sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo;Cassader (Avv. Pellegrino, Cicinelli) c. Università degli studi di Torino (Avv. dello Stato DiGiovanni). Conferma Tar Piemonte, sez. I, 11 febbraio 1991, n. 69Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 6 (GIUGNO 1995), pp. 341/342-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188976 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
della licenza, è irrilevante, ai fini dell'ammissibilità del ricorso prodotto nei suoi confronti, la circostanza che nel gravame sia
stata richiamata e formalmente impugnata solo la lettera di tra
smissione del provvedimento lesivo, data la chiara riferibilità
ad esso delle censure nel ricorso di primo grado. 4. - Venendo al merito della causa, l'appello si appalesa
fondato.
La questione si incentra nell'acclarare quale ruolo dovesse svol
gere, rispetto alla posizione del comune, il rapporto civilistico
corrente tra i proprietari dell'azienda alberghiera, da una parte, e l'appellante, quale gestore della stessa azienda, dall'altra.
Più in particolare, si tratta di esaminare se effettivamente il
Serpillo abbia perso la disponibilità dell'immobile, sulla quale il sindaco ha basato, come si è visto, la revoca della licenza
dell'esercizio pubblico. Il comune e il tribunale amministrativo regionale hanno rite
nuto che come l'appellante aveva avuto la licenza e poi il rinno
vo di essa sulla base di contratti intervenuti tra le parti, cosi
il mancato rinnovo consensuale del rapporto contrattuale, con
la conseguente presunta perdita della disponibilità del locale da
parte del gestore, non poteva non spiegare effetti anche sul rap
porto pubblicistico di autorizzazione, avente ad oggetto l'auto
rizzazione all'esercizio dell'attività.
L'assunto è di per sé condivisibile, atteso che si può concor
dare sulla circostanza che la disponibilità del locale costituisce,
alla stregua della 1. 25 agosto 1991 n. 287, un elemento indi
spensabile per ottenere l'autorizzazione all'apertura di un pub
blico esercizio. Solo che occorre chiarire che viene qui in rilie
vo, non già la disponibilità giuridica, ma quella relativa alla
materiale detenzione del bene da parte di colui che intende av
viare o mantenere in piedi un'attività commerciale o di esercizio
pubblico, sottoposta alla disciplina pubblicistica.
Ne consegue che l'operato del comune è da considerarsi ille
gittimo, poiché manca l'unica condizione, che potrebbe giustifi
carlo, e cioè che le parti, come avevano dato vita di comune
accordo al rapporto contrattuale, lo avessero anche consensual
mente risolto.
Ma cosi non è, poiché tra di esse è insorta controversia in
ordine al rilascio dell'immobile e pende dinanzi al Tribunale
civile di Aosta il giudizio di opposizione allo sfratto. Ne conse
gue che il Serpillo non ha perso affatto la disponibilità materia
le dell'immobile, rispetto alla quale il comune non aveva moti
vo di vietargli la prosecuzione dell'attività, senza considerare
che anche la presunta indisponibilità giuridica dell'immobile da
parte dello stesso Serpillo, cui il comune e il primo giudice si
sono riferiti, viene messa in discussione dall'insorta controversia.
Il comune ha avvertito la difficoltà di procedere al ritiro della
licenza sulla base della mera scadenza dei contratti ed ha, infat
ti, dapprima chiesto all'appellante, con la lettera del 4 marzo
1992, di esibire «la documentazione idonea che consenta la pro
roga della licenza di subingresso» e, poi, nello stesso provvedi
mento di ritiro della licenza, ha sentito l'esigenza di avvertire
il Serpillo che il provvedimento sarebbe stato revocato in pre
senza «di titolo contrattuale o di provvedimento giurisdizionale».
Quest'ultima notazione consente di rilevare come l'intervento
caducatorio del sindaco, mentre, da una parte, confermi l'inesi
stenza di ragioni di pubblico interesse al ritiro dell'autorizzazio
ne, dall'altra, abbia finito col concretizzarsi — come pure è
stato dedotto dall'appellante — in una indebita ingerenza del
comune in una lite privata, la cui esistenza avrebbe dovuto in
durre l'amministrazione ad attenderne la definizione, senza im
mutare allo stato di fatto.
In altri termini, il comune di Avise e il primo giudice sono stati fuorviati dall'aver messo l'accento sulla disponibilità giuri
dica dello stabile, senza avvedersi che, per un verso, il riferi
mento era precluso dalla lite insorta tra le parti proprio in rela
zione a detta disponibilità e, per l'altro, che, nella fattispecie,
doveva darsi rilievo, alla stregua della disciplina in generale del commercio e di quella relativa all'insediamento e all'attività dei
pubblici esercizi, soltanto alla disponibilità materiale dell'im
mobile. Ne è derivato che il ritiro della licenza è stato adottato per
una ragione che non è riconducibile, come esattamente deduce
Il Foro Italiano — 1995.
l'appellante, alla 1. 21 agosto 1991 n. 287, della quale è stata
fatta nella specie un'applicazione erronea.
Alla stregua di quanto esposto, è da escludere, infine, che
la sentenza impugnata sia inficiata dal vizio di ultrapetizione,
perché si è mantenuta nei limiti della vertenza portata alla co
gnizione di quel tribunale amministrativo regionale. 5. - In conclusione, va accolto l'appello principale e respinto
quello incidentale del comune di Avise.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 4 luglio 1994, n. 1122; Pres. Imperatrice, Est. Della Valle Pauciullo; Cassader (Aw. Pellegrino, Cicinelli) c. Università degli studi
di Torino (Aw. dello Stato Di Giovanni). Conferma Tar Pie
monte, sez. I, 11 febbraio 1991, n. 69.
Sanitario — Ricercatore universitario confermato — Equipara zione al biologo ospedaliero — Indennità di dirigenza e per strutture specialistiche e di «plus-orario» — Esclusione (D.p.r. 11 luglio 1980 n. 282, riordinamento della docenza universi
taria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione
organizzativa e didattica, art. 11; d.p.r. 20 maggio 1987 n.
270, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sin
dacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del per sonale dipendente del servizio sanitario nazionale, art. 51).
Al ricercatore universitario confermato, equiparato alla qualifi ca ospedaliera di biologo coadiutore, decimo livello, che ab
bia optato per il regime a tempo definito, non spettano le
speciali indennità di dirigenza e per strutture specialistiche,
previste dall'art. 51 d.p.r. 270/87per la qualifica ospedaliera di equiparazione, né l'indennità di plus-orario, ove osservato,
in mancanza dell'espletamento dell'orario di servizio previsto
per il biologo ospedaliero di pari qualifica ed anzianità. (1)
Fatto. — Con provvedimento del rettore dell'università degli studi di Torino in data 21 giugno 1989, venivano negate a Mau
rizio Cassader le indennità di dirigenza e per strutture speciali stiche nonché l'incentivazione plus-orario come richieste con
istanza del 15 aprile 1989.
Maurizio Cassader, biologo, avverso tale provvedimento ha
proposto ricorso al Tar Piemonte ed ha esposto: (omissis)
c) con decreto di equiparazione del rettore dell'università di
Torino in data 16 maggio 1989 è stato «equiparato a partire dal 1° gennaio 1986 . . . alla attuale qualifica ospedaliera di
biologo coadiutore di decimo livello» e, in data 11 giugno 1987,
a seguito di specifico sollecito dell'università, egli, esercitando
(1) Questione di specie, senza precedenti specifici. Per riferimenti sulla
figura del biologo, parificata a quella del medico sia nella ripartizione dei proventi dell'attività libero-professionale intramuraria (Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 1991, n. 997, Foro it., Rep. 1992, voce Sanitario, n. 390; Tar Lazio, sez. I, 13 gennaio 1989, n. 8, id., Rep. 1989, voce
cit., n. 513), sia nell'attribuzione dell'indennità tecnico-professionale (Tar
Lazio, sez. I, 4 settembre 1991, n. 1436, id., Rep. 1992, voce Impiegato dello Stato, n. 1010) sia nella sostituzione del primario di un servizio
di laboratorio di analisi (Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 1993, n. 989,
id., Rep. 1993, voce Sanitario, n. 419), sia nell'espletamento delle ore
di plus-orario (Tar Marche 25 gennaio 1991, n. 24, id., Rep. 1991,
voce cit., n. 271), v. la nota a Tar Lazio, sez. I, 9 dicembre 1986,
n. 2224, id., 1988, III, 177. Per ulteriori riferimenti sulle indennità at
tribuite al personale medico nell'ambito del servizio sanitario nazionale
degli accordi nazionali, v. G. Albenzio, Rassegna di giurisprudenza sui principali problemi relativi al rapporto di lavoro dipendente o con
venzionato dei medici nel servizio sanitario nazionale, id., 1993,1, 2867.
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PARTE TERZA
il diritto previsto dall'art. 1 1. 22 aprile 1987 n. 158, aveva pre sentato due domande di opzione per il tempo definito (200 ore
annue): una a sanatoria del periodo pregresso ed una per il bien
nio 1° novembre 1987/31 ottobre 1989;
d) di avere seguito, come per il passato, un orario pari a
quello dei colleghi medici ospedalieri a tempo definito (28 ore settimanali per il 1986, 28 ore sino al 31 luglio 1987, 27-30 ore
sino al 31 dicembre 1987, 27 ore per il 1988), ed oltre a tale
orario, di avere effettuato, ad espressa richiesta della direzione
amministrativa dell'ospedale un plus-orario di 2 ore settimanali
nell'anno 1986, di 3 ore e 15' nel 1987, di 3 ore e 30' nel 1988;
e) che, a fronte del suddetto servizio, egli percepiva dalla uni
versità unicamente lo stipendio previsto per i ricercatori univer
sitari a tempo definito, per cui vige un orario lavorativo di sole
4 ore settimanali circa;
f) che, da ultimo, egli era venuto a conoscenza che la regione Piemonte — per l'Usi To Vili — ha rimborsato all'università,
quali somme a lui pertinenti, non solo lo stipendio del biologo
coadiutore, ma anche le varie indennità tra cui quelle di diri
genza e per strutture specialistiche, nonché l'incentivazione plus
orario, stipendio ed indennità — di cui non trovava riscontro
nella sua busta paga —, onde aveva presentato, in data 15 apri le 1989, al rettore una formale istanza volta ad ottenere la cor
responsione di detta indennità, quantomeno a decorrere dal 1°
gennaio 1986, ma che, con il provvedimento impugnato, era
stata respinta la suddetta richiesta con la motivazione che, es
sendo stato egli equiparato alla qualifica ospedaliera di biologo
coadiutore, doveva effettuare l'orario di servizio previsto nella
Usi per il biologo ospedaliero di 36 ore settimanali e che l'osser
vanza di detto obbligo costituiva condizione imprenscindibile
per la corresponsione dell'indennità;
g) che, contraddittoriamente, l'università ha continuato a sol
lecitare l'opzione per il regime d'impegno d'orario scelto, da
ultimo ancora quella esercitata con riferimento al tempo defini
to, per il biennio 1989/91. (Omissis) Diritto. — Il ricorso in appello è infondato.
Non sussiste, anzitutto, il vizio di violazione di legge dedotto
con il primo motivo.
Non è dubbio che il dott. Cassader era e continuava ad esse
re, alla data di proposizione del ricorso, un ricercatore universi
tario con tutte le prerogative di tale posizione e con il diritto
di optare, a norma dell'art. 1 1. 158/87, tra il regime lavorativo
a tempo pieno (350 ore annue) e quello a tempo definito (200 ore annue). Dalla suddetta situazione relativa allo stato giuridi co del dr. Cassader e dal mancato rinvenimento, nella conven
zione, riconfermata il 28 maggio 1985, tra la regione Piemonte
e l'università degli studi di Torino per il servizio del personale universitario presso le Usi, di alcuna norma che disciplina l'ora
rio di lavoro del personale universitario docente (professori e
ricercatori) diverso da quello medico (come, ad es., il biologo) non è dato legittimamente trarre alcuna conclusione relativa al
l'applicazione della normativa prevista dall'art. 7 di detta con
venzione (che stabilisce che «i diritti ed i doveri, che, per la
parte assistenziale, il personale medico universitario assume, so no quelli previsti dall'art. 35 d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761,
per il personale di pari o corrispondente qualifica del ruolo re
gionale, fatte salve le norme del proprio stato giuridico, a nor
ma di quanto previsto dall'art. 102 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382»)
per i docenti universitari biologi, oltre che per i medici. Al riguardo, non è, infatti, di alcuna conferma di detta inter
pretazione estensiva il titolo del citato art. 7, riferentesi generi camente al «personale universitario che presta servizio presso cliniche ed istituti universitari di ricovero e cura convenziona
ti», atteso che l'ambito esatto di detta norma della convenzione
è specificato dal suindicato contenuto di essa, in cui non figura il personale universitario non medico.
Ciò premesso, se al dr. Cassader non può essere negato —
come non è stato negato — il diritto di optare, come ricercatore
universitario confermato, per il regime lavorativo a tempo defi
nito, non può, peraltro, ritenersi che dall'intervenuta equipara zione — con decreto del rettore dell'università degli studi di
Torino n. 40508/8 del 16 maggio 1989 a norma dell'art. 2 1. 200/74 — all'attuale qualifica ospedaliera di biologo coadiuto
re, decimo livello, discende pure che al medesimo spettino per
questa equiparazione, in mancanza dell'osservanza dell'orario
li Foro Italiano — 1995.
di servizio del biologo ospedaliero, le speciali indennità previste
dall'at. 51 d.p.r. 270/87 per la qualifica ospedaliera di equipa
razione, oltre alla indennità di plus-orario, ove esso venga os
servato.
Atteso, invero, che il d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270 fa riferi
mento al possibile svolgimento di attività a tempo pieno od a
tempo definito soltanto per l'«area medica», risulta evidente
che, per il personale universitario medico, l'adeguamento del
trattamento economico a quello del personale ospedaliero può
articolarsi, con riferimento al regime di impegno a tempo pieno od a quello a tempo definito, ma un siffatto adeguamento non
può verificarsi per il personale universitario non medico, poiché una analoga opzione non è prevista per il personale ospedalie ro. Di conseguenza, legittimamente nel decreto rettorale impu
gnato si afferma l'impossibilità di corrispondere al dott. Cassa
der le indennità risultanti dal decreto di equiparazione fin quando l'interessato non svolga l'orario di servizio dettato per il perso
nale ospedaliero di pari qualifica ed anzianità.
Le censure di appropriazione, da parte dell'università, delle
differenze relative alle somme percepite dalla regione e rispetto alle quali — secondo il ricorrente — essa, a norma dell'art.
13 della convenzione, si deve porre unicamente come tramite,
sono inammissibili perché, a prescindere dal fatto che si tratta
di mera affermazione non concretamente dimostrata e che il
bilancio universitario era soggetto ai controlli di legge prescritti, al ricorrente da tale circostanza non deriva alcun beneficio.
Invero, il mancato diritto alla percezione di dette somme non
risulterebbe comunque modificato dalla menzionata circostanza.
Neppure è fondata la censura dedotta dal secondo motivo.
Non sussiste la dedotta contraddittorietà, in considerazione
del fatto, innanzi rilevato, che il dott. Cassader aveva diritto, come ricercatore universitario, confermato, all'esercizio del di
ritto di opzione, a norma dell'art. 1, 2° comma, d.l. 2 marzo
1987 n. 57, conv. in 1. 22 aprile 1987 n. 158, tra il regime lavo
rativo a tempo pieno e quello a tempo definito, ma non aveva
titolo a percepire le indennità previste, quali risultanti dal de
creto di equiparazione alla qualifica ospedaliera di biologo coa
diutore, decimo livello, in mancanza dell'espletamento dell'ora
rio di servizio previsto per detto personale ospedaliero di pari
qualifica ed anzianità. Giova considerare, altresì', che, non es
sendo prevista l'equiparazione dei biologi con i medici ospeda lieri a tempo definito, è irrilevante, ai fini della corresponsione della indennità di cui innanzi, che il ricorrente svolga lo stesso
orario di servizio dei medici ospedalieri con orario a tempo de
finito, orario notevolmente superiore a quello dei ricercatori uni
versitari a tempo definito.
È anche priva di fondamento la censura dedotta col terzo
motivo. La dedotta disparità di trattamento fra il ricercatore universitario medico convenzionato, che abbia optato per il tempo
definito, ed il ricercatore universitario biologo, convenzionato, che abbia parimenti optato per il tempo definito, non sussiste, trattandosi di due distinte figure professionali in ragione delle
cui distinte peculiarità è prevista una diversa disciplina. Né può fondatamente assumersi che sussiste un'ingiustificata
disparità di trattamento tra il biologo, che presta attività nelle
Usi, ed il biologo, che svolge esclusivamente attività didattica
nell'istituto universitario, con minore impegno orario. Invero, in quest'ultimo caso, trattasi di due distinti settori di lavoro —
ospedaliero e di attività didattica — che concretano situazio
ni non perfettamente comparabili. Al riguardo, pur considerata la tendenziale perequazione re
tributiva del personale laureato, questa non esclude differenze
retributive connesse alle particolari attività svolte.
Non sussiste, anzitutto, ultrapetizione dedotta col quarto mo
tivo nell'avere il tribunale ritenuto di dover preliminarmente esa
minare se il ricorrente era tenuto, al fine di percepire le indenni
tà di cui trattasi, a rispettare il normale orario di servizio previ sto per il personale biologo ospedaliero.
Trattasi, al riguardo, di una valutazione necessariamente pre liminare rispetto a quella della spettanza o meno al medesimo
delle indennità richieste. Atteso che, come lo stesso interessato
riconosce, la possibilità dello svolgimento del rapporto di lavo
ro a tempo pieno od a tempo definito del personale addetto
alle unità sanitarie locali è previsto dall'art. 35 d.p.r. 20 dicem
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
bre 1979 n. 761 (cui rinvia l'art. 7 della convenzione fra regione Piemonte ed università di Torino) solo per il personale medico, non può ritenersi che dette indennità spettanti al biologo coa
diutore ospedaliero di decimo livello, che svolge servizio a tem
po pieno, spettino pure al biologo ricercatore universitario, che
presta servizio, a seguito di opzione espressa, a tempo definito.
Invero, se il medesimo, a norma dell'art. 31 d.p.r. 761/79, cit.,
presta legittimamente servizio a tempo definito, «tenuto conto
degli obblighi derivanti dal suo particolare stato giuridico» (che
gli consente ex art. 1, 2° comma, d.l. 2 marzo 1987 n. 57 l'op zione tra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito), dalle norme richiamate innanzi non è dato ritenere che l'equi
parazione del trattamento economico tra personale universita
rio non medico e personale ospedaliero spetti anche se il ricer
catore universitario presti servizio per un numero di ore inferio
re a quello previsto per il corrispondente personale ospedaliero.
L'appellante assume col quinto motivo contraddittorietà nel
l'avere il tribunale, una volta affermato il legittimo esercizio
della facoltà di ozpione tra il tempo pieno ed il tempo definito
nell'ambito del rapporto di impiego universitario, rilevato che
per il ricorrente sussisterebbe l'obbligo di assunzione delle stes
se mansioni e degli stessi doveri propri del corrispondente per
sonale ospedaliero, con l'esclusività del rapporto ospedaliero,
e che, altresì, dal decreto rettoriale d'equiparazione alla qualifi ca ospedaliera di biologo coadiutore deriverebbe «... l'obbligo
in capo al ricorrente dell'osservanza dell'orario di servizio pre
scritto in 36 ore settimanali dall'art. 16 d.p.r. 20 maggio 1987
n. 270 . . .».
Dal vizio di contraddittorietà discenderebbe anche quello di
ingiustizia manifesta connesso al difetto di motivazione, per non
essere stati presi in esame i relativi motivi di ricorso con riferi
mento alla disparità di trattamento — a parità di stato giuridico — tra la posizione del ricorrente e quella del ricercatore univer
sitario medico — in convenzione — da un canto, e quella del
ricercatore universitario biologo — non in convenzione — dal
l'altro.
Relativamente a detta ultima censura già si è detto che tratta
si di censura infondata, mentre non sussiste, per quanto innanzi
si è rilevato, la dedotta contraddizione, perché, pur se in modo
non eccessivamente chiaro, il tribunale non ha negato il diritto
del ricorrente all'opzione per il tempo definito quale ricercatore
universitario confermato, ma ha solo escluso che gli competes
sero le indennità richieste, in mancanza dell'espletamento di un
servizio orario di 36 ore settimanali come espletato dai biologi
coadiuvanti di decimo livello presso le Usi, servizio orario di
pari entità cui, per il suo stato giuridico, il ricorrente non può
ritenersi tenuto.
Con il sesto motivo si deduce senza fondamento che la sen
tenza, sostenendo l'obbligo del ricorrente di rispettare lo stesso
orario di servizio previsto per il biologo coadiutore dipendente
dalla Usi, costituisce una lesione dei suoi diritti derivanti dalla
qualifica di dipendente universitario persino più grave di quella
derivante dal provvedimento impugnato in cui si chiarisce che
l'osservanza dell'orario di trentasei ore settimanali è in concreto
considerata dall'autorità amministrativa non come connaturata
al rapporto d'impiego, ma come mera condizione per poter ac
cedere alle integrazioni retributive.
Le affermazioni della sentenza impugnata, ritenute lesive dal
la posizione dell'appellante, sono da interpretare, tenendo con
to delle espressioni successive, con le quali si richiama, facendo
riferimento — come evincesi dal contesto — al personale delle
Usi, la giurisprudenza amministrativa, che ha ritenuto legittima
l'esclusiva pertinenza al solo personale medico dell'opzione tra
impegno a tempo pieno ed impegno a tempo definito, confer
mando la legittimità dell'attribuzione in via esclusiva al solo
personale medico dell'indennità medico professionale a tempo
pieno e ritenendo ingiustificato che l'emolumento non sia stato
esteso ad altre posizioni di lavoro.
Da ciò appare che la sentenza abbia intesto affermare soltan
to la non spettanza al ricorrente delle indennità richieste, senza
censurare l'entità del suo impegno di servizio orario, stante l'op
zione legittimamente effettuata quale ricercatore universitario
confermato per il regime di orario a tempo definito. Di conse
guenza, l'orario di servizio svolto dal ricorrente ed accertato
dal rettore — come risulta dall'impugnato provvedimento retto
li. Foro Italiano — 1995.
riale in data 21 giugno 1989 — non è fondatamente censurabile,
siccome non è censurabile l'assunto della non spettanza al ri
corrente delle anzidette indennità, in mancanza dell'espletamen
to, da parte sua, di un servizio per trentasei ore settimanali,
come svolto dai biologi coadiuvatori.
Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto e per l'ef
fetto deve essere confermata la sentenza appellata.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 2 marzo 1994, n. 120; Pres. Anelli, Est. Volpe; Olivieri, Aristotile (Avv.
Schwarzenberg) c. Iarussi (Aw. Antonino) e Comune di
Forlì del Sannio. Conferma Tar Molise 23 febbraio 1982, ri. 41.
Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione di terzi — Legittimazione — Fattispecie (L. 6 agosto 1967
n. 765, modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 ago sto 1942 n. 1150, art. 10).
Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione di terzi — Termine (L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 10).
Edilizia e urbanistica — Limiti all'edificabilità — Volumetria — Volumi tecnici (L. 28 gennaio 1977 n. 10, norme sulla
edificabilità dei suoli)
È legittimato ad impugnare la licenza edilizia chiunque si trovi
in una condizione di stabile collegamento con la zona edifi
cando, senza necessità di dimostrazione di alcun danno parti colare (nella specie, si è riconosciuta la legittimazione del pro
prietario di fondo limitrofo, che pur non aveva residenza ana
grafica nel comune). (1) Il termine per l'impugnazione della licenza edilizia decorre dalla
data in cui l'interessato abbia avuto effettiva e piena cono
scenza del provvedimento, da provarsi in modo rigoroso da
chi eccepisce la tardività dell'impugnazione, per cui, in difet to di altri idonei mezzi di prova e nell'incertezza della data
di ultimazione dei lavori, il ricorso va ritenuto tempestivo. (2)
(1) Sulla legittimazione ad impugnare la concessione edilizia, ex art.
10 1. 6 agosto 1967 n. 765, in virtù di un collegamento non effimero
con la zona interessata alla costruzione assentita, cfr. Cons. Stato, sez.
V, 30 luglio 1993, n. 812, Foro it., 1994, III, 286 e 27 maggio 1993, n. 633, ibid., 238, con nota di richiami, ed anche sez. V 3 giugno 1994, n. 603, Giur. it., 1994, III, 1, 629; 17 gennaio 1994, n. 29, Cons. Stato,
1994, I, 33.
(2) Per quanto riguarda il termine di impugnazione, vedi la nota di
richiami a Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 1993, n. 633, Foro it., 1994,
III, 238, ed anche sez. V 17 gennaio 1994, n. 29, Cons. Stato, 1994,
I, 33; 13 luglio 1994, n. 748, ibid., 1056; 27 maggio 1994, n. 577, ibid.,
781; 3 giugno 1994, n. 603, Giur. it., 1994, III, 1, 629, tutte ispirate al principio della decorrenza dal momento della piena conoscenza del
provvedimento, peraltro difficilmente identificabile, e della conseguente necessità di far ricorso a diversi elementi indizianti, purché inequivoci.
Per piena conoscenza della concessione s'intende la consapevolezza
degli estremi essenziali di essa, ossia l'autorità emanante, la data di
rilascio e il contenuto del progetto approvato (Cons. Stato, sez. V, 26
febbraio 1992, n. 143, Foro it., 1992, III, 374, con nota di richiami,
cui adde, Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 1990, n. 890, id., Rep.
1991, voce Giustizia amministrativa, n. 309, ed anche sez. V 9 aprile
1994, n. 275, Giur. it., 1994, III, 1, 629; 27 maggio 1994, n. 577, cit.; 15 luglio 1994, n. 1181, Cons. Stato, 1994, I, 1113; 22 novembre 1993, n. 1169, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 308) ed anche dell'esatto
contenuto prescrittivo del provvedimento (Cons, giust. amm. sic. 28
dicembre 1990, n. 447, id., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 540). Nell'ambito della soluzione indiziaria, che fa coincidere la conoscen
za della concessione con l'ultimazione dei lavori, si è ritenuto, confor
memente alla decisione in epigrafe, che non è sufficiente il completa mento del rustico esterno (Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 1994, n. 120, Riv. giur. edilizia, 1994, I, 567), o il semplice inizio dei lavori (Tar
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