Date post: | 28-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | nguyendang |
View: | 217 times |
Download: | 0 times |
sezione V; sentenza 10 maggio 2001, cause riunite C-223/99 e C-260/99; Pres. La Pergola, Avv.gen. Alber (concl. conf.); Soc. Agorà c. Ente autonomo Fiera internazionale di Milano; Soc.Excelsior c. Ente autonomo Fiera internazionale di MilanoSource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 293/294-299/300Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196141 .
Accessed: 28/06/2014 17:29
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:41 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
sentenza Allué e a., cit., analoga nei contenuti, si riferiva altresì
alla 1. n. 230.
27. - La 1. n. 230 è stata così utilizzata, sia dai giudici del rin
vio sia dalla corte, come parametro di riferimento per verificare
se la situazione professionale dei lettori di lingua straniera fosse
discriminatoria rispetto a quella dei lavoratori nazionali. 28. -
All'argomento del governo italiano secondo cui il rife
rimento alla 1. n. 230 sarebbe privo di rilevanza in quanto que st'ultima stabilisce la conversione ope legis dei contratti contra
riamente al regime istituito dalla 1. n. 236, che prevede un nuovo
procedimento di selezione pubblica per gli ex lettori di lingua straniera, occorre rispondere che è necessario considerare il
contenuto e le finalità di questi due regimi giuridici piuttosto che i loro aspetti formali e le loro modalità. Soltanto un'analisi
focalizzata sul contenuto e non sull'aspetto formale di tali regi mi giuridici consentirà di stabilire se la loro applicazione effet
tiva a diverse categorie di lavoratori, che si trovano in situazioni
giuridiche analoghe, porti a situazioni compatibili o, al contra
rio, incompatibili con il divieto fondamentale di discriminazione
fondata sulla cittadinanza.
29. - Ora, le leggi menzionate prevedono entrambe, allo sco
po di tenere in considerazione l'esperienza professionale dei la
voratori, la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo de
terminato in contratti di lavoro a tempo indeterminato, garan tendo la conservazione dei diritti quesiti maturati nell'ambito
dei rapporti di lavoro precedenti. 30. -
Conseguentemente, se i lavoratori beneficiano, in forza
della 1. n. 230, della ricostruzione della loro carriera per quanto
riguarda aumenti salariali, anzianità e versamento, da parte del
datore di lavoro, dei contributi previdenziali fin dalla data della
loro prima assunzione, gli ex lettori di lingua straniera, divenuti
collaboratori linguistici, devono altresì beneficiare di una rico
struzione analoga con effetti a decorrere dalla data della loro
prima assunzione.
31. - L'esame dell'ambito normativo nazionale fa emergere che, certo, l'art. 4, 3° comma, 1. n. 236 prevede esplicitamente la conservazione dei diritti quesiti da parte degli ex lettori di
lingua straniera in relazione ai precedenti rapporti di lavoro.
Tuttavia, una valutazione delle prassi amministrative e contrat
tuali poste in essere da alcune università pubbliche italiane con
sente di concludere nel senso dell'esistenza di situazioni discri
minatorie.
32. - Risulta così che nelle università della Basilicata e di
Roma «La Sapienza» gli ex lettori di lingua straniera, divenuti
collaboratori linguistici, e i collaboratori linguistici di nuova as
sunzione percepiscono la medesima retribuzione, e che quindi non è stata tenuta in considerazione l'esperienza acquisita dagli ex lettori. Nelle università di Milano, Palermo e, dopo la deci
sione 27 luglio 1994, di Pisa, gli ex lettori, divenuti collaborato
ri linguistici, sono tutti inquadrati nel medesimo livello retribu
tivo, indipendentemente dalla loro rispettiva anzianità di servi
zio. Trentotto ex lettori dell'università di Palermo hanno conte
stato tale livello retributivo dinanzi al giudice del lavoro, che ha
accolto la loro istanza. Infine, benché lo stipendio degli ex letto
ri dell'Istituto universitario orientale di Napoli sia stato aumen
tato, il numero di ore di lavoro da prestare annualmente è altresì
aumentato, la qual cosa ha avuto l'effetto di ridurre il livello
della loro retribuzione oraria.
33. - E vero che l'Istituto universitario orientale di Napoli
prevede, dopo l'adozione della decisione 14 luglio 1999, tre tipi di anzianità per i suoi ex lettori, divenuti collaboratori linguisti ci, e che nelle università della Basilicata, di Palermo e di Roma
«La Sapienza» le autorità universitarie hanno dichiarato la loro
volontà di risolvere il problema dei diritti quesiti degli ex letto
ri. Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la sussistenza
di un inadempimento deve essere valutata alla scadenza del ter
mine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze
18 marzo 1999, causa C-166/97, Commissione/Francia, Racc.
pag. 1-1719, punto 18, e 14 febbraio 2001, causa C-219/99, Commissione/Francia, Racc. pag. 1-1093, punto 7). Nel caso di
specie, il parere motivato complementare emesso dalla commis
sione il 28 gennaio 1999 fissava un termine di un mese a partire dalla sua comunicazione per conformarvisi.
34. - Occorre ancora ricordare che, conformemente a quanto dichiarato in diverse occasioni dalla corte, uno Stato membro
non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l'inosservanza
Il Foro Italiano — 2001.
degli obblighi derivanti dal diritto comunitario (v., in tal senso, in particolare, sentenze 18 marzo 1999, Commissione/Francia,
cit., punto 13, e 15 marzo 2001, causa C-83/00, Commissio
ne/Paesi Bassi, punto 10). 35. - Da ciò risulta che deve essere respinta la giustificazione
del governo italiano secondo cui, poiché il problema del ricono
scimento dei diritti quesiti è di natura tipicamente contrattuale, esso non potrebbe essere risolto unilateralmente da parte degli enti pubblici interessati. Deve essere altresì respinto, a maggior
ragione, l'argomento di tale governo secondo cui la mancanza
di una normativa definitiva relativa al regime giuridico degli ex
lettori di lingua straniera sarebbe dovuta alla particolare orga nizzazione dell'ordinamento universitario italiano.
36. - Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che
la Repubblica italiana, non avendo assicurato il riconoscimento
dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti col
laboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla gene ralità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell'art. 48 del trattato.
Per questi motivi, la corte (sesta sezione) dichiara e statuisce:
La Repubblica italiana, non avendo assicurato il riconosci
mento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, dive
nuti collaboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli ob
blighi ad essa incombenti in forza dell'art. 48 del trattato (dive
nuto, in seguito a modifica, art. 39 Ce).
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione V; sentenza 10 maggio 2001, cause riunite C-223/99 e
C-260/99; Pres. La Pergola, Avv. gen. Alber (conci, conf.); Soc. Agorà c. Ente autonomo Fiera internazionale di Milano; Soc. Excelsior c. Ente autonomo Fiera internazionale di Mila
no.
Unione europea — Ce — Appalti pubblici di servizi — Di rettiva — Organismo di diritto pubblico — Nozione — Ente Fiera di Milano — Applicabilità — Esclusione (Trat tato Ce, art. 234; direttiva 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee del
consiglio, che coordina le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di servizi, art. 1 ).
Un ente avente ad oggetto lo svolgimento di attività volte al
l'organizzazione di fiere, di esposizioni e di altre iniziative
analoghe, che non persegue scopi lucrativi, ma la cui gestio ne si fonda su criteri di rendimento, di efficacia e di redditi
vità e che opera in un ambiente concorrenziale, non costitui
sce un organismo di diritto pubblico ai sensi dell'art. 1, lett.
bj, 2° comma, della direttiva 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee del
consiglio, che coordina le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di servizi. (1)
(1) Allineandosi all'orientamento di recente espresso, con articolata
motivazione, dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione (sent. 4
aprile 2000, n. 97/SU, Foro it., 2001, I, 612, con nota di P. Peruggia, confermativa di Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 1998, n. 1267 id., 1999, III, 180), la pronuncia in epigrafe nega che l'ente autonomo Fiera
internazionale di Milano possa essere qualificato «organismo di diritto
pubblico» ai sensi della direttiva «servizi», in quanto tale assoggettato all'osservanza delle regole di evidenza pubblica nelle procedure di ag giudicazione dei corrispondenti appalti.
L'art. 1, lett. b), della direttiva 92/50 stabilisce che si considerano amministrazioni aggiudicatrici, oltre allo Stato e agli enti pubblici ter
ritoriali, gli «organismi di diritto pubblico», tali essendo quei soggetti giuridici «istituiti per soddisfare specificamente bisogni di interesse
generale aventi carattere non industriale o commerciale, dotati di per sonalità giuridica e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, op pure i cui organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza sono
This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:41 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
1. - Con ordinanze 26 e 27 novembre 1998, pervenute alla
corte, rispettivamente, in data 10 giugno e 13 luglio 1999, il Tar
Lombardia ha sottoposto alla corte, ai sensi dell'art. 234 Ce, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione del
l'art. 1, lett. b), della direttiva del consiglio 18 giugno 1992 n.
92/50/Cee, che coordina le procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di servizi (G.U. L 209, pag. 1: in prosieguo: la «direttiva»),
2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due
controversie tra la Agorà s.r.l. (in prosieguo: 1'«Agorà») e la
Excelsior s.n.c. di Pedrotti Bruna & C. (in prosieguo: l'«Excelsior»), da un lato, e l'ente autonomo Fiera internazio
nale di Milano (ente responsabile dell'allestimento della fiera
internazionale di Milano: in prosieguo: l'«ente Fiera»), dall'al
tro, controversie vertenti, segnatamente, sulla questione se il
detto ente costituisca un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi
della direttiva.
Contesto normativo
3. - L'art. 1 della direttiva così recita:
«Ai fini della presente direttiva s'intendono per:
(...)
costituiti da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato,
dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico». Ai fini dell'attribuzione dello status di organismo di diritto pubblico,
le tre condizioni delineate dalla disposizione anzidetta — ossia il pos sesso della personalità giuridica, il fine perseguito, costituito dal soddi sfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere indu striale o commerciale, e la sottoposizione ad una influenza pubblica —
devono essere cumulativamente soddisfatte (così Corte giust. 15 gen naio 1998, causa C-44/96, Mannesmann, id., 1998, IV, 133, con nota di R. Garofoli).
Nella fattispecie, dal tenore delle ordinanze di rinvio emergeva che l'incertezza del giudice nazionale era limitata alla qualificazione della natura delle finalità perseguite dall'ente Fiera, in capo al quale si rite nevano invece sussistenti gli altri due requisiti prescritti dall'art. 1, lett. b).
Soffermandosi quindi su tale specifico profilo, la corte ha osservato che «l'organizzazione di fiere, di esposizioni e di altre iniziative analo
ghe costituisce un'attività economica che consiste nell'offrire servizi sul mercato. Nella specie, emerge dagli atti che l'ente di cui trattasi fornisce questi servizi agli espositori dietro versamento di un corrispet tivo. Mediante la propria attività l'ente soddisfa bisogni di natura commerciale, da un lato, degli espositori che beneficiano così della
promozione dei beni o dei servizi che espongono e, dall'altro, dei visi tatori che desiderano raccogliere informazioni ai fini di eventuali deci sioni di acquisto. Si deve inoltre sottolineare che l'ente di cui trattasi, per quanto non persegua scopi lucrativi, opera, come emerge dall'art. 1 del proprio statuto, secondo criteri di rendimento, di efficacia e di red ditività. Considerato che non è previsto alcun meccanismo per compen sare eventuali perdite finanziarie, esso sopporta direttamente il rischio economico della propria attività».
«Si deve poi rilevare» ha proseguito la corte «che un ulteriore indizio del carattere industriale o commerciale dell'allestimento di fiere e di
esposizioni è dato dalla comunicazione interpretativa della commissio ne sul mercato interno per il settore fiere ed esposizioni. Tale comuni cazione mira segnatamente ad illustrare in quale modo gli organizzatori di fiere e di esposizioni beneficiano della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. Ne consegue che non si tratta di bisogni al cui soddisfacimento lo Stato preferisce in generale provvedere diret tamente o con riguardo ai quali intende mantenere un'influenza deter minante. Infine,» ha concluso la corte «la circostanza che un ente come
quello nella causa principale operi in un ambiente concorrenziale —
circostanza che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto del
complesso delle attività dell'ente medesimo che si estendono a livello tanto internazionale quanto nazionale e regionale — tende a confermare
l'interpretazione secondo cui l'attività consistente nell'organizzare fie re ed esposizioni non soddisfa il criterio definito all'art. 1, lett. b), 2° comma, primo trattino, della direttiva».
Con riguardo all'ordinamento interno, resta peraltro da verificare se la recente entrata in vigore della legge quadro sul settore fieristico (1. 11 gennaio 2001 n. 7, Le leggi, 2001,1, 520) — il cui art. 11 impone agli enti fieristici la separazione contabile ed amministrativa delle diverse attività, al fine di «assicurare trasparenza e parità di condizioni tra tutti
gli operatori» — possa incidere in qualche misura sulla qualificazione di detti enti, giustificandone l'inserimento «tra le amministrazioni ag giudicatici, quanto meno per quella parte della loro attività riguardante la cura dei ricordati interessi pubblici» (così come prospettato in Foro it., 2001, I, 614). Considerata, invero, la motivazione su cui si fonda
l'interpretazione accolta dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, la praticabilità di una simile impostazione potrebbe tuttavia risultare
problematica. [A. Barone]
Il Foro Italiano — 2001.
b) 'amministrazioni aggiudicataci', lo Stato, gli enti locali,
gli organismi di diritto pubblico, le associazioni costituite da
detti enti od organismi di diritto pubblico. Per 'organismo di diritto pubblico' si intende qualsiasi orga
nismo: — istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interes
se generale aventi carattere non industriale o commerciale, e — avente personalità giuridica, e — la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo
Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il
cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza è co
stituito da membri più della metà dei quali è designata dallo
Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico. Gli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di
diritto pubblico che ottemperano ai criteri di cui al 2° comma
del presente punto figurano nell'allegato I della direttiva
71/305/Cee. Tali elenchi sono il più possibile completi e posso no essere riveduti secondo la procedura prevista all'art. 30 ter di
detta direttiva 71/305/Cee;
(...)».
Le cause principali
4. - L'ente Fiera è sorto come comitato all'inizio del secolo
scorso ed è stato trasformato in persona giuridica di diritto pri vato nel 1922. L'art. 1 del suo statuto, all'epoca dei fatti, preci sava quanto segue:
«1. L'ente autonomo Fiera internazionale di Milano (...) ha
10 scopo di svolgere e di sostenere ogni attività diretta all'orga nizzazione di manifestazioni fieristiche, attività congressuali e
di ogni altra iniziativa che, favorendo l'interscambio, promuova la presentazione della produzione di beni e servizi ed eventual
mente la loro vendita. L'ente non ha fini di lucro e svolge atti
vità di interesse pubblico. Esso opera secondo i principi del co
dice civile. 2. La gestione dell'ente è ispirata a criteri di efficienza, effi
cacia ed economicità.
3. L'ente può porre in essere tutte le operazioni che non gli siano precluse dalla legge e dallo statuto, comprese le operazio ni finanziarie, le assunzioni di mutui e la prestazione di garanzie commerciali mobiliari ed immobiliari per il conseguimento del
suo scopo; può, inoltre, costituire società o enti aventi scopo
analogo o affine o connesso al proprio, ovvero assumere inte
ressenze e partecipazioni in dette società o enti».
5. - Ai termini dell'art. 3 dello statuto, parimenti nella versio
ne vigente all'epoca dei fatti della causa principale, «[l']ente deve provvedere al raggiungimento dello scopo per il quale è
costituito con il ricavato dell'esercizio della sua attività e del
l'amministrazione, anche straordinaria, e della gestione del suo
patrimonio, nonché con i contributi di enti o persone».
11 contesto di fatto della causa C-223/99
6. - L'Agorà, con istanza 2 dicembre 1997, integrata in data
24 dicembre 1997, chiedeva all'ente Fiera il rilascio, ai sensi
dell'art. 25 1. 7 agosto 1990 n. 241, recante nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti amministrativi (G.U.R.I. del 18 agosto 1990, n. 192,
pag. 7), dei documenti relativi alla gara di appalto del servizio
di noleggio in opera di elementi di allestimento e di componenti di arredo per zone reception e posti di informazione, di cui al
bando del 2 agosto 1997.
7. - Con decisione 5 gennaio 1998 l'ente Fiera negava il rila
scio dei detti documenti, in base al rilievo che esso non sarebbe
soggetto all'obbligo di osservare gli obblighi di trasparenza im
posti dalla normativa in materia di appalti pubblici. 8. -
L'Agorà impugnava tale decisione dinanzi al Tar'Lom
bardia, che, con sentenza 3 marzo 1998, n. 440 (Foro it., Rep. 1998, voce Atto amministrativo, n. 314) accoglieva la domanda.
9. - Avverso tale sentenza l'ente Fiera proponeva appello di
nanzi alla sesta sezione del Consiglio di Stato, che, con decisio
ne 8 luglio 1998, n. 1051 (ibid., n. 381), rilevava la sussistenza
di un vizio assorbente di procedura del giudizio di primo grado, con conseguente rinvio della causa dinanzi al Tar Lombardia.
10. - Con ricorso al detto tribunale, notificato il 19 ottobre
1998, l'Agorà reiterava la propria domanda di rilascio di docu
This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:41 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
menti, deducendo che, con riguardo alla questione dell'applica bilità all'ente Fiera della normativa comunitaria sugli appalti di
servizi, occorreva sottoporre la questione medesima, in via pre giudiziale, alla Corte di giustizia.
11. - Nell'ordinanza di rinvio il Tar Lombardia rileva che
l'applicazione all'ente Fiera dell'obbligo di osservare gli impe rativi di trasparenza, dedotto dall'Agorà, dipende dalla qualifi cazione del medesimo come amministrazione aggiudicatrice. A
tale proposito il detto tribunale si richiama, da un lato, a Cons.
Stato, sez. VI, 21 aprile 1995, n. 353 (id., Rep. 1995, voce
Contratti della p.a., n. 235), nonché alla sentenza dello stesso
Tar Lombardia 17 novembre 1995, n. 1365 (id., Rep. 1996, voce
Unione europea, n. 1247), ai termini delle quali l'ente Fiera co
stituisce un organismo di diritto pubblico ai sensi dell'art. 1, lett. b), della direttiva e, dall'altro, alla sentenza 16 settembre
1998, n. 1267 (id., 1999, III, 180), in cui il Consiglio di Stato, invertendo la propria giurisprudenza, ha ritenuto che l'ente Fie
ra persegua un'attività di carattere economico.
Il contesto di fatto della causa C-260/99
12. - Con avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee del 29 luglio 1997, l'ente Fiera bandiva una
gara d'appalto a licitazione privata ai fini dell'affidamento del
servizio di pulizia dei propri quartieri fieristici per il periodo intercorrente dal 1° gennaio al 31 dicembre 1998, con possibi lità di proroga di due anni.
13. - L'Excelsior partecipava alla gara per quattro dei cinque lotti in cui era suddiviso l'appalto. In esito allo svolgimento della gara, il terzo lotto veniva assegnato al consorzio Miles.
Successivamente, però, l'ente Fiera risolveva il contratto d'ap
palto stipulato con il detto consorzio in base ad un preteso grave
inadempimento del consorzio medesimo. Il lotto di cui trattasi
veniva successivamente attribuito, a titolo provvisorio, alla
Ciftat soc. coop, a.r.l. (in prosieguo: la «Ciftat») per il periodo intercorrente dal 13 febbraio al 30 giugno 1998. In data 7 marzo
1998 veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità
europee un nuovo bando di gara concernente il lotto n. 3 per il
periodo intercorrente dal 1° luglio al 31 dicembre 1998, con
possibilità di proroga per i periodi dal 1° gennaio al 31 dicem
bre 1999 e dal 1° gennaio al 31 dicembre 2000.
14. - Con ricorsi notificati in data 10 e 11 aprile 1998, l'Excelsior impugnava dinanzi al giudice di rinvio l'attribuzione
temporanea alla Ciftat del lotto n. 3 nonché il nuovo bando di
gara relativo al medesimo lotto pubblicato nella Gazzetta uffi ciale delle Comunità europee del 7 marzo 1998.
15. - Ciò premesso, il Tar Lombardia decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla corte la seguente questione
pregiudiziale, redatta in termini identici nelle due cause:
«Se la nozione di organismo di diritto pubblico di cui all'art.
1, lett. b), della direttiva 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, possa ri
tenersi applicabile all'ente autonomo Fiera internazionale di Mi
lano».
16. - Con ordinanza del presidente della corte 14 settembre
1999, i due procedimenti C-223/99 e C-260/99 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento e ai fini della
sentenza.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-223/99
17. - L'ente Fiera sostiene, in limine, che la questione solle
vata nella causa C-223/99 è irricevibile, poiché la causa princi
pale verterebbe sull'applicabilità della normativa italiana in
materia di trasparenza e non di quella sugli appalti pubblici. L'eventuale qualificazione dell'ente Fiera quale organismo di
diritto pubblico non avrebbe quindi alcuna incidenza sulla causa
principale, riguardante il diritto di accesso ai documenti ammi
nistrativi.
18. - A tale riguardo è sufficiente ricordare che, secondo co
stante giurisprudenza, nell'ambito della collaborazione tra la
corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 234 Ce, spetta esclu
sivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la contro
versia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda de
cisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circo
stanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pre
giudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza
Il Foro Italiano — 2001.
sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla corte. Di con
seguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono
sull'interpretazione del diritto comunitario, la corte, in via di
principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenza 15 di
cembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. 1-4921,
punto 59; Foro it., 1996, IV, 1). 19. - Nella specie, il giudice di rinvio ha chiaramente espres
so la necessità dell'interpretazione dell'art. 1, lett. b), della di
rettiva al fine di potersi pronunciare sulla questione se l'ente
Fiera sia tenuto a rispettare la normativa nazionale in materia di
trasparenza, oggetto della causa principale. 20. - Orbene, la corte può rifiutarsi di statuire su una questio
ne pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solamente
qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione del di
ritto comunitario chiesta da tale giudice non ha alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa a qua, qualora il
problema sia di natura ipotetica ovvero qualora la corte non di
sponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire
una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, sentenza Bosman, citata supra, punto 61).
21. - Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-223/99 è ricevibile.
Sulla questione pregiudiziale
22. - Si deve rilevare, in limine, che la questione pregiudizia le, nei termini formulati dal giudice di rinvio, verte sull'applica zione ad un ente determinato, nella specie l'ente Fiera, della no
zione di organismo di diritto pubblico di cui all'art. 1, lett. b), della direttiva.
23. - Orbene, si deve ricordare che, nella ripartizione dei
compiti stabilita dall'art. 234 Ce, spetta al giudice nazionale ap
plicare al caso concreto le norme di diritto comunitario, nel
l'interpretazione loro data dalla corte (sentenze 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, Racc. pag. 1-285, punto 11; Foro it., Rep. 1992, voce Comunità
europee, n. 530, e 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, Racc. pag. 1-8121, punto 31; Foro it., Rep. 1999, voce Unione
europea, n. 1223). 24. -
Spetta invece alla corte trarre dal complesso dei dati
forniti dal giudice nazionale, in particolare dalla motivazione
dell'ordinanza di rinvio, i punti di diritto comunitario che devo
no essere interpretati, tenuto conto dell'oggetto della lite (sen tenza 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier, Racc. pag. 1207,
punto 9; Foro it., Rep. 1987, voce Comunità europee, n. 303). 25. - Si deve conseguentemente rilevare, da un lato, che la
questione verte sull'interpretazione dell'art. 1, lett. b), 2° com
ma, della direttiva, ai termini del quale per organismo di diritto
pubblico si intende un organismo istituito per soddisfare speci ficamente bisogni di interesse generale aventi carattere non in
dustriale o commerciale, munito di personalità giuridica e stret
tamente legato allo Stato, a enti locali o ad altri organismi di di
ritto pubblico. 26. - Si deve ricordare al riguardo che le tre condizioni enun
ciate dalla detta disposizione hanno carattere cumulativo (sen tenza 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesmann Anlagen bau Austria e a., Racc. pag. 1-73, punto 21; Foro it., 1998, IV,
133). 27. - D'altro canto, dalle due ordinanze di rinvio emerge che
il giudice nazionale ritiene che l'ente Fiera soddisfi in ogni caso
due delle tre condizioni, chiedendosi unicamente se il detto ente
sia stato istituito per soddisfare specificamente bisogni di inte
resse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
28. - Emerge inoltre dall'art. 1 dello statuto che l'ente Fiera
ha lo scopo di svolgere e sostenere qualsiasi attività diretta al
l'organizzazione di fiere e di esposizioni, di congressi e di ogni altra iniziativa che, favorendo gli scambi, promuova la presen tazione della produzione di beni e servizi ed eventualmente la
loro vendita.
29. - Tale attività viene svolta, come dedotto dalla commis
sione, a livello internazionale da vari operatori stabiliti nelle
grandi città dei singoli Stati membri che si trovano in situazione
di concorrenza.
30. - L'ente Fiera non persegue peraltro scopi lucrativi, ma la
sua gestione si fonda su criteri di rendimento, di efficacia e di
redditività.
31. - Da tutte le suesposte considerazioni emerge che la que stione pregiudiziale deve essere intesa nel senso che con essa si
This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:41 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
chiede sostanzialmente se un ente che abbia ad oggetto lo svol
gimento di attività dirette all'organizzazione di fiere, di esposi zioni e di altre iniziative analoghe senza scopo lucrativo, ma la
cui gestione si fondi su criteri di rendimento, di efficacia nonché
di redditività e che operi in un ambiente concorrenziale soddisfi
bisogni di interesse generale di carattere non industriale o com
merciale ai sensi dell'art. 1, lett. b), 2° comma, primo trattino,
della direttiva.
32. - Ai fini della soluzione della questione così riformulata,
si deve ricordare che la corte ha già avuto modo di affermare
che l'art. 1, lett. b), 2° comma, della direttiva opera una distin
zione tra i bisogni di interesse generale aventi carattere non in
dustriale o commerciale, da un lato, e i bisogni di interesse ge nerale aventi carattere industriale o commerciale, dall'altro
(sentenza 10 novembre 1998, causa C-360/96, BFI Holding, Racc. pag. 1-6821, punto 36; Foro it., 1999, IV, 139).
33. - A tale riguardo si deve rilevare, da un lato, che le atti
vità dirette all'organizzazione di fiere, di esposizioni e di altre
iniziative analoghe soddisfano bisogni di interesse generale. 34. - Infatti, l'organizzatore di manifestazioni di tal genere,
riunendo in un medesimo luogo geografico produttori e com
mercianti, non agisce solamente nell'interesse particolare di
questi ultimi, che beneficiano in tal modo di uno spazio di pro mozione per i loro prodotti e per le loro merci, bensì fornisce
parimenti ai consumatori che frequentano tali manifestazioni
un'informazione che consente ai medesimi di effettuare le pro
prie scelte in condizioni ottimali. L'impulso per gli scambi che
ne deriva può essere ricondotto all'interesse generale. 35. - D'altro canto, occorre interrogarsi, alla luce delle infor
mazioni che si evincono dagli atti di causa, in merito alla que stione se i bisogni di cui trattasi presentino carattere non indu
striale o commerciale.
36. - Appare utile, a tal fine, far riferimento all'elencazione
degli organismi di diritto pubblico contenuta nell'allegato I del
la direttiva del consiglio 26 luglio 1971 n. 71/305/Cee, che co
ordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori
pubblici (G.U. L 185, pag. 5), come modificata dalla direttiva del consiglio 14 giugno 1993 n. 93/37/Cee (G.U. L 199, pag. 54), cui rinvia l'art. 1, lett. b), della direttiva 92/50. Tale elenco,
pur non essendo esaustivo, è volto ad essere il più completo
possibile. 37. - L'esame di tale elencazione evidenzia come si tratti, in
generale, di bisogni che, da un lato, sono soddisfatti in modo di
verso dall'offerta di beni o servizi sul mercato e che, dall'altro,
per motivi connessi all'interesse generale, lo Stato preferisce soddisfare direttamente ovvero nei confronti dei quali intende
mantenere un'influenza determinante (v., in tal senso, la men
zionata sentenza BFI Holding, punti 50 e 51). 38. - Inoltre, se è pur vero che la corte ha affermato che la
nozione di bisogni di interesse generale aventi carattere non in
dustriale o commerciale non esclude bisogni che siano pari menti soddisfatti o possano esserlo da imprese private (v. sen
tenza BFI Holding, citata supra, punto 53), essa ha parimenti ritenuto che l'esistenza di una concorrenza articolata, in parti colare la circostanza che l'organismo interessato agisca in situa
zione di concorrenza sul mercato, può costituire un indizio a so
stegno del fatto che non si tratta di un bisogno di interesse gene rale avente carattere non industriale o commerciale (v. sentenza
BFI Holding, citata supra, punto 49). 39. - Orbene, si deve rilevare, anzitutto, che l'organizzazione
di fiere, di esposizioni e di altre iniziative analoghe costituisce
un'attività economica che consiste nell'offrire servizi sul mer
cato. Nella specie, emerge dagli atti che l'ente di cui trattasi
fornisce questi servizi agli espositori dietro versamento di un
corrispettivo. Mediante la propria attività l'ente soddisfa bisogni di natura commerciale, da un lato, degli espositori che benefi
ciano così della promozione dei beni o dei servizi che espongo no e, dall'altro, dei visitatori che desiderano raccogliere infor
mazioni ai fini di eventuali decisioni di acquisto. 40. - Si deve inoltre sottolineare che l'ente di cui trattasi, per
quanto non persegua scopi lucrativi, opera, come emerge dal
l'art. 1 del proprio statuto, secondo criteri di rendimento, di ef
ficacia e di redditività. Considerato che non è previsto alcun
meccanismo per compensare eventuali perdite finanziarie, esso
sopporta direttamente il rischio economico della propria attività.
41. - Si deve poi rilevare che un ulteriore indizio del carattere
industriale o commerciale dell'allestimento di fiere e di esposi zioni è dato dalla comunicazione interpretativa della commis
sione sul mercato interno per il settore fiere ed esposizioni
Il Foro Italiano — 2001.
(G.U. 1998, C 143, pag. 2). Tale comunicazione mira segnata mente ad illustrare in quale modo gli organizzatori di fiere e di
esposizioni beneficiano della libertà di stabilimento e della libe ra prestazione dei servizi. Ne consegue che non si tratta di biso
gni al cui soddisfacimento lo Stato preferisce in generale prov vedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere
un'influenza determinante.
42. - Infine, la circostanza che un ente come quello nella cau
sa principale operi in un ambiente concorrenziale — circostanza
che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto del
complesso delle attività dell'ente medesimo che si estendono a
livello tanto internazionale quanto nazionale e regionale — ten
de a confermare l'interpretazione secondo cui l'attività consi
stente nell'organizzare fiere ed esposizioni non soddisfa il crite
rio definito all'art. 1, lett. b), 2° comma, primo trattino, della di
rettiva.
43. - La questione pregiudiziale dev'essere quindi risolta nel
senso che un ente — avente ad oggetto lo svolgimento di attività volte all'orga
nizzazione di fiere, di esposizioni e di altre iniziative analoghe, — che non persegue scopi lucrativi, ma la cui gestione si
fonda su criteri di rendimento, di efficacia e di redditività — e che opera in un ambiente concorrenziale
non costituisce un organismo di diritto pubblico ai sensi del
l'art. 1, lett. b), 2° comma, della direttiva.
Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Tar Lombardia con ordinanze
26 e 27 novembre 1998, dichiara:
Un ente avente ad oggetto lo svolgimento di attività volte al
l'organizzazione di fiere, di esposizioni e di altre iniziative
analoghe, che non persegue scopi lucrativi, ma la cui gestione si
fonda su criteri di rendimento, di efficacia e di redditività e che
opera in un ambiente concorrenziale, non costituisce un organi smo di diritto pubblico ai sensi dell'art. 1, lett. b), 2° comma,
della direttiva del consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, che
coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
servizi.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione VI; sentenza 3 maggio 2001, causa C-28/99; Pres.
Gulmann, Avv. gen. Leger (conci, conf.); Verdonck e altri.
Unione europea — Ce — Direttiva sullo sfruttamento di in
formazioni privilegiate — Disciplina nazionale più severa — Condizioni (Trattato Ce, art. 234; direttiva 13 novembre
1989 n. 89/592/Cee del consiglio, sul coordinamento delle
normative concernenti le operazioni effettuate da persone in
possesso di informazioni privilegiate (insider trading), art. 2,
6). Unione europea
— Ce — Direttiva sullo sfruttamento di in
formazioni privilegiate — Disciplina nazionale più severa — Contrasto con il diritto comunitario —
Disapplicazione
(Trattato Ce, art. 249; direttiva 13 novembre 1989 n.
89/592/Cee del consiglio, art. 6).
L'art. 6 della direttiva 13 novembre 1989 n. 89/592/Cee del
consiglio, sul coordinamento delle normative concernenti le
operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni
privilegiate (insider trading), non osta all' applicazione di di
sposizioni della normativa di uno Stato membro più severe di
quelle previste da tale direttiva per quanto riguarda il divieto
di sfruttare informazioni privilegiate, purché la portata della
definizione di informazione privilegiata accolta per applicare tale normativa sia identica per l'insieme delle persone fisiche o giuridiche interessate da tale normativa. (1)
(1-2) La questione interpretativa posta all'attenzione dei giudici di
Lussemburgo ai sensi dell'art. 234 (ex 177) del trattato verte sulla
compatibilità con il diritto comunitario della norma di diritto belga che,
This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:41 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions