sezione VI; decisione 9 ottobre 1998, n. 1374; Pres. De Roberto, Est. Caringella; Marchese (Avv.Cuguraa, Sanino) c. Soc. Montemilia e Soc. coop. Agrimont (Avv. Guarino, Bertora), Min.risorse agricole, alimentari e forestali e Aima. Conferma Tar Lazio, sez. II, 12 gennaio 1996, n.142Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 12 (DICEMBRE 1998), pp. 603/604-605/606Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192771 .
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PARTE TERZA
stibili utilizzati e confrontarle con i valori determinati negli stessi
anni con il sistema di monitoraggio continuo.
4. Accertare e quantificare il danno ambientale causato dal
mancato rispetto alle norme di legge e delle direttive comunita
rie relative alle emissioni inquinanti da parte degli impianti ter
moelettrici Enel in Lombardia, in base all'art. 130 1. 909/86.
5. Se sia vero che il controllo delle emissioni in continuo di
cui al decreto impugnato non escluda l'applicazione dei prece
denti criteri di valutazione delle emissioni e se fornisce ulteriori
elementi per la loro quantificazione. 6. Se sia vero che il controllo di cui sopra fornisce rispetto
ai metodi di valutazione legati solo alla qualità e alla quantità
del combustibile più precisi elementi per quantificare l'emissio
ne di sostanze, quali ad es. gli ossidi di azoto che non dipendo
no solo dalla quantità e dalla qualità del combustibile ma anche
dalla modalità di combustione.
7. Se sia vero che il controllo in continuo di cui al decreto
impugnato consenta quanto sopra sub 6 anche in presenza della
possibilità per l'Enel — autorizzato d.m. del 1992 — di mesco
lare i combustibili al forno determinando la diluizione delle pol
veri nel camino.
8. Se sia vero che — rispetto al sistema di cui al d.m. 21
dicembre 1995, che prevede accordi per i singoli impianti tra
gestore ed ente di controllo — una regolamentazione unica del
le modalità di monitoraggio delle emissioni (quale quella del
decreto impugnato) dia migliori, uguali o peggiori garanzie di
uniformità nella raccolta dei dati, ai fini della loro elaborazione
ed utilizzazione per controllare le attività di combustione.
Ravvisata l'opportunità che la predetta consulenza — per la
multiformità dei singoli profili di indagine e per la specialità
dei menzionati quesiti — debba essere affidata ad un collegio
peritale, composto da esperti in servizio presso l'Istituto supe
riore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl).
Ritenuto di poter individuare nei seguenti funzionari del cita
to ente i soggetti cui affermare l'espletamento della menzionata
perizia collegiale: 1. ing. Rodolfo Graziani - direttore del dipartimento insedia
menti produttivi e impatto ambientale;
2. dott. Livio Giuliani - primo ricercatore, esperto di model
listica matematica applicata agli inquinamenti;
3. dott. Francesco Benvenuti - chimico dirigente del diparti
mento di igiene del lavoro.
Per questi motivi, dispone la suindicata consulenza tecnica.
IV
Ritenuto che non sussistono le ragioni richieste dalla legge
per l'accoglimento delle domande avanzate dai ricorrenti preor
dinate ad assicurare il «giusto costo delle telefonate per l'utenza
e per la Rai in relazione alla modalità di accesso ai giochi setti
manali della lotteria Italia» atteso che la fattispecie in esame
è inidonea a produrre un danno grave ed irreparabile, sia con
riferimento all'unico scatto addebitabile a coloro che partecipa
no al gioco, settimanalmente, sia con riferimento agli ulteriori
eventuali costi addebitabili alla Rai s.p.a. Quest'ultimi inerisco
no, invero, al rapporto contrattuale intercorrente tra la stessa
Rai s.p.a. e la Telecom, al quale rimane estraneo il Codacons,
quale associazione di consumatori, utenti radiotelevisivi e del
telefono.
Per questi motivi, il Tar Lazio, sez. Ili ter, respinge la suin
dicata domanda incidentale di sospensione nonché le ulteriori
domande cautelari.
V
Considerato; che la trasmissione dei programmi relativi ai cam
pionati mondiali di formula uno non sembra costituire manife
stazione di pubblicità diretta o indiretta dei prodotti da fumo
e che, d'altra parte, la 1. 10 aprile 1962 n. 165, non pone limiti
all'esercizio del diritto di cronaca con riferimento al divieto di
pubblicità dei suddetti prodotti.
li Foro Italiano — 1998.
Ritenuto inoltre che non vi è pericolo di danni imminenti,
tenuto anche conto che la telecronaca dei campionati in que
stione si svolge da molti anni con modalità (v. sponsorizzazio
ni) analoghe a quelle presenti nel campionato in corso.
Per questi motivi, il Tar Lazio, sez. Ili ter, respinge la suin
dicata domanda incidentale di sospensione.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 9 ottobre 1998,
n. 1374; Pres. De Roberto, Est. Carjngella; Marchese (Avv.
Cugurra, Sanino) c. Soc. Montemilia e Soc. coop. Agri
mont (Avv. Guarino, Bertora), Min. risorse agricole, ali
mentari e forestali e Aima. Conferma Tar Lazio, sez. II, 12
gennaio 1996, n. 142.
Agricoltura — Quote latte — Abbandono definitivo della pro duzione da parte del solo affittuario — Esclusione — Fatti
specie (L. 26 novembre 1992 n. 468, misure urgenti nel setto
re lattiero-caseario, art. 2, 10).
Non essendovi coincidenza tra titolarità delle quote latte e legit
timazione a partecipare al programma di abbandono della pro
duzione lattiera, la domanda di partecipazione a tale ultimo
programma non può essere accolta se non sottoscritta dal ti
tolare del podere, quando abbia l'effetto di modificare la de
stinazione del fondo predisposta dal proprietario per la pro
duzione di una determinata quantità di latte. (1)
Diritto. — Con l'appello in esame Marchese Antonio, affit
tuario del podere di pertinenza della società Montemilia s.r.l.,
impugna la decisione con la quale il Tar ha annullato, unita
mente alle circolari regolanti la materia, il provvedimento di
autorizzazione alla rinuncia alle quote latte relative a detti ap
pezzamenti di terra.
Il ricorrente contesta, con il primo motivo di gravame, l'as
sunto del Tar secondo cui la rinuncia alle quote latte impliche
(1) L'impugnata decisione di Tar Lazio, sez. II, 12 gennaio 1996, n. 142, Foro it., Rep. 1996, voce Agricoltura, n. 82, è riportata in
Riv. dir. agr., 1996, II, 134, con commento di Di Lauro, e in Dir.
e giur. agr. e ambiente, 1996, 333, con commento di Masini.
Ai sensi dell'art. 2 1. 26 dicembre 1992 n. 468, l'affittuario di fondo
rustico aveva fatto domanda di abbandono volontario della produzione lattiera, senza il consenso del proprietario concedente, e la domanda
di abbandono era stata accolta dall'Anna. Donde il ricorso del proprietario concedente, accolto dal Tar Lazio
e confermato dalla decisione del Consiglio di Stato riportata. Ha osservato la decisione riportata che la titolarità delle quote latte
spetta al produttore nella sua qualità di conduttore dell'azienda agrico
la, fatte salve le diverse pattuizioni tra le parti. La ratio della norma
è stata individuata nel riconoscimento, anche economico, dell'impor tanza del lavoro e dell'imprenditoria posti al servizio della produzione, «essendo di vitale importanza per un serio sviluppo dell'economia agri cola che i benefici connessi alla produzione siano attribuiti agli effettivi
responsabili della medesima». Al riguardo, è stata richiamata Corte cost.
6 aprile 1998, n. 100, Foro it., 1998, I, 1730, secondo cui «il sistema
di contenimento della produzione nei limiti prefissati ha, come punto centrale di riferimento il produttore: a lui è assegnata la quota di pro
duzione; egli è soggetto al prelievo supplementare, per la produzione eccedente tale quota; lo stesso è, quale titolare della quota latte, legitti mato a cederla o ad affittarla, totalmente o parzialmente».
Poiché l'abbandono della produzione lattiera si sostanzia in un'abdi
cazione irreversibile della quota latte, la decisione riportata ha ravvisa
to un depauperamento della sfera del proprietario del bene, che, come
innanzi sottolineato, aveva predisposto il fondo per la produzione di
una determinata quantità di latte. È stata pertanto ritenuta un'inam
missibile incisione della sfera giuridica del proprietario oltre la sfera
di afferenza del contratto di locazione.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
rebbe la necessaria manifestazione adesiva di volontà del pro
prietario del terreno, osservando che in base all'art. 10 1. 468/92
tutte le facoltà relative alla quota latte sono esercitate dal pro duttore concessionario, titolare della quota medesima in quanto conduttore dell'azienda agricola. In detto panorama normativo
l'assunto dei primi giudici, circa il necessario concorso del pro
prietario in caso di rinuncia, è sprovvisto di ogni addentellato
sistematico e logico. Con il secondo motivo l'appellante deduce il difetto di legitti
mazione al ricorso introduttivo delle società appellate per difet
to di interesse.
L'infondatezza nel merito del ricorso di appello esonera il
collegio dallo scrutinio delle eccezioni di inammissibilità artico
late dalle parti appellate. Il 1° comma dell'art. 10 1. 468/92 attribuisce la titolarità del
la quota latte al produttore nella sua qualità di conduttore del
l'azienda agricola. La ratio della norma risiede, come corretta
mente argomentato dai primi giudici, nel riconoscimento, anche
economico, dell'importanza del lavoro e dell'imprenditorialità
posti al servizio della produzione «essendo di vitale importanza
per un serio sviluppo dell'economia agricola che i benefici con
nessi alla produzione siano attribuiti agli effettivi responsabili della medesima». Al riguardo la corte delle leggi ha di recente
reputato legittimo il sistema vigente in punto di titolarità della
quota e delle facoltà conseguenti, osservando che «il sistema
di contenimento della produzione nei limiti prefissati ha, come
punto centrale di riferimento, il produttore: a lui è assegnata la quota di produzione; egli è soggetto al prelievo supplementa
re, per la produzione eccedente tale quota; lo stesso è, quale titolare della quota latte, legittimato a cederla o ad affittarla, totalmente o parzialmente» (Corte cost. 6 aprile 1998, n. 100, Foro it., 1998, I, 1730).
In siffatto quadro teleologico il richiamo del 2° comma della
norma de qua alle facoltà esercitagli dal titolare della quota latte (cessione ed affitto, totali o parziali, a determinate condi
zioni) non vale a supportare la tesi dell'ammissibilità di un ab
bandono invito domino della quota latte. Mentre infatti le fa
coltà normativamente contemplate, alla stregua dei principi ge
nerali, sono esercitabili nei limiti temporali di efficacia del
contratto di locazione, senza intaccare al di là di detto torno
di tempo la posizione del dominus, l'abbandono si sostanzia
in un'abdicazione irreversibile della quota latte, id est in un
depauperamento definitivo della sfera del proprietario del bene
ben oltre lo spettro di azione del titolo pattizio sul quale si
fonda la posizione di titolare della quota latte. Nel silenzio del
legislatore sul punto, un approccio ermeneutico, come quello
patrocinato dal ricorrente, che postulasse la legittimazione al
l'abbandono definitivo del programma di produzione da parte del solo conduttore, senza coinvolgimento del proprietario, si
concreterebbe in una patente violazione del brocardo nemo plus
trans/erre potest quam ipse habet, ossia in un'inammissibile in
cisione della sfera giuridica del proprietario oltre la sfera di af
ferenza del contratto di locazione.
Condivisibili si dimostrano pertanto le conclusioni raggiunte dai primi giudici circa l'illegittimità del provvedimento di auto
rizzazione all'abbandono nonostante il mancato interpello del
proprietario, in uno con le circolari in quanto non adeguata mente disciplinanti il procedimento di abbandono nella traccia
ta prospettiva. L'assunto è definitivamente corroborato, come esattamente
osservato dai giudici di prime cure con una parabola argomen tativa sul punto non oggetto di specifica censura, dall'osserva
zione che una contraria prospettiva ermeneutica, che consentis
se al titolare della quota latte una facoltà di abbandono sgan ciata dal consenso del dominus del fondo, comporterebbe una
violazione del principio generale secondo cui, alla luce dell'art.
1615 c.c. e dell'art. 16 1. 3 maggio 1982 n. 203, ossia di una
normativa non intaccata dalla legislazione in tema di quote lat
te (cfr., sul punto, Corte cost. 100/98, cit.), le opere, le addi
zioni e le trasformazioni apportabili da ciascuna delle parti del
contratto di affitto non possono modificare la destinazione agri cola del fondo. Per converso, l'ammissione al programma di
abbandono, in spregio al limite del salva rerum substantia, fini
II Foro Italiano — 1998.
see per innescare un unilaterale mutamento dell'originaria voca
zione del fondo.
Parimenti infondata è l'eccezione, sollevata al secondo moti
vo di gravame, d'inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse.
Osserva il collegio che l'interesse al ricorso è ravvisabile in
capo alla s.a.s. Montemilia, in quanto, al di là dell'asserita man
cata produzione di latte relativa agli anni in esame — dato con
testato peraltro dall'appellata — l'adesione al programma di
abbandono concreta un'espropriazione della quota operante ben
al di là della durata del rapporto contrattuale con l'appellante. Del pari legittimata deve ritenersi la cooperativa Agrimont,
in quanto la quota latte assegnata risponde, a norma dell'art.
2, n. 2, lett. A, 1. 468/92, alla quantità commercializzata nel
periodo 1988-89, periodo nel quale conduttore era per l'appun to la società cooperativa Agrimont.
Le considerazioni che precedono impongono la reiezione del
l'appello.
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 7 ottobre 1998, n. 1296; Pres. Catallozzi, Est. Poli; Soc. coop. Raiffeisen
verband Sudtirol (Avv. Vanzetta, Schwarzenberg, Manzi) c. Provincia automoma di Bolzano (Aw. Larcher, Costa), Federazione italiana consorzi agrari ed altra. Conferma Trga Trentino Alto Adige, sez. Bolzano, 3 maggio 1996, n. 114.
Antichità e beni culturali — Cose d'interesse artistico e storico — Prelazione per il caso di vendita — Esercizio — Motiva
zione — Fattispecie (L. 1° giugno 1939 n. 1089, tutela delle
cose di interesse artistico o storico, art. 31, 32). Antichità e beni culturali — Cose d'interesse artistico e storico
— Prelazione per il caso di vendita — Esercizio — Impegno di spesa — Requisiti (R.d. 30 gennaio 1913 n. 363, regola mento di esecuzione delle leggi 20 giugno 1909 n. 364 e 23
giugno 1912 n. 688 per le antichità e belle arti, art. 65; 1.
1° giugno 1939 n. 1089, art. 31, 32).
È legittimo il provvedimento con cui è esercitata la prelazione
per l'acquisto di un edificio d'interesse storico-artistico moti
vandosi, per relationem e sinteticamente, riguardo al fine di
assicurare la maggior tutela sotto il profilo della conservazio ne monumentale. (1)
(1) Sull'obbligo di congrua motivazione del provvedimento con cui è esercitato il potere di prelazione artistica, v. Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 1982, n. 129, Foro it., 1982, III, 285, a maggior ragione ove l'acquisto del bene venga a incidere su particolari realtà giuridiche, quali la comproprietà del bene (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 1988, n. 323, id., Rep. 1988, voce Antichità, n. 37; l'esercizio della prelazione su una quota o parte del bene culturale è peraltro escluso da Cass. 20 novembre 1996, n. 10160, id., 1997, I, 504, con nota di richiami); diversamente, non occorre motivare in relazione ad eventuali situazioni
pregresse o ad interessi che sarebbero esistiti in passato, ma solo con riferimento a interessi attuali al momento dell'adozione del provvedi mento (Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 1997, n. 1125, id., Rep. 1997, voce cit., n. 58).
In ordine agli scopi per cui può essere esercitata la prelazione artisti ca (indicati da Mansi, La tutela dei beni cuturaii, Padova, 1998, 331, nella migliore conservazione e necessità di incrementare il patrimonio artistico della nazione), nell'assenza di indicazioni di legge circa la ri correnza di motivi giustificanti l'acquisto statale, e nella peculiarità del
l'istituto, che sfugge ad ogni riconduzione sistematica di categoria (Fab bricatore - Scarpa, La circolazione dei beni culturali, Milano, 1998,
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