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sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo;...

Date post: 31-Jan-2017
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sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo; Cassader (Avv. Pellegrino, Cicinelli) c. Università degli studi di Torino (Avv. dello Stato Di Giovanni). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 11 febbraio 1991, n. 69 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 341/342-345/346 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188976 . Accessed: 28/06/2014 17:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 17:01:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo;Cassader (Avv. Pellegrino, Cicinelli) c. Università degli studi di Torino (Avv. dello Stato DiGiovanni). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 11 febbraio 1991, n. 69Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 341/342-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188976 .

Accessed: 28/06/2014 17:01

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

della licenza, è irrilevante, ai fini dell'ammissibilità del ricorso prodotto nei suoi confronti, la circostanza che nel gravame sia

stata richiamata e formalmente impugnata solo la lettera di tra

smissione del provvedimento lesivo, data la chiara riferibilità

ad esso delle censure nel ricorso di primo grado. 4. - Venendo al merito della causa, l'appello si appalesa

fondato.

La questione si incentra nell'acclarare quale ruolo dovesse svol

gere, rispetto alla posizione del comune, il rapporto civilistico

corrente tra i proprietari dell'azienda alberghiera, da una parte, e l'appellante, quale gestore della stessa azienda, dall'altra.

Più in particolare, si tratta di esaminare se effettivamente il

Serpillo abbia perso la disponibilità dell'immobile, sulla quale il sindaco ha basato, come si è visto, la revoca della licenza

dell'esercizio pubblico. Il comune e il tribunale amministrativo regionale hanno rite

nuto che come l'appellante aveva avuto la licenza e poi il rinno

vo di essa sulla base di contratti intervenuti tra le parti, cosi

il mancato rinnovo consensuale del rapporto contrattuale, con

la conseguente presunta perdita della disponibilità del locale da

parte del gestore, non poteva non spiegare effetti anche sul rap

porto pubblicistico di autorizzazione, avente ad oggetto l'auto

rizzazione all'esercizio dell'attività.

L'assunto è di per sé condivisibile, atteso che si può concor

dare sulla circostanza che la disponibilità del locale costituisce,

alla stregua della 1. 25 agosto 1991 n. 287, un elemento indi

spensabile per ottenere l'autorizzazione all'apertura di un pub

blico esercizio. Solo che occorre chiarire che viene qui in rilie

vo, non già la disponibilità giuridica, ma quella relativa alla

materiale detenzione del bene da parte di colui che intende av

viare o mantenere in piedi un'attività commerciale o di esercizio

pubblico, sottoposta alla disciplina pubblicistica.

Ne consegue che l'operato del comune è da considerarsi ille

gittimo, poiché manca l'unica condizione, che potrebbe giustifi

carlo, e cioè che le parti, come avevano dato vita di comune

accordo al rapporto contrattuale, lo avessero anche consensual

mente risolto.

Ma cosi non è, poiché tra di esse è insorta controversia in

ordine al rilascio dell'immobile e pende dinanzi al Tribunale

civile di Aosta il giudizio di opposizione allo sfratto. Ne conse

gue che il Serpillo non ha perso affatto la disponibilità materia

le dell'immobile, rispetto alla quale il comune non aveva moti

vo di vietargli la prosecuzione dell'attività, senza considerare

che anche la presunta indisponibilità giuridica dell'immobile da

parte dello stesso Serpillo, cui il comune e il primo giudice si

sono riferiti, viene messa in discussione dall'insorta controversia.

Il comune ha avvertito la difficoltà di procedere al ritiro della

licenza sulla base della mera scadenza dei contratti ed ha, infat

ti, dapprima chiesto all'appellante, con la lettera del 4 marzo

1992, di esibire «la documentazione idonea che consenta la pro

roga della licenza di subingresso» e, poi, nello stesso provvedi

mento di ritiro della licenza, ha sentito l'esigenza di avvertire

il Serpillo che il provvedimento sarebbe stato revocato in pre

senza «di titolo contrattuale o di provvedimento giurisdizionale».

Quest'ultima notazione consente di rilevare come l'intervento

caducatorio del sindaco, mentre, da una parte, confermi l'inesi

stenza di ragioni di pubblico interesse al ritiro dell'autorizzazio

ne, dall'altra, abbia finito col concretizzarsi — come pure è

stato dedotto dall'appellante — in una indebita ingerenza del

comune in una lite privata, la cui esistenza avrebbe dovuto in

durre l'amministrazione ad attenderne la definizione, senza im

mutare allo stato di fatto.

In altri termini, il comune di Avise e il primo giudice sono stati fuorviati dall'aver messo l'accento sulla disponibilità giuri

dica dello stabile, senza avvedersi che, per un verso, il riferi

mento era precluso dalla lite insorta tra le parti proprio in rela

zione a detta disponibilità e, per l'altro, che, nella fattispecie,

doveva darsi rilievo, alla stregua della disciplina in generale del commercio e di quella relativa all'insediamento e all'attività dei

pubblici esercizi, soltanto alla disponibilità materiale dell'im

mobile. Ne è derivato che il ritiro della licenza è stato adottato per

una ragione che non è riconducibile, come esattamente deduce

Il Foro Italiano — 1995.

l'appellante, alla 1. 21 agosto 1991 n. 287, della quale è stata

fatta nella specie un'applicazione erronea.

Alla stregua di quanto esposto, è da escludere, infine, che

la sentenza impugnata sia inficiata dal vizio di ultrapetizione,

perché si è mantenuta nei limiti della vertenza portata alla co

gnizione di quel tribunale amministrativo regionale. 5. - In conclusione, va accolto l'appello principale e respinto

quello incidentale del comune di Avise.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo; Cassader (Aw. Pellegrino, Cicinelli) c. Università degli studi

di Torino (Aw. dello Stato Di Giovanni). Conferma Tar Pie

monte, sez. I, 11 febbraio 1991, n. 69.

Sanitario — Ricercatore universitario confermato — Equipara zione al biologo ospedaliero — Indennità di dirigenza e per strutture specialistiche e di «plus-orario» — Esclusione (D.p.r. 11 luglio 1980 n. 282, riordinamento della docenza universi

taria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione

organizzativa e didattica, art. 11; d.p.r. 20 maggio 1987 n.

270, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sin

dacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del per sonale dipendente del servizio sanitario nazionale, art. 51).

Al ricercatore universitario confermato, equiparato alla qualifi ca ospedaliera di biologo coadiutore, decimo livello, che ab

bia optato per il regime a tempo definito, non spettano le

speciali indennità di dirigenza e per strutture specialistiche,

previste dall'art. 51 d.p.r. 270/87per la qualifica ospedaliera di equiparazione, né l'indennità di plus-orario, ove osservato,

in mancanza dell'espletamento dell'orario di servizio previsto

per il biologo ospedaliero di pari qualifica ed anzianità. (1)

Fatto. — Con provvedimento del rettore dell'università degli studi di Torino in data 21 giugno 1989, venivano negate a Mau

rizio Cassader le indennità di dirigenza e per strutture speciali stiche nonché l'incentivazione plus-orario come richieste con

istanza del 15 aprile 1989.

Maurizio Cassader, biologo, avverso tale provvedimento ha

proposto ricorso al Tar Piemonte ed ha esposto: (omissis)

c) con decreto di equiparazione del rettore dell'università di

Torino in data 16 maggio 1989 è stato «equiparato a partire dal 1° gennaio 1986 . . . alla attuale qualifica ospedaliera di

biologo coadiutore di decimo livello» e, in data 11 giugno 1987,

a seguito di specifico sollecito dell'università, egli, esercitando

(1) Questione di specie, senza precedenti specifici. Per riferimenti sulla

figura del biologo, parificata a quella del medico sia nella ripartizione dei proventi dell'attività libero-professionale intramuraria (Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 1991, n. 997, Foro it., Rep. 1992, voce Sanitario, n. 390; Tar Lazio, sez. I, 13 gennaio 1989, n. 8, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 513), sia nell'attribuzione dell'indennità tecnico-professionale (Tar

Lazio, sez. I, 4 settembre 1991, n. 1436, id., Rep. 1992, voce Impiegato dello Stato, n. 1010) sia nella sostituzione del primario di un servizio

di laboratorio di analisi (Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 1993, n. 989,

id., Rep. 1993, voce Sanitario, n. 419), sia nell'espletamento delle ore

di plus-orario (Tar Marche 25 gennaio 1991, n. 24, id., Rep. 1991,

voce cit., n. 271), v. la nota a Tar Lazio, sez. I, 9 dicembre 1986,

n. 2224, id., 1988, III, 177. Per ulteriori riferimenti sulle indennità at

tribuite al personale medico nell'ambito del servizio sanitario nazionale

degli accordi nazionali, v. G. Albenzio, Rassegna di giurisprudenza sui principali problemi relativi al rapporto di lavoro dipendente o con

venzionato dei medici nel servizio sanitario nazionale, id., 1993,1, 2867.

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PARTE TERZA

il diritto previsto dall'art. 1 1. 22 aprile 1987 n. 158, aveva pre sentato due domande di opzione per il tempo definito (200 ore

annue): una a sanatoria del periodo pregresso ed una per il bien

nio 1° novembre 1987/31 ottobre 1989;

d) di avere seguito, come per il passato, un orario pari a

quello dei colleghi medici ospedalieri a tempo definito (28 ore settimanali per il 1986, 28 ore sino al 31 luglio 1987, 27-30 ore

sino al 31 dicembre 1987, 27 ore per il 1988), ed oltre a tale

orario, di avere effettuato, ad espressa richiesta della direzione

amministrativa dell'ospedale un plus-orario di 2 ore settimanali

nell'anno 1986, di 3 ore e 15' nel 1987, di 3 ore e 30' nel 1988;

e) che, a fronte del suddetto servizio, egli percepiva dalla uni

versità unicamente lo stipendio previsto per i ricercatori univer

sitari a tempo definito, per cui vige un orario lavorativo di sole

4 ore settimanali circa;

f) che, da ultimo, egli era venuto a conoscenza che la regione Piemonte — per l'Usi To Vili — ha rimborsato all'università,

quali somme a lui pertinenti, non solo lo stipendio del biologo

coadiutore, ma anche le varie indennità tra cui quelle di diri

genza e per strutture specialistiche, nonché l'incentivazione plus

orario, stipendio ed indennità — di cui non trovava riscontro

nella sua busta paga —, onde aveva presentato, in data 15 apri le 1989, al rettore una formale istanza volta ad ottenere la cor

responsione di detta indennità, quantomeno a decorrere dal 1°

gennaio 1986, ma che, con il provvedimento impugnato, era

stata respinta la suddetta richiesta con la motivazione che, es

sendo stato egli equiparato alla qualifica ospedaliera di biologo

coadiutore, doveva effettuare l'orario di servizio previsto nella

Usi per il biologo ospedaliero di 36 ore settimanali e che l'osser

vanza di detto obbligo costituiva condizione imprenscindibile

per la corresponsione dell'indennità;

g) che, contraddittoriamente, l'università ha continuato a sol

lecitare l'opzione per il regime d'impegno d'orario scelto, da

ultimo ancora quella esercitata con riferimento al tempo defini

to, per il biennio 1989/91. (Omissis) Diritto. — Il ricorso in appello è infondato.

Non sussiste, anzitutto, il vizio di violazione di legge dedotto

con il primo motivo.

Non è dubbio che il dott. Cassader era e continuava ad esse

re, alla data di proposizione del ricorso, un ricercatore universi

tario con tutte le prerogative di tale posizione e con il diritto

di optare, a norma dell'art. 1 1. 158/87, tra il regime lavorativo

a tempo pieno (350 ore annue) e quello a tempo definito (200 ore annue). Dalla suddetta situazione relativa allo stato giuridi co del dr. Cassader e dal mancato rinvenimento, nella conven

zione, riconfermata il 28 maggio 1985, tra la regione Piemonte

e l'università degli studi di Torino per il servizio del personale universitario presso le Usi, di alcuna norma che disciplina l'ora

rio di lavoro del personale universitario docente (professori e

ricercatori) diverso da quello medico (come, ad es., il biologo) non è dato legittimamente trarre alcuna conclusione relativa al

l'applicazione della normativa prevista dall'art. 7 di detta con

venzione (che stabilisce che «i diritti ed i doveri, che, per la

parte assistenziale, il personale medico universitario assume, so no quelli previsti dall'art. 35 d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761,

per il personale di pari o corrispondente qualifica del ruolo re

gionale, fatte salve le norme del proprio stato giuridico, a nor

ma di quanto previsto dall'art. 102 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382»)

per i docenti universitari biologi, oltre che per i medici. Al riguardo, non è, infatti, di alcuna conferma di detta inter

pretazione estensiva il titolo del citato art. 7, riferentesi generi camente al «personale universitario che presta servizio presso cliniche ed istituti universitari di ricovero e cura convenziona

ti», atteso che l'ambito esatto di detta norma della convenzione

è specificato dal suindicato contenuto di essa, in cui non figura il personale universitario non medico.

Ciò premesso, se al dr. Cassader non può essere negato —

come non è stato negato — il diritto di optare, come ricercatore

universitario confermato, per il regime lavorativo a tempo defi

nito, non può, peraltro, ritenersi che dall'intervenuta equipara zione — con decreto del rettore dell'università degli studi di

Torino n. 40508/8 del 16 maggio 1989 a norma dell'art. 2 1. 200/74 — all'attuale qualifica ospedaliera di biologo coadiuto

re, decimo livello, discende pure che al medesimo spettino per

questa equiparazione, in mancanza dell'osservanza dell'orario

li Foro Italiano — 1995.

di servizio del biologo ospedaliero, le speciali indennità previste

dall'at. 51 d.p.r. 270/87 per la qualifica ospedaliera di equipa

razione, oltre alla indennità di plus-orario, ove esso venga os

servato.

Atteso, invero, che il d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270 fa riferi

mento al possibile svolgimento di attività a tempo pieno od a

tempo definito soltanto per l'«area medica», risulta evidente

che, per il personale universitario medico, l'adeguamento del

trattamento economico a quello del personale ospedaliero può

articolarsi, con riferimento al regime di impegno a tempo pieno od a quello a tempo definito, ma un siffatto adeguamento non

può verificarsi per il personale universitario non medico, poiché una analoga opzione non è prevista per il personale ospedalie ro. Di conseguenza, legittimamente nel decreto rettorale impu

gnato si afferma l'impossibilità di corrispondere al dott. Cassa

der le indennità risultanti dal decreto di equiparazione fin quando l'interessato non svolga l'orario di servizio dettato per il perso

nale ospedaliero di pari qualifica ed anzianità.

Le censure di appropriazione, da parte dell'università, delle

differenze relative alle somme percepite dalla regione e rispetto alle quali — secondo il ricorrente — essa, a norma dell'art.

13 della convenzione, si deve porre unicamente come tramite,

sono inammissibili perché, a prescindere dal fatto che si tratta

di mera affermazione non concretamente dimostrata e che il

bilancio universitario era soggetto ai controlli di legge prescritti, al ricorrente da tale circostanza non deriva alcun beneficio.

Invero, il mancato diritto alla percezione di dette somme non

risulterebbe comunque modificato dalla menzionata circostanza.

Neppure è fondata la censura dedotta dal secondo motivo.

Non sussiste la dedotta contraddittorietà, in considerazione

del fatto, innanzi rilevato, che il dott. Cassader aveva diritto, come ricercatore universitario, confermato, all'esercizio del di

ritto di opzione, a norma dell'art. 1, 2° comma, d.l. 2 marzo

1987 n. 57, conv. in 1. 22 aprile 1987 n. 158, tra il regime lavo

rativo a tempo pieno e quello a tempo definito, ma non aveva

titolo a percepire le indennità previste, quali risultanti dal de

creto di equiparazione alla qualifica ospedaliera di biologo coa

diutore, decimo livello, in mancanza dell'espletamento dell'ora

rio di servizio previsto per detto personale ospedaliero di pari

qualifica ed anzianità. Giova considerare, altresì', che, non es

sendo prevista l'equiparazione dei biologi con i medici ospeda lieri a tempo definito, è irrilevante, ai fini della corresponsione della indennità di cui innanzi, che il ricorrente svolga lo stesso

orario di servizio dei medici ospedalieri con orario a tempo de

finito, orario notevolmente superiore a quello dei ricercatori uni

versitari a tempo definito.

È anche priva di fondamento la censura dedotta col terzo

motivo. La dedotta disparità di trattamento fra il ricercatore universitario medico convenzionato, che abbia optato per il tempo

definito, ed il ricercatore universitario biologo, convenzionato, che abbia parimenti optato per il tempo definito, non sussiste, trattandosi di due distinte figure professionali in ragione delle

cui distinte peculiarità è prevista una diversa disciplina. Né può fondatamente assumersi che sussiste un'ingiustificata

disparità di trattamento tra il biologo, che presta attività nelle

Usi, ed il biologo, che svolge esclusivamente attività didattica

nell'istituto universitario, con minore impegno orario. Invero, in quest'ultimo caso, trattasi di due distinti settori di lavoro —

ospedaliero e di attività didattica — che concretano situazio

ni non perfettamente comparabili. Al riguardo, pur considerata la tendenziale perequazione re

tributiva del personale laureato, questa non esclude differenze

retributive connesse alle particolari attività svolte.

Non sussiste, anzitutto, ultrapetizione dedotta col quarto mo

tivo nell'avere il tribunale ritenuto di dover preliminarmente esa

minare se il ricorrente era tenuto, al fine di percepire le indenni

tà di cui trattasi, a rispettare il normale orario di servizio previ sto per il personale biologo ospedaliero.

Trattasi, al riguardo, di una valutazione necessariamente pre liminare rispetto a quella della spettanza o meno al medesimo

delle indennità richieste. Atteso che, come lo stesso interessato

riconosce, la possibilità dello svolgimento del rapporto di lavo

ro a tempo pieno od a tempo definito del personale addetto

alle unità sanitarie locali è previsto dall'art. 35 d.p.r. 20 dicem

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

bre 1979 n. 761 (cui rinvia l'art. 7 della convenzione fra regione Piemonte ed università di Torino) solo per il personale medico, non può ritenersi che dette indennità spettanti al biologo coa

diutore ospedaliero di decimo livello, che svolge servizio a tem

po pieno, spettino pure al biologo ricercatore universitario, che

presta servizio, a seguito di opzione espressa, a tempo definito.

Invero, se il medesimo, a norma dell'art. 31 d.p.r. 761/79, cit.,

presta legittimamente servizio a tempo definito, «tenuto conto

degli obblighi derivanti dal suo particolare stato giuridico» (che

gli consente ex art. 1, 2° comma, d.l. 2 marzo 1987 n. 57 l'op zione tra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito), dalle norme richiamate innanzi non è dato ritenere che l'equi

parazione del trattamento economico tra personale universita

rio non medico e personale ospedaliero spetti anche se il ricer

catore universitario presti servizio per un numero di ore inferio

re a quello previsto per il corrispondente personale ospedaliero.

L'appellante assume col quinto motivo contraddittorietà nel

l'avere il tribunale, una volta affermato il legittimo esercizio

della facoltà di ozpione tra il tempo pieno ed il tempo definito

nell'ambito del rapporto di impiego universitario, rilevato che

per il ricorrente sussisterebbe l'obbligo di assunzione delle stes

se mansioni e degli stessi doveri propri del corrispondente per

sonale ospedaliero, con l'esclusività del rapporto ospedaliero,

e che, altresì, dal decreto rettoriale d'equiparazione alla qualifi ca ospedaliera di biologo coadiutore deriverebbe «... l'obbligo

in capo al ricorrente dell'osservanza dell'orario di servizio pre

scritto in 36 ore settimanali dall'art. 16 d.p.r. 20 maggio 1987

n. 270 . . .».

Dal vizio di contraddittorietà discenderebbe anche quello di

ingiustizia manifesta connesso al difetto di motivazione, per non

essere stati presi in esame i relativi motivi di ricorso con riferi

mento alla disparità di trattamento — a parità di stato giuridico — tra la posizione del ricorrente e quella del ricercatore univer

sitario medico — in convenzione — da un canto, e quella del

ricercatore universitario biologo — non in convenzione — dal

l'altro.

Relativamente a detta ultima censura già si è detto che tratta

si di censura infondata, mentre non sussiste, per quanto innanzi

si è rilevato, la dedotta contraddizione, perché, pur se in modo

non eccessivamente chiaro, il tribunale non ha negato il diritto

del ricorrente all'opzione per il tempo definito quale ricercatore

universitario confermato, ma ha solo escluso che gli competes

sero le indennità richieste, in mancanza dell'espletamento di un

servizio orario di 36 ore settimanali come espletato dai biologi

coadiuvanti di decimo livello presso le Usi, servizio orario di

pari entità cui, per il suo stato giuridico, il ricorrente non può

ritenersi tenuto.

Con il sesto motivo si deduce senza fondamento che la sen

tenza, sostenendo l'obbligo del ricorrente di rispettare lo stesso

orario di servizio previsto per il biologo coadiutore dipendente

dalla Usi, costituisce una lesione dei suoi diritti derivanti dalla

qualifica di dipendente universitario persino più grave di quella

derivante dal provvedimento impugnato in cui si chiarisce che

l'osservanza dell'orario di trentasei ore settimanali è in concreto

considerata dall'autorità amministrativa non come connaturata

al rapporto d'impiego, ma come mera condizione per poter ac

cedere alle integrazioni retributive.

Le affermazioni della sentenza impugnata, ritenute lesive dal

la posizione dell'appellante, sono da interpretare, tenendo con

to delle espressioni successive, con le quali si richiama, facendo

riferimento — come evincesi dal contesto — al personale delle

Usi, la giurisprudenza amministrativa, che ha ritenuto legittima

l'esclusiva pertinenza al solo personale medico dell'opzione tra

impegno a tempo pieno ed impegno a tempo definito, confer

mando la legittimità dell'attribuzione in via esclusiva al solo

personale medico dell'indennità medico professionale a tempo

pieno e ritenendo ingiustificato che l'emolumento non sia stato

esteso ad altre posizioni di lavoro.

Da ciò appare che la sentenza abbia intesto affermare soltan

to la non spettanza al ricorrente delle indennità richieste, senza

censurare l'entità del suo impegno di servizio orario, stante l'op

zione legittimamente effettuata quale ricercatore universitario

confermato per il regime di orario a tempo definito. Di conse

guenza, l'orario di servizio svolto dal ricorrente ed accertato

dal rettore — come risulta dall'impugnato provvedimento retto

li. Foro Italiano — 1995.

riale in data 21 giugno 1989 — non è fondatamente censurabile,

siccome non è censurabile l'assunto della non spettanza al ri

corrente delle anzidette indennità, in mancanza dell'espletamen

to, da parte sua, di un servizio per trentasei ore settimanali,

come svolto dai biologi coadiuvatori.

Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto e per l'ef

fetto deve essere confermata la sentenza appellata.

CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 2 marzo 1994, n. 120; Pres. Anelli, Est. Volpe; Olivieri, Aristotile (Avv.

Schwarzenberg) c. Iarussi (Aw. Antonino) e Comune di

Forlì del Sannio. Conferma Tar Molise 23 febbraio 1982, ri. 41.

Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione di terzi — Legittimazione — Fattispecie (L. 6 agosto 1967

n. 765, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 10).

Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione di terzi — Termine (L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 10).

Edilizia e urbanistica — Limiti all'edificabilità — Volumetria — Volumi tecnici (L. 28 gennaio 1977 n. 10, norme sulla

edificabilità dei suoli)

È legittimato ad impugnare la licenza edilizia chiunque si trovi

in una condizione di stabile collegamento con la zona edifi

cando, senza necessità di dimostrazione di alcun danno parti colare (nella specie, si è riconosciuta la legittimazione del pro

prietario di fondo limitrofo, che pur non aveva residenza ana

grafica nel comune). (1) Il termine per l'impugnazione della licenza edilizia decorre dalla

data in cui l'interessato abbia avuto effettiva e piena cono

scenza del provvedimento, da provarsi in modo rigoroso da

chi eccepisce la tardività dell'impugnazione, per cui, in difet to di altri idonei mezzi di prova e nell'incertezza della data

di ultimazione dei lavori, il ricorso va ritenuto tempestivo. (2)

(1) Sulla legittimazione ad impugnare la concessione edilizia, ex art.

10 1. 6 agosto 1967 n. 765, in virtù di un collegamento non effimero

con la zona interessata alla costruzione assentita, cfr. Cons. Stato, sez.

V, 30 luglio 1993, n. 812, Foro it., 1994, III, 286 e 27 maggio 1993, n. 633, ibid., 238, con nota di richiami, ed anche sez. V 3 giugno 1994, n. 603, Giur. it., 1994, III, 1, 629; 17 gennaio 1994, n. 29, Cons. Stato,

1994, I, 33.

(2) Per quanto riguarda il termine di impugnazione, vedi la nota di

richiami a Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 1993, n. 633, Foro it., 1994,

III, 238, ed anche sez. V 17 gennaio 1994, n. 29, Cons. Stato, 1994,

I, 33; 13 luglio 1994, n. 748, ibid., 1056; 27 maggio 1994, n. 577, ibid.,

781; 3 giugno 1994, n. 603, Giur. it., 1994, III, 1, 629, tutte ispirate al principio della decorrenza dal momento della piena conoscenza del

provvedimento, peraltro difficilmente identificabile, e della conseguente necessità di far ricorso a diversi elementi indizianti, purché inequivoci.

Per piena conoscenza della concessione s'intende la consapevolezza

degli estremi essenziali di essa, ossia l'autorità emanante, la data di

rilascio e il contenuto del progetto approvato (Cons. Stato, sez. V, 26

febbraio 1992, n. 143, Foro it., 1992, III, 374, con nota di richiami,

cui adde, Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 1990, n. 890, id., Rep.

1991, voce Giustizia amministrativa, n. 309, ed anche sez. V 9 aprile

1994, n. 275, Giur. it., 1994, III, 1, 629; 27 maggio 1994, n. 577, cit.; 15 luglio 1994, n. 1181, Cons. Stato, 1994, I, 1113; 22 novembre 1993, n. 1169, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 308) ed anche dell'esatto

contenuto prescrittivo del provvedimento (Cons, giust. amm. sic. 28

dicembre 1990, n. 447, id., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 540). Nell'ambito della soluzione indiziaria, che fa coincidere la conoscen

za della concessione con l'ultimazione dei lavori, si è ritenuto, confor

memente alla decisione in epigrafe, che non è sufficiente il completa mento del rustico esterno (Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 1994, n. 120, Riv. giur. edilizia, 1994, I, 567), o il semplice inizio dei lavori (Tar

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