sezione VI; ordinanza 20 novembre 1986, n. 860; Pres. Quartulli, Rel. Frascione; Min. pubblicaistruzione (Avv. dello Stato Imponente) c. MartinelliSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 187/188-189/190Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179945 .
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PARTE TERZA
in una logica quanto più possibile unitaria, allorché le situazioni
sostanziali facenti capo all'insegnante di ruolo e a quello non
di ruolo presentino caratteristiche comuni e non sussistano altresì
valide ragioni contrarie per far luogo all'applicazione di procedu re garantiste tra loro differenziate.
Queste ragioni, nella specie, come si è in precedenza precisato, non possono essere individuate nella esigenza di speditezza del
l'amministrazione e nel carattere temporaneo delle funzioni svol
te dal docente non di ruolo. Entrambe tali considerazioni possono essere agevolmente superate sulla base dell'assorbente rilievo che
è nella disponibilità della stessa p.a. fare in modo che la procedu ra garantista necessaria per l'adozione del provvedimento di li
cenziamento si svolga secondo cadenze temporali tali da assicurare
anche la salvaguardia dell'interesse pubblico eventualmente com
promesso dall'insegnamento qualitativamente carente del docente
non di ruolo.
La infondatezza del secondo motivo di gravame comporta, nei
termini precedentemente esposti, il rigetto dell'appello e la con
ferma della sentenza di primo grado. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; ordinanza 20 novembre
1986, n. 860; Pres. Quartulli, Rei. Frascione; Min. pubblica istruzione (Avv. dello Stato Imponente) c. Martinelli.
Ricorsi amministrativi — Ricorso gerarchico — Decisione tardiva
— Illegittimità — Rimessione della questione all'adunanza ple
naria (D.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199, semplificazione dei
procedimenti in materia di ricorsi amministrativi, art. 6; 1. 6
dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi
regionali, art. 20).
È opportuno rimettere all'adunanza plenaria la questione della
illegittimità, o, addirittura, della nullità della decisione di acco
glimento del ricorso gerarchico che sia stata tardivamente adot
tata, o comunicata. (1)
(1) L'ordinanza dubita della ricostruzione del silenzio-rigetto mantenu
to dall'amministrazione alla quale era stato presentato ricorso gerarchico, e della sua decisione tardiva, delineata soprattutto dalla decisione dell'a
dunanza plenaria 7 febbraio 1978, n. 4, Foro it., 1978, III, 338, con
nota di richiami di Garrone (annotata da Migliarese Tamburino, id.,
1979, III, 392), e poi seguita da una giurisprudenza maggioritaria: vedine
il quadro in nota a T.A.R. Campania 1° febbraio 1983, n. 30, e a T.A.R.
Puglia, sez. Lecce, 2 dicembre 1982, n. 562, id., 1984, III, 156. In parti colare (ma tale ricostruzione è cosi connessa nei suoi vari aspetti, che
non si sa quanto il dissenso su uno di essi sia circoscrivibile solo ad esso, senza indebolire il fondamento anche degli altri), l'ordinanza dubita della
assolutezza della tesi secondo la quale la decisione pronunciata tardiva
mente (evidentemente, il problema si pone per la decisione di accoglimen
to), sia per ciò stesso comunque illegittima, se non addirittura inutitìter
data (secondo una terminologia che vela col latinetto la più impegnativa
qualificazione come di nullità, che pure l'ordinanza stessa esplicitamente
evoca). In questi termini, l'ordinanza trova un precedente nella già ri
chiamata sentenza del T.A.R. Campania, mentre nell'opposto senso as
solutamente maggioritario della illegittimità della decisione tardiva v., oltre
la parimenti già richiamata sentenza del T.A.R. Puglia, per la giurispru denza successiva a quella indicata nella relativa nota di richiami, Cons.
Stato, sez. IV, 9 gennaio 1986, n. 8, Cons. Stato, 1986, I, 24; sez. VI
24 novembre 1983, n. 838, Foro it., Rep. 1984, voce Ricorsi amministra
tivi,, n. 10; sez. IV 14 settembre 1984, n. 675, ibid., n. 12; la decisione
della sez. VI 18 novembre 1985, n. 597, richiamata in motivazione, Cons.
Stato, 1985, I, 1471, come la sentenza del T.A.R. Puglia, sez. Lecce, 19 dicembre 1983, n. 483, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 13, afferma
no la illegittimità anche della decisione che sia stata solo tardivamente
comunicata, dopo essere stata tempestivamente adottata; mentre T.A.R.
Lombardia, sez. II, 10 settembre 1983, n. 1355, ibid., n. 8, sembra ricol
legare la illegittimità della decisione tardiva (di rigetto) alla impugnazione in sede giurisdizionale del silenzio-rigetto, che il ricorrente abbia nel frat
tempo proposto (per il completamento della prospettiva nella quale que sto orientamento giurisprudenziale si iscrive, v. anche la tesi secondo la
quale la mancata tempestiva decisione del ricorso amministrativo non co
stituisce per l'amministrazione un comportamento illegittimo, ma solo
consente all'interessato di utilizzare gli ulteriori mezzi di tutela ammini
strativa o giurisdizionale: Cons. Stato, sez. II, 9 marzo 1982, n. 582/81,
ibid., n. 11; cfr. anche T.A.R. Lombardia 14 luglio 1983, n. 996, ibid., n. 14).
Il Foro Italiano — 1987.
Fatto. — L'insegnante elementare Marisa De Luca in data 13
ottobre 1980 proponeva ricorso gerarchico al ministero della pub
blica istruzione avverso il trasferimento di Carla Martinelli, di
sposto, col primo movimento del personale docente del 5 giugno
1980, da Trasacco a Tagliacozzo-Colle S. Giacomo.
Il ministero, con decreto n. 1 del 3 gennaio 1981, accoglieva il ricorso prodotto dalla De Luca ed il provveditore agli studi,
nel dare esecuzione alla decisione amministrativa, con suo decre
to del 4 febbraio 1981 disponeva, a decorrere dal 10 settembre
1981, il trasferimento della De Luca dal plesso scolastico di
Tagliacozzo-Gallo a quello di Tagliacozzo-S. Giacomo ed il tras
ferimento della Martinelli da Tagliacozzo-San Giacomo a
T agliacozzo-Gallo. Contro i due provvedimenti proponeva ricorso al TAR per l'A
bruzzo, con atto notificato il 17 marzo 1981, la sig. Martinelli
denunciando i seguenti vizi:
1) Violazione dell'art. 6 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199. Ec
cesso di potere per falsità di presupposti. Illegittimità derivata.
Violazione delle norme e dei principi amministrativi: la decisione
di accoglimento del ricorso gerarchico risulta comunicata dopo la formazione del silenzio-rigetto e deve considerarsi inutiliter data.
Il provvedimento dei menzionati trasferimenti è pertanto vizia
to da illegittimità derivata e da eccesso di potere per falsità dei
presupposti.
2) Violazione dell'art. 5 d.p.r. n. 1199/71. Eccesso di potere
per difetto di motivazione: alla ricorrente è stata data tardiva
mente (il 26 gennaio 1981) semplice comunicazione che il ricorso
prodotto dalla sig. De Luca «è stato accolto».
Il provvedimento si presenta assolutamente privo di qualsiasi
motivazione.
Con la decisione n. 268 del 7 dicembre 1982 il T.A.R. per l'A bruzzo ha accolto il ricorso giurisdizionale ritenendo illegittimo il decreto ministeriale 3 gennaio 1981 di accoglimento del ricorso
gerarchico, in quanto, se pure sottoscritto entro i novanta giorni
dalla presentazione del gravame, esso era stato comunicato dopo
questo termine e doveva quindi considerarsi emanato dopo la con
sumazione del potere decisorio a norma dell'art. 6 d.p.r. 24 no
vembre 1971 n. 1199.
Contro tale pronunzia, che ritiene ingiusta, l'amministrazione
della p.i. propone appello per i seguenti motivi (omissis)
2) In linea affatto subordinata, osserviamo che, pure dopo il
decorso dei novanta giorni dalla presentazione del ricorso gerar
chico, il ministero può adottare un provvedimento esplicito di
accoglimento del ricorso medesimo (sez. VI 30 ottobre 1981, n.
592, Foro it., Rep. 1982, voce Ricorsi amministrativi, n. 16; 16
aprile 1982, n. 218, ibid., n. 15). Provvedimento che il controinteressato ha la facoltà — e l'one
re — di impugnare per gli eventuali vizi che lo inficino, ma non
certo per il semplice fatto che il decreto sia stato emesso dopo i novanta giorni dalla presentazione del ricorso gerarchico.
3) Ebbene la sig. Martinelli non ha saputo indicare altro vizio che il difetto di motivazione nella lettera di comunicazione.
Ma è noto che la motivazione deve sussistere nel provvedimen to ministeriale e non nella semplice comunicazione che di esso
l'autorità periferica faccia all'interessato.
Ed il d.m. 3 gennaio 1981 è ampiamente motivato per relatio
nem con richiamo al parere del consiglio per il contenzioso della
scuola elementare ad esso allegato. (Omissis) Diritto. — Con l'impugnata sentenza, il giudice di prime cure
ha affermato che, ai sensi dell'art. 6 d.p.r. 24 novembre 1971
n. 1199, al fine di evitare la formazione del silenzio-rigetto sul
ricorso gerarchico, è necessario che nel termine di novanta giorni dalla presentazione del gravame non solo sia intervenuta la deci
sione, bensì che la stessa sia stata anche comunicata alle parti interessate.
Il T.A.R. precisa, inoltre, che, nella fattispecie, la decisione
esplicita di accoglimento del ricorso gerarchico è giuridicamente inesistente essendo stata emanata dopo la scadenza del suindicato
termine di novanta giorni, cioè quando si era già consumato il
potere decisionale.
L'avvocatura dello Stato critica tale sentenza sotto un duplice
profilo adducendo da una parte che il decreto ministeriale di ac
coglimento del ricorso gerarchico è stato adottato il 3 gennaio
1981, quando cioè, contrariamente a quanto affermato dal tribu
nale, il potere decisionale era ancora operante, giacché la comu
nicazione degli atti amministrativi non attiene alla loro perfezione
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ma costituisce, al contrario, un mero requisito estrinseco, dall'al
tra, in linea subordinata, che il ministro può legittimamente adot
tare un provvedimento esplicito di accoglimento del ricorso
gerarchico anche dopo il decorso del termine di novanta giorni dalla sua presentazione.
Osserva il collegio che la sentenza appellata si basa sull'affer
mazione di principi giuridici, recessivi nella giurisprudenza ammi
nistrativa ed in effetti non condividibili. Essa infatti ha dato accoglimento alla tesi, prospettata dalla ricorrente, prof. Marti
nelli, della inesistenza giuridica della decisione del ricorso gerar chico proposto dalla prof. De Luca, perché tardivamente
comunicata e quindi inutiliter data, dopo la consumazione del
potere di decisione, inidonea in quanto tale ad incidere sulle posi zioni giuridiche della controinteressata.
Peraltro, a parte il rilievo che la tardività della decisione del
ricorso gerarchico è stata dedotta esclusivamente in base alla data
di comunicazione della decisione stessa alla prof. Martinelli, che
in quella vicenda aveva la posizione di controinteressata, e non
già alla ricorrente prof. De Luca, la consumazione del termine
stabilito dall'art. 6 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199 e dall'art.
20 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, non determina la giuridica inesi
stenza della eventuale decisione tardiva.
Tale opinione non trova infatti rispondenza nella lettera delle
disposizioni che regolano la materia, in una delle quali si legge che il ricorso si intende rigettato a tutti gli effetti (art. 6) mentre
nell'altra (art. 20 cit.) si rende ammissibile il ricorso giurisdizio nale avverso il provvedimento impugnato in sede gerarchica.
Queste disposizioni sembrano perfettamente rispondenti alla ratio
perseguita dal legislatore, che si individua nell'intento di accre
scere le garanzie degli interessati per l'ottenimento di una solleci
ta giustizia e non già di determinare una sistemazione definitiva
e irrevocabile della situazione giuridica dedotta in controversia.
Perciò la consumazione del termine stabilito nelle norme sopra citate comporta l'unico ed automatico effetto della formazione
del silenzio-rigetto, atto amministrativo tacito, e dell'impugnabi lità dell'originario provvedimento in sede giurisdizionale.
La conseguenza di questa impostazione è che non può essere
negata la possibilità che, pur dopo la formazione del silenzio
rigetto, possano essere emanati provvedimenti amministrativi da
parte dell'autorità decidente, capaci di incidere sulla situazione
giuridica insorta con la formazione del silenzio-rigetto.
Questo problema, com'è noto, è già stato affrontato e risolto
dall'adunanza plenaria con la decisione n. 4 del 7 febbraio 1978
(Foro it., 1978, III, 338), con soluzioni diverse secondo che la
tardiva decisione del ricorso gerarchico abbia contenuto di riget to o di accoglimento.
Nel primo caso la decisione ha carattere di conferma del prov vedimento tacito di reiezione del ricorso, ma può essere assogget tata ad autonoma impugnazione, sotto profili che abbiano aspetto di novità rispetto alla situazione precedente. Nel secondo caso
la decisione tardiva vale come revoca del provvedimento tacito
di rigetto del ricorso e, se venga accettata dalle parti, comporta la definitiva sistemazione della situazione nei termini da essa sta
biliti. Peraltro, eventuali controinteressati hanno la possibilità di
far valere nei modi di legge il vizio di legittimità che inficia la decisione tardiva sotto il profilo della violazione degli art. 6 e
20 per inosservanza del termine quivi comminato, con possibilità
dunque di ottenere per tale ragione l'annullamento.
Fondamento comune dell'intero sistema sopra delineato è dun
que il riconoscimento della possibilità dell'emanazione di decisio
ni tardive su ricorsi gerarchici. La inosservanza del termine non
produce, secondo questo schema, effetti diversi da quelli di ogni altra violazione di legge ed influisce, quindi, non sull'esistenza
ma sulla validità dell'atto.
In questo senso la loro eliminazione dal mondo giuridico può avvenire solo attraverso formale impugnazione e con la deduzio
ne di specifica doglianza. La giurisprudenza, sulla scia di questo
orientamento, ha poi stabilito che tale soluzione vale sia nel caso
di inerzia dell'autorità decidente, sia nel caso in cui sia stata adot
tata nei termini, ma non sia stata tuttavia comunicata alla ricor
rente (sez. VI 18 novembre 1985, n. 597). Le innegabili differenze
che caratterizzano le due ipotesi non sarebbero rilevanti, infatti, di fronte all'automatico prodursi del risultato reiettivo del ricor
so per il solo fatto della mancata comunicazione al ricorrente
di una decisione espressa nei termini di legge. La preesistenza della decisione alla scadenza del termine non sarebbe sufficiente
ad evitare la formazione del silenzio visto che, per principio gene
1l Foro Italiano — 1987.
rale (art. 5 d.p.r. 1199/71), le decisioni dei ricorsi amministrativi hanno da essere comunicate agli interessati e che tale formalità — essenziale per il perfezionamento della fattispecie decisoria —
è stata vincolata a un termine la cui consumazione produce auto
maticamente effetti incidenti sulla posizione dell'amministrazio
ne, del ricorrente e degli altri interessati.
In base agli esposti principi, non rimarrebbe, quindi, che esa
minare, se, nel caso di specie, la controinteressata abbia proposto in primo grado specifica censura avverso la decisione tardivamente
comunicata, per violazione dell'art. 6 d.p.r. 1199/71.
Ma la sezione ritiene doveroso prospettare qualche riserva sul
rigore del citato orientamento giurisprudenziale, nel punto in cui
dall'inutile decorrenza del termine trae la conseguenza della con
sumazione della potestà di decisione, con la conseguente illegitti mità (e per taluni, addirittura nullità) della tardiva decisione, sostanzialmente rimessa al comportamento acquiescente degli in
teressati, negando peraltro al ricorrente il diritto di ricorrere av
verso l'eventuale decisione tardiva di rigetto.
Invero, nel caso di decisione tardiva di accoglimento (non im
pugnata dall'interessato) la situazione giuridica rimarrebbe rego lata ex novo da un provvedimento per definizione illegittimo,
assoggettabile peraltro, in quanto tale, all'esercizio dei poteri di
autotutela dell'amministrazione. D'altro canto potrebbe riuscire
non sempre agevole la sua configurazione (o, quanto meno l'at
tribuzione di valore) come revoca del silenzio-rigetto, sia per quanto
riguarda presupposti e forme, sia per quel che riguarda l'efficacia
nel tempo del nuovo provvedimento. Peraltro la qualificazione del silenzio come rigetto del ricorso
non comporta concettualmente la necessaria consumazione delle
potestà di decidere dopo la maturazione del termine, cosi come
non comporta necessariamente la sua illegittimità. Ammettere la validità della tardiva decisione non sembra porsi
in contrasto con la finalità perseguita dal legislatore, di accelera
zione delle procedure di decisione dei ricorsi gerarchici; per altro
verso concede al ricorrente il beneficio di una più pronta tutela
del suo interesse, senza sottrargli la possibilità di attendere la for
male decisione del ricorso, il cui esito può essere a lui favorevole.
La tesi che nega la possibilità e la legittimità della decisione tardi
va pone invece il ricorrente nella necessità di affrontare le spese e i disagi di una immediata impugnazione, in sede giurisdizionale o straordinaria, per non correre il rischio della tacita e definitiva
compromissione del suo diritto o interesse: convertendo in tal
guisa una norma di beneficio in un precetto di automatica reie
zione dei ricorsi gerarchici per il solo fatto della decorrenza del
termine per decidere.
La sezione ritiene, in conseguenza che vi sia materia per nuovi
approfondimenti e, pertanto, ravvisa gli estremi per un rinvio
all'adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali che si appresta ad esaminare una questione analoga, anche se per profili diversi,
prospettata dalla sezione IV con ordinanza n. 250 del 12 aprile 1986.
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