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sezione VI; decisione 20 febbraio 1998, n. 179; Pres. De Roberto, Est. Zeviani Pallotta; Bucalossi...

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sezione VI; decisione 20 febbraio 1998, n. 179; Pres. De Roberto, Est. Zeviani Pallotta; Bucalossi ed altri (Avv. Galdi) c. Istituto nazionale per il commercio con l'estero (Avv. dello Stato Caputi Jambrenghi). Conferma Tar Lazio, sez. III bis, 16 gennaio 1995, n. 77 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 581/582-583/584 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192474 . Accessed: 28/06/2014 16:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.202 on Sat, 28 Jun 2014 16:48:06 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 20 febbraio 1998, n. 179; Pres. De Roberto, Est. Zeviani Pallotta; Bucalossied altri (Avv. Galdi) c. Istituto nazionale per il commercio con l'estero (Avv. dello Stato CaputiJambrenghi). Conferma Tar Lazio, sez. III bis, 16 gennaio 1995, n. 77Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 581/582-583/584Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192474 .

Accessed: 28/06/2014 16:48

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

1.500.000.000 per Tatangelo, aumentato del venti per cento ex

art. 23, 5° comma, d.leg. n. 406 del 1991). Né poteva tenersi conto, per quanto precisato al punto 5.3.2.,

dell'importo di iscrizione nella categoria delle opere scorporata li posseduto dalla società Elettromeccanica, in quanto questa non era mandante ma mandataria.

L'applicazione fatta dall'amministrazione a favore dell'asso

ciazione in esame dei benefici previsti per le opere scorporabili,

è quindi avvenuta in violazione del 3° comma dell'art. 23 d.leg.

n. 406 del 1991, con conseguente parziale accoglimento del se

condo motivo di ricorso.

Pertanto, l'associazione in questione avrebbe potuto parteci

pare alla gara al più come tipo orizzontale, ma in tal caso ogni

impresa doveva essere iscritta per lo meno ad un quinto di cia

scuna delle due categorie previste (16 H e 16 F), come precisato

al punto 5.2.

Una tale iscrizione (di circa lire 750.000.000 per ciascuna ca

tegoria), però, non era posseduta non solo dalla Tatangelo, in

quanto iscritta alla categoria 16 F solo per lire 180.000.000

(150.000.000 + 30.000.000) ma neppure dalla Cemar (non iscritta

affatto alla categoria 16 H), con violazione del 1° comma del

citato art. 23, come dedotto nel primo motivo di ricorso.

Non utilizzabile nella fattispecie (contrariamente a quanto so

stenuto dal ministero) era poi il 6° comma dell'art. 23 d.leg. n. 406 del 1991, che disciplina la partecipazione all'associazione

delle imprese cosiddette «cooptate», le quali in tanto possono

essere affidatarie di lavori, nel limite del venti per cento del

l'importo complessivo dell'appalto (e purché iscritte per l'im

porto dei lavori a ciascuna affidata, anche in categorie diverse

da quelle richieste nel bando) in quanto l'associazione cooptan te già possieda i requisiti di iscrizione all'Anc.

Ma, nella specie, da una parte un'operazione del genere do

veva essere decisa dalle imprese (e comunque prima della pre

sentazione dell'offerta), mentre era stata ricostruita autonoma

mente dall'amministrazione. Dall'altra, pur ammettendo che la

cooptata potesse essere la Tatangelo per la categoria prevalente,

poi la cooptata non poteva diventare la Cemar (che già avrebbe

fatto parte dell'associazione cooptante la Tatangelo) per la ca

tegoria scorporabile, in quanto l'associazione che coopta altre

imprese deve essere determinata prima della presentazione del

l'offerta e quindi rimanere ferma in tale composizione e non

può essere variabile a seconda delle varie categorie di lavori,

come se si trattasse di un'associazione a composizione dinamica.

Al riguardo occorre considerare in generale che il raggruppa

mento di imprese non è un'impresa in senso tecnico-giuridico,

ma uno strumento messo in opera di volta in volta per consenti

re a più imprese, facenti capo ad una capogruppo di presentare

un'offerta unitaria in gare di appalto alle quali non avrebbero

potuto partecipare (v. Cons. Stato, ad. plen., 27 novembre 1990,

n. 10, id., 1991, III, 161), per cui la presenza di imprese asso

ciate prive del requisito di iscrizione all'Anc per tutte le catego

rie delle opere oggetto di appalto è consentita solo nei casi pre

visti e di conseguenza le relative disposizioni non possono esse

re interpretate estensivamente per favorire la più ampia

partecipazione di tali associazioni, compromettendo le garanzie

di adempimento poste dal legislatore a favore dell'amministra

zione (v. Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 1996, n. 1476, id.,

Rep. 1997, voce cit., n. 455).

Per cui sussiste anche la violazione del 6° comma del più

volte citato art. 23, come implicitamente dedotto nel primo

motivo.

6. - Per quanto considerato, il ricorso va accolto in quanto

l'associazione Elettromeccanica - Tatangelo - Cemar non dove

va essere ammessa alla gara per difetto dei prescritti requisiti

di iscrizione all'Anc, sia nel ruolo di associazione di tipo verti cale che di tipo orizzontale.

Il Foro Italiano — 1998 — Parte III-20.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 20 febbraio 1998, n. 179; Pres. De Roberto, Est. Zeviani Pallotta; Bucalossi

ed altri (Avv. Galdi) c. Istituto nazionale per il commercio

con l'estero (Avv. dello Stato Caputi Jambrenghi). Confer ma Tar Lazio, sez■ III bis, 16 gennaio 1995, n. 77.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Istituto nazionale

per il commercio con l'estero — Personale direttivo — In

quadramento — Trattamento economico (L. 18 marzo 1989

n. 106, riordinamento dell'Istituto nazionale per il commer

cio con l'estero, art. 4, 5; d.p.r. 18 gennaio 1990 n. 49, rego lamento riguardante lo statuto dell'Istituto nazionale per il

commercio con l'estero, art. 14).

I dipendenti dell'Istituto nazionale per il commercio con l'este

ro con la qualifica di ispettori generali e direttori ad esauri

mento, in sede di nuovo inquadramento ai sensi della l. 18

marzo 1989 n. 106, non hanno diritto all'inquadramento nel

le qualifiche dirigenziali ed alla conservazione del precedente

sistema retributivo basato su un 'unica voce stipendiale, com

prendente oltre allo stipendio base anche l'indennità di carica

e la retribuzione individuale di anzianità. (1)

Diritto. — L'appello è infondato.

Correttamente il Tar, con la sentenza appellata, ha respinto

i motivi di doglianza formulati dai ricorrenti in primo grado contro i provvedimenti dell'Ice relativi all'inquadramento degli

ispettori generali e direttori di divisione a esaurimento nel nuo

vo ordinamento previsto dalla 1. 18 marzo 1989 n. 106. Infatti,

una giurisprudenza consolidata dalla quale non vi sono motivi

per discostarsi (Cons. Stato, sez. VI, 19 settembre 1988, n. 1056,

(1) La decisione odierna (in termini, v. sez. IV 16 febbraio 1998, n. 287, Cons. Stato, 1998, I, 197) è in sintonia con la nuova «stagione» del pubblico impiego che ha relegato in soffitta principi tradizionali

quali il divieto di reformatio in peius, il diritto al c.d. maturato econo

mico ed all'allineamento stipendiale, progressivamente eliminati dal no

vero dei principi generali della disciplina del pubblico impiego con espresse

disposizioni di legge (l'art. 227 t.u. 383/34 sul divieto di reformatio in peius è stato abrogato dalla 1. 142/90; l'allineamento stipendiale è

stato vietato dagli art. 7, 7° comma, d.l. 384/92 e dall'art. 2, 4° com

ma, d.l. 333/92) e con la contrattualizzazione della materia ai sensi

del d.leg. 29/93. La giurisprudenza amministrativa ha sempre conside

rato il divieto di reformatio in peius privo di rilevanza costituzionale

e limitato alla tutela del trattamento economico complessivo avente ca

rattere fisso e continuativo e legittimamente conseguito (Cons, giust. amm. sic. 19 febbraio 1998, n. 45, ibid., 291), senza garanzia di conser

vazione dei singoli elementi della retribuzione e con esclusione delle voci variabili ed eventuali (Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 1997, n.

138, Foro it., Rep. 1997, voce Impiegato dello Stato, n. 676; sez. VI

7 ottobre 1997, n. 1431, ibid., n. 679; sez. IV 12 dicembre 1996, n.

1292, ibid., nn. 674, 675; Tar Marche 2 novembre 1996, n. 514, ibid., n. 678), nonché di ogni pretesa di conservazione della equiparazione che una precedente normativa attribuiva rispetto al personale apparte nente a ruoli diversi (Cons. Stato, sez. V, 19 marzo 1996, n. 276, id.,

Rep. 1996, voce cit., n. 603), salva la libertà di contrattazione collettiva

(Tar Molise 8 marzo 1993, n. 39, id., Rep. 1993, voce cit., n. 695; Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 1990, n. 414, id., Rep. 1992, voce cit., n. 894) e di riforma legislativa (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 1991, n. 984, ibid., n. 722; Tar Campania, sez. IV, 12 giugno 1991, n. 143,

id., Rep. 1991, voce cit., n. 628); anche il diritto alla conservazione

dei miglioramenti conseguiti per effetto dell'anzianità maturata nelle

precedenti posizioni giuridiche (c.d. maturato economico) è stato inteso

in senso limitativo e non ostativo al riassorbimento degli assegni ad

personam percepiti dal dipendente (Tar Marche 2 novembre 1996, n.

514, cit., e id., Rep. 1997, voce Sanitario, n. 177). Per riferimenti sui

principi del divieto di reformatio in peius e del maturato economico,

v. Corte cost. 19 giugno 1998, n. 219, in questo fascicolo, parte prima, nonché nota di richiami a Corte cost. 10 giugno 1988, n. 624, id., 1989,

I, 1027; A. Cariola, Il divieto di «reformatio in peius» nel pubblico

impiego, in Trib. amm. reg., 1997, II, 199; V. Tenore, Il principio di non «reformatio in peius» delle pubbliche retribuzioni ridimensiona

to da recenti modifiche legislative, in Enti pubblici, 1995, 661; sull'alli

neamento stipendiale, Cons. Stato, sez. IV, 24 settembre 1997, n. 1020,

Foro it., 1998, III, 47. La natura di ente pubblico non economico del

l'Ice anche dopo la riforma ex 1. 106/89, con conseguente competenza del giudice amministrativo a conoscere delle controversie di lavoro fino

alla devoluzione al pretore del lavoro ai sensi degli art. 68-72 d.leg.

29/93, è stata affermata da Cass. 15 dicembre 1994, n. 10752, id., Rep.

1994, voce Impiegato dello Stato, n. 210, e Corte conti, sez. contr.

enti, 21 gennaio 1992, n. 5, id., Rep. 1992, voce Esportazione, n. 16.

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PARTE TERZA

Foro it., Rep. 1990, voce Impiegato dello Stato, nn. 532-534, e sez. IV 4 settembre 1992, n. 726, id., Rep. 1993, voce Sanita

rio, nn. 202, 203) ha chiarito che, in sede di inquadramento, deve escludersi ogni possibilità di equiparazione degli ispettori

generali e dei direttori di divisione a esaurimento con le qualifi che dirigenziali, per la sostanziale differenza, sotto i profili dei

compiti e delle responsabilità, fra tali categorie di personale. Esattamente il Tar ha anche disatteso le censure di violazione

dell'art. 15 1. 88/89 da parte dei provvedimenti con i quali i

ricorrenti sono stati inquadrati nell'undicesimo livello del para

stato, poiché tale norma non prevede l'istituzione di un apposi to ruolo ad esaurimento, ma solo l'attribuzione ad personam di un trattamento giuridico ed economico corrispondente a quello

degli ispettori generali e dei direttori di divisione a esaurimento

dello Stato, trattamento che ai ricorrenti è stato garantito. Ciò posto, l'appello, mentre è infondato nella parte in cui

sostiene l'equiparazione fra le qualifiche suindicate — già rive

stite dai ricorrenti — e quelle dirigenziali, si appalesa invece

inammissibile nella parte in cui denuncia l'illegittimità degli in

quadramenti effettuati sostenendo che tali qualifiche andavano

inquadrate non nel settimo livello, grado primo, bensì nel setti

mo livello, grado secondo del personale non dirigenziale dell'I

ce in base al primo contratto di lavoro approvato dall'istituto

dopo l'entrata in vigore della 1. 106/89 che ha escluso il perso nale dell'Ice dal comparto del parastato. (Omissis)

L'appello è, inoltre, infondato in relazione alle censure di

violazione dell'art. 5, 4° comma, 1. 106/89 e del divieto di re

formatio in peius. È acquisito in giurisprudenza che il principio generale del di

vieto di reformatio in peius — e le stesse considerazioni valgo no per l'art. 5, 4° comma, 1. 106/89 che di tale principio fa

mera applicazione — garantisce solo la conservazione del livello

economico complessivo acquisito dal dipendente, ma non è in

vocabile per ottenere la conservazione del sistema retributivo

previgente. Nella specie, è pacifico che in base alla nuova disciplina i

ricorrenti hanno ottenuto un trattamento economico non infe

riore a quello in precedenza goduto. Essi non hanno, pertanto, titolo a pretendere la conservazione del precedente sistema retri

butivo basato su un'unica voce stipendiale, rispetto al nuovo

sistema basato su tre voci, rappresentate dallo stipendio base, dall'indennità di carica e dalla retribuzione individuale di anzia nità. Non hanno pregio, al riguardo, le argomentazioni, formu

late nell'appello, con le quali si sostiene che ciò potrebbe com

portare conseguenze negative sulle future pensioni o indennità

di buonuscita, poiché tali conseguenze negative appaiono, allo

stato, eventuali ed incerte; né gli appellanti hanno dimostrato

che l'adozione del nuovo sistema retributivo comporterebbe, per loro, un'effettiva diminuzione del complessivo trattamento pre videnziale e di quiescenza.

CORTE DEI CONTI; sezione controllo Stato; deliberazione 6

febbraio 1998, n. 13; Pres. Delfini, Est. Meloni; Pres. cons,

ministri.

CORTE DEI CONTI;

Legge, decreto e regolamento — Regolamento governativo «de

legificante» — Disposizioni relative a materie devolute da spe cifiche leggi alla competenza del regolamento ministeriale e alla contrattazione collettiva — Disposizioni con efficacia ol

tre l'ambito di autorizzazione del regolamento «delegifican te» — Conformità a legge — Esclusione (L. 23 agosto 1988

n. 400, disciplina dell'attività di governo e ordinamento della

presidenza del consiglio dei ministri, art. 17; d.leg. 3 febbraio

1993 n. 29, razionalizzazione dell'organizzazione delle ammi nistrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia

di pubblico impiego a norma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992

n. 421, art. 45; d.p.c.m. 30 dicembre 1993 n. 593, regolamen to concernente la determinazione e la composizione dei com

parti di contrattazione collettiva di cui all'art. 45, 3° comma,

Il Foro Italiano — 1998.

d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 4; 1. 23 dicembre 1996 n.

662, misure di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 1).

Non sono conformi a legge le disposizioni di un regolamento

governativo «delegificante» che disciplinano materie (nella spe

cie, la collocazione del personale dipendente dai collegi e da

gli ordini professionali nel comparto di contrattazione collet

tiva degli «enti pubblici non economici», la rilevazione dei

carichi di lavoro nelle federazioni e nei consigli nazionali de

gli ordini e dei collegi professionali, la pianta organica ed

il trattamento economico del personale dirigente degli ordini,

dei collegi, delle federazioni e dei consigli nazionali) devolute da specifiche leggi ad una fonte regolamentare di livello infe riore (regolamento ministeriale) o alla contrattazione colletti

va, ovvero che estendono la loro efficacia a soggetti (nella

specie, le federazioni e i consigli nazionali degli ordini e dei collegi professionali) non compresi fra quelli cui si riferisce la legge che autorizza il regolamento. (1)

(1) Con la pronuncia in epigrafe, emessa in sede di controllo preven tivo su atti del governo, la Corte dei conti nega l'ammissione al «visto di legittimità» delle disposizioni di un regolamento governativo «delegi ficante» (recante, fra l'altro, le «modalità per la determinazione delle

piante organiche degli ordini e dei collegi professionali») che: a) si pro ponevano di disciplinare materie, o ambiti di materie, rimessi — da norme di legge diverse da quella che legittimava il regolamento — a

regolamenti ministeriali (e, cioè, a fonte subordinata rispetto al regola mento governativo) o alla contrattazione collettiva; b) estendevano il

proprio ambito di applicazione a soggetti non espressamente contem

plati dalla legge che autorizzava il regolamento «delegificante». A parte le disposizioni di cui al punto b), censurate per esorbitanza

del regolamento dall'ambito oggettivo stabilito dalla legge, le disposi zioni di cui al punto a) erano intese, secondo la sezione di controllo, ad occupare «spazi» che specifiche norme di legge riservavano ad altre fonti di disciplina (regolamento ministeriale, contratto collettivo) e che, se «conquistati» da norme di fonte superiore, avrebbero, per l'avveni

re, irreversibilmente impedito, alle fonti di livello inferiore, di interve nire su quelle materie. La pronuncia della corte è, dunque, riuscita ad

impedire che la fonte superiore (regolamento governativo) invadesse ter ritori assegnati, da specifiche norme di legge, ad una fonte di livello inferiore (regolamento ministeriale) e all'autonomia privata (contratto collettivo); operazione, questa, che difficilmente avrebbe potuto com piere un giudice (ordinario o amministrativo), dato il carattere di «nor me di azione» delle disposizioni censurate e, quindi, la loro problemati ca implicazione o rilevanza in controversie avanti al giudice civile o amministrativo.

Per analoghe fattispecie, nelle quali il governo aveva disciplinato con

proprio regolamento oggetti (inerenti all'organizzazione dei ministeri) che, in base a specifiche disposizioni di legge, avrebbero dovuto essere ordinati con regolamento ministeriale, v. Corte conti, sez. contr. Stato, 21 marzo 1994, n. 17, Foro it., Rep. 1994, voce Amministrazione dello

Stato, n. 108, e 24 novembre 1995, n. 149, id., Rep. 1996, voce Legge, decreto e regolamento, n. 69.

In dottrina, sul rapporto gerarchico fra regolamento governativo e

regolamento ministeriale nel sistema dell'art. 17 1. 400/88, v., per tutti, Pizzorusso, La nuova disciplina del potere regolamentare prevista dal la t. 400/88, in Caretti-De Siervo (a cura di), Potere regolamentare e strumenti di direzione dell'amministrazione. Profdi comparatistici, Bo

logna, 1991, 271, che afferma, di conseguenza, la perdurante vigenza dell'art. 4, 2° comma, disp. prel. c.c.; Paladin, Le fonti del diritto

italiano, Bologna, 1996, 344 s. In generale, sulla delegificazione, sulle sue tecniche e sull'esperienza

finora realizzata, v., anche per ulteriori riferimenti: Paladin, op. cit., 352 ss.; A. Ruggeri, Prospettive di riordino del sistema delle fonti tra oscillanti dottrine delta Costituzione ed incerte opzioni di natura costi

tuzionale, in Labriola (a cura di), Cinquantenario della Repubblica italiana, Milano, 1997, 329 ss.; Tarli Barbieri, Le delegificazioni (1989-1995), Torino, 1996; Id., li potere regolamentare del governo (1996-1997): quadro generale, in De Siervo (a cura di), Osservatorio sulle fonti 1997, Torino, 1998, 195 ss.; Demuro, Le delegificazioni: modelli e casi, Torino, 1996; Id., Le delegificazioni nelle l. 59 e 127/97: «il fine giustifica i mezzi»?, in De Siervo (a cura di), op. cit., 239

ss.; Modugno, Fonti del diritto (gerarchia delle), voce dell'Enciclope dia del diritto, Milano, 1997, I, aggiornamento, 580 ss.

Sul potere regolamentare del governo, nella prospettiva fatta propria dalla commissione bicamerale per le riforme costituzionali, v. Carlas

sare, Le fonti del diritto, in Dir. pubbl., 1997, 692 ss.; De Siervo, Oscurità e frammentazione de! sistema delle fonti, ibid., 702 ss.

La pronuncia in epigrafe offre anche lo spunto per osservare come

gli ordini e i collegi professionali continuino ad essere oggetto di un

processo normativo (legislativo e regolamentare) decisamente orientato ad esigere che la loro gestione avvenga secondo le regole valevoli per

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