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Sezione VI; decisione 4 dicembre 1963, n. 930; Pres. D'Avino P., Est. Toro; Soc. Organizzazione F....

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Sezione VI; decisione 4 dicembre 1963, n. 930; Pres. D'Avino P., Est. Toro; Soc. Organizzazione F. Zappulla (Avv. Viola, Gargiulo, Malatesta) c. Comitato olimpico nazionale italiano-C.o.n.i. (Avv. Lucifredi, Marani Toro, Stoppani), Federazione pugilistica italiana-F.p.i. Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 41/42-49/50 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23156075 . Accessed: 28/06/2014 17:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.129 on Sat, 28 Jun 2014 17:20:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI; decisione 4 dicembre 1963, n. 930; Pres. D'Avino P., Est. Toro; Soc. Organizzazione F.Zappulla (Avv. Viola, Gargiulo, Malatesta) c. Comitato olimpico nazionale italiano-C.o.n.i. (Avv.Lucifredi, Marani Toro, Stoppani), Federazione pugilistica italiana-F.p.i.Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 41/42-49/50Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156075 .

Accessed: 28/06/2014 17:20

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41 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 42

che i dubbi e le perplessità sono stati superati o comunque avevano un rilievo modesto nell'armonia del provve dimento.

Circa la dedotta insufficienza di motivazione della

retrodatazione, osserva la Sezione che l'art. 25 della legge n. 246 del 1963 ha già valutato le ipotesi sulle quali la

retroattività è consentita in base ad elementi di giudizio che in misura maggiore o minore non possono non valere in tutto il territorio dello Stato. Perciò non occorreva

spendere molte parole per spiegare che anche a Bologna si verifica la situazione ipotizzata dal legislatore e si in

tendeva perciò attuare la facoltà statuita in previsione di una situazione di fatto che trovava perfetta rispon denza con la situazione di quella città. Del resto l'ammi

nistrazione comunale ha spiegato i motivi che l'hanno

indotta a dare efficacia retroattiva al provvedimento facendo richiamo a dati relativi all'aumento della popo lazione, al numero ed alla consistenza delle abitazioni

ed alle proporzioni assunte dallo sviluppo edilizio della

città cui si ricollegano i fenomeni speculatori sulle aree

fabbricabili. Infine tutte le considerazioni fatte dai ricorrenti nella

memoria, relativamente alla discriminazione fatta dalla

legge tra società di capitali ed altri soggetti, non trovano

riferimento ai motivi di ricorso e sono prive di interesse

per i ricorrenti tutti persone fisiche. Il ricorso deve essere pertanto respinto, nè si ritiene

necessario deferire l'esame delle censure dedotte sulla

legge 5 marzo 1963 n. 246 al giudizio della Corte costitu

zionale, sembrando esse manifestamente infondate.

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

I

Sezione VI ; decisione 4 dicembre 1963, n. 930 ; Pres.

D'Avino P., Est. Toro ; Soe. Organizzazione F.

Zappulla (Avv. Viola, Gargiulo, Malatesta) c. Comi tato olimpico nazionale italiano-C.o.n.i. (Avv. Luci

fredi, Mar ani Toro, Stoppani), Federazione pugi listica italiana-P.p.i.

Sport — Federazione pugilistica italiana — Società — Affiliazione nella categoria degli organizza tori — Esclusione.

Sia per lo statuto federale abrogato, sia per lo statuto vi

gente, le società non possono essere affiliate alla Fede razione pugilistica italiana nella categoria degli organiz ratori, anche se non hanno carattere commerciale. (1)

II

Sezione VI ; decisione 20 novembre 1963, n. 838 ; Pres. D'Avino P., Est. Toro ; Zappulla (Avv. Viola) c. Comitato olimpico nazionale italiano-C.o.n.i. e Fe derazione pugilistica italiana-F.p.i. (Avv. Ltjcifredi, Marani Toro, Stoppani).

Sport — Federazione pugilistica italiana — Orga nizzatore affiliato — Esclusione per difetto di

(1) Nei precisi termini della massima non si rinvengono precedenti.

Per qualche riferimento, nel senso che, non sussistendo un diritto soggettivo all'affiliazione come socio collettivo della Federazione pugilistica italiana, il giudice ordinario difetta di

giurisdizione a conoscere della domanda dell'aspirante orga nizzatore intesa a conseguire il risarcimento dei danni nei con fronti della Federazione, cons. Trib. Roma 30 gennaio 1962, Foro it., 1962, I, 1786, con nota di richiami, tra i quali Cons.

Stato, Sez. VI, 6 dicembre 1961, n. 1036 (pronunciata nei confronti dello Zappulla) ricordata nella parte espositiva della presente decisione, ibid., Ili, 293, con nota di richiami.

requisiti morali — Legittimità — Estremi —

Fattispecie.

È legittima la deliberazione con la quale il consiglio diret tivo della Federazione pugilistica italiana esclude l'or

ganizzatore affiliato, riconosciuto privo dei requisiti morali richiesti dall'art. 56 dello statuto, nel rispetto delle garanzie dei procedimenti disciplinari a carico dei

pubblici impiegati. (2) Non è viziato da eccesso di potere il provvedimento con cui

la Federazione pugilistica italiana esclude l'organizza tore affiliato, riconosciuto privo dei prescritti requisiti morali in seguito ad esauriente e dettagliata istruttoria

condotta in collaborazione con il O.o.n.i. (3) Tale provvedimento è sufficientemente motivato col richiamo

alle precedenti condanne riportate dall'escluso e al discre

dito gettato sulla sua persona dai numerosi procedi menti penali pendenti a suo carico. (4)

La deliberazione di esclusione dalla Federazione pugilistica italiana, adottata dal consiglio direttivo nei confronti

dell'organizzatore affiliato, privo dei prescritti requisiti morali, non è viziata per omessa valutazione di alcune

circostanze di fatto, qualora queste non siano state de

dotte dall'interessato nelle proprie giustificazioni. (5)

I

La Sezione, ecc. — Il ricorso è infondato.

La ricorrente società, affiliata alla Federazione pu

gilistica italiana (F.p.i.) dal 1958, nella categoria degli « organizzatori » si è vista negare il rinnovo dell'affilia

zione per l'anno 1962, perchè, a norma dell'art. 54, pe nultimo capov., dello statuto approvato il 23 luglio 1961, le società commerciali non possono far parte della P.p.i.

Ha impugnato la relativa deliberazione, 28 gennaio 1962, del consiglio direttivo della Federazione, nonché

l'art. 54 del detto statuto, e l'eventuale ratifica del C.o.n.i.

deducendo clie la norma non era applicabile il 28 gennaio 1962, perchè non ancora ratificata dal C.o.n.i., che la ra

tifica eventualmente intervenuta era illegittima, che la

modificazione statutaria aveva avuto la sola finalità di

colpire essa ricorrente, unica società affiliata nella cate

goria degli « organizzatori », che in ogni caso la norma

nuova poteva valere per l'avvenire, ma non poteva col

pire una società affiliata dal 1958, e che, infine, la deli

berazione del comitato esecutivo era viziata anche per travisamento dei fatti, non avendo essa società natura

commerciale.

Tutte queste censure partono dal presupposto neces

sario che lo statuto precedente ammettesse l'affiliazione

alla F.p.i. in generale, delle società commerciali, e in parti colare ammettesse la loro affiliazione nella categoria degli

(2) Sulla questione di specie non risultano precedenti. Con la citata dee. 6 dicembre 1961, n. 1036, la VI Sezione

del Consiglio di Stato ha affermato che le disposizioni vigenti in tema di procedimenti disciplinari a carico di pubblici impie gati sono applicabili, con gli opportuni temperamenti, agli analoghi procedimenti instaurati nei confronti degli affiliati della Federazione pugilistica italiana.

(3) Nulla in termini. Sul carattere di ente pubblico del C.o.n.i., ribadito dalla

annotata decisione, cons. Sez. VI 12 dicembre 1962, n. 865, Foro it., 1963, III, 119, con nota di richiami, tra i quali Sez. VI 27 luglio 1955, n. 607, citata, al pari della precedente, in motivazione. Nel senso che la Federazione pugilistica italiana, in quanto organo del C.o.n.i., è carente di legittimazione a stare in giudizio, cons. App. Roma 13 febbraio e Trib. Roma 20 feb braio 1957, id., 1958, I, 271, con ulteriori indicazioni.

(4-5) Questioni nuove, a quanto consta. Circa la sufficienza della motivazione dei provvedimenti

disciplinari emessi nei confronti degli impiegati pubblici, cons., fra le tante, Sez. IV 28 giugno 1960, n. 714, Foro it., Rep. 1960, voce Impiegato dello Stato, n. 649 ; Sez. VI 21 ottobre 1959, n. 739, ibid., n. 717 ; Sez. VI 5 novembre 1958, n. 830, id., Rep. 1959, voce cit., n. 458 ; cui adde, con particolare riferimento ai provvedimenti disciplinari degli enti pubblici economici,

App. Roma 21 luglio 1954, id., 1955, I, 93.

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PARTE TERZA

« organizzatori », e che l'art. 54, penult, comma, dello sta

tuto approvato il 23 luglio 1961, contenga una disposizione nuova sotto tutti e due gli aspetti. Se, invece, l'esclu

sione delle società commerciali dall'affiliazione alla F.p.i. in ogni categoria, e in ispecie l'esclusione dall'affiliazione

di qualsiasi società nella categoria degli « organizzatori »

non fosse una novità dello statuto approvato nel 1961,

ma risultasse già dalle corrispondenti norme dello statuto

precedente, le censure del ricorso verrebbero meno, perchè svuotate da ogni interesse per la ricorrente.

Il Collegio ritiene che l'art. 54, penult, comma, del

nuovo statuto abbia disposto esplicitamente una esclu

sione (delle società commerciali) che implicitamente, ma

chiaramente, era stata disposta già nella norma corri

spondente (art. 66) dello statuto precedente. La materia delle affiliazioni era regolata, in quello

statuto al titolo IV : gli affiliati (art. 66 a 81) diviso in

tre sottotitoli : XIV : gli affiliati individuali e collettivi

(art. 66 a 70) ; XV : requisiti e norme per l'affiliazione

(art. 71 a 75) ; XVI : disposizioni particolari (art. 76 a 81). L'art. 66 distingueva gli affiliati nelle seguenti cate

gorie e classi : 1) dirigenti ; 2) ufficiali federali ; 3) soci

collettivi ; 4) soci dilettanti ; 5) soci professionisti ; 6) in

segnanti ; 7) soci benemeriti. Da questa enumerazione

dell'art. 66, compreso nel sottotitolo : gli affiliati indivi

duali e collettivi, risulta chiaro che le categorie e classi

indicate ai nn. 1, 2, 4, 5, 6 e 7 comprendevano soltanto

soci individuali, e che solo la categoria, o classe 3a, com

prendeva soci collettivi.

È da escludersi che una società, commerciale o meno,

potesse rientrare nel gruppo dei soci individuali, e ciò

si vedrà meglio fra poco. Qui è da esaminare se potesse rientrare nella 3a classe, o categoria, cioè fra i soci col

lettivi.

L'art. 66 così indicava i soci collettivi :

A) società sportive, ed enti similari, costituiti, cioè, su base elettiva ; B) le organizzazioni sportive dello Stato, e di altri enti pubblici ; 0) le accademie e sale pugilistiche, che non siano assimilabili alle associazioni sportive su

basi elettive ; D) le persone giuridiche che siano state

ammesse a far parte della F.p.i. L'art. 68 disponeva che se un ente collettivo (affi

liato) restava privo di organi direttivi, la F.p.i. poteva nominare un commissario che procedesse alla convoca

zione dell'assemblea dei soci, per la nomina degli organi direttivi.

L'art. 69 stabiliva che la convocazione delle assemblee

sociali doveva essere sempre notificata, almeno sette giorni

prima, pena la nullità, al comitato regionale competente, che aveva facoltà di farvi assistere un suo rappresentante.

L'art. 73 disponeva cbe per ottenere l'affiliazione le società od enti similari dovevano : A) essere regolarmente costituiti ; B) possedere uno statuto ; 0) essere dirette da

un consiglio direttivo regolarmente eletto ; D) possedere una sede ; E) possedere, o avere in uso un locale ove

svolgere l'attività sportiva ; F) possedere un minimo di

attrezzatura sportiva ; G) fare domanda . . . ecc. Dall'insieme di queste disposizioni dello statuto del

1955, risulta chiaro che fra i soci collettivi della F.p.i. non c'era posto per le società commerciali : queste non

potevano rientrare, certamente, fra le organizzazioni spor tive dello Stato e di altri enti pubblici (lett. B dell'art.

66) o nelle accademie e sale pugilistiche (lett. 0), non

potevano rientrare nemmeno nelle persone giuridiche che fanno parte della Federazione (lett. D) fra le quali deb bono ritenersi compresi sempre enti sportivi, e lo stesso è da dirsi delle società sportive od enti similari, costituiti, cioè, su base elettiva (lett. A). Caratteristiche comuni di

questi soci collettivi erano l'attività sportiva e la base

personale dell'associazione, nonché un minimo di attrez zatura sportiva, e l'uso o il possesso di un locale idoneo.

L'art. 4 dello statuto della società ricorrente indicava come segue l'oggetto della società stessa : A) creazione o

gestione di impianti sportivi, palestre, sale, palazzi dello

sport, locali di pubblici spettacoli, organizzazione di mani festazioni sportive, teatrali, cinematografiche, televisive e

di quanto possa avere attinenza eon lo spettacolo in gene rale ; B) partecipazione in imprese comunque attinenti

l'industria dello spettacolo ; G) compimento di qualsiasi

operazione necessaria pel raggiungimento dell'oggetto sociale.

È chiaro clie l'oggetto sociale era l'industria dello

spettacolo, in genere, come la ricorrente ha riconosciuto

nel quinto motivo del suo ricorso. Ma così mancavano le

caratteristiche dei soci collettivi dell'art. 66 (attività

sportiva, base personale dell'associazione, attrezzatura

sportiva, possesso o uso di un locale idoneo). La riprova della esattezza di queste conclusioni è

nella circostanza che la ricorrente aveva chiesto di essere

affiliata alla F.p.i. non già come socio collettivo (n. 3

dell'art. 66) ma come « organizzatore » che è compreso nella categoria dei soci individuali, e precisamente dei

professionisti (n. 5 dell'art. 66) che sono elencati come

segue : A) pugili professionisti ; B) procuratori sportivi ;

0) organizzatori ; D) agenti ; E) secondi professionisti ;

F) annunciatori.

L'organizzatore, come giustamente ha osservato la

ricorrente società, è colui che per professione, cioè per

conseguire degli utili, organizza le riunioni di pugilato, assumendosi tutti gli impegni ad esse connessi (emolu menti ai pugili, fitto dei locali, oneri fiscali e tributari,

ecc.) che conta di assolvere attraverso gli incassi, accol

landosi i rischi ; l'organizzatore è, quindi, un imprenditore commerciale. Ma gli organizzatori erano elencati fra i

soci individuali (professionisti) al n. 5 dell'art. 66, insieme

ai pugili, ai procuratori, agli agenti, agli annunciatori, e

fra gli organizzatori non potevano rientrare i soci collet

tivi, elencati al n. 3 e quindi non potevano rientrare le

società, commerciali o meno.

L'art. 76, infine, precisava che i soci collettivi avevano

facoltà di organizzare soltanto riunioni dilettantistiche, nelle città in cui avevano sede e nella provincia, e che

qualora desiderassero organizzare riunioni miste o profes sionistiche, dovevano far tesserare come organizzatore un

componente del loro consiglio direttivo, fornito dei requi siti richiesti dallo statuto e dal regolamento federale. Al

detto componente veniva rilasciata una licenza di orga nizzatore della società.

L'affiliazione fra gli organizzatori era dunque espres samente esclusa per i soci collettivi, ed era ammessa solo

l'affiliazione di componenti del consiglio direttivo. Nella

specie, infatti, la licenza per organizzatori, esibita dalla

ricorrente società, era intestata non già ad essa società, ma al dott. Felice Zappulla, quale amministratore unico

della società, onde la ricorrente, come società, non risulta

sia stata mai affiliata fra gli organizzatori. In conclusione, la ricorrente società non poteva essere

affiliata alla F.p.i., come socia collettiva, e non lo aveva

chiesto, nè ha dedotto di essere stata affiliata in quella categoria. Meno ancora poteva essere affiliata nella cate

goria degli organizzatori, perchè questi, come soci indi

viduali, dovevano essere necessariamente persone fisiche, e non già enti, associazioni o società.

Ciò premesso, non hanno rilevanza le censure pro poste nel ricorso, che l'art. 54, n. 7, del nuovo statuto non fosse ancora applicabile nel gennaio 1962, perchè la norma non era stata ancora ratificata (primo motivo), che la innovazione dello statuto del 1961, la quale era stata

ispirata al solo fine di colpire la nuova disposizione, possa applicarsi solo per l'avvenire (quarto motivo). L'esclusione delle società commerciali dalla affiliazione alla F.p.i. era

già nel vecchio statuto, e comunque la ricorrente società aveva chiesto di essere affiliata non già nella categoria dei soci collettivi, ma in quella degli organizzatori, e questi, per chiara disposizione del vecchio e del nuovo statuto, sono soci individuali, persone fisiche (onde risulta viziato tutto ciò che la ricorrente ha denunciato col secondo

motivo). Vero è che nel j>rovvedimento impugnato è stata in

vocata non la norma del vecchio statuto, ma quella del nuovo statuto, approvato nel 1961, e nella memoria di fensiva 28 giugno 1963 il C.o.n.i. si è necessariamente

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45 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 46

mantenuto sulla stessa linea ; ma il Collegio ritiene clie ciò non possa far modificare le conclusioni di cui sopra.

Nel provvedimento impugnato c'è una parte disposi tiva (l'organizzazione Zappulla, società commerciale, non

può far parte della F.p.i.) e una limitazione che si limita a richiamare una norma regolamentare (in base all'art.

54, penult, capoverso). Il richiamo della norma del nuovo statuto, invece di

quelle corrispondenti nello statuto precedente (art. 66, nn. 3 e 5, 76), che disponevano nello stesso modo, costi

tuisce un errore, ohe però non vizia l'atto.

In ogni caso, la ricorrente non avrebbe interesse quali ficato ad impugnare il provvedimento di rigetto della sua

domanda di rinnovo dell'affiliazione nella categoria degli

organizzatori, perchè essa non poteva essere affiliata in

quella categoria, che comprendeva solo soci individuali.

Nè vale il dire che, in un modo o nell'altro, essa era

stata affiliata, nel 1958, ed aveva acquistato così lo status

professionale di organizzatore. Per tutti gli affiliati, col

lettivi e individuali, l'affiliazione deve essere rinnovata

ogni anno, ed ha valore fino al termine di esso (art. 67, 1° comma) e le domande di rinnovo sono soggette alla

stessa disciplina di quelle di affiliazione (art. 71). E non

è stato dimostrato che la ricorrente società sia stata affi

liata come società, nella categoria degli organizzatori,

perchè la licenza del 1958, di cui si è parlato sopra, era

intestata non ad essa società, ma al dott. Felice Zap

pulla, quale amministratore unico della società. Quindi le censure dedotte col secondo e col quarto motivo non

hanno alcun pregio, e sono in contrasto con l'art. 76

dello statuto del 1955.

Col quinto motivo, infine, la ricorrente società af

ferma che essa non è una società commerciale, e che perciò il provvedimento impugnato, sotto questo profilo, è vi

ziato per travisamento dei fatti. Questa censura, a parte il suo contrasto con quanto dedotto col secondo motivo, non ha rilevanza, perchè, come si è visto, in base allo

statuto del 1955, non poteva essere affiliata, nella cate

goria dei soci « organizzatori » che erano soci individuali, una società di qualsiasi genere. (Omissis)

Per questi motivi, respinge, ecc.

II

La Sezione, ecc. — (Omissis). Il secondo ricorso è

infondato. Il dott. Zappulla ha impugnato : A) la delibe

razione 21-27 ottobre 1962, del consiglio direttivo della

F.p.i., che lo ha escluso dalla Federazione, perchè lo ha

ritenuto sfornito dei requisiti morali di cui all'art. 56

dello statuto ; B) e l'art. 56, 3° comma, dello statuto

federale, per l'applicazione fattane nella specie. È opportuno premettersi che in base allo statuto della

F.p.i. (approvato nel congresso nazionale 23 luglio 1961, e ratificato dal C.o.n.i. il 9 maggio 1962) tutte le persone e tutti gli enti che si interessano dello sport pugilistico, a scopo agonistico ed organizzativo, devono essere affiliati

alla F.p.i. (art. 2). Gli affiliati alla F.p.i. sono distinti

in soci collettivi e soci individuali, fra i quali sono compresi

gli « organizzatori » (art. 54, n. 7). L'affiliazione dei soci

individuali e collettivi deve essere rinnovata ogni anno

(art. 55). Spetta al consiglio direttivo la decisione in ordine

all'affiliazione degli enti collettivi e dei loro dirigenti ;

spetta al presidente la decisione in ordine all'affiliazione

delle altre categorie, e in ordine al rinnovo dell'affiliazione

dei soci collettivi (art. 56). Non possono far parte della

F.p.i., o appartenendovi debbono essere esclusi, gli enti

e le persone che a giudizio del consiglio direttivo non

risultino in possesso dei necessari requisiti tecnici (art.

56, 3° comma). Questa ultima è la norma regolamentare

impugnata, per l'applicazione fattane nella specie. Va precisato subito che la norma è stata applicata

nella specie a seguito di un procedimento, iniziatosi con

l'atto 24 giugno 1962, col quale : A) si contestarono al

ricorrente, come affiliato alla F.p.i. quale organizzatore, alcune circostanze emerse a suo carico ; B) si prefisse il

termine di dieci giorni per le difese, il tutto al fine di ac

certare se il dott. Zappulla avesse i requisiti morali ne cessari per l'esercizio dell'attività di organizzatore di ma nifestazioni pugilistiche.

Il ricorrente presentò le sue due deduzioni scritte, alle

gando vari documenti, in data 6-7 luglio. Con foglio 7

agosto, ili relazione a dette deduzioni, la F.p.i. comunicò al dott. Zappulla copia di un certificato dei carichi pen denti al suo nome, rilasciato dalla procura della Repub blica di Eoma il 23 giugno 1962, avvertendolo che il

consiglio direttivo non avrebbe dato corso all'esame delle

dette deduzioni difensive, nè avrebbe concluso il proce dimento intrapreso in base all'art. 56, 3° comma, prima di quindici giorni dalla data di spedizione della comuni cazione stessa per consentire all'interessato di presentare ulteriori deduzioni, e invitandolo a far tenere copia degli atti giudiziari menzionati nelle deduzioni già presentate il 6-7 luglio.

Il ricorrente rispose brevemente il 30 agosto 1962. Il procedimento si concluse con la deliberazione 21-27

ottobre 1962 di esclusione del ricorrente dalla F.p.i. ai sensi dell'art. 56, 3° comma.

L'accenno all'epigrafe del ricorso, in precisazione della

impugnativa di questa norma, « per l'applicazione fattane nei riguardi di esso ricorrente » deve essere inteso non

come una censura rivolta contro la modalità e il proce dimento seguiti nell'applicazione della norma nella specie,

perchè tali modalità e procedimento formale non formano

oggetto di concreti rilievi, nel testo di ricorso, ma piuttosto come una specificazione in ordine all'interesse attuale del ricorrente ad impugnare la norma regolamentare.

Difatti, il C.o.n.i. e la F.p.i. hanno dedotto, nella memoria 28 giugno 1963, un dubbio sulla tempestività

dell'impugnativa della norma regolamentare, e giusta mente il ricorrente, nella orale discussione, ha osservato

che tale eccezione non ha fondamento, perchè la norma

regolamentare è stata impugnata insieme con l'atto di

applicazione, e non poteva essere impugnata prima, per chè di per sè non ledeva l'interesse di esso ricorrente, e

la lesione si è verificata solo per l'applicazione fattane

nella specie. Ciò premesso, il Collegio ritiene che la impugnazione

della norma (primo motivo) non possa essere accolta. Non si può contestare alla F.p.i., e il ricorrente dichiara espli citamente di non contestarlo « il diritto (della F.p.i.) di

accertare i requisiti tecnici, in chi si accinge a far parte, o già vi faccia, nell'àmbito delle categorie degli affiliati ».

Il ricorrente si duole che siano stati « posti in uno stesso

fascio . . . i requisiti tecnici, che sono una cosa, e i requisiti morali, che sono cosa ben diversa ».

Il Collegio ritiene che con queste parole il ricorrente

non abbia voluto dire che sia illegittima la norma, in

quanto richiede requisiti morali in chi vuole affiliarsi

alla F.p.i. per acquistare e mantenere lo status professio nale che discende da tale affiliazione. Le censure del dott.

Zappulla si puntualizzano sulle modalità di accertamento della sussistenza di detti requisiti nel presupposto che, in base alla norma, l'accertamento stesso costituisce l'eser

cizio di una specie di diritto di esclusiva di una cerchia

ristrettissima di persone, sulla assoluta mancanza, non

solo di criteri e indici di giudizi, « ma anche di ogni mi

nima consistenza defensionale prevista a favore di chi

venga a trovarsi esposto a quel giudizio ».

Altra censura riguarda la mancata precisazione della

natura, disciplinare o meno, della norma.

Ora è chiaro che, anche per chi è già affiliato alla

F.p.i. (l'altra ipotesi, dell'aspirante socio, qui non inte

ressa), l'esclusione dalla Federazione, prevista dall'art. 56, 3° comma, per difetto di requisiti morali, non è per sua

natura necessariamente un provvedimento disciplinare. Gli art. 96 e segg. trattano dei provvedimenti disciplinari, e definiscono, come tali, il biasimo, la multa (per i soli

professionisti), la sospensione, il ritiro della tessera, la

espulsione (art. 90). Il provvedimento per l'applicazione di alcune sanzioni

rientra nella competenza dei comitati regionali (art. 99,

100) per le altre si svolge innanzi agli organi centrali

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47 PARTE TERZA 48

F.p.i., e in tale caso è promosso dal segretario generale (art. 101).

Tutte le decisioni sono appellabili, o quanto meno, sono soggette a riesame (art. 103). ms L'esclusione dell'art. 56 non è un provvedimento disci

plinare, quando il difetto di requisiti morali risulti da

fatti estranei allo sport pugilistico, estranei alla disciplina della F.p.i., avvenuti durante l'affiliazione o in epoca anteriore. La norma base è stata collocata in quel posto, nel titolo dell'affiliazione, perchè riguarda i requisiti che

gli aspiranti soci devono possedere, all'atto dell'affilia

zione. Tali requisiti, ovviamente, debbono essere posse duti anche dopo, e la mancanza di essi può essere accer tata in ogni tempo, in occasione'della domanda di rin

novo (che ha la stessa disciplina della domanda di affi

liazione ex novo, come si è già visto) e anche in via

autonoma.

I requisiti morali sono indispensabili non solo per

acquistare, ma anche per mantenere, lo status professio nale di socio della F.p.i., in generale, e di organizzatore

specialmente, così come per gli impiegati dello Stato e

per tutti i dipendenti di enti pubblici, o affiliati agli stessi

(la F.p.i. è un organo del C.o.n.i., che è un ente pubblico, come si vedrà fra poco). Ne discende che non si può ritenere illegittimo, o illogico, che questa forma speciale di mancata rinnovazione, o di cessazione del rapporto di affiliazione, per difetto dei requisiti morali, sia stata

posta e regolata là dove sono stati previsti e regolati i

requisiti necessari per l'affiliazione.

Logicamente, il difetto di tali requisiti, non può essere

accertato che con un giudizio, come dispone l'art. 56, che lo rimette al consiglio direttivo, cioè alla massima

autorità collegiale della Federazione (art. 28) che ha

competenza piena e generale su tutti gli affari importanti, con ampia facoltà di evocazione (art. 32). Il ricorrente, a quanto pare, ritiene che « il giudizio del consiglio diret

tivo » (come leggesi nella norma), « che parrebbe persino insindacabile », stia ad indicare arbitri, ma tale quistione non si pone affatto ; l'accertamento della sussistenza dei

requisiti (tecnici e) morali costituisce un giudizio, e che

tale giudizio sia stato affidato, dall'art. 56, al massimo

organo collegiale della Federazione, è una garanzia di

obiettività, imparzialità e uniformità di criteri. Dell'ac cennata insindacabilità non v'è traccia nella norma, nè il C.o.n.i. e la F.p.i. ne hanno fatto parola, minimamente, nelle loro difese.

Quanto alle modalità del giudizio, il ricorrente ha dedotto che la gravità delle conseguenze dell'esclusione

comporta la osservanza di principi e norme analoghe a

quelle che disciplinano e garantiscono l'appartenenza agli albi professionali e il rapporto di pubblico impiego attra verso un procedimento che per forma e sostanza offra

ogni garanzia, e che ammetta sempre la possibilità, dopo un certo numero di anni, della reiscrizione.

Il Collegio osserva che, quanto alla possibilità della reiscrizione dopo un certo numero di anni, la norma non la preclude ; la questione, peraltro, non è attuale. Qui non si tratta di negata riammissione, dopo un certo nu mero di anni, a situazione mutata, per riabilitazione penale o per altro. Sotto questo profilo, la censura è inammis sibile.

Quanto agli altri profili, si è già detto che la esclu sione della F.p.i., per difetto di requisiti tecnici o morali, non è, di per sè, un provvedimento disciplinare. Ma ogni questione in proposito appare priva di interesse pratico, perchè la F.p.i. ha provveduto alla esclusione a seguito di un procedimento nel quale sono stati rigorosamente rispettati i principi generali dei provvedimenti discipli nari, e cioè regolare contestazione degli addebiti (24-28 giugno 1962), rispetto del diritto di difesa, nuova conte stazione e richiesta di prove in relazione ad ulteriori elementi dedotti dall'interessato (7 agosto 1962) con pre fissione di un altro congruo termine, e per ultimo deci sione collegiale motivata.

Il procedimento seguito in concreto risulta formal mente ineccepibile, e non possono avere rilevanza le

censure in astratto, per le ipotesi di giudizi arbitrari, o

svincolati da base e criteri logici e giuridici, ipotesi clie

non hanno riscontro nella specie. Col secondo motivo, il ricorrente, premessa una ampia

esposizione del procedimento e dei ricorsi precedenti a

quelli in esame (e cbe hanno un valore storico) ha dedotto

violazione e falsa applicazione dell'art. 56, 3° comma, ed eccesso di potere, per falsità della causa e per sviamento.

Della dedotta violazione e falsa applicazione della

norma non si trova altra illustrazione. Quanto all'eccesso

di potere, il ricorrente afferma che da parte della F.p.i. e del C.o.n.i. sia stato escogitato ogni possibile espediente, in un primo tempo per impedirgli di rientrare nella Fede

razione (tutto ciò, ripetesi, è anteriore ed estraneo al

provvedimento ora impugnato) e in secondo tempo, « per creare un vero e proprio caso particolare, nella ricerca di

qualsiasi appiglio che potesse valere in luogo del procedi mento disciplinare, nel quale l'interessato avrebbe potuto dimostrare . . . ecc. ». Queste affermazioni sono vaghe e

inconsistenti. Ogni caso è un caso particolare, e nel caso

del ricorrente è stato adottato un procedimento identico a quello disciplinare, nel quale l'interessato ha potuto difendersi come ha creduto, e dimostrare quanto ha potuto, e ciò risulta dagli atti.

In concreto, il dott. Zappulla si duole che C.o.n.i. e F.p.i. abbiano « consultato archivi e scartabellato bol

lettini di protesti . . . spulciato il suo nome negli archivi

del tribunale e della camera di commercio di Eoma », e che ciò non si sarebbe mai fatto per nessun affiliato o

affiliando.

Questa seconda affermazione è la parte sostanziale della censura, perchè non si può rimproverare al C.o.n.i. ed alla F.p.i. (prima affermazione) di avere disposto una accurata approfondita istruttoria.

Che ciò non si sia fatto in precedenza per altri è una

pura affermazione, comunque costituirebbe illegittimità il mancato accertamento dei requisiti morali di coloro, affiliati o affiliandi, a carico dei quali fossero risultati indizi e dubbi, ma non costituisce illegittimità l'osservanza di ima norma statutaria, e qui siamo nella seconda ipotesi, non nella prima.

Il dott. Zappulla si duole pure che il suo caso abbia

interessato direttamente il C.o.n.i., dal quale sarebbe

partita l'iniziativa di un procedimento del genere, che sarebbe estranea ai suoi compiti istituzionali, estranea ai suoi poteri, sicché sembrerebbe fondato il sospetto che la tutela dello sport non rientri per niente nella questione.

Il Collegio osserva che l'intervento del C.o.n.i. nella

vertenza, sollecitato dallo stesso Zappulla nelle fasi pre cedenti (quando propose ricorso-denuncia al C.o.n.i. con tro il provvedimento di espulsione, del 20 dicembre 1959 ; vedasi la decisione 6 dicembre 1961, n. 726 della Sezione, Foro it., Eep. 1961, voce Impiegato dello Stato, n. 367), limitato, in questa fase, alla richiesta, alla procura della

Repubblica, del certificato dei carichi pendenti e alla richiesta di un altro certificato del genere, in epoca pre cedente, a quanto afferma Zappulla, è perfettamente legittimo.

In base alla legge 10 febbraio 1942 n. 426, il C.o.n.i. è l'ente pubblico che promuove, coordina e tutela tutte le attività sportive, e le 24 federazioni, che coltivano e

disciplinano gli sports moderni (e delle quali alcune, come la F.p.i., non hanno personalità giuridica) non sono che

organi del C.o.n.i. (art. 5) (VI Sezione 27 luglio 1955, n. 607, Foro it., Eep. 1955, voce Impiegato gov. e pubbl., nn. 155-158 ; 12 dicembre 1962, n. 865, id., 1963, III, 119, ecc.).

Perciò nello statuto della F.p.i. si legge che la Federa zione ha sede in Eoma, presso il C.o.n.i., del quale fa

parte (art. 1, 2° comma), che per tutto quanto non con

templato nello statuto stesso si applicano le norme ge nerali del C.o.n.i., e i principi della giustizia sportiva (art. 4), che le modificazioni statutarie debbono essere ratificate dal C.o.n.i. (art. 6) che il C.o.n.i. è competente a giudicare circa la validità dei congressi nazionali (art. 72, 3° comma), che il verbale di ogni congresso nazionale

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

è depositato presso la segreteria del C.o.n.i., per la, ratifica (art. 92, ecc.).

Per tutte queste disposizioni, generali e speciali, sono

legittimi il comportamento della F.p.i. che ha chiesto la collaborazione del C.o.n.i., e quello del C.o.n.i., che l'ha data, e nella definizione di un procedimento, che, fra l'altro, rivestiva una particolare importanza, per i

precedenti e per la notorietà della persona interessata. Nè sembra che questi abbia interesse a dolersi che la sua

vicenda sia stata oggetto di esame anche da parte del l'ente pubblico nazionale che sovraintende a tutte le attività sportive, e che, ovviamente, offre le maggiori garanzie di serenità e di obiettività.

Col terzo motivo, il ricorrente ha dedotto ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 56, ed eccesso di

potere, per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e contraddittorietà.

Quanto alla violazione e falsa applicazione dell'art. 56. vale anche qui quello che si è detto in relazione al secondo motivo. Le censure di eccesso di potere sono in buona

parte inammissibili censure di merito, e pel resto sono

infondate. Così è infondata la censura di difetto di moti

vazione, perchè il provvedimento impugnato, dopo aver esaminato le contestazioni, le deduzioni difensive dello

Zappulla, le risultanze dell'istruttoria, dà sufficiente ra

gione dell'iter seguito dalla amministrazione, e dei criteri

logici e giuridici, ai quali essa si è inspirata. Le contestazioni erano state tre : 1) condanna penale

per emissione di assegni a vuoto ; 2) procedimenti penali in corso, per falso in atto privato, appropriazione indebita

aggravata, falsità in scrittura privata, diffamazione, con

cubinato, false comunicazioni ed illegale ripartizione di

utili di società ; 3) protesti, in numero di 56, dal 1959

in poi, per complessive lire 18.381.279.

11 dott. Zappulla rispose : 1) che la condanna penale del Pretore di Roma, per emissione di assegni a vuoto

(confermata in appello dal tribunale) era derivata esclu sivamente dal carattere formale del reato onde non si

era potuto tener conto che l'assegno era stato rilasciato

in garanzia ; la condanna risaliva a tre anni prima ; 2) ohe i procedimenti penali per una parte pi erano conclusi con l'assoluzione, e per il resto erano in istruttoria e valeva

per questi ultimi la presunzione d'innocenza, stabilita

nell'art. 27, n. 2, della Costituzione ; che i procedimenti in corso erano soltanto due, per appropriazione indebita,

l'uno, per violazione dell'art. 2621 cod. civ., l'altro ; 3) che i protesti erano tutti anteriori al 1961, ed erano stati

conseguenza della situazione determinatasi a seguito della

illegittima espulsione di esso Zappulla, adottata nel di

cembre 1959, e che le condizioni economiche di esso ricor

rente, da oltre un anno, erano più che floride.

Replicò, sempre in istruttoria, la P.p.i., comunicando

allo Zappulla un certificato aggiornato (23 giugno 1962) dei carichi pendenti, dal quale risultavano non due, ma

numerosi procedimenti in corso, di cui quattro riuniti, in istruttoria formale, altri due riuniti, pure in istruttoria

formale, non in fase di giudizio.

Rispose Zappulla affermando che il documento non era

aggiornato perchè per qualche imputazione era interve

nuta l'amnistia, per altre, c'era stata pronuncia di prima assoluzione ; che esso Zappulla riteneva illegittima la

pretesa della P.p.i. di accertare i fatti, attraverso palese interferenza in quelle che sono le funzioni del magistrato, e di trarre conseguenze da detto accertamento ; che la

P.p.i. non poteva in alcun modo pronunciarsi in merito, nè poteva pretendere chiarimenti o giustificazioni di fatti

dei quali esso Zappulla doveva rispondere solo al magi strato ; che per la presunzione d'innocenza la Federazione

non doveva affatto prendere in considerazione l'addebito

di cui al n. 2 della contestazione.

Col provvedimento impugnato, la P.p.i. ha ritenuto :

1) che le circostanze addebitate al dott. Zappulla erano

risultate conformi a verità ; 2) che i fatti dimostra* ano

che lo Zappulla non poteva godere della fiducia e del pre

stigio indispensabili per l'esercizio della professione ; 3) che

la serie di imputazioni dei processi penali in corso, pure

Il Fono Italiano — Volume LXXXVII — Parte III-i.

ammettendosi la presunzione di innocenza, non poteva non gettare un'ombra di discredito pubblico a carico dello

Zappulla e della stessa F.p.i. Queste considerazioni furono

prospettate dal presidente, e dopo la discussione furono fatte proprie dal consiglio direttivo, all'unanimità.

Il Collegio ritiene che, escluso il difetto di motivazione, le altre censure, di travisamento dei fatti e di contrad

dittorietà, costituiscono censure di merito. I fatti oggetti vamente erano pacifici, e comunque incontrovertibili : la condanna penale c'era stata, i procedimenti penali in corso in numero maggiore o minore, i protesti, c'erano

stati, la presunzione d'innocenza della norma costituzio nale è stata riconosciuta ; non si può parlare di travisa mento ; si trattava di valutare questi fatti e la valutazione costituisce il merito del provvedimento.

La pretesa contraddittorietà è affermata prendendosi a termini : «l'impegno usato nella ricerca e nella formu lazione delle contestazioni e l'assoluta mancanza d'im

pegno . . . nella fase conclusiva ». L'affermazione sembra tradursi in una censura di difetto di motivazione, e perciò

valga qui quanto si è detto di sopra ; in sostanza è una

censura di merito inammissibile.

Col quarto motivo, il dott. Zappulla si sofferma sulla intensa e proficua attività svolta nel 1962, nel breve

periodo nel quale ha potuto utilizzare la tessera, ed af ferma che ciò dimostra che il provvedimento sia ulterior

mente viziato di fatto, perchè egli godeva ampiamente della fiducia e del prestigio, che invece sono stati negati nella deliberazione impugnata. Questa censura è anch'essa

una censura di merito, in quanto investe un apprezza mento di merito dell'atto, non inficiato di vizi logici e

giuridici. Il ricorrente si duole anche (e questa è una censura di

legittimità) che, in relazione a detta proficua attività, il consiglio direttivo abbia speso alcuna parola. Ma non

risulta che tali circostanze siano dedotte e comprovate dallo Zappulla, nelle sue giustificazioni, in risposta alle

contestazioni, nelle quali parlava della sua posizione eco

nomica e finanziaria, del 1962, non pure della sua atti

vità, della fiducia, e del prestigio di cui godeva (anzi di

cui avrebbe goduto in seguito, perchè l'attività menzio

nata è stata svolta a quanto leggesi nel ricorso, nei mesi

di giugnoottobre 1962, e la contestazione era stata fatta

il 24 giugno 1962). Il giudizio del consiglio direttivo non può ritenersi

viziato per non avere considerato circostanze di fatto non

dedotte (che in massima parte si sarebbero verificate in

epoca successiva) in relazione agli altri elementi di giu dizio dedotti, e debitamente considerati, in una tipica valutazione di merito.

Legittimo si palesa, pertanto, il provvedimento impu

gnato e il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza. Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione VI ; decisione 23 ottobre 1963, n. 792 ; Pres.

D'Avino P., Est. Chieppa ; Carnevali ed altri (Avv.

Sorrentino) o. Min. trasporti.

Giustizia amministrativa — Obbligo di conformarsi

ai giudicato amministrativo — Estremi (E. d. 26

giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di

Stato, art. 27, n. 4). Giustizia amministrativa — Condanna ^deli'ammi

nistrazione alle spese di lite — Ricorso per la

esecuzione del giudicato — Inammissibilià (R. d. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 27, n. 4).

Mentre la rimozione di un provvedimento amministrativo

annullato dal Consiglio di Stato deriva immediatamente,

e direttamente dalla pronunzia di annullamento, senza

necessità di un ulteriore intervento dell'amministra

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