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sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Esercizi...

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sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Esercizi aeroportuali (Avv. Sandulli, Riguzzi) c. Min. ambiente, Associazione nazionale comuni aeroportuali italiani - Ancai (Avv. Ioannucci) e altri; Soc. Gesac e altri (Avv. Romanelli, Riguzzi) c. Min. ambiente (Avv. dello Stato Spina), Soc. Aeroporti di Roma (Avv. Giampietro) e altri. Conferma Tar Lazio, sez. II bis, 20 aprile 2002, n. ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2005), pp. 417/418-423/424 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23201761 . Accessed: 24/06/2014 21:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.177 on Tue, 24 Jun 2014 21:09:45 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Eserciziaeroportuali (Avv. Sandulli, Riguzzi) c. Min. ambiente, Associazione nazionale comuniaeroportuali italiani - Ancai (Avv. Ioannucci) e altri; Soc. Gesac e altri (Avv. Romanelli, Riguzzi)c. Min. ambiente (Avv. dello Stato Spina), Soc. Aeroporti di Roma (Avv. Giampietro) e altri.Conferma Tar Lazio, sez. II bis, 20 aprile 2002, n. ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2005), pp. 417/418-423/424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201761 .

Accessed: 24/06/2014 21:09

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

un implausibile ed illegittimo confronto sviluppato con il siste

ma sanzionatorio previsto dal codice penale militare relativa

mente al reato di diserzione.

4.2. - L'amministrazione ha correttamente esercitato il suo

potere, per quanto questo possa essere valutato nei limiti di una

verifica estrinseca condotta secondo il parametro di legittimità. Infatti, da un lato sono stati ben ponderati gli accurati accer

tamenti istruttori svolti in sede amministrativa ed apprezzate autonomamente le implicazioni disciplinari dei singoli e distinti episodi illeciti, che cronologicamente sono venuti all'attenzione

dell'organo disciplinare; dall'altro il giudizio finale di riprove volezza, culminato con la sanzione di destituzione, appare, ad

una estrinseca delibazione, proporzionato e coerente con i tra

scorsi di servizio del Laganà, che sono stati esplicitamente presi in considerazione dal consiglio di disciplina.

La destituzione, ai sensi dell'art. 7, n. 2, d.p.r. n. 737 del

1981, ben può essere inflitta per atti che rivelino mancanza del

senso dell'onore o del senso morale; infine la condotta del La

ganà appare ictu oculi sussumibile anche nella fattispecie divi

sata dal n. 4 dell'articolo in esame, là dove si sanziona con la

destituzione la dolosa violazione di doveri capaci di recare un

pregiudizio grave allo Stato o all'amministrazione della pubbli ca sicurezza; non c'è dubbio, infatti, che tale danno possa ravvi

sarsi anche nella caduta di immagine e di considerazione sociale

dell'istituzione, a cagione della condotta illecita di un suo ap

partenente, ancor più se membro di un corpo di polizia e con

funzioni di elevata responsabilità (al momento dei fatti que st'ultimo svolgeva compiti di capo pattuglia, cfr., in termini, con

riferimento ad appartenente alla polizia di Stato, sez. IV, n. 636

del 1998, cit.). 5. - Scendendo all'esame dei motivi dichiarati assorbiti e ri

proposti dalla difesa dell'appellato, la sezione osserva che en

trambe le doglianze si rivelano palesemente infondate.

Con la prima il Laganà si duole della violazione dei principi del contraddittorio e del diritto di difesa, essendo stato permesso l'accesso agli atti del procedimento disciplinare con grande ri

tardo riducendo al minimo i termini per la presentazione di una

memoria difensiva.

La censura è inammissibile: a) per carenza di interesse, per ché dalla lettura degli atti del procedimento disciplinare emerge che il Laganà si è difeso nel merito delle accuse; per genericità,

perché non è indicato il termine minimo a difesa che sarebbe

stato violato dall'amministrazione; è infondata nel merito, per ché la richiesta di accesso agli atti da parte del difensore del La

ganà (assistente di polizia Laura Galtieri), è del 12 novembre

2002; la presa visione del fascicolo disciplinare risale al giorno 15 dello stesso mese; mentre la seduta del consiglio di discipli na, che ha proposto al capo della polizia la sanzione della de

stituzione ed alla quale hanno partecipato sia il Laganà che la

Galtieri, è del 25 novembre 2002.

Miglior sorte non tocca al secondo mezzo che lamenta l'o

messa considerazione, da parte del consiglio disciplinare, delle

difese svolte in sede di adunanza dal difensore dell'incolpato. L'assunto è smentito dalla semplice lettura del verbale della

seduta.

6. - In conclusione l'appello deve essere accolto con la con

sequenziale riforma dell'impugnata sentenza ed il rigetto del ri

corso di primo grado.

Il Foro Italiano — 2005.

CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 7 settembre 2004, n. 5822; Pres. Schinaia, Est. Chieppa; Soc. Esercizi ae

roportuali (Avv. Sandulli, Riguzzi) c. Min. ambiente, Asso

ciazione nazionale comuni aeroportuali italiani - Ancai (Avv.

Ioannucci) e altri; Soc. Gesac e altri (Avv. Romanelli, Ri

guzzi) c. Min. ambiente (Avv. dello Stato Spina), Soc. Aero

porti di Roma (Avv. Giampietro) e altri. Conferma Tar Lazio,

sez. II bis, 20 aprile 2002, n. 3382.

Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Limiti — Zone aeroportuali — Applicabilità — Condizioni (L. 26 ottobre 1995 n. 447, legge quadro sull'inquinamento acustico, art. 2;

d.p.c.m. 14 novembre 1997, determinazione dei valori limite

delle sorgenti sonore, art. 5). Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Obbligo di

predisporre piani di contenimento del rumore — Assenza

di perimetrazione delle fasce di rispetto — Esclusione

(D.m. 29 novembre 2000, criteri per la predisposizione, da

parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli inter

venti di contenimento e abbattimento del rumore). Sanità pubblica — Inquinamento acustico — Obbligo di ac

cantonamento e impegno di fondi (L. 26 ottobre 1995 n. 447, art. 10; d.m. 29 novembre 2000).

Il d.p.c.m. 14 novembre 1997, sui valori limite delle sorgenti sonore, non si applica all'interno delle c.d. fasce di pertinen za aeroportuali, ma solo ali 'esterno di esse. ( 1 )

Gli obblighi gravanti sulle società di gestione aeroportuale in

relazione ai piani di contenimento del rumore sorgono a par tire dall'individuazione dei confini delle aree di rispetto, di cui al d.m. 31 ottobre 1997; pertanto, in assenza della peri metrazione delle fasce, non sussiste alcun obbligo, non essen

do possibile verificare l'eventuale superamento dei valori li

mite. (2) L'obbligo di accantonare fondi per il risanamento acustico,

previsto dall'art. 10, 5° comma, l. 447/95, scatta a prescinde re dall'effettiva verifica del superamento dei limiti acusti

ci. (3)

(1-3) In senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2005, n.

281, <www.giustizia-amministrativa.it>, a detta del quale la 1. 447/95

condiziona l'obbligo dei gestori delle stazioni aeroportuali di predi

sporre i piani di contenimento e abbattimento dei rumori al supera mento dei valori limite di emissione e di immissione; Tar Lombardia, sez. I, 31 maggio 2001, n. 4149, Foro it., Rep. 2002, voce Sanità pub blica, n. 628, secondo cui gli enti gestori dei servizi pubblici di tra

sporto o delle relative infrastrutture hanno l'obbligo di predisporre e

presentare al comune i piani di contenimento e abbattimento del rumore

nel caso di superamento dei valori di cui all'art. 10, 2° comma, 1.

447/95; Tar Veneto, sez. I, 4 maggio 1999, n. 537, id., Rep. 2001, voce

cit., n. 749, che ha affermato che l'obbligo per gli enti gestori dei servi

zi aeroportuali di predisporre il piano di abbattimento e contenimento

del rumore prodotto dalle attività aeroportuali continua a valere sol

tanto nel caso di superamento dei valori limite di emissione e d'immis sione.

Più in generale, oltre alla perimetrazione delle fasce, specificamente prevista con riguardo agli aeroporti, l'applicabilità della disciplina contro l'inquinamento acustico dettata dalla 1. 447/95 è subordinata alla

preventiva classificazione in zone del territorio comunale, ai sensi del

l'art. 6 1. 447/95 (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, id.,

2003, III, 553, con osservazioni di R. Montanaro, Inquinamento acu

stico e impianti industriali; adde, Tar Toscana, sez. II, 14 febbraio

2000, n. 168, id, Rep. 2001, voce cit., n. 741). Tale azzonamento acu

stico del territorio viene effettuato dal comune mediante i c.d. piani di

zonizzazione, predisposti sulla base dei criteri stabiliti dalle regioni ai

sensi dell'art. 4 legge quadro menzionata, che devono dedicare parti colare attenzione alle situazioni di fatto che presentino profili di criti

cità per la loro vetustà o per le possibili conseguenze dannose per la

salute (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, cit.; 12 novembre

2002, n. 6274, id., Rep. 2003, voce cit., n. 802). In assenza di tale zo

nizzazione, l'art. 8 d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede l'applicazione dei limiti stabiliti dall'art. 6, 1° comma, d.p.c.m. 1° marzo 1991, in via

transitoria ed in attesa dell'adozione dei detti piani, come ribadito dalla

decisione in epigrafe (in senso conforme, Cons. Stato, sez. IV, 880/03,

cit.; in senso contrario, con riferimento ai valori differenziali di emis

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PARTE TERZA

Diritto. — 1. - Preliminarmente deve essere disposta la ri

unione dei due ricorsi, proposti per analoghi motivi avverso la

medesima sentenza.

2. - Oggetto della presente controversia è l'impugnato decreto

del ministro dell'ambiente 29 novembre 2000 (G.U. 6 dicembre

2000, n. 285), recante «criteri per la predisposizione da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di conte

nimento e abbattimento del rumore».

Le ricorrenti sono tutte società di gestione aeroportuale e

contestano quattro punti dell'impugnato decreto:

a) la previsione di piani di contenimento ed abbattimento del

rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture aeroportuali in assenza della fissazione dei valori limite;

b) la previsione di obblighi di accantonamento di risorse fi nanziarie da destinare all'adozione di interventi di contenimento

ed abbattimento del rumore in assenza di un accertato supera mento dei limiti;

c) irragionevolezza e disparità di trattamento tra i diversi ope ratori del trasporto della previsione secondo cui gli obiettivi di

risanamento previsti dal piano di contenimento e abbattimento

del rumore devono essere conseguiti dagli aeroporti entro cin

que anni, mentre per gli altri settori del trasporto tale termine è

di quindici anni; d) irragionevolezza della previsione di un'attività di risana

mento congiunta di più gestori, non coordinata con il menzio

sione di cui all'art. 4 d.p.c.m. 14 novembre 1997, Tar Toscana, sez. II, 24 gennaio 2003, n. 39, ibid., n. 850).

Sempre in termini generali, quanto alle conseguenze del superamento dei valori limite previsti dalla normativa sull'inquinamento acustico per l'esercizio di determinate attività produttive, la giurisprudenza ritiene che tale condotta non integri la fattispecie contravvenzionale ex art.

659 c.p., ma sia invece soggetta alla sanzione amministrativa di cui al l'art. 10, 2° comma, 1. 447/95 (Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880, cit.; Cass. 8 novembre 2002, Romanisio, ibid., voce Quiete

pubblica, n. 4).

Infine, quanto ai rapporti tra la normativa in materia di inquinamento acustico e la disciplina civilistica delle immissioni, la giurisprudenza ha chiarito che la 1. 447/95 ed i relativi decreti attuativi perseguono inte ressi pubblici e disciplinano i livelli di accettabilità delle immissioni sonore nei rapporti tra la pubblica amministrazione ed i privati, per as sicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete. La nor mativa sull'inquinamento acustico prescinde invece da qualsiasi colle

gamento con la proprietà fondiaria ed i rapporti tra privati, disciplinati dall'art. 844 c.c. (Cass. 27 gennaio 2003, n. 1151, ibid., voce Proprie tà, n. 23; nonché, Trib. Catania-Mascalucia 16 aprile 2003, id., 2003,1, 3474, con osservazioni di R. Montanaro, Inquinamento acustico e normale tollerabilità).

In dottrina, sulle tematiche attinenti all'inquinamento acustico in ambito aeroportuale, D. Maffeo, La legge quadro sull'inquinamento acustico e relativi provvedimenti attuativi: dal rumore aereo al rumore

aeroportuale, in Dir. trasporti, 1999. 93; C. De Marzi, Profili di legit timità del regolamento sulla riduzione dell'inquinamento acustico pro dotto da aeromobili civili, id., 2000, 880; M.M. Di Meo, Inquinamento acustico e rumore aeroportuale, in Gazzetta ambiente, 2000, 3; G.

Bozzetto, Il rumore aeroportuale fra decreti e ricorsi al Tar, ibid., 31; V. Calzolaio, L'attuazione della normativa sull'inquinamento acusti co e il rumore aeroportuale, ibid., 7; D. Maffeo, Aeroporto e territo

rio, l'irrisolto conflitto tra le esigenze del traffico e i diritti dei resi denti. Un'analisi comparativa con gli Usa, in Dir. trasporti, 2002, 7; E. Boscolo, La Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di rumore

aeroportuale e salute dei cittadini, in Urbanistica e appalti, 2002, 262; M.A. Mazzola, Inquinamento acustico aeroportuale, aerei non eterei, in Riv. giur. ambiente, 2003, 382.

Infine, in materia di rumore aeroportuale è intervenuto il d.leg. 17

gennaio 2005 n. 13, recante l'attuazione della direttiva 2002/30/Ce re lativa all'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari (Le leggi, 2005,1, 544).

Più in generale, sull'inquinamento acustico, v., per tutti, F. Fracchia,

L'inquinamento acustico, Padova, 2001. In ultimo, si segnala che l'art. 14 1. 31 ottobre 2003 n. 306 (legge

comunitaria 2003), Le leggi, 2003, I, 4015, ha delegato il governo a re

cepire la direttiva 2002/49/Ce del 25 giugno 2002, relativa alla deter minazione e alla gestione del rumore ambientale, che mira a definire «una comune metodologia di calcolo e misurazione del rumore in pros simità degli aeroporti».

Il Foro Italiano — 2005.

nato diverso termine cronologico per la realizzazione dei piani di risanamento.

Con l'impugnata sentenza il Tar ha respinto i ricorsi delle so

cietà aeroportuali, rilevando che:

1) l'art. 10, 5° comma, 1. 447/95 ha previsto l'obbligo, anche

per le società di gestione aeroportuale, di predisporre piani di

contenimento e di abbattimento del rumore in caso di supera mento dei valori limite di emissione e di immissione; tali valori

sono stati fissati anche per le infrastrutture aeroportuali dal

d.p.c.m. 14 novembre 1997 e pertanto con l'impugnato d.m. 29

novembre 2000 sono stati legittimamente fissati i criteri per la

predisposizione dei piani; 2) l'art. 6 dell'impugnato d.m. 29 novembre 2000, si limita a

stabilire a carico delle imprese aeroportuali l'obbligo di comu

nicare «l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessi vamente a partire dalla data di entrata in vigore della 1. n. 447

del 1995»; tale obbligo deriva direttamente dalla legge (art. 10,

5° comma) ed è immediatamente operante indipendentemente dalla previa predisposizione dei piani di risanamento, al contra

rio di quanto sostenuto dalle ricorrenti;

3) è ragionevole la norma del d.m. che assegna termini diver

si per il conseguimento degli obiettivi di risanamento agli eser

centi di ferrovie e strade che si sviluppano sull'intero territorio

nazionale o interessano più regioni e/o più comuni e gli eser

centi aeroportuali, il cui intervento risulta sicuramente più cir

coscritto;

4) il diverso termine previsto per il conseguimento degli obiettivi di risanamento non determina alcuno sfasamento del

l'attività congiunta da parte di più gestori, potendo essere adot

tati i necessari accorgimenti nella fase esecutiva dell'approva zione dei piani.

Le società appellanti principali e la Aeroporti di Roma, ap

pellante incidentale, hanno contestato l'impugnata sentenza ri

badendo le proprie tesi per tutti i quattro punti controversi.

3. - Con il primo motivo di appello le società aeroportuali contestano l'impugnato decreto nella parte in cui avrebbe previ sto l'adozione di piani di contenimento del rumore, pur in as

senza della fissazione dei valori limite da rispettare. Il motivo deve essere respinto, anche se con una motivazione

diversa rispetto a quella del giudice di primo grado. Il Tar parte dall'esatto presupposto dell'obbligo di predispor

re piani di contenimento del rumore, imposto dall'art. 10, 5°

comma, 1. 447/95, in caso di superamento dei valori limite, ma

erra nel ritenere che tali valori siano stati fissati anche per gli

aeroporti dal d.p.c.m. 14 novembre 1997.

Il d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede in generale la determi

nazione dei valori limite delle sorgenti sonore, distinguendo tra

valori limite di emissione (valore massimo di rumore, che può essere emesso da una sorgente sonora e misurato in prossimità della stessa) e valori limite di immissione (valore massimo di

rumore che può essere immesso nell'ambiente abitativo o nel

l'ambiente esterno da una o più sorgenti di rumore e misurato in

prossimità dei ricettori). La completa applicazione del d.p.c.m. alle infrastrutture aero

portuali non può derivare, come sostenuto dal Tar, dal generico richiamo all'art. 2, 1° comma, lett. c), 1. 447/95, in quanto lo

stesso art. 5 del d.p.c.m. prevede che «i valori limite assoluti di

immissione e di emissione relativi alle singole infrastrutture dei

trasporti, all'interno delle rispettive fasce di pertinenza, nonché

la relativa estensione, saranno fissati con i rispettivi decreti at

tuativi, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome».

Da ciò deriva che il d.p.c.m. 14 novembre 1997 non si applica all'interno delle c.d. fasce di pertinenza aeroportuali, ma solo

all'esterno di esse dopo la perimetrazione delle fasce.

Tale tesi è confermata da una serie di dati normativi, chiara

mente finalizzati a distinguere i valori limite all'interno ed al

l'esterno delle fasce di pertinenza aeroportuale. L'art. 3, 2° comma, d.p.c.m. 14 novembre 1997, relativo ai

soli limiti di immissione, prevede che «per le infrastrutture stra

dali, ferroviarie, marittime, aeroportuali ..., i limiti di cui alla tabella C allegata al presente decreto, non si applicano all'inter

no delle rispettive fasce di pertinenza, individuate dai relativi

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

decreti attuativi. All'esterno di tali fasce, dette sorgenti concor

rono al raggiungimento dei limiti assoluti di immissione».

Ciò significa che, una volta definite le fasce, le infrastrutture

aeroportuali concorrono al raggiungimento dei valori limite di

immissione acustica al di fuori delle fasce stesse.

All'esterno delle fasce non può inoltre ipotizzarsi la verifica

dei limiti di emissione derivante dalle infrastrutture aeroportua li, in quanto tali limiti devono essere misurati in prossimità della

sorgente, che è situata certamente all'interno delle fasce di per tinenza aeroportuale.

Del resto, i limiti di emissione sono richiamati dall'art. 3, 3°

comma, d.p.c.m. 14 novembre 1997 solo all'interno delle fasce

di rispetto e per tutte le altre sorgenti sonore, diverse dalle infra

strutture aeroportuali. All'interno delle fasce i limiti sono già stati fissati con il d.m.

31 ottobre 1997 (metodologia di misura del rumore aeroportua

le), con cui sono state previste tre fasce (zone A, B e C), con di

versi valori di Lva (livello di valutazione del rumore aeropor

tuale, diverso rispetto alla misura del Leq (A), utilizzata per i

valori fissati dal d.p.c.m. 14 novembre 1997). Le fasce di rispetto costituiscono quindi delle «zone cusci

netto» per il rumore aeroportuale e solo dopo la perimetrazione delle tre fasce di rispetto i limiti fissati dal d.m. 31 ottobre 1997

(all'interno delle fasce) e dal d.p.c.m. 14 novembre 1997 (all'e

sterno) diventano concretamente applicabili e può essere verifi

cato l'eventuale superamento. Va aggiunto che i comuni devono procedere, ai sensi dell'art.

6, 1° comma, lett. a), 1. 447/95, alla classificazione del territorio

comunale e che, in assenza di tale zoonizzazione, l'art. 8

d.p.c.m. 14 novembre 1997 prevede che si applichino i limiti di cui all'art. 6, 1° comma, d.p.c.m. 1° marzo 1991.

Da tale quadro normativo emerge che il superamento dei li

miti di rumore da parte delle infrastrutture aeroportuali può es

sere concretamente verificato solo dopo la perimetrazione delle

fasce di rispetto. Non è quindi corretto affermare, come fatto dalle ricorrenti,

che l'impugnato decreto è stato adottato in assenza della fissa

zione dei limiti di rumore, in quanto tali limiti erano vigenti fin dal 1997 ma non potevano trovare applicazione fino alla peri metrazione delle fasce di rispetto.

Al riguardo, l'impugnato decreto 29 novembre 2000 non si

pone in contrasto con la descritta normativa.

Infatti, gli obblighi gravanti sulle società di gestione aero

portuale in relazione ai piani di contenimento del rumore scatta

no con precise cadenze temporali a partire dall'individuazione

dei confini delle aeree di rispetto, di cui al d.m. 31 ottobre 1997

(art. 2, 2° comma, lett. c, dell'impugnato d.m.). In assenza della perimetrazione delle fasce, pertanto, non

scatta alcun obbligo, non essendo possibile verificare l'even

tuale superamento dei valori limite.

L'impugnato decreto risulta quindi pienamente conforme alla

normativa in vigore ed anche all'interpretazione della stessa so

stenuta dalle società ricorrenti (e, in particolare, alla relazione

tecnica del prof. Sestrieri e dell'ing. Giampietro, prodotta dalla

Aeroporti di Roma). Il ricorso di primo grado deve essere, quindi, respinto sul

punto, benché con motivazione parzialmente diversa rispetto a

quella contenuta nell'impugnata sentenza.

4. - Il secondo motivo dei ricorsi in appello riguarda la que stione della previsione di obblighi di accantonamento di risorse

finanziarie da destinare all'adozione di interventi di conteni

mento ed abbattimento del rumore in assenza di un accertato

superamento dei limiti.

L'art. 6 dell'impugnato decreto prevede che «Le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative in

frastrutture comunicano entro il 31 marzo di ogni anno, e co

munque entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente de

creto, al ministero dell'ambiente e alle regioni e ai comuni

competenti, anche al fine del controllo dell'applicazione delle

disposizioni in materia di accantonamento delle risorse finanzia

rie di cui all'art. 10, 5° comma, 1. 447/95: a) l'entità dei fondi accantonati annualmente e complessivamente a partire dalla

data di entrata in vigore della 1. 447/95; b) lo stato di avanza

li. Foro Italiano — 2005.

mento fisico e finanziario dei singoli interventi previsti, com

prensivo anche degli interventi conclusi».

Il richiamato art. 10, 5° comma, prevede che «le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infra

strutture, nel caso di superamento dei valori di cui al 2° comma,

hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di

contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive

emanate dal ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un

anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi

devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono

obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non in

feriore al sette per cento dei fondi di bilancio previsti per le atti

vità di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture

stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbatti

mento del rumore».

Si osserva che l'impugnato decreto si limita a prevedere la

comunicazione dei fondi accantonati in applicazione di una

norma di rango superiore. La necessità, o meno, di accantonare fondi per il risanamento

acustico in assenza del superamento dei limiti non deriva quindi dal decreto impugnato, ma costituisce una questione di inter

pretazione dell'art. 10, 5° comma, 1. 447/95.

Tuttavia, appare chiaro che con l'impugnato decreto, nel pre vedere l'obbligo di comunicare i fondi accantonati a partire dalla data di entrata in vigore della legge, il ministero abbia pre

supposto che l'obbligo di accantonamento scatta a prescindere dall'effettiva verifica del superamento dei limiti acustici.

E questo è il significato della legge, tenuto conto delle chiare

espressioni letterali («sono obbligati» «in via ordinaria»). Del resto, il termine «essi», contenuto nella norma deve esse

re riferito alle società aeroportuali, e non ai piani di conteni

mento, come sostenuto dalle ricorrenti, in quanto solo le società

possono essere il soggetto passivo di un obbligo di accantonare

fondi in bilancio.

Ogni questione sulla ragionevolezza di tale obbligo anche in

assenza del superamento dei limiti è estranea all'oggetto del

presente giudizio, con cui le società ricorrenti hanno impugnato una disposizione che si limita, come detto, a prevedere la comu

nicazione dei fondi accantonati.

Anche il secondo motivo dei ricorsi è quindi infondato.

5. - Con il terzo motivo le società ricorrenti lamentano l'irra

gionevolezza e la disparità di trattamento tra i diversi operatori del trasporto della previsione secondo cui gli obiettivi di risa

namento previsti dal piano di contenimento e abbattimento del

rumore devono essere conseguiti dagli aeroporti entro cinque

anni, mentre per gli altri settori del trasporto tale termine è di

quindici anni. Il motivo è privo di fondamento.

Non sussiste alcuna disparità di trattamento in quanto il di

verso termine è stato previsto per il conseguimento degli obiet

tivi di risanamento in presenza di situazioni profondamente dif

ferenti, quali un intervento, sicuramente complesso, ma circo

scritto, come quello posto a carico delle società di gestione ae

roportuale, rispetto ad un intervento più esteso gravante sui ge stori di servizi di trasporto, quali ferrovie e strade, che si svi

luppano sull'intero territorio nazionale o interessano più regioni e/o più comuni.

Inoltre, i rispettivi termini di cinque e di quindici anni non

sono omogenei e paragonabili, perché mentre il termine di

quindici anni deve essere calcolato in base ad una serie di sca

denze temporali, che iniziano a decorrere con l'entrata in vigore della 1. 447/95, il differente termine di cinque anni decorre per le società aeroportuali da scadenze il cui termine iniziale decor

re dalla perimetrazione delle fasce aeroportuali, di cui si è detto

in precedenza.

Infine, la possibilità di proroga del termine da parte delle re

gioni comporta che l'eventuale inidoneità del termine concre

tamente assegnato per il risanamento potrà essere successiva

mente contestato dalle singole società aeroportuali. 6. - È infondata anche l'ultima censura, relativa alla dedotta

irragionevolezza della previsione di un'attività di risanamento

congiunta di più gestori, non coordinata con il menzionato di

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423 PARTE TERZA 424

verso termine cronologico per la realizzazione dei piani di risa

namento.

Come appena evidenziato, la diversa decorrenza dei termini

previsti per gestori diversi può comportare che in concreto le

date entro cui portare a termine il piano di risanamento potreb bero anche coincidere o non essere orofondamente differenti.

La previsione di un'attività congiunta di risanamento non ri

sulta essere quindi irragionevole e le possibili difficoltà lamen

tate dalle società ricorrenti costituiscono un aspetto esecutivo, che non attiene alla legittimità dell'impugnato decreto, ma alla

sua futura fase applicativa. Peraltro, anche in questo caso è previsto un intervento delle

regioni al fine di indicare priorità diverse nell'esecuzione dei piani di risanamento in modo da assicurare quella coincidenza

temporale di esecuzione dei piani di risanamento aeroportuali con quelli delle altre infrastrutture.

Infine, la diversità dei criteri di misurazione del rumore aero

portuale (espresso in Lva) rispetto a quelli previsti per gli altri

tipi di sorgenti (Leq), non costituisce un impedimento all'esecu

zione congiunta, né comporta l'irrazionalità del criterio di ri

partizione percentuale degli oneri, essendo il valore del rumore

aeroportuale tecnicamente rapportatile ai valori espressi in Leq

(come sostenuto dal ministero e non contraddetto dalla citata

relazione tecnica di parte, in cui il passaggio da Lva a Leq viene

definito «non di facile attuazione», ria non impossibile). 7. - In conclusione, i ricorsi in ap pello devono essere respinti,

seppur con motivazione parzialmei te diversa rispetto a quella del giudice di primo grado per quanto riguarda il primo motivo

proposto.

CONSIGLIO DI STATO; sezione I; parere 30 giugno 2004, n. 4319/03 e n. 4452/03; Pres. Cortese, Rei. Pasqua; Pres.

cons, ministri.

Misure di prevenzione — Consigliere regionale — Condan

na non definitiva per peculato — Sospensione dalla carica — Termini — Sospensione del processo penale su richiesta

dell'imputato — Rilevanza — Esclusione — Fattispecie (L. 19 marzo 1990 n. 55, nuove disposizioni per la prevenzio ne della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di

manifestazione di pericolosità sociale, art. 15; 1. 12 giugno 2003 n. 134, modifiche al codice di procedura penale in mate

ria di applicazione della pena su richiesta delle parti, art. 5).

La sospensione del processo su richiesta dell'imputato a nor

ma dell'art. 5, 2° comma, l. 12 giugno 2003 n. 13{4, sul c.d.

patteggiamento allargato, non incide sui termini di de

correnza della misura cautelare della sospensione dalla ca

rica disposta nei confronti di un consigliere regionale con

dannato in via non definitiva per il reato di peculato (nella

specie, è stato ritenuto che il consigliere dovesse essere im

mediatamente reintegrato nella carica, essendo stati superati i diciotto mesi di sospensione previsti dall'art. 15 1. 19 mar

zo 1990 n. 55). (1)

(1) I. - In ordine alla disciplina della sospensione dalla carica elettiva

per condanna penale non definitiva, v. Cons. Stato, sez. 1, 9 maggio 2001, n. 427/01, Foro it., 2002, III, 391, con nota di richiami, secondo cui la disciplina della sospensione di diritto degli amministratori locali condannati con sentenza non definitiva per uno dei delitti di cui all'art.

59, 1° comma, lett. a), d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, pone in rilievo valori primari — quali la salvaguardia della trasparente gestione degli

Il Foro Italiano — 2005.

Premesso e considerato. — Si riassume la vertenza de qua. La presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento affari

regionali, in data 14 aprile 2004, si è espressa affermando che la

sospensione dei termini di durata massima della prescrizione del

reato e della custodia cautelare prevista dall'art. 5 1. n. 134 del

2003 (a seguito di richiesta di patteggiamento nel procedimento

penale) «non può essere estesa anche al procedimento di pre venzione ed in particolare non può comportare il prolungamento dei termini massimi di sospensione della carica elettiva prevista dall'art. 15, commi 4 bis e 4 ter, 1. n. 55 del 1990» (parere tra

smesso con nota 23 aprile 2004, pervenuta il 3 maggio 2004). Nel procedimento penale a carico del sig. Aiello le sezioni

unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 47289 del 24

settembre - 10 dicembre 2003, ritenuto che la richiesta di pat

teggiamento non potesse essere formulata in grado d'appello o

nel giudizio di legittimità, hanno dichiarato inammissibile la ri chiesta di sospensione del procedimento formulata dall'impu tato in secondo grado, ai sensi dell'art. 5 1. n. 134 del 2003.

Testualmente, la corte ha affermato: «è da ritenere che l'art.

5, 1° comma, 1. n. 134 del 2003 si riferisca al giudizio di primo grado e che un patteggiamento sui giudizi d'impugnazione ne

cessariamente diverso da quello degli art. 444 ss. c.p.p. avrebbe

richiesto una previsione espressa e una disciplina specifica che

nella legge in esame mancano».

Né è possibile, secondo la presidenza del consiglio dei mini

enti locali, la presunzione di non colpevolezza ed il diritto di elettorato

passivo — per il cui bilanciamento l'operatore deve attenersi a criteri di stretta interpretazione. In applicazione di siffatto principio è stato ritenuto che la disposizione dell'art. 59, 3° comma, d.leg. 267/00, nel

prevedere che la sospensione di diritto per gli amministratori locali condannati in primo grado per un delitto di cui al 1 ° comma, lett. a), si estende per i dodici mesi successivi all'eventuale conferma della con

danna, si applica solo nel caso in cui la sentenza di appello intervenga durante il periodo di sospensione e non anche nel caso in cui quest'ul timo sia terminato.

Sul computo del periodo di sospensione, v. anche Cons. Stato, sez. 1, 24 ottobre 2002, n. 3282/02, id., Rep. 2003, voce Comune e provincia, nn. 384, 385, che ha precisato che la sospensione per la durata (massi ma) di diciotto mesi ai sensi dell'art. 59, 3° comma, d.leg. 267/00 si

applica soltanto alle sentenze previste dalla lett. a), con l'eccezione

prevista dal secondo periodo del 3° comma (intervento di una sentenza di rigetto dell'impugnazione in punto di responsabilità). Non sono dun

que compresi tutti i casi di sospensione dalla carica, come si evince dal 5° comma dell'art. 59 (ai termini del quale la sospensione viene meno

quando venga meno l'efficacia della misura coercitiva o quando venga emesso un provvedimento di revoca della misura di prevenzione): ne deriva che l'amministratore locale in carica, già sospeso cautelarmente, ove incorra in una nuova causa di sospensione per effetto di condanna non definitiva conseguente anche allo stesso fatto criminoso, sarà nuo vamente sospeso, e questa volta per il termine di diciotto mesi. In que st'ottica, è stato affermato inoltre che per l'ipotesi in cui un soggetto sia sottoposto ad una misura coercitiva per un determinato reato e ven

ga poi condannato per un reato diverso, la sospensione di diritto che

consegue alla misura coercitiva si cumula con quella derivante dalla condanna.

Per quanto attiene ai limiti entro i quali si fa ricorso alla sospensione di diritto dalla carica, Cass. 11 febbraio 2003, n. 1990, id., 2004,1, 842, con nota di richiami, ha stabilito che la condanna per delitti tentati (e non consumati) contro la pubblica amministrazione produce effetti ai soli fini della decadenza e non anche a quelli della sospensione cautela re dalla carica dell'amministratore locale (nella specie, la Corte di cas sazione ha ritenuto che la condanna non definitiva per tentata concus sione non costituisse un valido presupposto per la sospensione ex art. 59 d.leg. 267/00).

II. - Con riferimento all'applicazione dell'art. 15 1. 19 marzo 1990 n.

55, Cass. 21 aprile 2004, n. 7593, in questo fascicolo, I, 2131, ha sotto lineato come la causa di incandidabilità ad elezioni amministrative de rivante dalla condanna definitiva per uno dei reati di cui all'art. 15 1. 55/90 non si applichi nei confronti dei candidati che abbiano ottenuto la

riabilitazione, a condizione che la relativa pronuncia sia intervenuta

prima della presentazione della candidatura. III. - Circa l'istituto del «patteggiamento allargato», avendo riguar

do, segnatamente, alla richiesta di sospensione del processo, Corte cost. 9 luglio 2004, n. 219, id., Rep. 2004, voce Pena (applicazione su ri

chiesta), n. 31, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costi tuzionale dell'art. 5, 1°, 2° e 3° comma, 1. 12 giugno 2003 n. 134.

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