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sezione VI; decisione 1° marzo 1995, n. 212; Pres. Salvatore, Est. Torsello; Provincia di Venezia...

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sezione VI; decisione 1° marzo 1995, n. 212; Pres. Salvatore, Est. Torsello; Provincia di Venezia (Avv. Berti, Verino) c. Soc. Giove ed altro (Avv. Cacciavillani, Manzi), Comune di Caorle (Avv. Orsoni, Lorenzoni), Soc. Prà delle Torri e altro (Avv. Benvenuti, Lorenzoni). Conferma Tar Veneto, sez. I, 9 giugno 1993, n. 658) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 229/230-231/232 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190355 . Accessed: 28/06/2014 08:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 08:24:28 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 1° marzo 1995, n. 212; Pres. Salvatore, Est. Torsello; Provincia di Venezia(Avv. Berti, Verino) c. Soc. Giove ed altro (Avv. Cacciavillani, Manzi), Comune di Caorle (Avv.Orsoni, Lorenzoni), Soc. Prà delle Torri e altro (Avv. Benvenuti, Lorenzoni). Conferma TarVeneto, sez. I, 9 giugno 1993, n. 658)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 4 (APRILE 1996), pp. 229/230-231/232Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190355 .

Accessed: 28/06/2014 08:24

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 1° marzo 1995, n. 212; Pres. Salvatore, Est. Torsello; Provincia di Vene

zia (Aw. Berti, Verino) c. Soc. Giove ed altro (Avv. Cac

ciavillani, Manzi), Comune di Caorle (Avv. Orsoni, Lo

renzoni), Soc. Prà delle Torri e altro (Avv. Benvenuti, Lo

renzoni). Conferma Tar Veneto, sez. I, 9 giugno 1993, n. 658).

Bellezze naturali (protezione delle) — Bellezza d'insieme — Elen

co delle località vincolate — Pubblicazione — Vincolo — De

correnza (L. 29 giugno 1939 n. 1497, protezione delle bellezze

naturali, art. 2, 3, 7). Giustizia amministrativa — Prove — Ordine di produzione —

Inottemperanza — Nuove prove in appello — Inammissibilità

(Cod. proc. civ., art. 345; 1. 7 agosto 1990 n. 241, norme

in materia di procedimento amministrativo e di accesso ai do

cumenti amministrativi).

È ammissibile il ricorso avverso la proposta formulata dalla com

missione provinciale delle bellezze naturali, che non è atto

preparatorio, ma già di per sé costitutivo del vincolo di bel

lezza d'insieme, che decorre dalla pubblicazione dell'elenco

nell'albo dei comuni interessati. (1) È inammissibile la produzione di nuovi documenti nel giudizio

amministrativo da parte dell'amministrazione appellante, qua

lora essa non abbia ottemperato all'ordine di produzione de

gli stessi nel giudizio di primo grado. (2)

(1) Giurisprudenza costante: v. Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 1987, n. 395, Foro it., 1988, III, 283, con nota di richiami, e, successivamen

te, Cons, giust. amm. sic. 23 dicembre 1988, n. 258, id., Rep. 1989, voce Bellezze naturali, n. 41; Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 1990, n. 139, id., Rep. 1990, voce cit., n. 49; 3 ottobre 1994, n. 1473, id.,

Rep. 1994, voce cit., n. 102; Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 11 settem

bre 1990, n. 663, id., Rep. 1992, voce cit., n. 65. Dalla data di pubbli cazione negli albi comunali, dunque, decorre l'obbligo di non distrug

gere e non modificare, che l'art. 7 1. 1497/39 pone a carico dei proprie tari, possessori o detentori a qualsiasi titolo degli immobili costituenti

bellezze naturali (Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 1994, n. 1473, cit.): che il vincolo sorga, sia pure a carattere provvisorio, dalla pubblicazio ne dell'elenco della commissione provinciale (e non da quella della con

seguente delibera di approvazione del competente organo regionale: art.

82, 1° comma, d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616), «si desume testualmente

dall'art. 9, 1° comma, 1. 1497/39, che, nell'indicare l'atto che produce l'effetto di impedire la caducazione del provvedimento con il quale si

inibisce che si intraprendano lavori senza preventiva autorizzazione o

si ordina la sospensione dei lavori iniziati, fa riferimento al parere favo

revole all'apposizione del vincolo espresso dalla commissione provincia le» (Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 1994, n. 1473, cit.).

La commissione provinciale è presieduta da un delegato del ministro

e costituita, ai sensi dell'art. 31 d.p.r. 3 dicembre 1975 n. 805, dal

soprintendente per i beni ambientali e architettonici, dal soprintendente

per i beni archeologici e da due esperti (Tar Sicilia, sez. I, 5 maggio

1993, n. 412, id., Rep. 1993, voce cit., n. 43: per varie questioni con

cernenti la nomina e la convocazione delle commissioni, cfr. Alibrandi

Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 1995, 276 ss.). Le valuta

zioni della concessione sono tecnico-discrezionali, insindacabili nel me

rito amministrativo, ma pur sempre censurabili sotto il profilo dell'ec cesso di potere (Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 1994, n. 1473, cit.).

Ai fini della verifica di compatibilità degli interventi per i quali venga richiesta autorizzazione, nella loro globalità e con riguardo a singole soluzioni di dettaglio, sono utilizzabili i lavori delle commissioni per ricostruire l'iter logico delle valutazioni, in base ad elementi univoci

e convergenti, ricavabili dall'andamento complessivo della discussione

svolta, oltre che attraverso l'eventuale esplicitazione formale della rico struzione logica delle ragioni della decisione adottata (Cons. Stato, sez.

VI, 16 settembre 1992, n. 650, Foro it., Rep. 1993, voce cit., nn. 39-41).

(2) Alla tesi della inammissibilità di nuove prove nel giudizio ammi

nistrativo di appello, se non in presenza di gravi ed eccezionali motivi

che ne abbiano precluso la produzione in primo grado (Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 1986, n. 684, Foro it., Rep. 1986, voce Giustizia

amministrativa, n. 806; 28 maggio 1988, n. 466, id., Rep. 1988, voce

cit., n. 630; 7 dicembre 1990, n. 961, id., Rep. 1991, voce cit., n. 823), si contrappone la tesi che ritiene applicabile l'art. 345 c.p.c. e non vie

tata la produzione di nuove prove non presentate in primo grado (Cons,

giust. amm. sic. 8 novembre 1988, n. 186, id., Rep. 1989, voce cit., n. 828). Nella decisione in epigrafe l'adesione alla tesi maggioritaria è avvalorata dalla mancata ottemperanza, in primo grado, all'ordine

di produzione del giudice, oltre che al riferimento al principio di traspa renza, di cui alla 1. 241/90. Sull'ammissibilità di nuove prove in appel

lo, nel disegno di legge delega sul processo amministrativo, v. la nota

di richiami a Cons. Stato, ad. gen., 6 ottobre 1994, n. 234, id., 1995,

III, 314.

Il Foro Italiano — 1996.

Diritto. — (Omissis). 3. - La provincia di Venezia eccepisce,

preliminarmente, l'inammissibilità dei ricorsi proposti in primo grado in quanto gli stessi sarebbero diretti contro un atto mera

mente preparatorio, quale è la proposta formulata dalla com

missione provinciale delle bellezze naturali.

Secondo la provincia, l'art. 2 1. n. 1497 del 1939 attribuisce

alle commissioni per la compilazione degli elenchi dei beni da

sottoporre a vincolo una funzione meramente preparatoria del

l'atto di approvazione che era prima del ministro e ora è della

regione. La semplice proposta di vincolo o di inclusione nell'e

lenco dei beni da tutelare non equivale — secondo tale imposta zione — all'adozione da parte dell'amministrazione di alcuna

determinazione limitativa o restrittiva, idonea ad incidere su di

ritti o interessi di soggetti privati. 3.1 - L'eccezione, però, è infondata poiché, secondo la co

stante giurisprudenza in materia, l'imposizione del vincolo su

una bellezza d'assieme si perfeziona già dal momento in cui,

ai sensi dell'art. 2, ultimo comma, 1. 29 giugno 1939 n. 1497, l'elenco delle località predisposto dall'apposita commissione pro

vinciale, e nel quale la bellezza è compresa, viene pubblicato nell'albo dei comuni interessati e l'obbligo di non distruggere

o modificare, che l'art. 7 della citata legge pone a carico dei

proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo degli immo

bili costituenti bellezze naturali, decorre già dalla data in cui

l'elenco suddetto è stato pubblicato all'albo dei comuni di cui

all'art. 2, ultimo comma, 1. n. 1497 citata (tra le tante: Cons.

Stato, ad. plen., 6 maggio 1976, n. 3, Foro it., 1976, III, 570;

sez. VI 10 dicembre 1986, n. 913, id., 1987, III, 459; 25 gen

naio 1990, n. 139, id., Rep. 1990, voce Bellezze naturali, n.

49). Ciò senza contare che in primo grado è stata impugnata anche l'ordinanza di sospensione del presidente della giunta re

gionale del 29 gennaio 1990 con la quale — diversamente da

quanto ritiene l'amministrazione appellante — proprio con espres

so riferimento alla proposta di vincolo sull'area di valle Altanea

in comune di Caorle e di Eraclea, si disponeva che tutte le ope

re eventualmente già autorizzate e iniziate prima della data del

l'ordinanza nell'area oggetto della proposta di vincolo suddetta

dovessero essere immediatamente sospese e i relativi progetti per

cui erano state eventualmente rilasciate concessioni dai sindaci

di Caorle e di Eraclea dovessero essere autorizzati a norma del

la 1. reg. n. 11 del 1984.

Nessun rilievo, d'altro canto, può assumere la circostanza che

le società ricorrenti avrebbero domandato l'autorizzazione al

l'esecuzione di opere edilizie anche per gli effetti inerenti la tu

tela del paesaggio, precludendosi in tal modo — secondo la tesi

appellante — la via per proporre il ricorso. Tale comportamen

to, difatti, non integra di certo gli estremi dell'acquiescenza pro

priamente intesa, per la quale, come è noto, occorre che sussi

sta una volontà chiara ed inequivocabile di accettazione del prov

vedimento.

3.2 - Secondo la provincia appellante un'ulteriore ragione di

inammissibilità del ricorso in primo grado deriverebbe dalla so

pravvenuta approvazione, con deliberazione del consiglio regio

nale n. 250 del 13 dicembre 1991, del piano territoriale regiona le di coordinamento. La mancata impugnazione di tale piano

determinerebbe il venir meno dell'interesse alla coltivazione de

gli originari ricorsi nei confronti della proposta di vincolo.

Senonché, secondo le previsioni specifiche di tale piano rela

tive alla laguna di Caorle, valle Altanea, valli e pineta di Bibio

ne, «sono fatti salvi i contenuti degli strumenti urbanistici at

tuativi già convenzionati per le destinazioni residenziali, pro

duttive e dei servizi». E poiché non è contestato quanto sostenuto

dalle società Giove e Sida secondo cui l'area in esame forma

oggetto di una lottizzazione convenzionata e che il piano di lot

tizzazione è strumento attuativo, ai sensi dell'art. 11 della legge

urbanistica regionale del Veneto n. 61 del 1985, ne consegue che la salvezza sopra detta — per quanto può rilevare ai fini

dell'esame della dedotta eccezione di inammissibilità — esclude

va l'onere di impugnare il piano territoriale regionale di coordi

namento.

4. - Nel merito, premesso che secondo l'amministrazione ap

pellante la sentenza del tribunale è stata formulata sul presup

posto di un difetto di documentazione circa l'istruttoria com

piuta, l'amministrazione medesima espone di aver versato la do

cumentazione dalla quale si evincerebbe che la commissione ha

accertato e valutato ampiamente le condizioni paesaggistiche.

La difesa delle società Giove e Sida eccepisce però di non

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PARTE TERZA

accettare il contraddittorio su tale motivo di appello, poiché i verbali non furono prodotti in primo grado.

4.1 - Al riguardo si osserva che le società Giove e Sida, nel

ricorso di primo grado, formularono una analitica istanza istrut

toria chiedendo l'esibizione dei documenti menzionati nel ver

bale impugnato e che il tribunale, dopo aver pronunciato l'or dinanza istruttoria 29/90, con sentenza interlocutoria 246/91, aveva ordinato al presidente della provincia di Venezia di pro durre in giudizio tutti gli atti istruttori posti a base dell'impu gnata deliberazione della commissione con particolare riferimento

alla documentazione fotografica, alla relazione del sopralluogo effettuato il 7 settembre 1989, alla relazione naturalistica e a

quanto emerso nelle precedenti riunioni della commissione. Atti

questi espressamente menzionati nel verbale relativo all'anzidet

ta seduta del 17 gennaio 1990.

La provincia però, in data 4 giugno 1991, ha depositato uno

stralcio del verbale della seduta del 17 gennaio 1990 e taluni

documenti ma non la relazione di sopralluogo né ha precisato alcunché circa quanto emerso dalle precedenti riunioni della com

missione, cosi come ha ritenuto il tribunale.

Tale documentazione ha poi esibito nel presente grado di

giudizio. 4.2 - Ciò premesso, deve ribadirsi che l'appello, nel sistema

della giustizia amministrativa, è un rimedio diretto, in via gene rale, a censurare la pronuncia di primo grado e non può essere

quindi esperito per rimediare a precedenti dimenticanze o negli

genze dell'appellante.

Pertanto, qualora l'amministrazione sia resistente, ha l'onere

di produrre il provvedimento impugnato e tutti gli atti relativi

alla controversia o al momento della costituzione in giudizio o comunque in ottemperanza all'ordine del giudice.

Tali conclusioni conseguono dalla considerazione che la pro duzione della prova nel solo appello escluderebbe il doppio gra do di giurisdizione sulla questione di fatto, nonché dalla circo

stanza che il giudizio di appello concerne sentenze già esecutive e pertanto può consentirsi, in via generale, che le stesse possano essere modificate solo quando vi sia un errore giuridico del pri mo giudice. Inoltre, se il sistema richiede normalmente termini

brevi per impugnare non può poi consentire la produzione di

prove in qualsiasi tempo, provocando lunghi disordini allo svol

gimento del regime degli interessi pubblici (Cons. Stato, sez.

IV, 684/86, id., Rep. 1986, voce Giustizia amministrativa, n.

806). A tali conclusioni non è neanche estraneo, per quanto con

cerne il caso in esame, il principio di trasparenza della pubblica

amministrazione, di cui alla 1. 7 agosto 1990 n. 241.

E se non può sottacersi che secondo taluni orientamenti giu

risprudenziali il giudice amministrativo d'appello esercita in modo

pieno la cognitio causae e pertanto dovrebbe riesaminare inte

gralmente la controversia senza essere vincolato dall'istruzione

che si è svolta in primo grado, è vero altresì che, ad ogni modo, nel caso in esame, vi è stato, dopo una prima ordinanza istrut

toria, un ulteriore e puntuale ordine del giudice diretto ad ac

quisire il materiale probatorio, al quale l'amministrazione ap pellante non ha ottemperato, impedendo in tal modo la cono scenza piena da parte del tribunale della materia del contendere.

In definitiva, se l'amministrazione, pur invitata dal giudice, abbia omesso di produrre nel giudizio di primo grado le prove su cui si fondavano le proprie tesi, non può successivamente

produrre le stesse in grado d'appello e alla mancata ottempe ranza consegue la consumazione del potere.

E ciò almeno che non sussistano gravi ed eccezionali motivi

(Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 1986, n. 684, cit.; 28 maggio 1988, n. 466, id., Rep. 1988, voce cit., n. 630; 7 dicembre 1990, n. 961, id., Rep. 1991, voce cit., n. 823).

Ma la provincia appellante non ha allegato la sussistenza di tali peculiari ragioni e pertanto non può consentirsi che l'ammi

nistrazione produca per la prima volta in appello la documenta zione che ben avrebbe potuto esibire in primo grado.

5. - L'appello pertanto deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 1996.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; ordinanza 23 gennaio 1996, n. 119; Pres. Sem

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; ordinanza 23 gennaio 1996, n. 119; Pres. Schi

naia, Rei. Zaccardi; Fidei ed altri (Avv. Sorrentino, Lu

ciani) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Braguglia).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Privatizzazione —

Dirigenti non generali — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 23 ottobre

1992 n. 421, delega al governo per la razionalizzazione e la

revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico im piego, di previdenza e di finanza territoriale, art. 2; d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 2, 12, 16, 17, 20).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale degli art. 2, 1° comma, lett. b, /. 23 ottobre 1992 n. 421, 2, 2° e 4° comma, 12, 2° e 4° comma, 16, 17 e 20, 1

° comma, d. leg. 3 febbraio 1993 n. 29, nella parte in cui

dispongono una generalizzata privatizzazione dei rapporti di

pubblico impiego, senza escludervi quello dei dirigenti non

generali della pubblica amministrazione, in riferimento agli art. 3 e 97 Cost. (1)

Diritto. — 1. - Appare utile precisare, preliminarmente, che la circolare impugnata pur contenendo una prima interpretazio ne delle norme sulla dirigenza di cui al d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29 reca, altresì, alcune specifiche disposizioni circa la immediata

applicabilità degli articoli del d.leg. 29/93 concernenti le funzio ni dirigenziali che appaiono idonee ad innovare, con immedia

tezza, e per forza direttamente riconducibile alle disposizioni del la circolare medesima, lo stato giuridico dei dirigenti dello Stato.

In particolare sono, in questo contesto, da tenere presenti le indicazioni circa la necessità per i dirigenti generali quale «com

pito prioritario» di procedere «alla articolazione delle rispettive strutture in centri di responsabilità correlati alla definizione di

progetti, affidandone la realizzazione ai dirigenti con assegna zione delle risorse e definizione dei limiti di spesa in funzione della migliore gestione».

Su tale base la circolare precisa, inoltre, che i «dirigenti pre posti agli uffici di livello sottordinato continuano ad esercitare le compentenze sinora attribuite entro i limiti di spesa che i

dirigenti generali» riterranno di assegnare in relazione alle fun zioni ed obiettivi fissati per gli uffici sottordinati.

Se si tien conto che nel nuovo regime di cui al d.leg. 29/93 momento essenziale per la valutazione delle responsabilità diri

genziali (a tenore dell'art. 20) è quello della verifica del risulta to conseguito dagli uffici cui il dirigente è preposto in relazione ai «progetti» ed obiettivi la cui gestione sia affidata al dirigente medesimo (cfr. art. 14, 1° comma, lett. b\ art. 16, 1° comma lett. b) ne consegue che l'affermazione, inequivoca nella circo lare di cui trattasi, della immediata applicazione delle norme

(1) I giudici amministrativi non si lasciano sfuggire la ghiotta occa sione di ribadire le critiche alla generalizzata privatizzazione del pubbli co impiego che il Consiglio di Stato aveva tempestivamente formulato in sede di parere sul disegno di legge-delega (ad. gen. 31 agosto 1992, n. 146, Foro it., 1993, III, 4), rimanendo inascoltato dal legislatore; nel citato parere il consiglio, dopo aver espresso perplessità sull'impo stazione della riforma siccome mirata alla generalità del personale pub blico anziché a «determinate categorie identificate in relazione alla na tura delle mansioni svolte e organizzate nell'ambito di apposite struttu re», concludeva affermando che «la privatizzazione generale, astratta e globale del pubblico impiego (sia pure con l'eccettuazione di alcune categorie e di alcuni provvedimenti) non è obiettivamente possibile, giac ché né con interventi puramente nominali né con la contrattualizzazio ne si può alterare la sostanza di rapporti giuridici, i quali traggono la loro qualificazione dalla natura pubblica degli interessi che vi sono implicati, dai connessi poteri dell'ente pubblico datore di lavoro e dalle stesse strutture in cui sono inseriti».

La Corte costituzionale viene chiamata ad esprimersi su una contrad dizione nella disciplina del rapporto dei dirigenti (sottratto alla contrat tualizzazione e lasciato nell'ambito della giurisdizione amministrativa solo per «i dirigenti generali nominati con decreto del presidente della repub blica, previa deliberazione del consiglio dei ministri, e quelli agli stessi equiparati per effetto dell'art. 2 1. 8 marzo 1985 n. 72») che già era stata rilevata nei primi commenti sulla riforma (cfr. G. Albenzio, La tutela giurisdizionale. La nuova disciplina sulla giurisdizione nelle controversie di pubblico impiego, id., 1995, V, 55). Per ulteriori riferimenti, v. Cons. Stato, sez. I, 27 settembre 1995, n. 2648, id., 1996, III, 84.

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