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sezione V penale; sentenza 6 febbraio 1998; Pres. Consoli, Est. Malinconico, P.M. Viglietta (concl....

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sezione V penale; sentenza 6 febbraio 1998; Pres. Consoli, Est. Malinconico, P.M. Viglietta (concl. conf.); ric. Felletti. Annulla senza rinvio App. Ancona 21 febbraio 1997 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 369/370-371/372 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192680 . Accessed: 24/06/2014 23:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.49 on Tue, 24 Jun 2014 23:28:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione V penale; sentenza 6 febbraio 1998; Pres. Consoli, Est. Malinconico, P.M. Viglietta(concl. conf.); ric. Felletti. Annulla senza rinvio App. Ancona 21 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 369/370-371/372Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192680 .

Accessed: 24/06/2014 23:28

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369 GIURISPRUDENZA PENALE 370

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 6 feb

braio 1998; Pres. Consoli, Est. Malinconico, P.M. Vigliet

ta (conci, conf.); ric. Felletti. Annulla senza rinvio App. An

cona 21 febbraio 1997.

CORTE DI CASSAZIONE;

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Sospensione dei ter

mini — Prescrizione del reato — Sospensione — Esclusione

(Cod. civ., art. 2934; cod. pen., art. 157; d.l. 27 ottobre 1997

n. 364, interventi urgenti a favore delle zone colpite da ripe tuti eventi sismici nelle regioni Marche e Umbria, art. 1; 1.

17 dicembre 1997 n. 434, conversione in legge, con modifica

zioni, del d.l. 27 ottobre 1997 n. 364, art. 1).

La sospensione dei termini disposta con d.l. 364/97 a favore dei soggetti operanti o aventi sede nelle zone dell'Umbria e

delle Marche colpite dagli eventi sismici dell'autunno 1997 è

applicabile solo alla prescrizione e alla decadenza di cui al

l'art. 2934 c.c., e non riguarda la prescrizione dei reati, il

cui termine continua a correre. (1)

II

TRIBUNALE DI CAMERINO; ordinanza 7 aprile 1998; Giud.

ind. prel. Iacoboni.

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Sospensione dei ter

mini — Indagini preliminari — Proroga del termine per effet

to della sospensione legale — Esclusione (Cost., art. 112; cod.

proc. pen., art. 409; d.l. 27 ottobre 1997 n. 364, art. 1; 1.

17 dicembre 1997 n. 434, art. 1).

Il pubblico ministero non può chiedere la proroga del termine

delle indagini preliminari invocando la sospensione dei termi

ni disposta con d.l. 364/97 a favore dei soggetti operanti o

aventi sede nelle zone dell'Umbria e delle Marche colpite da

gli eventi sismici dell'autunno 1997, atteso che in tale ambito

procedimentale non è configurabile alcuna decadenza in sen

so proprio che possa pregiudicare il pubblico ministero nell'e

sercizio di diritti, azioni o eccezioni. (2)

(1-2) Prime decisioni, a quel che consta, concernenti la disciplina della

sospensione dei termini disposta a seguito della prolungata crisi sismica iniziata nell'Appennino umbro-marchigiano nell'autunno 1997.

11 d.l. 364/97, come convertito dalla 1. 434/97, pone, per le zone

maggiormente colpite, la sospensione dei «termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche tribu

tari, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza dal 26 settembre 1997 al 31 marzo 1998».

Per le altre zone, invece, la sospensione aveva avuto effetto fino al 31 dicembre 1997.

L'ordinanza del g.i.p. prende chiaramente posizione a favore della tesi dell'applicabilità della sospensione anche a favore di soggetti pub blici, almeno in astratto; ma esclude che il beneficio sia invocabile al di fuori dello stretto ambito dei presupposti normativi, che chiaramente si riferiscono a decadenze da diritti, azioni ed eccezioni; con l'ulteriore

conseguenza dell'impossibilità, per il pubblico ministero, di vedersi san

zionata, in sede di indagini preliminari, alcuna di tali posizioni. La Corte di cassazione si spinge ben oltre, perché di fatto limita la

disciplina in questione alle sole fattispecie civilistiche, soprattutto argo mentando nel senso che una norma di favore per i soggetti colpiti dal terremoto non può produrre effetti opposti.

Di qui l'altra affermazione secondo cui la sospensione non contem

pla in alcun caso l'attività dei pubblici uffici; affermazione che leggesi anche nell'ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Camerino, ma tempera ta dalla considerazione che la legge di conversione espressamente fa

salvi, con la sospensione, i termini inerenti talune attività amministrati

ve, espressamente contemplate dalla legge. L'indirizzo rigido della corte si lega all'orientamento, sorto nel vigo

re del d.l. 776/80, emanato in occasione del terremoto in Irpinia, che

vedeva come assolutamente eccezionale la disciplina della sospensione: Cass. 27 settembre 1982, Petrecca, Foro it., Rep. 1984, voce Calamità

pubbliche, n. 25; con la generale premessa che la disciplina in questione non poteva considerarsi preclusiva tout court dell'attività giurisdiziona le: così Cass. 12 giugno 1981, Siano, id., Rep. 1982, voce cit., n. 43.

Per contro, da tale orientamento pare discostarsi laddove limita l'o

peratività della sospensione a prescrizione e decadenza civili, contro l'as

sunto, ad esempio, di Cass. 26 marzo 1996, n. 2666, id., Rep. 1996, voce cit., n. 22, a tenore della quale i termini considerati dal d.l. 776/80

riguardano qualsiasi materia (nella specie, quella tributaria).

Il Foro Italiano — 1998 — Parte II-13.

I

Svolgimento del processo e motivi della decisione. — Il reato

continuato di cui all'art. 594 c.p., commesso il 7 luglio 1990, di cui è stata dichiarata responsabile la Felletti Rosa, residente

in Gabicce Mare (prov. Pesaro e Urbino), è estinto per la pre scrizione compiutasi alla data del 7 gennaio 1998 (anni cinque

più anni due e mesi sei per l'interruzione: art. 157, n. 4, e 160

c.p.). Non ritiene questo collegio applicabile al caso di specie la sospensione dei termini disposta con l'art. 1 d.l. 27 ottobre

1997 n. 364, riferita ai soggetti che alla data del 26 settembre

1997, come appunto la prevenuta, erano residenti o avevano

sede operativa nelle regioni Marche e Umbria. La norma ri

guarda infatti la prescrizione e la decadenza dei diritti di cui

all'art. 2934 c.c. e non anche quella dei reati. A parte lo spirito e la finalità del provvedimento, chiaramente rivolto a creare

interventi «a favore» delle zone colpite dagli eventi sismici, lad

dove «zone» sta a significare anche persone, ed il prolungare i termini di prescrizione dei reati non è certo un intervento a

favore dell'imputato, rileva che l'elencazione contenuta nel 1°

comma del cit. art. 1 contempla solo la prescrizione e la deca

denza che decorrono a sfavore dei soggetti cui è rivolta la nor

ma sicché la sospensione ha lo scopo di produrre l'effetto con

trario, nel senso che favorevolmente protrae i termini previsti

per l'esercizio di diritti, azioni o eccezioni. D'altronde il decor

so del tempo necessario alla prescrizione dei reati e la relativa

sospensione è un evento sul quale nessuna incidenza esplica la

condizione creatasi nelle dette zone a seguito degli eventi sismi

ci: tanto che, come si evince dalla stessa disposizione, l'attività

dei pubblici uffici, giudiziari ed amministrativi, non subisce pause essendo la sospensione disposta solo per la prescrizione e la de

cadenza da diritti, azioni ed eccezioni.

II

La richiesta di proroga è genericamente basata sulla comples sità delle indagini e sulla necessità di altri accertamenti, e tutta

via il p.m., in sede di udienza camerale, ha anche dedotto l'ap

plicabilità della speciale causa di sospensione dei termini di cui

al d.l. 364/97, come convertito dalla 1. 434/97; onde le sue con

clusioni di rigetto della richiesta, sul presupposto della non ve

rificata scadenza del termine (perentorio) delle indagini prelimi nari, proprio in virtù di detta disciplina normativa;

— la tesi or sommariamente illustrata pone un problema ef

fettivo, dato dalle non lievi ambiguità della formulazione legis

lativa, che deve a sua volta destreggiarsi (con dubbi esiti) fra

le esigenze di tutela dei soggetti giuridici colpiti da calamità na

turali e quelle di definizione dei rapporti sostanziali e proces

suali; alternativa ben nota a tutta la precedente giurisprudenza in materia, che peraltro non risulta essersi mai occupata del

problema, in quanto riferito alle indagini preliminari introdotte

con il nuovo rito; — funzionalmente, non esisterebbero ragioni logiche che pos

sano condurre il p.m., nominalisticamente inteso come parte del processo (ma assai connotato dal suo ruolo pubblico), a

soggiacere a una disciplina diversa, e più rigida, rispetto a quel la testé richiamata;

— d'altronde, è ben noto, da un pur rapido esame della giu

risprudenza pregressa, che una normativa eccezionale e di inter

pretazione stretta, quale sicuramente è quella in materia di so

spensioni dei termini a seguito di calamità, non consente inter

polazioni ermeneutiche che possano, ad esempio, condurre a

distinzioni tra soggetti privati e soggetti pubblici; la stessa locu

zione adoperata dal testo normativo, d'altronde, lascia intende

re la scelta di una voluta genericità, peraltro non atecnica, che

consentisse di individuare il destinatario del beneficio in un qual siasi soggetto giuridico, quale che fosse la sua configurazione istituzionale nell'ordinamento (persona fisica, persona giuridi

ca, associazione, ecc.); — la norma stéssa, tuttavia, introduce limiti ai suoi ambiti,

e postula il doppio requisito della natura dei termini suscettibili

di sospensione e delle posizioni soggettive tutelate; posizioni che

in larga misura sembrano essere tutte quelle riconosciute dal

l'ordinamento, ma che in realtà appaiono modulate sullo sche

ma dei rapporti privati in senso lato, o comunque delle materie

segnate dal principio dispositivo; — a tale ipotesi si perviene mercé una lettura piana della nor

ma, che contempla bensì la sospensione ma per i soli termini,

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PARTE SECONDA

fra gli altri, perentori e dai quali discendano decadenze da dirit

ti, azioni ed eccezioni; — attesa la natura dei poteri spettanti al p.m. in riferimento

a quanto dispone l'art. 112 Cost., appare difficile configurare una qualsivoglia ipotesi di decadenza in senso tecnico da diritti

o eccezioni (non si vede di quale diritto, o peggio, eccezione

in senso proprio possa godere il p.m. in fase di indagini preli

minari), talché si deve ritenere che unico parametro di riferi

mento sarebbe quello dell'azione, fermo apparendo che tale con

cetto è adoperato in senso tecnico, e altrettanto fermo essendo

l'assioma di conoscenza del legislatore del significato del con

cetto di azione in senso processuale; — posta la quale premessa, riesce poi davvero arduo rispon

dere affermativamente al quesito inerente la configurabilità di

una decadenza del p.m. dall'esercizio dell'azione penale, se si

pensa alla natura non disponibile di quest'ultima e alla sua co

stituzionalizzata obbligatorietà; è ovvia, come seconda premes

sa, l'affermazione secondo cui la tipicità del concetto di azione

implica che non ogni posizione procedimentale o processuale

spettante al p.m. equivalga alla detta situazione soggettiva, que sta potendosi intendere solo in senso stretto; dunque, avrebbe

ben poco senso ipotizzare che per «azione» sia possibile inten

dere anche il «diritto» (che in realtà è dovere) del p.m. di com

piere indagini; — se, dunque, di azione penale e solo di questa si deve par

lare a cospetto della formulazione normativa (e ciò, beninteso,

quale che sia stata la volontà politica del legislatore, che se con

traria è stata davvero male espressa), appare di ben difficile

configurazione una qualsivoglia forma di decadenza del p.m. da una situazione legittimante, l'azione penale appunto, non

disponibile in alcun modo, e dunque perseguibile obbligato

riamente; — merita, d'altronde, apprezzarsi il fatto che la seconda par

te dell'art. 1 1. 434/97 espressamente si pone il problema dell'o

peratività o meno della sospensione in relazione all'esercizio di

determinati poteri ufficiosi (irrogazione di sanzioni amministra

tive e accertamenti finanziari sulle dichiarazioni dei contribuen

ti); sicché non si intende per qual ragione il legislatore ha senti

to il bisogno di un'espressa disciplina a proposito di vere e pro

prie posizioni di azione amministrativa, se a tanto poteva bastare

la generica previsione della prima parte della norma richiamata,

che, non si dimentichi, avrebbe l'effetto, a seguire l'interpreta zione qui respinta, di incidere su materia che analogicamente l'art. 240 bis delle norme di coordinamento al c.p.p. regola menta con dovizia di previsione; beninteso, siffatto difetto di

armonia legislativa non è decisivo, ma introduce certamente al

tri elementi di perplessità; — da ultimo, va considerato che se il p.m. non può decadere

dall'esercizio dell'azione penale, parimenti si considera decadenza

processuale in senso tecnico quella sanzione che impedisce in

maniera assoluta il compimento di determinate attività; il che

può bene essere inteso come impossibilità di svolgere indagini utilizzabili, ma in tal caso non si è dinanzi a un'azione giuridi camente intesa, ed è comunque da escludersi che una siffatta

conseguenza sia così netta come si assume dal p.m.; — per vero, la statuizione legale di un termine per il compi

mento delle indagini preliminari risponde a note esigenze di ce lerità dei processi penali e di certezza delle posizioni dei privati, ma il sistema contempla almeno due diverse soluzioni all'ipotesi che la fisiologia del processo sia snaturata dal superamento in

giustificato del termine legale; esse si individuano sia nei poteri di controllo spettanti al g.i.p. per effetto dell'art. 409, 4° com

ma, c.p.p., sia nella possibilità di riapertura delle indagini, an

che sulla scorta di una diversa valutazione delle investigazioni svolte, che il p.m. può compiere con ben ridotti ambiti di sinda

cato da parte del g.i.p., come si apprende dall'ormai consolida

ta giurisprudenza; nei suddetti termini, per inciso, si è più volte

espressa la Corte di cassazione nel motivare la manifesta infon

datezza della questione di legittimità costituzionale, fra gli altri, dell'art. 406 c.p.p. in relazione all'art. 127 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'impugnabilità dell'ordinanza (ovvero del

decreto de plano) che rigetta la richiesta di proroga (ex multis,

Cass., sez. I, 31 gennaio 1995, Amodeo, Foro it., Rep. 1995, voce Indagini preliminari, n. 26, sebbene riferita a procedimen to pretorile); e ciò perché la fisiologia del processo postula una sua ragionevole durata, non apparendo in nulla abnorme che

il g.i.p., piuttosto che appiattirsi acriticamente su una proroga che può concedere o negare, ma giammai modulare, possa eser

citare un diretto controllo sulla necessità di indagini specifiche,

Il Foro Italiano — 1998.

e per ciò solo motivate, sia in sede di archiviazione, sia in sede

di udienza preliminare, nei pur ristretti limiti dell'art. 422 c.p.p.; — desume da ciò il giudicante che la corretta interpretazione

dell'art. 1 1. 434/98 conduca ad affermare, nella materia de

qua, una scelta legislativa verso le esigenze di certezza dei rap

porti giuridici, il che implica, come del resto si è fin qui fatto, una valutazione casistica delle situazioni processuali, non po tendosi infine dimenticare che questo è stato il metodo adottato

in tutti i casi di indagini preliminari in corso, com'è prova nel

fatto che l'attività del g.i.p. presso questo tribunale ha bensì

risentito della legislazione speciale sopra detta nella sola sede

dell'udienza preliminare (effetto di una troppo benevola inter

pretazione, atteso che detta udienza a sua volta è foriera di

decadenze, ma solo interne e in realtà superabili in fase dibatti

mentale), e non già nelle attività direttamente inerenti le indagi ni preliminari, che hanno avuto il loro normale seguito anche

in altre, recenti ipotesi di rigetto di richieste di proroga delle

indagini; superfluo considerare che allo stesso metro valutativo,

già delibato e ripetutamente espresso, deve ispirarsi il giudican

te, in difetto di altri e più appaganti insegnamenti; (omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 10

dicembre 1997; Pres. Scorzelli, Est. Battisti, P.M. (conci,

conf.); ric. Pisco. Conferma App. Napoli 19 novembre 1996.

Revisione in materia penale — Richiesta — Declaratoria di inam

missibilità (Cod. proc. pen., art. 634, 636). Misure di prevenzione — Impugnazioni — Revisione — Esclu

sione — Revoca (Cod. proc. pen., art. 629; 1. 27 dicembre

1956 n. 1423, misure di prevenzione nei confronti delle perso ne pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, art. 7).

L'inammissibilità della richiesta di revisione può essere dichia

rata, oltre che con l'ordinanza prevista dall'art. 634 c.p.p., anche con sentenza, successivamente all'instaurazione del giu dizio di revisione ai sensi dell'art. 636 c.p.p. (1)

In tema di impugnazioni delle misure di prevenzione non è con

sentita l'applicazione analogica dell'istituto della revisione, tro

vando invece applicazione il diverso istituto della revoca con

efficacia ex tunc ai sensi dell'art. 7,2° comma, l. n. 1423

del 1956, ove s'accerti l'insussistenza originaria della perico losità anche per motivi emersi dopo l'applicazione della

misura. (2)

(1) Giurisprudenza ormai consolidata sul punto, per la quale cfr. le sentenze citate in motivazione: Cass. 30 ottobre 1996, Botto, Ced Cass., rv. 206929; 26 settembre 1994, Minghella, Foro it., Rep. 1995, voce Revisione penale, n. 11; 12 ottobre 1993, Santolla, id., Rep. 1994, voce cit., n. 12; 17 maggio 1993, Bruni, ibid., n. 11; 19 novembre 1991, Coletto, id., Rep. 1992, voce cit., n. 17; 2 dicembre 1992, Raso, id., Rep. 1994, voce Impugnazioni penali, n. 134, e Giur. it., 1994, II, 10.

In senso conforme si è pronunciata la dottrina, pure puntualmente considerata in motivazione: Mele, in Commento al nuovo codice di

procedura penale coordinato da M. Chlavario, Torino, 1991, VI, sub art. 590, 145; Bertoni, ibid., sub art. 615, 263; Cordero, Codice di

procedura penale, Torino, 1990, 694.

(2) Le sezioni unite erano chiamate (dall'ordinanza della prima sezio ne penale in data 27 maggio 1997, con la quale veniva disposta la ri

messione) a dirimere il contrasto interpretativo profilatosi nella giuris prudenza di legittimità sulla questione se l'istituto della revisione, quale previsto dagli art. 629 ss. c.p.p., possa operare in via analogica anche con riguardo ai provvedimenti applicativi di misure di prevenzione adottati ai sensi della 1. 27 dicembre 1956 n. 1423 e successive modificazioni.

Il quesito interpretativo è risolto positivamente da un orientamento

giurisprudenziale per il quale cfr., citate in motivazione, sotto la vigen za dell'abrogato codice di procedura penale, Cass. 14 ottobre 1988, Olivieri, Foro it., Rep. 1990, voce Misure di prevenzione, n. 90, e, successivamente all'entrata in vigore dell'attuale codice di rito, Cass. 21 maggio 1990, Fiaré, id., Rep. 1991, voce cit., n. 54.

A sostegno della tesi dell'applicabilità «per analogia» dell'istituto della revisione nei confronti del provvedimento applicativo di misure di pre venzione, affermata con specifico riferimento all'ipotesi di cui all'art. 630, lett. a), c.p.p. (inconciliabilità di giudicati), che è quella stessa invocata dal ricorrente nel procedimento ora sottoposto al vaglio delle

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