui

sce il rapporto fra il vecchio e il nuovo diritto penale societario in ter

mini più complessi (identici sia guardando al futuro che guardando al

passato): abolitio criminis parziale, combinata con una successione di

leggi relativamente ai fatti compresi sia nelle vecchie fattispecie gene rali che nelle nuove fattispecie speciali».

Per contro, secóndo una diversa opzione ermeneutica, le nuove fatti

specie di cui agli art. 2621 e 2622 c.c. presentano, rispetto all'originaria formulazione del delitto di false comunicazioni sociali, un'eterogeneità strutturale tale da escludere che possa aversi continuità normativa fra le

due fattispecie. Cfr., nella giurisprudenza di merito, Trib. Ascoli Piceno 29 maggio 2002 e Trib. Macerata 28 maggio 2002, Foro it., 2002, II, 401 ; Trib. Napoli 28 maggio 2002, id., Rep. 2002, voce Società, n. 950.

In dottrina, per tutti, Musco, I nuovi reati societari, Milano, 2002, 65

ss.; nonché Donini, «Abolitio criminis» e nuovo falso in bilancio.

Struttura e offensività delle false comunicazioni sociali (art. 2621 e

2622 c.c.) dopo il d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, in Cass, pen., 1992,

1273, il quale — richiamando Cass., sez. un., 13 dicembre 2000, Sago ne, Foro it., 2001, II, 141, in tema di abolizione del reato di omessa di

chiarazione dei redditi e Iva a seguito dell'entrata in vigore dell'attuale

art. 5 d.leg. 74/00 — osserva che, anche nel caso di identità del bene

protetto, «dolo specifico, soglie di punibilità, elementi di qualità come

la diversa tipologia dei reati (delitto/contravvenzione), svolte nella po litica criminale nella 'filosofia' dell'intervento punitivo, sono tutti

aspetti qualificanti capaci di supportare, insieme al criterio della spe cialità, la verifica dell'abolizione».

Il primo dei due orientamenti, favorevole alla tesi della succesione di

leggi penali, è stato di recente avallato da Cass., sez. un.. 26 marzo

2003, Giordano e altri, in questo fascicolo, II, 586.

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PARTE SECONDA

contravvenzione — ormai prescritta — il fatto ipotizzato nella

nuova formulazione dell'art. 2621 c.c. e punibile a querela —

non proposta — il delitto previsto dal nuovo art. 2622 c.c.

Ritiene questa corte che diventa pregiudiziale ad ogni deci

sione di merito l'esame della nuova disciplina introdotta dal

d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, entrato in vigore in data 16 aprile 2002, cioè il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta

ufficiale. La novella interessa il presente procedimento sotto il profilo

della diversa impostazione della normativa sulle false comuni

cazioni sociali (art. 2621 e 2622 c.c.) contenuta nell'art. 1 del

ricordato decreto legislativo che sostituisce il titolo XI del libro

V c.c.

Il nuovo art. 2621 c.c. indica una condotta precisa che sia

idonea ad indurre in errore i destinatari della comunicazione

(soci e pubblico) e connotata dal dolo intenzionale di ingannare e specifico quanto alla finalità di conseguire un ingiusto profit to, indipendentemente dalla produzione effettiva di un danno

patrimoniale. La norma ha il merito di aver reso palesi alcuni elementi già

elaborati dalla giurisprudenza, ma la vera novità consiste nel

l'introduzione di alcune cause di non punibilità radicate nel

fatto materiale, che il giudice di merito è tenuto ad accertare, e

nell'inquadramento del nuovo reato quale contravvenzione a

dolo specifico. Viceversa l'art. 2622 c.c. considera come delitto le false co

municazioni sociali, quando la medesima azione prevista dal

l'articolo precedente cagioni un danno patrimoniale a soci e

creditori, sì da configurare la tipica struttura del reato di danno, sia pure perseguibile a querela della persona offesa (socio o cre

ditore). Anche per l'ipotesi delittuosa sono previste cause di non pu

nibilità. La nuova formulazione del reato di false comunicazioni so

ciali (art. 2621 e 2622 c.c.) — come del resto quella della ban

carotta impropria (art. 223, 2° comma, n. 1, r.d. 16 marzo 1942

n. 267) commessa mediante falso in bilancio — non comporta, tuttavia, alcuna abolitio criminis in relazione alla precedente di

sciplina, ma piuttosto una successione di leggi penali ex art. 2, 3° comma, c.p., poiché esiste una sostanziale continuità ed o

mogeneità tra vecchia e nuova normativa (Cass. 8 maggio 2002, Kunz, Foro it., Rep. 2002, voce Bancarotta, n. 43; 21 maggio 2002, Fabbri, id., 2002, II, 401; 8 ottobre 2002, Tosetti, in que sto fascicolo, II, 626) essendo quest'ultima ancora volta a tute

lare — anche se non in via esclusiva — la fede pubblica me

diante la correttezza sostanziale e formale nei bilanci delle so

cietà di capitali. Le nuove fattispecie, tuttavia, non solo restringono la cerchia

dei soggetti attivi e delle condotte punibili (non più contemplata la falsità o il nascondimento sulla costituzione della società) e

contengono la limitazione del falso alla sola esposizione di fatti

materiali, ancorché oggetto di valutazioni ed ulteriori restrizioni in ordine alla tipologia delle comunicazioni, quanto aggiungono cause di esclusione della punibilità per entrambi i reati ex art. 2621 e 2622 c.c. ed il danno patrimoniale nel secondo.

Si tratta indubbiamente di elementi comportanti un rapporto di specialità rispetto alla precedente normativa, senza escludere la sostanziale omogeneità del bene giuridico tutelato e quindi la

successione di norme incriminatrici.

Questo comporta che i fatti integranti reato sotto il vigore della precedente disciplina possono rientrare nella nuova, pur ché l'imputazione originaria

— o anche quella ritualmente con testata come modificazione del fatto —

contenga in sé gli ele menti costitutivi della nuova fattispecie normativa.

Pertanto, questa corte può pronunciare sentenza di annulla mento senza rinvio per estinzione del reato a seguito di prescri zione o per mancanza di una causa di procedibilità (come chie sto dalla difesa) solo quando l'imputazione contenga già tutti gli elementi del nuovo fatto-reato ex art. 2621 2622 c.c. novellati.

In mancanza, deve limitarsi a prendere atto della non sussu mibilità del concreto fatto contestato nella nuova normativa e,

pertanto, pronunciare l'annullamento con la formula assolutoria

perché il fatto (contestato) non è previsto dalla legge come rea to.

Il Foro Italiano — 2003.

Nella specie, va affermato che non solo manca la contestazio

ne del dolo specifico (fine di procurare un ingiusto profitto per sé o per altri) necessario per il reato di false comunicazioni so

ciali (contravvenzione ex art. 2621 c.c.) e per le false comunica

zioni sociali in danno di soci o creditori (delitto ex art. 2622

c.c.) nonché l'evento dannoso per il delitto, ma non risulta nep

pure indicato il superamento della soglia di esclusione della pu nibilità, oggi necessaria per la contestazione dell'uno come del

l'altro reato siccome connessa ad elementi radicati nel fatto

materiale.

La corretta applicazione dell'art. 129 c.p.p. impone, del resto, l'adozione della formula più favorevole anche ove volesse pre scindersi dalla questione in ordine alla precisa contestazione del

fatto.

Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio dell'impu

gnata sentenza perché i fatti non sono previsti dalla legge come

reati.

II

Svolgimento del procedimento e motivi della decisione. —

Con sentenza 28 aprile 1999 il Tribunale di Latina dichiarava

Torrenti Vittorio responsabile —

quale consulente ed ideatore in

concorso con altri, consulenti ed amministratori legali e di fatto

della Alboreto s.p.a. dichiarata fallita il 19 settembre 1991 — di

bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (capo F) nonché di falso in bilancio (capo G).

La suddetta decisione veniva confermata dalla Corte d'ap

pello di Roma con pronuncia 2 marzo 2001 avverso la quale ha

proposto ricorso per cassazione l'imputato deducendo: erronea

valutazione delle risultanze dibattimentali; violazione dell'art.

111 Cost, e delle norme esecutive di tale disposizione. In particolare è stato dedotto che illegittimamente erano state

utilizzate le dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari dai coimputati Tamburo e Neri i quali si erano rifiutati di rispondere al dibattimento, sia in primo sia in secondo grado.

La corte osserva.

Innanzitutto occorre puntualizzare che la disciplina del falso

in bilancio di cui all'art. 2621 c.c. è stata, nelle more, modifi

cata dal d.leg. 11 aprile 2002 n. 61.

La nuova normativa ha innanzitutto tipicizzato la pregressa

previsione relativa al dolo specifico, espressa nell'originario te

sto dell'art. 2621 c.c. col termine «fraudolentemente», postu lando al contempo l'intenzione di ingannare i terzi ed il fine di

trarre per sé o altri un ingiusto profitto. Sul punto va segnalato che la giurisprudenza di legittimità aveva inteso l'espressione suddetta di cui alla precedente disposizione come equivalente al

proposito di conseguire un vantaggio ingiusto, ma non di recare

danno ad altri, in quanto l'agente può essere animato dall'in tento di frode senza affatto volere il danno di alcuno ed anzi au

spicando che esso non si verifichi (Cass. 8 marzo 1988, Ianno

ne, Foro it., Rep. 1989, voce Società, n. 625; 11 dicembre 1991,

Scibetta, id., Rep. 1993, voce cit., n. 869; 21 gennaio 1992, Na

va, id., Rep. 1992, voce cit., n. 786; 8 aprile 1999, Cecere, id.,

Rep. 1999, voce cit., n. 1102). Sul piano oggettivo è poi attual

mente richiesta l'idoneità delle false esposizioni e delle comu

nicazioni omesse ad indurre in errore i destinatari delle mede

sime e la violazione configura una contravvenzione, salvo che il

fatto abbia cagionato un danno patrimoniale ai soci o ai credito

ri, nel qual caso, ferma restando l'ipotesi delittuosa, la procedi bilità è subordinata alla querela, a meno che si tratti di società

con azioni quotate; è stata infine esclusa la punibilità qualora la

divergenza dal reale non sia sensibile e comunque con riguardo a determinate divergenze all'uopo fissate nella loro entità.

Si è dunque verificato un fenomeno di successione di norme

nell'ambito del quale la vigente disciplina si pone in rapporto di

specialità rispetto a quella precedente: invero la fattispecie astratta originariamente delineata dal legislatore risulta ricom

presa in quella ora incriminata con l'aggiunta di elementi spe cializzanti; il tal modo mentre i fatti attualmente punibili già lo

erano in precedenza, non tutti quelli rilevanti penalmente in pas sato lo sono ancora.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Poiché dunque il novellato art. 2621 c.c. ha un ambito di ap

plicabilità più ristretto ne consegue che, ai fini di un'afferma

zione di responsabilità per fatti commessi prima dell'entrata in

vigore del d.leg. 61/02, è necessario che la violazione sia stata

contestata al completo dei predetti dati in modo da renderne

possibile la difesa (principio affermato in tema di successione di

norme incriminatrici in Cass., sez. un., 20 giugno 1990, Mona

co, id., 1990, II, 637, e ribadito in Cass., sez. un., 25 ottobre

2000, Di Mauro, id., 2001, II, 143). Orbene nel caso in esame, esclusa in via pregiudiziale la pro

cedibilità dell'azione con riguardo all'ipotesi delittuosa stante

l'assenza di querela, per quanto concerne la contravvenzione va

rilevato che non risulta enunciato nell'imputazione e conse

guentemente verificato il duplice intento in cui deve concretarsi

il dolo specifico né l'idoneità oggettiva dell'azione ad inganna re: la condotta ascritta ed accertata non rientra pertanto nella vi

gente previsione legislativa. Per le svolte considerazioni si impone l'annullamento della

sentenza impugnata per il reato di falso in bilancio di cui al ca

po G perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con eliminazione della relativa pena.

Per il delitto di cui al capo A il motivo dedotto è infondato in

quanto le dichiarazioni dei coimputati erano già state acquisite al fascicolo del dibattimento tramite le contestazioni al mo

mento dell'entrata in vigore dell'invocata novella costituziona

le: ai sensi della 1. 35/00 esse potevano quindi essere valutate ed

utilizzate se la loro attendibilità fosse risultata confermata da

altri dati, assunti o formati con diverse modalità; sotto codesto

profilo occorre d'altro canto puntualizzare che la corte territo

riale ha evidenziato l'esistenza di plurimi elementi di riscontro, i quali ovviamente non dovevano rivestire la stessa pregnanza delle dichiarazioni stesse; né può valere la diversa valutazione

del contesto probatorio che il ricorrente vorrebbe proporre.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 8 ot

tobre 2002; Pres. Calabrese, Est. Ferrua, P.M. Frasso

(conci, parz. diff.); ric. Trebbi. Annulla senza rinvio App.

Bologna 19 febbraio 2001.

Bancarotta e reati fallimentari — Bancarotta fraudolenta —

Bancarotta impropria da reato societario — Riformula

zione — Successione di leggi penali (Cod. civ., art. 2621,

2622; cod. pen., art. 2; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 223; d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, disciplina

degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società

commerciali, a norma dell'art. 111.3 ottobre 2001 n. 366).

Tra l'originario art. 223 l. fall, e quello novellato va ricono

sciuto un fenomeno dì successione di norme con parziale ef

fetto abrogativo, in quanto l'ulteriore dato postulato da tale

disposizione — rappresentato dal nesso di causalità tra la

condotta e il fallimento — si palesa quale elemento specializ

zante rispetto alla fattispecie precedente, nella quale il falli mento non doveva necessariamente porsi come conseguenza della condotta; analogo fenomeno sussiste tra l'originario art. 2621 c.c. ed i novellati art. 2621 e 2622 c.c. nell'ambito

del quale la nuova disciplina si pone in rapporto di specialità con quella precedente, risultando la fattispecie astratta origi nariamente delineata dal legislatore ricompresa in quella at

tuale che contiene elementi specializzanti in senso stretto (os sia specifici) e in senso lato (ossia per aggiunta) (nella spe

II Foro Italiano — 2003.

eie, la corte ha tuttavia ritenuto che, in base al principio della

necessaria correlazione tra accusa e sentenza, i requisiti che

condizionano la tipicità della nuova incriminazione avrebbe

ro dovuto costituire oggetto di specifica contestazione, ed ha,

pertanto, mandato esente da pena l'imputato). (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 8 ot

tobre 2002; Pres. Calabrese, Est. Nappi, P.M. Frasso (conci,

parz. diff.); ric. Tosetti e altri. Annulla senza rinvio App. To

rino 16 novembre 2001.

Bancarotta e reati fallimentari — Bancarotta fraudolenta —

Bancarotta impropria da reato societario — Riformula

zione — Successione di leggi penali — Esclusione (Cod.

civ., art. 2621, 2622; cod. pen., art. 2; r.d. 16 marzo 1942 n.

267, art. 223; d.leg. 11 aprile 2002 n. 61).

La fattispecie inserita nell'art. 223 l. fall, dall'art. 4 d.leg. 11

aprile 2002 n. 61 è certamente speciale rispetto a quella so

stituita perché include come elemento ulteriore dell'illecito

un rapporto di causalità tra il delitto di false comunicazioni

sociali e il dissesto della società fallita; tuttavia, trattandosi

di specialità per aggiunta, deve ritenersi che essa comporti una totale abolizione della fattispecie abrogata, perché l'e

lemento aggiuntivo, il rapporto di causalità con il dissesto, è

tale da ascrivere alla nuova fattispecie un significato lesivo

del tutto diverso da quello della fattispecie abrogata. (2)

(1-2) Le due sentenze riportate in epigrafe, nel vagliare la presenza di un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo in ordine alla modifica normativa dell'art. 223, 2° comma, n. 1,1. fall., operata con il

d.leg. 11 aprile 2002 n. 61, pervengono sul punto a soluzioni radical mente contrapposte.

La prima delle due pronunce si inserisce nel solco di un filone giuris

prudenziale minoritario incline a ritenere che l'inserimento del requi sito del nesso causale tra reato societario e dissesto economico non ab

bia comportato una «rottura» del rapporto di continuità normativa tra vecchia e nuova formulazione, trattandosi di un «elemento specializ zante» che non modifica la struttura del fatto tipico: nello stesso senso, v. Cass. 15 maggio 2002, Mazzei, Foro it., Rep. 2002, voce Bancarot

ta, n. 45; 25 settembre 2002, Battacchi, ibid., n. 46; nel senso della non

indispensabile sussistenza di un nesso di derivazione causale tra reato

presupposto e successivo fallimento con riferimento alla previgente versione dell'art. 223, 2° comma, n. 1, 1. fall., cfr. Cass. 6 dicembre

2000, Siragusa, Giust. pen., 2001, II, 701, e Foro it., Rep. 2002, voce

cit„ n. 41. In particolare, premesso che al fine di individuare la disciplina appli

cabile ai fatti commessi prima della riforma è necessario stabilire che

tipo di rapporti intercorrano tra la vecchia e la nuova disposizione at traverso un'analisi strutturale delle fattispecie astratte volta ad accerta re l'omogeneità o eterogeneità dei rispettivi elementi costitutivi (in tal senso richiamandosi a Cass. 25 ottobre 2000, Di Mauro, id., 2001, II,

143, con nota di Melchionda; 13 dicembre 2000, Sagone, ibid., 141; 9

maggio 2001, Donatelli, id., 2002, II, 191), la Cassazione perviene alla conclusione della sussistenza di una continuità normativa tra le fatti

specie a confronto sulla base di argomenti che richiamano: da un lato,

appunto, il carattere meramente «specializzante» dell'ulteriore ele mento richiesto dalla nuova norma, tale da configurare cioè una mera

sottofattispecie della più generale fattispecie previgente; e dall'altro,

invece, la sussistenza di una continuità normativa — a sua volta de

sunta da una serie di indici — anche tra le vecchie e le nuove fattispe cie di reati societari richiamati dall'art. 223 cit.

La seconda delle due sentenze su riportate (che si può leggere anche

in Guida al dir., 2002, fase. 43, 69, con nota di Bricchetti, e Dir. e

giustizia, 2002, fase. 41, 10, con nota di Traversi) costituisce invece

espressione di un più cospicuo orientamento applicativo che sembra

consolidarsi nel senso di attribuire al predetto contrassegno strutturale

il ruolo di elemento aggiuntivo in grado di modificare il significato le

sivo dell'incriminazione, con la conseguenza di negare l'ipotizzabilità di un fenomeno di c.d. abrogatio sine abolitione\ si collocano nella

medesima prospettiva, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. 8 mag

gio 2002, Kunz, Guida al dir., 2002, fase. 29, 75, con nota di Bric

chetti, e Dir. e pratica società, 2002, fase. 19, 70, con nota di Cerqua, massimata in Foro it., Rep. 2002, voce cit., n. 43; nella giurisprudenza

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