sezione VI; decisione 4 gennaio 1993, n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali eambientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar Veneto, sez. I, 13 ottobre 1986, n.57Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 6 (GIUGNO 1993), pp. 331/332-337/338Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188150 .
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PARTE TERZA
mente valide non essendo più necessaria la fase integrativa del
l'efficacia e, quindi, il provvedimento di ratifica»; — in ogni caso, «nella fattispecie in esame, la giunta del co
mune di Salerno ha comunque adottato un atto di conferma
della precedente delibera da essa stessa adottata in via d'urgen za a norma dell'abrogato t.u. del 1915: tale atto, ad avviso del
collegio, ove non si ritenesse di condividere le considerazioni
"che precedono", si identificherebbe con quello che i comuni
dovrebbero adottare nel caso in cui si ritenesse comunque "in
dispensabile la emanazione di una apposita manifestazione di
volontà da parte della autorità divenuta ormai competente, per
integrare la efficacia di quella adottata in via di urgenza"». Ritiene l'adunanza generale che nel caso di specie, riguardan
te, in regime di transizione fra un ordinamento e l'altro, la di
sciplina delle funzioni e delle competenze degli organi comuna
li, ci si debba attenere ai principi che la dottrina e la giurispru denza hanno fissato in tema di mutamento normativo nel corso
del procedimento. A questa stregua, è da escludere che, entrata in vigore la nuo
va normativa, il consiglio comunale sia competente ad autoriz
zare la promozione di un giudizio. Di conseguenza, essendo sta
ta ad esso sottratta la materia del contenzioso giurisdizionale, è da supporre, in assenza di norme transitorie, che la ratifica
dell'atto della giunta comunale adottato in via d'urgenza, non
rientri ormai nella sfera di valutazioni proprie del consiglio co
munale, giudice istruttore
Infatti, per la 1. n. 142 del 1990 sulle autonomie locali, la
competenza relativa alla promozione dei giudizi appartiene alla
giunta comunale, in unica istanza.
Sembra dunque incongruo ritenere che, sia pure a limitati
effetti di diritto transitorio, il consiglio adotti degli atti autoriz
zatori che ormai, e con effetto dell'entrata in vigore della 1.
n. 142, sono estranei alle funzioni ad esso tassativamente at
tribuite.
Ciò premesso, va però precisato che, nel sistema dell'art. 140
t.u. 148/15, l'atto giuntale assunto in via d'urgenza, ha un ca rattere di provvisorietà la quale si estende non solo all'efficacia
(sino alla ratifica o alla mancata ratifica consiliare), ma anche, al contenuto (modificabile in sede di ratifica; cfr. sez. V 20
maggio 1977, n. 478, id., Rep. 1977, voce Comune, n. 109). Il che, sul piano logico, si spiega anche con la considerazione
che l'atto giuntale, proprio perché assunto in via d'urgenza,
corrisponde per sua natura ad una valutazione non solo tempo ranea ma anche sommaria del pubblico interesse sottostante, e che quindi la successiva ratifica consiliare non può ritenersi
limitata all'accertamento della sussistenza delle condizioni d'ur
genza che giustificano la sostituzione del consiglio comunale da
parte della giunta. Essa deve invece estendersi alla compiuta ponderazione, sulla
base di elementi preesistenti o sopravvenuti, degli interessi in
giuoco, e, in particolare, della fondatezza delle ragioni alla base
del ricorso e della convenienza di farle valere in sede giurisdi zionale.
In questa prospettiva, l'atto di ratifica non sembra riconduci bile allo schema dell'atto meramente integrativo della efficacia
del provvedimento di primo grado (con la conseguenza che il
venir meno della competenza generale nella materia de qua da
parte del consiglio comunale renderebbe definitivo l'atto a suo
tempo adottato con potere interinale della giunta). La provvisorietà (anche di contenuti) delle delibere dalla giunta
a suo tepo assunte, rende invece necessaria, nel trapasso fra
la vecchia e la nuova legge, una determinazione della giunta
stessa, non più interinale ma definitiva; una pronuncia, cioè, che valuti compiutamente e definitivamente l'interesse a stare
in giudizio dell'amministrazione comunale.
Ne consegue che, nella odierna situazione transitoria, la de terminazione definitiva sull'autorizzazione a stare in giudizio ap
pare tuttora necessaria.
Essa, tuttavia, non può che correlarsi, in base al principio
tempus regit actum, all'organo divenuto nel frattempo compe tente, e quindi alla giunta municipale. Nella specie, tale deter
minazione risulta correttamente intervenuta con la delibera 31 dicembre 1990, n. 6418 «confermativa» del precedente atto giun tale d'urgenza n. 1854 del 22 aprile 1988. Delibera che è stata
adottata con l'osservanza della modalità prescritta dall'art. 53
1. n. 142 del 1990, e che, per le accennate ragioni, non può considerarsi come inutiliter data. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1993.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 4 gennaio 1993,
n. 29; Pres. Laschena, Est. Pajno; Min. beni culturali e am
bientali c. Viviani e altri (Avv. Cacciavillani). Annulla Tar
Veneto, sez. 1, 13 ottobre 1986, n. 57.
Bellezze naturali (protezione delle) — Piano paesistico territo
riale — Vincolo paesaggistico — Differenze (L. 8 agosto 1985
n. 431, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 27
giugno 1985 n. 312, disposizioni urgenti per la tutela delle
zone di particolare interesse ambientale, art. 1, 1 bis). Bellezze naturali (protezione delle) — Elenchi delle bellezze na
turali — Potere statale di integrazione — Natura — Procedi
mento di costituzione del vincolo (L. 29 giugno 1939 n. 1497,
protezione delle bellezze naturali, art. 2, 3, 4; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22
luglio 1975 n. 382, art. 82).
Il piano paesistico territoriale attiene ad una fase successiva ri
spetto a quella dell'imposizione del vincolo paesaggistico e,
più precisamente, alla fase della pianificazione della tutela delle
zone dichiarate di particolare interesse paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico-ambientali di tali zone con strumenti idonei a superare l'inevitabile epi sodicità degli interventi autorizzai ori. (1)
Il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali ap
provati dalle regioni, attribuito al ministro per i beni culturali
ed ambientali dall'art. 82, 2° comma, lett. a), d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, si risolve nel mantenimento allo Stato di un au
tonomo potere di intervento nell'individuazione delle bellezze
naturali; per l'esercizio di tale potere è previsto uno specifico ed autonomo procedimento, diverso da quello disciplinato dalla
l. n. 1497 del 1939, caratterizzato dall'obbligatorio intervento
del consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali. (2)
(1) Sulla natura, e sulle differenze, dei piani paesistici e dei piani urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali di cui all'art, i bis 1. 431/85, Corte cost. 13 luglio 1990, n. 327, Foro it., 1991, I, 2010, con nota di Fuzio, Verso un ridimensio namento dei piani paesistici?
11 diverso ambito d'azione del vincolo e del piano paesistico è ribadi to da Corte cost. n. 327, cit. che ha affermato, sia pur implicitamente, che il piano paesistico si pone su un livello differente rispetto al vincolo «essendo orientato a disciplinare la sua operatività».
Corte cost. 9 dicembre 1991, n. 437, Giust. costit., 1991, 3646, con nota di Morbidelli, proprio sul presupposto della necessaria coesisten za del vìncolo e del piano paesistico, ha dichiarato l'illegittimità costitu zionale dell'art. 3 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 28 ottobre 1986 n. 42, che prevedeva la non necessità dell'autorizzazione paesistica per gli in terventi in zona disciplinata dal piano paesistico.
Coerente, pertanto, l'affermazione contenuta nella decisione in rasse gna, oltre che in analoga precedente pronuncia della stessa sez. VI 14 novembre 1992, n. 873, id., 1992, I, 1660, secondo cui i vincoli paesag gistici di natura relativa preesistono ai piani paesistici che, anzi, ne pre suppongono l'esistenza e la preminenza di validità pur dopo la loro
approvazione. Diversa è, invece, l'operatività dei vincoli di immodifica bilità assoluta del territorio protetto, costituiti ai sensi degli art. 1 ter e quinquies 1. n. 431 del 1985, che per espresso disposto normativo conservano vigore solo fino all'approvazione dei piani paesistici. In senso
conforme, Pret. Terni 12 febbraio 1991 e Cass. 7 gennaio 1991, Zona, Foro it., Rep. 1991, voce Bellezze naturali (protezione delle), nn. 52, 53.
Si segnala, altresì, che il piano paesistico, essendo preordinato ad evitare che le aree protette siano utilizzate in modo pregiudizievole per la conservazione e valorizzazione degli interessi tutelati, può contenere
previsioni che stabiliscono a priori gli usi consentiti e, tra essi, anche il divieto assoluto di costruzione. Conformi, Tar Marche 22 marzo 1991, n. 134, id., 1992, III, 406, con nota di richiami e Cons. Stato, sez.
IV, 15 luglio 1992, n. 682, Cons. Stato, 1992, I, 879. Di rilievo è anche l'affermazione, contenuta nella decisione in epigra
fe, circa l'estensione dell'obbligo della pianificazione paesistica a tutti i territori comunque dichiarati di rilevante interesse paesaggistico, no nostante che il dato testuale sembra limitare l'obbligo pianificatorio al le sole zone vincolate ex lege. Corte cost. 13 luglio 1990, n. 327, cit., sembra propendere per tale tesi anche se attraverso l'identificazione di una diversa natura dei piani paesistici rispetto ai piani urbanistico territoriali.
La dottrina prevalente è orientata a sostenere l'interpretazione esten
siva, pur se occorre opportunamente distinguere tra l'obbligatorietà dei
piani e la facoltà di estenderne l'ambito anche a zone vincolate in via provvedimentale o a territori non vincolati. Sul tema, Immordino, Vin colo paesaggistico e regime dei beni, Padova, 1991, 178 ss.; Fuzio, / nuovi beni paesistici, Rimini, 1990, 197 ss.
(2) Con la decisione in rassegna il Consiglio di Stato ribadisce il con solidato orientamento della natura concorrente del potere dello Stato
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. — {Omissis). 2. - Deducono altresì' gli appellati che, avendo la regione Veneto adottato il piano paesistico territoria
le (che ha sottoposto a specifica disciplina l'area per cui è cau
sa), il decreto di vincolo oggetto del gravame non sarebbe, co
munque, più operante, essendo intervenute la disciplina intro
dotta dalla regione. Non sussisterebbe più, pertanto, l'interesse
dell'amministrazione statale alla decisione del ricorso introdut
tivo del presente grado del giudizio. Anche tale eccezione, di sopravvenuta carenza di interesse al
la impugnazione, è infondata e deve, di conseguenza, essere di
sattesa.
Essa si basa, infatti, su di una obiettiva confusione tra vinco
lo di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico e disci
plina dei piani territoriali paesistici. Questi, infatti — come, del resto, i piani urbanistico-territoriali
con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali,
previsti alternativamente ai primi dall'art. 1 bis 1. n. 431 del
1985 — non soltanto non fanno venir meno, ma suppongono l'esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico, sia che
lo stesso sia stato imposto dalle regioni nell'esercizio delle fun
zioni delegate con l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, sia che esso
sia stato imposto dall'amministrazione statale nell'esercizio del
potere di cui all'art. 82, 2° comma, lett. a), del medesimo d.p.r.,
sia che infine discenda direttamente dalla previsione contenuta
nell'art. 82, 5° comma, del medesimo d.p.r., nel testo introdot
to dall'art. 1 d.l. n. 312 del 1985. Ed infatti, l'imposizione del
vincolo di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico com
porta semplicemente la sottoposizione del bene vincolato — del
quale è stata, appunto, accertata, la qualità di bellezza naturale — al particolare regime previsto dalla 1. n. 1497 del 1939.
Il piano paesistico-territoriale, già previsto dall'art. 5 della
stessa 1. n. 1497 del 1939 ed adesso espressamente richiamato
dall'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985, attiene, invece, ad una fase
successiva rispetto a quella della imposizione del vincolo pae
saggistico, e più precisamente alla fase della pianificazione della
tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profi lo paesaggistico; al fine di programmare la salvaguardia dei va
lori paesistico-ambientali di tali zone con strumenti idonei ad
assicurare il superamento della episodicità inevitabilmente con
nessa a semplici interventi autorizzatori.
Secondo l'art. 5 1. n. 1497 del 1939, il piano territoriale paesi
stico riguarda le località incluse negli elenchi dei nn. 3 e 4 del
l'art. 1 (le c.d. bellezze di insieme: art. 10 del regolamento 3
giugno 1940 n. 1357), ed obbedisce allo scopo di impedire che
le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole
alla «bellezza panoramica». Il piano paesistico si collega, pertanto, espressamente alla pro
tezione di determinate bellezze naturali specificamente indivi
duate ed è volto ad ulteriormente disciplinare l'operatività del
vincolo paesistico di cui alla 1. n. 1497 del 1939 (Corte cost.
31 luglio 1990, n. 327, Foro it., 1991, I, 1311). Appare, pertanto, evidente che il piano paesistico suppone
l'esistenza e la permanenza del vincolo paesaggistico, sicché la
relativa adozione non può, in ogni caso, comportare il venir
meno di tale vincolo.
È, poi, appena il caso di precisare che ad un esito identico,
circa la permanenza del preesistente vincolo paesaggistico, sia
imposto dalla autorità regionale che da quella statale, deve per
di intervenire, mediante l'integrazione degli elenchi (art. 82, 2° comma,
lett. a, d.p.r. 616/77), nella tutela del paesaggio con l'individuazione
di ulteriori zone e territori da sottoporre a vincolo ai sensi della 1. 29
giugno 1939 n. 1497. L'orientamento espresso da Corte cost. 21 dicem
bre 1985, n. 359, Foro it., 1986, I, 1196, è stato confermato da nume
rose decisioni del Consiglio di Stato tra cui, da ultimo, sez. VI 21 luglio
1990, n. 740, id., 1991, III, 267, con nota di richiami.
Nella decisione si segnalano, inoltre, particolarmente altre due affer
mazioni. La prima, a sostegno della natura concorrente del potere sta
tale, sottolinea l'inutilità di una espressa previsione di un intervento
statuale ove esso fosse da ricondursi agli ordinari poteri del delegante,
riprendendo l'osservazione di Fuzio, I nuovi beni paesistici, cit., 132.
La seconda attiene alla sottolineatura della diversa procedura, previ
sta dall'art. 82, 2° comma, lett. a, d.p.r. 616/77, per la costituzione
da parte dello Stato del vincolo paesaggistico, rispetto a quella che la
regione deve seguire ai sensi della 1. 1497/39.
Anche quest'ultimo principio corrisponde ad un orientamento ormai
consolidato: Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 1990, n. 740, cit.; 6 agosto
1992, n. 600, Cons. Stato, 1992, I, 962.
Il Foro Italiano — 1993.
venirsi ove debba ritenersi che quello adottato dalla regione Ve
neto sia non un piano «territoriale paesistico» in senso stretto, ma un «piano urbanistico territoriale» con specifica considera
zione dei valori paesistici. È noto, infatti, che l'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985 impone
alle regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso e di valo
rizzazione ambientale le aree di particolare interesse paesistico
(il riferimento testuale è alle aree elencate nel 5° comma del
d.p.r. n. 616 del 1977; ma è evidente che l'obbligo di predispor re una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale
concerne tutti i territori comunque dichiarati di rilevante inte
resse paesaggistico). Lo stesso art. 1 bis 1. n. 431 del 1985 consente, a tal fine,
alle regioni, di far ricorso a due diversi strumenti pianificatori di cui il primo è, appunto, costituito dai «piani paesistici» ed
il secondo, invece, secondo l'espressa dizione legislativa, dai «pia ni urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori
paesistici ed ambientali».
Questi ultimi, come è stato, di recente, autorevolmente chia
rito, presentano natura diversa rispetto ai piani paesistici, che
trovano il proprio fondamento normativo nella disciplina relati
va alle bellezze naturali.
I piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei
valori paesistici ed ambientali, si inquadrano nella materia ur
banistica, hanno natura di strumenti urbanistici, e basano il lo
ro nucleo iniziale di disciplina nei piani territoriali di coordina
mento di cui all'art. 5 1. 17 agosto 1942 n. 1150 (Corte cost,
n. 327 del 1990, cit.). Nel «sistema» predisposto dall'art. 1 bis 1. n. 431 del 1985
i piani urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei
valori paesistici ed ambientali, pur costituendo uno strumento
diverso dai piani territoriali paesistici, obbediscono allo stesso
scopo ed alle medesime esigenze di questi ultimi, essendo sia
gli uni che gli altri volti ad introdurre una «specifica normativa
d'uso e di valorizzazione ambientale» del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico. Ne deriva che anche il piano territoria
le di coordinamento (salve le ulteriori peculiarità discendenti dalla
sua natura di strumento di pianificazione urbanistica), adottato
in esecuzione della disciplina di cui all'art. 1 bis 1. n. 431 del
1985, presuppone l'esistenza e la permanenza dei vincoli pae
saggistici, e non ne comporta in alcun modo il venir meno, dal
momento che esso, come, del resto, il piano paesistico è volto
a porre quella disciplina d'uso e di valorizzazione ambientale
che costituisce il completamento ed il corollario della tutela pae
saggistica già realizzata con l'imposizione del vincolo di cui alla
1. n. 1497 del 1939.
Deriva da ciò la evidente infondatezza dell'eccezione di so
pravvenuta carenza di interesse al presente gravame, formulata
dagli odierni appellati. II piano territoriale paesistico della regione Veneto sia che
esso costituisca un piano paesistico in senso stretto, sia che in
vece costituisca un piano territoriale di coordinamento, di natu
ra eminentemente urbanistica, non comporta, infatti, il venir
meno dell'operatività del vincolo imposto sul delta del Po con
il decreto ministeriale impugnato in primo grado, ma anzi sup
pone l'esistenza e la permanenza di tale vincolo. Evidente, ap
pare, pertanto, la persistenza, in capo all'amministrazione dei
beni culturali, dell'interesse all'impugnazione con cui si assume
che il potere, in forza del quale è stato imposto il vincolo, sia
stato legittimamente esercitato, e con cui si intende pervenire, attraverso l'annullamento del capo della pronuncia impugnata,
alla permanenza del vincolo in questione nelle zone indicate dal
decreto ministeriale del 1° agosto 1985.
3. - Nel merito, il collegio osserva che l'impugnazione propo
sta dal ministero dei beni culturali ed ambientali è fondata e
deve, di conseguenza, essere accolta.
Il potere di procedere alla dichiarazione del particolare inte
resse paesaggistico di un bene, in via di integrazione degli elen
chi, riservato allo Stato dell'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, è
infatti di natura concorrente, e non di tipo sostitutivo, e non
richiede, per il suo esercizio, l'inerzia dell'autorità regionale de
legata (sez. VI 31 dicembre 1988, n. 1351, id., Rep. 1989, voce
Bellezze naturali, nn. 37, 48, 57; 21 luglio 1990, n. 740, id.,
1991, III, 267). L'art. 82 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, dopo aver disposto,
al 10 comma, la delega alle regioni delle funzioni amministrati
ve esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per
la protezione delle bellezze naturali, precisa, al 2° comma, lett.
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PARTE TERZA
a, per quel che in questa sede rileva, che la delega riguarda, fra l'altro, le funzioni amministrative concernenti «l'individua
zione delle bellezze naturali, salvo il parere del ministro per i
beni culturali ed ambientali, sentito il consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali, di integrare gli elenchi delle bel
lezze naturali, approvati dalle regioni». Già la stessa dizione
legislativa rende, pertanto, evidente che le attribuzioni in mate
ria di tutela delle bellezze naturali sono state devolute alle re
gioni con una delega che appare caratterizzata dalla conserva
zione allo Stato di poteri che, come ha osservato la Corte costi
tuzionale, non appaiono riducibili ai normali poteri attribuiti
al delegante, come definiti in via generale dalla 1. n. 382 del
1975 e dal d.p.r. n. 616 del 1977 (Corte cost. n. 359 del 1985,
id., 1986, I, 1196). L'art. 2 1. 22 luglio 1975 n. 382 riserva infatti, in via generale, per ogni caso di delega, un potere sosti
tutivo (attribuito, peraltro, al consiglio dei ministri e non al
singolo ministro) da esercitarsi «in caso di persistente attività
degli organi regionali nell'esercizio delle funzioni delegate, qua lora le attività relative alle materie delegate comportino adempi menti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi»; il successivo art. 3
della medesima 1. n. 382 del 1975 riserva allo Stato, per tutte
le attività amministrative delle regioni, e quindi anche per quel le delegate, la funzione di indirizzo e coordinamento; l'art. 4, ultimo comma, d.p.r. n. 616 del 1977 riserva al governo, oltre
che il potere di sostituzione di cui al cennato art. 2 1. n. 382
del 1975, il potere di impartire direttive per l'esercizio delle fun
zioni amministrative delegate alle regioni.
Ora, mentre è palese che il potere di integrazione degli elen
chi non può essere né confuso né identificato né con il potere di indirizzo e di coordinamento, né col potere di impartire di
rettive per l'esercizio delle funzioni delegate (poteri questi, attri
buiti, peraltro, non al singolo ministro ma al governo nella sua
collegialità), è, altresì', evidente che quello riservato al ministro
dei beni culturali ed ambientali dall'art. 82 d.p.r. n. 616 del
1977 non può essere, altresì, confuso con il potere sostitutivo di cui all'art. 2 1. n. 382 del 1975, né, comunque, considerato
come una specie di tale più generale potere. Non soltanto, infatti, il potere di cui all'art. 2 1. n. 382 del
1975 è riservato al consiglio dei ministri e non al ministro dei
beni culturali, ma la persistente inerzia degli organi regionali cui esso sopperisce deve riferirsi, secondo l'esplicita dizione le
gislativa, ad attività relative alle materie delegate, che «compor tino adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi».
Nel procedimento di individuazione delle bellezze naturali non
vi sono adempimenti da svolgersi entro termini perentori di tal
genere, rispetto ai quali sia ipotizzabile un'attività di sostituzio ne. Il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali,
approvati dalle regioni, riservato al ministro dell'art. 82, 2° com
ma, d.p.r. n. 616 del 1977, atteggiandosi, invece, come speciale limitazione della delega effettuata nei confronti delle regioni nella
materia della tutela del paesaggio, si risolve nel mantenimento, in capo allo Stato, di un autonomo potere di intervento in tema di individuazione delle bellezze naturali, per l'esercizio del qua le risulta, per di più disegnato uno specifico ed autonomo pro cedimento, caratterizzato dall'obbligatorio intervento del consi
glio nazionale per i beni culturali ed ambientali (sez. VI 31 di
cembre 1988, n. 1351, cit.). 4. - Appare, cosi, evidente che, come ha espressamente sotto
lineato la Corte costituzionale, i poteri conservati allo Stato del
l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, nel quadro della delega alle
regioni a statuto ordinario delle funzioni in materia paesaggisti ca, presentano una sostanziale identità di oggetto e di contenu
to con i poteri delegati, sicché essi non possono che essere defi
niti come poteri concorrenti (Corte cost. n. 359 del 1985, cit.). Posto, infatti, che l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 ha, tra
l'altro, delegato alle regioni l'individuazione delle bellezze natu
rali, risulta palese che il potere che, con specifica ed esplicita limitazione della delega, viene conservato e mantenuto allo Sta
to, non può che riguardare lo stesso oggetto della delegazione alle regioni, e cioè l'individuazione delle bellezze naturali, da
effettuarsi, peraltro, non secondo le ordinarie procedure previ ste dalla 1. n. 1497 del 1939, ma secondo il particolare procedi mento nella stessa norma indicato.
L'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977, pertanto, nel mentre che ha delegato alle regioni le funzioni amministrative concernenti
It Foro Italiano — 1993.
l'individuazione delle bellezze naturali, ha, tuttavia, mantenuto
un concorrente potere statale di procedere all'individuazione delle
bellezze naturali, che si esercita secondo le speciali modalità ivi
indicate. Né, d'altra parte, un profilo in qualche modo idoneo a quali
ficare come sostitutorio o surrogatorio il potere in questione
può essere identificato nella circostanza che esso fa riferimento
alla «integrazione» degli elenchi delle bellezze naturali approva ti dalle regioni, sicché il relativo esercizio supporrebbe una pre via attività (appunto, l'approvazione degli elenchi) da parte di
queste ultime.
In realtà, l'espressione adoperata dal legislatore delegato —
secondo cui la delega alle regioni concerne l'individuazione del
le bellezze naturali, salvo il potere del ministro di «integrare
gli elenchi approvati dalle regioni» — deve essere intesa alla
luce della disciplina generale per l'imposizione del vincolo pae sistico posta dalla 1. n. 1497 del 1939, ed ha il significato di riservare allo Stato uno specifico ed autonomo potere di proce dere alla individuazione delle bellezze naturali, ed a prescindere da questo.
La 1. n. 1497 del 1939 prevede, infatti, ai fini della costituzio
ne del vincolo paesistico, la compilazione di appositi elenchi,
sia delle cose di cui ai nn. 1 e 2 dell'art. 1 della legge (c.d. bellezze naturali: art. 10 del regolamento approvato con r.d.
3 giugno 1940 n. 1357) sia dei complessi di cose immobili e
delle «località» di cui i nn. 3 e 4 del medesimo art. 1 (le c.d.
bellezze di insieme: art. 10 del regolamento). La procedura di imposizione del vincolo sulle bellezze indivi
due è molto diversa da quella di imposizione del vincolo sulle
bellezze di insieme, e diverso è il momento di insorgenza del
vincolo per le due categorie sopra indicate (per le bellezze di
insieme, il vincolo sorge già dalla pubblicazione degli elenchi
presso i comuni della provincia interessata; sez. VI 10 giugno
1987, n. 395, id., Rep. 1987, voce cit., n. 68). Pur con tali diversità, gli elenchi (e le loro variazioni) hanno
una importanza decisiva, ai fini dell'imposizione del vincolo, e costituiscono oggetto di approvazione da parte dell'autorità
amministrativa sia per le bellezze individue (art. 11,1° comma,
regolamento n. 1357 del 1940; mentre è sulla base dell'elenco
di esse che l'art. 6 1. n. 1497 del 1939 dispone che sia effettuata
la notificazione della dichiarazione di notevole interesse pubbli co ai proprietari), sia per le bellezze di insieme (art. 3, 2° com
ma, 1. n. 1497 del 1939). A seguito del d.p.r. n. 616 del 1977 le competenze concernen
ti gli elenchi e la relativa approvazione sono state delegate alle
regioni, in quanto ricomprese tra quelle concernenti l'individua
zione delle bellezze naturali: si intende, pertanto, come l'art.
82 del medesimo d.p.r. n. 616 del 1977, nel far salvo, all'atto della delega, il potere del ministro dei beni culturali di integrare
gli elenchi delle bellezze naturali approvate dalle regioni, abbia inteso riservare e riconoscere all'autorità statale uno specifico
potere di procedere alla individuazione delle bellezze naturali
a prescindere dagli elenchi approvati dalle regioni ed a prescin dere dal procedimento in cui alla compilazione ed approvazione di tali elenchi si provvede.
Per l'esercizio di tale specifico potere statale che, proprio per ché autonomo, non è soggetto alla disciplina di cui alla 1. n.
1497 del 1939 (sez. VI n. 1531 del 1988, cit.), l'art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 disegna, infatti, un autonomo e particolare pro
cedimento, prevedendo la necessaria, previa audizione del con
siglio nazionale dei beni culturali ed ambientali.
Il cennato art. 82 d.p.r. n. 616 del 1977 evidenzia, pertanto,
che, nel delegare alle regioni le funzioni in materia di tutela
paesistica, si è inteso riconoscere e conservare un autonomo, concorrente potere di individuazione delle bellezze naturali al
ministro dei beni culturali, la cui attività può, appunto, «inte
grare» l'attività regionale posta in essere secondo i normali pro cedimenti di cui alla 1. n. 1497 del 1939, che prevedano le com
pilazione degli elenchi e la relativa approvazione. Il disegno complessivo sotteso alla disciplina del d.p.r. n. 616
del 1977 se lascia, pertanto, impregiudicato il generale potere di sostituzione previsto per tutto ciò che costituisce oggetto di
competenza delegata alle regioni, proprio con riferimento alla
tutela del paesaggio, mantiene in capo allo Stato delle possibili tà di diretto intervento per la cura dell'interesse pubblico.
Se, infatti, si considera la disposizione dell'art. 82, 2° com
ma, unitamente a quella dei successivi commi 3° e 4° (concer
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
nenti, rispettivamente, il necessario intervento del consiglio na
zionale dei beni culturali in sede di revoca o di modifica dei
provvedimenti di imposizione del vincolo e il potere del mini
stro di sospensione dei lavori effettuati su beni ritenuti bellezze
naturali, anche indipendentemente dall'inclusione negli elenchi), risulta palese che si è inteso assicurare, già prima della 1. n.
431 del 1985, una permanente presenza dello Stato nella prote zione del paesaggio, in modo che del concorso dell'intervento
statale e di quello regionale in sede di esercizio delle funzioni
delegate, risulti una adeguata tutela dell'interesse paesistico. Si tratta, d'altra parte, di un assetto che appare pienamente
coerente con la disciplina costituzionale del paesaggio (art. 9
Cost.), che, come è stato osservato, erige il valore estetico
culturale riferito (anche) alla forma del territorio, a valore pri mario dell'ordinamento, impegnando tutte le istituzioni pubbli
che, e particolarmente lo Stato e le regioni, a concorrere alla
tutela ed alla promozione di esso (Corte cost. 359/85, cit.).
5. - Alla stregua delle superiori notazioni, che evidenziano
l'esistenza di un autonomo potere statale, concorrente con quel
lo delegato alle regioni in ordine alla individuazione delle bel
lezze naturali, evidente risulta l'erroneità della decisione impu
gnata. Con essa, da una parte si è ritenuto che l'attività statale
potesse soltanto integrare quella eventualmente posta in essere
dalla regione, in tal modo negando il carattere autonomo del
potere statale, ed obliterando l'esistenza, per il relativo eserci
zio, di uno specifico, diverso, procedimento; dall'altro si è con
figurato, senza che in proposito soccorresse alcun fondamento
normativo, il potere statale come potere sostitutivo che suppone
l'inerzia regionale, pervenendo proprio alla stregua di tali con
siderazioni, ed in relazione all'assenza di inadempienze regiona
li, all'annullamento della dichiarazione di particolare interesse
paesistico. L'ordine concettuale fatto proprio dai primi giudici, riducen
do quello statale al generale potere sostitutivo di cui all'art.
4 d.p.r. n. 616 del 1977, si risolve, in realtà, del tutto arbitra
riamente, in una sostanziale abrogazione della specifica discipli na posta dall'art. 82, 2° comma, del medesimo d.p.r. 616/77.
Come, infatti, è stato autorevolmente osservato, la stessa spe
cifica previsione di un potere del ministro dei beni culturali ed
ambientali, contenuta nell'art. 82, 2° comma, d.p.r. cennato,
apparirebbe sotanzialmente inutile, ove tale potere dovesse rite
nersi coincidente con il normale potere del delegante. (Omissis) 7. - Priva di fondamento appare, la doglianza con cui gli
interessati deducono che il vincolo paesaggistico sarebbe stato
posto prescindendo dall'apparato partecipativo dei privati inte
ressati, già previsto dall'art. 3 1. n. 1497 del 1939.
La censura si fonda, infatti, su di un falso presupposto, con
sistente nel ritenere che la 1. n. 1497 del 1939 ed il procedimento da essa delineato trovi applicazione anche con riferimento al
potere datole di procedere alla dichiarazione di bellezza natura
le in via di integrazione degli elenchi, previsto dall'art. 82 d.p.r.
n. 616 del 1977.
Al contrario, come la sezione ha avuto più volte modo di
precisare, il potere di integrazione degli elenchi delle bellezze
naturali approvate dalle regioni, riservato allo Stato dall'art.
82, 2° comma, d.p.r. n. 616 del 1977, non è soggetto alle dispo
sizioni ed alle procedure previste dalla 1. 1° giugno 1939 n. 1497,
ma al diverso, autonomo procedimento contemplato dal mede
simo art. 82, 2° comma, del cennato d.p.r., e che prevede la
necessaria, preventiva audizione del consiglio nazionale dei beni
culturali (sez. VI 31 dicembre 1988, n. 1351, cit.; 21 luglio 1990,
n. 740, cit.). (Omissis) 13. - In conclusione, l'appello proposto dal ministero dei be
ni culturali deve essere accolto, mentre devono essere disattese
le censure degli odierni appellati, non esaminate dal tribunale
in quanto dichiarate assorbite e riproposte in questa sede.
Da tale esito non deriva, peraltro, la possibilità, come erro
neamente vorrebbe l'amministrazione appellante, di pronuncia
re il rigetto integrale dal ricorso di primo grado, ma semplice
mente la possibilità di riformare il capo della decisione impu gnata relativamente al capo concernente la dichiarazione di
particolare interesse sotto il profilo paesaggistico della zona del
delta del Po, e di pronunciare il conseguenziale rigetto, per tale
parte, del ricorso di primo grado.
L'impugnazione non si estende, infatti, alle statuizioni con
cernenti il vincolo di immodificabilità ed inedificabilità.
Il Foro Italiano — 1993.
I
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 22 ottobre 1992, n. 1058; Pres. Buscema, Est. Rizzi; Tovaglieri (Avv. Ribol
zi) c. Comune di Gallarate (Avv. Romano, Ferrari). Annul
la Tar Lombardia, sez. II, 9 giugno 1987, n. 186.
Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Termine quinquennale — Scadenza — Effetti (L. 19 novembre 1968
n. 1187, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 2).
Il decorso del termine quinquennale previsto dall'art. 2 l. 19
novembre 1968 n. 1187 comporta la decadenza di qualsiasi
tipo di vincolo che determini l'inedificabilità del terreno, si
tratti di vincolo di destinazione a verde pubblico, imposto da piano regolatore generale, o di vincolo strumentale, come
quello che subordini l'edificabilità all'inserimento dell'area in
un programma pluriennale di attuazione. (1)
II
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 3 ottobre 1992,
n. 924; Pres. Catailozzi, Est. Volpe; Canta e altri (Avv.
Videtta) c. Comune di Torino (Aw. Grosso, Burlano). Con
ferma Tar Piemonte, sez. I, 4 dicembre 1987, n. 511.
Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Scadenza — Regime dell'area (L. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 2;
1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli,
art. 4). Edilizia e urbanistica — Vincolo di inedificabilità — Scadenza
— Domanda di concessione edilizia — Diniego — Legittimità
(L. 19 novembre 1968 n. 1187, art. 2).
A seguito della scadenza dei vincoli d'inedificabilità imposti da
piano regolatore generale, per effetto dell'art. 2 l. 19 novem
bre 1968 n. 1187, l'area resta assoggettata alla disciplina pre
vista dall'art. 4, ultimo comma, I. 28 gennaio 1977 n. 10 o
alla legislazione regionale ove esistente per i comuni sprovvi sti di strumento urbanistico, e non alla disciplina anteriore
all'imposizione del vincolo o ricavabile dalle destinazioni pro
prie delle aree limotrofe. (2)
(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 1987, n. 49, Foro it., 1987,
III, 65, con nota di C. M. Barone, cui adde, Tar Lombardia, sez.
II, 26 ottobre 1986, n. 391, Trib. amm. reg., 1987, I, 4093, e, da ulti
mo, Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 1992, n. 82, Cons. Stato, 1992, I, 80.
La tematica dei vincoli di inedificabilità, dibattuta anche ai semplici effetti definitori (è la legge che usa il termine «vincoli»: art. 2 1. 1187/68, art. 4, 32, 33 1. 28 febbraio 1985 n. 47; per un inquadramento della
materia, v. Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1992, 12
ss.), comporta la necessità di precisazioni a livello descrittivo, giacché, sotto il limitato profilo dell'efficacia temporale ex 1. 1187/68, alle tradi
zionali categorie dei vincoli preordinati ad espropriazione (in proposito, v. Cass. 26 ottobre 1984, n. 5488, Foro it., 1985, I, 161, con nota
di Pietrosanti) e dei vincoli che comportano l'inedificabilità (per i quali, di recente: Morbidelli, Ancora sui vincoli urbanistici nelle aree urba
ne: non sono più temporanei ma allora sono da indennizzare, in Giur.
costit., 1990, 450), vanno considerati i c.d. vincoli «procedurali», o
«strumentali», configurabili tutte le volte che l'edificazione è subordi
nata all'emanazione di uno strumento urbanistico di attuazione.
Per conclusioni diverse dalla decisione in epigrafe, in relazione al
mancato inserimento nel programma pluriennale di attuazione, v. Cons.
Stato, sez. IV, 5 novembre 1991, n. 882, Foro it., 1992, III, 225, con
nota di richiami. Sui vari profili di costituzionalità della disciplina dei vincoli, anche
nella configurazione che ne ha dato il diritto vivente, v. Corte cost.
23 aprile 1993, nn. 185 e 186, in questo fascicolo, parte prima, con
nota di Benini.
(2) Giurisprudenza pacifica, a partire dall'ormai storica Cons. Stato, ad. plen., 2 aprile 1984, n. 7, Foro it., 1984, III, 229, con nota di
richiami, cui è seguita Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 1987, n. 461,
id., 1988, III, 331, con nota di A. Romano, ed anche Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 1991, n. 1186, id., Rep. 1991, voce Edilizia e urba
nistica, n. 144; 5 giugno 1991, n. 909, ibid., n. 142; sez. IV 8 maggio
1990, n. 351, id., Rep. 1990, voce cit„ n. 150; 7 giugno 1988, n. 491,
id., Rep. 1988, voce cit., n. 155, e, da ultimo, sez. V 28 gennaio 1992,
n. 82, cit., nonché Tar Piemonte, sez. I, 26 aprile 1990, n. 205, id.,
Rep. 1990, voce cit., n. 151; Tar Toscana, sez. II, 17 luglio 1989, n.
719, ibid., n. 152 e Riv. giur. edilizia, 1989,1, 943, con nota di Parisio.
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