Sezione VI; decisione 11 dicembre 1964, n. 945; Pres. Toro, Est. Chieppa; Associazione ricreativaculturale italiana (Avv. M. S. Giannini) c. Min. interno (Avv. dello Stato Faranda)Source: Il Foro Italiano, Vol. 88, No. 6 (1965), pp. 285/286-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153853 .
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285 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 286
decorrere dalla data dell'inquadramento e cioè dal 1° ottobre 1959.
Il ricorso è però infondato. L'art. 19 del decreto pres. 21 luglio 1959 n. 1398 isti
tutivo dell'istituto professionale per il commercio di Bre scia non contiene affatto una deroga alle norme che re
golano la condizione giuridica del personale direttivo ed
insegnante degli istituti di istruzione secondaria. Il citato articolo si limita ad enunciare il principio (peraltro ovvio) che il personale, passato nei ruoli dell'istituto professionale, conserva « i diritti acquisiti di carriera e di stipendio, previsti dall'art. 6 del r. decreto 6 maggio 1923 n. 1054 ». Conservazione di diritti acquisiti evidentemente significa rispetto delle posizioni di carriera raggiunte ; mentre la tesi del ricorrente porterebbe a considerare l'art. 19 citato come una norma innovativa, clie avrebbe modificato la normativa vigente. Ed al riguardo deve rilevarsi (con ri
ferimento al secondo motivo del ricorso) cbe il citato decreto pres. 21 luglio 1959 n. 1398 è un atto ammini strativo di istituzione di una scuola di istruzione tecnica ad ordinamento speciale, emanato ai sensi dell'art. 9 del r. decreto legge 21 settembre 1938 n. 2038. Come tale, il
detto decreto non avrebbe potuto ovviamente modificare le norme che disciplinano lo stato giuridico ed economico del personale direttivo ed insegnante degli istituti d'istru zione secondaria. Il ricorso in esame va dunque valutato sulla base delle norme legislative, cbe regolano lo status del personale direttivo delle scuole d'istruzione secondaria e cioè delle norme della legge 16 luglio 1960 n. 727 e (dal 1° luglio 1962) della legge 28 gennaio 1963 n. 28.
Ora, dovendo il collegio limitarsi all'applicazione della citata legge 16 luglio 1960 n. 727, sulla base della quale il provvedimento impugnato è stato emanato, il ricorso in esame si rileva infondato alla stregua della recente
giurisprudenza di questo consiglio. Con decisione 11 marzo
1964, n. 217 di questa sezione (Foro it., Rep. 1964, voce
Istruzione pubblica, n. 189) è stato rilevato cbe l'anzia
nità, maturata dal capo d'istituto in ruoli diversi di in
segnante o di preside in coefficiente o grado equiparato a quello cui si riferisce l'inquadramento, è valutabile ai soli fini economici ; la detta anzianità non è invece utile
per il passaggio dalla prima alla seconda classe di sti
pendio poicbè tale passaggio attiene alla progressione di carriera.
L'esattezza di questa decisione è contenuta nella legge 28 gennaio 1963 n. 28 la quale, come si è detto, innovando
la precedente normativa ha riconosciuto l'anzianità pre detta anche ai fini di carriera, con decorrenza però non
anteriore al 1° luglio 1962. Ciò posto, poiché il ricorrente nel precedente ruolo (in seguito alla ricostruzione di carriera
prevista dalla legge n. 165 del 1958) aveva maturato l'an zianità di quattro anni nel coefficiente 500, legittima mente l'amministrazione, nel decreto impugnato, gli ha
riconosciuto la detta anzianità nel coefficiente stesso, con due aumenti biennali di stipendio.
Anche i profili di eccesso di potere denunziati nel ricorso non sono fondati. A parte la considerazione che, nella specie, trattandosi di attività vincolata, il profilo della disparità di trattamento non è ipotizzabile, è ovvio
che la condizione giuridica degli insegnanti (ai quali solo
è applicabile l'art. 6 del r. decreto 6 maggio 1924 n. 1054) è diversa da quella stabilita per i capi di istituto.
Nè è esatto che, con criterio interpretativo seguito dall'amministrazione, siano stati posti sullo stesso piano
capi di istituto con anzianità diverse, atteso che, come si
è detto, l'anzianità acquisita dai presidi in coefficienti
equiparati è stata riportata nella classe iniziale della nuova
carriera, agli effetti economici. Per contro quello della non
valutabilità della carriera percorsa nel precedente ruolo, al fine della progressione di carriera nel nuovo ruolo, è
un principio generale applicabile ad ogni caso di muta
mento di carriera, salve le particolari norme derogatrici del sistema, che nella specie si sono avute, come si è detto
solo con la legge 28 gennaio 1963 n. 28.
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione VI; decisione 11 dicembre 1964, n. 945; Pres.
Toro, Est. Chiepfa ; Associazione ricreativa cultu
rale italiana (Avv. M. S. Giannini) c. Min. interno (Avv. dello Stato Faranda).
Sicurezza pubblica — Vendita di bevande alcooliche —
Esenzione dal rapporto limite — Diniego del ricono
scimento di finalità assistenziali — Fattispecie —
Legittimità (D. 1. 10 luglio 1947 n. 705, modificazioni
al d. 1. 28 giugno 1946 n. 73, che modifica il t. u. delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con r. d. 18 giugno 1931, n. 773, in materia di pubblici esercizi, art. un. ;
legge 2 aprile 1951 n. 226, modificazione delle aliquote dei diritti erariali sugli spettacoli di solo cinematografo e spettacoli misti con avanspettacolo, art. 5).
Ai fini della esenzione dal rapporto limite per gli spacci di vendita di bevande alcooliche è legittimo il diniego di
riconoscimento di una associazione quale ente a carattere
nazionale avente finalità assistenziali, per non essere pre minente il carattere assistenziale e ricreativo. (1)
La Sezione, ecc. — La ragione fondamentale, risultante
dall'atto impugnato e dai documenti in essi richiamati, in base alla quale il ministro dell'interno con decreto 28
giugno 1960 ha respinto l'istanza della Associazione ricrea
tiva culturale italiana (A.r.c.i.) diretta ad ottenere il ricono
scimento quale ente a carattere nazionale avente finalità
assistenziali ai sensi e per gli effetti del decreto legisl. 10
luglio 1947 n. 705 e della legge 2 aprile 1951 n. 226, è stata
che l'amministrazione non ha ritenuto di ravvisare nella
attività dell'associazione il carattere preminente assisten
ziale e ricreativo.
In effetti, il beneficio della esenzione dal rapporto limite
per gli spacci di vendita di bevande alcooliche per i circoli
affiliati agli enti a carattere nazionale, dotati di un parti colare riconoscimento, ha, secondo il legislatore, la finalità
di agevolare indirettamente le associazioni che svolgono una prevalente finalità di assistenza (morale, materiale e ri
creativa ai propri iscritti). È altresì esatto che l'indirizzo ideologico dell'associazione
non può avere giuridico rilievo per escludere a priori l'esi
stenza della finalità assistenziale nell'ente. Tuttavia, quando l'amministrazione con una valutazione discrezionale della
documentazione acquisita immune da vizi logici o giuridici
ritenga che l'attività di assistenza e di ricreazione sia del
tutto secondaria rispetto ad altra di propaganda politica, risulta la dimostrazione che l'amministrazione ha fatto
esatta applicazione delle norme soprarichiamate escludendo
puramente e semplicemente in punto di fatto la preminente finalità assistenziale e quindi il presupposto del beneficio.
Con ciò non si crea affatto una situazione di sfavore
per le organizzazioni a carattere politico ma, una volta rite
nuto dal legislatore meritevoli del particolare beneficio le
sole associazioni con finalità assistenziale in una valutazione
di politica legislativa di preminenza dei vari interessi so
prattutto sotto il profilo sociale, si è esclusa dal beneficio
l'associazione in esame perchè, attraverso l'istruttoria
esperita, l'amministrazione ha ritenuto che l'associazione
stessa non avesse i requisiti previsti dalla norma invocata, cioè la prevalente attività assistenziale.
Questa valutazione dell'amministrazione può essere
censurata solo sotto il profilo logico e dell'eccesso di potere. Al fine dell'esame delle censure proposte è irrilevante
sia la circostanza che i rapporti posti a base della valutazione
dell'amministrazione siano stati provocati a seguito di
interpellanze, o che i rapporti documenterebbero una si
tuazione del tutto parziale limitati a ben poche province
rispetto alle 60 province in cui l'associazione svolgeva la
(1) I precedenti pronunciati sul decreto legisl. del 1947 sono
della magistratura penale v. Cass. 31 maggio 1955, P. m., Foro
it., Rep. 1956, voce Sicurezza pubblica, n. 67 ; 30 gennaio 1951, Monti, id., Rep. 1951, voce cit., n. 115.
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287 PARTE TERZA
sua attività, sia ancora L'ampiezza dell'attività sociale
svolta dall'A.r.c.i. secondo la relazione per il quadriennio 1960-1963, trattandosi di questioni estranee alle censure
proposte e ai limiti della controversia, come precisati nel
ricorso introduttivo che ha determinato il tema decidendum.
Del resto l'attività svolta dall'associazione in epoca successiva alla documentazione prodotta per l'istruzione della domanda del 1957 e successiva integrazione, o in epoca successiva allo stesso provvedimento impugnato, non può avere rilievo ai fini della legittimità dello stesso prov vedimento, che ovviamente può essere giustificato e valu tato sotto il profilo della legittimità alla luce della attività
già svolta dall'associazione A.r.c.i., e documentata a quella data dalla stessa associazione, che ne aveva l'onere, come
richiedente il beneficio invocato o comunque attraverso la documentazione acquisita dalla amministrazione nel suo
potere di controllo. Le circostanze successive all'atto impugnato non possono
valere in questa sede ma in ipotesi potranno formare oggetto di nuova valutazione da parte della competente ammini strazione a seguito di una nuova istanza, dovendosi esclu dere l'effetto preclusivo da un precedente rigetto del rico noscimento sulla base di differente situazione di fatto.
Le predette considerazioni portano altresì al rigetto del secondo motivo (eccesso di potere per travisamento dei
fatti), in quanto non sussiste alcun vizio logico nella valuta zione degli accertamenti svolti circa l'esclusione della premi nente attività assistenziale. Del resto secondo le ammis sioni della stessa difesa dell'A.r.c.i., i 25 rapporti erano tutt'altro che univoci o sfavorevoli, essendo 7 rapporti negativi ed altri 7 con notizie positive e negative.
Il riferimento ad altre associazioni, che, munite del ri
conoscimento, avrebbero affiliato alcuni circoli dell'A.r.c.i. non è rilevante ai fini del decidere, in quanto l'eventuale situazione di determinati circoli, a parte la mancanza di
prova specifica al riguardo, non può valere a caratterizzare tutta l'attività della stessa A.r.c.i.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO Bl STATO.
Sezione VI ; decisione1! 1 dicembre 1964, n. 940 ; Pres. Toko, Est. Chieppa ; Gambi (Avv. P. Babile, Clarizia) e. Min.
pubblica istruzione (Avv. dello Stato Lancia), Sestini.
Istruzione pubblica —- Concorsi a cattedre universita rie — Sostituzione di membro della commis sione giudicatrice — Legittimità -—- Fattispecie
(Legge 13 luglio 1954 n. 439, disposizioni sui concorsi a cattedre universitarie, art. 6).
Legittimamente Vamministrazione sostituisce il membro della commissione giudicatrice di un concorso a cattedra univer
sitaria, il quale interrompe la propria partecipazione ai lavori della commissione stessa (nella specie dichiarando di non poter partecipare a tali lavori, finche il Consiglio superiore della pubblica istruzione non prendesse in considerazione un suo quesito relativo alla natura, contenuto e limiti della materia messa a concorso). (1)
La Sezione, ecc. — Si può senz'altro prescindere dalla eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per omessa notifica all'università di Cagliari, clie ha bandito il concorso, in relazione alla infondatezza nel merito risul tante dalle seguenti considerazioni in punto di fatto.
Il ricorrente, iniziati i lavori della commissione di con corso alla cattedra di geografia dell'università di Cagliari, dopo aver fatto ripetutamente inserire a verbale le sue dichiarazioni circa la natura, il contenuto ed i limiti della
(1) Sulla sostituzione di un membro della commissione giudicatrice di un concorso a cattedre universitarie, v. Cons. Stato, Sez. VI, 10 ottobre 1956, n. 610, Foro it., Rep. 1957, voce Istruzione pubblica, n. 16 ; 10 marzo 1954, n. 134, id., 1954, III, 297, con nota di richiami.
materia messa a concorso, chiedeva il 17 dicembre 1960
clie venisse rivolto al Consiglio superiore della pubblica istruzione apposito quesito in ordine ai criteri di giudizio del concorso dichiarando nello stesso tempo che, « pur continuando a fare parte della commissione, non poteva
partecipare ai lavori della commissione stessa fino a che il
Consiglio superiore della pubblica istruzione non avesse
preso in considerazione il suo esposto quesito » e quindi « interrompeva la sua partecipazione ai lavori della com
missione » richiamando ai colleghi l'art. 29 del reg. gen. universitario per cui occorre la presenza di tutti i commis
sari per i lavori della commissione. È indubitabile, pertanto, che nella specie ricorreva una
violazione dell'art. 6 legge 13 luglio 1954 n. 439, che vieta
l'aggiornamento dei lavori delle commissioni giudicatrici di concorso di cattedra universitaria. Infatti la finalità della
predetta disposizione, sanzionata dalla comminatoria della
sostituzione immediata, con successiva dichiarazione di ine
leggibilità per due successivi concorsi, è che l'iter concor
suale non subisca interruzioni per fatto di un commissario,
comunque motivato (salva l'ipotesi di forza maggiore), a
prescindere dal carattere ostruzionistico o meno del com
portamento del commissario, che impedisca il proseguimento dei lavori.
Nel caso in esame non vi era alcuna necessità, nè tanto
meno una causa di forza maggiore nella richiesta di quesito al Consiglio superiore della pubblica istruzione trattandosi di problema risolubile dalla stessa commissione giudicatrice, dotata di ampio potere di valutazione discrezionale in
materia dei criteri di giudizio. Ciò posto il ministero della pubblica istruzione aveva
un preciso potere-dovere, una volta accertata l'interruzione della partecipazione di un commissario ai lavori della com
missione, di rimuovere la causa dell'interruzione dei lavori
della commissione stessa, sostituendo il commissario che
aveva dato causa all'interruzione stessa.
Cade di conseguenza ogni censura in ordine alla pretesa
sproporzione rispetto al fatto, in quanto certamente l'in terruzione della partecipazione del ricorrente ai lavori
della commissione, così come valutata dall'amministra
zione, non era meramente apparente o insignificante per la
durata, ma effettiva e a tempo indeterminato (fino all'esito del quesito).
Allo stesso modo è privo di fondamento il profilo della
censura relativa alla considerazione dell'esigenza di giu stizia sia nell'espletamento del concorso preminente all'ur
genza di rapida conclusione del concorso stesso, sia perchè la finalità della norma applicata è, come sopra sottolineato, di evitare ogni qualsiasi interruzione nell'iter concorsuale
(salvo i casi di forza maggiore) per evitare manovre tendenti ad impedire il giudizio da parte della maggioranza nell'aspet tativa di una modifica delle posizioni e delle valutazioni
degli altri commissari, con danno dell'interesse generale degli studi alla copertura della cattedra messa a concorso ; sia ancora perchè la considerazione della necessità della « sostituzione » era riferita essenzialmente alla esigenza di
mettere la commissione in condizioni di proseguire i lavori
(necessariamente al completo) attraverso la partecipazione di un nuovo commissario.
Infine nessun valore può avere la richiesta del « col
loquio » con il ministero in data 6 gennaio 1964 o la man
cata convocazione da parte del ministro per il « chiarimento »
della questione, in quanto da un lato la lettera del ricorrente, sarebbe in ogni caso successiva al provvedimento impu
gnato e non conterrebbe, sulla base delle stesse allegazioni del ricorrente, una volontà di recedere dall'interruzione di partecipare ai lavori, dall'altro lato non vi era alcun
obbligo del ministro di provocare chiarimenti di fronte ad un preciso obbligo di legge dei commissari di concorso a cat tedre universitarie di continuare i lavori una volta iniziati. Pertanto il ricorso deve essere respinto sotto ogni profilo.
Per questi motivi, ecc.
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