Sezione VI; decisione 5 luglio 1961, n. 595; Pres. Aru P., Est. Anelli; Giorgianni (Avv. Dedin) c.Ministero della pubblica istruzione (Avv. dello Stato Simi), Palazzolo ed altri (Avv. Sorrentino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 91/92-93/94Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150370 .
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01 PARTE TERZA 02
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione VI ; decisione 5 luglio 1961, n. 595 ; Pres. Aru P.,
Est. Anelli ; Giorgianni (Avv. Dedin) c. Ministero
della pubblica istruzione (Avv. dello Stato Simi), Palaz
zolo ed altri (Avv. Sorrentino).
Istruzione pubblica — Concorso a cattedre universi
tarie — Commissione giudicatrice — Componenti — Docente di materia strettamente aitine — Giu
dizio sulla stretta affinità — Competenza — Con
trollo ministeriale — Limiti — Fattispecie (L. 13 luglio 1954 n. 439, disposizioni sui concorsi a cattedre
universitarie, art. 4).
Il giudizio di stretta affinità, di cui all'art. 4 della legge 13
luglio 1954 n. 439, spetta al corpo accademico chiamato
a designare, fra i professori della materia a concorso o di
materia strettamente affine, i componenti la commissione
giudicatrice del concorso a cattedra universitaria, e non
al Ministro per la pubblica istruzione ; al quale, però,
compete il controllo di mera legittimità (comprendente,
quindi, anche la logicità di quel giudizio, implicita mente dato dal corpo elettorale che abbia eletto un professore di materia diversa da quella posta a concorso), da eser
citarsi mediante atto che deve essere motivato, in modo da
consentire all'autorità giurisdizionale di conoscere e sin
dacare il criterio seguito nel rinvenire un vizio logico nella
ritenuta stretta affinità fra due materie, salvo il caso di
illogicità manifesta (nella specie, è stata ritenuta non ma
nifestamente illogica la stretta affinità fra filosofia del
diritto e storia dei partiti e movimenti politici, e pertanto
illegittimo il decreto ministeriale che senza motivazione
non aveva chiamato a far parte della commissione esami
natrice di un concorso a cattedra della prima materia un
professore della seconda eletto dal corpo accademico). (1)
La Sezione, ecc. — A norma degli art. 1 e 3 della legge 13 luglio 1954 n. 439, le commissioni giudicatrici dei con
corsi a cattedre universitarie sono designate, mediante
elezione, dai professori di ruolo e fuori ruolo componenti il consiglio delle facoltà cui appartiene la materia a con
corso e dai professori di ruolo e fuori ruolo, titolari in altre
facoltà della disciplina a concorso e di disciplina affine, da determinarsi con decreto del Ministro per la pubblica istruzione, su conforme parere della I Sezione del Consiglio
superiore della pubblica istruzione.
Soggiunge l'art. 4 che « ciascun votante ha diritto di
includere nella sua scheda due nomi di professori, di ruolo
o fuori ruolo, ordinari della materia a concorso o di materia
strettamente affine » e « il Ministro chiama a far parte della commissione i cinque che hanno raggiunto il maggior numero di voti, in possesso dei requisiti di cui alla presente legge ».
La questione di diritto sottoposta all'esame della Se
zione concerne appunto l'interpretazione di quest'ultima norma, ai fini dell'esatta individuazione della natura, del
contenuto e dei limiti dei poteri ministeriali in tema di costi tuzione della commissione.
Nella specie il Ministro non ha chiamato a far parte della Commissione giudicatrice di un concorso a cattedra di filosofia del diritto uno dei cinque professori eletti, perchè
(1) Interpretando il medesimo art. 4 della legge n. 439 del
1954, il Cons. Stato, Sez. VI, 24 giugno 1959, n. 459, Foro it.,
Rep. 1959, voce Istruzione pubblica, n. 6, ha parimenti ritenuto che la valutazione di stretta affinità (nella specie, fra le materie di igiene e di malattie infettive) sia soggetta a sindacato di legit timità, esteso al profilo logico.
Analogamente, circa il giudizio di attinenza o affinità di materie ai fini della scelta dei componenti una commissione
giudicatrice di concorso ospedaliero, Sez. V 15 febbraio 1957, n. 33, id., Rep. 1957, voce Concorso ad un impiego, n. 125.
La presente decisione è annotata da E. Cannada Bartoli, in Foro amm., 1961, I, 1491,
lia ritenuto non strettamente affine la materia da lui inso
gnata. Secondo la tesi principale avanzata dal ricorrente, il
giudizio tecnico discrezionale sulla stretta affinità delle
materie è dalla legge rimesso al corpo elettorale, ed il Mi
nistro non può sindacarlo nè sostituirgli il proprio giudizio, eventualmente diverso. Secondo le parti resistenti, invece, il giudizio sulla stretta affinità è di competenza del Mi
nistro, cui spetta di accertare negli eletti il possesso di
tutti i requisiti prescritti dalla legge e, quindi, anche quello della titolarità di cattedra riguardante disciplina stretta
mente affine a quella messa a concorso. E tale giudizio, a
carattere tecnico discrezionale, non avrebbe bisogno di
alcuna motivazione nè potrebbe essere sindacato in questa sede di legittimità, siccome involgente un giudizio di puro merito.
Ad avviso della Sezione nessuna di codeste tesi merita
accoglimento. Giova, in proposito, sottolineare che su un punto al
meno le parti sono sostanzialmente concordi : nel ricono
scere che il giudizio sulla stretta affinità implica una valu
tazione tecnico-discrezionale, ossia che la norma, che tale
giudizio contempla, non ha carattere rigido ma elastico, non tracciando limiti determinati e precisi alla fattispecie considerata. Tale opinione è conforme all'orientamento
giurisprudenziale di questo Consiglio in tema di affinità
di disciplina, onde la Sezione non ha ragioni per non con
dividerla.
Posto così l'accento sull'elasticità del criterio, deve
rilevarsi come sul giudizio tecnico discrezionale sia confi
gurabile un duplice tipo di sindacato : uno circoscritto alla
sola legittimità, che non importa un rifacimento del giu dizio, ma soltanto un controllo sotto il profilo formale e
sotto il profilo logico, ed uno esteso al merito, intesa que st'ultima espressione nel senso che l'autorità, che il sinda
cato esercita, possa rifare essa autonomamente il giudizio da altro soggetto compiuto e sostituire quindi a questo un
proprio diverso giudizio, purché non illogico e col rispetto, beninteso, delle forme di legge. In questa seconda ipotesi, in definitiva, la valutazione tecnico-discrezionale è affidata
all'autorità controllante che può sovrapporre il proprio al giudizio del soggetto controllato, ancorché questo si
mantenga nei limiti della logicità ; nella prima ipotesi, invece, gode dell'elasticità del criterio il soggetto control
lato e non quello controllante.
Orbene, le tesi in linea principale avanzate dalle parti contendenti possono così sintetizzarsi. Per il ricorrente,
poiché l'art. 4 a ciascun votante attribuisce il « diritto »
di votare professori di materia strettamente affine, gli con
ferisce altresì implicitamente ma sicuramente anche la
competenza al giudizio di stretta affinità e nessun potere di controllo, di nessuna natura, assegna al Ministro. Per i resistenti, invece, il Ministro è competente a rifare il
giudizio sulla stretta affinità, esercita cioè un controllo
che potrebbe (a parte la proprietà tecnica dell'espressione) considerarsi e di legittimità e di merito ; tale suo giudizio, che non abbisogna di alcuna motivazione, deve prevalere su quelli eventualmente diversi del corpo elettorale nè è
sindacabile, se non nei limiti della logicità, dinanzi a questo
Consiglio. Ma la Sezione, come già si è accennato, non ritiene di
poter aderire nè all'una nè all'altra di codeste tesi estreme :
non alla prima, poiché, dovendo il Ministro accertare
negli eletti il possesso dei requisiti di legge, la spettanza di un controllo di legittimità (esteso, quindi, anche alla lo
gicità del giudizio di stretta affinità implicitamente dato dal
corpo elettorale, che abbia eletto un insegnante di disciplina diversa da quella posta a concorso) non potrebbe in alcun
caso essergli negata ; non alla seconda, poiché l'esame
delle norme contenute nella legge n. 439 induce a ritenere
che oltre tale controllo di legittimità il Ministro non possa andare e non possa sostituirsi al giudizio del corpo eletto
rale, quando questo non sia inficiato da vizi di logicità. Invero, il principio informatore della legge, quale può
desumersi dal contesto di questa e com'è confermato dai
lavori parlamentari, è stato quello dell'unità della fonte di
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93 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
scelta dei commissari e del riconoscimento della più piena autonomia del corpo elettorale, principio che verrebbe invece vulnerato ove si ammettesse la possibilità per il Ministro di invalidare l'elezione in base a considerazioni diverse da quelle di pura legittimità e secondo un'elasticità di criteri che, quanto più ampia fosse, tanto più sminui rebbe l'anzidetta autonomia.
Avvalorano tale interpretazione :
a) l'espressione usata dall'art. 4 (« ciascun votante ha diritto di includere . . . nomi di professori. ... di ma teria strettamente affine »), corrispondente, d'altronde, a
quella contenuta nel precedente decreto legisl. luog. 5
aprile 1945 n. 238, in cui il termine « diritto » (non importa fino a qual punto tecnicamente esatto) induce ad escludere che il contenuto dei poteri del corpo elettorale sia condizio nato ad una valutazione tecnico-discrezionale di altro sog getto, condotta in base a criteri ampiamente elastici ;
b) la considerazione che la legge non considera il Ministro l'organo più idoneo ad esprimere un siffatto giu dizio, tanto che, per la determinazione delle discipline affini agli effetti della individuazione del corpo elettorale,
giudizio certo meno tecnico di quello della stretta affinità, si rimette esclusivamente al giudizio del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Sezione prima), cui il Ministro deve necessariamente conformarsi (art. 2) ; la circostanza che l'art. 4 non prevede che il Ministro senta il parere del
Consiglio superiore in sede di costituzione delle commis
sioni, denota, raffrontata conia menzionata norma dell'art.
2, che qui il sindacato che il Ministro è chiamato ad eser citare non è così penetrante da richiedere un giudizio dis
crezionale, ma si limita al solo profilo della legittimità ;
c) l'ulteriore considerazione che, se il legislatore avesse voluto attribuire al Ministro il potere di determinare discre zionalmente l'elettorato passivo, attraverso il suo autonomo
giudizio tecnico discrezionale sulle materie strettamente
affini, avrebbe logicamente previsto, quanto meno, una
determinazione preventiva rispetto alle votazioni. Quanto,
poi, alle forme in cui il controllo del Ministro deve eserci
tarsi, l'esigenza di una esauriente motivazione non pare possa essere contestata, in modo che sia consentito all'au torità giurisdizionale di conoscere e sindacare il criterio
seguito nel rinvenire un vizio logico nella ritenuta stretta affinità delle due materie. Ed è naturale che la predetta esigenza sarà tanto minore quanto più evidente sarà l'il
logicità del giudizio di stretta affinità implicitamente com
piuto dai votanti (sì che, ad esempio, sarà sufficiente la
semplice enunciazione che le materie non sono strettamente
affini, quando, ipotesi, peraltro, assai poco verosimile, fosse
eletto per il concorso di filosofia del diritto un professore di statistica).
Di conseguenza, il Ministro avrebbe potuto escludere il prof. Perticone, qualora avesse ritenuto che non potesse
logicamente considerarsi strettamente affine alla filosofia
del diritto la materia da lui insegnata (storia dei partiti e movimenti politici). Ma poiché, nella specie, l'illogicità non
può ritenersi di tale evidenza da render superflua l'enuncia zione del criterio, in base al quale è stata desunta, tanto
più che altre materie che con quella insegnata dal Perti
cone presentano evidenti affinità (ed in ispecie, la storia
delle dottrine politiche) sono state dal Ministero, attraverso
il riferimento ad un precedente parere del Consiglio su
periore, considerate strettamente affini alla filosofia del
diritto, una motivazione occorreva che rendesse palese il
criterio seguito. Il Ministro, invece, nessuna specifica moti
vazione ha dato, nè l'elenco delle materie ritenute stretta
mente affini, nel quale consiste e si esaurisce il predetto
parere del Consiglio superiore, consente di individuarne il
criterio informatore.
Nè potrebbe giovare a dare la motivazione all'impu
gnato provvedimento di esclusione del prof. Perticone il
secondo parere del Consiglio superiore, in data 11 dicembre
1959, essendo questo successivo al provvedimento suddetto ; a parte la considerazione, già posta in rilievo, che l'atto del
Ministro e quello del corpo consultivo che egli ritenga even
tualmente di sentire, devono avere ad oggetto, non un
nuovo autonomo giudizio tecnico discrezionale, ma il con
trollo della logicità del giudizio che è implicitamente alla base dei risultati delle elezioni.
Si appalesa perciò meritevole di accoglimento il profilo di difetto di motivazione dedotto con il primo motivo ag giunto.
Le censure non esaminate sono da considerare assor
bite, salvo quella adombrata col secondo motivo dell'ori
ginario ricorso e sviluppata col secondo motivo aggiunto, secondo cui il preventivo parere del Consiglio superiore avrebbe turbato e perciò renderebbe illegittima anche la
preliminare fase delle votazioni, censura che peraltro è
infondata, nulla impedendo al Ministro, in qualsiasi mo
mento, di chiedere il parere del proprio organo di consulenza
tecnica, senza che ciò possa costituire ragione di pertur bamento delle votazioni.
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione y ; decisione 3 giugno 1961, n. 235 ; Pres. Gallo
P., Est. Vozzi ; Follo (Avv. Zini Lamberti, Sequi), Deslese ed altri (Avv. Guillot, Bodda) c. Finanze
(Avv. dello Stato Bronzini) e Comune di Torino (Avv. Borda, Rossini, Astuti).
Tasse e imposte comunali — Contributi di miglioria — Provvedimento istitutivo — Discrezionalità —
Limiti (R. d. 14 settembre 1931 n. 1175, t. u. per la finanza locale, art. 241).
Tasse e imposte comunali — Contributi di miglioria •— Varie zone del comune —- Istituzione con prov vedimenti diversi — Valutazione dell'incremento
di valore in relazione a date diverse — Legit timità — Condizione (R. d. 14 settembre 1931 n.
1175, art. 241). Tasse e imposte comunali — Contenzioso — Con
tributo di miglioria generica — Natura di con
tributo o di imposta — Incompetenza del Con
siglio di Stato (R. d. 14 settembre 1931 n. 1175, art. 241).
La istituzione del contributo di miglioria generica da parte dei comuni è discrezionale sia rispetto alV an, sia rispetto al quantum, ma purché non oltrepassi il limite massimo,
fissato per legge nel 15%, del maggior valore delle aree. (1) È legittimo il provvedimento istitutivo del contributo di
miglioria generico, ancorché riguardi una sola parte del territorio del comune e, per le varie zone di esso, fissi date diverse a partire dalle quali deve tenersi conto dei
trapassi di proprietà soggetti a contributo, ove alla di
versità di data corrispondano diverse condizioni obiet
tive. (2)
Sfugge alla giurisdizione del Consiglio di Stato la con
testazione della legittimità della imposizione di contributi
generici di miglioria, perché imposti a persone che non
sono più proprietarie di aree edificabili alla data di isti
tuzione del contributo, ed in misura tale da superare le somme impiegate dal comune per la realizzazione
dell'opera pubblica. (3)
(1) Conf. Cass. 27 marzo 1940, n. 975, Foro it., 1940, I, 1235, con nota di richiami, cui adde R. Rossini, Aspetti e limiti del
contributo di miglioria generica, in Nuova rass., 1957, 177.
(2) In senso contrario, con riferimento al contributo di
miglioria specifica, ma con argomenti che sembrano validi anche
per l'ipotesi di istituzione del contributo di miglioria generica, cfr. Cass. 27 marzo 1940, n. 975, citata sub nota 1, e, in dottrina
Turchiarulo, Carattere del contributo di miglioria specifica ai
sensi degli art. 236 segg. del t. u. sulla finanza locale, reale o per sonale, in Giur. it., 1940, 1, 1, 484.
(3) Non constano precedenti specifici editi.
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