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sezione VI; decisione 4 gennaio 1993, n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali e...

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sezione VI; decisione 4 gennaio 1993, n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali e ambientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar Veneto, sez. I, 13 ottobre 1986, n. 57 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 331/332-337/338 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188150 . Accessed: 25/06/2014 04:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.111 on Wed, 25 Jun 2014 04:37:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 4 gennaio 1993, n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali eambientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar Veneto, sez. I, 13 ottobre 1986, n.57Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 331/332-337/338Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188150 .

Accessed: 25/06/2014 04:37

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PARTE TERZA

mente valide non essendo più necessaria la fase integrativa del

l'efficacia e, quindi, il provvedimento di ratifica»; — in ogni caso, «nella fattispecie in esame, la giunta del co

mune di Salerno ha comunque adottato un atto di conferma

della precedente delibera da essa stessa adottata in via d'urgen za a norma dell'abrogato t.u. del 1915: tale atto, ad avviso del

collegio, ove non si ritenesse di condividere le considerazioni

"che precedono", si identificherebbe con quello che i comuni

dovrebbero adottare nel caso in cui si ritenesse comunque "in

dispensabile la emanazione di una apposita manifestazione di

volontà da parte della autorità divenuta ormai competente, per

integrare la efficacia di quella adottata in via di urgenza"». Ritiene l'adunanza generale che nel caso di specie, riguardan

te, in regime di transizione fra un ordinamento e l'altro, la di

sciplina delle funzioni e delle competenze degli organi comuna

li, ci si debba attenere ai principi che la dottrina e la giurispru denza hanno fissato in tema di mutamento normativo nel corso

del procedimento. A questa stregua, è da escludere che, entrata in vigore la nuo

va normativa, il consiglio comunale sia competente ad autoriz

zare la promozione di un giudizio. Di conseguenza, essendo sta

ta ad esso sottratta la materia del contenzioso giurisdizionale, è da supporre, in assenza di norme transitorie, che la ratifica

dell'atto della giunta comunale adottato in via d'urgenza, non

rientri ormai nella sfera di valutazioni proprie del consiglio co

munale, giudice istruttore

Infatti, per la 1. n. 142 del 1990 sulle autonomie locali, la

competenza relativa alla promozione dei giudizi appartiene alla

giunta comunale, in unica istanza.

Sembra dunque incongruo ritenere che, sia pure a limitati

effetti di diritto transitorio, il consiglio adotti degli atti autoriz

zatori che ormai, e con effetto dell'entrata in vigore della 1.

n. 142, sono estranei alle funzioni ad esso tassativamente at

tribuite.

Ciò premesso, va però precisato che, nel sistema dell'art. 140

t.u. 148/15, l'atto giuntale assunto in via d'urgenza, ha un ca rattere di provvisorietà la quale si estende non solo all'efficacia

(sino alla ratifica o alla mancata ratifica consiliare), ma anche, al contenuto (modificabile in sede di ratifica; cfr. sez. V 20

maggio 1977, n. 478, id., Rep. 1977, voce Comune, n. 109). Il che, sul piano logico, si spiega anche con la considerazione

che l'atto giuntale, proprio perché assunto in via d'urgenza,

corrisponde per sua natura ad una valutazione non solo tempo ranea ma anche sommaria del pubblico interesse sottostante, e che quindi la successiva ratifica consiliare non può ritenersi

limitata all'accertamento della sussistenza delle condizioni d'ur

genza che giustificano la sostituzione del consiglio comunale da

parte della giunta. Essa deve invece estendersi alla compiuta ponderazione, sulla

base di elementi preesistenti o sopravvenuti, degli interessi in

giuoco, e, in particolare, della fondatezza delle ragioni alla base

del ricorso e della convenienza di farle valere in sede giurisdi zionale.

In questa prospettiva, l'atto di ratifica non sembra riconduci bile allo schema dell'atto meramente integrativo della efficacia

del provvedimento di primo grado (con la conseguenza che il

venir meno della competenza generale nella materia de qua da

parte del consiglio comunale renderebbe definitivo l'atto a suo

tempo adottato con potere interinale della giunta). La provvisorietà (anche di contenuti) delle delibere dalla giunta

a suo tepo assunte, rende invece necessaria, nel trapasso fra

la vecchia e la nuova legge, una determinazione della giunta

stessa, non più interinale ma definitiva; una pronuncia, cioè, che valuti compiutamente e definitivamente l'interesse a stare

in giudizio dell'amministrazione comunale.

Ne consegue che, nella odierna situazione transitoria, la de terminazione definitiva sull'autorizzazione a stare in giudizio ap

pare tuttora necessaria.

Essa, tuttavia, non può che correlarsi, in base al principio

tempus regit actum, all'organo divenuto nel frattempo compe tente, e quindi alla giunta municipale. Nella specie, tale deter

minazione risulta correttamente intervenuta con la delibera 31 dicembre 1990, n. 6418 «confermativa» del precedente atto giun tale d'urgenza n. 1854 del 22 aprile 1988. Delibera che è stata

adottata con l'osservanza della modalità prescritta dall'art. 53

1. n. 142 del 1990, e che, per le accennate ragioni, non può considerarsi come inutiliter data. (Omissis)

Il Foro Italiano — 1993.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 4 gennaio 1993,

n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali e am

bientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar

Veneto, sez. 1, 13 ottobre 1986, n. 57.

Bellezze naturali (protezione delle) — Piano paesistico territo

riale — Vincolo paesaggistico — Differenze (L. 8 agosto 1985

n. 431, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 27

giugno 1985 n. 312, disposizioni urgenti per la tutela delle

zone di particolare interesse ambientale, art. 1, 1 bis). Bellezze naturali (protezione delle) — Elenchi delle bellezze na

turali — Potere statale di integrazione — Natura — Procedi

mento di costituzione del vincolo (L. 29 giugno 1939 n. 1497,

protezione delle bellezze naturali, art. 2, 3, 4; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22

luglio 1975 n. 382, art. 82).

Il piano paesistico territoriale attiene ad una fase successiva ri

spetto a quella dell'imposizione del vincolo paesaggistico e,

più precisamente, alla fase della pianificazione della tutela delle

zone dichiarate di particolare interesse paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico-ambientali di tali zone con strumenti idonei a superare l'inevitabile epi sodicità degli interventi autorizzai ori. (1)

Il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali ap

provati dalle regioni, attribuito al ministro per i beni culturali

ed ambientali dall'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, si risolve nel mantenimento allo Stato di un au

tonomo potere di intervento nell'individuazione delle bellezze

naturali; per l'esercizio di tale potere è previsto uno specifico ed autonomo procedimento, diverso da quello disciplinato dalla

l. n. 1497 del 1939, caratterizzato dall'obbligatorio intervento

del consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali. (2)

(1) Sulla natura, e sulle differenze, dei piani paesistici e dei piani urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali di cui all'art, i bis 1. 431/85, Corte cost. 13 luglio 1990, n. 327, Foro it., 1991, I, 2010, con nota di Fuzio, Verso un ridimensio namento dei piani paesistici?

11 diverso ambito d'azione del vincolo e del piano paesistico è ribadi to da Corte cost. n. 327, cit. che ha affermato, sia pur implicitamente, che il piano paesistico si pone su un livello differente rispetto al vincolo «essendo orientato a disciplinare la sua operatività».

Corte cost. 9 dicembre 1991, n. 437, Giust. costit., 1991, 3646, con nota di Morbidelli, proprio sul presupposto della necessaria coesisten za del vìncolo e del piano paesistico, ha dichiarato l'illegittimità costitu zionale dell'art. 3 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986 n. 42, che prevedeva la non necessità dell'autorizzazione paesistica per gli in terventi in zona disciplinata dal piano paesistico.

Coerente, pertanto, l'affermazione contenuta nella decisione in rasse gna, oltre che in analoga precedente pronuncia della stessa sez. VI 14 novembre 1992, n. 873, id., 1992, I, 1660, secondo cui i vincoli paesag gistici di natura relativa preesistono ai piani paesistici che, anzi, ne pre suppongono l'esistenza e la preminenza di validità pur dopo la loro

approvazione. Diversa è, invece, l'operatività dei vincoli di immodifica bilità assoluta del territorio protetto, costituiti ai sensi degli art. 1 ter e quinquies 1. n. 431 del 1985, che per espresso disposto normativo conservano vigore solo fino all'approvazione dei piani paesistici. In senso

conforme, Pret. Terni 12 febbraio 1991 e Cass. 7 gennaio 1991, Zona, Foro it., Rep. 1991, voce Bellezze naturali (protezione delle), nn. 52, 53.

Si segnala, altresì, che il piano paesistico, essendo preordinato ad evitare che le aree protette siano utilizzate in modo pregiudizievole per la conservazione e valorizzazione degli interessi tutelati, può contenere

previsioni che stabiliscono a priori gli usi consentiti e, tra essi, anche il divieto assoluto di costruzione. Conformi, Tar Marche 22 marzo 1991, n. 134, id., 1992, III, 406, con nota di richiami e Cons. Stato, sez.

IV, 15 luglio 1992, n. 682, Cons. Stato, 1992, I, 879. Di rilievo è anche l'affermazione, contenuta nella decisione in epigra

fe, circa l'estensione dell'obbligo della pianificazione paesistica a tutti i territori comunque dichiarati di rilevante interesse paesaggistico, no nostante che il dato testuale sembra limitare l'obbligo pianificatorio al le sole zone vincolate ex lege. Corte cost. 13 luglio 1990, n. 327, cit., sembra propendere per tale tesi anche se attraverso l'identificazione di una diversa natura dei piani paesistici rispetto ai piani urbanistico territoriali.

La dottrina prevalente è orientata a sostenere l'interpretazione esten

siva, pur se occorre opportunamente distinguere tra l'obbligatorietà dei

piani e la facoltà di estenderne l'ambito anche a zone vincolate in via provvedimentale o a territori non vincolati. Sul tema, Immordino, Vin colo paesaggistico e regime dei beni, Padova, 1991, 178 ss.; Fuzio, / nuovi beni paesistici, Rimini, 1990, 197 ss.

(2) Con la decisione in rassegna il Consiglio di Stato ribadisce il con solidato orientamento della natura concorrente del potere dello Stato

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. — {Omissis). 2. - Deducono altresì' gli appellati che, avendo la regione Veneto adottato il piano paesistico territoria

le (che ha sottoposto a specifica disciplina l'area per cui è cau

sa), il decreto di vincolo oggetto del gravame non sarebbe, co

munque, più operante, essendo intervenute la disciplina intro

dotta dalla regione. Non sussisterebbe più, pertanto, l'interesse

dell'amministrazione statale alla decisione del ricorso introdut

tivo del presente grado del giudizio. Anche tale eccezione, di sopravvenuta carenza di interesse al

la impugnazione, è infondata e deve, di conseguenza, essere di

sattesa.

Essa si basa, infatti, su di una obiettiva confusione tra vinco

lo di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico e disci

plina dei piani territoriali paesistici. Questi, infatti — come, del resto, i piani urbanistico-territoriali

con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali,

previsti alternativamente ai primi dall'art. 1 bis 1. n. 431 del

1985 — non soltanto non fanno venir meno, ma suppongono l'esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico, sia che

lo stesso sia stato imposto dalle regioni nell'esercizio delle fun

zioni delegate con l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, sia che esso

sia stato imposto dall'amministrazione statale nell'esercizio del

potere di cui all'art. 82, 2° comma, lett. a), del medesimo d.p.r.,

sia che infine discenda direttamente dalla previsione contenuta

nell'art. 82, 5° comma, del medesimo d.p.r., nel testo introdot

to dall'art. 1 d.l. n. 312 del 1985. Ed infatti, l'imposizione del

vincolo di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico com

porta semplicemente la sottoposizione del bene vincolato — del

quale è stata, appunto, accertata, la qualità di bellezza naturale — al particolare regime previsto dalla 1. n. 1497 del 1939.

Il piano paesistico-territoriale, già previsto dall'art. 5 della

stessa 1. n. 1497 del 1939 ed adesso espressamente richiamato

dall'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985, attiene, invece, ad una fase

successiva rispetto a quella della imposizione del vincolo pae

saggistico, e più precisamente alla fase della pianificazione della

tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profi lo paesaggistico; al fine di programmare la salvaguardia dei va

lori paesistico-ambientali di tali zone con strumenti idonei ad

assicurare il superamento della episodicità inevitabilmente con

nessa a semplici interventi autorizzatori.

Secondo l'art. 5 1. n. 1497 del 1939, il piano territoriale paesi

stico riguarda le località incluse negli elenchi dei nn. 3 e 4 del

l'art. 1 (le c.d. bellezze di insieme: art. 10 del regolamento 3

giugno 1940 n. 1357), ed obbedisce allo scopo di impedire che

le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole

alla «bellezza panoramica». Il piano paesistico si collega, pertanto, espressamente alla pro

tezione di determinate bellezze naturali specificamente indivi

duate ed è volto ad ulteriormente disciplinare l'operatività del

vincolo paesistico di cui alla 1. n. 1497 del 1939 (Corte cost.

31 luglio 1990, n. 327, Foro it., 1991, I, 1311). Appare, pertanto, evidente che il piano paesistico suppone

l'esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico, sicché la

relativa adozione non può, in ogni caso, comportare il venir

meno di tale vincolo.

È, poi, appena il caso di precisare che ad un esito identico,

circa la permanenza del preesistente vincolo paesaggistico, sia

imposto dalla autorità regionale che da quella statale, deve per

di intervenire, mediante l'integrazione degli elenchi (art. 82, 2° comma,

lett. a, d.p.r. 616/77), nella tutela del paesaggio con l'individuazione

di ulteriori zone e territori da sottoporre a vincolo ai sensi della 1. 29

giugno 1939 n. 1497. L'orientamento espresso da Corte cost. 21 dicem

bre 1985, n. 359, Foro it., 1986, I, 1196, è stato confermato da nume

rose decisioni del Consiglio di Stato tra cui, da ultimo, sez. VI 21 luglio

1990, n. 740, id., 1991, III, 267, con nota di richiami.

Nella decisione si segnalano, inoltre, particolarmente altre due affer

mazioni. La prima, a sostegno della natura concorrente del potere sta

tale, sottolinea l'inutilità di una espressa previsione di un intervento

statuale ove esso fosse da ricondursi agli ordinari poteri del delegante,

riprendendo l'osservazione di Fuzio, I nuovi beni paesistici, cit., 132.

La seconda attiene alla sottolineatura della diversa procedura, previ

sta dall'art. 82, 2° comma, lett. a, d.p.r. 616/77, per la costituzione

da parte dello Stato del vincolo paesaggistico, rispetto a quella che la

regione deve seguire ai sensi della 1. 1497/39.

Anche quest'ultimo principio corrisponde ad un orientamento ormai

consolidato: Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 1990, n. 740, cit.; 6 agosto

1992, n. 600, Cons. Stato, 1992, I, 962.

Il Foro Italiano — 1993.

venirsi ove debba ritenersi che quello adottato dalla regione Ve

neto sia non un piano «territoriale paesistico» in senso stretto, ma un «piano urbanistico territoriale» con specifica considera

zione dei valori paesistici. È noto, infatti, che l'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985 impone

alle regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valo

rizzazione ambientale le aree di particolare interesse paesistico

(il riferimento testuale è alle aree elencate nel 5° comma del

d.p.r. n. 616 del 1977; ma è evidente che l'obbligo di predispor re una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale

concerne tutti i territori comunque dichiarati di rilevante inte

resse paesaggistico). Lo stesso art. 1 bis 1. n. 431 del 1985 consente, a tal fine,

alle regioni, di far ricorso a due diversi strumenti pianificatori di cui il primo è, appunto, costituito dai «piani paesistici» ed

il secondo, invece, secondo l'espressa dizione legislativa, dai «pia ni urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori

paesistici ed ambientali».

Questi ultimi, come è stato, di recente, autorevolmente chia

rito, presentano natura diversa rispetto ai piani paesistici, che

trovano il proprio fondamento normativo nella disciplina relati

va alle bellezze naturali.

I piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei

valori paesistici ed ambientali, si inquadrano nella materia ur

banistica, hanno natura di strumenti urbanistici, e basano il lo

ro nucleo iniziale di disciplina nei piani territoriali di coordina

mento di cui all'art. 5 1. 17 agosto 1942 n. 1150 (Corte cost,

n. 327 del 1990, cit.). Nel «sistema» predisposto dall'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985

i piani urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei

valori paesistici ed ambientali, pur costituendo uno strumento

diverso dai piani territoriali paesistici, obbediscono allo stesso

scopo ed alle medesime esigenze di questi ultimi, essendo sia

gli uni che gli altri volti ad introdurre una «specifica normativa

d'uso e di valorizzazione ambientale» del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico. Ne deriva che anche il piano territoria

le di coordinamento (salve le ulteriori peculiarità discendenti dalla

sua natura di strumento di pianificazione urbanistica), adottato

in esecuzione della disciplina di cui all'art. 1 bis 1. n. 431 del

1985, presuppone l'esistenza e la permanenza dei vincoli pae

saggistici, e non ne comporta in alcun modo il venir meno, dal

momento che esso, come, del resto, il piano paesistico è volto

a porre quella disciplina d'uso e di valorizzazione ambientale

che costituisce il completamento ed il corollario della tutela pae

saggistica già realizzata con l'imposizione del vincolo di cui alla

1. n. 1497 del 1939.

Deriva da ciò la evidente infondatezza dell'eccezione di so

pravvenuta carenza di interesse al presente gravame, formulata

dagli odierni appellati. II piano territoriale paesistico della regione Veneto sia che

esso costituisca un piano paesistico in senso stretto, sia che in

vece costituisca un piano territoriale di coordinamento, di natu

ra eminentemente urbanistica, non comporta, infatti, il venir

meno dell'operatività del vincolo imposto sul delta del Po con

il decreto ministeriale impugnato in primo grado, ma anzi sup

pone l'esistenza e la permanenza di tale vincolo. Evidente, ap

pare, pertanto, la persistenza, in capo all'amministrazione dei

beni culturali, dell'interesse all'impugnazione con cui si assume

che il potere, in forza del quale è stato imposto il vincolo, sia

stato legittimamente esercitato, e con cui si intende pervenire, attraverso l'annullamento del capo della pronuncia impugnata,

alla permanenza del vincolo in questione nelle zone indicate dal

decreto ministeriale del 1° agosto 1985.

3. - Nel merito, il collegio osserva che l'impugnazione propo

sta dal ministero dei beni culturali ed ambientali è fondata e

deve, di conseguenza, essere accolta.

Il potere di procedere alla dichiarazione del particolare inte

resse paesaggistico di un bene, in via di integrazione degli elen

chi, riservato allo Stato dell'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, è

infatti di natura concorrente, e non di tipo sostitutivo, e non

richiede, per il suo esercizio, l'inerzia dell'autorità regionale de

legata (sez. VI 31 dicembre 1988, n. 1351, id., Rep. 1989, voce

Bellezze naturali, nn. 37, 48, 57; 21 luglio 1990, n. 740, id.,

1991, III, 267). L'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, dopo aver disposto,

al 10 comma, la delega alle regioni delle funzioni amministrati

ve esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per

la protezione delle bellezze naturali, precisa, al 2° comma, lett.

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PARTE TERZA

a, per quel che in questa sede rileva, che la delega riguarda, fra l'altro, le funzioni amministrative concernenti «l'individua

zione delle bellezze naturali, salvo il parere del ministro per i

beni culturali ed ambientali, sentito il consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali, di integrare gli elenchi delle bel

lezze naturali, approvati dalle regioni». Già la stessa dizione

legislativa rende, pertanto, evidente che le attribuzioni in mate

ria di tutela delle bellezze naturali sono state devolute alle re

gioni con una delega che appare caratterizzata dalla conserva

zione allo Stato di poteri che, come ha osservato la Corte costi

tuzionale, non appaiono riducibili ai normali poteri attribuiti

al delegante, come definiti in via generale dalla 1. n. 382 del

1975 e dal d.p.r. n. 616 del 1977 (Corte cost. n. 359 del 1985,

id., 1986, I, 1196). L'art. 2 1. 22 luglio 1975 n. 382 riserva infatti, in via generale, per ogni caso di delega, un potere sosti

tutivo (attribuito, peraltro, al consiglio dei ministri e non al

singolo ministro) da esercitarsi «in caso di persistente attività

degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, qua lora le attività relative alle materie delegate comportino adempi menti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi»; il successivo art. 3

della medesima 1. n. 382 del 1975 riserva allo Stato, per tutte

le attività amministrative delle regioni, e quindi anche per quel le delegate, la funzione di indirizzo e coordinamento; l'art. 4, ultimo comma, d.p.r. n. 616 del 1977 riserva al governo, oltre

che il potere di sostituzione di cui al cennato art. 2 1. n. 382

del 1975, il potere di impartire direttive per l'esercizio delle fun

zioni amministrative delegate alle regioni.

Ora, mentre è palese che il potere di integrazione degli elen

chi non può essere né confuso né identificato né con il potere di indirizzo e di coordinamento, né col potere di impartire di

rettive per l'esercizio delle funzioni delegate (poteri questi, attri

buiti, peraltro, non al singolo ministro ma al governo nella sua

collegialità), è, altresì', evidente che quello riservato al ministro

dei beni culturali ed ambientali dall'art. 82 d.p.r. n. 616 del

1977 non può essere, altresì, confuso con il potere sostitutivo di cui all'art. 2 1. n. 382 del 1975, né, comunque, considerato

come una specie di tale più generale potere. Non soltanto, infatti, il potere di cui all'art. 2 1. n. 382 del

1975 è riservato al consiglio dei ministri e non al ministro dei

beni culturali, ma la persistente inerzia degli organi regionali cui esso sopperisce deve riferirsi, secondo l'esplicita dizione le

gislativa, ad attività relative alle materie delegate, che «compor tino adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi».

Nel procedimento di individuazione delle bellezze naturali non

vi sono adempimenti da svolgersi entro termini perentori di tal

genere, rispetto ai quali sia ipotizzabile un'attività di sostituzio ne. Il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali,

approvati dalle regioni, riservato al ministro dell'art. 82, 2° com

ma, d.p.r. n. 616 del 1977, atteggiandosi, invece, come speciale limitazione della delega effettuata nei confronti delle regioni nella

materia della tutela del paesaggio, si risolve nel mantenimento, in capo allo Stato, di un autonomo potere di intervento in tema di individuazione delle bellezze naturali, per l'esercizio del qua le risulta, per di più disegnato uno specifico ed autonomo pro cedimento, caratterizzato dall'obbligatorio intervento del consi

glio nazionale per i beni culturali ed ambientali (sez. VI 31 di

cembre 1988, n. 1351, cit.). 4. - Appare, cosi, evidente che, come ha espressamente sotto

lineato la Corte costituzionale, i poteri conservati allo Stato del

l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, nel quadro della delega alle

regioni a statuto ordinario delle funzioni in materia paesaggisti ca, presentano una sostanziale identità di oggetto e di contenu

to con i poteri delegati, sicché essi non possono che essere defi

niti come poteri concorrenti (Corte cost. n. 359 del 1985, cit.). Posto, infatti, che l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 ha, tra

l'altro, delegato alle regioni l'individuazione delle bellezze natu

rali, risulta palese che il potere che, con specifica ed esplicita limitazione della delega, viene conservato e mantenuto allo Sta

to, non può che riguardare lo stesso oggetto della delegazione alle regioni, e cioè l'individuazione delle bellezze naturali, da

effettuarsi, peraltro, non secondo le ordinarie procedure previ ste dalla 1. n. 1497 del 1939, ma secondo il particolare procedi mento nella stessa norma indicato.

L'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, pertanto, nel mentre che ha delegato alle regioni le funzioni amministrative concernenti

It Foro Italiano — 1993.

l'individuazione delle bellezze naturali, ha, tuttavia, mantenuto

un concorrente potere statale di procedere all'individuazione delle

bellezze naturali, che si esercita secondo le speciali modalità ivi

indicate. Né, d'altra parte, un profilo in qualche modo idoneo a quali

ficare come sostitutorio o surrogatorio il potere in questione

può essere identificato nella circostanza che esso fa riferimento

alla «integrazione» degli elenchi delle bellezze naturali approva ti dalle regioni, sicché il relativo esercizio supporrebbe una pre via attività (appunto, l'approvazione degli elenchi) da parte di

queste ultime.

In realtà, l'espressione adoperata dal legislatore delegato —

secondo cui la delega alle regioni concerne l'individuazione del

le bellezze naturali, salvo il potere del ministro di «integrare

gli elenchi approvati dalle regioni» — deve essere intesa alla

luce della disciplina generale per l'imposizione del vincolo pae sistico posta dalla 1. n. 1497 del 1939, ed ha il significato di riservare allo Stato uno specifico ed autonomo potere di proce dere alla individuazione delle bellezze naturali, ed a prescindere da questo.

La 1. n. 1497 del 1939 prevede, infatti, ai fini della costituzio

ne del vincolo paesistico, la compilazione di appositi elenchi,

sia delle cose di cui ai nn. 1 e 2 dell'art. 1 della legge (c.d. bellezze naturali: art. 10 del regolamento approvato con r.d.

3 giugno 1940 n. 1357) sia dei complessi di cose immobili e

delle «località» di cui i nn. 3 e 4 del medesimo art. 1 (le c.d.

bellezze di insieme: art. 10 del regolamento). La procedura di imposizione del vincolo sulle bellezze indivi

due è molto diversa da quella di imposizione del vincolo sulle

bellezze di insieme, e diverso è il momento di insorgenza del

vincolo per le due categorie sopra indicate (per le bellezze di

insieme, il vincolo sorge già dalla pubblicazione degli elenchi

presso i comuni della provincia interessata; sez. VI 10 giugno

1987, n. 395, id., Rep. 1987, voce cit., n. 68). Pur con tali diversità, gli elenchi (e le loro variazioni) hanno

una importanza decisiva, ai fini dell'imposizione del vincolo, e costituiscono oggetto di approvazione da parte dell'autorità

amministrativa sia per le bellezze individue (art. 11,1° comma,

regolamento n. 1357 del 1940; mentre è sulla base dell'elenco

di esse che l'art. 6 1. n. 1497 del 1939 dispone che sia effettuata

la notificazione della dichiarazione di notevole interesse pubbli co ai proprietari), sia per le bellezze di insieme (art. 3, 2° com

ma, 1. n. 1497 del 1939). A seguito del d.p.r. n. 616 del 1977 le competenze concernen

ti gli elenchi e la relativa approvazione sono state delegate alle

regioni, in quanto ricomprese tra quelle concernenti l'individua

zione delle bellezze naturali: si intende, pertanto, come l'art.

82 del medesimo d.p.r. n. 616 del 1977, nel far salvo, all'atto della delega, il potere del ministro dei beni culturali di integrare

gli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni, abbia inteso riservare e riconoscere all'autorità statale uno specifico

potere di procedere alla individuazione delle bellezze naturali

a prescindere dagli elenchi approvati dalle regioni ed a prescin dere dal procedimento in cui alla compilazione ed approvazione di tali elenchi si provvede.

Per l'esercizio di tale specifico potere statale che, proprio per ché autonomo, non è soggetto alla disciplina di cui alla 1. n.

1497 del 1939 (sez. VI n. 1531 del 1988, cit.), l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 disegna, infatti, un autonomo e particolare pro

cedimento, prevedendo la necessaria, previa audizione del con

siglio nazionale dei beni culturali ed ambientali.

Il cennato art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 evidenzia, pertanto,

che, nel delegare alle regioni le funzioni in materia di tutela

paesistica, si è inteso riconoscere e conservare un autonomo, concorrente potere di individuazione delle bellezze naturali al

ministro dei beni culturali, la cui attività può, appunto, «inte

grare» l'attività regionale posta in essere secondo i normali pro cedimenti di cui alla 1. n. 1497 del 1939, che prevedano le com

pilazione degli elenchi e la relativa approvazione. Il disegno complessivo sotteso alla disciplina del d.p.r. n. 616

del 1977 se lascia, pertanto, impregiudicato il generale potere di sostituzione previsto per tutto ciò che costituisce oggetto di

competenza delegata alle regioni, proprio con riferimento alla

tutela del paesaggio, mantiene in capo allo Stato delle possibili tà di diretto intervento per la cura dell'interesse pubblico.

Se, infatti, si considera la disposizione dell'art. 82, 2° com

ma, unitamente a quella dei successivi commi 3° e 4° (concer

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Page 5: sezione VI; decisione 4 gennaio 1993, n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali e ambientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar Veneto, sez. I, 13 ottobre

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

nenti, rispettivamente, il necessario intervento del consiglio na

zionale dei beni culturali in sede di revoca o di modifica dei

provvedimenti di imposizione del vincolo e il potere del mini

stro di sospensione dei lavori effettuati su beni ritenuti bellezze

naturali, anche indipendentemente dall'inclusione negli elenchi), risulta palese che si è inteso assicurare, già prima della 1. n.

431 del 1985, una permanente presenza dello Stato nella prote zione del paesaggio, in modo che del concorso dell'intervento

statale e di quello regionale in sede di esercizio delle funzioni

delegate, risulti una adeguata tutela dell'interesse paesistico. Si tratta, d'altra parte, di un assetto che appare pienamente

coerente con la disciplina costituzionale del paesaggio (art. 9

Cost.), che, come è stato osservato, erige il valore estetico

culturale riferito (anche) alla forma del territorio, a valore pri mario dell'ordinamento, impegnando tutte le istituzioni pubbli

che, e particolarmente lo Stato e le regioni, a concorrere alla

tutela ed alla promozione di esso (Corte cost. 359/85, cit.).

5. - Alla stregua delle superiori notazioni, che evidenziano

l'esistenza di un autonomo potere statale, concorrente con quel

lo delegato alle regioni in ordine alla individuazione delle bel

lezze naturali, evidente risulta l'erroneità della decisione impu

gnata. Con essa, da una parte si è ritenuto che l'attività statale

potesse soltanto integrare quella eventualmente posta in essere

dalla regione, in tal modo negando il carattere autonomo del

potere statale, ed obliterando l'esistenza, per il relativo eserci

zio, di uno specifico, diverso, procedimento; dall'altro si è con

figurato, senza che in proposito soccorresse alcun fondamento

normativo, il potere statale come potere sostitutivo che suppone

l'inerzia regionale, pervenendo proprio alla stregua di tali con

siderazioni, ed in relazione all'assenza di inadempienze regiona

li, all'annullamento della dichiarazione di particolare interesse

paesistico. L'ordine concettuale fatto proprio dai primi giudici, riducen

do quello statale al generale potere sostitutivo di cui all'art.

4 d.p.r. n. 616 del 1977, si risolve, in realtà, del tutto arbitra

riamente, in una sostanziale abrogazione della specifica discipli na posta dall'art. 82, 2° comma, del medesimo d.p.r. 616/77.

Come, infatti, è stato autorevolmente osservato, la stessa spe

cifica previsione di un potere del ministro dei beni culturali ed

ambientali, contenuta nell'art. 82, 2° comma, d.p.r. cennato,

apparirebbe sotanzialmente inutile, ove tale potere dovesse rite

nersi coincidente con il normale potere del delegante. (Omissis) 7. - Priva di fondamento appare, la doglianza con cui gli

interessati deducono che il vincolo paesaggistico sarebbe stato

posto prescindendo dall'apparato partecipativo dei privati inte

ressati, già previsto dall'art. 3 1. n. 1497 del 1939.

La censura si fonda, infatti, su di un falso presupposto, con

sistente nel ritenere che la 1. n. 1497 del 1939 ed il procedimento da essa delineato trovi applicazione anche con riferimento al

potere datole di procedere alla dichiarazione di bellezza natura

le in via di integrazione degli elenchi, previsto dall'art. 82 d.p.r.

n. 616 del 1977.

Al contrario, come la sezione ha avuto più volte modo di

precisare, il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze

naturali approvate dalle regioni, riservato allo Stato dall'art.

82, 2° comma, d.p.r. n. 616 del 1977, non è soggetto alle dispo

sizioni ed alle procedure previste dalla 1. 1° giugno 1939 n. 1497,

ma al diverso, autonomo procedimento contemplato dal mede

simo art. 82, 2° comma, del cennato d.p.r., e che prevede la

necessaria, preventiva audizione del consiglio nazionale dei beni

culturali (sez. VI 31 dicembre 1988, n. 1351, cit.; 21 luglio 1990,

n. 740, cit.). (Omissis) 13. - In conclusione, l'appello proposto dal ministero dei be

ni culturali deve essere accolto, mentre devono essere disattese

le censure degli odierni appellati, non esaminate dal tribunale

in quanto dichiarate assorbite e riproposte in questa sede.

Da tale esito non deriva, peraltro, la possibilità, come erro

neamente vorrebbe l'amministrazione appellante, di pronuncia

re il rigetto integrale dal ricorso di primo grado, ma semplice

mente la possibilità di riformare il capo della decisione impu gnata relativamente al capo concernente la dichiarazione di

particolare interesse sotto il profilo paesaggistico della zona del

delta del Po, e di pronunciare il conseguenziale rigetto, per tale

parte, del ricorso di primo grado.

L'impugnazione non si estende, infatti, alle statuizioni con

cernenti il vincolo di immodificabilità ed inedificabilità.

Il Foro Italiano — 1993.

I

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 22 ottobre 1992, n. 1058; Pres. Buscema, Est. Rizzi; Tovaglieri (Avv. Ribol

zi) c. Comune di Gallarate (Avv. Romano, Ferrari). Annul

la Tar Lombardia, sez. II, 9 giugno 1987, n. 186.

Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Termine quinquennale — Scadenza — Effetti (L. 19 novembre 1968

n. 1187, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 2).

Il decorso del termine quinquennale previsto dall'art. 2 l. 19

novembre 1968 n. 1187 comporta la decadenza di qualsiasi

tipo di vincolo che determini l'inedificabilità del terreno, si

tratti di vincolo di destinazione a verde pubblico, imposto da piano regolatore generale, o di vincolo strumentale, come

quello che subordini l'edificabilità all'inserimento dell'area in

un programma pluriennale di attuazione. (1)

II

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 3 ottobre 1992,

n. 924; Pres. Catailozzi, Est. Volpe; Canta e altri (Avv.

Videtta) c. Comune di Torino (Aw. Grosso, Burlano). Con

ferma Tar Piemonte, sez. I, 4 dicembre 1987, n. 511.

Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Scadenza — Regime dell'area (L. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 2;

1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli,

art. 4). Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Scadenza

— Domanda di concessione edilizia — Diniego — Legittimità

(L. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 2).

A seguito della scadenza dei vincoli d'inedificabilità imposti da

piano regolatore generale, per effetto dell'art. 2 l. 19 novem

bre 1968 n. 1187, l'area resta assoggettata alla disciplina pre

vista dall'art. 4, ultimo comma, I. 28 gennaio 1977 n. 10 o

alla legislazione regionale ove esistente per i comuni sprovvi sti di strumento urbanistico, e non alla disciplina anteriore

all'imposizione del vincolo o ricavabile dalle destinazioni pro

prie delle aree limotrofe. (2)

(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 1987, n. 49, Foro it., 1987,

III, 65, con nota di C. M. Barone, cui adde, Tar Lombardia, sez.

II, 26 ottobre 1986, n. 391, Trib. amm. reg., 1987, I, 4093, e, da ulti

mo, Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 1992, n. 82, Cons. Stato, 1992, I, 80.

La tematica dei vincoli di inedificabilità, dibattuta anche ai semplici effetti definitori (è la legge che usa il termine «vincoli»: art. 2 1. 1187/68, art. 4, 32, 33 1. 28 febbraio 1985 n. 47; per un inquadramento della

materia, v. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992, 12

ss.), comporta la necessità di precisazioni a livello descrittivo, giacché, sotto il limitato profilo dell'efficacia temporale ex 1. 1187/68, alle tradi

zionali categorie dei vincoli preordinati ad espropriazione (in proposito, v. Cass. 26 ottobre 1984, n. 5488, Foro it., 1985, I, 161, con nota

di Pietrosanti) e dei vincoli che comportano l'inedificabilità (per i quali, di recente: Morbidelli, Ancora sui vincoli urbanistici nelle aree urba

ne: non sono più temporanei ma allora sono da indennizzare, in Giur.

costit., 1990, 450), vanno considerati i c.d. vincoli «procedurali», o

«strumentali», configurabili tutte le volte che l'edificazione è subordi

nata all'emanazione di uno strumento urbanistico di attuazione.

Per conclusioni diverse dalla decisione in epigrafe, in relazione al

mancato inserimento nel programma pluriennale di attuazione, v. Cons.

Stato, sez. IV, 5 novembre 1991, n. 882, Foro it., 1992, III, 225, con

nota di richiami. Sui vari profili di costituzionalità della disciplina dei vincoli, anche

nella configurazione che ne ha dato il diritto vivente, v. Corte cost.

23 aprile 1993, nn. 185 e 186, in questo fascicolo, parte prima, con

nota di Benini.

(2) Giurisprudenza pacifica, a partire dall'ormai storica Cons. Stato, ad. plen., 2 aprile 1984, n. 7, Foro it., 1984, III, 229, con nota di

richiami, cui è seguita Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 1987, n. 461,

id., 1988, III, 331, con nota di A. Romano, ed anche Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 1991, n. 1186, id., Rep. 1991, voce Edilizia e urba

nistica, n. 144; 5 giugno 1991, n. 909, ibid., n. 142; sez. IV 8 maggio

1990, n. 351, id., Rep. 1990, voce cit„ n. 150; 7 giugno 1988, n. 491,

id., Rep. 1988, voce cit., n. 155, e, da ultimo, sez. V 28 gennaio 1992,

n. 82, cit., nonché Tar Piemonte, sez. I, 26 aprile 1990, n. 205, id.,

Rep. 1990, voce cit., n. 151; Tar Toscana, sez. II, 17 luglio 1989, n.

719, ibid., n. 152 e Riv. giur. edilizia, 1989,1, 943, con nota di Parisio.

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