Sezione VI; decisione 22 ottobre 1965, n. 643; Pres. Toro, Est. Longo; Soc. Raibl (Avv.Lorenzoni) c. Min. finanze, industria, partecipazioni statali (Avv. dello Stato Varvesi), Soc.A.m.m.i. (Avv. G. Guarino, Urbani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 89, No. 4 (APRILE 1966), pp. 245/246-255/256Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155659 .
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GIURISPRUDENZ A AMM IN ISTR AT IVA
n. 375, furono emanate, con carattere di compiutezza, le disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia.
Con l'art. 5 della legge, per quello che qui interessa,
previa indicazione delle singole aziende di credito, fra le quali quelle gestite anche da enti privati (lett. 6), si stabilì che sulle aziende di credito tutte si attuava il con trollo dell'ispettorato per la difesa del risparmio e per l'eser
cizio del credito (art. 11 e segg. stessa legge). Per quanto, in particolare, concerneva la costituzione, e l'inizio di
operazioni creditizie da parte di nuove aziende disponeva l'art. 28 della stessa legge, stabilendo che all'uopo era
necessaria l'autorizzazione da parte del predetto ispetto rato.
Il capo di detto ispettorato che, fra l'altro, provvedeva alla esecuzione « dei compiti attribuiti all'ispettorato » era il governatore della Banca d'Italia (art. 12 detta legge). Nel sistema di detta legge poi i provvedimenti adottati
dal capo dell'ispettorato nell'esercizio delle funzioni discre
zionali di controllo (fra le quali rientravano le autoriz
zazioni richieste dal già menzionato art. 28) non erano
definitivi, atteso che l'art. 19 stessa legge stabiliva che i
medesimi erano soggetti « al solo sindacato (secondo la
terminologia dell'epoca) del Comitato dei ministri al quale
gli interessati possono proporre reclami, che non hanno
effetto sospensivo, entro il termine di un mese dalla data
di comunicazione del provvedimento ». Pertanto, è indubbio
che, vigente la legge del 1938, il provvedimento con il
quale veniva negata l'autorizzazione alla costituzione ed
all'esercizio di una azienda di credito non era provvedi mento definitivo impugnabile in via giurisdizionale, es
sendo soggetto a ricorso gerarchico improprio. Nè la situazione, ai fini della definitività o meno di detto
provvedimento, è mutata per effetto delle disposizioni di legge intervenute successivamente, che fanno sistema
con la legge bancaria fondamentale, atteso che le innova
zioni concernono profili di carattere organizzativo limitati.
Invero con decreto legisl. luog. 14 settembre 1944
n. 226 furono soppressi tanto l'ispettorato, quanto il Comi
tato dei ministri e le relative attribuzioni conferite al mi
nistero del tesoro (art. 1), sotto le funzioni di controllo e
di vigilanza di cui all'art. 5 della legge del 1938, demandate
alla Banca d'Italia (art. 2 legge del 44).
Dopo questa parentesi, determinata dalla legge del
1944, sostanzialmente e sia pure cor; diversità di organi, è
stato ripristinato il sistema di cui alla legge bancaria del
1938 con il decreto legisl. 17 luglio 1947 n. 691.
Precisamente con l'art. 1 di detta legge è stato isti
tuito un « Comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio » al quale si applicano (secondo capoverso)
quanto alle competenze, alle facoltà e alle funzioni «... le
norme della legge 7 marzo 1938 n. 141 ». Nel mentre,
giusta il chiaro disposto dell'art. 2 della stessa legge del
1947, alla Banca d'Italia sono devolute le funzioni del
cessato ispettorato per la difesa del risparmio e per l'eser
cizio del credito ed al governatore della Banca d'Italia la
facoltà e le attribuzioni riconosciute già al capo del
l'ispettorato. Pertanto risulta chiaramente che avverso il provvedi
mento impugnato, adottato dal governatore della Banca
d'Italia nella suddetta qualità, andava proposto ricorso
gerarchico al Comitato interministeriale ex art. 1 decreto
legisl. 17 luglio 1947 n. 691. Quindi il ricorso proposto in questa sede direttamente avverso il provvedimento non
definitivo va dichiarato inammissibile.
Tuttavia, in considerazione della evoluzione legisla tiva e degli scarsi precedenti giurisprudenziali in materia,
appare scusabile l'errore del Naddeo, al quale pertanto
può esser accordato il beneficio della riammissione in ter
mine per proporre ricorso amministrativo al Comitato
interministeriale istituito ai sensi dell'art. 1 decreto legisl. 17 luglio 1947 n. 691.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione VI ; decisione 22 ottobre 1965, n. 643 ; Pres. Toro, Est. Longo ; Soc. Ràibl (Avv. Lorenzoni) e. Min.
finanze, industria, partecipazioni statali (Avv. dello
Stato Varvesi), Soc. A.m.m.i. (Avv. Gr. Guarino, Ur
bani).
Miniera e cava — Ricorso al Consiglio ili Slato —
Provvedimento impugnabile — Dispaccio tele
grafico — Fattispecie. Miniera e cava — Conferimento della gestione prov
visoria — Legittimità (E. d. 27 maggio 1946 n. 533, costituzione del comitato consultivo per le aziende
patrimoniali del demanio dello Stato, art. 3, lett. a). Miniera e cava — Concessione di miniera « erariale »
— Carattere pul>l)licistico — Giurisdizione del Con
siglio di Stato (R. d. 29 luglio 1927 n. 1443, norme di
carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la col tivazione delle miniere, art. 64, lett. c).
È provvedimento impugnabile con ricorso al Consiglio di Stato il dispaccio telegrafico, che costituisce l'unico mezzo di espressione della volontà dell'amministrazione, di attribuire ad un soggetto la gestione provvisoria di una
miniera, in via precaria e d'urgenza, respingendo impli citamente la domanda di proroga provvisoria della con
cessione presentata dalla concessionaria, destinataria del
telegramma. (1) E legittimo il conferimento della gestione provvisoria di una■
miniera, non preceduto da un esame comparativo delle
domande, e dall'avviso del consiglio delle aziende dema
niali dello Stato. (2) È competente il Consiglio di Stato, a sindacare la legittimità
dell' attribuzione a privati della utilizzazione di miniere c. d. « erariali », la quale avvenga mediante concessioni. (3)
La Sezione, ecc. — Ritiene la sezione clie, ai fini del
decidere, occorre innanzitutto procedere alla individua
zione, qualificazione ed accertamento del contenuto del
l'atto impugnato, anche in relazione all'esame delle ecce
(1) Per riferimenti, cfr. Cons, giust. amm. sic. 27 agosto 1964, n. 320, Foro it., Rep. 1964, voce Autorizzazione ammini strativa, n. 4 ; Cons. Stato, Sez. VI, 16 maggio 1950, id., Rep. 1950, voce Miniera, n. 38.
(2-3) I. — Non risaltano precedenti specifici sulle due massime.
Per l'ammissibilità di negozi privatistici, aventi per oggetto l'utilizzazione di beni del patrimonio indisponibile, v. Cass. 12 giugno 1963, n. 1575, Foro it., Rep. 1964, voce Concessioni amministrative, n. 8 ; App. Bologna 2 febbraio 1961, id., Rep. 1961, voce Demanio, n. 33 ; Cass. 9 dicembre 1960, n. 3209, id., 1961, I, 624, con nota di richiami.
Per l'ammissibilità, nella stessa ipotesi, di concessioni pub blicistiche, v. Cass. 9 aprile 1964, n. 811, id., Rep. 1964, voce cit., n. 40. Per riferimenti, cfr. Cass. 12 gennaio 1966, n. 207, in questo volume, I, 212, con nota di M. Nigro, su di un im
portante caso nel quale la qualificazione dell'atto dell'ammi nistrazione come concessione, oppure come convenzione, rile vava ai fini della determinazione del giudice competente.
II. — Come avverte la decisione riportata, le miniere di zinco di Raibl, come le altre miniere situate nelle nuove provin ce, erano disciplinate con il r. decreto legge 23 maggio 1924 n. 923, convertito con legge 17 aprile 1925 n. 473 (v., in proposito, C. Vitta, Il diritto dello Stato sulle miniere di fronte al concetto di demanio pubblico, n. 8, in Studi di diritto pubblico in onore di O. Ranelletti, 1931, II, pag. 381) ; l'art. 64 c r. decreto 29 luglio 1927 n. 1443 dispone che nulla è innovato all'ordinamento giu ridico e al sistema di utilizzazione delle miniere pertinenti allo Stato.
III. — Sull'art. 226 del trattato istitutivo della C.e.e., su cui la decisione riportata si diffonde, v., a proposito dell'isola mento del mercato italiano della seta, Corte giust. Comunità
europee 17 giugno 1965 in causa 32/64, Foro it., 1965, IV, 145, con osservazioni di N. Catalano, cui adde Gobi, in Trattato istitutivo della C.e.e., diretto da R. Quadri, R. Monaco, A.
Trabucchi, III, pag. 1642.
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PARTE TERZA 248
zioni pregiudiziali sollevate dalle amministrazioni resistenti? e dalla controinteressata. A tale effetto, appare essenziale ,
l'apprezzamento degli atti e del comportamento delle
parti, anteriori alla data di emanazione del provvedimento
impugnato nonché, ai fini della delimitazione dell'oggetto del ricorso, anche la valutazione degli atti adottati suc
cessivamente alla data medesima. Si è già accennato che la convenzione 10 aprile 1933,
concernente la concessione dell'esercizio delle miniere di
Kaibl, approvata con r. decreto legge 13 aprile 1933 n. 392, convertito nella legge 28 giugno 1933 n. 1039, nel dichia
rare rescisse le precedenti convenzioni, fissava la scadenza
della nuova convenzione alla data del 30 giugno 1965.
Per l'ulteriore rinnovo di questa, a partire dal 1949 e, poi, nel 1959, il 15 dicembre 1961, il 4 luglio 1962 ed il 22 feb braio 1965, la ricorrente presentava varie domande, via
via modificate a seconda di preliminari trattative inter
venute con l'amministrazione finanziaria o, a seguito della pubblicazione della legge costituzionale 31 gennaio 1963 n. 1, di approvazione dello statuto della Regione Friuli-Venezia. Giulia (che ha disposto il trasferimento al
nuovo ente delle miniere esistenti nel suo territorio), con
la rappresentanza politica della Regione stessa. Peraltro, tali domande e trattative devono ritenersi tutte superate, in quanto in data 27 aprile 1963, preso atto del nuovo
orientamento dell'amministrazione inteso ad attuare una
soluzione provvisoria per non pregiudicare gli interessi
della Regione, la società del Predil presentò nuova do
manda diretta ad ottenere « una proroga pura e semplice »
della convenzione. In effetti, sulla base di tale domanda la direzione generale del demanio formulò uno schema di
convenzione di « proroga dell'atto di concessione delle
miniere di Raibl » fino al 31 dicembre 1964, che fu sotto
scritto per accettazione dal presidente della società in
data 31 maggio 1963. Nella medesima data, il ministro
delle finanze, con un comunicato ufficiale diramato dal
l'A.n.s.a., precisò che il suo dicastero si era orientato verso
una soluzione transitoria, e cioè la proroga di breve durata
all'attuale concessionaria, che consente di rinviare ogni decisione in ordine all'impegnativa assunzione della nuova
definitiva concessione. Lo schema di proroga fu trasmesso
per il parere al Consiglio di Stato, che espresse avviso
favorevole il successivo 11 giugno 1963.. Tuttavia, con
telegramma del 28 giugno, il ministro delle finanze, richia
mate le « intese intercorse con ministri industria e commercio
e partecipazioni statali », disponeva l'assunzione della
consegna del compendio minerario, ai sensi dell'art. 2
della convenzione scadente il 30 giugno, nonché la imme
diata successiva consegna dello stesso alla società A.m.m.i., « che assumerà dal 1° luglio prossimo gestione provvisoria in attesa regolarizzazione formali rapporti ».
Quest'ultima società aveva a sua volta chiesto, in
precedenza, con domande presentate nel 1959 e nel 1961, la concessione dell'esercizio delle miniere anzidette e tali istanze erano state vivamente segnalate dai ministri per l'industria e il commercio e per le partecipazioni statali ;
quest'ultimo, anzi, subito dopo il comunicato dell'agenzia A.n.s.a., aveva sollecitato, con fonogramma del 6 giugno, una riunione interministeriale affinchè al problema fosse
data una soluzione conforme alle direttive a suo tempo
impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. La società del Predil ha impugnato in questa sede,
chiedendone l'annullamento, « la determinazione mini
steriale di data imprecisata, comunicata con dispaccio
telegrafico 28 giugno 1963, relativa all'affidamento del
l'esercizio del compendio minerario di Raibl all'A.m.m.i., e al rigetto della domanda della ricorrente per la proroga della concessione ».
Ciò premesso, occorre procedere, come s'è avvertito, alla individuazione e qualificazione dell'atto, nonché al
l'accertamento del suo contenuto, anche in relazione al
l'esame delle eccezioni pregiudiziali e, in particolare, per intanto, di quello concernente il preteso difetto di un atto
amministrativo impugnabile.
a) La ricorrente ha ritenuto, come anche risulta
dall'atto di interpello, che il dispaccio telegrafico succitato
«fosse la comunicazione di una formale determinazione
y ministeriale. In realtà, tale pregressa determinazione non
esiste. Ma non per questo può convenirsi nella eccezione della controinteressata, secondo cui mancherebbe addi rittura un atto amministrativo impugnabile, in quanto il telegramma non costituisce una forma idonea per l'ado zione di un provvedimento amministrativo. La società
del Predil ha impugnato una presunta determinazione
nella ragionevole opinione che il ministero delle finanze
avesse inteso provvedere con un atto formale all'affida
mento all'A.m.m.i. della gestione provvisoria del com
pendio minerario, e, eventualmente, con lo stesso atto, avesse inteso manifestare il proprio diniego sulla domanda
di proroga provvisoria. Tuttavia, se il provvedimento formale non è stato adottato, esiste comunque una pretesa manifestazione di volontà dell'amministrazione, di cui il dispaccio telegrafico non è soltanto lo strumento di
comunicazione, ma insieme il mezzo, sia pure informale, di espressione. E poicliè non è dubbio clie la ricorrente abbia voluto impugnare tale manifestazione, è irrilevante che essa abbia fatto riferimento ad una anteriore deter minazione formale, in effetti inesistente ; che poi, nella
specie, il dispaccio telegrafico non costituisca una forma
idonea per l'adozione di un provvedimento amministrativo, è assunto che non si può condividere, perchè, come la
stessa soc. A.m.m.i. sostiene, con esso, ben vero, non si
disponeva della concessione delle miniere, ma se ne attri buiva la gestione provvisoria, in via precaria e d'urgenza, alla medesima.
b) La qualificazione dell'atto, per una parte, risulta direttamente dal suo esplicito contenuto. Essendo im minente la scadenza del termine trentennale della con venzione e in considerazione della peculiare natura del
compendio minerario, la cui gestione richiede l'esistenza di organismi operativi particolarmente idonei e tecni camente attrezzati, dei quali l'amministrazione non ha la
disponibilità, essa ha dovuto ricorrere all'opera altrui e ciò ha fatto attribuendo all'A.m.m.i. la gestione provvisoria del compendio, come si è detto, in attesa della « regola rizzazione formale dei rapporti ». Trattasi, dunque, di un provvedimento atipico, a carattere interventorio, adot tato in via precaria, in attesa dell'azione di atti formali,
previo espletamento delle procedure di legge. Se questo soltanto fosse il contenuto dell'atto impugnato (l'affida mento, cioè, in gestione provvisoria all'A.m.m.i. del com
pendio minerario), dovrebbe convenirsi nella eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di titolarità da
parte della ricorrente di una posizione qualificata di interesse
legittimo da tutelare. Ma, in realtà, il provvedimento impugnato non esaurisce il suo contenuto nei limiti anzi detti.
c) Invero, è da ritenere che esso contenga, implicita ma inequivoca, la manifestazione della volontà dell'am ministrazione di respingere, al contempo, l'istanza di pro roga provvisoria avanzata dalla società del Predil.
Da un lato, si è già rilevato come il ministero delle finanze si fosse orientato nel senso dell'accoglimento di tale istanza e come tale orientamento, oltreché ufficial mente manifestato, si fosse concretato nell'adozione di atti del procedimento (quali, soprattutto, la redazione dello schema di relativa convenzione, la sottoscrizione dello stesso per accettazione da parte del presidente della
società, la. sottoposizione di esso al parere del Consiglio di Stato, favorevolmente pronunciatosi), ormai prossimo alla conclusione. Una elementare obiettiva esigenza di coerenza dell'azione amministrativa impone di ravvisare nel provvedimento impugnato, ancorché non espressa, la determinazione di non dare ulteriore corso al proce dimento in via di definizione e, quindi, di respingere l'istanza di proroga.
Daltro lato, il dispaccio telegrafico contiene una espres sione che trova la sua unica ragione logica proprio nell'in tento di fornire una spiegazione del repentino abbandono della procedura in corso e che, perciò, implica chiara mente la volontà di respingere l'istanza anzidetta. Si
legge, infatti, nel dispaccio, subito dopo il riferimento
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
alla convenzione in scadenza, la frase « relazione intese intercorse con ministri industria commercio e parteci
pazioni statali », la quale, mentre sarebbe stata superflua ove l'amministrazione avesse puramente e semplicemente voluto far operare la clausola di scadenza, di efficacia
ovviamente automatica, acquista ragione e significato se
riferita a quella nuova e diversa valutazione dell'interesse
pubblico, scaturita in sede di intese interministeriali, in
virtù della quale il dicastero finanziario, con legittima determinazione, come si dirà, ritenne opportuno addi
venire ad una diversa soluzione, egualmente contraddi
toria, del problema della gestione delle miniere.
Pertanto, motivi di coerenza logica, di puntuale inter
pretazione della volontà amministrativa, di razionale
valutazione del comportamento dell'amministrazione, indu
cono a concludere nel senso che il provvedimento impugnato
contenga, implicita ma non equivoca e sufficientemente
obicttivata, la determinazione di respingere la domanda di
proroga provvisoria della concessione.
Siffatta conclusione consente di superare quelle ecce
zioni di inammissibilità dedotte sotto il profilo della natura
di atto interno dell'affidamento in gestione provvisoria o sotto quello della mancanza di un obbligo dell'ammini
strazione di provvedere sull'istanza di proroga o comunque di provvedere entro un certo termine ; poiché, infatti, l'amministrazione ha provveduto, il diniego di proroga lede immediatamente, per questa parte, l'interesse legit timo della ricorrente.
d) Precisato il contenuto del dispaccio telegrafico nell'ambito suindicato, è agevole dedurre che è estraneo
ad un provvedimento formale di concessione a favore
dell'A.m.m.i., provvedimento che, infatti, fu adottato
successivamente a più di un anno di distanza, con decreto
ministeriale 20 luglio 1964. Quest'ultimo, peraltro, non
è stato impugnato dalla ricorrente, sicché debbono ritenersi
inammissibili tutti quei motivi di gravame che non concer
nono direttamente l'affidamento in gestione provvisoria delle miniere all'A.m.m.i., sibbene soltanto sostanzial
mente con rapporto concessivo, instaurato solo con il
successivo provvedimento di formale concessione.
Che il dispaccio telegrafico abbia un contenuto limitato
nei sensi suespressi, è incontestabile. Necessaria, pertanto, era l'impugnativa del successivo provvedimento, se si
intendeva censurare anche la legittimità dell'atto di con
cessione. Né vale opporre che quest'ultimo ha decorrenza
dal 1° luglio 1963, poiché tale effetto retroattivo (comunque non comprendente l'intero periodo della gestione provvi soria, iniziatasi col 1° giugno), non elimina la diversità
qualitativa del titolo giuridico (gestione provvisoria il
primo, concessione formale il secondo) dell'affidamento
e non poteva perciò esimere la ricorrente dall'onere di
impugnare anche il provvedimento concessivo.
Conseguentemente, non possono avere ingresso in
questa sede :
1) il terzo motivo di ricorso, concernente la viola
zione di principi generali sul conferimento delle concessioni
amministrative, in particolare dei principi dell'esame
comparativo delle varie domande e della scelta motivata
nel conferimento della concessione, dal momento che il
provvedimento impugnato concerne non un atto concessivo, sibbene un atto di mero affidamento in gestione provvi soria, di carattere precario ed interlocutorio, in ordine
al quale il richiamo di principi anzidetti appare non perti nente ; ad ogni modo, ove si volesse ritenere che il motivo,
per quanto impropriamente formulato, sia diretto anche a
contestare la legittimità, sotto l'indicato profilo, dell'atto
di conferimento della gestione provvisoria, sarebbe agevole rilevarne l'infondatezza, poiché l'amministrazione non aveva
certamente obbligo alcuno di procedere ad un esame com
parativo per dar luogo ad un affidamento della mera
gestione provvisoria del compendio minerario, resa neces
saria dalla esigenza assoluta di evitare di doverne sospen dere la coltivazione ; e poiché, comunque, l'avvenuta
scelta a favore dell'A.m.m.i., sia pure in relazione all'af
fidamento della predetta gestione è, nel dispaccio telegra
fico, motivata per relationem con riferimento alle « intese
intercorse » coi ministri dell'industria e commercio e delle
partecipazioni statali, intese in ordine alle quali la ricor
rente non ha dedotto alcun motivo di gravame, principale od aggiunto ;
2) il quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce
eccesso di potere per falsità della causa e sviamento, per la parte in cui tali censure debbono intendersi riferite al
provvedimento di concessione, che, come si è visto, non è
stato oggetto di impugnativa. e) Inoltre per effetto del rilevato accertamento del
contenuto del provvedimento impugnato, risultano infon
dati, indipendentemente da ogni altra questione pregiu diziale e di merito, i seguenti ulteriori motivi :
1) la prima parte del primo mezzo, con la quale si
deduce una censura di incompetenza, in quanto l'am
ministrazione delle finanze avrebbe provveduto, oltreché
ad affidare all'A.m.m.i. la gestione del compendio mine
rario, ad attribuire alla stessa anche i permessi di ricerca
e di autorizzazione alla asportazione del minerale, rilasciati
alla ricorrente dal ministero dell'industria e del commercio,
competente in materia. La censura, peraltro, si basa su
un equivoco, successivamente chiarito fra le stesse parti,
poiché il provvedimento impugnato concerne esclusiva
mente il compendio minerario e non contiene alcuna
statuizione che importi revoca o trasferimento o affida
mento all'A.m.m.i. dei permessi di ricerca e delle relative
autorizzazioni all'asportazione del minerale rilasciati alla
società ricorrente dal competente dicastero dell'industria ;
2) la seconda parte del primo mezzo, concernente la
pretesa violazione dell'art. 3, lett. a), del r. decreto 27
maggio 1946 n. 533, per essere stata la concessione al
l'A.m.m.i. disposta senza il previo avviso del consiglio delle aziende demaniali dello Stato, tassativamente pre scritto dalla citata norma. Senoncliè, a prescindere da ogni altra questione, la censura è infondata in quanto il parere del comitato consultivo per le aziende patrimoniali del
demanio dello Stato (che ha sostituito il soppresso con
siglio delle aziende patrimoniali del demanio dello Stato) deve essere sentito, ai sensi della suindicata disposizione, sui « progetti di convenzione per la concessione dell'eser
cizio delle aziende patrimoniali », mentre, come si è visto, il provvedimento impugnato ha disposto semplicemente l'affidamento all'A.m.m.i., in mera gestione provvisoria, del compendio minerario.
Precisati il valore ed il contenuto del dispaccio tele
grafico e identificati i motivi che, in relazione a tale valore
e contenuto, debbono ritenersi non estranei all'atto impu
gnato (precisamente il secondo ed il quarto mezzo, nelle
parti in cui sono riferibili allo affidamento in gestione
provvisoria e non al provvedimento concessivo), occorre
procedere all'esame delle ulteriori eccezioni pregiudiziali. a) La difesa dell'A.m.m.i. deduce, dopo l'eccezione
d'inammissibilità del ricorso per inesistenza dell'atto
amministrativo, che si è già ritenuta non meritevole di
accoglimento, quella di inammissibilità per acquiescenza, in quanto l'unico e vero provvedimento amministrativo
sarebbe quello di concessione, successivamente adottato
e non impugnato dalla società ricorrente. Anche questa eccezione, peraltro, è da respingere per le medesime ra
gioni, che qui si richiamano, esposte sopra, a proposito della prima.
b) Sempre da parte della società controinteressata
si deduce l'ulteriore eccezione di improcedibilità del ricorso
per cessazione della materia del contendere, in quanto, scaduta la data del 31 dicembre 1964, fino alla quale sol
tanto la ricorrente aveva chiesto la proroga della conces
sione, non esiste alcun'altra domanda di concessione per il periodo successivo, né è possibile sostenere che sussista
un interesse a far valere la illegittimità del provvedimento
per il periodo già trascorso.
L'eccezione va disattesa, perchè si basa sul presup
posto, erroneo che l'amministrazione non abbia provve duto sulla domanda di proroga, né avesse obbligo di prov
vedere, tanto meno entro una certa data. Ma, come si
è rilevato, l'interpretazione del provvedimento impugnato conduce a ritenere, al contrario, che l'amministrazione
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PARTE TERZA 252
abbia provveduto su tale istanza, respingendola, sicché»
non può escludersi l'interesse della ricorrente a provocare,!! in questa sede, l'accertamento della legittimità dell'atto l
stesso, a tutela di una sua posizione soggettiva qualificata dal fatto stesso che l'anzidetta domanda era stata presa in esame. Che poi, l'amministrazione non sarebbe oggi in grado di provvedere, in via d'ipotesi, sull'accoglimento della domanda, essendo scaduto il termine massimo al quale
questa si riferiva, è affermazione non attendibile, dal mo
mento che è da ammettersi, per ogni possibile effetto,
un interesse della ricorrente ad ottenere, non un provve dimento qualsiasi di diniego di proroga, ma un provvedi mento legittimo, sia pure limitato nel tempo con efficacia
contenuta entro il termine predetto. Nè, infine, varrebbe
opporre che il successivo atto di concessione prenda data
dal 1° luglio 1963 ; invero, a parte la considerazione che
l'efficacia retroattiva attribuita all'atto medesimo non
copra l'intero periodo della gestione provvisoria, è piut tosto da ritenere che la conferita retroattività non ha
travolto il provvedimento impugnato, ma ha operato su
un piano diverso ; allo scopo, infatti, di conseguire il rico
noscimento di taluni effetti, si è considerata, mediante
una fictio, quale gestione a titolo concessivo anche il con
ferimento della gestione provvisoria del compendio mi
nerario.
e) Altra eccezione sollevata dalla controinteressata
concerne il difetto di giurisdizione di questo consiglio sotto
un primo profilo : poiché le miniere in questione hanno
natura di miniere erariali, appartenendo allo Stato fin da
epoca anteriore al 1927 e sono disciplinate, pertanto, dal
l'art. 64, lett. c), della legge mineraria, sarebbero soggette unicamente ai principi del regime giuridico della patri monialità e dovrebbero essere, quindi, gestite in base alle
sole norme comuni ai sensi patrimoniali, salvo il limite
della indisponibilità; ciò premesso, la difesa dell'A.m.m.i.
ne trae la conseguenza che gli atti con i quali l'ammini
strazione provvede alla loro gestione sono atti di diritto
privato, sottratti come tali ad ogni impugnativa avanti
questo consiglio. Questa tesi non può essere condivisa.
Le miniere del Kaibl, pervenute all'Italia a seguito della avocazione delle proprietà appartenenti a sudditi
nemici, austriaci e tedeschi, subito dopo la prima guerra
mondiale, vanno annoverate nella categoria delle miniere
c. d. erariali, di quelle miniere, cioè, di proprietà dello
Stato fin da epoca anteriore al 1927, anno in cui, com'è
noto, fu emanato il r. decreto 29 luglio 1927 n. 1443 che, nell'unificare la legislazione mineraria, introdusse il regime del c. d. sistema demaniale, nel significato di attribu
zione allo Stato della proprietà delle miniere di poi espli citamente accolto dal vigente codice civile, che ha quali ficato le miniere come beni appartenenti al patrimonio
mdisponibile dello Stato.
Pur non contestando che anche le miniere c. d. erariali
sono beni del patrimonio indisponibile dello Stato, la
difesa dell'A.m.m.i. sostiene che esse sono sottoposte ad
un regime giuridico diverso da quello della generalità delle miniere : mentre queste ultime, pur rimanendo beni
patrimoniali, sono assoggettate alla disciplina pubblici stica prevista dagli art. 1-63 della legge, le prime, invece, sono soggette al regime giuridico delle miniere già perti nenti allo Stato, le quali, ai sensi dell'art. 64, lett. e), devono
continuare ad essere gestite in base alle sole norme comuni
ai beni patrimoniali, fermo il solo vincolo della indispo nibilità, e quindi mediante atti di diritto privato. Ma, se è esatta la premessa (che, cioè, per le miniere erariali
è previsto un particolare regime giuridico), non è altret
tanto esatta la conseguenza che se ne trae (che tale regime, cioè, sia quello di diritto privato).
Deve, innanzitutto, riaffermarsi che anche le miniere
c. d. erariali fanno parte, nel vigente ordinamento, del
patrimonio indisponibile dello Stato, come in sostanza non nega la difesa dell'A.m.m.i., nel sottolineare in ogni caso la salvezza del vincolo di indisponibilità ; ora, se è
vero che tale vincolo non vale a identificare la natura
^giuridica dei beni del patrimonio indisponibile con quella
dei beni demaniali, è tuttavia da ritenere che il limite
della destinazione, che ai beni medesimi inerisce, importa, in via di massima, la loro soggezione al regime di diritto
pubblico per quanto concerne la utilizzazione.
Queste conclusioni valgono in particolare per i beni
minerari, i quali, nella eterogeneità dei beni del patri monio indisponibile, sono quelli che più spiccatamente assumono un carattere pubblicistico, tanto che la loro
disciplina è ietta esclusivamente da principi e regole di
diritto pubblico. I beni del patrimonio indisponibile sono anch'essi beni
pubblici (con i beni demaniali, dai quali si distinguono non tanto per ragioni ontologiche quanto piuttosto in
virtù di qualificazione formale), e proprio per tale loro
configurazione sono sottoposti ad imo speciale regime di diritto pubblico, che trova ragione e giustificazione nella loro medesima essenziale destinazione, essendo essi
diretti ad assolvere ad un particolare pubblico interesse.
Le miniere, poi, essendo originariamente riservate allo
Stato, a questo unicamente ed istituzionalmente appar tenendo (tanto da doversi escludere la possibilità sulla
loro alienazione ad enti pubblici diversi, salvo il trasferi
mento ex lege a favore di alcune regioni a statuto speciale), e presentando una destinazione che è stata chiamata, da
una recente dottrina, nazionale (per sottolineare che le
relative utilizzazioni sono tratte, non direttamente dallo
Stato, ma dalla collettività, nel senso che lo sfruttamento
delle miniere, pur essendo normalmente conferito in con
cessione a imprenditori privati, è tuttavia diretto a sod
disfare una utilità collettiva), sono interamente sotto
poste ad un regime pubblicistico. A questa non si sottraggono nemmeno le miniere c. d.
erariali. La salvezza che l'art. 64, lett. e), della legge mine
raria pone a favore dell'ordinamento giuridico e del si
stema di utilizzazione delle miniere pertinenti allo Stato
non significa, come ritiene la difesa dell'A.m.m.i., esen
zione dalla disciplina di diritto pubblico e soggezione pura e semplice ai principi di diritto privato sui beni patri moniali, sibbene ha il più limitato valore di una norma di
conservazione della disciplina propria e peculiare di tale
tipo di miniere, che possono essere gestite direttamente dallo Stato, tramite il dicastero delle finanze. Il richiamo
all'art. 64 succitato non equivale, in contrapposizione al
regime concessionale prescritto dalle precedenti norme
della legge mineraria, ad un rinvio alle norme di diritto
privato, ha soltanto un effetto, come s'è rilevato, di con
servazione delle particolari discipline dettate per tali
miniere.
Ora, per quanto riguarda le miniere del Kaibl, esse
trovano una particolare disciplina nelle disposizioni del
r. decreto legge 23 maggio 1924 n. 923, sul riordinamento
delle aziende minerarie erariali delle nuove province, nonché nelle disposizioni del decreto min. 26 luglio 1924. L'art. 1 della legge 26 maggio 1939 n. 795 ha, poi, tra
sferito al ministero delle finanze le attribuzioni già deman
date al ministero delle corporazioni in ordine all'ammini
strazione delle aziende minerarie demaniali site nelle nuove
province. Le norme succitate prevedono la gestione diretta
da parte dello Stato delle miniere anzidette, mediante
gestioni scelte fra il personale del corpo delle miniere, cui spetta la direzione di tutti i servizi tecnici ed ammini
strativi. Ciò spiega perchè la concessione di esercizio delle
miniere di Raibl fu autorizzata con r. decreto legge 13
aprile 1933 il. 392, convertito nella legge 28 giugno 1933
n. 1039, dovendosi per esse innovare nel regime di gestione diretta, generalmente stabilita in via legislativa per le
aziende minerarie erariali delle nuove province. Ma la
sottrazione, come nel caso in esame, al regime della ge stione diretta da parte dello Stato non autorizza affatto
a ritenere che le miniere erariali vivono nell'orbita del
diritto comune proprio di tutti i beni patrimoniali ; al
contrario, ove tale peculiare regime non sia esplicato, esse, in considerazione della loro natura e del vincolo di
destinazione, sono di massima soggette a disciplina pub
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
blicistica, ancorché si debba ammettere che il relativo
rapporto concessionale differisca dalla comune concessione
mineraria in ordine a diversi elementi.
Coerentemente è da ritenere che gli atti emanati dal l'amministrazione finanziaria in ordine alla loro gestione sono esplicazione di una funzione pubblica, avendo ad
oggetto beni pubblici : atti, dunque, qualificabili come
provvedimenti amministrativi, epperò sottoposti alla giu risdizione di legittimità di questo consiglio. E, in effetti, l'atto impugnato attiene alla gestione indiretta delle mi
niere, in quanto l'attribuisce in via provvisoria all'A.m.m.i.
negando nel contempo alla ricorrente la proroga della
concessione.
d) L'amministrazione resistente e la società controin
teressata deducono, infine, il difetto di giurisdizione di
questo consiglio sotto un ulteriore profilo : la concessione
all'A.m.m.i., affermano, è stata effettuata a seguito di
trattativa privata, ma in questa la posizione degli even
tuali aspiranti esclusi non è giuridicamente tutelata, perchè essi non sono titolari nè di diritti perfetti, nè di interessi
legittimi ; nessun interesse legittimo è prospettabile in
relazione al modo nel quale il potere di trattativa privata viene esercitato, e di tale valutazione l'amministrazione
non risponde nei confronti di terzi e nei confronti dello
stesso sindacato giurisdizionale di legittimità. Tali principi sono in astratto esatti, sempre che siano
riferiti all'attività contrattuale di diritto dell'amministra
zione e questa effettivamente faccia ricorso al sistema della
trattativa privata, senza provocare, sia pure in via non
formale, un concorso di domande. Ma, nella specie, il loro
richiamo non appare pertinente : a parte, infatti, che in
materia di concessioni amministrative devesi piuttosto ritenere operante il criterio secondo cui l'amministrazione
è tenuta, salvo eccezioni, a procedere ad una valutazione
comparativa delle domande nel pubblico interesse (cfr. Sez. IV 16 gennaio 1962, n. 37, Foro it., Bep. 1962, voce
Incanti, n. 5), è decisivo il rilievo già più volte enunciato
che il provvedimento impugnato concerne non solo l'affi
damento all'A.m.m.i. della gestione provvisoria del com
pendio minerario, ma altresì il diniego di proroga della
concessione a favore della ricorrente, il quale direttamente
e immediatamente lede l'interesse qualificato dalla stessa ;
ed anzi, le predette manifestazioni di volontà sono stretta
mente collegate sul piano logico e giuridico, sì da costi
tuire sostanzialmente una unica determinazione volitiva.
Pertanto, anche sotto il profilo in esame deve ammettersi
che la ricorrente è titolare, non di un mero interesse sem
plice (qual'è quello di un eventuale aspirante alla conces
sione assentita ad altri al di fuori di un procedimento
concorsuale), sibbene di una posizione soggettiva ben
qualificata di interesse legittimo, la cui tutela è assicurata
dal sindacato generale di legittimità di questo consiglio.
e) Per ultimo, la riconosciuta giurisdizione del giudice amministrativo è assorbente di ogni altra questione rela
tiva alla configurability del c. d. diritto di insistenza a
favore dell'ex concessionaria, in quanto inteso a costituire, alla scadenza naturale della concessione, una posizione di interesse tutelabile. Il ricorso, infatti, può avere ingresso, nei limiti a suo tempo indicati, indipendentemente dalla
risoluzione di tali questioni. Nel merito, peraltro, il secondo ed il quarto motivo,
già ritenuti ammissibili nella parte in cui sono diretti a
censurare il provvedimento impugnato, secondo il conte
tenuto ed il valore che si è riconosciuto di dovergli attri
buire, sono infondati.
In sostanza, la ricorrente lamenta che l'affidamento
della gestione provvisoria delle minieredi Eaibl all'A.m.m.i.
ed il contestuale diniego ad essa della proroga della con
cessione in scadenza sarebbero immotivati, contraddit
tori e privi soprattutto di una valida giustificazione di
pubblico interesse : l'amministrazione avrebbe agito se
condo la più arbitraria autonomia contrattuale e non,
come doveva, secondo criteri di utilità pubblica. Ma tali
censure trovano smentita negli atti e documenti esibiti
dal ministero resistente.
Che, innanzitutto, il provvedimento impugnato sia
privo di motivazione, è assunto non rispondente al vero,
perchè il dispaccio telegrafico fa espresso riferimento
alle « intese intercorse con ministri industria e commercio
e partecipazioni statali » ; la motivazione, sia pure ab
relationem, perciò non manca e, anzi, è ampia ed esau
riente, poiché si ricava sia dal carteggio intervenuto in
un primo tempo con i dicasteri sindacali (cfr. in particolare le lettere 23 luglio 1962 del ministro per l'industria ed
il commercio, 3 ottobre 1962 del ministro per le parteci
pazioni statali), sia dagli atti della Commissione della Co
munità economica europea relativi alle determinazioni
circa l'isolamento del mercato italiano per il piombo e lo
zinco, sia ancora dagli interventi del ministero delle parte
cipazioni statali (fonogramma del 6 giugno 1963 e suc
cessive lettere e promemoria posteriore alla nota comu
nicazione del ministro delle finanze effettuata mediante
l'agenzia A.n.s.a.). Detto fonogramma, fra l'altro, rileva
l'opportunità che la soluzione della questione « venga
previamente concordata giusta direttive a suo tempo
impartite da Presidenza Consiglio ministri », ed invita
il ministero delle finanze a rinviare ogni decisione all'esito
di « apposita riunione interministeriale che avrà luogo massima sollecitudine al fine esaminare ogni aspetto pro blema contemperando interessi Regione Friuli-Venezia
Giulia con esigenze risanamento settore piombo e zinco
in relazione anche impegni assunti in sede C.e.e.».
A seguito di tali interventi, riesaminata la questione anche alla luce di una più ampia considerazione del pro blema nei suoi vari aspetti, il ministero delle finanze modi
ficò il proprio orientamento, convenendo, come si dirà, nella
necessità di adeguamento immediato dell'esercizio delle
miniere di Raibl alle direttive del piano di risanamento del
settore del piombo e dello zinco, la cui completa attua
zione doveva aver luogo entro il 1965. E poiché, d'altra
parte, permaneva l'opportunità di dar corso ad una solu
zione transitoria, per non pregiudicare ogni futura deci
sione definitiva della Regione, il ministero predetto af
fidò all'A.m.m.i., che già da tempo aveva presentato do
manda di concessione, la gestione provvisoria del com
pendio minerario. Il modificato orientamento, dunque, e la conseguente
diversa determinazione ministeriale non sono il frutto ar
bitrario di una immotivata decisione, sibbene la conclu
sione razionale di una più ampia e completa valutazione
dei diversi aspetti del problema, talché del tutto inatten
dibile appare la censura di contraddittorietà.
In realtà, è incontestabile che il provvedimento im
pugnato trova ragione in ben individuate esigenze di in
teresse pubblico, non estranee alla peculiare azione ammini
strativa : di fronte a tale accertamento deve arrestarsi la
cognizione di questo consiglio, poiché ogni ulteriore apprez zamento del grado e della intrinseca validità di detto in
teresse esulerebbe dal giudizio di legittimità per invadere il campo dello stesso merito amministrativo, la cui valuta
zione è in questa sede preclusa. Le accennate ragioni di interesse pubblico risultano
con certezza dagli atti esibiti dall'amministrazione. Nei trascorsi anni si è venuta a determinare e si è progressiva mente aggravata una situazione di inferiorità del settore
italiano del piombo e dello zinco rispetto alla situazione
delle altre nazioni europee. In relazione a ciò, nell'ottobre
del 1960, gli Stati membri delle C.e.e. si indussero, al mo
mento della firma dell'accordo riguardante la fissazione di
una parte della tariffa doganale comune, ad esprimere avviso
favorevole per una eventuale applicazione dell'art. 226 del
trattato, che consentisse, per un periodo di sei anni, un iso
lamento del mercato italiano per il piombo e lo zinco, nei
confronti sia degli altri Stati membri sia dei paesi terzi.
La concessione in concreto delle misure di salvaguardia è stata adottata con successive decisioni dall'apposita com
missione, che ha accordato l'isolamento anno per anno,
subordinandone, però, l'ulteriore proroga alla presenta zione, da parte italiana, di un piano di risanamento del
settore. Questo piano, presentato nell'ottobre del 1962, era
fondato sostanzialmente sul principio della verticalizzazione
della produzione e concerneva l'ammodernamento dei pro
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255 PARTE TERZA 256
cedimenti di estrazione del minerale, la razionalizzazione
dei rapporti fra le miniere e le fonderie e una campagna di
ricerche geologiche. La funzione che le miniere del Predil
(che sono dei più importanti giacimenti d'Europa e che per ciò hanno indubbiamente una posizione essenziale per lo svi
luppo economico nazionale del settore) avrebbero dovuto
svolgere nella realizzazione di questo piano, e l'opportu nità di darne la concessione all'A.m.m.i. alla Scadenza della
convenzione con la Soc. Raibl, furono rappresentate e di poi sostenute ed illustrate dai dicasteri dell'industria e del com
mercio e delle partecipazioni statali all'amministrazione
finanziaria. Sono ormai noti gli orientamenti di quest'ul tima ed il loro successivo evolversi fino all'emanazione del
provvedimento impugnato. L'affidamento della gestione all'A.m.m.i., società a pre
valente partecipazione statale, per cui tramite il nostro
paese è in grado di orientare e disporre la produzione, lo
sfruttamento e la utilizzazione di uno dei più importanti
giacimenti minerari d'Europa, costituisce, come si legge nelle premesse dell'atto di concessione del 10 giugno 1964
a favore dell'A.m.m.i. stessa, «fattore fondamentale di
equilibrio e di risanamento dell'industria del piombo e spe cialmente dello zinco in Italia ». È chiaro, perciò, che,
indipendentemente dall'esistenza di ragioni collaterali, con
cernenti anche la particolare situazione in cui versava
l'A.m.m.i., i motivi essenziali della determinazione impu
gnata sono rinvenibili nell'apprezzamento di precise esi
genze di pubblico interesse riguardanti la realizzazione del
piano di risanamento del settore italiano del piombo e
dello zinco. Non si può censurare in sede di legittimità che
l'amministrazione finanziaria non sia restata insensibile
a tali esigenze, sia perchè gli accordi comunitari impegnano lo Stato nella sua unità sia perchè la natura c. d. erariale
delle miniere non lo esimeva dal coordinare il persegui mento del proprio interesse particolare con quello pubblico
generale dell'intero settore minerario suindicato.
Il ricorso, in relazione ai motivi ritenuti ammissibili, va,
dunque, respinto. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione vi decisione 19 ottobie 1965, n. 631 ; Pres. Beeglia, Est. De Robebto ; De Michele (Avv. D'Abbieeo) c.
Finanze (Avv. dello Stato Pekonaci), Comune di Mon
talbano Ionico.
Esazione «Ielle imposte ed esattore — Conferma «lel
Tesattore — Determinazione dell'aggio — Fatti
specie. Esazione delle imposte ed esattore — Decreto pres.
15 maggio I!)63 n. 1158 — Questione «li illcgitIiinità costituzionale — Manifesta infondatezza (Costitu
zione, art. 76 ; legge 6 novembre 1962 n. 1608, delega al governo per l'emanazione del t. u. sui servizi della
riscossione delle imposte dirette ; d. pres. 15 maggio 1963 n. 858, t. u. delle leggi sui servizi della riscossione
delle imposte dirette, art. 36, 159).
Ai fini della determinazione dell'aggio, nella conferma del
l'esattore, si devono comprendere tra le entrate affidate in riscossione anche le somme delle quali la percezione entro l'anno non sia stata possibile per avvenimenti
accidentali e contingenti (nella specie, somme la cui esa
zione era stata differita con provvedimento ministeriale,
per le particolari difficoltà dell'agricoltura locale). (1)
(1) Non risultano precedenti specifici. Per riferimenti, sulla determinazione dell'aggio, in sede di
conferma dell'esattore, cfr. COns. Stato, Sez. VI, 23 marzo 1965, n. 196, Foro it., Hep. 1965, voce Esazione, n. 109.
Il testo della circolare ministeriale 28 giugno 1983 prot. 404527 è riportato in Nuova rassegna, 1963, 2549.
È manifestamente infondata la questione di costituzionalità,
per asserito contrasto con l'art. 76 della Costituzione, della legge di delega 6 novembre 1962 n. 1608, con la
quale si conferisce al governo la delega ad emanare il
testo unico sui servizi della riscossione delle imposte dirette, e del relativo t. u., emanato con decreto pres. 15 maggio 1963 n. 858, emanato sulla base di essa. (2)
La Sezione, ecc. — (Omissis). Con la seconda parte del
secondo motivo e con la prima parte della terza censura
il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato avrebbe affermato che tra le entrate affidate in riscossione
all'esattore per l'anno 1961 doveva essere compresa anche
la somma di lire 31.809.336 iscritta nei ruoli dell'anno
anzidetto ma della quale era stata, con provvedimento ministeriale, sospesa « la riscossione in considerazione delle
particolari difficoltà di ordine vario connesse con le attuali
condizioni dell'agricoltura nella provincia ». Deduce il
ricorrente che tale somma non avrebbe dovuto essere com
putata tra le entrate del 1961 sia perchè la circolare im
pone di detrarre da tali entrate « l'importo delle tolleranze
concesse, come nella specie, per causa diversa alle maggiori rateazioni », sia perchè la legge n. 858 del 1963 prescrive di
tener conto delle sole entrate realmente riscosse nel 1961
e non anche di quelle iscritte a ruolo e riscuotibili solo in
anni successivi.
La doglianza non merita accoglimento. Giova anzitutto rilevare che nel sistema del decreto
pres. 15 maggio 1963 n. 858 la conferma esattoriale è di
sposta alle stesse condizioni della precedente concessione salvo che per l'aggio la cui misura, in aumento o in diminu
zione, va stabilita secondo quanto prescrivono i comma 6°
e 7° dell'art. 36 e l'art. 159. Per stabilire se la misura dell'aggio del futuro decennio
deve essere variata nell'uno o nell'altro senso gli art. 36 e 159 del decreto pres. cit. impongono il raffronto tra l'an damento della totalità delle entrate affidate in riscossione
all'esattore negli anni 1951 e 1961 con l'andamento dei
tributi erariali riscuotibili per ruoli nei medesimi anni. In particolare, ai fini dell'aumento dell'aggio, si dispone
che se l'incremento della totalità dell'entrata non raggiunga i 3/8 dell'incremento del gettito dei tributi erariali può, a
richiesta, accordarsi all'esattore un aumento dell'aggio in corso.
Ciò posto, resta da stabilire se tra « le entrate affidate in
riscossione all'esattore » (c. d. « carico », secondo la termi
nologia di cui alla circolare citata) debbono ritenersi com
prese anche quelle somme di cui non sia stata possibile la
riscossione, nell'anno, per avvenimenti contingenti ed ac
cidentali (nella specie, differimento della riscossione per
particolari difficoltà dell'agricoltuia locale). Il collegio è dell'opinione che l'interpretazione logica
delle norme sopra richiamate imponga di tener conto, nelle « entrate », anche delle somme non riscosse per avvenimenti della natura sopra indicata.
Ed invero, il raffronto, imposto dalla legge, tra i para metri sopraindicati, relativi agli anni 1951 e 1961, non ha altro scopo che quello di stabilire, con riferimento alla situa zione della esattoria, quale dovrà essere la misura dell'aggio per il successivo decennio.
In tale prospettiva non è dubbio che nessun valore [tossa attribuirsi al differimento della riscossione di tributi iscritti
a ruolo quando, come nella specie, tale differimento sia
stato determinato da vicende eccezionali e contingenti : e ciò in quanto tali circostanze (che non precludono, si
noti, la futura ed integrale riscossione dei tributi da parte dell'esattore) non sono tali da rilevare, in relazione al de cennio a venire, una situazione della gestione esattoriale
diversa da quella rappresentata dalle entrate iscritte a ruolo.
È, poi, insussistente il denunciato contrasto tra il prov vedimento impugnato e la circolare 28 giugno 1963, nella
quale, a dire del ricorrente, si disporrebbe che delle mancate
(2) Non risultano precedenti.
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