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sezione VI; decisione 26 settembre 1985, n. 475; Pres. Quartulli, Est. Camera; Parmentola (Avv. De...

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sezione VI; decisione 26 settembre 1985, n. 475; Pres. Quartulli, Est. Camera; Parmentola (Avv. De Lucia) c. E.n.p.a.s. (Avv. dello Stato Polizzi). Conferma T.A.R. Campania, sede Salerno, 5 agosto 1982, n. 170 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 117/118-121/122 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180270 . Accessed: 28/06/2014 17:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.158 on Sat, 28 Jun 2014 17:29:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 26 settembre 1985, n. 475; Pres. Quartulli, Est. Camera; Parmentola (Avv.De Lucia) c. E.n.p.a.s. (Avv. dello Stato Polizzi). Conferma T.A.R. Campania, sede Salerno, 5agosto 1982, n. 170Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 3 (MARZO 1986), pp. 117/118-121/122Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180270 .

Accessed: 28/06/2014 17:29

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — I. - Al fine di stabilire se la presente controversia

appartenga alla giurisdizione di questo consiglio, ovvero integri gli estremi del conflitto di giurisdizione, occorre esaminare sia la

natura dei motivi d'impugnazione, sia il contenuto del provvedi mento impugnato. Quest'ultimo consiste nell'annullamento, opera to dalla commissione di controllo, della delibera regionale di riconoscimento del libero corso di formazione sull'educazione alla

sessualità per insegnanti della scuola dell'obbligo e i genitori nella gestione sociale della scuola. Motivazione dell'atto di con

trollo negativo è la seguente: « l'aggiornamento del personale statale della scuola è riservato allo Stato e iniziative del genere non rientrano nella competenza regionale ». Siffatta motivazione

integra di per sé un'ipotesi di conflitto, poiché esse nega l'esisten

za dell'attribuzione di potere ad un ente (la regione) e la

rivendica ad altro, lo Stato, del quale la commissione è organo. L'atto impugnato ha dunque valore di vindicatio potestatis, che,

per sua natura, è idonea a porre in essere ragioni di turbativa di

competenza costituzionali, se comporti l'invasione della sfera di

competenza di altro ente.

II. - Di fronte alla presunta invasione, la regione ha reagito con ricorso al T.A.R. adducendo, tra gli altri motivi, il travisa mento dei fatti. La giurisprudenza è ormai consolidata nel senso che vi è giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere delle

controversie sugli atti di annullamento dei provvedimenti regiona li allorché la regione contesti il corretto esercizio del potere di

controllo; spetta invece alla Corte costituzionale di conoscere della domanda giurisdizionale tendente alla « riappropriazione »

della denegata competenza. La richiesta di annullamento di que sto ultimo tipo ben può essere profilata sotto forma di vizio dell'atto impugnato, ma la prospettazione che la parte dia al

motivo di ricorso non esime il giudice da un'approfondita analisi, nel concreto, della reale natura della domanda. Nel caso di specie i due profili del motivo intitolato « travisamento dei fatti » non

tendevano a denunziare un errore di fatto che avrebbe determi nato la commissione all'annullamento, ma, viceversa, ad accredi

tare un'interpretazione dei fatti, tale da far ricomprendere la

materia nella competenza regionale. La controversia, quindi, non si sottrae alla competenza della

Corte costituzionale, posto che il conflitto di attribuzione non

può essere risolto prescindendo dalla interpretazione dei fatti, oltre che dalle situazioni di diritto.

III. - In conclusione la fattispecie integra un caso paradigmati co di conflitto, in quanto l'atto impugnato si basa sulla motiva zione di un'asserita invasione di sfera di competenza statale e tutti i motivi di ricorso in primo grado sono rivolti a far valere la denegata attribuzione istituzionale del potere esercitato. La

sentenza impugnata deve essere confermata. (Omissis)

l'infondatezza della pretesa del ministro delle finanze di riservare a sé il potere di accertare quali siano i tributi regionali propri, concreta un conflitto di attribuzioni riservato alla Corte costituzionale.

In dottrina, Serges, Giudizio amministrativo e conflitto di attribu zioni fra Stato e regione, in Dir. e società, 1981, 635.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 26 settembre

1985, n. 475; Pres. Quartulli, Est. Camera; Parmentola

(Avv. De Lucia) c. E.n.p.a.s. (Avv. dello Stato Polizzi).

Conferma T.A.R. Campania, sede Salerno, 5 agosto 1982, n. 170.

Impiegato dello Stato e pubblico — Buonuscita E.n.p.a.s. —

Indennità integrativa speciale — Computabilità — Esclusione

(L. 27 maggio 1959 n. 324, miglioramenti economici al persona

le statale in attività e in quiescenza, art. 1; 1. 3 marzo 1960 n.

185, modifica della 1. 27 maggio 1959 n. 324, art. 1; d.p.r. 29

dicembre 1973 n. 1032, t.u. delle norme sulle prestazioni

previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello

Stato, art. 38; 1. 20 marzo 1980 n. 75, proroga del termine

previsto dall'art. 1 1. 6 dicembre 1979 n. 610, in materia di

trattamento economico del personale civile e militare dello Stato

in servizio e in quiescenza; norme in materia di computo della

tredicesima mensilità e di riliquidazione della indennità di

buonuscita e norme di attuazione e interpretazione dell'art. 6 1.

29 aprile 1976 n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi

al fondo sociale e riapertura dei termini per l'opzione, art. 2).

Il Foro Italiano — 1986.

L'indennità integrativa speciale non entra a far parte della base

retributiva alla quale commisurare l'indennità di buonuscita che

l'E.n.p.a.s. deve corrispondere al dipendente statale cessato dal

servizio. (1)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA

ZIO; sezione III; sentenza 6 novembre 1985, n. 1764; Pres. Fe

lici, Est. Moschini; Fabbietti (Avv. Moricca) c. I.n.p.s. (Aw.

Sacerdoti, Gorga).

Impiegato dello Stato e pubblico — Buonuscita I.n.p.s. — Inden nità integrativa speciale — Computabilità (L. 27 maggio 1959

n. 324, art. 1, 2; 1. 20 marzo 1975 n. 70, disposizioni sul

riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del

personale dipendente, art. 13, 26; 1. 3 giugno 1975 n. 160, norme per il miglioramento dei trattamenti pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale, art. 22; d.p.r. 26 maggio 1976 n. 411, disciplina del rapporto di lavoro del personale

degli enti pubblici di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70, art. 25;

d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione della

indennità di contingenza, art. 2; 1. 31 marzo 1977 n. 91, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 1° febbraio 1977

n. 12, art. 1; 1. 7 luglio 1980 n. 299, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 7 maggio 1980 n. 153, concernente norme

per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno

1980, art. 3; 1. 29 maggio 1982 n. 297, disciplina del trattamen

to di fine rapporto e norme in materia pensionistica, art. 4; 1.

29 marzo 1983 n. 93, legge-quadro sul pubblico impiego, art.

4).

L'indennità integrativa speciale deve essere computata dall'I.n.p.s. al fine di determinare l'ammontare dell'indennità di buonuscita

che deve corrispondere ai propri dipendenti cessati dal servi

zio. (2)

(1-2) Si accentua il contrasto nella giurisprudenza che affronta il

problema della computabilità o meno della indennità integrativa specia le nella determinazione dell'ammontare delle indennità di buonuscita,

anzianità, fine servizio e simili, spettanti ai pubblici dipendenti all'atto della loro cessazione dal servizio.

Per la soluzione negativa, ora riaffermata dalla riportata decisione del Consiglio di Stato, si era già espresso T.A.R. Campania, sez. I, 18 ottobre 1983, n. 1019, ugualmente in riferimento alla indennità di buonuscita corrisposta dall'E.n.p.a.s., Foro it., 1985, III, 78, con nota di richiami; nello stesso senso, Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 1985, n. 602, Cons. Stato, 1985, I, 1481, sempre in riferimento a detta indennità, e 3 aprile 1985, n. 121, ibid., 441, in riferimento alla indennità di anzianità spettante ai dipendenti del l'I.n.a.d.e.l.; nonché T.A.R. Liguria 15 luglio 1985, n. 455, Trib. amm. reg., 1985, I, 2867, e T.A.R. Lazio, sez. III, 30 marzo 1985, ibid., 1201, entrambe in riferimento alla indennità di buonuscita E.n.p.a.s., che però hanno dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità della relativa normativa.

iPer la soluzione positiva, ora ribadita, v. T.AjR. Lazio, sez. III, 24 luglio 1984, n. 382, Foro it., 1985, III, 267, con no ta di Verrienti, con ampi richiami giurisprudenziali, in riferi mento all'indennità di buonuscita spettante al dipendente dell'I.n.p.s.; a tali richiami, adde, successivamente, nello stesso senso, T.A.R. Lazio, sez. Ili, 14 novembre il984, n. 580, Trib. amm. reg., 1984, I, 3606, in riferimento al trattamento di quiescenza dei

dipendenti dell'I.n.a.i.l.; nonché T.A.R. Toscana 22 giugno 1985, n. 597, id. 1985, I, 2909, in riferimento alla indennità di buonuscita dell'E.n.p.a.s. Tutte queste pronunce, poi, meno l'ultima, esplicitamente richiamano l'applicabilità ai casi decisi della limitazione temporale prevista dagli art. 1 e 2 d.l. 1° febbraio 1977 n. 12, norme per l'applicazione della indennità di contingenza nel testo risultante dalle modifiche apportatevi dall'art. 1 della relativa legge di conversione 31 marzo 1977 n. 91; su questo penultimo punto, cfr. anche T.A.R. Valle d'Aosta 25 maggio 1985, n. 48, ibid., 2216, che ha affermato che tale limitazione temporale non è applicabile per la determinazione dell'in dennità di fine servizio spettante ai dipendenti di una regione a statuto speciale come la Valle d'Aosta, per la quale è presupposta comunque la computabilità dell'indennità integrativa speciale, ma in base a legge regionale.

Per altri riferimenti sulla natura della indennità integrativa speciale, Corte cost. 6 dicembre 1984, n. 227, Foro it., 1985, I, 1615, con nota di richiami, che ha negato l'incostituzionalità della normativa che consente che essa concorra a formare il reddito complessivo netto, ai fini della determinazione delle aliquote a questo applicabili, e che non la esenta dal prelievo d'imposta. Cfr. anche T.A.R. Lazio, sez. I, 31 maggio 1984, Trib. amm. reg., 1984, I, 1948, che ha dichiarato la illegittimità del pignoramento esattoriale anche di tale indennità spet

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PARTE TERZA

I

Diritto. — La controversia sollevata riguarda l'inclusione del

l'indennità integrativa speciale nel calcolo dell'indennità di buo

nuscita che l'appellante, già dipendente del ministero delle finanze, ha ricevuto dall'E.n.p.a.s. all'atto del suo collocamento a riposo con decorrenza dal 1° luglio 1977.

Sostiene l'appellante che l'indennità integrativa speciale, quale

parte integrante dello stipendio dichiarata utile ai fini del tratta

mento di quiescenza dalla 1. 29 aprile 1976 n. 177 e sottoposta alle ritenute per contributi di previdenza e assistenza sociale dalla

1. 3 giugno 1975 n. 160, non può non concorrere alla formazione

della base contributiva cui va commisurata la buonuscita

E.n.p.a.s. Il giudice di primo grado ha però deciso negativamente in

ordine a tale richiesta rilevando che l'indennità di cui si discute

in quanto « attua soltanto un adeguamento monetario periodico di

una parte della retribuzione alla dinamica crescente del costo

della vita » non ha natura retributiva ed è espressamente esclusa

dalla base contributiva dell'indennità di buonuscita.

Ritiene il collegio che correttamente il giudice di prime cure ha

respinto il proposto ricorso.

Il problema ha già costituito oggetto di esame di questa sezione che ha in passato negato che agli effetti previdenziali

possono essere calcolate quelle indennità che non siano espressa mente previste dalla legge come utili ai fini del trattamento di

previdenza. L'indennità integrativa speciale, istituita dalla 1. 27 maggio 1959

n. 324 per i trattamenti economici dei dipendenti dello Stato in

attività di servizio e in quiescenza allo scopo di reintegrare il

potere d'acquisto di tali trattamenti diminuiti dalla riduzione di

valore della moneta, costituisce una componente autonoma del

trattamento stesso e, per il suo carattere di variabilità in relazio

ne al mutato costo della vita, ha natura accessoria e sussidiaria

rispetto sia allo stipendio che alla pensione.

Non risulta che essa sia stata considerata da alcuna disposizio ne di legge utile ai fini del trattamento previdenziale.

Le norme dichiarate dall'appellante si limitano ad assimilarla

allo stipendio a certi effetti, come giustamente ritenuto dalla

resistente difesa erariale, ma non ad includerla nella base di

commisurazione della buonuscita.

Al contrario la citata 1. 324 del 1959 all'art. 1, 3° comma,

modificato dall'art. 1 della 1. 3 marzo 1960 n. 185, esclude

espressamente che l'indennità in questione possa essere computata

agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza (lett. b)

e tale previsione trova ulteriore conferma sia nel d.p.r. 29

dicembre 1973 n. 1032 che all'art. 38 non ha indicato l'indennità

integrativa speciale fra le indennità e gli assegni computati (1°

comma) ed ha dichiarato inclusi nella base contributiva soltanto

quegli « assegni e indennità previsti dalla legge come utili ai fini

del trattamento previdenziale » (2° comma) e sia nella 1. 20

marzo 1980 n. 75, che, nel ricomprendere nella base contributiva

anche la tredicesima mensilità, ha nuovamente escluso dalla base

stessa le « indennità che non siano espressamente previste dalla

legge come utili ai fini del trattamento previdenziale ».

In base a tali considerazioni l'indennità in discussione non può

essere computata nell'indennità di buonuscita, trattandosi di emo

lumento non quiescibile. Per i motivi che precedono l'appello va respinto. (Omissis)

II

Diritto. — L'eccezione pregiudiziale d'irricevibilità dedotta dal

l'I.n.p.s. deve essere respinta. Il titolo ad ottenere l'esatta corre

sponsione del trattamento per la fine del servizio dà luogo ad un

diritto soggettivo patrimoniale e non ad un mero interesse legit

timo. Esso è già precostituito dalle norme di legge e di regola

mento. Nei suoi confronti il provvedimento dell'ente ha funzione

di predisposizione e calcolo dell'ammontare per il fine di liquida

re l'atto erogativo concreto di pagamento. Questo ha natura

paritetica e non costituisce né fa nascere il predetto diritto di

credito che è già sorto in forza delle norme da cui viene

attribuito. Nella specie l'azione giurisdizionale non risulta, quindi,

soggetta al termine di decadenza per il ricorso, applicandosi solo

tante ad un pubblico dipendente, in esecuzione di un provvedimento che si riferiva solo allo stipendio.

Sulla computabilità dell'indennità integrativa speciale ai fini dell'inden

nità premio di servizio erogata dall'I.n.a.d.e.l. cfr. Trib. Bari 7 febbraio

1986, Foro it., 1966, I, 540, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

il regime della prescrizione rispetto al quale la domanda è stata

fatta largamente prima della relativa scadenza.

In linea preliminare va, pure, precisato che il collegio non

ignora ed ha esaminato l'autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato, citata con pregevole accuratezza dalla difesa dell'ente.

Ritiene, tuttavia, che l'intera materia esiga ancora un approfondi to esame in vista di un adeguamento all'attuale realtà giuridica ed economica.

Ciò posto, bisogna osservare che il ricorso è fondato.

Chiaro per questo aspetto, è l'art. 13, 1° comma, 1. 20 marzo

1975 n. 70 che aggancia la base del conteggio allo « stipendio annuo complessivo ». L'uso del secondo aggettivo, più ampio della qualificazione ordinaria, non attiene alle sole mensilità (già

comprese nella frase immediatamente posteriore della medesima

norma) ma include anche le voci fisse aggiuntive le quali fanno

corpo con la retribuzione tabellare. Una diversa interpretazione restrittiva sarebbe inconciliabile rispetto all'orientamento esegetico

più largo che ha ammesso la computabilità degli onorari profes sionali nel trattamento economico dovuto per la fine del servizio.

Palese è, dunque, la necessità di ricomprendere pure l'indennità

integrativa speciale, la cui entità si compenetra con lo stesso

trattamento economico, ai sensi dell'art. 26, 2° cpv., della legge sopra richiamata. Nell'identico senso converge, altresì, l'art. 25

d.p.r. 26 maggio 1976 n. 411. Tale norma si apre con una

formulazione apparentemente antitetica ma finisce, poi, per stabi

lire in modo preciso ed univoco la calcolabilità dell'emolumento in esame per la fissazione del compenso relativo al lavoro

straordinario diurno, dando peculiare risalto alla natura essenziale

retributiva e corrispettiva del medesimo fattore erogativo stabile e

costante.

Nessuna forza impeditiva può discendere dalla 1. 27 maggio 1959 n. 324. Vero è che, nell'art. 1, risulta stabilita la non

pensionabilità dell'indennità integrativa speciale. Il divieto non

sorge, tuttavia, dalla sua natura giuridica o dalla struttura morfo

logica, ma dalla circostanza che il successivo art. 2 prevede l'attribuzione autonoma di siffatta indennità ai titolari dei tratta

menti di quiescenza con un conteggio aggiuntivo il quale ripro

duce, nella sua articolazione, le modalità di conteggio fissate per il personale in attività di servizio.

È necessario, peraltro, tener presente tutta la successiva evolu

zione della disciplina in esame, alla cui stregua appare radical

mente trasformata la consistenza delle norme originarie. Va, cosi, ricordata la 1. 9 ottobre 1971 n. 825, unitamente al d.p.r. 29

settembre 1973 n. 597, che hanno unificato il sopra richiamato

emolumento con lo stipendio per l'assoggettamento fiscale al

l'i.r.p.e.f. A sua volta, la posteriore 1. 31 luglio 1975 n. 364 ha

operato un accostamento maggiore con la contingenza, pacifica mente computabile nelle somme spettanti per la fine del lavoro.

In prosieguo di tempo il d.l. 11 ottobre 1967 n. 699 convertito

nella 1. 10 dicembre 1976 n. 797 ha fissato particolari modalità di

corresponsione per alcune categorie in relazione ai corrispondenti

importi puntualizzando che l'equivalente ammontare andava

compreso nella determinazione del trattamento di quiescenza e di

fine rapporto. Non è consentito, infine, di dimenticare l'incisiva

rilevanza esegetica dell'assetto afferente all'art. 22 1. 3 giugno 1975 n. 160 che ha sottoposto simile emolumento al calcolo dei

contributi di assistenza sociale e di previdenza nei confronti del

personale dello Stato, anche con ordinamento autonomo, preve dendo — nel contempo — un pari aumento delle retribuzioni

convenzionali per gli aventi titolo al pagamento. Di fronte a tutto

ciò, non sembra più ammissibile affermare la persistenza di un

divieto di computo per i dipendenti pubblici e la continuazione

di una soglia d'indifferenza della predetta componente reddituale

sull'entità della base economica spettante durante il servizio od al

termine di quest'ultimo. Si giunge, cosi, al d.l. 1° febbraio 1977 n. 12 che, nel congelare

il computo di siffatto elemento retributivo, ha definitivamente

convalidato e consolidato il suo inserimento entro la piattaforma determinativa de qua agitur. L'ultima parte dell'art. 2 per il

personale statale e per quello parastatale richiama non solo la 1. 27

maggio 1959 n. 354 ma anche « le successive modificazioni ed

integrazioni ». La norma, in simil guisa, dà atto della già descrit

ta evoluzione che ha variato radicalmente l'assetto iniziale. L'e

molumento fu, invero, introdotto con un carattere provvisorio e

transeunte, rivelato dal suo nomen iuris nel campo dei rapporti di lavoro privato (indennità di contingenza) e pubblico (indennità

integrativa speciale). Il persistente dilagare dell'inflazione, accom

pagnato dalla continua ascesa dei prezzi hanno, però, trasformato

il carattere di simile componente, rendendo incisiva la sua

funzione di adeguamento costante della retribuzione. Siffatta con

notazione di salvaguardia del reddito fisso contro il crescente

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

aumento del costo della vita accentua, in virtù della stessa evoluzione legislativa, l'esigenza di calcolo nel trattamento di

quiescenza per i dipendenti parastatali. Ben s'intende che il

conteggio deve limitarsi fino all'importo maturato alla data del 1°

gennaio 1977, giusta il sopra richiamato congelamento operato con il decreto legislativo di cui trattasi.

Una differente esegesi renderebbe incomprensibile l'aggiunta di

peculiare incisività effettuata dalla legge di conversione 31 marzo 1977 n. 91 con cui i nuovi criteri di computo ed il divieto di ulteriori dilatazioni sono stati estesi « a tutte le forme di indenni tà di anzianità, di fine lavoro, di buonuscita comunque denomina te e da qualsiasi fonte disciplinate ». La portata generalizzante e

globale della disposizione non consente, invero, di ritenere in vita distinzioni ed opposizioni che appaiono ormai prive di supporto e di logica giustificazione entro il progressivo sviluppo dinamico dell'ordinamento.

Anche l'art. 4, 6° comma, della più recente 1. 29 maggio 1982 n. 297 stabilisce che « resta ferma la disciplina legislativa del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici ». La norma, dunque, non si riferisce alla legge originaria ma ammette tutto'lo

sviluppo posteriore della stessa disciplina della materia, confer mandola nel suo progredire complessivo e riconoscendo l'esistenza di una corrispondente evoluzione richiamata nella sua interezza.

Da ultimo, non è dato di obliterare un rilievo d'ordine sistema tico. Il d.l. 7 maggio 1980 n. 153 e la corrispondente 1. 7 luglio 1980 n. 299 (art. 3) hanno previsto l'inclusione passiva ed attiva dell'emolumento nel premio di servizio dovuto dall'I.n.a.d.e.l. al momento del collocamento a riposo. Nei confronti di tale assetto, l'affermazione di un opposto divieto per il parastato darebbe

luogo ad una disparità e ad una differenziazione rispetto alla

quale non potrebbe agevolmente riscontrarsi un criterio di ragio nevolezza sul piano dell'ordinamento. Una notevole parte del

personale già appartenente alle amministrazioni previdenziali in cluse nella sfera della 1. 70/75 è oggi transitata presso gli enti locali (soprattutto le regioni) ed è inquadrata nei loro ruoli. In siffatte condizioni, la base della diversificazione viene a vanificarsi ed il vario atteggiarsi dell'indennità integrativa speciale e del suo

computo non appare conciliabile con la tendenziale omogeneità dei punti di confluenza verso cui è orientato ed ha finito per giungere il rapporto di impiego. È noto, al riguardo, che tra due

interpretazioni giuridiche occorre seguire l'esegesi la quale assicu ra l'aderenza, anziché la difformità con i principi costituzionali (Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 1974, n. 840, id., 1974, III, 401).

Né vale obiettare che la valutazione va fatta per categorie e che la disciplina è uguale nell'ambito degli enti previdenziali. Per

questi ultimi, anzitutto, essa è, invece, differenziata tra i vari istituti. Basti citare, ad esempio, il trattamento di liquidazione del

personale I.n.a.d.e.l. In secondo luogo, l'art. 4 1. 93/83 pone un criterio di omogeneizzazione e perequazione che vieta di spezzare il giudizio per gruppi di settori. Oltre a ciò, nell'ambito dei medesimi enti previdenziali l'indennità integrativa speciale si

computa per il trattamento di pensione a differenza della liquida zione della buonuscita e delle altre forme erogative analoghe; il che genera una discrepanza addirittura interna tra gli stessi elementi strutturali ed i corrispondenti effetti.

Siffatta considerazione torna a porre in luce la necessità di dare positiva soluzione al problema in esame, effettuando una diversa interpretazione delle norme sulla base di tutte le pregres se puntualizzazioni. La domanda deve, quindi, avere utile ingres so nell'attuale sede entro i limiti quantitativi derivanti dalla sopra esposta trattazione.

Va disattesa la richiesta accessoria di corresponsione della rivalutazione monetaria, giacché l'indennità di buonuscita del

l'I.n.p.s., seppur sostitutiva di quella di anzianità, è erogata da un fondo previdenziale dell'ente e non è, pertanto, un credito per il

rapporto d'impiego in senso proprio. Debbono, invece, corrispon dersi gli interessi legali che, in difetto di una diversa previsione, decorrono dal giorno della domanda fino alla data di pagamento, secondo quanto precisato in pregresse decisioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 1982, n. 78, id., Rep. 1982 voci Contabilità dello Stato, n. 42, Impiegato dello Stato, n. 105, relativa ed

analoga fattispecie). Rimane, cosi, assorbita la domanda subordinata formulata dal

l'istante. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1986.

CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 4 settembre

1985, n. 330; Pres. Paleologo, Est. Rosini; Soc. San Felice

(Avv. Colzi) c. Comune di Firenze (Avv. Mori de' Paoli),

Regione Toscana (Avv. Morbidelli). Annulla T.A.R. Toscana

3 aprile 1982, n. 124.

Edilizia e urbanistica — Piano regolatore — Variante — Difetto

di motivazione — Fattispecie.

È illegittima la variante al piano regolatore generale che, in

difetto di adeguata motivazione, assoggetta al regime delle zone

agricolo-panoramiche una modesta area precedentemente desti

nata a zona industriale e artigianale, sulla quale con l'autoriz

zazione del comune erano già stati costruiti i tracciati stradali

occorrenti per l'edificazione, nonché altre opere di urbanizza

zione. (1)

(1) Il profilo fondamentale che emerge dall'analisi della sentenza che

qui si riporta è rappresentato dalla rilevanza giuridica della sopravve nienza di una nuova disciplina urbanistica, e dalle valenze che a tale

sopravvenienza sono connaturate, in termini di affidamenti dati dal

comune a privati e di tutela di situazioni preesistenti alla variante, favorevoli ai medesimi.

La giurisprudenza, al riguardo, è costante nello statuire la necessità

di una congrua ed adeguata motivazione per quelle varianti che si

trovino ad incidere sulle posizioni dei privati consolidatesi in forza di

atti (formali) del comune, i quali abbiano ingenerato nei privati

(quantomeno) un certo grado di affidamento. Si ritrova tale uniformità di decisioni nel caso in cui l'affidamento

del privato sia stato determinato dall'approvazione di un piano di

lottizzazione, come nelle ipotesi meno formali in cui l'affidamento acceda ad un accordo del privato col comune (avente o meno il

requisito esplicito della convenzione), oppure ad un provvedimento di natura autorizzativa, o addirittura al mero disposto del piano regolato re generale.

Nel senso che in presenza di preesistenti accordi di lottizzazione fra

comune e privati l'autorità comunale può modificare il regime delle

aree oggetto dei rapporti stabiliti nella convenzione urbanistica solo

motivando in modo specifico le gravi e determinanti ragioni di

pubblico interesse che rendono necessaria la compressione delle situa zioni giuridiche dei privati, si veda: Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno

1985, n. 239, Cons. Stato, 1985, I, 658; 5 dicembre 1984, n. 884, id., 1984, I, 1472; sez. V 24 novembre 1984, n. 336, ibid., 1404; sez. IV 17 ottobre 1984, n. 767, Foro it., Rep. 1984, voce Edilizia e

urbanistica, n. 203; 27 giugno 1984, n. 486, ibid., n. 204; 2 aprile 1984, n. 202, ibid., voce Edilizia popolare ed economica, n. 65 (nel caso specifico l'elemento caratterizzante l'affidamento dato dal comune era costituito non dall'approvazione di un piano di lottizzazione bensì di un piano particolareggiato); 7 marzo 1984, n. 134, id., Rep. 1984, voce Edilizia e urbanistica, n. 206; 13 febbraio 1984 n. 82, ibid., n.

207; 15 luglio 1983, n. 538, id., Rep. 1983, voce cit., n. 494; sez. V 19 febbraio 1982, n. 124, id., Rep. 1982, voce cit., n. 557; T.A.R.

Lombardia, sede Brescia, 9 ottobre 1980, n. 308, id., Rep. 1981, voce cit., n. 210.

Sul caso, meno rigorosamente formale rispetto all'ipotesi che precede e a cui si riferisce direttamente la decisione in epigrafe, in cui il comune abbia determinato precisi affidamenti nel proprietario di un immobile, non mediante l'approvazione di una lottizzazione, ma attraverso altra

attività amministrativa, e che quindi illegittimamente deliberi una variante atta a modificare le previsioni urbanistiche senza una circo stanziata motivazione sulle particolari ragioni di pubblico interesse che hanno reso necessario incidere sulla posizione giuridica del privato, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 marzo 1985, n. 98, Cons. Stato, 1985, I, 268; 20 marzo 1985, n. 96, ibid., 265; 28 gennaio 1985, n. 27, ibid., 19; 13 aprile 1984, n. 243, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 205; 8 febbraio 1980, n. 91, id., Rep. 1980, voce oit., n. 208; T.A.R. Lombardia 13 dicembre 1979, n. 1017, ibid., n. 209; Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 1976, n. 239, id., 1976, III, 484, con nota di richiami di G. Canavesio.

Sul caso in cui l'affidamento del privato acceda direttamente al disposto del piano regolatore generale, cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 16 maggio 1984, n. 431, id., 1984, III, 442, con nota di richiami, in cui si è dichiarata illegittima una variante, inadeguatamente giustificata, la quale imprimeva la destinazione agricola ad un'area che il P.R.G. destinava alla costruzione di case d'abitazione con orto e giardino, non tenendo conto che la zona cui si riferiva la variante era totalmente priva di vocazione agricola, essendo, anzi, largamente edificata a scopo residenziale.

Il secondo profilo che rileva dall'analisi della decisione del Consiglio di Stato che si riporta è rappresentato dalla distinzione strutturalmente esistente tra lo strumento del piano regolatore generale e quello della variante, sotto il profilo della motivazione.

Per i piani regolatori generali, infatti, la giurisprudenza, in conside razione dell'essere tali provvedimenti latamente discrezionali e sindaca bili in pieno solamente secondo il punto di vista della irrazionalità e della illogicità (Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 1980, n. 536, id., Rep. 1980, voce cit., n. 186; 30 dicembre 1982, n. 908, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 203, 205) non ritiene generalmente necessaria la motivazione se non in relazione ad un caso specifico e ad una situazione giuridica particolare, quale, ad esempio, il piano regolatore che destini ad

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