sezione VI; decisione 7 aprile 1997, n. 559; Pres. Salvatore, Est. Allegretta; Comune di Ancona(Avv. Galvani) c. Min. beni culturali e ambientali (Avv. dello Stato Gentile), Comune di Pergola(Avv. Brusciotti), Provincia di Pesaro e Urbino (Avv. Buonassisi) ed altro. Conferma TarMarche 13 ottobre 1994, n. 277Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 9 (SETTEMBRE 1997), pp. 433/434-437/438Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191737 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Avverso tale decisione, l'amministrazione proponeva ricorso
per cassazione, sostenendo il difetto di giurisdizione del giudice che l'aveva pronunciato.
In data 2 febbraio 1996 l'interessato notificava all'ammini
strazione diffida ad adempiere. Decorsi inutilmente i trenta giorni fissati per l'adempimento,
l'interessato ricorreva a questa sezione per l'ottemperanza. Ciò premesso, si osserva come la sezione ritenga possibile non
seguire la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato in
ordine all'inammissibilità del giudizio di ottemperanza avente
ad oggetto una decisione contro cui sia stato proposto ricorso
per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (ex art. 36
1. 6 dicembre 1971 n. 1034). Se è vero, infatti, che:
a) l'art. 37 della legge testé citata disciplina «ricorsi... diretti
ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministra
tiva di conformarsi al giudicato degli organi di giustizia ammi nistrativa» (estendendo espressamente alla decisione dei giudici amministrativi la disciplina contenuta nell'art. 27, n. 4, r.d. 26
giugno 1924 n. 1054, e relativa al solo giudicato dei giudici or dinari, estesa comunque dalla giurisprudenza anche al giudicato dei giudici amministrativi);
b) «s'intende passata in giudicato» (art. 324 c.p.c.)... «la sen
tenza che non è più soggetta a regolamento di competenza, né
ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c.»;
è pur vero che;
1) la nozione di giudicato in senso formale, data dal codice
di procedura civile, s'inquadra in un sistema processuale (civili
stico) che contempla istituti non tutti identici a quelli contem
plati dal sistema processuale amministrativo (ove, ad esempio,
il ricorso per cassazione è previsto per i soli motivi attinenti
alla giurisdizione e non anche per tutti gli altri previsti dall'art.
360 c.p.c.); 2) la precedente giurisprudenza (che ammetteva il giudizio d'ot
temperanza anche in presenza di un ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione) ravvisava nel giudicato am
ministrativo non tanto la stessa veste formale del giudicato civi
le (ex art. 32 c.p.c.), quanto la forza esecutiva di una sentenza
non più soggetta ad appello (se di Tar, in avvenuto decorso
del termine per l'ordinaria impugnazione al Consiglio di Stato)
o di una sentenza confermata in appello o di una decisione d'ap
pello — anche se di riforma — e comunque definitiva;
3) l'efficacia esecutiva di una sentenza o di una decisione giu risdizionale amministrativa (non più soggetta ad appello, se di
primo grado, o soggetta solo a revocazione, ricorso per cassa
zione per motivi di giurisdizione o — anche, ora — opposizione
di terzo) s'intendeva rafforzare, ammettendo il giudizio d'ot
temperanza (anche al fine di scoraggiare ricorsi per cassazione
aventi, purtroppo e spesso, fini meramente dilatori);
4) l'esigenza di tutela effettiva e tempestiva dei destinatari
di decisioni giurisdizionali, pur in pendenza dei rimedi impu gnatori consentiti dall'ordinamento a tutela del soccombente, ha ispirato disposizioni fondamentali dell'attuale codice di pro cedura civile, come ad esempio quella (art. 282) sulla provviso ria esecutività della sentenza di primo grado (che può, tuttavia,
essere sospesa, per gravi motivi, dal giudice d'appello: art. 283)
e quella (art. 373) sulla esecutività della sentenza anche se im
pugnata con ricorso per cassazione (con la connessa facoltà di
chiedere la sospensione della esecuzione per pericolo di grave
e irreparabile danno);
5) il sistema processuale civilistico, al quale pure si attinge
per individuare le ipotesi del formarsi della cosa giudicata for
male, contiene, nel momento presente, congegni che assicurano
l'esecutività anche di decisioni non passate in giudicato (con
l'equo temperamento della possibilità di sospensiva a tutela del
l'altra parte);
6) il sistema processuale amministrativo, che pure attinge a
principi processualcivilistici (v. cosa giudicata formale), non con tiene rimedi formalmente identici a quelli testé citati e previsti a tutela del destinatario di decisione favorevole e non ancora
passata in giudicato, ma contiene pur sempre il rimedio del giu
dizio di ottemperanza che, interpretato come lo fu saggiamente
dalla precedente giurisprudenza, ed interpretato ora non tanto
alla luce di esigenze formali (cosa giudicata in senso formale),
Il Foro Italiano — 1997.
bensì alla luce delle esigenze di effettività e tempestività della
tutela delle posizioni riconosciute in una decisione esecutiva ma
non ancora passata in giudicato, può ben assolvere alla funzio
ne propria dei più moderni istituti processuali civilistici (testé
citati); 7) l'esigenza di estendere il giudizio di ottemperanza anche
alle ipotesi di pronunce esecutive non ancora passate in giudica- •
to è stata, del resto avvertita dall'autorità giudiziaria in occa
sione del parere 8 febbraio 1990 espresso sullo schema di dise
gno di legge sulla riforma del processo amministrativo e potreb be essere soddisfatta con una più avveduta interpretazione dell'esistente.
Tanto indurrebbe a rivedere l'attuale orientamento giurispru denziale (anche in considerazione del fatto che, in circostanze
come quella che ha dato luogo alla controversia de qua, la deci
sione della cui esecuzione si tratta ha elaborato una regola di
condotta che non lascia all'amministrazione alcun margine di
discrezionalità, sì da indurre a ritenere che il proposto ricorso
per cassazione mascheri un effettivo intento dilatorio e miri so
lo a non assicurare al ricorrente vittorioso quel bene giuridico che la decisione del Consiglio di Stato pur intendeva assicurargli).
La sezione rileva, tuttavia, che un mutamento giurispruden ziale fondato sulle ragioni testé esposte, oltre che dar luogo a
contrasto con l'attuale giurisprudenza, potrebbe dar luogo (se non seguito, come è sempre probabile, da altre decisioni e da
altre sezioni) a futuri contrasti giurisprudenziali. Di conseguen
za, ex art. 45 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, rimette d'ufficio
il ricorso all'adunanza plenaria.
CONSIGLIO DI. STATO; sezione VI; decisione 7 aprile 1997, n. 559; Pres. Salvatore, Est. Allegretta; Comune di An
cona (Aw. Galvani) c. Min. beni culturali e ambientali (Aw. dello Stato Gentile), Comune di Pergola (Avv. Brusciotti), Provincia di Pesaro e Urbino (Aw. Buonassisi) ed altro. Con
ferma Tar Marche 13 ottobre 1994, n. 277.
Antichità a belle arti — Cose d'interesse artistico e storico —
Reperti archeologici — Collocazione — Scelta del museo —
Discrezionalità (R.d. 30 gennaio 1913 n. 363, regolamento di
esecuzione delle leggi 20 giugno 1909 n. 364 e 23 giugno 1912
n. 688 per le antichità e belle arti, art. 121; 1. 1° giugno 1939
n. 1089, tutela dele cose di intersse artistico o storico, art.
44, 46; 1. 8 giugno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie
locali, art. 2).
Pur dovendosi riconoscere al comune, in qualità di ente espo
nenziale, la legittimazione ad agire per la tutela dell'interesse
culturale della propria comunità alla conservazione in loco
di reperti archeologici, la scelta dell'istituto museale governa
tivo in cui collocarli, di competenza del ministero per i beni
culturali e ambientali, è contrassegnata da ampia discrezio
nalità. (1)
(1) Si tratta del primo riconoscimento del comune, quale ente espo nenziale della comunità territoriale, ad agire in giudizio per la tutela
di interessi culturali, connessi a cose d'interesse storico-artistico reperite nel territorio. La fattispecie oggetto della decisione, per la verità, capo
volge la casistica verificabile in materia di conservazione delle «memo
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PARTE TERZA
Diritto. — 1. - Giova premettere in fatto che i cosiddetti «bron
zi di Cartoceto», gruppo statuario di bronzo dorato di epoca
romano-imperiale, rappresentante congiunti dell'imperatore Ti
berio, furono rinvenuti nel 1946 nel territorio di Pergola. Dopo il recupero ed il primo restauro, il gruppo statuario fu assegna to per essere esposto al pubblico al museo archeologico delle
Marche con sede in Ancona, dove rimase fino al 1976, allorché
fu trasportato a Firenze nel centro di restauro della soprinten denza archeologica della Toscana.
Ultimato il restauro, il gruppo statuario fu esposto presso il museo archeologico di Firenze. Successivamente, con fono
gramma n. 6147 del giorno 1° luglio 1988, il ministro per i
beni culturali ed ambientali ne consentì l'esposizione nell'ambi
to di una mostra allestita dal comune di Pergola dal 25 luglio al 25 ottobre 1988.
Contro questo provvedimento il comune di Ancona ha pro
posto il primo ricorso contrassegnato con il n. 1026 del 1988.
Con decreto ministeriale del 24 febbraio 1989 viene istituito
in Pergola un centro operativo museale misto sotto la giurisdi zione delle soprintendenze ai beni culturali delle Marche, al quale viene destinato il gruppo statuario in questione con il decreto
ministeriale del 30 giugno 1993, oggetto del secondo ricorso iscrit
to al n. 1493 del 1993.
2. - Tanto premesso, può passarsi all'esame del primo motivo
di appello, col quale il comune di Ancona contesta la dichiara
zione d'inammissibilità in cui si esaurisce la sentenza impugnata
riguardo al ricorso n. 1493 del 1993.
Il tribunale ha così ritenuto perché, attesa l'estrema latitudine
dei poteri discrezionali esercitabili in materia dall'amministra
zione dei beni culturali, non limitati dalla legge o comunque
rie locali», essendo più di frequente il comune in cui sono state ritrova te le testimonianze archeologiche a dolersi della loro collocazione in
istituti museali di altre città. Nella specie, il comune di Ancona aveva
impugnato la decisione di collocare i «bronzi di Cartoceto» nell'isti tuendo museo di Pergola (nel cui ambito territoriale era avvenuto il
ritrovamento), allegando la migliore attrezzatura tecnica del museo ar
cheologico del capoluogo, ai fini della conservazione dei reperti. Al riconoscimento della legittimazione del comune a ricorrere a tute
la dell'interesse culturale dei propri amministrati, contribuisce la lettura
integrata dei due commi dell'art. 9 Cost., in virtù della quale il patri monio storico-artistico costituisce entità non solo da salvaguardare (se condo la visione sostanzialmente conservatrice della 1. 1089/39), ma an che da utilizzare come strumento di promozione dei consociati: laddove confluiscono le competenze, separate ma volte allo stesso fine, dei vari enti dei quali si compone la repubblica, che è il soggetto cui si rivolge l'art. 9 Cost, (sui conflitti di attribuzione in materia culturale, tra Stato e regioni, v. Corte cost. 1° marzo 1995, n. 70, Foro it., 1995, I, 1101, con nota di richiami).
Sulla legittimazione ad agire per la tutela degli interessi diffusi in materia culturale, v. Benini, Beni culturali e interessi diffusi, id., 1993, III, 100 ss. Sulla legittimazione del comune, quale ente esponenziale, i riconoscimenti giurisprudenziali riguardano, anche prima della 1. 142/90, il settore paesaggistico (Tar Puglia, sez. I, 6 novembre 1989, n. 507, id., Rep. 1990, voce Giustizia amministrativa, n. 697) e ambientale (par ticolarmente in tema di impianti di smaltimento rifiuti, Tar Veneto 28 dicembre 1995, n. 1604, id., Rep. 1996, voce cit., n. 387; Tar Puglia, sez. I, 23 settembre 1995, n. 950, ibid., voce Sanità pubblica, n. 584, Tar Liguria, sez. I, 21 aprile 1993, n. 143, id., Rep. 1994, voce Giusti
zia amministrativa, n. 386), urbanistico-edilizio (Cass. 11 febbraio 1985, Artero, id., Rep. 1986, voce Parte civile, n. 5; 12 marzo 1982, Di Gero
nimo, id., Rep. 1983, voce cit., n. 31), la localizzazione dei servizi (Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 1990, n. 630, id., Rep. 1990, voce Giustizia amministrativa, n. 428; Tar Lombardia, sez. III, 5 novembre 1990, n.
563, id., Rep. 1991, voce cit., n. 415; Trga Trentino-Alto Adige, sez.
Trento, 30 aprile 1991, n. 193, id., 1992, III, 74; Tar Marche 27 agosto 1994, n. 229, id., Rep. 1995, voce Farmacia, n. 45: Tar Friuli-Venezia Giulia 7 giugno 1989, n. 214, id., Rep. 1990, voce Giustizia ammini
strativa, n. 432), l'organizzazione scolastica (Cons. Stato, sez. VI, 24 marzo 1990, n. 401, id., Rep. 1990, voce Comune, n. 204; 26 giugno 1990, n. 674, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 553; Trga Trentino Alto Adige, sez. Trento, 6 ottobre 1993, n. 300, id., Rep. 1994, voce
cit., n. 356), la realizzazione di opere pubbliche (Cons, giust. amm. sic. 24 settembre 1993, n. 311, id., Rep. 1993, voce cit., n. 513).
Sulla discrezionalità dell'amministrazione in materia di riconoscimen to dell'interesse storico-artistico, v. Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre
1995, n. 1362, id., 1996, III, 396, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1997.
procedimentalizzati (salvo la necessità della destinazione in am
bito regionale), la posizione delle amministrazioni comunali nel
cui territorio è ubicato un museo archeologico o storico statale, secondo quanto si legge in sentenza, si configura quale interesse
di mero fatto nei confronti dei provvedimenti ministeriali che
destinano i beni di pregio storico o archeologico all'uno od al
l'altro museo della regione, non trovandosi esse in una posizio ne differenziale idonea alla legittimazione alla impugnazione.
Neppure la qualità di ente esponenziale dell'intera collettività
municipale, dedotta dal comune ricorrente, è stata ritenuta uti
le, non potendo configurarsi nella fattispecie in capo alla collet
tività locale la titolarità di una situazione soggettiva differenzia
ta, alla stregua dei criteri di organizzazione che presiedono al
l'intera disciplina del settore dell'amministrazione per i beni
culturali e ambientali, mentre i lamentati danni a carico delle
attività turistiche ed economiche devono essere valutati quali meri pregiudizi di fatto, insuscettibili di apprezzamento sotto
il profilo giuridico. Il comune appellante, di contro, rivendica la sua legittimazio
ne quale ente esponenziale della collettività municipale ed il suo
interesse all'annullamento di provvedimenti che, a suo dire, ar
recano a quella collettività un danno, non solo di ordine mora
le, ma certamente anche di ordine culturale ed economico.
La censura è in parte fondata.
Con l'art. 2, 2° comma, 1. 8 giugno 1990 n. 142, a norma
del quale «il comune è l'ente locale che rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo», per un verso, è stata sancita la rilevanza per il nostro ordinamento
degli interessi della comunità municipale; per altro verso, si è
provveduto alla loro soggettivizzazione individuando il soggetto
giuridico titolare della funzione della loro cura e tutela. E tale
titolarità è situazione giuridica soggettiva, propria del comune
e diversa da quella di ogni altro soggetto giuridico, pertanto
«personale e differenziata», che lo legittima ad agire in giudizio a tutela degli interessi normativamente affidatigli.
Si evidenzia, inoltre, che la disposizione sopra citata ha attri
buito all'ente comunale, più in particolare, il compito di pro muovere lo sviluppo della collettività di cui è esponente, cosic
ché gli si deve sicuramente riconoscere la legittimazione a ser
virsi di tutti gli strumenti consentiti dall'ordinamento per
perseguire e realizzare l'interesse pubblico che sostanzia detto
compito, tra i quali, evidentemente, anche quelli di reazione
a qualsiasi lesione di quell'interesse od ostacolo all'adempimen to di quel compito.
Con riguardo al caso di specie, non può disconoscersi che
la presenza in loco di un bene di particolare pregio storico
artistico, per la sua immediata fruibilità da parte della colletti
vità che lo ospita, costituisce per questa un motivo di accresci
mento culturale, non privo di ulteriori riflessi di natura diversa
sul suo complessivo sviluppo.
Deve, pertanto, riconoscersi al comune di Ancona la legitti mazione ad agire.
3. - Con i successivi moivi d'appello vengono riprodotti in
questa sede quelli dedotti in primo grado contro il decreto in
data 30 giugno 1993 del ministero dei beni culturali ed ambien
tali, nella parte in cui (art. 4) si dispone che i cosiddetti bronzi
di Cartoceto, una volta restaurati dal laboratorio della soprin tendenza archeologica di Firenze, siano assegnati per esposizio ne permanente al centro operativo museale istituito in Pergola.
Il comune di Ancona sostiene che il provvedimento impugna to sia stato adottato, in violazione e falsa applicazione dei prin
cipi generali in materia, per ragioni di opportunità e senza la
precisazione delle misure atte a garantire la conservazione dei
beni interessati, mentre questi, rientrando tra le cose provenien ti da scavi e da scoperte fortuite, avrebbero dovuto essere desti
nati a norma dell'art. 121 r.d. 30 gennaio 1913 n. 363, al museo di Ancona, adeguatamente attrezzato per assicurarne la conser
vazione e l'integrità. Il decreto ministeriale in questione sarebbe viziato da difetto
di motivazione, oltre che manifestamente illogico, anche per ché, in revoca di precedente determinazione ministeriale del 1958,
assegna il gruppo statuario ad una struttura non ancora operante. Lo stesso procedimento che ha condotto all'adozione dell'at
to sarebbe inficiato dalla omessa comunicazione dell'avvio del
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
procedimento, a norma dell'art. 7 1. 7 agosto 1990 n. 241, alla
soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Ancona, al prefetto, al sindaco di Ancona ed alle altre autorità del ca
poluogo. Sull'atto impugnato si rifletterebbero i vizi che inficierebbero
il parere espresso nella seduta del giorno 1° giugno 1993 dal
comitato di settore per i beni archeologici del consiglio naziona
le per i beni culturali ed ambientali. Il ricorso, tuttavia, dev'essere dichiarato inammissibile.
L'impugnativa è, infatti, diretta a sindacare la scelta operata dal ministero dei beni culturali ed ambientali in ordine alla col locazione del reperto di cui si tratta.
Nell'ipotesi che ricorre nella specie, però, di assegnazione di
beni archeologici, storici ed artistici di proprietà dello Stato ad uno piuttosto che ad altro museo, ovvero di trasferimento dal
l'uno all'altro, l'amministrazione gode della più ampia discre
zionalità, fondata su di una valutazione tecnico-discrezionale
relativa all'idoneità delle strutture a garantire la conservazione
dei beni ed a consentirne la fruizione da parte del pubblico. Unico limite a tale discrezionalità è posto, in materia di cose
provenienti da scavi e da scoperte fortuite, dall'art. 121 r.d.
30 gennaio 1913 n. 363 che le destina ad «istituti governativi della regione donde provengono».
Nel caso in esame tale condizione deve ritenersi soddisfatta,
considerato che la qualifica di «governativo» non può certo di
sconoscersi al menzionato centro operativo museale in Pergola, siccome istituito dallo Stato con apposito decreto 24 febbraio
1989 del ministero dei beni culturali ed ambientali alle dipen denze delle soprintendenze per i beni ambientali ed architettoni
ci, per i beni archeologici e per i beni artistici e storici delle Marche, limitandosi la collaborazione delle amministrazioni pro vinciale di Pesaro-Urbino e comunale di Pergola ai soli profili
logistici ed agli oneri del personale di custodia. Le censure dedotte, allora, nonostante la loro formulazione,
in realta impingono nel merito dell'azione amministrativa e co
me tali non possono sottrarsi alla sanzione dell'inammissibilità.
4. - Del ricorso iscritto al n. 1026 del 1988 il tribunale ha
dichiarato l'improcedibilità per sopravvenuta carenza d'interes
se, essendo venuti meno nelle more del giudizio gli effetti del
provvedimento impugnato, con il quale era stato disposto il tra
sferimento temporaneo del gruppo statuario di cui si tratta dal
museo archeologico nazionale di Ancona al comune di Pergola
per l'allestimento di una mostra dal 25 luglio al 25 ottobre 1988.
Il comune appellante sostiene, invece, di avere ancora interes
se alla decisione, la quale, ove fosse favorevole, lo preservereb be da futuri atti di assegnazioni provvisorie del reperto ad-altro
sito. Ripropone, pertanto, le censure già avanzate in primo grado. Sotto il profilo rappresentato, va condiviso l'assunto del
comune.
Costituisce, invero, orientamento giurisprudenziale ormai co
stante che l'esaurimento dell'efficacia temporanea degli atti im
pugnati, nelle more del giudizio, non genera la sopravvenuta
carenza di interesse al gravame proposto ove permanga l'utilità
discendente dalla retroattività dell'annullamento giurisdiziona
le, specialmente in relazione alla sua idoneità ad impedire una
probabile reiterazione di analoghe determinazioni lesive dell'in
teresse fatto valere in giudizio. Il ricorso di primo grado dev'essere ugualmente dichiarato
inammissibile. L'atto che ne forma oggetto, invero, costituiva la seconda
proroga concessa dal ministero dei beni culturali alla permanen
za del gruppo statuario presso la mostra organizzata in Pergo
la, senza che il comune di Ancona avesse impugnato le prece
denti, pur lamentando una lesione dell'interesse dedotto in giu
dizio identica a quella derivante dai precedenti atti autorizzativi.
5. - La sentenza appellata dev'essere, pertanto, confermata
sia pure con diversa motivazione. L'appello, conseguentemente,
dev'essere respinto.
li Foro Italiano — 1997.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 11 marzo 1997, n. 248; Pres. Catallozzi, Est. Falcone; Min. difesa (Avv. dello Stato Giordano) c. Piccini. Regolamento di competenza.
Giustizia amministrativa — Leva militare — Domanda di di
spensa — Diniego ministeriale — Ricorso — Competenza (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministra
tivi regionali, art. 3).
A mente dell'art. 3, ultimo comma, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, rientra nella competenza del Tar per il Lazio il ricorso propo sto contro il provvedimento ministeriale di reiezione della do
manda di esonero frecte: dispensa) dalla prestazione del servi
zio militare di leva, atteso che l'efficacia di tale atto, emesso
da amministrazione centrale, non è limitata ad una determi
nata circoscrizione territoriale, ma riguarda l'intero territorio
nazionale. (1)
(1) I. - La decisione si inserisce nel solco tracciato da Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 1976, n. 233, Foro it., 1977, III, 75, che per primo ha affermato la regula iuris di cui supra, alla stregua del disposto del
l'art. 3 1. 6 dicembre 1971 n. 1034. Tale risalente decisione era già per venuta a riconoscere la competenza territoriale del Tar Lazio sul pre supposto che l'obbligo della prestazione del servizio militare, che grava su tutti i cittadini atti a portare le armi, non è in alcun modo localizza
to, ma deve essere adempiuto dovunque il cittadino si trovi. Con la
conseguenza che, come non è localizzato l'adempimento della presta zione, così non ha efficacia territorialmente limitata il provvedimento che concede o nega, in relazione alle particolari situazioni prese in con
siderazione dalla legge, l'esonero da tale adempimento. Il principio for
mulato dalla decisione 233/76 è andato consolidandosi nella giurispru denza del massimo organo di giustizia amministrativa ed è stato ribadi
to, da ultimo, da Cons. Stato, sez. IV, 11 marzo 1997, n. 240, Cons.
Stato, 1997, I, 341 (m). In precedenza, in senso conforme, v. Cons.
Stato, sez. IV, 30 luglio 1996, n. 931, Foro it., Rep. 1996, voce Giusti
zia amministrativa, n. 119; 25 settembre 1995, n. 752, id., Rep. 1995, voce cit., n. 116; 15 giugno 1990, n. 490, id., Rep. 1990, voce cit., n. 138; 19 dicembre 1988, n. 1081, id., Rep. 1989, voce cit., n. 120; 2 aprile 1986, n. 201, id., Rep. 1986, voce cit., n. 122; 17 febbraio
1983, n. 86, id., Rep. 1983, voce cit., n. 121; 7 febbraio 1983, n. 62,
ibid., n. 120; 18 giugno 1982, n. 343, id., Rep. 1982, voce cit., n. 138; 14 aprile 1981, n. 338, id., Rep. 1981, voce cit., n. 141; 20 maggio 1980, n. 569, id., Rep. 1980, voce cit., n. 151; 15 gennaio 1980, n.
16, ibid., n. 148; 11 dicembre 1979, n. 1145, ibid., n. 149; 27 novembre
1979, n. 1100, ibid., n. 150; 23 febbraio 1979, n. 125, id., Rep. 1979, voce cit., n. 152; 15 dicembre 1978, n. 1229, ibid., n. 149; 5 dicembre
1978, n. 1114, ibid., n. 150; 30 agosto 1978, n. 824, id., Rep. 1978, voce cit., n. 200; 11 luglio 1978, n. 707, ibid., n. 201; 13 giugno 1978, n. 566, ibid., n. 198. Su tale orientamento, v. G. Tarantini, Efficacia territoriale degli atti e competenza del Tar, in Foro amm., 1981, I, 1620. In sintonia con il medesimo indirizzo si pongono pure altre pro nunce dello stesso consesso di giustizia amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 1° aprile 1996, n. 418, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 109; 12 giugno 1995, n. 449, id., Rep. 1995, voce cit., n. 94; 8 settembre
1987, n. 536, id., Rep. 1988, voce cit., n. 116) che, in materia di prov vedimenti concernenti gli obblighi di leva, assegnano la competenza giu risdizionale al Tar Lazio quando il giudizio verte su un provvedimento ministeriale, mentre la attribuiscono al Tar territoriale allorché l'atto
sia stato emesso da un'articolazione periferica dell'amministrazione mi
litare. Siffatta ripartizione trova fondamento nel disposto degli art. 2
e 3 1. 1034/71 che — ai fini dell'individuazione del giudice competente — si ispirano, rispettivamente, al criterio della sede dell'autorità ema
nante é a quello dell'efficacia territoriale dell'atto impugnato. Sul pun
to, E. Cannada Bartoli, Questioni sul giudizio di competenza territo
riale, in Giur. it., 1996, III, I, 375, rileva che la formula corrente, secondo cui la questione di competenza si decide secondo la natura
e l'efficacia degli atti impugnati, risente della nota tendenza a porre in primo piano nel processo amministrativo l'atto impugnato; l'a. sug
gerisce di convertire tale formula nell'altra e più analitica, che la com
petenza si decide secondo l'impugnazione proposta ossia secondo la do
manda avente ad oggetto l'annullamento di atti amministrativi. In ap
plicazione dei principi formulati dalla giurisprudenza sopra ricordata
v., da un lato, Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 1992, n. 708, Foro
it., Rep. 1992, voce cit., n. 116, che assegna al Tar Lazio la competen za a conoscere delle impugnazioni del tabulato del ministero della dife
sa contenente la chiamata alle armi, dall'altro, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 1982, n. 80, id., Rep. 1982, voce cit., n. 137, che radica
la competenza del Tar Lazio in merito alla controversia concernente
l'impugnazione del precetto di chiamata alle armi collegata con quella dell'atto ministeriale di rigetto del ricorso avverso il diniego di dispensa dal servizio militare di leva.
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