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sezione VI; decisione 21 febbraio 2001, n. 914; Pres. Giovannini, Est. Numerico; Candelli (Avv....

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sezione VI; decisione 21 febbraio 2001, n. 914; Pres. Giovannini, Est. Numerico; Candelli (Avv. Petracci, Stradella) c. Croce rossa italiana. Conferma Tar Friuli-Venezia Giulia 20 luglio 1998, n. 978 Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 333/334-335/336 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196136 . Accessed: 25/06/2014 04:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 04:45:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 21 febbraio 2001, n. 914; Pres. Giovannini, Est. Numerico; Candelli (Avv.Petracci, Stradella) c. Croce rossa italiana. Conferma Tar Friuli-Venezia Giulia 20 luglio 1998, n.978Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 333/334-335/336Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196136 .

Accessed: 25/06/2014 04:45

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

che comprende tra i prodotti agricoli le carni degli animali de

stinati all'alimentazione — nonché da quello fiscale nazionale

(negli art. 29 e 78 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917). Anche sotto

tale angolazione deve escludersi che l'esercizio del maneggio

implichi il soddisfacimento di bisogni primari alimentari della persona umana mediante la coltivazione di un fondo.

Emblematica di una opzione ermeneutica rigorosa è la giuris

prudenza formatasi sul punto relativo alla non sussumibilità nel

genus dell'attività agricola dell'allevamento di cavalli da corsa

(cfr. Cass., sez. un., 25 novembre 1993, n. 11648, id., 1994, I, 743). Qui è stata ripudiata la teoria biologica dell'«agrarietà» che, ritenendo arretrata la definizione di attività agricola di cui

all'art. 2135 c.c., rivendica alla materia agraria ogni forma di

allevamento di animali. Al contrario si è affermato che è attività

agricola solo quella che utilizza lo specifico fattore produttivo costituito dalla terra; sicché il bene terra, nell'allevamento dei

cavalli da corsa — ma il discorso è analogo anche per l'eserci

zio di un maneggio — non è funzionale all'attività, nel senso

che tale allevamento si attua con tecniche e procedimenti del

tutto estranei all'agricoltura ed in cui la presenza del bene terra

ha scarso rilievo.

Neppure si rinvengono nell'ordinamento giuridico nazionale

disposizioni normative speciali che equiparino a certi effetti

l'attività di maneggio con quella agricola e di allevamento di

bestiame anche a titolo di semplice connessione, come accade

invece per l'acquacoltura (cfr. 1. 5 febbraio 1992 n. 102), o per l'attività cinotecnica (cfr. 1. 23 agosto 1993 n. 349), o per l'a

griturismo (cfr. 1. 5 dicembre 1985 n. 730). Del pari infruttuosa è la ricerca sul piano del diritto comunita

rio. Si pensi al carattere anodino e relativo della nozione di im

prenditore agricolo a titolo principale originata dalla direttiva

Cee 72/159 del 17 aprile 1972 e poi rivisitata dalla direttiva n.

268 del 28 aprile 1975, dai regolamenti n. 79 del 12 marzo 1985, e n. 159 del 15 luglio 1991, che secondo la Corte di giu stizia lascia libero il legislatore nazionale di riempirla di conte

nuti (cfr., da ultimo, Corte giust. 11 gennaio 2001, causa C

403/98, id., 2001, IV, 57); sicché in assenza di un preciso inter vento del legislatore nazionale non è consentito assimilare al

l'attività di allevamento equino quella di maneggio. Invero, al

lorquando il legislatore comunitario ha voluto estendere o me

glio definire l'ambito di attività agricola a certi fini, lo ha fatto con previsioni esplicite: si pensi al 3° 'considerando' della di

rettiva Cee 90/428 del 26 giugno 1990 —- relativa alle condizio

ni per gli scambi degli equini destinati a concorsi ippici e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi — la

quale riconosce che l'allevamento dei cavalli, e, in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito dell'atti

vità agricola. 4. - Sulla scorta degli illustrati principi di diritto e delle ri

sultanze in fatto dianzi evidenziate, tutte le censure articolate

dall'appellante devono essere respinte. Sicuramente, infatti, l'amministrazione provinciale non ha

violato l'art. 7 1. prov. n. 17 del 1981, cit., ma, anzi, ne ha fatto

puntuale applicazione, previa esatta rappresentazione della

realtà fattuale.

Del pari non è accoglibile la pretesa del Dallapiccola di otte

nere una riduzione della revoca del contributo nel presupposto che la distrazione dai fini propri del finanziamento sarebbe stata

parziale. Il mutamento dell'attività svolta da quest'ultimo, in

fatti, è stato totale sotto un duplice profilo, in quanto: a) è cam

biato il tipo di bestiame allevato; b) è mutato lo scopo dell'alle

vamento da zootecnico in senso proprio a turistico commerciale.

5. - In conclusione, l'appello deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 2001.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 21 febbraio 2001, n. 914; Pres. Giovannino Est. Numerico; Candelli

(Avv. Petracci, Stradella) c. Croce rossa italiana. Confer ma Tar Friuli-Venezia Giulia 20 luglio 1998, n. 978.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Danno biologi co e morale — Risarcimento — Domanda — Giurisdizione

ordinaria.

Spetta alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario la

domanda di risarcimento proposta da pubblico dipendente

per il ristoro del danno biologico e morale derivante da in

fortunio per causa di servizio. (1)

Diritto. — Il ricorso di appello è infondato.

Il sig. Candelli contesta alla sentenza del Tar Friuli-Venezia

Giulia di aver erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione

(1) La pronunzia in epigrafe si colloca nel solco della giurisprudenza costante, ordinaria ed amministrativa, in materia di riparto di giurisdi zione per le controversie proposte nei confronti della pubblica ammini strazione per il risarcimento danni e che spettano al giudice ordinario se viene evocato dal danneggiato un titolo di natura extracontrattuale ed al

giudice del rapporto di lavoro (amministrativo o ordinario, secondo il

d.leg. 29/93) se la domanda impinge nel campo della responsabilità contrattuale, secondo i criteri dettagliatamente esposti in Cass. 14 di cembre 1999, n. 900/SU, Foro it., Rep. 1999, voce Impiegato dello

Stato, nn. 1529, 1530, ed unanimemente applicati (ma Tar Lombardia 18 luglio 1998, n. 1913, ibid., n. 1532, ritiene di natura contrattuale la domanda di risarcimento del danno biologico conseguente ad infortunio sul lavoro causato da violazione da parte del datore di lavoro del pre cetto di cui all'art. 2087 c.c.); per un quadro generale della problemati ca in materia, dopo la novella di cui al d.leg. 80/98, v. Cons. Stato, ad.

plen., ord. 30 marzo 2000, n. 1, id., 2000, III, 365, con nota di Frac

chia; sempre sul riparto di giurisdizione dopo il d.leg. 80/98, con rife rimento alle controversie di pubblico impiego, Cass. 24 febbraio 2000, n. 41/SU, ibid., I, 1483; per la competenza della Corte dei conti in ma teria di responsabilità per danno non patrimoniale e di immagine nei confronti della pubblica amministrazione, Corte conti, sez. giur. Lazio, 29 ottobre 1998, n. 2246, ibid., Ill, 263, con nota di Giracca, e sez. II

app. 10 ottobre 2000, n. 298, Giust. it., aprile 2001, con nota di M. Pe rin: http://www.giust.it, a cura di G. Virga; per la legittimità del trasfe rimento in blocco al giudice ordinario della competenza a conoscere di

tutte le controversie aventi occasione in un rapporto di lavoro con un ente pubblico (nella specie, l'ente Poste italiane costituito in ente pub blico economico con d.l. 487/93), Corte cost., ord. 22 luglio 1998, n.

307, Foro it., 1999,1, 1135. Con specifico riferimento al rapporto di pubblico impiego, si segnala

ancora che la competenza a decidere sulle domande di risarcimento del danno conseguente alla mancata assunzione presso una pubblica ammi

nistrazione è attribuita in ogni caso al giudice ordinario, trattandosi di

diritto soggettivo sorto fuori del rapporto di lavoro (Cass. 20 febbraio

1999, n. 89/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 358; 19 novembre 1999, n.

799/SU, ibid., n. 362, e 17 novembre 1999, n. 790/SU, ibid., n. 361; contra, per la competenza del giudice del rapporto di lavoro, sul pre supposto che la pretesa non trova titolo autonomo nell'art. 2043 c.c. ma

è strettamente correlata alla posizione soggettiva del dipendente, Tar

Lazio, sez. Ili, 28 dicembre 2000, n. 12986, Trib. amm. reg., 2001, I,

126, m), mentre la competenza per le domande di risarcimento del dan no da ritardata assunzione è attribuita al giudice del rapporto di lavoro

(amministrativo fino al 30 giugno 1998 ed ordinario dopo) trattandosi di responsabilità contrattuale (Cass. 19 novembre 1999, n. 796/SU, Fo ro it., Rep. 1999, voce cit., n. 360, e 17 dicembre 1998, n. 12621, ibid., n. 357), come pure per la ritardata corresponsione della pensione, di

competenza della Corte dei conti (Cass. 28 ottobre 1998, n. 10732, id., 1999, I, 105, con nota di D'Auria); è considerata di natura extracon

trattuale, pur se occasionata dal rapporto di lavoro, anche la domanda rivolta in via solidale nei confronti di un ente pubblico per il danno economico e morale causato dal comportamento illegittimo di suoi fun zionari (Cass. 10 marzo 1999, n. 113/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n.

630), oltre che quella per il danno biologico, morale ed alla vita di rela

zione conseguente ad un infortunio sul lavoro (Tar Friuli-Venezia Giu lia 9 marzo 1998, n. 426, ibid., n. 631) o per il danno differenziale ri

spetto a quello indennizzato dall'Inail (Cass. 25 maggio 1999, n.

291/SU, ibid., n. 1527, e 1° settembre 1999, n. 620/SU, ibid., n. 1528), mentre è considerata di natura contrattuale la responsabilità per la co

stituzione di rendita vitalizia a norma dell'art. 13 1. 1338/62 a seguito della prescrizione dei contributi previdenziali non versati (Cass. 12 no

vembre 1999, n. 763/SU, ibid., n. 1531). In dottrina, da ultimo, con ri

ferimento alla 1. 205/00, A. Romano Tassone, Giudice amministrativo e

risarcimento del danno, in Giust. it., aprile 2001: http://www.giust.it, a

cura di G. Virga. Sulla nozione di danno biologico, cfr., da ultimo, la nota di richiami

a Cass. 10 novembre 2000, n. 14638, in questo fascicolo, I, 2308.

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PARTE TERZA 336

sulla propria domanda di risarcimento del danno psicofisico, estetico e morale dovuto ad infortunio subito nel 1986 negli uf

fici triestini della Croce rossa italiana, ente allora datore di lavo

ro.

La tesi non convince.

Non è stato affatto dichiarato in prime cure, né si trae con

certezza dalle conclusioni dell'atto introduttivo o dal richiamo

alla 1. 547/55 sulla sicurezza sui luoghi di lavoro (l'art. 2687

c.c. non risulta nemmeno evocato dal ricorso) che l'istante vo

lesse attivare la responsabilità contrattuale e non quella extra

contrattuale attinente al diritto alla salute costituzionalmente ga rantito.

Ora, è giurisprudenza assolutamente costante della Cassazio

ne (v., tra le moltissime, Cass., sez. un., 14 dicembre 1999, n.

900/SU, Foro it., Rep. 1999, voce Impiegato dello Stato, nn.

1529, 1530; 28 luglio 1998, n. 7394, id., Rep. 1998, voce cit„ n. 520; 4 novembre 1996, n. 9522, id., Rep. 1997, voce cit., n. 497;

19 giugno 1996, n. 5626, ibid., n. 498; 2 agosto 1995, n. 8459, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1247; 10 novembre 1979, n. 5781,

id., Rep. 1979, voce Previdenza sociale, n. 315) il principio se

condo cui, in ordine all'azione risarcitoria per la lesione della

propria integrità fisica esercitata da soggetto legato da rapporto di pubblico impiego attribuito, prima del d.leg. n. 29 del 1993

(anche dopo, per i casi rimasti), alla giurisdizione esclusiva del

giudice amministrativo, la qualificazione dell'azione in funzio

ne del riparto di giurisdizione (azione contrattuale al giudice

amministrativo; azione extracontrattuale al giudice ordinario)

deve avvenire, stante il carattere autonomo e prioritario della

tutela del diritto assoluto alla vita ed all'integrità fisica, nel sen

so prevalente della extracontrattualità.

Tanto va riscontrato non soltanto quando sia invocata espres samente la responsabilità aquiliana, ma pure tutte le volte che

non emerga una precisa scelta del danneggiato in favore della

responsabilità contrattuale: ciò che avviene quando, come è

stato nel caso sottostante, la richiesta risarcitoria sia generica mente riferita all'integrità fisica, senza deduzione della viola

zione dell'inosservanza di una specifica obbligazione contrat

tuale.

A tale ultimo proposito, la giurisprudenza richiamata e qui condivisa precisa che la semplice prospettazione dell'inosser

vanza dell'art. 2087 c.c. o di altre disposizioni legislative stru

mentali alla protezione delle condizioni di lavoro non è di per sé

sola sufficiente a giustificare la qualificazione dell'azione come

contrattuale, potendo detta citazione essere stata effettuata in

funzione esclusiva della dimostrazione della sussistenza dell'e

lemento soggettivo del reato di lesioni colpose e/o della confi

gurabilità dell'illecito come extracontrattuale.

Tali principi sono stati affermati precisamente in casi in cui si

faccia valere la condotta colposa del datore di lavoro con ri

guardo a danni ulteriori a quelli risarciti dall'Inail, consistenti

nel danno biologico e morale: proprio come sembra essere av

venuto nell'ipotesi di specie. Per le considerazioni rappresentate, in funzione della rilevata

ambiguità della domanda davanti ai primi giudici (il fatto che la

domanda sia stata rivolta al giudice amministrativo non è prova della volontà del soggetto istante, perché altrimenti non vi sa

rebbe mai bisogno di alcun intervento della Cassazione a deci

dere sui riparti di giurisdizione), la decisione del Tar Friuli-Ve

nezia Giulia appare corretta e l'appello deve essere respinto.

Il Foro Italiano — 2001.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 28 dicembre 2000, n. 6947; Pres. De Lise, Est. Troiano; Min. finanze e

altri (Avv. dello Stato De Felice) c. Collodoro e altri (Avv.

Polito). Annulla Tar Lazio, sez. 11, 4 novembre 1999, n.

2103.

Giustizia amministrativa — Appello al Consiglio di Stato —

Eccezione di prescrizione — Inammissibilità (Cod. proc.

civ., art. 345). Giustizia amministrativa — Appello al Consiglio di Stato —

Disposizioni del codice di procedura civile — Applicabilità (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali ammini strativi regionali, art. 28).

Al giudizio amministrativo in grado d'appello è applicabile l'art. 345 c.p.c. nel testo attualmente in vigore, introdotto

dall'art. 52 l. 26 novembre 1990 n. 353; di conseguenza l'ec

cezione di prescrizione, non rilevabile d'ufficio, non può es

sere proposta per la prima volta in appello. ( 1 )

Le norme di principio che disciplinano l'appello nel processo civile sono direttamente operative, in difetto di diversa dispo

sizione, anche nel processo amministrativo. (2)

II

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 2 marzo 1999,

n. 222; Pres. Paleologo, Est. Maruotti; Comune di Roma

(Avv. Carnovale) c. Loppi e altri (Avv. Klitsche de la

Grange). Annulla Tar Lazio, sez. I, 20 aprile 1996, n. 671.

Giustizia amministrativa — Appello al Consiglio di Stato —

Eccezione di prescrizione — Ammissibilità (Cod. proc. civ.,

art. 345). Giustizia amministrativa — Appello al Consiglio di Stato —

Disposizioni del codice di procedura civile — Applicabilità — Limiti (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, art. 28).

Al giudizio amministrativo in grado d'appello è applicabile l'art. 345, 1° comma, c.p.c., ma non il 2° comma; di conse

guenza l'eccezione di prescrizione, pur non rilevabile d'uffi

cio, può essere proposta per la prima volta in appello. (3) Le disposizioni che disciplinano l'appello nel processo civile

sono applicabili nel processo amministrativo solo in quanto risultino compatibili con i principi generali che regolano

l'appello nel processo amministrativo. (4)

(1-4) Le decisioni della quarta e della quinta sezione concludono in

senso opposto sull'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione per la

prima volta in grado d'appello. Alla base dei diversi orientamenti vi è

un'opinione divergente sull'applicabilità dell'art. 345 c.p.c. al processo amministrativo.

La giurisprudenza sul punto non è concorde.

a) L'art. 345 c.p.c. nella sua formulazione attuale è stato ritenuto ap

plicabile al processo amministrativo d'appello da Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2001, n. 789 (www.giustizia-amministrativa.it). Nel caso di

specie è stata esclusa l'ammissibilità in appello di nuovi documenti re

lativi alla questione di legittimità del provvedimento impugnato. Nello

stesso senso, sull'ammissibilità di nuovi documenti in appello, Cons.

Stato, sez. IV, 2 giugno 1999, n. 963, Foro it., 1999, III, 485, con nota

di richiami di A. Travi. a. 1) Un orientamento parzialmente difforme ritiene l'art. 345, 3°

comma, c.p.c. applicabile al processo amministrativo d'appello, ma

esclude i documenti dal divieto: in questo senso, Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2000, n. 7008 (www.g.iustizia-amministrativa.it); sez. V

15 novembre 1999, n. 1899, Foro amm., 1999, 2470. In entrambi i casi

il Consiglio di Stato ha riformato la pronuncia di inammissibilità del ri

corso sulla base di documenti comprovanti la legittimazione ad agire del ricorrente prodotti per la prima volta in appello.

Nel senso di escludere la prova documentale dal divieto posto dal

l'art. 345, 3° comma, c.p.c. è orientata anche la giurisprudenza civile

prevalente: da ultimo, App. Genova 3 marzo 1999, Foro it., Rep. 1999, voce Appello civile, n. 75; Cass. 8 gennaio 1999, n. 82, ibid., n. 73;

App. L'Aquila 16 novembre 1998, ibid., n. 74. Contra, Trib. Termini

Imerese, ord. 4 novembre 1998, ibid., n. 77, e, in dottrina, Canavese, Prime indicazioni giurisprudenziali in tema di nuovi documenti e di nuovi mezzi di prova in appello, in Giur. it., 1999, 2297; Ruffini, La

prova nel giudizio civile di appello, Padova, 1997.

a.2) Nel senso di ritenere incompatibile il divieto posto dall'art. 345, 3° comma, c.p.c. con i poteri istruttori del giudice amministrativo, v.

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