sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Eserciziaeroportuali (Avv. Sandulli, Riguzzi) c. Min. ambiente, Associazione nazionale comuniaeroportuali italiani - Ancai (Avv. Ioannucci) e altri; Soc. Gesac e altri (Avv. Romanelli, Riguzzi)c. Min. ambiente (Avv. dello Stato Spina), Soc. Aeroporti di Roma (Avv. Giampietro) e altri.Conferma Tar Lazio, sez. II bis, 20 aprile 2002, n. ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2005), pp. 417/418-423/424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201761 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
un implausibile ed illegittimo confronto sviluppato con il siste
ma sanzionatorio previsto dal codice penale militare relativa
mente al reato di diserzione.
4.2. - L'amministrazione ha correttamente esercitato il suo
potere, per quanto questo possa essere valutato nei limiti di una
verifica estrinseca condotta secondo il parametro di legittimità. Infatti, da un lato sono stati ben ponderati gli accurati accer
tamenti istruttori svolti in sede amministrativa ed apprezzate autonomamente le implicazioni disciplinari dei singoli e distinti episodi illeciti, che cronologicamente sono venuti all'attenzione
dell'organo disciplinare; dall'altro il giudizio finale di riprove volezza, culminato con la sanzione di destituzione, appare, ad
una estrinseca delibazione, proporzionato e coerente con i tra
scorsi di servizio del Laganà, che sono stati esplicitamente presi in considerazione dal consiglio di disciplina.
La destituzione, ai sensi dell'art. 7, n. 2, d.p.r. n. 737 del
1981, ben può essere inflitta per atti che rivelino mancanza del
senso dell'onore o del senso morale; infine la condotta del La
ganà appare ictu oculi sussumibile anche nella fattispecie divi
sata dal n. 4 dell'articolo in esame, là dove si sanziona con la
destituzione la dolosa violazione di doveri capaci di recare un
pregiudizio grave allo Stato o all'amministrazione della pubbli ca sicurezza; non c'è dubbio, infatti, che tale danno possa ravvi
sarsi anche nella caduta di immagine e di considerazione sociale
dell'istituzione, a cagione della condotta illecita di un suo ap
partenente, ancor più se membro di un corpo di polizia e con
funzioni di elevata responsabilità (al momento dei fatti que st'ultimo svolgeva compiti di capo pattuglia, cfr., in termini, con
riferimento ad appartenente alla polizia di Stato, sez. IV, n. 636
del 1998, cit.). 5. - Scendendo all'esame dei motivi dichiarati assorbiti e ri
proposti dalla difesa dell'appellato, la sezione osserva che en
trambe le doglianze si rivelano palesemente infondate.
Con la prima il Laganà si duole della violazione dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa, essendo stato permesso l'accesso agli atti del procedimento disciplinare con grande ri
tardo riducendo al minimo i termini per la presentazione di una
memoria difensiva.
La censura è inammissibile: a) per carenza di interesse, per ché dalla lettura degli atti del procedimento disciplinare emerge che il Laganà si è difeso nel merito delle accuse; per genericità,
perché non è indicato il termine minimo a difesa che sarebbe
stato violato dall'amministrazione; è infondata nel merito, per ché la richiesta di accesso agli atti da parte del difensore del La
ganà (assistente di polizia Laura Galtieri), è del 12 novembre
2002; la presa visione del fascicolo disciplinare risale al giorno 15 dello stesso mese; mentre la seduta del consiglio di discipli na, che ha proposto al capo della polizia la sanzione della de
stituzione ed alla quale hanno partecipato sia il Laganà che la
Galtieri, è del 25 novembre 2002.
Miglior sorte non tocca al secondo mezzo che lamenta l'o
messa considerazione, da parte del consiglio disciplinare, delle
difese svolte in sede di adunanza dal difensore dell'incolpato. L'assunto è smentito dalla semplice lettura del verbale della
seduta.
6. - In conclusione l'appello deve essere accolto con la con
sequenziale riforma dell'impugnata sentenza ed il rigetto del ri
corso di primo grado.
Il Foro Italiano — 2005.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Esercizi ae
roportuali (Avv. Sandulli, Riguzzi) c. Min. ambiente, Asso
ciazione nazionale comuni aeroportuali italiani - Ancai (Avv.
Ioannucci) e altri; Soc. Gesac e altri (Avv. Romanelli, Ri
guzzi) c. Min. ambiente (Avv. dello Stato Spina), Soc. Aero
porti di Roma (Avv. Giampietro) e altri. Conferma Tar Lazio,
sez. II bis, 20 aprile 2002, n. 3382.
Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Limiti — Zone aeroportuali — Applicabilità — Condizioni (L. 26 ottobre 1995 n. 447, legge quadro sull'inquinamento acustico, art. 2;
d.p.c.m. 14 novembre 1997, determinazione dei valori limite
delle sorgenti sonore, art. 5). Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Obbligo di
predisporre piani di contenimento del rumore — Assenza
di perimetrazione delle fasce di rispetto — Esclusione
(D.m. 29 novembre 2000, criteri per la predisposizione, da
parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli inter
venti di contenimento e abbattimento del rumore). Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Obbligo di ac
cantonamento e impegno di fondi (L. 26 ottobre 1995 n. 447, art. 10; d.m. 29 novembre 2000).
Il d.p.c.m. 14 novembre 1997, sui valori limite delle sorgenti sonore, non si applica all'interno delle c.d. fasce di pertinen za aeroportuali, ma solo ali 'esterno di esse. ( 1 )
Gli obblighi gravanti sulle società di gestione aeroportuale in
relazione ai piani di contenimento del rumore sorgono a par tire dall'individuazione dei confini delle aree di rispetto, di cui al d.m. 31 ottobre 1997; pertanto, in assenza della peri metrazione delle fasce, non sussiste alcun obbligo, non essen
do possibile verificare l'eventuale superamento dei valori li
mite. (2) L'obbligo di accantonare fondi per il risanamento acustico,
previsto dall'art. 10, 5° comma, l. 447/95, scatta a prescinde re dall'effettiva verifica del superamento dei limiti acusti
ci. (3)
(1-3) In senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2005, n.
281, <www.giustizia-amministrativa.it>, a detta del quale la 1. 447/95
condiziona l'obbligo dei gestori delle stazioni aeroportuali di predi
sporre i piani di contenimento e abbattimento dei rumori al supera mento dei valori limite di emissione e di immissione; Tar Lombardia, sez. I, 31 maggio 2001, n. 4149, Foro it., Rep. 2002, voce Sanità pub blica, n. 628, secondo cui gli enti gestori dei servizi pubblici di tra
sporto o delle relative infrastrutture hanno l'obbligo di predisporre e
presentare al comune i piani di contenimento e abbattimento del rumore
nel caso di superamento dei valori di cui all'art. 10, 2° comma, 1.
447/95; Tar Veneto, sez. I, 4 maggio 1999, n. 537, id., Rep. 2001, voce
cit., n. 749, che ha affermato che l'obbligo per gli enti gestori dei servi
zi aeroportuali di predisporre il piano di abbattimento e contenimento
del rumore prodotto dalle attività aeroportuali continua a valere sol
tanto nel caso di superamento dei valori limite di emissione e d'immis sione.
Più in generale, oltre alla perimetrazione delle fasce, specificamente prevista con riguardo agli aeroporti, l'applicabilità della disciplina contro l'inquinamento acustico dettata dalla 1. 447/95 è subordinata alla
preventiva classificazione in zone del territorio comunale, ai sensi del
l'art. 6 1. 447/95 (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, id.,
2003, III, 553, con osservazioni di R. Montanaro, Inquinamento acu
stico e impianti industriali; adde, Tar Toscana, sez. II, 14 febbraio
2000, n. 168, id, Rep. 2001, voce cit., n. 741). Tale azzonamento acu
stico del territorio viene effettuato dal comune mediante i c.d. piani di
zonizzazione, predisposti sulla base dei criteri stabiliti dalle regioni ai
sensi dell'art. 4 legge quadro menzionata, che devono dedicare parti colare attenzione alle situazioni di fatto che presentino profili di criti
cità per la loro vetustà o per le possibili conseguenze dannose per la
salute (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, cit.; 12 novembre
2002, n. 6274, id., Rep. 2003, voce cit., n. 802). In assenza di tale zo
nizzazione, l'art. 8 d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede l'applicazione dei limiti stabiliti dall'art. 6, 1° comma, d.p.c.m. 1° marzo 1991, in via
transitoria ed in attesa dell'adozione dei detti piani, come ribadito dalla
decisione in epigrafe (in senso conforme, Cons. Stato, sez. IV, 880/03,
cit.; in senso contrario, con riferimento ai valori differenziali di emis
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PARTE TERZA
Diritto. — 1. - Preliminarmente deve essere disposta la ri
unione dei due ricorsi, proposti per analoghi motivi avverso la
medesima sentenza.
2. - Oggetto della presente controversia è l'impugnato decreto
del ministro dell'ambiente 29 novembre 2000 (G.U. 6 dicembre
2000, n. 285), recante «criteri per la predisposizione da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di conte
nimento e abbattimento del rumore».
Le ricorrenti sono tutte società di gestione aeroportuale e
contestano quattro punti dell'impugnato decreto:
a) la previsione di piani di contenimento ed abbattimento del
rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture aeroportuali in assenza della fissazione dei valori limite;
b) la previsione di obblighi di accantonamento di risorse fi nanziarie da destinare all'adozione di interventi di contenimento
ed abbattimento del rumore in assenza di un accertato supera mento dei limiti;
c) irragionevolezza e disparità di trattamento tra i diversi ope ratori del trasporto della previsione secondo cui gli obiettivi di
risanamento previsti dal piano di contenimento e abbattimento
del rumore devono essere conseguiti dagli aeroporti entro cin
que anni, mentre per gli altri settori del trasporto tale termine è
di quindici anni; d) irragionevolezza della previsione di un'attività di risana
mento congiunta di più gestori, non coordinata con il menzio
sione di cui all'art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997, Tar Toscana, sez. II, 24 gennaio 2003, n. 39, ibid., n. 850).
Sempre in termini generali, quanto alle conseguenze del superamento dei valori limite previsti dalla normativa sull'inquinamento acustico per l'esercizio di determinate attività produttive, la giurisprudenza ritiene che tale condotta non integri la fattispecie contravvenzionale ex art.
659 c.p., ma sia invece soggetta alla sanzione amministrativa di cui al l'art. 10, 2° comma, 1. 447/95 (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, cit.; Cass. 8 novembre 2002, Romanisio, ibid., voce Quiete
pubblica, n. 4).
Infine, quanto ai rapporti tra la normativa in materia di inquinamento acustico e la disciplina civilistica delle immissioni, la giurisprudenza ha chiarito che la 1. 447/95 ed i relativi decreti attuativi perseguono inte ressi pubblici e disciplinano i livelli di accettabilità delle immissioni sonore nei rapporti tra la pubblica amministrazione ed i privati, per as sicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete. La nor mativa sull'inquinamento acustico prescinde invece da qualsiasi colle
gamento con la proprietà fondiaria ed i rapporti tra privati, disciplinati dall'art. 844 c.c. (Cass. 27 gennaio 2003, n. 1151, ibid., voce Proprie tà, n. 23; nonché, Trib. Catania-Mascalucia 16 aprile 2003, id., 2003,1, 3474, con osservazioni di R. Montanaro, Inquinamento acustico e normale tollerabilità).
In dottrina, sulle tematiche attinenti all'inquinamento acustico in ambito aeroportuale, D. Maffeo, La legge quadro sull'inquinamento acustico e relativi provvedimenti attuativi: dal rumore aereo al rumore
aeroportuale, in Dir. trasporti, 1999. 93; C. De Marzi, Profili di legit timità del regolamento sulla riduzione dell'inquinamento acustico pro dotto da aeromobili civili, id., 2000, 880; M.M. Di Meo, Inquinamento acustico e rumore aeroportuale, in Gazzetta ambiente, 2000, 3; G.
Bozzetto, Il rumore aeroportuale fra decreti e ricorsi al Tar, ibid., 31; V. Calzolaio, L'attuazione della normativa sull'inquinamento acusti co e il rumore aeroportuale, ibid., 7; D. Maffeo, Aeroporto e territo
rio, l'irrisolto conflitto tra le esigenze del traffico e i diritti dei resi denti. Un'analisi comparativa con gli Usa, in Dir. trasporti, 2002, 7; E. Boscolo, La Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di rumore
aeroportuale e salute dei cittadini, in Urbanistica e appalti, 2002, 262; M.A. Mazzola, Inquinamento acustico aeroportuale, aerei non eterei, in Riv. giur. ambiente, 2003, 382.
Infine, in materia di rumore aeroportuale è intervenuto il d.leg. 17
gennaio 2005 n. 13, recante l'attuazione della direttiva 2002/30/Ce re lativa all'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari (Le leggi, 2005,1, 544).
Più in generale, sull'inquinamento acustico, v., per tutti, F. Fracchia,
L'inquinamento acustico, Padova, 2001. In ultimo, si segnala che l'art. 14 1. 31 ottobre 2003 n. 306 (legge
comunitaria 2003), Le leggi, 2003, I, 4015, ha delegato il governo a re
cepire la direttiva 2002/49/Ce del 25 giugno 2002, relativa alla deter minazione e alla gestione del rumore ambientale, che mira a definire «una comune metodologia di calcolo e misurazione del rumore in pros simità degli aeroporti».
Il Foro Italiano — 2005.
nato diverso termine cronologico per la realizzazione dei piani di risanamento.
Con l'impugnata sentenza il Tar ha respinto i ricorsi delle so
cietà aeroportuali, rilevando che:
1) l'art. 10, 5° comma, 1. 447/95 ha previsto l'obbligo, anche
per le società di gestione aeroportuale, di predisporre piani di
contenimento e di abbattimento del rumore in caso di supera mento dei valori limite di emissione e di immissione; tali valori
sono stati fissati anche per le infrastrutture aeroportuali dal
d.p.c.m. 14 novembre 1997 e pertanto con l'impugnato d.m. 29
novembre 2000 sono stati legittimamente fissati i criteri per la
predisposizione dei piani; 2) l'art. 6 dell'impugnato d.m. 29 novembre 2000, si limita a
stabilire a carico delle imprese aeroportuali l'obbligo di comu
nicare «l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessi vamente a partire dalla data di entrata in vigore della 1. n. 447
del 1995»; tale obbligo deriva direttamente dalla legge (art. 10,
5° comma) ed è immediatamente operante indipendentemente dalla previa predisposizione dei piani di risanamento, al contra
rio di quanto sostenuto dalle ricorrenti;
3) è ragionevole la norma del d.m. che assegna termini diver
si per il conseguimento degli obiettivi di risanamento agli eser
centi di ferrovie e strade che si sviluppano sull'intero territorio
nazionale o interessano più regioni e/o più comuni e gli eser
centi aeroportuali, il cui intervento risulta sicuramente più cir
coscritto;
4) il diverso termine previsto per il conseguimento degli obiettivi di risanamento non determina alcuno sfasamento del
l'attività congiunta da parte di più gestori, potendo essere adot
tati i necessari accorgimenti nella fase esecutiva dell'approva zione dei piani.
Le società appellanti principali e la Aeroporti di Roma, ap
pellante incidentale, hanno contestato l'impugnata sentenza ri
badendo le proprie tesi per tutti i quattro punti controversi.
3. - Con il primo motivo di appello le società aeroportuali contestano l'impugnato decreto nella parte in cui avrebbe previ sto l'adozione di piani di contenimento del rumore, pur in as
senza della fissazione dei valori limite da rispettare. Il motivo deve essere respinto, anche se con una motivazione
diversa rispetto a quella del giudice di primo grado. Il Tar parte dall'esatto presupposto dell'obbligo di predispor
re piani di contenimento del rumore, imposto dall'art. 10, 5°
comma, 1. 447/95, in caso di superamento dei valori limite, ma
erra nel ritenere che tali valori siano stati fissati anche per gli
aeroporti dal d.p.c.m. 14 novembre 1997.
Il d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede in generale la determi
nazione dei valori limite delle sorgenti sonore, distinguendo tra
valori limite di emissione (valore massimo di rumore, che può essere emesso da una sorgente sonora e misurato in prossimità della stessa) e valori limite di immissione (valore massimo di
rumore che può essere immesso nell'ambiente abitativo o nel
l'ambiente esterno da una o più sorgenti di rumore e misurato in
prossimità dei ricettori). La completa applicazione del d.p.c.m. alle infrastrutture aero
portuali non può derivare, come sostenuto dal Tar, dal generico richiamo all'art. 2, 1° comma, lett. c), 1. 447/95, in quanto lo
stesso art. 5 del d.p.c.m. prevede che «i valori limite assoluti di
immissione e di emissione relativi alle singole infrastrutture dei
trasporti, all'interno delle rispettive fasce di pertinenza, nonché
la relativa estensione, saranno fissati con i rispettivi decreti at
tuativi, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome».
Da ciò deriva che il d.p.c.m. 14 novembre 1997 non si applica all'interno delle c.d. fasce di pertinenza aeroportuali, ma solo
all'esterno di esse dopo la perimetrazione delle fasce.
Tale tesi è confermata da una serie di dati normativi, chiara
mente finalizzati a distinguere i valori limite all'interno ed al
l'esterno delle fasce di pertinenza aeroportuale. L'art. 3, 2° comma, d.p.c.m. 14 novembre 1997, relativo ai
soli limiti di immissione, prevede che «per le infrastrutture stra
dali, ferroviarie, marittime, aeroportuali ..., i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, non si applicano all'inter
no delle rispettive fasce di pertinenza, individuate dai relativi
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
decreti attuativi. All'esterno di tali fasce, dette sorgenti concor
rono al raggiungimento dei limiti assoluti di immissione».
Ciò significa che, una volta definite le fasce, le infrastrutture
aeroportuali concorrono al raggiungimento dei valori limite di
immissione acustica al di fuori delle fasce stesse.
All'esterno delle fasce non può inoltre ipotizzarsi la verifica
dei limiti di emissione derivante dalle infrastrutture aeroportua li, in quanto tali limiti devono essere misurati in prossimità della
sorgente, che è situata certamente all'interno delle fasce di per tinenza aeroportuale.
Del resto, i limiti di emissione sono richiamati dall'art. 3, 3°
comma, d.p.c.m. 14 novembre 1997 solo all'interno delle fasce
di rispetto e per tutte le altre sorgenti sonore, diverse dalle infra
strutture aeroportuali. All'interno delle fasce i limiti sono già stati fissati con il d.m.
31 ottobre 1997 (metodologia di misura del rumore aeroportua
le), con cui sono state previste tre fasce (zone A, B e C), con di
versi valori di Lva (livello di valutazione del rumore aeropor
tuale, diverso rispetto alla misura del Leq (A), utilizzata per i
valori fissati dal d.p.c.m. 14 novembre 1997). Le fasce di rispetto costituiscono quindi delle «zone cusci
netto» per il rumore aeroportuale e solo dopo la perimetrazione delle tre fasce di rispetto i limiti fissati dal d.m. 31 ottobre 1997
(all'interno delle fasce) e dal d.p.c.m. 14 novembre 1997 (all'e
sterno) diventano concretamente applicabili e può essere verifi
cato l'eventuale superamento. Va aggiunto che i comuni devono procedere, ai sensi dell'art.
6, 1° comma, lett. a), 1. 447/95, alla classificazione del territorio
comunale e che, in assenza di tale zoonizzazione, l'art. 8
d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede che si applichino i limiti di cui all'art. 6, 1° comma, d.p.c.m. 1° marzo 1991.
Da tale quadro normativo emerge che il superamento dei li
miti di rumore da parte delle infrastrutture aeroportuali può es
sere concretamente verificato solo dopo la perimetrazione delle
fasce di rispetto. Non è quindi corretto affermare, come fatto dalle ricorrenti,
che l'impugnato decreto è stato adottato in assenza della fissa
zione dei limiti di rumore, in quanto tali limiti erano vigenti fin dal 1997 ma non potevano trovare applicazione fino alla peri metrazione delle fasce di rispetto.
Al riguardo, l'impugnato decreto 29 novembre 2000 non si
pone in contrasto con la descritta normativa.
Infatti, gli obblighi gravanti sulle società di gestione aero
portuale in relazione ai piani di contenimento del rumore scatta
no con precise cadenze temporali a partire dall'individuazione
dei confini delle aeree di rispetto, di cui al d.m. 31 ottobre 1997
(art. 2, 2° comma, lett. c, dell'impugnato d.m.). In assenza della perimetrazione delle fasce, pertanto, non
scatta alcun obbligo, non essendo possibile verificare l'even
tuale superamento dei valori limite.
L'impugnato decreto risulta quindi pienamente conforme alla
normativa in vigore ed anche all'interpretazione della stessa so
stenuta dalle società ricorrenti (e, in particolare, alla relazione
tecnica del prof. Sestrieri e dell'ing. Giampietro, prodotta dalla
Aeroporti di Roma). Il ricorso di primo grado deve essere, quindi, respinto sul
punto, benché con motivazione parzialmente diversa rispetto a
quella contenuta nell'impugnata sentenza.
4. - Il secondo motivo dei ricorsi in appello riguarda la que stione della previsione di obblighi di accantonamento di risorse
finanziarie da destinare all'adozione di interventi di conteni
mento ed abbattimento del rumore in assenza di un accertato
superamento dei limiti.
L'art. 6 dell'impugnato decreto prevede che «Le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative in
frastrutture comunicano entro il 31 marzo di ogni anno, e co
munque entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente de
creto, al ministero dell'ambiente e alle regioni e ai comuni
competenti, anche al fine del controllo dell'applicazione delle
disposizioni in materia di accantonamento delle risorse finanzia
rie di cui all'art. 10, 5° comma, 1. 447/95: a) l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessivamente a partire dalla
data di entrata in vigore della 1. 447/95; b) lo stato di avanza
li. Foro Italiano — 2005.
mento fisico e finanziario dei singoli interventi previsti, com
prensivo anche degli interventi conclusi».
Il richiamato art. 10, 5° comma, prevede che «le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infra
strutture, nel caso di superamento dei valori di cui al 2° comma,
hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di
contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive
emanate dal ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un
anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi
devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono
obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non in
feriore al sette per cento dei fondi di bilancio previsti per le atti
vità di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture
stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbatti
mento del rumore».
Si osserva che l'impugnato decreto si limita a prevedere la
comunicazione dei fondi accantonati in applicazione di una
norma di rango superiore. La necessità, o meno, di accantonare fondi per il risanamento
acustico in assenza del superamento dei limiti non deriva quindi dal decreto impugnato, ma costituisce una questione di inter
pretazione dell'art. 10, 5° comma, 1. 447/95.
Tuttavia, appare chiaro che con l'impugnato decreto, nel pre vedere l'obbligo di comunicare i fondi accantonati a partire dalla data di entrata in vigore della legge, il ministero abbia pre
supposto che l'obbligo di accantonamento scatta a prescindere dall'effettiva verifica del superamento dei limiti acustici.
E questo è il significato della legge, tenuto conto delle chiare
espressioni letterali («sono obbligati» «in via ordinaria»). Del resto, il termine «essi», contenuto nella norma deve esse
re riferito alle società aeroportuali, e non ai piani di conteni
mento, come sostenuto dalle ricorrenti, in quanto solo le società
possono essere il soggetto passivo di un obbligo di accantonare
fondi in bilancio.
Ogni questione sulla ragionevolezza di tale obbligo anche in
assenza del superamento dei limiti è estranea all'oggetto del
presente giudizio, con cui le società ricorrenti hanno impugnato una disposizione che si limita, come detto, a prevedere la comu
nicazione dei fondi accantonati.
Anche il secondo motivo dei ricorsi è quindi infondato.
5. - Con il terzo motivo le società ricorrenti lamentano l'irra
gionevolezza e la disparità di trattamento tra i diversi operatori del trasporto della previsione secondo cui gli obiettivi di risa
namento previsti dal piano di contenimento e abbattimento del
rumore devono essere conseguiti dagli aeroporti entro cinque
anni, mentre per gli altri settori del trasporto tale termine è di
quindici anni. Il motivo è privo di fondamento.
Non sussiste alcuna disparità di trattamento in quanto il di
verso termine è stato previsto per il conseguimento degli obiet
tivi di risanamento in presenza di situazioni profondamente dif
ferenti, quali un intervento, sicuramente complesso, ma circo
scritto, come quello posto a carico delle società di gestione ae
roportuale, rispetto ad un intervento più esteso gravante sui ge stori di servizi di trasporto, quali ferrovie e strade, che si svi
luppano sull'intero territorio nazionale o interessano più regioni e/o più comuni.
Inoltre, i rispettivi termini di cinque e di quindici anni non
sono omogenei e paragonabili, perché mentre il termine di
quindici anni deve essere calcolato in base ad una serie di sca
denze temporali, che iniziano a decorrere con l'entrata in vigore della 1. 447/95, il differente termine di cinque anni decorre per le società aeroportuali da scadenze il cui termine iniziale decor
re dalla perimetrazione delle fasce aeroportuali, di cui si è detto
in precedenza.
Infine, la possibilità di proroga del termine da parte delle re
gioni comporta che l'eventuale inidoneità del termine concre
tamente assegnato per il risanamento potrà essere successiva
mente contestato dalle singole società aeroportuali. 6. - È infondata anche l'ultima censura, relativa alla dedotta
irragionevolezza della previsione di un'attività di risanamento
congiunta di più gestori, non coordinata con il menzionato di
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423 PARTE TERZA 424
verso termine cronologico per la realizzazione dei piani di risa
namento.
Come appena evidenziato, la diversa decorrenza dei termini
previsti per gestori diversi può comportare che in concreto le
date entro cui portare a termine il piano di risanamento potreb bero anche coincidere o non essere orofondamente differenti.
La previsione di un'attività congiunta di risanamento non ri
sulta essere quindi irragionevole e le possibili difficoltà lamen
tate dalle società ricorrenti costituiscono un aspetto esecutivo, che non attiene alla legittimità dell'impugnato decreto, ma alla
sua futura fase applicativa. Peraltro, anche in questo caso è previsto un intervento delle
regioni al fine di indicare priorità diverse nell'esecuzione dei piani di risanamento in modo da assicurare quella coincidenza
temporale di esecuzione dei piani di risanamento aeroportuali con quelli delle altre infrastrutture.
Infine, la diversità dei criteri di misurazione del rumore aero
portuale (espresso in Lva) rispetto a quelli previsti per gli altri
tipi di sorgenti (Leq), non costituisce un impedimento all'esecu
zione congiunta, né comporta l'irrazionalità del criterio di ri
partizione percentuale degli oneri, essendo il valore del rumore
aeroportuale tecnicamente rapportatile ai valori espressi in Leq
(come sostenuto dal ministero e non contraddetto dalla citata
relazione tecnica di parte, in cui il passaggio da Lva a Leq viene
definito «non di facile attuazione», ria non impossibile). 7. - In conclusione, i ricorsi in ap pello devono essere respinti,
seppur con motivazione parzialmei te diversa rispetto a quella del giudice di primo grado per quanto riguarda il primo motivo
proposto.
CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 30 giugno 2004, n. 4319/03 e n. 4452/03; Pres. Cortese, Rei. Pasqua; Pres.
cons, ministri.
Misure di prevenzione — Consigliere regionale — Condan
na non definitiva per peculato — Sospensione dalla carica — Termini — Sospensione del processo penale su richiesta
dell'imputato — Rilevanza — Esclusione — Fattispecie (L. 19 marzo 1990 n. 55, nuove disposizioni per la prevenzio ne della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di
manifestazione di pericolosità sociale, art. 15; 1. 12 giugno 2003 n. 134, modifiche al codice di procedura penale in mate
ria di applicazione della pena su richiesta delle parti, art. 5).
La sospensione del processo su richiesta dell'imputato a nor
ma dell'art. 5, 2° comma, l. 12 giugno 2003 n. 13{4, sul c.d.
patteggiamento allargato, non incide sui termini di de
correnza della misura cautelare della sospensione dalla ca
rica disposta nei confronti di un consigliere regionale con
dannato in via non definitiva per il reato di peculato (nella
specie, è stato ritenuto che il consigliere dovesse essere im
mediatamente reintegrato nella carica, essendo stati superati i diciotto mesi di sospensione previsti dall'art. 15 1. 19 mar
zo 1990 n. 55). (1)
(1) I. - In ordine alla disciplina della sospensione dalla carica elettiva
per condanna penale non definitiva, v. Cons. Stato, sez. 1, 9 maggio 2001, n. 427/01, Foro it., 2002, III, 391, con nota di richiami, secondo cui la disciplina della sospensione di diritto degli amministratori locali condannati con sentenza non definitiva per uno dei delitti di cui all'art.
59, 1° comma, lett. a), d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, pone in rilievo valori primari — quali la salvaguardia della trasparente gestione degli
Il Foro Italiano — 2005.
Premesso e considerato. — Si riassume la vertenza de qua. La presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento affari
regionali, in data 14 aprile 2004, si è espressa affermando che la
sospensione dei termini di durata massima della prescrizione del
reato e della custodia cautelare prevista dall'art. 5 1. n. 134 del
2003 (a seguito di richiesta di patteggiamento nel procedimento
penale) «non può essere estesa anche al procedimento di pre venzione ed in particolare non può comportare il prolungamento dei termini massimi di sospensione della carica elettiva prevista dall'art. 15, commi 4 bis e 4 ter, 1. n. 55 del 1990» (parere tra
smesso con nota 23 aprile 2004, pervenuta il 3 maggio 2004). Nel procedimento penale a carico del sig. Aiello le sezioni
unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 47289 del 24
settembre - 10 dicembre 2003, ritenuto che la richiesta di pat
teggiamento non potesse essere formulata in grado d'appello o
nel giudizio di legittimità, hanno dichiarato inammissibile la ri chiesta di sospensione del procedimento formulata dall'impu tato in secondo grado, ai sensi dell'art. 5 1. n. 134 del 2003.
Testualmente, la corte ha affermato: «è da ritenere che l'art.
5, 1° comma, 1. n. 134 del 2003 si riferisca al giudizio di primo grado e che un patteggiamento sui giudizi d'impugnazione ne
cessariamente diverso da quello degli art. 444 ss. c.p.p. avrebbe
richiesto una previsione espressa e una disciplina specifica che
nella legge in esame mancano».
Né è possibile, secondo la presidenza del consiglio dei mini
enti locali, la presunzione di non colpevolezza ed il diritto di elettorato
passivo — per il cui bilanciamento l'operatore deve attenersi a criteri di stretta interpretazione. In applicazione di siffatto principio è stato ritenuto che la disposizione dell'art. 59, 3° comma, d.leg. 267/00, nel
prevedere che la sospensione di diritto per gli amministratori locali condannati in primo grado per un delitto di cui al 1 ° comma, lett. a), si estende per i dodici mesi successivi all'eventuale conferma della con
danna, si applica solo nel caso in cui la sentenza di appello intervenga durante il periodo di sospensione e non anche nel caso in cui quest'ul timo sia terminato.
Sul computo del periodo di sospensione, v. anche Cons. Stato, sez. 1, 24 ottobre 2002, n. 3282/02, id., Rep. 2003, voce Comune e provincia, nn. 384, 385, che ha precisato che la sospensione per la durata (massi ma) di diciotto mesi ai sensi dell'art. 59, 3° comma, d.leg. 267/00 si
applica soltanto alle sentenze previste dalla lett. a), con l'eccezione
prevista dal secondo periodo del 3° comma (intervento di una sentenza di rigetto dell'impugnazione in punto di responsabilità). Non sono dun
que compresi tutti i casi di sospensione dalla carica, come si evince dal 5° comma dell'art. 59 (ai termini del quale la sospensione viene meno
quando venga meno l'efficacia della misura coercitiva o quando venga emesso un provvedimento di revoca della misura di prevenzione): ne deriva che l'amministratore locale in carica, già sospeso cautelarmente, ove incorra in una nuova causa di sospensione per effetto di condanna non definitiva conseguente anche allo stesso fatto criminoso, sarà nuo vamente sospeso, e questa volta per il termine di diciotto mesi. In que st'ottica, è stato affermato inoltre che per l'ipotesi in cui un soggetto sia sottoposto ad una misura coercitiva per un determinato reato e ven
ga poi condannato per un reato diverso, la sospensione di diritto che
consegue alla misura coercitiva si cumula con quella derivante dalla condanna.
Per quanto attiene ai limiti entro i quali si fa ricorso alla sospensione di diritto dalla carica, Cass. 11 febbraio 2003, n. 1990, id., 2004,1, 842, con nota di richiami, ha stabilito che la condanna per delitti tentati (e non consumati) contro la pubblica amministrazione produce effetti ai soli fini della decadenza e non anche a quelli della sospensione cautela re dalla carica dell'amministratore locale (nella specie, la Corte di cas sazione ha ritenuto che la condanna non definitiva per tentata concus sione non costituisse un valido presupposto per la sospensione ex art. 59 d.leg. 267/00).
II. - Con riferimento all'applicazione dell'art. 15 1. 19 marzo 1990 n.
55, Cass. 21 aprile 2004, n. 7593, in questo fascicolo, I, 2131, ha sotto lineato come la causa di incandidabilità ad elezioni amministrative de rivante dalla condanna definitiva per uno dei reati di cui all'art. 15 1. 55/90 non si applichi nei confronti dei candidati che abbiano ottenuto la
riabilitazione, a condizione che la relativa pronuncia sia intervenuta
prima della presentazione della candidatura. III. - Circa l'istituto del «patteggiamento allargato», avendo riguar
do, segnatamente, alla richiesta di sospensione del processo, Corte cost. 9 luglio 2004, n. 219, id., Rep. 2004, voce Pena (applicazione su ri
chiesta), n. 31, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costi tuzionale dell'art. 5, 1°, 2° e 3° comma, 1. 12 giugno 2003 n. 134.
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