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Sezione VI; decisione 22 ottobre 1965, n. 643; Pres. Toro, Est. Longo; Soc. Raibl (Avv. Lorenzoni)...

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Sezione VI; decisione 22 ottobre 1965, n. 643; Pres. Toro, Est. Longo; Soc. Raibl (Avv. Lorenzoni) c. Min. finanze, industria, partecipazioni statali (Avv. dello Stato Varvesi), Soc. A.m.m.i. (Avv. G. Guarino, Urbani) Source: Il Foro Italiano, Vol. 89, No. 4 (APRILE 1966), pp. 245/246-255/256 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23155659 . Accessed: 25/06/2014 04:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Wed, 25 Jun 2014 04:17:16 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI; decisione 22 ottobre 1965, n. 643; Pres. Toro, Est. Longo; Soc. Raibl (Avv.Lorenzoni) c. Min. finanze, industria, partecipazioni statali (Avv. dello Stato Varvesi), Soc.A.m.m.i. (Avv. G. Guarino, Urbani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 89, No. 4 (APRILE 1966), pp. 245/246-255/256Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155659 .

Accessed: 25/06/2014 04:17

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GIURISPRUDENZ A AMM IN ISTR AT IVA

n. 375, furono emanate, con carattere di compiutezza, le disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia.

Con l'art. 5 della legge, per quello che qui interessa,

previa indicazione delle singole aziende di credito, fra le quali quelle gestite anche da enti privati (lett. 6), si stabilì che sulle aziende di credito tutte si attuava il con trollo dell'ispettorato per la difesa del risparmio e per l'eser

cizio del credito (art. 11 e segg. stessa legge). Per quanto, in particolare, concerneva la costituzione, e l'inizio di

operazioni creditizie da parte di nuove aziende disponeva l'art. 28 della stessa legge, stabilendo che all'uopo era

necessaria l'autorizzazione da parte del predetto ispetto rato.

Il capo di detto ispettorato che, fra l'altro, provvedeva alla esecuzione « dei compiti attribuiti all'ispettorato » era il governatore della Banca d'Italia (art. 12 detta legge). Nel sistema di detta legge poi i provvedimenti adottati

dal capo dell'ispettorato nell'esercizio delle funzioni discre

zionali di controllo (fra le quali rientravano le autoriz

zazioni richieste dal già menzionato art. 28) non erano

definitivi, atteso che l'art. 19 stessa legge stabiliva che i

medesimi erano soggetti « al solo sindacato (secondo la

terminologia dell'epoca) del Comitato dei ministri al quale

gli interessati possono proporre reclami, che non hanno

effetto sospensivo, entro il termine di un mese dalla data

di comunicazione del provvedimento ». Pertanto, è indubbio

che, vigente la legge del 1938, il provvedimento con il

quale veniva negata l'autorizzazione alla costituzione ed

all'esercizio di una azienda di credito non era provvedi mento definitivo impugnabile in via giurisdizionale, es

sendo soggetto a ricorso gerarchico improprio. Nè la situazione, ai fini della definitività o meno di detto

provvedimento, è mutata per effetto delle disposizioni di legge intervenute successivamente, che fanno sistema

con la legge bancaria fondamentale, atteso che le innova

zioni concernono profili di carattere organizzativo limitati.

Invero con decreto legisl. luog. 14 settembre 1944

n. 226 furono soppressi tanto l'ispettorato, quanto il Comi

tato dei ministri e le relative attribuzioni conferite al mi

nistero del tesoro (art. 1), sotto le funzioni di controllo e

di vigilanza di cui all'art. 5 della legge del 1938, demandate

alla Banca d'Italia (art. 2 legge del 44).

Dopo questa parentesi, determinata dalla legge del

1944, sostanzialmente e sia pure cor; diversità di organi, è

stato ripristinato il sistema di cui alla legge bancaria del

1938 con il decreto legisl. 17 luglio 1947 n. 691.

Precisamente con l'art. 1 di detta legge è stato isti

tuito un « Comitato interministeriale per il credito ed il

risparmio » al quale si applicano (secondo capoverso)

quanto alle competenze, alle facoltà e alle funzioni «... le

norme della legge 7 marzo 1938 n. 141 ». Nel mentre,

giusta il chiaro disposto dell'art. 2 della stessa legge del

1947, alla Banca d'Italia sono devolute le funzioni del

cessato ispettorato per la difesa del risparmio e per l'eser

cizio del credito ed al governatore della Banca d'Italia la

facoltà e le attribuzioni riconosciute già al capo del

l'ispettorato. Pertanto risulta chiaramente che avverso il provvedi

mento impugnato, adottato dal governatore della Banca

d'Italia nella suddetta qualità, andava proposto ricorso

gerarchico al Comitato interministeriale ex art. 1 decreto

legisl. 17 luglio 1947 n. 691. Quindi il ricorso proposto in questa sede direttamente avverso il provvedimento non

definitivo va dichiarato inammissibile.

Tuttavia, in considerazione della evoluzione legisla tiva e degli scarsi precedenti giurisprudenziali in materia,

appare scusabile l'errore del Naddeo, al quale pertanto

può esser accordato il beneficio della riammissione in ter

mine per proporre ricorso amministrativo al Comitato

interministeriale istituito ai sensi dell'art. 1 decreto legisl. 17 luglio 1947 n. 691.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione VI ; decisione 22 ottobre 1965, n. 643 ; Pres. Toro, Est. Longo ; Soc. Ràibl (Avv. Lorenzoni) e. Min.

finanze, industria, partecipazioni statali (Avv. dello

Stato Varvesi), Soc. A.m.m.i. (Avv. Gr. Guarino, Ur

bani).

Miniera e cava — Ricorso al Consiglio ili Slato —

Provvedimento impugnabile — Dispaccio tele

grafico — Fattispecie. Miniera e cava — Conferimento della gestione prov

visoria — Legittimità (E. d. 27 maggio 1946 n. 533, costituzione del comitato consultivo per le aziende

patrimoniali del demanio dello Stato, art. 3, lett. a). Miniera e cava — Concessione di miniera « erariale »

— Carattere pul>l)licistico — Giurisdizione del Con

siglio di Stato (R. d. 29 luglio 1927 n. 1443, norme di

carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la col tivazione delle miniere, art. 64, lett. c).

È provvedimento impugnabile con ricorso al Consiglio di Stato il dispaccio telegrafico, che costituisce l'unico mezzo di espressione della volontà dell'amministrazione, di attribuire ad un soggetto la gestione provvisoria di una

miniera, in via precaria e d'urgenza, respingendo impli citamente la domanda di proroga provvisoria della con

cessione presentata dalla concessionaria, destinataria del

telegramma. (1) E legittimo il conferimento della gestione provvisoria di una■

miniera, non preceduto da un esame comparativo delle

domande, e dall'avviso del consiglio delle aziende dema

niali dello Stato. (2) È competente il Consiglio di Stato, a sindacare la legittimità

dell' attribuzione a privati della utilizzazione di miniere c. d. « erariali », la quale avvenga mediante concessioni. (3)

La Sezione, ecc. — Ritiene la sezione clie, ai fini del

decidere, occorre innanzitutto procedere alla individua

zione, qualificazione ed accertamento del contenuto del

l'atto impugnato, anche in relazione all'esame delle ecce

(1) Per riferimenti, cfr. Cons, giust. amm. sic. 27 agosto 1964, n. 320, Foro it., Rep. 1964, voce Autorizzazione ammini strativa, n. 4 ; Cons. Stato, Sez. VI, 16 maggio 1950, id., Rep. 1950, voce Miniera, n. 38.

(2-3) I. — Non risaltano precedenti specifici sulle due massime.

Per l'ammissibilità di negozi privatistici, aventi per oggetto l'utilizzazione di beni del patrimonio indisponibile, v. Cass. 12 giugno 1963, n. 1575, Foro it., Rep. 1964, voce Concessioni amministrative, n. 8 ; App. Bologna 2 febbraio 1961, id., Rep. 1961, voce Demanio, n. 33 ; Cass. 9 dicembre 1960, n. 3209, id., 1961, I, 624, con nota di richiami.

Per l'ammissibilità, nella stessa ipotesi, di concessioni pub blicistiche, v. Cass. 9 aprile 1964, n. 811, id., Rep. 1964, voce cit., n. 40. Per riferimenti, cfr. Cass. 12 gennaio 1966, n. 207, in questo volume, I, 212, con nota di M. Nigro, su di un im

portante caso nel quale la qualificazione dell'atto dell'ammi nistrazione come concessione, oppure come convenzione, rile vava ai fini della determinazione del giudice competente.

II. — Come avverte la decisione riportata, le miniere di zinco di Raibl, come le altre miniere situate nelle nuove provin ce, erano disciplinate con il r. decreto legge 23 maggio 1924 n. 923, convertito con legge 17 aprile 1925 n. 473 (v., in proposito, C. Vitta, Il diritto dello Stato sulle miniere di fronte al concetto di demanio pubblico, n. 8, in Studi di diritto pubblico in onore di O. Ranelletti, 1931, II, pag. 381) ; l'art. 64 c r. decreto 29 luglio 1927 n. 1443 dispone che nulla è innovato all'ordinamento giu ridico e al sistema di utilizzazione delle miniere pertinenti allo Stato.

III. — Sull'art. 226 del trattato istitutivo della C.e.e., su cui la decisione riportata si diffonde, v., a proposito dell'isola mento del mercato italiano della seta, Corte giust. Comunità

europee 17 giugno 1965 in causa 32/64, Foro it., 1965, IV, 145, con osservazioni di N. Catalano, cui adde Gobi, in Trattato istitutivo della C.e.e., diretto da R. Quadri, R. Monaco, A.

Trabucchi, III, pag. 1642.

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PARTE TERZA 248

zioni pregiudiziali sollevate dalle amministrazioni resistenti? e dalla controinteressata. A tale effetto, appare essenziale ,

l'apprezzamento degli atti e del comportamento delle

parti, anteriori alla data di emanazione del provvedimento

impugnato nonché, ai fini della delimitazione dell'oggetto del ricorso, anche la valutazione degli atti adottati suc

cessivamente alla data medesima. Si è già accennato che la convenzione 10 aprile 1933,

concernente la concessione dell'esercizio delle miniere di

Kaibl, approvata con r. decreto legge 13 aprile 1933 n. 392, convertito nella legge 28 giugno 1933 n. 1039, nel dichia

rare rescisse le precedenti convenzioni, fissava la scadenza

della nuova convenzione alla data del 30 giugno 1965.

Per l'ulteriore rinnovo di questa, a partire dal 1949 e, poi, nel 1959, il 15 dicembre 1961, il 4 luglio 1962 ed il 22 feb braio 1965, la ricorrente presentava varie domande, via

via modificate a seconda di preliminari trattative inter

venute con l'amministrazione finanziaria o, a seguito della pubblicazione della legge costituzionale 31 gennaio 1963 n. 1, di approvazione dello statuto della Regione Friuli-Venezia. Giulia (che ha disposto il trasferimento al

nuovo ente delle miniere esistenti nel suo territorio), con

la rappresentanza politica della Regione stessa. Peraltro, tali domande e trattative devono ritenersi tutte superate, in quanto in data 27 aprile 1963, preso atto del nuovo

orientamento dell'amministrazione inteso ad attuare una

soluzione provvisoria per non pregiudicare gli interessi

della Regione, la società del Predil presentò nuova do

manda diretta ad ottenere « una proroga pura e semplice »

della convenzione. In effetti, sulla base di tale domanda la direzione generale del demanio formulò uno schema di

convenzione di « proroga dell'atto di concessione delle

miniere di Raibl » fino al 31 dicembre 1964, che fu sotto

scritto per accettazione dal presidente della società in

data 31 maggio 1963. Nella medesima data, il ministro

delle finanze, con un comunicato ufficiale diramato dal

l'A.n.s.a., precisò che il suo dicastero si era orientato verso

una soluzione transitoria, e cioè la proroga di breve durata

all'attuale concessionaria, che consente di rinviare ogni decisione in ordine all'impegnativa assunzione della nuova

definitiva concessione. Lo schema di proroga fu trasmesso

per il parere al Consiglio di Stato, che espresse avviso

favorevole il successivo 11 giugno 1963.. Tuttavia, con

telegramma del 28 giugno, il ministro delle finanze, richia

mate le « intese intercorse con ministri industria e commercio

e partecipazioni statali », disponeva l'assunzione della

consegna del compendio minerario, ai sensi dell'art. 2

della convenzione scadente il 30 giugno, nonché la imme

diata successiva consegna dello stesso alla società A.m.m.i., « che assumerà dal 1° luglio prossimo gestione provvisoria in attesa regolarizzazione formali rapporti ».

Quest'ultima società aveva a sua volta chiesto, in

precedenza, con domande presentate nel 1959 e nel 1961, la concessione dell'esercizio delle miniere anzidette e tali istanze erano state vivamente segnalate dai ministri per l'industria e il commercio e per le partecipazioni statali ;

quest'ultimo, anzi, subito dopo il comunicato dell'agenzia A.n.s.a., aveva sollecitato, con fonogramma del 6 giugno, una riunione interministeriale affinchè al problema fosse

data una soluzione conforme alle direttive a suo tempo

impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. La società del Predil ha impugnato in questa sede,

chiedendone l'annullamento, « la determinazione mini

steriale di data imprecisata, comunicata con dispaccio

telegrafico 28 giugno 1963, relativa all'affidamento del

l'esercizio del compendio minerario di Raibl all'A.m.m.i., e al rigetto della domanda della ricorrente per la proroga della concessione ».

Ciò premesso, occorre procedere, come s'è avvertito, alla individuazione e qualificazione dell'atto, nonché al

l'accertamento del suo contenuto, anche in relazione al

l'esame delle eccezioni pregiudiziali e, in particolare, per intanto, di quello concernente il preteso difetto di un atto

amministrativo impugnabile.

a) La ricorrente ha ritenuto, come anche risulta

dall'atto di interpello, che il dispaccio telegrafico succitato

«fosse la comunicazione di una formale determinazione

y ministeriale. In realtà, tale pregressa determinazione non

esiste. Ma non per questo può convenirsi nella eccezione della controinteressata, secondo cui mancherebbe addi rittura un atto amministrativo impugnabile, in quanto il telegramma non costituisce una forma idonea per l'ado zione di un provvedimento amministrativo. La società

del Predil ha impugnato una presunta determinazione

nella ragionevole opinione che il ministero delle finanze

avesse inteso provvedere con un atto formale all'affida

mento all'A.m.m.i. della gestione provvisoria del com

pendio minerario, e, eventualmente, con lo stesso atto, avesse inteso manifestare il proprio diniego sulla domanda

di proroga provvisoria. Tuttavia, se il provvedimento formale non è stato adottato, esiste comunque una pretesa manifestazione di volontà dell'amministrazione, di cui il dispaccio telegrafico non è soltanto lo strumento di

comunicazione, ma insieme il mezzo, sia pure informale, di espressione. E poicliè non è dubbio clie la ricorrente abbia voluto impugnare tale manifestazione, è irrilevante che essa abbia fatto riferimento ad una anteriore deter minazione formale, in effetti inesistente ; che poi, nella

specie, il dispaccio telegrafico non costituisca una forma

idonea per l'adozione di un provvedimento amministrativo, è assunto che non si può condividere, perchè, come la

stessa soc. A.m.m.i. sostiene, con esso, ben vero, non si

disponeva della concessione delle miniere, ma se ne attri buiva la gestione provvisoria, in via precaria e d'urgenza, alla medesima.

b) La qualificazione dell'atto, per una parte, risulta direttamente dal suo esplicito contenuto. Essendo im minente la scadenza del termine trentennale della con venzione e in considerazione della peculiare natura del

compendio minerario, la cui gestione richiede l'esistenza di organismi operativi particolarmente idonei e tecni camente attrezzati, dei quali l'amministrazione non ha la

disponibilità, essa ha dovuto ricorrere all'opera altrui e ciò ha fatto attribuendo all'A.m.m.i. la gestione provvisoria del compendio, come si è detto, in attesa della « regola rizzazione formale dei rapporti ». Trattasi, dunque, di un provvedimento atipico, a carattere interventorio, adot tato in via precaria, in attesa dell'azione di atti formali,

previo espletamento delle procedure di legge. Se questo soltanto fosse il contenuto dell'atto impugnato (l'affida mento, cioè, in gestione provvisoria all'A.m.m.i. del com

pendio minerario), dovrebbe convenirsi nella eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di titolarità da

parte della ricorrente di una posizione qualificata di interesse

legittimo da tutelare. Ma, in realtà, il provvedimento impugnato non esaurisce il suo contenuto nei limiti anzi detti.

c) Invero, è da ritenere che esso contenga, implicita ma inequivoca, la manifestazione della volontà dell'am ministrazione di respingere, al contempo, l'istanza di pro roga provvisoria avanzata dalla società del Predil.

Da un lato, si è già rilevato come il ministero delle finanze si fosse orientato nel senso dell'accoglimento di tale istanza e come tale orientamento, oltreché ufficial mente manifestato, si fosse concretato nell'adozione di atti del procedimento (quali, soprattutto, la redazione dello schema di relativa convenzione, la sottoscrizione dello stesso per accettazione da parte del presidente della

società, la. sottoposizione di esso al parere del Consiglio di Stato, favorevolmente pronunciatosi), ormai prossimo alla conclusione. Una elementare obiettiva esigenza di coerenza dell'azione amministrativa impone di ravvisare nel provvedimento impugnato, ancorché non espressa, la determinazione di non dare ulteriore corso al proce dimento in via di definizione e, quindi, di respingere l'istanza di proroga.

Daltro lato, il dispaccio telegrafico contiene una espres sione che trova la sua unica ragione logica proprio nell'in tento di fornire una spiegazione del repentino abbandono della procedura in corso e che, perciò, implica chiara mente la volontà di respingere l'istanza anzidetta. Si

legge, infatti, nel dispaccio, subito dopo il riferimento

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

alla convenzione in scadenza, la frase « relazione intese intercorse con ministri industria commercio e parteci

pazioni statali », la quale, mentre sarebbe stata superflua ove l'amministrazione avesse puramente e semplicemente voluto far operare la clausola di scadenza, di efficacia

ovviamente automatica, acquista ragione e significato se

riferita a quella nuova e diversa valutazione dell'interesse

pubblico, scaturita in sede di intese interministeriali, in

virtù della quale il dicastero finanziario, con legittima determinazione, come si dirà, ritenne opportuno addi

venire ad una diversa soluzione, egualmente contraddi

toria, del problema della gestione delle miniere.

Pertanto, motivi di coerenza logica, di puntuale inter

pretazione della volontà amministrativa, di razionale

valutazione del comportamento dell'amministrazione, indu

cono a concludere nel senso che il provvedimento impugnato

contenga, implicita ma non equivoca e sufficientemente

obicttivata, la determinazione di respingere la domanda di

proroga provvisoria della concessione.

Siffatta conclusione consente di superare quelle ecce

zioni di inammissibilità dedotte sotto il profilo della natura

di atto interno dell'affidamento in gestione provvisoria o sotto quello della mancanza di un obbligo dell'ammini

strazione di provvedere sull'istanza di proroga o comunque di provvedere entro un certo termine ; poiché, infatti, l'amministrazione ha provveduto, il diniego di proroga lede immediatamente, per questa parte, l'interesse legit timo della ricorrente.

d) Precisato il contenuto del dispaccio telegrafico nell'ambito suindicato, è agevole dedurre che è estraneo

ad un provvedimento formale di concessione a favore

dell'A.m.m.i., provvedimento che, infatti, fu adottato

successivamente a più di un anno di distanza, con decreto

ministeriale 20 luglio 1964. Quest'ultimo, peraltro, non

è stato impugnato dalla ricorrente, sicché debbono ritenersi

inammissibili tutti quei motivi di gravame che non concer

nono direttamente l'affidamento in gestione provvisoria delle miniere all'A.m.m.i., sibbene soltanto sostanzial

mente con rapporto concessivo, instaurato solo con il

successivo provvedimento di formale concessione.

Che il dispaccio telegrafico abbia un contenuto limitato

nei sensi suespressi, è incontestabile. Necessaria, pertanto, era l'impugnativa del successivo provvedimento, se si

intendeva censurare anche la legittimità dell'atto di con

cessione. Né vale opporre che quest'ultimo ha decorrenza

dal 1° luglio 1963, poiché tale effetto retroattivo (comunque non comprendente l'intero periodo della gestione provvi soria, iniziatasi col 1° giugno), non elimina la diversità

qualitativa del titolo giuridico (gestione provvisoria il

primo, concessione formale il secondo) dell'affidamento

e non poteva perciò esimere la ricorrente dall'onere di

impugnare anche il provvedimento concessivo.

Conseguentemente, non possono avere ingresso in

questa sede :

1) il terzo motivo di ricorso, concernente la viola

zione di principi generali sul conferimento delle concessioni

amministrative, in particolare dei principi dell'esame

comparativo delle varie domande e della scelta motivata

nel conferimento della concessione, dal momento che il

provvedimento impugnato concerne non un atto concessivo, sibbene un atto di mero affidamento in gestione provvi soria, di carattere precario ed interlocutorio, in ordine

al quale il richiamo di principi anzidetti appare non perti nente ; ad ogni modo, ove si volesse ritenere che il motivo,

per quanto impropriamente formulato, sia diretto anche a

contestare la legittimità, sotto l'indicato profilo, dell'atto

di conferimento della gestione provvisoria, sarebbe agevole rilevarne l'infondatezza, poiché l'amministrazione non aveva

certamente obbligo alcuno di procedere ad un esame com

parativo per dar luogo ad un affidamento della mera

gestione provvisoria del compendio minerario, resa neces

saria dalla esigenza assoluta di evitare di doverne sospen dere la coltivazione ; e poiché, comunque, l'avvenuta

scelta a favore dell'A.m.m.i., sia pure in relazione all'af

fidamento della predetta gestione è, nel dispaccio telegra

fico, motivata per relationem con riferimento alle « intese

intercorse » coi ministri dell'industria e commercio e delle

partecipazioni statali, intese in ordine alle quali la ricor

rente non ha dedotto alcun motivo di gravame, principale od aggiunto ;

2) il quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce

eccesso di potere per falsità della causa e sviamento, per la parte in cui tali censure debbono intendersi riferite al

provvedimento di concessione, che, come si è visto, non è

stato oggetto di impugnativa. e) Inoltre per effetto del rilevato accertamento del

contenuto del provvedimento impugnato, risultano infon

dati, indipendentemente da ogni altra questione pregiu diziale e di merito, i seguenti ulteriori motivi :

1) la prima parte del primo mezzo, con la quale si

deduce una censura di incompetenza, in quanto l'am

ministrazione delle finanze avrebbe provveduto, oltreché

ad affidare all'A.m.m.i. la gestione del compendio mine

rario, ad attribuire alla stessa anche i permessi di ricerca

e di autorizzazione alla asportazione del minerale, rilasciati

alla ricorrente dal ministero dell'industria e del commercio,

competente in materia. La censura, peraltro, si basa su

un equivoco, successivamente chiarito fra le stesse parti,

poiché il provvedimento impugnato concerne esclusiva

mente il compendio minerario e non contiene alcuna

statuizione che importi revoca o trasferimento o affida

mento all'A.m.m.i. dei permessi di ricerca e delle relative

autorizzazioni all'asportazione del minerale rilasciati alla

società ricorrente dal competente dicastero dell'industria ;

2) la seconda parte del primo mezzo, concernente la

pretesa violazione dell'art. 3, lett. a), del r. decreto 27

maggio 1946 n. 533, per essere stata la concessione al

l'A.m.m.i. disposta senza il previo avviso del consiglio delle aziende demaniali dello Stato, tassativamente pre scritto dalla citata norma. Senoncliè, a prescindere da ogni altra questione, la censura è infondata in quanto il parere del comitato consultivo per le aziende patrimoniali del

demanio dello Stato (che ha sostituito il soppresso con

siglio delle aziende patrimoniali del demanio dello Stato) deve essere sentito, ai sensi della suindicata disposizione, sui « progetti di convenzione per la concessione dell'eser

cizio delle aziende patrimoniali », mentre, come si è visto, il provvedimento impugnato ha disposto semplicemente l'affidamento all'A.m.m.i., in mera gestione provvisoria, del compendio minerario.

Precisati il valore ed il contenuto del dispaccio tele

grafico e identificati i motivi che, in relazione a tale valore

e contenuto, debbono ritenersi non estranei all'atto impu

gnato (precisamente il secondo ed il quarto mezzo, nelle

parti in cui sono riferibili allo affidamento in gestione

provvisoria e non al provvedimento concessivo), occorre

procedere all'esame delle ulteriori eccezioni pregiudiziali. a) La difesa dell'A.m.m.i. deduce, dopo l'eccezione

d'inammissibilità del ricorso per inesistenza dell'atto

amministrativo, che si è già ritenuta non meritevole di

accoglimento, quella di inammissibilità per acquiescenza, in quanto l'unico e vero provvedimento amministrativo

sarebbe quello di concessione, successivamente adottato

e non impugnato dalla società ricorrente. Anche questa eccezione, peraltro, è da respingere per le medesime ra

gioni, che qui si richiamano, esposte sopra, a proposito della prima.

b) Sempre da parte della società controinteressata

si deduce l'ulteriore eccezione di improcedibilità del ricorso

per cessazione della materia del contendere, in quanto, scaduta la data del 31 dicembre 1964, fino alla quale sol

tanto la ricorrente aveva chiesto la proroga della conces

sione, non esiste alcun'altra domanda di concessione per il periodo successivo, né è possibile sostenere che sussista

un interesse a far valere la illegittimità del provvedimento

per il periodo già trascorso.

L'eccezione va disattesa, perchè si basa sul presup

posto, erroneo che l'amministrazione non abbia provve duto sulla domanda di proroga, né avesse obbligo di prov

vedere, tanto meno entro una certa data. Ma, come si

è rilevato, l'interpretazione del provvedimento impugnato conduce a ritenere, al contrario, che l'amministrazione

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PARTE TERZA 252

abbia provveduto su tale istanza, respingendola, sicché»

non può escludersi l'interesse della ricorrente a provocare,!! in questa sede, l'accertamento della legittimità dell'atto l

stesso, a tutela di una sua posizione soggettiva qualificata dal fatto stesso che l'anzidetta domanda era stata presa in esame. Che poi, l'amministrazione non sarebbe oggi in grado di provvedere, in via d'ipotesi, sull'accoglimento della domanda, essendo scaduto il termine massimo al quale

questa si riferiva, è affermazione non attendibile, dal mo

mento che è da ammettersi, per ogni possibile effetto,

un interesse della ricorrente ad ottenere, non un provve dimento qualsiasi di diniego di proroga, ma un provvedi mento legittimo, sia pure limitato nel tempo con efficacia

contenuta entro il termine predetto. Nè, infine, varrebbe

opporre che il successivo atto di concessione prenda data

dal 1° luglio 1963 ; invero, a parte la considerazione che

l'efficacia retroattiva attribuita all'atto medesimo non

copra l'intero periodo della gestione provvisoria, è piut tosto da ritenere che la conferita retroattività non ha

travolto il provvedimento impugnato, ma ha operato su

un piano diverso ; allo scopo, infatti, di conseguire il rico

noscimento di taluni effetti, si è considerata, mediante

una fictio, quale gestione a titolo concessivo anche il con

ferimento della gestione provvisoria del compendio mi

nerario.

e) Altra eccezione sollevata dalla controinteressata

concerne il difetto di giurisdizione di questo consiglio sotto

un primo profilo : poiché le miniere in questione hanno

natura di miniere erariali, appartenendo allo Stato fin da

epoca anteriore al 1927 e sono disciplinate, pertanto, dal

l'art. 64, lett. c), della legge mineraria, sarebbero soggette unicamente ai principi del regime giuridico della patri monialità e dovrebbero essere, quindi, gestite in base alle

sole norme comuni ai sensi patrimoniali, salvo il limite

della indisponibilità; ciò premesso, la difesa dell'A.m.m.i.

ne trae la conseguenza che gli atti con i quali l'ammini

strazione provvede alla loro gestione sono atti di diritto

privato, sottratti come tali ad ogni impugnativa avanti

questo consiglio. Questa tesi non può essere condivisa.

Le miniere del Kaibl, pervenute all'Italia a seguito della avocazione delle proprietà appartenenti a sudditi

nemici, austriaci e tedeschi, subito dopo la prima guerra

mondiale, vanno annoverate nella categoria delle miniere

c. d. erariali, di quelle miniere, cioè, di proprietà dello

Stato fin da epoca anteriore al 1927, anno in cui, com'è

noto, fu emanato il r. decreto 29 luglio 1927 n. 1443 che, nell'unificare la legislazione mineraria, introdusse il regime del c. d. sistema demaniale, nel significato di attribu

zione allo Stato della proprietà delle miniere di poi espli citamente accolto dal vigente codice civile, che ha quali ficato le miniere come beni appartenenti al patrimonio

mdisponibile dello Stato.

Pur non contestando che anche le miniere c. d. erariali

sono beni del patrimonio indisponibile dello Stato, la

difesa dell'A.m.m.i. sostiene che esse sono sottoposte ad

un regime giuridico diverso da quello della generalità delle miniere : mentre queste ultime, pur rimanendo beni

patrimoniali, sono assoggettate alla disciplina pubblici stica prevista dagli art. 1-63 della legge, le prime, invece, sono soggette al regime giuridico delle miniere già perti nenti allo Stato, le quali, ai sensi dell'art. 64, lett. e), devono

continuare ad essere gestite in base alle sole norme comuni

ai beni patrimoniali, fermo il solo vincolo della indispo nibilità, e quindi mediante atti di diritto privato. Ma, se è esatta la premessa (che, cioè, per le miniere erariali

è previsto un particolare regime giuridico), non è altret

tanto esatta la conseguenza che se ne trae (che tale regime, cioè, sia quello di diritto privato).

Deve, innanzitutto, riaffermarsi che anche le miniere

c. d. erariali fanno parte, nel vigente ordinamento, del

patrimonio indisponibile dello Stato, come in sostanza non nega la difesa dell'A.m.m.i., nel sottolineare in ogni caso la salvezza del vincolo di indisponibilità ; ora, se è

vero che tale vincolo non vale a identificare la natura

^giuridica dei beni del patrimonio indisponibile con quella

dei beni demaniali, è tuttavia da ritenere che il limite

della destinazione, che ai beni medesimi inerisce, importa, in via di massima, la loro soggezione al regime di diritto

pubblico per quanto concerne la utilizzazione.

Queste conclusioni valgono in particolare per i beni

minerari, i quali, nella eterogeneità dei beni del patri monio indisponibile, sono quelli che più spiccatamente assumono un carattere pubblicistico, tanto che la loro

disciplina è ietta esclusivamente da principi e regole di

diritto pubblico. I beni del patrimonio indisponibile sono anch'essi beni

pubblici (con i beni demaniali, dai quali si distinguono non tanto per ragioni ontologiche quanto piuttosto in

virtù di qualificazione formale), e proprio per tale loro

configurazione sono sottoposti ad imo speciale regime di diritto pubblico, che trova ragione e giustificazione nella loro medesima essenziale destinazione, essendo essi

diretti ad assolvere ad un particolare pubblico interesse.

Le miniere, poi, essendo originariamente riservate allo

Stato, a questo unicamente ed istituzionalmente appar tenendo (tanto da doversi escludere la possibilità sulla

loro alienazione ad enti pubblici diversi, salvo il trasferi

mento ex lege a favore di alcune regioni a statuto speciale), e presentando una destinazione che è stata chiamata, da

una recente dottrina, nazionale (per sottolineare che le

relative utilizzazioni sono tratte, non direttamente dallo

Stato, ma dalla collettività, nel senso che lo sfruttamento

delle miniere, pur essendo normalmente conferito in con

cessione a imprenditori privati, è tuttavia diretto a sod

disfare una utilità collettiva), sono interamente sotto

poste ad un regime pubblicistico. A questa non si sottraggono nemmeno le miniere c. d.

erariali. La salvezza che l'art. 64, lett. e), della legge mine

raria pone a favore dell'ordinamento giuridico e del si

stema di utilizzazione delle miniere pertinenti allo Stato

non significa, come ritiene la difesa dell'A.m.m.i., esen

zione dalla disciplina di diritto pubblico e soggezione pura e semplice ai principi di diritto privato sui beni patri moniali, sibbene ha il più limitato valore di una norma di

conservazione della disciplina propria e peculiare di tale

tipo di miniere, che possono essere gestite direttamente dallo Stato, tramite il dicastero delle finanze. Il richiamo

all'art. 64 succitato non equivale, in contrapposizione al

regime concessionale prescritto dalle precedenti norme

della legge mineraria, ad un rinvio alle norme di diritto

privato, ha soltanto un effetto, come s'è rilevato, di con

servazione delle particolari discipline dettate per tali

miniere.

Ora, per quanto riguarda le miniere del Kaibl, esse

trovano una particolare disciplina nelle disposizioni del

r. decreto legge 23 maggio 1924 n. 923, sul riordinamento

delle aziende minerarie erariali delle nuove province, nonché nelle disposizioni del decreto min. 26 luglio 1924. L'art. 1 della legge 26 maggio 1939 n. 795 ha, poi, tra

sferito al ministero delle finanze le attribuzioni già deman

date al ministero delle corporazioni in ordine all'ammini

strazione delle aziende minerarie demaniali site nelle nuove

province. Le norme succitate prevedono la gestione diretta

da parte dello Stato delle miniere anzidette, mediante

gestioni scelte fra il personale del corpo delle miniere, cui spetta la direzione di tutti i servizi tecnici ed ammini

strativi. Ciò spiega perchè la concessione di esercizio delle

miniere di Raibl fu autorizzata con r. decreto legge 13

aprile 1933 il. 392, convertito nella legge 28 giugno 1933

n. 1039, dovendosi per esse innovare nel regime di gestione diretta, generalmente stabilita in via legislativa per le

aziende minerarie erariali delle nuove province. Ma la

sottrazione, come nel caso in esame, al regime della ge stione diretta da parte dello Stato non autorizza affatto

a ritenere che le miniere erariali vivono nell'orbita del

diritto comune proprio di tutti i beni patrimoniali ; al

contrario, ove tale peculiare regime non sia esplicato, esse, in considerazione della loro natura e del vincolo di

destinazione, sono di massima soggette a disciplina pub

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

blicistica, ancorché si debba ammettere che il relativo

rapporto concessionale differisca dalla comune concessione

mineraria in ordine a diversi elementi.

Coerentemente è da ritenere che gli atti emanati dal l'amministrazione finanziaria in ordine alla loro gestione sono esplicazione di una funzione pubblica, avendo ad

oggetto beni pubblici : atti, dunque, qualificabili come

provvedimenti amministrativi, epperò sottoposti alla giu risdizione di legittimità di questo consiglio. E, in effetti, l'atto impugnato attiene alla gestione indiretta delle mi

niere, in quanto l'attribuisce in via provvisoria all'A.m.m.i.

negando nel contempo alla ricorrente la proroga della

concessione.

d) L'amministrazione resistente e la società controin

teressata deducono, infine, il difetto di giurisdizione di

questo consiglio sotto un ulteriore profilo : la concessione

all'A.m.m.i., affermano, è stata effettuata a seguito di

trattativa privata, ma in questa la posizione degli even

tuali aspiranti esclusi non è giuridicamente tutelata, perchè essi non sono titolari nè di diritti perfetti, nè di interessi

legittimi ; nessun interesse legittimo è prospettabile in

relazione al modo nel quale il potere di trattativa privata viene esercitato, e di tale valutazione l'amministrazione

non risponde nei confronti di terzi e nei confronti dello

stesso sindacato giurisdizionale di legittimità. Tali principi sono in astratto esatti, sempre che siano

riferiti all'attività contrattuale di diritto dell'amministra

zione e questa effettivamente faccia ricorso al sistema della

trattativa privata, senza provocare, sia pure in via non

formale, un concorso di domande. Ma, nella specie, il loro

richiamo non appare pertinente : a parte, infatti, che in

materia di concessioni amministrative devesi piuttosto ritenere operante il criterio secondo cui l'amministrazione

è tenuta, salvo eccezioni, a procedere ad una valutazione

comparativa delle domande nel pubblico interesse (cfr. Sez. IV 16 gennaio 1962, n. 37, Foro it., Bep. 1962, voce

Incanti, n. 5), è decisivo il rilievo già più volte enunciato

che il provvedimento impugnato concerne non solo l'affi

damento all'A.m.m.i. della gestione provvisoria del com

pendio minerario, ma altresì il diniego di proroga della

concessione a favore della ricorrente, il quale direttamente

e immediatamente lede l'interesse qualificato dalla stessa ;

ed anzi, le predette manifestazioni di volontà sono stretta

mente collegate sul piano logico e giuridico, sì da costi

tuire sostanzialmente una unica determinazione volitiva.

Pertanto, anche sotto il profilo in esame deve ammettersi

che la ricorrente è titolare, non di un mero interesse sem

plice (qual'è quello di un eventuale aspirante alla conces

sione assentita ad altri al di fuori di un procedimento

concorsuale), sibbene di una posizione soggettiva ben

qualificata di interesse legittimo, la cui tutela è assicurata

dal sindacato generale di legittimità di questo consiglio.

e) Per ultimo, la riconosciuta giurisdizione del giudice amministrativo è assorbente di ogni altra questione rela

tiva alla configurability del c. d. diritto di insistenza a

favore dell'ex concessionaria, in quanto inteso a costituire, alla scadenza naturale della concessione, una posizione di interesse tutelabile. Il ricorso, infatti, può avere ingresso, nei limiti a suo tempo indicati, indipendentemente dalla

risoluzione di tali questioni. Nel merito, peraltro, il secondo ed il quarto motivo,

già ritenuti ammissibili nella parte in cui sono diretti a

censurare il provvedimento impugnato, secondo il conte

tenuto ed il valore che si è riconosciuto di dovergli attri

buire, sono infondati.

In sostanza, la ricorrente lamenta che l'affidamento

della gestione provvisoria delle minieredi Eaibl all'A.m.m.i.

ed il contestuale diniego ad essa della proroga della con

cessione in scadenza sarebbero immotivati, contraddit

tori e privi soprattutto di una valida giustificazione di

pubblico interesse : l'amministrazione avrebbe agito se

condo la più arbitraria autonomia contrattuale e non,

come doveva, secondo criteri di utilità pubblica. Ma tali

censure trovano smentita negli atti e documenti esibiti

dal ministero resistente.

Che, innanzitutto, il provvedimento impugnato sia

privo di motivazione, è assunto non rispondente al vero,

perchè il dispaccio telegrafico fa espresso riferimento

alle « intese intercorse con ministri industria e commercio

e partecipazioni statali » ; la motivazione, sia pure ab

relationem, perciò non manca e, anzi, è ampia ed esau

riente, poiché si ricava sia dal carteggio intervenuto in

un primo tempo con i dicasteri sindacali (cfr. in particolare le lettere 23 luglio 1962 del ministro per l'industria ed

il commercio, 3 ottobre 1962 del ministro per le parteci

pazioni statali), sia dagli atti della Commissione della Co

munità economica europea relativi alle determinazioni

circa l'isolamento del mercato italiano per il piombo e lo

zinco, sia ancora dagli interventi del ministero delle parte

cipazioni statali (fonogramma del 6 giugno 1963 e suc

cessive lettere e promemoria posteriore alla nota comu

nicazione del ministro delle finanze effettuata mediante

l'agenzia A.n.s.a.). Detto fonogramma, fra l'altro, rileva

l'opportunità che la soluzione della questione « venga

previamente concordata giusta direttive a suo tempo

impartite da Presidenza Consiglio ministri », ed invita

il ministero delle finanze a rinviare ogni decisione all'esito

di « apposita riunione interministeriale che avrà luogo massima sollecitudine al fine esaminare ogni aspetto pro blema contemperando interessi Regione Friuli-Venezia

Giulia con esigenze risanamento settore piombo e zinco

in relazione anche impegni assunti in sede C.e.e.».

A seguito di tali interventi, riesaminata la questione anche alla luce di una più ampia considerazione del pro blema nei suoi vari aspetti, il ministero delle finanze modi

ficò il proprio orientamento, convenendo, come si dirà, nella

necessità di adeguamento immediato dell'esercizio delle

miniere di Raibl alle direttive del piano di risanamento del

settore del piombo e dello zinco, la cui completa attua

zione doveva aver luogo entro il 1965. E poiché, d'altra

parte, permaneva l'opportunità di dar corso ad una solu

zione transitoria, per non pregiudicare ogni futura deci

sione definitiva della Regione, il ministero predetto af

fidò all'A.m.m.i., che già da tempo aveva presentato do

manda di concessione, la gestione provvisoria del com

pendio minerario. Il modificato orientamento, dunque, e la conseguente

diversa determinazione ministeriale non sono il frutto ar

bitrario di una immotivata decisione, sibbene la conclu

sione razionale di una più ampia e completa valutazione

dei diversi aspetti del problema, talché del tutto inatten

dibile appare la censura di contraddittorietà.

In realtà, è incontestabile che il provvedimento im

pugnato trova ragione in ben individuate esigenze di in

teresse pubblico, non estranee alla peculiare azione ammini

strativa : di fronte a tale accertamento deve arrestarsi la

cognizione di questo consiglio, poiché ogni ulteriore apprez zamento del grado e della intrinseca validità di detto in

teresse esulerebbe dal giudizio di legittimità per invadere il campo dello stesso merito amministrativo, la cui valuta

zione è in questa sede preclusa. Le accennate ragioni di interesse pubblico risultano

con certezza dagli atti esibiti dall'amministrazione. Nei trascorsi anni si è venuta a determinare e si è progressiva mente aggravata una situazione di inferiorità del settore

italiano del piombo e dello zinco rispetto alla situazione

delle altre nazioni europee. In relazione a ciò, nell'ottobre

del 1960, gli Stati membri delle C.e.e. si indussero, al mo

mento della firma dell'accordo riguardante la fissazione di

una parte della tariffa doganale comune, ad esprimere avviso

favorevole per una eventuale applicazione dell'art. 226 del

trattato, che consentisse, per un periodo di sei anni, un iso

lamento del mercato italiano per il piombo e lo zinco, nei

confronti sia degli altri Stati membri sia dei paesi terzi.

La concessione in concreto delle misure di salvaguardia è stata adottata con successive decisioni dall'apposita com

missione, che ha accordato l'isolamento anno per anno,

subordinandone, però, l'ulteriore proroga alla presenta zione, da parte italiana, di un piano di risanamento del

settore. Questo piano, presentato nell'ottobre del 1962, era

fondato sostanzialmente sul principio della verticalizzazione

della produzione e concerneva l'ammodernamento dei pro

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255 PARTE TERZA 256

cedimenti di estrazione del minerale, la razionalizzazione

dei rapporti fra le miniere e le fonderie e una campagna di

ricerche geologiche. La funzione che le miniere del Predil

(che sono dei più importanti giacimenti d'Europa e che per ciò hanno indubbiamente una posizione essenziale per lo svi

luppo economico nazionale del settore) avrebbero dovuto

svolgere nella realizzazione di questo piano, e l'opportu nità di darne la concessione all'A.m.m.i. alla Scadenza della

convenzione con la Soc. Raibl, furono rappresentate e di poi sostenute ed illustrate dai dicasteri dell'industria e del com

mercio e delle partecipazioni statali all'amministrazione

finanziaria. Sono ormai noti gli orientamenti di quest'ul tima ed il loro successivo evolversi fino all'emanazione del

provvedimento impugnato. L'affidamento della gestione all'A.m.m.i., società a pre

valente partecipazione statale, per cui tramite il nostro

paese è in grado di orientare e disporre la produzione, lo

sfruttamento e la utilizzazione di uno dei più importanti

giacimenti minerari d'Europa, costituisce, come si legge nelle premesse dell'atto di concessione del 10 giugno 1964

a favore dell'A.m.m.i. stessa, «fattore fondamentale di

equilibrio e di risanamento dell'industria del piombo e spe cialmente dello zinco in Italia ». È chiaro, perciò, che,

indipendentemente dall'esistenza di ragioni collaterali, con

cernenti anche la particolare situazione in cui versava

l'A.m.m.i., i motivi essenziali della determinazione impu

gnata sono rinvenibili nell'apprezzamento di precise esi

genze di pubblico interesse riguardanti la realizzazione del

piano di risanamento del settore italiano del piombo e

dello zinco. Non si può censurare in sede di legittimità che

l'amministrazione finanziaria non sia restata insensibile

a tali esigenze, sia perchè gli accordi comunitari impegnano lo Stato nella sua unità sia perchè la natura c. d. erariale

delle miniere non lo esimeva dal coordinare il persegui mento del proprio interesse particolare con quello pubblico

generale dell'intero settore minerario suindicato.

Il ricorso, in relazione ai motivi ritenuti ammissibili, va,

dunque, respinto. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione vi decisione 19 ottobie 1965, n. 631 ; Pres. Beeglia, Est. De Robebto ; De Michele (Avv. D'Abbieeo) c.

Finanze (Avv. dello Stato Pekonaci), Comune di Mon

talbano Ionico.

Esazione «Ielle imposte ed esattore — Conferma «lel

Tesattore — Determinazione dell'aggio — Fatti

specie. Esazione delle imposte ed esattore — Decreto pres.

15 maggio I!)63 n. 1158 — Questione «li illcgitIiinità costituzionale — Manifesta infondatezza (Costitu

zione, art. 76 ; legge 6 novembre 1962 n. 1608, delega al governo per l'emanazione del t. u. sui servizi della

riscossione delle imposte dirette ; d. pres. 15 maggio 1963 n. 858, t. u. delle leggi sui servizi della riscossione

delle imposte dirette, art. 36, 159).

Ai fini della determinazione dell'aggio, nella conferma del

l'esattore, si devono comprendere tra le entrate affidate in riscossione anche le somme delle quali la percezione entro l'anno non sia stata possibile per avvenimenti

accidentali e contingenti (nella specie, somme la cui esa

zione era stata differita con provvedimento ministeriale,

per le particolari difficoltà dell'agricoltura locale). (1)

(1) Non risultano precedenti specifici. Per riferimenti, sulla determinazione dell'aggio, in sede di

conferma dell'esattore, cfr. COns. Stato, Sez. VI, 23 marzo 1965, n. 196, Foro it., Hep. 1965, voce Esazione, n. 109.

Il testo della circolare ministeriale 28 giugno 1983 prot. 404527 è riportato in Nuova rassegna, 1963, 2549.

È manifestamente infondata la questione di costituzionalità,

per asserito contrasto con l'art. 76 della Costituzione, della legge di delega 6 novembre 1962 n. 1608, con la

quale si conferisce al governo la delega ad emanare il

testo unico sui servizi della riscossione delle imposte dirette, e del relativo t. u., emanato con decreto pres. 15 maggio 1963 n. 858, emanato sulla base di essa. (2)

La Sezione, ecc. — (Omissis). Con la seconda parte del

secondo motivo e con la prima parte della terza censura

il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato avrebbe affermato che tra le entrate affidate in riscossione

all'esattore per l'anno 1961 doveva essere compresa anche

la somma di lire 31.809.336 iscritta nei ruoli dell'anno

anzidetto ma della quale era stata, con provvedimento ministeriale, sospesa « la riscossione in considerazione delle

particolari difficoltà di ordine vario connesse con le attuali

condizioni dell'agricoltura nella provincia ». Deduce il

ricorrente che tale somma non avrebbe dovuto essere com

putata tra le entrate del 1961 sia perchè la circolare im

pone di detrarre da tali entrate « l'importo delle tolleranze

concesse, come nella specie, per causa diversa alle maggiori rateazioni », sia perchè la legge n. 858 del 1963 prescrive di

tener conto delle sole entrate realmente riscosse nel 1961

e non anche di quelle iscritte a ruolo e riscuotibili solo in

anni successivi.

La doglianza non merita accoglimento. Giova anzitutto rilevare che nel sistema del decreto

pres. 15 maggio 1963 n. 858 la conferma esattoriale è di

sposta alle stesse condizioni della precedente concessione salvo che per l'aggio la cui misura, in aumento o in diminu

zione, va stabilita secondo quanto prescrivono i comma 6°

e 7° dell'art. 36 e l'art. 159. Per stabilire se la misura dell'aggio del futuro decennio

deve essere variata nell'uno o nell'altro senso gli art. 36 e 159 del decreto pres. cit. impongono il raffronto tra l'an damento della totalità delle entrate affidate in riscossione

all'esattore negli anni 1951 e 1961 con l'andamento dei

tributi erariali riscuotibili per ruoli nei medesimi anni. In particolare, ai fini dell'aumento dell'aggio, si dispone

che se l'incremento della totalità dell'entrata non raggiunga i 3/8 dell'incremento del gettito dei tributi erariali può, a

richiesta, accordarsi all'esattore un aumento dell'aggio in corso.

Ciò posto, resta da stabilire se tra « le entrate affidate in

riscossione all'esattore » (c. d. « carico », secondo la termi

nologia di cui alla circolare citata) debbono ritenersi com

prese anche quelle somme di cui non sia stata possibile la

riscossione, nell'anno, per avvenimenti contingenti ed ac

cidentali (nella specie, differimento della riscossione per

particolari difficoltà dell'agricoltuia locale). Il collegio è dell'opinione che l'interpretazione logica

delle norme sopra richiamate imponga di tener conto, nelle « entrate », anche delle somme non riscosse per avvenimenti della natura sopra indicata.

Ed invero, il raffronto, imposto dalla legge, tra i para metri sopraindicati, relativi agli anni 1951 e 1961, non ha altro scopo che quello di stabilire, con riferimento alla situa zione della esattoria, quale dovrà essere la misura dell'aggio per il successivo decennio.

In tale prospettiva non è dubbio che nessun valore [tossa attribuirsi al differimento della riscossione di tributi iscritti

a ruolo quando, come nella specie, tale differimento sia

stato determinato da vicende eccezionali e contingenti : e ciò in quanto tali circostanze (che non precludono, si

noti, la futura ed integrale riscossione dei tributi da parte dell'esattore) non sono tali da rilevare, in relazione al de cennio a venire, una situazione della gestione esattoriale

diversa da quella rappresentata dalle entrate iscritte a ruolo.

È, poi, insussistente il denunciato contrasto tra il prov vedimento impugnato e la circolare 28 giugno 1963, nella

quale, a dire del ricorrente, si disporrebbe che delle mancate

(2) Non risultano precedenti.

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