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sezione V penale; sentenza 6 febbraio 2004; Pres. Marrone, Est. Calabrese, P.M. D'Ambrosio (concl....

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Page 1: sezione V penale; sentenza 6 febbraio 2004; Pres. Marrone, Est. Calabrese, P.M. D'Ambrosio (concl. diff.); ric. Morrone. Conferma Assise app. Roma 20 marzo 2003

sezione V penale; sentenza 6 febbraio 2004; Pres. Marrone, Est. Calabrese, P.M. D'Ambrosio(concl. diff.); ric. Morrone. Conferma Assise app. Roma 20 marzo 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 541/542-543/544Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199088 .

Accessed: 28/06/2014 14:02

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GIURISPRUDENZA PENALE

stanzia in pratica nella richiesta di una cortesia, resa necessaria

dalla negligenza del giudice che non ha curato di rendere com

prensibile la veste grafica della sua decisione e/o dalla disorga nizzazione dell'ufficio giudiziario privo di un servizio di datti loscrittura delle minute dei provvedimenti depositate da magi strati non aggiornati nella conoscenza delle nuove tecnologie.

Ove poi l'illeggibilità venga denunciata — come nella specie — direttamente in sede di gravame, del tutto inutile si palesa

l'acquisizione d'ufficio dell'atto in forma chiara, posto che sui

contenuti sostantivi di questo non si è radicato alcun utile con

traddittorio.

Alla stregua di tanto, con riferimento al caso di specie si deve

riconoscere che la motivazione dell'impugnata sentenza è leg

gibile — a fatica e con rischio di errore — solo in taluni isolati grafemi, che noil consentono di cogliere né il senso compiuto delle frasi nelle quali sono inseriti né tantomeno le complessive

sequenze dell'impianto giustificativo della decisione.

Si tratta dunque di motivazione che non soddisfa i requisiti minimi indicati nel 1° comma, lett. e), dell'art. 546 c.p.p. e deve

essere sanzionata in termini di nullità, ai sensi dell'art. 125, 3°

comma, c.p.p.

L'impugnata sentenza deve pertanto essere annullata, con

rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Catania.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 6 feb

braio 2004; Pres. Marrone, Est. Calabrese, P.M. D'Ambro

sio (conci, diff.); ric. Morrone. Conferma Assise app. Roma

20 marzo 2003.

Omicidio e infanticidio — Omicidio preterintenzionale —

Configurabilità — Fattispecie (Cod. pen., art. 584).

Ai fini della configurabilità dell'omicidio preterintenzionale, è

sufficiente che l'aggressore abbia commesso atti diretti a

percuotere o ledere e che esista un rapporto di causa ad ef

fetto tra i predetti atti e l'evento letale (fattispecie di decesso

di un uomo affetto da patologia cardiaca spinto a terra nel

contesto di una lite). (1)

(1) Per un precedente recente di omicidio preterintenzionale realiz zato mediante «spinta» del soggetto passivo, cfr. Assise Milano 6 giu gno 2003, Foro it., 2004, II, 36, con nota di Serraino: tale pronuncia però, a differenza della sentenza in epigrafe che ripropone la tesi tradi zionale della preterintenzione come dolo misto a responsabilità oggetti va (cfr., tra le più recenti, Cass. 13 febbraio 2002, Izzo, id., Rep. 2002, voce Omicidio, n. 13), si inserisce in quell'orientamento più evoluto che, in nome di una più piena affermazione del principio costituzionale di colpevolezza, conduce a interpretare il delitto preterintenzionale co me dolo misto a colpa generica, con la conseguenza per il giudice di dover accertare che la morte non voluta sia stata conseguenza concre tamente prevedibile degli atti diretti a percuotere o a ledere. Per

un'ampia ricognizione dei diversi orientamenti giurisprudenziali e dot trinali che oggi si contendono il campo si rinvia alla nota di Serraino, cit.

Per significativi riferimenti alla preterintenzione, ma con riguardo a

un'ipotesi di «dolo colpito a mezza via dall'errore» imperniata pur sempre su di un'azione di «spinta», cfr. Cass. 3 dicembre 2003, Bel

quacem, Cass. pen., 2004, 36, con nota di Pongiluppi, nella cui motiva zione si affaccia la tesi — verosimilmente priva di precedenti in termini — che «nell'omicidio preterintenzionale l'evento morte deve pre sentarsi quale prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta preterintenzionale».

In tema di dolo colpito a mezza via dall'errore, cfr. altresì Cass. 18 marzo 2003, Iovino, Foro it., 2003, II, 393, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2004.

(Omissis). Il ricorso non merita accoglimento. La sentenza impugnata, contrariamente all'assunto del ricor

rente, ha individuato la sussistenza del presupposto dell'omici

dio preterintenzionale proprio in una spinta, data dall'imputato alla vittima, che le fece perdere l'equilibrio proiettandola ad

dosso alla Negri e poi a terra. Tanto ha ricavato dalla ricostru

zione dell'episodio offerta nell'immediatezza del fatto dalla

Negri, ritenuta persona assolutamente attendibile, corroborata,

quanto all'atteggiamento aggressivo dell'imputato, dalle con

cordi dichiarazioni di altri testimoni. E il contrario parere

espresso sul punto dal ricorrente non è consentito in questa se

de, perché fatalmente invasivo del merito, e peraltro manifesta

mente infondato in taluni passaggi argomentativi, poiché è evi

dente che nessuna efficace incidenza può assumere il rilievo che

in precedenza v'era stata una spinta di pari intensità, data alla

Negri (che non l'aveva fatta cadere), mentre non vi è contraddi

zione alcuna nell'avere inizialmente la donna parlato di una

«lite» tra l'imputato e la vittima, perché la lite non esclude e

semmai rende plausibile la circostanza relativa alla spinta. Ciò posto, giova ricordare che, ai fini della sussistenza dell'i

potesi criminosa dell'omicidio preterintenzionale, prevista dal

l'art. 584 c.p., è sufficiente che l'autore dell'aggressione abbia

commesso atti diretti a percuotere o a ledere e che esista un rap

porto di causa ad effetto tra i predetti atti e l'evento letale. A tal

proposito, deve essere sottolineato che il termine «percuotere» non è assunto nell'art. 581 c.p. nel solo significato di battere,

colpire, picchiare, bensì in quello più ampio comprensivo di

ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica. Ora, pure la spinta integra un'azione violenta, estrinsecandosi in una

energia fisica, più o meno rilevante, esercitata direttamente sulla

persona. Sicché anche una simile condotta, consapevole e vo

lontaria, rivela la sussistenza del dolo di percosse o di lesioni,

onde, se ne derivi la morte, dà luogo a responsabilità a titolo di

omicidio preterintenzionale. Resta così disatteso anche il profilo di doglianza sub b). Del tutto generica è la censura appena successiva (sub c),

giacché, al di là del richiamo ad enunciati di questa corte, non

indica le ragioni di diritto e gli elementi di fatto per i quali la corte territoriale, nel far proprie le conclusioni peritali, avrebbe

errato a ritenere le particolari condizioni di salute del Cecchini

una concausa e non una causa indipendente ed esclusiva del de

cesso.

Infondata è pure la doglianza sub d) che attiene all'elemento

soggettivo del reato.

Secondo la prevalente giurisprudenza di questa corte, seguita dalla dottrina più accreditata, l'elemento psicologico dell'omi

cidio preterintenzionale non è costituito da dolo misto a colpa, ma univocamente dalla volontà di infliggere percosse o provo care lesioni, a condizione che la morte dell'aggredito sia cau

salmente conseguente alla condotta dell'agente, il quale dunque

risponde per fatto proprio, sia pure in relazione ad un evento di

verso da quello effettivamente voluto, che, per esplicita previ sione legislativa, aggrava il trattamento sanzionatorio (cfr., da

ultimo, sez. V 13 febbraio 2002, Izzo, Foro it., Rep. 2002, voce

Omicidio, n. 13; ed anche Corte cost., ord. 152/84, id., Rep. 1984, voce Registro (imposta), n. 282, e 364/88, id., 1988, I,

1385). Ne deriva che la questione non può che essere risolta in modo

conforme alla soluzione adottata dal giudice di merito, che ha

avuto riguardo esclusivamente, com'era suo onere, alla volonta

rietà della condotta posta in essere dall'imputato, ovviamente

quella rivolta a percuotere o a ledere, prescindendo da ogni in

dagine di volontarietà e di prevedibilità dell'evento maggiore. Conclusivamente, il primo motivo di impugnazione deve es

sere respinto in ogni sua articolazione.

Le considerazioni innanzi svolte svuotano completamente di

contenuto l'asserto che compendia il secondo motivo di impu

gnazione. La sentenza, diversamente dal dedotto, ha dato —

come si è visto — ampiamente conto di un'attività dell'agente

diretta a realizzare il delitto di percosse. Ed allora si giustifica

pienamente l'ulteriore conclusione che ne ha tratto, vale a dire

l'esclusione, nella fattispecie, della meno grave ipotesi delittuo

sa disciplinata dall'art. 586 c.p., essendo indiscutibile che in

questa ipotesi la morte deve essere conseguenza di delitto dolo

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PARTE SECONDA

so diverso dalle percosse o dalle lesioni, nel quale diverso caso si realizza —

appunto — la preterintenzionalità. Deve essere disatteso anche il terzo ed ultimo motivo, perché

implica valutazioni (peraltro prospettate anche in modo generi co) alternative di fatto, rispetto a quelle operate plausibilmente e

quindi insindacabilmente dal giudice del merito, per il quale nessun elemento consente di ravvisare a favore dell'imputato una condizione di grave e attuale pericolo che potesse averlo

posto nell'invocata situazione di legittima difesa, ovvero ele menti di fatto che possano avere indotto il predetto all'erroneo convincimento di versare in quella grave condizione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 4 febbraio 2004; Pres. Savignano, Est. Lombardi, P.M. Iaco viello (conci, conf.); ric. Consoletti e altri. Conferma App. Bari 14 gennaio 2003.

Edilizia e urbanistica — Lottizzazione abusiva — Confìsca dei terreni — Delibera comunale programmatica — Irri levanza (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di con trollo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 19, 20).

La confisca dei terreni abusivamente lottizzati, disposta dal

giudice penale ai sensi dell'art. 19 l. 28 febbraio 1985 n. 47, non è incompatibile con la delibera comunale di approvazio ne di un documento solo programmatico preordinato alla successiva variante del piano regolatore generale destinata al

recupero urbanistico della zona oggetto di interventi di lottiz zazione abusiva (nella specie, la corte ha ritenuto che potrà assumere rilevanza solo la definitiva approvazione del piano di recupero e/o della successiva autorizzazione a lottizza

re). (1)

( 1 ) I. - La sentenza in epigrafe conferma la legittimità della confisca dei terreni lottizzati senza la prescritta autorizzazione, disposta dal giu dice penale, nonostante la dichiarazione di prescrizione del reato di lot tizzazione abusiva e pur in presenza di una delibera comunale di avvio dell'iter procedimentale volto al recupero urbanistico della zona og getto d'interventi di urbanizzazione abusiva.

La decisione richiama i diversi orientamenti emersi, all'interno della sezione, in ordine alla rilevanza, sulla disposta confisca, della successi va autorizzazione a lottizzare ovvero dell'approvazione del piano di re cupero dell'area abusivamente lottizzata senza prendere posizione in quanto, nella fattispecie, era stato accertato che non risultava adottato né l'uno né l'altro dei provvedimenti astrattamente idonei ad incidere sulla perdurante legittimità della confisca.

II. - Le affermazioni contenute in sentenza meritano un approfondi mento da parte della stessa Cassazione in relazione alla natura giuridica della confisca prevista dall'art. 19 1. n. 47 del 1985 (oggi riproposta dall'art. 44 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, t.u. dell'edilizia: misura di si curezza patrimoniale o sanzione amministrativa).

Nei precedenti della Cassazione, richiamati anche nella sentenza in rassegna e nelle pronunce dei giudici di merito, non sempre, infatti, è posta in evidenza la differenza che discende, in tema di irrevocabilità della confisca (ai sensi del combinato disposto degli art. 207, 236 e 240 c.p.), dal riconoscimento della natura di misura di sicurezza patrimo niale al provvedimento ablatorio previsto in tema di lottizzazione abu siva.

Secondo Cass. 8 novembre 2000, Petrachi, Foro it., Rep. 2001, voce Edilizia e urbanistica, nn. 479, 480, la confisca ex art. 19 1. n. 47 del 1985 va qualificata come «sanzione amministrativa» irrogata dal giudi ce penale e trova applicazione anche in presenza di una sentenza di

Il Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Bari ha emesso pronuncia di non doversi

procedere nei confronti di Consoletti Immacolata in ordine al

reato di cui all'art. 483 c.p., nonché della imputata non ricor rente Piserchia Carmela in ordine al reato di cui all'art. 349 c.p., per essere detti reati estinti per prescrizione, mentre ha confer

mato l'ordine di confisca del terreno lottizzato e delle opere realizzate abusivamente, già oggetto del reato di cui agli art. 18,

proscioglimento, esclusa soltanto l'ipotesi di assoluzione perché il fatto non sussiste, giacché anche la carenza dell'elemento psicologico com

porta l'accertamento dell'esistenza di una lottizzazione abusiva; mentre Cass. 18 maggio 1999, Negro, id., Rep. 1999, voce cit., n. 576, precisa che il giudice dell'esecuzione non può applicare d'ufficio la confisca di cui all'art. 19 !. 28 febbraio 1985 n. 47, e ciò in quanto tale misura —

che ha natura di «sanzione amministrativa obbligatoria», automatica ed accessoria all'accertamento, anche pattizio, di una lottizzazione abusiva — non è assimilabile all'omonima misura di sicurezza patrimoniale cui si riferisce l'art. 676 c.p.p., il quale indica in modo tassativo le compe tenze del giudice dell'esecuzione per le quali è consentito il procedi mento de plano, nella cui stessa natura è implicita la procedibilità d'uf ficio; cfr. anche Cass. 20 marzo 1998, Stea, ibid., n. 567, e 18 novem bre 1997, Farano, id., Rep. 1998, voce cit., n. 641, che ritiene che la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, prevista dall'art. 19 1. 47/85, è una «sanzione amministrativa» che consegue alla sentenza definitiva contenente l'accertamento dell'e sistenza della lottizzazione abusiva, a prescindere dalla pronuncia di condanna ed è, quindi, compatibile con la sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Sulla speciale natura amministrativa della confisca per il reato di lot tizzazione abusiva, v. Lattanzi-Lupo, Codice penale. Rassegna di giu risprudenza e dottrina, Milano, 2000, II, sub art. 240, 879.

III. - Sul rapporto tra la confisca dell'area lottizzata e la sanatoria amministrativa, cfr. Cass. 20 novembre 1998, Iorio Gnisci Ascoltato, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 577, secondo cui la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, irrogabile dal giudice penale in virtù della di

sposizione dell'art. 19 1. 28 febbraio 1985 n. 47, si applica indipenden temente da una sentenza di condanna — a differenza di quanto previsto dall'art. 7, ultimo comma, 1. cit. — sulla base dell'accertata, effettiva esistenza della lottizzazione, salvo che sussista un provvedimento am ministrativo in senso contrario, quale l'autorizzazione in sanatoria a lottizzare, con esclusione della sola ipotesi dell'assoluzione per insussi stenza del reato (nella specie, la Suprema corte ha disposto il manteni mento della pronuncia di confisca dei terreni abusivamente lottizzati

pur avendo annullato senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione); 9 novembre 2000, Lanza, id., Rep. 2001, voce cit., n. 478, citata in motivazione, secondo cui l'ordine di confi sca, imposto dall'art. 19 1. 28 febbraio 1985 n. 47, si applica indipen dentemente da una sentenza di condanna, stante la sua natura di «misu ra di sicurezza patrimoniale obbligatoria» connessa all'oggettiva illi ceità del bene, con la conseguente sua irrevocabilità in assenza di un

esplicito provvedimento adottato dall'autorità competente ed autoriz zatorio della lottizzazione. In senso conforme, Cass. 20 marzo 1998, Stea, cit., secondo cui qualora l'autorità amministrativa, cui compete istituzionalmente il governo del territorio, nell'autonomo esercizio del potere ad essa devoluto dalla legge, ritenga di dover autorizzare succes sivamente un intervento lottizzatorio, un provvedimento «sanante» di tal genere, pur non valendo ad estinguere il reato di lottizzazione abusi va, non può essere impedito né vanificato da una sanzione amministra tiva con esso incompatibile quale è la confisca disposta dal giudice pe nale ai sensi dell'art. 19 1. n. 47 del 1985, sicché in sede esecutiva tale misura sanzionatoria dovrà essere revocata, e Cass. 31 gennaio 1997, Sucato, id., Rep. 1997, voce cit., n. 633, secondo cui in tema di lottiz zazione abusiva, la confisca può essere disposta nei confronti di alcuni dei comproprietari, poiché essa è connessa con l'«oggettiva illiceità della cosa» e colpisce i beni anche in capo ai terzi possessori.

Mentre per Cass. 5 dicembre 2001, Venuti, id., Rep. 2002, voce cit., n. 450, la successiva adozione di un piano di recupero urbanistico del l'area abusivamente lottizzata da parte del consiglio comunale o la suc cessiva autorizzazione a lottizzare, anche se atti non idonei ad incidere sulla penale responsabilità dei soggetti coinvolti, impedisce che con la sentenza di condanna venga disposta la confisca prevista dall'art. 19 1. 28 febbraio 1985 n. 47 e, se la confisca sia stata disposta, ne impone la revoca, atteso che diversamente il provvedimento giurisdizionale si renderebbe incompatibile con l'esercizio dei poteri legislativamente at tribuiti alla pubblica amministrazione; ed ancor prima Cass. 15 ottobre 1997, Sapuppo, id., Rep. 1998, voce cit., n. 642, che ritiene che la con fisca delle costruzioni realizzate sul terreno abusivamente lottizzato —

obbligatoria ai sensi dell'art. 19 1. 47/85 — può essere revocata dal giudice dell'esecuzione solo per le opere oggetto di sanatoria edilizia.

In senso decisamente contrario alla possibilità di revoca della confi

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