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Sezione VI; decisione 27 novembre 1963, n. 889; Pres. Stumpo P., Est. Mastropasqua; Giattino (Avv....

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Sezione VI; decisione 27 novembre 1963, n. 889; Pres. Stumpo P., Est. Mastropasqua; Giattino (Avv. D'Agostino) c. Min. p. i. (Avv. dello Stato Peronaci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 237/238-241/242 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156222 . Accessed: 25/06/2014 09:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.163 on Wed, 25 Jun 2014 09:04:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI; decisione 27 novembre 1963, n. 889; Pres. Stumpo P., Est. Mastropasqua; Giattino(Avv. D'Agostino) c. Min. p. i. (Avv. dello Stato Peronaci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 6 (1964), pp. 237/238-241/242Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156222 .

Accessed: 25/06/2014 09:04

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' giurisprudènza amministrativa

La Sezione, ecc. — (Omissis). L'impugnato provvedi mento 22 marzo 1962 della Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica ha dichiarato la decadenza del ricorrente dall'assegnazione dell'alloggio cooperativo per mancata occupazione di esso nel termine stabilito dal l'art. 98 del t. u. 28 aprile 1938 n. 1165.

La successiva legge 6 febbraio 1963 n. 131 ha, peraltro, stabilito, all'art. 2, che i provvedimenti pronunciati prima della sua entrata in vigore, nei confronti di soci che ab biano occupato l'alloggio dopo la scadenza del termine di cui all'art. 98 del t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, perdono effi cacia purché ricorrano le seguenti condizioni :

1) che, alla data di entrata in vigore della legge, il socio tuttora occupi di fatto l'alloggio ;

2) che nei verbali di assegnazione e di consegna non sia espressamente detto che la mancata occupazione del

l'alloggio entro i trenta giorni comporta la decadenza dalla

assegnazione ;

3) che non sia già intervenuta una sentenza passata in giudicato o una decisione amministrativa in sede giu risdizionale ;

4) che il socio occupante di fatto non sia incorso in

inadempienze contrattuali.

Orbene, sia il ricorrente sia l'amministrazione resistente

affermano che tutte le predette condizioni nella specie sussistono e da tale pacifica situazione di fatto concorde

mente desumono l'effetto giuridico della cessazione della

materia del contendere in ordine al ricorso in esame.

La Sezione, prima di scendere all'esame della situazione

di fatto e di vagliare, in ordine ad essa, la fondatezza delle

concordi affermazioni delle parti, deve occuparsi della

rilevanza giuridica di una tale indagine ; deve, cioè, preli minarmente accertare se e quali conseguenze può produrre, sull'esito del presente giudizio, l'eventuale intervenuta ces

sazione di efficacia del provvedimento impugnato. Al riguardo la Sezione non ritiene di doversi discostare

da quanto ha, di recente, deciso in relazione ad analoga

fattispecie (decisione 20 novembre 1963, n. 837, Foro it., Eep.

1963, voce Case popolari, n. 87). Come in tale occasione si è ri

tenuto, pur se non ricorrono gli estremi della cessazione della

materia del contendere (in quanto i provvedimenti di deca

denza conservano la loro originaria validità, onde sussiste

rebbe, sotto questo profilo, residua materia di contesa e

conseguente ragione per una pronuncia sul merito dell'im

pugnazione), la circostanza che l'atto impugnato sia attual

mente inefficace priva il ricorrente dell'interesse a coltivare

il ricorso. Ed invero, una volta divenuta inefficace la dichia

razione di decadenza, per effetto automatico della legge, il godimento di fatto dell'alloggio si consolida in una situa

zione giuridica di legittimazione al possesso ed al godi mento in base all'originario titolo di assegnazione, venen

dosi così a produrre una situazione, agli effetti pratici, coincidente (quanto meno nella ipotesi in cui il provvedi mento di decadenza non sia stato mai posto in esecuzione,

come appunto è avvenuto nella specie, per effetto dell'or

dinanza di accoglimento della domanda di sospensione) con la situazione che al ricorrente sarebbe potuta derivare

dall'accoglimento del ricorso.

Ciò posto, può passarsi ad esaminare se concorrono tutti

i presupposti per l'applicazione dell'art. 2 della legge 6

febbraio 1963 n. 131.

punto non è riprodotta con il resto della decisione nel Foro

it., 1963, III, 9). Il concetto è precisato, nel senso che la cessazione può

essere dichiarata solo quando il provvedimento sia stato revocato

ex tunc : Sez. V 10 marzo 1962, n. 219, id., Rep. 1962, voce cit., n. 479 ; 9 luglio 1962, n. 564, ibid., n. 480 ; 4 giugno 1962, n.

492, ibid., n. 481 ; Cons, giust. amm. sic. 17 febbraio 1962, n.

78, ibid., n. 482 ; Sez. IV 24 ottobre 1962, n. 529, ibid., n. 483 ; 10 novembre 1962, n. 848, ibid., n. 484.

Sulla nozione di cessazione di materia del contendere, v.

Sez. IV 27 giugno 1961, n. 415, id., 1961, III, 230, con ampia nota di richiami.

In dottrina, cons. De Stefano, Sulla cessazione della materia

del contendere, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, 568.

Quanto al primo (occupazione dell'alloggio, da parte del

ricorrente, alla data di entrata in vigore della legge), esso non è stato contestato dall'amministrazione resistente.

Risulta, d'altronde, dagli atti depositati in giudizio (di chiarazioni del commissario governativo della cooperativa, rese a seguito di visita-sopralluogo) che il ricorrente oc

cupava l'alloggio alle date del 21 gennaio 1963 e del 0

maggio 1963, ond'è da presumere (art. 1142 cod. civ.), in assenza di prova contraria, che l'alloggio sia stato oc

cupato anche alla data, intermedia, di entrata in vigore della legge 6 febbraio 1963 n. 131.

Eisulta, poi, dagli atti che il verbale di assegnazione e consegna non conteneva l'espressa clausola relativa agli effetti della mancata tempestiva occupazione ed è paci fico che non è intervenuto alcun giudicato in ordine alla

questione di cui si controverte in questa sede. È del pari pacifico che il ricorrente è in regola con i pagamenti e che

non è incorso in altre inadempienze contrattuali.

Poiché, adunque, il provvedimento impugnato ha per duta efficacia ope legis, il ricorso va dichiarato improcedi bile per sopravvenuto difetto di interesse. Le spese pos sono essere compensate.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione VI ; decisione 27 novembre 1963, n. 889 ; Pres.

Stumpo P., Est. Mastropasqua ; Giattino (Avv. D'Ago

stino) c. Min. p. i. (Avv. dello Stato Peronaci).

Impiegato dello Stalo e pubblico in genere — Eccesso

di potere — Fattispecie (Legge 15 febbraio 1958 n. 46, sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato ; r. d. 3

marzo 1934 n. 383, t. u. legge com. e prov., art. 6 ; r. d. 5 febbraio 1928 n. 577, t. u. sull'istruzione elemen

tare, art. 170).

È viziato da eccesso di potere il rifiuto dell' amministrazione

di estendere gli effetti di una pronuncia giurisdizionale ad un terzo estraneo al processo, quando Vestensione sia già stata disposta per altri che versano in identica situazione

(nella specie, per avere già annullato il decreto di colloca

mento a riposo per il compimento di 40 anni di servizio, nei quali erano stati compresi anche quelli compiuti nella

situazione di pre-ruolo). (1)

(1) Sui limiti soggettivi del giudicato amministrativo e sull'inesistenza di un obbligo dell'amministrazione di estenderne

gli effetti a persone estranee al giudizio, v. Cons. Stato, Sez.

IV, 22 giugno 1962, n. 434, Foro it., Rep. 1962, voce Giustizia

amm., n. 102 e Cass. 19 ottobre 1962, n. 3046, id., 1963, I, 982, con nota di richiami.

È stato ritenuto illegittimo il rifiuto di estendere a terzi il risultato della lite quando l'amministrazione stessa abbia riconosciuto l'esistenza di un interesse pubblico all'eliminazione dei provvedimenti considerati : cfr. Sez. VI 8 novembre 1961, n. 847, id., Rep. 1961, voce cit., n. 465 ; si è riconosciuto l'eccesso di potere nel rifiuto di esercitare il potere discrezionale di conver

tire un'indennità di liquidazione in pensione, quando questo era

già stato fatto in favore di altri, che trovavasi nella stessa situa zione : Sez. VI 7 giugno 1961, n. 504, id., Rep. 1961, voce Im

piegato dello Stato, n. 506 ; nella decisione di derogare a certi cri teri prefissati in favore di alcuni e non di altri, Sez. VI 11 marzo

1959, n. 162, id., Rep. voce 1959, cit., n. 542 (citata anche nella

motivazione) ; v. anche Sez. VI 9 gennaio 1957, n, 1, id., 1957, III,

177, che ha riconosciuto l'eccesso di potere nel collocamento a

riposo di taluno con l'intento di favorire altri.

Invece, si è ritenuto che non costituisca eccesso di potere il collocamento a riposo di un impiegato mentre altri vengono mantenuti in esercizio, dato il potere discrezionale della pubblica amministrazione su questo punto : Sez. VI 3 dicembre 1960, n. 826, id., Rep. 1960, voce cit., n. 443 ; che legittimamente la

pubblica amministrazione punisca in maniera diversa lo stesso

fatto commesso da due impiegati (dichiarazione non veritiera

riguardo allo stipendio percepito da un familiare a carico), te

nuto conto delle diverse ragioni discriminanti Ad. gen. 12 mag

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PARTE TERZA

La Sezione, ecc. — (Omissis). Il Collegio ritiene fon

dato, invece, l'ultimo motivo sul quale, per vero, nessun lume ha portato la difesa erariale.

Rileva il ricorrente eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento, in quanto il ministero p. i., mentre ha provveduto — dopo le note pronunce di questo

Consiglio — a riesaminare la posizione del personale collo

cato a riposo dal 1962, si è rifiutato di riesaminare la posi zione di coloro che erano stati ingiustamente collocati a

riposo negli anni 1958-59 e 60-61, riconoscendo in tal modo

solo per alcuni impiegati l'efficacia ultra partes delle ripe tute decisioni giurisdizionali. E richiama, inoltre, il parti colare caso della maestra De Angelis M. Teresa, che si tro

vava nelle medesime sue condizioni ed alla quale il mini

stero con atto n. 3122 del 19 giugno 1962 ha accordato di

ufficio, previo annullamento del collocamento a riposo, la

riammissione in servizio ad ogni effetto.

Ora, al riguardo, può anche ammettersi chela circostanza

che il ministero con la circolare n. 1939 del 5 marzo 1962

avesse disposto che, per l'avvenire (per i collocamenti a

riposo, da disporre con decorrenza 30 settembre 1962), gli organi scolastici competenti si attenessero ai nuovi principi

giurisprudenziali affermati dall'Ad. plen. del Consiglio di

Stato, lasciando fermi i provvedimenti già disposti, non

concreti una disparità di trattamento, essendo ovvio che

la pubblica amministrazione sia tenuta ad attenersi agli orientamenti della giurisprudenza nell'emanare atti suc

cessivi, senza che ciò la costringa, peraltro, a riesaminare anche tutti gli atti già emanati in base alle stesse norme

e divenuti inoppugnabili ; nè tale obbligo può, per la fatti

specie, desumersi da una analoga circolare del ministero del tesoro e da una lettera della Presidenza del Consiglio, menzionate in memoria dal ricorrente.

Ma il provvedimento che, pur nell'ambito di validità

del suddetto comportamento dell'amministrazione, con

evidenza configura la disparità di trattamento è quello concernente la maestra De Angelis, la quale non rientrava tra il personale da collocare a riposo dal 30 settembre 1962 ma lo era già stata con provvedimento 10 novembre 1960

n. 39565, avente effetto dal 30 settembre 1961, nel quale era stato appunto computato, come per il ricorrente, il

servizio pre-ruolo ai fini del raggiungimento dei 40 anni di servizio per il collocamento a riposo d'ufficio.

Come risulta dagli atti l'interessata aveva, come il ricor

rente, lasciato già il servizio quando intervenne la ripetuta decisione dell'Adunanza plenaria e come lui si era rivolta, con istanza del 12 dicembre 1961, al ministero della p. i. chiedendo — con esplicito riferimento alla suddetta deci sione — l'annullamento del proprio collocamento a riposo e la conseguente sua riassunzione in ruolo, per poter com

pletare il periodo di effettivo servizio previsto dalla legge. E il ministero, con nota n. 11783 del 10 gennaio 1962, di retta al provveditore agli studi di Roma, respinse la sua

richiesta, talché la De Angelis avverso tale rigetto e avverso il decreto di collocamento a riposo propose ricorso giurisdi zionale a questo Colllegio, con atto notificato il 3 aprile 1962.

Senonchè il ministero, con nota n. 3122 del 19 giugno 1962, facendo espresso richiamo alla decisione dell'Adu nanza plenaria e alla propria circolare n. 1939 del 5 marzo 1962 (la quale, come si è visto, si riferiva, invece, soltanto ai collocamenti a riposo da disporsi in futuro) annullava sia il proprio precedente provvedimento di rigetto della richiesta della De Angelis (nota 10 gennaio 1962 sopraci tata) sia il suo collocamento a riposo, disponendo altresì la sua riassunzione in servizio dalla data di decorrenza del collocamento a riposo (30 settembre 1961) con le relative

conseguenze giuridiche ed economiche. In conformità provvide il competente provveditore agli

studi con decreto n. 18828 del 5 luglio 1962. Di conseguenza veniva a cessare la materia del contendere in ordine alla accennata impugnativa giurisdizionale proposta dalla De

Angelis.

gio 1960, n. 211, id., Rep. 1963, voce cit., n. 549 ; Ad. gen. 30 otto bre 1958, n. 257, id., Rep. 1960, voce cit., il. 640 ed analoga mente Sez. VX 22 dicembre 1959, n. 973, ibid., n. 642.

Stando così le cose, non si può fare a meno di consta tare come il ministero, superando d'un tratto e senza alcun rilevabile motivo gli ostacoli da esso in precedenza rappre sentati sia alla stessa De Angelis sia alla ricorrente, come del resto ad altri maestri, direttori e ispettori (intervenuta

inoppugnabilità del collocamento a riposo ; inestensibilità, nella fattispecie, del giudicato dell'Adunanza plenaria ; insussistenza di motivi di pubblico interesse per l'annulla

mento d'ufficio del provvedimento di collocamento a riposo di cui trattasi), abbia provveduto d'ufficio, e ben prima dell'udienza fissata per la trattazione del suo ricorso (22 gennaio 1963), ad esaudire in pieno ad ogni effetto l'aspi razione della De Angelis.

Il fatto è che, prima e dopo l'imprevedibile e ormai inspe rato atto favorevole adottato nei riguardi di tale dipen dente, il ministero stesso ha ripetuto e continuato a ripe tere il diniego del medesimo provvedimento agli altri inte ressati (così come, del resto, aveva fatto — in un primo tempo — anche nei confronti della De Angelis). Non si

ravvisa, pertanto, nella specie alcun motivo di ordine so stanziale o di ordine processuale che possa differenziare, sotto qualche aspetto, la situazione della De Angelis da

quella degli altri interessati e, in particolare, dell'attuale ricorrente.

Tanto premesso in punto di fatto, non rimane che da riscontrare se ricorrano nella fattispecie gli altri presup posti che la costante giurisprudenza di questo Consiglio ha indicato come necessari perchè sussista eccesso di potere per disparità di trattamento.

Che nel caso in esame il ricorrente abbia invocato l'eser cizio di un potere discrezionale dell'amministrazione non è dubbio ; e lo ripete nella propria memoria la stessa difesa erariale. Ma è parimenti certo il carattere discrezionale del

provvedimento in data 19 giugno 1962 n. 3122, col quale il ministero ha annullato i provvedimenti impugnati in s. g. dalla De Angelis (collocamento a riposo e rigetto della istanza di riassunzione in servizio) ; nè la pendenza, a quella data, del ricorso giurisdizionale basta a caratterizzare quel provvedimento come atto dovuto (e perciò non discrezio

nale) per il semplice e incontestabile motivo che la pendenza di un gravame non toglie all'amministrazione il potere di annullamento dei propri atti, non limita affatto la pie nezza di tale potere, nè infine può essere considerata a

priori, sotto verun aspetto, come equivalente ad un giudi cato sfavorevole al quale l'amministrazione sia tenuta a conformarsi.

Che si sia di fronte, in ordine alle suesposte identiche

situazioni, a provvedimenti discordanti e ispirati a un di verso e contraddittorio uso del medesimo potere discre zionale (discordanza in nessun modo giustificata dall'ammi nistrazione e nello stesso provvedimento e nelle sue difese) è cosa altrettanto certa. È altresì vero, infine, che il trat tamento usato dal ministero della p. i. alla maestra De

Angelis, pur non corrispondendo ad un suo obbligo (sia per la sopravvenuta inoppugnabilità del collocamento a

riposo, sia per la mancanza di un provvedimento plurimo e indivisibile che imponesse l'estensione del giudicato del

Consiglio di Stato) rientrava pienamente nel potere della amministrazione di annullare ex officio un proprio atto

illegittimo anche se divenuto inoppugnabile ; potere di annullamento in ogni tempo espressamente attribuito al ministro della p. i. anche dall'art. 170 del t. u. sull'istru zione elementare 5 febbraio 1928 n. 577.

Posto ciò, il successivo rigetto da parte del ministero di tutte le identiche istanze presentate (sia anteriormente sia posteriormente) dagli interessati, tra cui l'attuale ri

corrente, al fine di ottenere quanto da esso accordato alla De Angelis, configura evidente eccesso di potere per dispa rità di trattamento tra soggetti trovantisi nelle medesime condizioni e va, pertanto, censurato in conformità della costante giurisprudenza di questo Collegio (v. per tutte, la dee. n. 162 dell'll marzo 1959 di questa Sezione, Foro it., Eep. 1959, voce Impiegato dello Stato, n. 542, la quale rispecchia una fattispecie simile a quella in esame) che ha, in particolare, affermato anche il principio per cui l'esten sione del giudicato, una volta effettuata per un soggetto

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

che non ha partecipato al giudizio, non può non essere ef

fettuata — senza addurre in rapporto ad ogni singolo caso

un giustificato motivo — in favore anche degli altri sog

getti che si trovino nelle medesime condizioni del primo. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese di

giudizio. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione VI ; decisione 27 novembre 1963, n. 887 ; Pres.

Breglia P., Est. Brignola ; Ricci (Avv. Salciarini) c. Finanze (Avv. dello Stato Ricci).

Amministrazione dello Stato e deyli enti pubblici —

Contratti -— Licitazione privata — Offerte — Ado

zione della forma verbale — Legittimità (R. d. 23

maggio 1924 n. 827, sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, art. 89).

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici —

Contratti — Licitazione privata — Gara andata

deserta -—• Rinnovazione — Esclusione di ditte

precedentemente invitate — Legittimità (R. d. 23

maggio 1924 n. 827, art. 89). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici —

Contralti — Licitazione privata — Mancanza con

corso pluralità partecipanti — Chiusura antici

pala della gara — Legittimità (R. d. 23 maggio 1924 n. 827, art. 69, 89).

Nella licitazione privata Vamministrazione può disporre che

le offerte siano verbalmente presentate. (1)

L'amministrazione, che ha disposto la rinnovazione di una

licitazione privata andata deserta, non è tenuta ad invitare

alla nuova gara le ditte invitate in precedenza. (2)

Nell'ipotesi che venga a mancare l'effettivo concorso di

più partecipanti (per l'esclusione dalla gara di tutti i

partecipanti meno uno), la licitazione può essere chiusa

anche prima che sia trascorso il termine di un'ora pre visto dalla legge. (3)

La Sezione, ecc. — Oggetto della impugnazione è il

provvedimento del ministero delle finanze con cui è stata

negata l'approvazione del verbale di licitazione privata

esperita il 31 marzo 1962, in esito alla quale il ricorrente

era rimasto aggiudicatario. I motivi del ricorso sono diretti a censurare la motiva

zione di tale diniego, la quale è articolata su tre rilievi.

II ricorso è fondato.

(1) Non risultano precedenti. (2) La giurisprudenza ha affermato la massima ampiezza

della libertà dell'amministrazione nella scelta delle ditte da

invitare a partecipare alla licitazione privata, v. Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 1959, n. 179, Foro it., 1959, III, 204 (nella moti

vazione). Nella fattispecie esaminata dalla decisione pubblicata,

peraltro, appariva meritevole di considerazione il profilo del

confronto tra il comportamento tenuto dall'amministrazione

nella scelta delle ditte da invitare della gara originaria, e quello relativo alla scelta dei partecipanti alla nuova licitazione ; ciò,

soprattutto in ordine alla possibile esistenza di un obbligo di

motivazione, sempre affermata dalla giurisprudenza quando un provvedimento amministrativo si discosti da un atto pre cedente.

(3) Per l'affermazione secondo la quale sarebbero indero

gabili solo quelle disposizioni la cui inapplicazione comprometta il serio e proficuo svolgimento della gara, v. Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 1951, n. 1357, Foro it., Rep. 1951, voce Ammini

strazione dello Stato, nn. 68, 69.

Sulla necessità che il termine fissato per l'espletamento dell'asta sia di un'ora, v. Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 1951,

n. 454, ibiS., voce Contabilità dello Stato, n. 7. A. B. A. R.

Il primo rilievo ministeriale si riferisce al sistema della offerta verbale adottato nella specie, che è stato ritenuto inammissibile dato l'oggetto della licitazione.

La statuizione è censurata col primo motivo di ricorso, in accoglimento del quale devesi osservare che l'art. 89 r. decreto 23 maggio 1924 n. 827, sulla contabilità di Stato, ammette espressamente che la licitazione privata possa aver

luogo mediante presentazione di offerte verbali senza pe raltro stabilire alcun criterio al quale debba adeguarsi l'eser cizio in concreto di tale facoltà da parte dell'amministra

zione che procede alla licitazione (nella specie : intendenza di finanza). Di conseguenza, il richiamo generico all'oggetto della licitazione, e in particolare l'affermazione che, in relazione ad esso, le offerte verbali dovessero essere rite nute « inammissibili » appare chiaramente illegittimo sotto il dedotto profilo della violazione di legge.

Il secondo rilievo ministeriale si riferisce alla circostanza che alla licitazione privata furono invitate ad intervenire solo tre ditte in luogo delle dodici invitate in occasione delle

precedenti gare andate deserte.

Va rilevato, anche a tale riguardo, e con riferimento al motivo d'impugnazione diretto a censurare questo se

condo capo della pronuncia impugnata, che il già citato art. 89, che disciplina la materia, non prescrive alla sta zione appaltante di esperire la licitazione tra le stesse ditte che siano state invitate in precedenti gare conclusesi

infruttuosamente per difetto di concorso. Sta di fatto,

comunque, che alla licitazione in esame vennero invitate tre ditte tra quelle che già erano state invitate in precedenza.

La limitazione degli inviti, che costituisce esercizio di un potere discrezionale, può essere stata determinata da

ragioni del tutto plausibili (quale ad es. la ragionevole previsione che solo le ditte invitate avrebbero partecipato alla gara, ovvero un sopravvenuto giudizio di maggiore idoneità delle ditte invitate rispetto a quelle escluse nella

ultima licitazione). Nè tali motivi dovevano essere dichia rati nell'invito ovvero altrimenti rivelati salvo che l'auto

rità competente alla approvazione non avesse ritenuto di

richiederne la specificazione. Poiché non risulta che ciò sia

avvenuto, l'affermazione che la limitazione degli inviti

sarebbe « ingiustificata » incorre in illegittimità formale

oltre ad essere del tutto generica ed indimostrata.

Il terzo rilievo ministeriale si riferisce infine alla circo

stanza che la gara venne chiusa in anticipo rispetto alla

durata di un'ora prescritta dall'art. 69 per l'asta pubblica, norma richiamata dall'art. 89 per la licitazione privata.

In effetti, risulta dal verbale di licitazione che la gara, iniziata alle ore 12 venne chiusa alle ore 12,50 anziché

alle ore 13.

Tuttavia la inosservanza della norma devesi ritenere

irrilevante nella specie, considerato che dei tre concor

renti invitati alla gara, due (precisamente lo Spadoni Ulisse

e il Noceta Alpinolo) vennero esclusi per difetto di documen

tazione dei requisiti e dell'avvenuto deposito delle cauzione, sicché l'aggiudicazione non poteva aver luogo che in fa

vore del ricorrente, unico rimasto in gara, senza alcuna

possibilità di ulteriore concorso nel residuo periodo di dieci

minuti necessari per raggiungere la durata di un'ora.

La norma dell'art. 69 del regolamento di contabilità

dello Stato circa la durata della gara è informata al criterio

di consentire l'utile presentazione delle offerte.

Sicché il termine sussiste e va osservato entro i limiti

necessari ad assicurare l'utilità dell'esperimento, e per converso esso non può riguardare i casi nei quali manchi

la possibilità del concorso. La fattispecie costituisce una

ipotesi tipica di impossibilità di concorso, come si è già

rilevato, e come tale estranea alla prescrizione che si pre tende violata.

Il ricorso merita pertanto accoglimento, con vittoria

di spese. Per questi motivi, ecc.

Il Poro Italiano — Volume LXXXVU — Parte 111-17.

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