sezione VI penale; sentenza 1° ottobre 1986; Pres. Dattilo, Est. Moro, P.M. Ciampani (concl.conf.); ric. Speziale. Conferma Pret. Torino 30 aprile 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 513/514-523/524Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179042 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
di rinvio verificare se la situazione di fatto consenta di addivenire
alla conclusione sulla esistenza della volontà intenzionale della
direzione univoca degli atti idonei riesaminando, nel caso affer
mativo, anche il tema della desistenza proposto in via subordina
ta dal ricorrente. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 1° otto
bre 1986; Pres. Dattilo, Est. Moro, P.M. Ciampani (conci,
conf.); ric. Speziale. Conferma Pret. Torino 30 aprile 1985.
Pena — Sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato anteriore
alle formalità di apertura del dibattimento — Obbligo di im
mediata pronuncia — Insussistenza (L. 24 novembre 1981 n.
689, modifiche al sistema penale, art. 77, 79). Pena — Sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato — Riserva
di riesame — Atto formale di rigetto — Necessità — Esclusio
ne (L. 24 novembre 1981 n. 689, art. 77, 79). Pena — Sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato — Appli
cazione — Appello — Esclusione — Questione manifestamente
infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; 1. 24 novembre
1981 n. 689, art. 77, 79).
L'imputato che abbia fatto richiesta di applicazione di una san
zione sostitutiva prima delle formalità di apertura del dibatti
mento, non ha diritto ad ottenere in via immediata la relativa
pronuncia, avendo invece il giudice l'obbligo frectius, il potere
discrezionale), ove allo stato manchi un accertamento dei pre
supposti su cui si deve ancorare il provvedimento, di procedere nel dibattimento stesso al fine di accertare la sussistenza di tali
presupposti (nella specie, la corte ha chiarito che l'esercizio di
tale potere discrezionale da parte del giudice non è sindacabile
in sede di legittimità, ove invece è possibile sindacare solo se
è giustificata la reiezione o l'accoglimento dell'istanza con la
sentenza). (1) Qualora il giudice, di fronte ad una tempestiva richiesta di appli
cazione di sanzione sostitutiva da parte dell'imputato, si sia
riservato di provvedere, non è necessario sul punto un formale
provvedimento di rigetto. (2) È manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost.,
la questione di legittimità costituzionale degli art. 77 e 79 I.
24 novembre 1981 n. 689, nella parte in cui non consentono
di proporre appello contro la sentenza che ha applicato, dopo la chiusura del dibattimento, la sanzione sostitutiva a richiesta
dell'imputato. (3)
(1-3) La sentenza presenta interesse perché, nell'affrontare questioni sostanzialmente nuove quanto meno a livello giurisprudenziale, ne trae 10 spunto per una ricostruzione teorica della ratio dell'istituto del «pat
teggiamento» e della natura della sentenza che, accogliendo la richiesta
dell'imputato, conclude il procedimento (art. 77 1. 24 novembre 1981 n.
689). Quanto alle prime due questioni espressamente affrontate, la Cassazio
ne le ha risolte rimeditando i rapporti tra l'istanza dell'imputato di appli cazione della sanzione sostitutiva e la correlativa decisione del giudice alla luce delle finalità dell'istituto in parola: la ratio che sottende il c.d.
«patteggiamento», quella di ottenere una deprocessualizzazione ed uno
sveltimento del processo penale attraverso l'offerta di una formula termi
nativa di estinzione del reato in cambio di una rinuncia dell'imputato a parte di quegli strumenti che (pur di garanzia) finiscono con il rendere
lento e defatigante il processo, presuppone una istanza dell'imputato for
mulata entro termini perentori ma non deve essere necessariamente ed
automaticamente accolta dal giudice, nonostante il parere favorevole del
pubblico ministero. Il giudice infatti non ha una mera funzione di «omo
logazione» della istanza dell'imputato, essendo dotato di un ampio pote re discrezionale finalizzato ad accertare sia se all'autore del reato debba
essere in concreto applicabile una pena non superiore a tre mesi di reclu
sione o di arresto, sia se, valutata la gravità del reato e la personalità
dell'imputato, risulti opportuna la sostituzione e, in caso positivo, quale delle due sanzioni sostitutive appaia la più idonea al reinserimento sociale
dell'imputato. A questa conclusione conduce del resto lo stesso disposto dell'art. 77
1. 689: la formula «in seguito all'esame degli atti e agli accertamenti even
tualmente disposti» indica come la richiesta dell'imputato non privi il
giudice dei suoi poteri istruttori ed anzi lo facultizzi a compiere le (even
tuali) indagini necessarie per procedere all'accertamento della sussistenza
11 Foro Italiano — 1987 — Parte II-36.
Fatto. — Speziale Loredana veniva rinviata a giudizio avanti
al Pretore di Torino per rispondere del reato di cui all'art. 81,
cpv., e 328 c.p. per avere, nella sua qualità di ufficiale giudizia
rio, omesso di procedere alla citazione di alcuni testi di cui era
stato indicato il domicilio presso l'albergo Ginevra di via Lagran
ge — facilmente individuabile — anche se non risultava nel de
creto di citazione l'indicazione del numero civico.
dei presupposti e delle condizioni per provvedere sulla richiesta (sul pun to, in dottrina, v. Amato, Natura, contenuti ed effetti della sentenza nel procedimento di «patteggiamento», in Cass, pen., 1986, 913 ss., dove si sostiene come la stessa formula non possa, peraltro, essere utilizzata
per farne discendere l'obbligo di un previo accertamento della penale re
sponsabilità dell'imputato, quale presupposto per l'applicazione della ri chiesta sanzione sostitutiva).
In una tale ottica ricostruttiva, secondo il ragionamento della Suprema corte, mentre è prevista espressamente una preclusione temporale alla ri chiesta dell'imputato (l'istanza può essere presentata «nel corso dell'istru zione e fino a quando non sono compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento», arg. ex art. 77, 1° comma, e 79 1. 689), non è al contrario posto né un obbligo per il giudice di emettere un for male provvedimento reiettivo dell'istanza né un limite temporale entro cui lo stesso deve decidere sulla stessa: l'art. 79 1. 689 anzi consente al
giudice, di fronte ad una tempestiva istanza dell'imputato, di applicare la sanzione sostitutiva dichiarando estinto il reato «in ogni stato e grado del procedimento».
In conclusione per la Suprema corte la richiesta dell'imputato costitui sce il presupposto necessario per la conclusione del processo con la for mula terminativa della estinzione del reato altrimenti non adottabile ma non fa scattare alcun diritto per l'imputato di ottenere una risposta del
giudice — negativa o positiva — in via immediata, nella stessa fase in cui essa è stata formulata: derivandone, per la corte, la inesistenza sia della necessità di alcun formale provvedimento di rigetto, ove il giudice intenda procedere al dibattimento, sia della possibilità per l'imputato di
impugnare un provvedimento di reiezione — allo stato degli atti — for malmente neppure previsto. La eventuale impugnativa dell'imputato po trà riguardare la sentenza con cui, non accogliendosi l'istanza, si sia condannato l'imputato ovvero (ma solo con ricorso per cassazione) la sentenza con cui, accogliendo l'istanza, si sia applicata la sanzione sosti tutiva e dichiarato estinto il reato.
In senso difforme sul punto dell'accoglimento immediato della richie sta dell'imputato pare essere Cass. 27 settembre 1984, Roffi, Foro it.,
Rep. 1985, voce Pena, n. 110, per la quale pur avendo la richiesta di
applicazione della sanzione sostitutiva fatta dall'imputato prima delle for malità di apertura del dibattimento finalità che richiedono un'applicazio ne immediata della sanzione stessa (ricorrendone i presupposti), l'integrale svolgimento del dibattimento culminato nell'applicazione della sanzione sostitutiva richiesta costituisce (solo) una mera irritualità che non inficia né invalida il provvedimento finale che infligge la sanzione sostitutiva.
Sulla necessità di un provvedimento interlocutorio di non accoglimento della richiesta, v. Cass. 23 gennaio 1985, Salzano, ibid., n. Ili, per la
quale ove il giudice non intenda accogliere la richiesta dell'imputato deve emettere un provvedimento interlocutorio in proposito proseguendo nel
giudizio con il rito ordinario dibattimentale; Cass. 14 febbraio 1985, Del
fino, ibid., n. 112 e in Cass. pen., 1985, 1621, con osservazioni critiche di Giambruno, per la quale se la normativa di cui all'art. 77 1. 689 con sente al giudice di riservarsi sulla — tempestiva — richiesta dell'imputato procedendo nel dibattimento ed applicando — all'esito dello stesso —
la richiesta sanzione sostitutiva, non esonera lo stesso giudice dall'obbli
go del rigoroso rispetto delle altre norme che regolano il processo penale e, in particolare, la fase del giudizio di merito (nella specie, la corte ha
cassato la sentenza con cui il pretore, riservandosi di provvedere sulla
richiesta, aveva proceduto al dibattimento pronunciando in tale sede la
sentenza con la quale applicava la sanzione sostitutiva omettendo però di consentire al pubblico ministero ed al difensore dell'imputato di con
cludere nel merito). In dottrina, ritengono necessario un atto formale di rigetto: Trapani, Le sanzioni penali sostitutive, Padova, 1985, 354
ss. (per il quale la necessità di un atto formale di rigetto si ricava dalla circostanza che la richiesta dell'imputato ha pur sempre originato un pro cedimento incidentale con instaurazione del contraddittorio tra le parti, nonché da una corretta interpretazione delle regole generali vigenti in ma
teria di istanze delle parti private); Pignatelli, in Modifiche al sistema
penale, l. 24 novembre 1981 n. 689, III, Sanzioni sostitutive, a cura di
Bertoni, Lattanzi, Lupo, Violante, Milano, 1982, 95 (il quale ritiene
che ragioni di garanzia dell'imputato facciano propendere per la necessità
di un atto esplicito di rigetto che dovrà assumere la forma dell'ordinanza, come prevede il nuovo art. 162 bis c.p. in materia di oblazione speciale, e ciò anche se a favore della reiezione implicita — contenuta nel primo atto istruttorio o dibattimentale che manifesti la volontà del giudice di
procedere contro l'imputato — gioca la circostanza che la richiesta disat
tesa una prima volta può essere rinnovata in ogni stato e grado del proce dimento ex art. 79 senza che sia necessario impugnare l'atto con il quale la reiezione è stata disposta, come dimostra il riferimento non solo al
grado ma anche allo stato del procedimento); Morello, Le sanzioni so
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PARTE SECONDA
Prima dell'apertura del dibattimento l'imputato avanzava ri
chiesta di applicazione della sanzione sostitutiva ai sensi dell'art.
77 1. 689/81. Il p.m. esprimeva parere favorevole ma il pretore
decideva di esaminare l'istanza all'esito del dibattimento. Il giu
dizio si concludeva con l'applicazione della pena pecuniaria di
lire 375.000, in sostituzione della reclusione pari a giorni quindi
ci, e la conseguente dichiarazione di non doversi procedere per
essere il reato estinto a seguito di applicazione della sanzione so
stitutiva richiesta dall'imputata.
stitutive di pene detentive brevi, in Giust. pen., 1982, III, 446 (il quale
ritiene che, pur non essendo «specificamente» prevista, una pronuncia di rigetto si imponga, salva sempre la possibilità in ogni stato e grado
di accogliere, anche in caso di formale pronuncia di rigetto, l'istanza
regolarmente presentata nei termini); Cordero, Procedura penale, Mila
no, 1983, 508 (secondo cui, poiché la domanda di applicazione di una
sanzione sostitutiva inscena un'incidente, accolta o no non basta il silen
zio: occorre una decisione inoppugnabile e senza effetti preclusivi). Sui limiti temporali della richiesta dell'imputato di applicazione della
sanzione sostitutiva, v. da ultimo Cass. 19 marzo 1984, Dicandia, Foro
it., Rep. 1985, voce cit., n. 104, secondo cui la richiesta deve essere effet
tuata prima delle formalità di apertura del dibattimento di primo grado,
non potendo, in mancanza, applicarsi il beneficio nell'ulteriore corso del
procedimento; e, per la giurisprudenza di merito, Trib. Savona 25 feb
braio 1985, ibid., n. 118, per il quale, in caso di tempestiva richiesta
da parte dell'imputato, la sanzione sostitutiva può essere applicata dal
tribunale in grado di appello ancorché la relativa richiesta non sia stata
riprodotta nei motivi di appello. Sostanzialmente nello stesso senso, Cass. 17 febbraio 1984, Porpora,
ibid., n. 87, che ha ritenuto inammissibile la richiesta formulata per la
prima volta in Cassazione, e Cass. 21 giugno 1984, Lavaselli, ibid., n.
91, per la quale la richiesta della sanzione sostitutiva dedotta solo nei
motivi di ricorso costituisce la domanda di una diversa qualità di pena
e pertanto una eventuale decisione su di essa esula dal compito istituzio
nale della corte di legittimità. In dottrina, sulla perentorietà del termine per la presentazione della
richiesta da parte dell'imputato, v. Trapani, op. cit., 328 ss.; Giarda,
in Dolcini, Giarda, Mucciarelli, Paliero, Riva, Grugnola, Commen
tario delle «modifiche al sistema penale», Milano, 1982, 365 s.; Febbra
ro - Demarco, Sanzioni sostitutive e «patteggiamento», Napoli, 1982,
92 ss.; Pignatelli, op. cit., 94.
Quanto alla questione della non appellabilità della sentenza di «patteg
giamento», la corte ha sostenuto che la eccezione alle ordinarie regole relative al regime delle impugnazioni trovi la sua giustificazione nella li
bera scelta dell'imputato che si induce a preferire un rito abbreviato,
meno garantito ma che gli consente di ottenere un risultato per lui positi vo — la estinzione del reato — altrimenti non conseguibile.
Secondo il ragionamento della Cassazione, se si rendesse praticabile la strada della impugnativa di merito, non solo non si realizzerebbe la
evidenziata finalità di deprocessualizzazione e di sveltimento del processo
penale che sta alla base del «patteggiamento», ma sussisterebbe la lamen
tata disparità di trattamento in danno però di coloro che non hanno pro ceduto alla richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive, preferendo
percorrere la strada del procedimento ordinario: gli imputati che hanno
proposto istanza ex art. 77 godrebbero infatti, in tale caso, sia di un
processo garantito al massimo attraverso il doppio grado di giurisdizione nel merito sia, comunque, di una causa di estinzione del reato preclusa
agli altri. Sulla non appellabilità della sentenza con cui, su richiesta dell'imputa
to, viene applicata la sanzione sostitutiva dichiarando estinto il reato, v. da ultimo Cass. 9 dicembre 1985, Belluno, Riv. pen., 1986, 1081, se
condo cui esula dalla struttura e dalle finalità dell'istituto la possibilità di un esame nel merito in appello della penale responsabilità dell'imputa
to, si che è possibile solo il mero controllo di legittimità della dichiarazio
ne di estinzione del reato, senza che l'imputato possa con ricorso per cassazione censurare la sentenza con cui su sua richiesta il reato è stato
dichiarato estinto, per non avere il giudice pronunciato invece la sua as
soluzione nel merito. In senso conforme, per la giurisprudenza di merito, Trib. Voghera 21
ottobre 1983, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 230, che ha ritenuto inam
missibile anche l'appello proposto dal pubblico ministero.
Cass. 10 febbraio 1983, Giaimis, ibid., n. 210, ha sul punto precisato che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 77, secondo cui contro
le sentenze che applicano la disciplina del «patteggiamento» è ammesso
soltanto ricorso per cassazione, non può intendersi riferita alle sentenze
con cui, negata, invece, l'applicazione della disciplina dell'art. 77, sia
stata emessa pronuncia di condanna. Tale sentenza infatti anche a garanzia dei diritti dell'imputato è sogget
ta alla normale disciplina delle impugnazioni (salva la possibilità prevista dall'art. 79 di applicare in ogni stato e grado del procedimento la sanzio
ne sostitutiva precedentemente negata, sempre che la relativa «richiesta»
sia stata tempestivamente e ritualmente formulata). La eccezione alle ordinarie regole processuali non vale invece con ri
guardo alle sanzioni sostitutive applicate a conclusione del giudizio di
primo grado non in base agli art. 77 ss. ma, ex officio, in base agli
Il Foro Italiano — 1987.
Ricorre avverso tale sentenza l'imputata articolando il suo ri
corso su vari motivi.
I motivo — Si solleva la questione di costituzionalità degli art.
77 e 79 1. 24 novembre 1981 n. 689 nella parte in cui non consen
tono di proporre appello contro la sentenza che ha applicato,
dopo la chiusura del dibattimento, la sanzione sostitutiva a ri
chiesta dell'imputato per contrasto con gli art. 3 e 24 Cost.
II motivo — Nullità della sentenza per violazione di legge per
essere la stessa basata su di una erronea applicazione della legge
penale (art. 524, n. 1, c.p.p. con riferimento ad erronea applica
zione e art. 328 c.p.) e per essere comunque carente di motivazio
ne in punto di realizzazione del fatto omissivo.
Ili motivo — Nullità della sentenza per violazione di legge,
per erronea applicazione delle norme penali che regolano l'ele
mento oggettivo del reato (art. 524, n. 1, c.p.p. con riferimento
agli art. 43, 1° comma, e 47 c.p.), e per essere comunque del
tutto carente di motivazione circa la sussistenza del dolo ed essere
stati i fatti, in punto di dolo, gravemente travisati.
IV motivo — Nullità della sentenza per violazione di legge,
per mancanza di motivazione in punto determinazione della pena
in concreto (art. 524, nn. 1 e 3, c.p.p. in riferimento art. 385
c.p.p.), per contraddizione con la specifica motivazione posta a
base della concessione delle attenuanti generiche nonché per illo
gicità del ragionamento che ha condotto alla soluzione adottata.
V motivo — Nullità della sentenza per violazione della legge
processuale penale, per essersi il giudice riservato di riesaminare
l'istanza dell'imputato diretta ad ottenere prima del dibattimento
l'applicazione della sanzione sostitutiva e dichiarazione di estin
art. 53 ss.: tale sentenza, infatti, è soggetta ad appello e non (solamente)
a ricorso per cassazione (sul punto, v. Cass. 19 ottobre 1983, Francese,
id., Rep. 1985, voce cit., n. 86). Sia pure a livello di mero obiter dictum la sentenza in epigrafe ha preso
posizione sulla natura giuridica della sentenza di «patteggiamento», rite
nendola sentenza di proscioglimento e non di condanna.
Attribuiscono alla sentenza ex art. 77 natura di proscioglimento, giac
ché conclude il procedimento con una dichiarazione di estinzione del rea
to: Cass. 21 dicembre 1983, Rivolta, ibid., n. 105, e voce Spese giudiziali
penali, n. 1; 17 novembre 1982, Spadoni, id., 1983, II, 221; 17 novembre
1982, Treccagnoli, ibid.; 17 novembre 1982, Gottardi, id., Rep. 1984,
voce Sospensione condizionale delta pena, n. 47; Pret. Pizzo Calabro 29
marzo 1983, id., Rep. 1983, voce Spese giudiziali penati, n. 2; Pret. Mor
begno 2 dicembre 1982, id., 1983, II, 223; Pret. Ferrara 27 ottobre 1982,
id., Rep. 1983, voce Pena, n. 74; Pret. Adria 19 ottobre 1982, ibid.,
voce Sospensione condizionale della pena, n. 48; Pret. Salerno 6 ottobre
1982, ibid., n. 49; Pret. Milano 14 maggio 1982, id., 1982, II, 539; Amo
dio, // processo penale nella parabola dell'emergenza, in Cass. pen., 1983,
2129; Coppetta, In tema di «sospendibilità» delle pene sostitutive, in
Giusi, pen., 1982, II, 369; Ghiara, Applicazione delle sanzioni sostituti
ve su richiesta dell'imputato: condizioni, caratteri, effetti, ibid., Ill, 591.
Ritengono invece che la sentenza ex art. 77 1. 689/81 sia una sentenza
di condanna: Cass. 29 aprile 1985, Lattanzio, Cass. pen., 1986, 74; 9
luglio 1984, D'Uno, Riv. pen., 1985, 1032; 15 dicembre 1983, Moscarito
lo, Foro it., Rep. 1984, voce Pena, n. 215; 11 luglio 1983, Meotto, ibid.,
n. 213; 25 marzo 1983, Sotgiu, ibid., n. 212; Pret. Terni 4 ottobre 1985,
id., 1986, II, 642; Napoleoni, Patteggiamento e reati puniti con pena
pecuniaria, ovvero «absurda sunt vitanda», in Cass. pen., 1983, 2005;
Id., Su due questioni in tema di patteggiamento, ibid., 1347; Id., Le
mirabolanti teorie sulla natura delle sanzioni sostitutive inflitte a richiesta
dell'imputato, id., 1984, 1205; Giuri, Rilievi sul c.d. patteggiamento, in
Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, 794; Bertoni, Appunti in tema di sanzio
ni sostitutive, in Cass. pen., 1982, 660; Bellavista - Tranchina, Lezioni
di diritto processuale penale, 1982, 422.
Nel senso che la sentenza di «patteggiamento» sia, invece, un provvedi mento del tutto peculiare: di condanna e di applicazione della sanzione
sostitutiva, da un lato, di estinzione del reato, dall'altro, v. Amato, op.
cit., 912 ss.; Morello, op. loc. cit.
Sulla ratio dell'istituto di cui agli art. 77 ss. 1. 689/81, che la sentenza
in esame individua nelle esigenze di «deprocessualizzazione» e di «svelti
mento del processo penale» relativamente ad illeciti penali di modesta
entità, v., sostanzialmente nello stesso senso, Amato, op. cit., 914; Id.,
Ancora sull'applicabilità de! patteggiamento ai reati puniti con pena pe
cuniaria, in Cass. pen., 1986, 10, dove si sostiene che, con l'introduzione
dell'istituto, il legislatore ha inteso non tanto (rectius non solo) appresta re strumenti alternativi alle sanzioni detentive brevi, per pervenire ad uno
sfoltimento delle carceri ed evitare gli effetti criminogeni dell'ambiente
penitenziario, giacché questa finalità è stata perseguita con l'istituto di
cui agli art. 53 ss. 1. 689/81, quanto piuttosto evitare la congestione degli uffici giudiziari con giudizi relativi a reati bagattella», che si sarebbero
probabilmente conclusi comunque con l'applicazione di una sanzione so
stitutiva ex officio; Lozzi, Patteggiamento, in Dizionario di diritto e pro cedura penale, a cura di Vassalli, Milano, 1986, 748 s. [G. Amato]
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GIURISPRUDENZA PENALE
zione del reato senza assumere un atto motivato formale di riget to e senza distinguere tra la fase incidentale aperta con l'istanza
dell'imputato e la reiezione della stessa e la susseguente fase di
battimentale, nonché per mancanza di motivazione della decisio
ne di non applicare la sanzione sostitutiva prima del dibattimento.
Motivi della decisione. — Per risolvere le questioni mosse con
il ricorso è necessario premettere alcune considerazioni generali sulle finalità, le caratteristiche, gli effetti del particolare procedi mento disciplinato dagli art. 77 e 79 1. 24 novembre 1981 n. 689.
Le complesse vicende attraverso cui si è giunti all'approvazione della legge in questione e le modifiche apportate a questo nuovo
istituto dai due rami del parlamento, non sempre in perfetta sin
cronia nell'identificare la filosofia di fondo che doveva impron tare l'istituto; la conseguente imperfetta formulazione delle norme
disciplinanti la nuova procedura, che hanno fatto dire alla Corte
costituzionale che l'art. 77 risentiva «di una frettolosa formula
zione definitiva, carica di interne contraddizioni» (sent. Corte cost,
n. 350 del 17 dicembre 1985, Foro it., 1986, I, 3); le oscillazioni
della giurisprudenza e le divaricazioni della dottrina nella inter
pretazione della norma in questione; le molte aporie in cui ha
finito con il trovarsi coinvolto il processo ermeneutico di queste norme perché si è cercato di «leggere» una realtà processuale nuova
con ottiche fortemente condizionate da categorie dommatiche tra
dizionali; tutto ciò ha reso non sempre limpide e convincenti le
soluzioni ai molti problemi che ha comportato l'introduzione nel
nostro ordinamento di questo nuovo istituto.
Alcune «idee-forza» su cui si radica tutto il procedimento di
applicazione di sanzioni sostitutive a richiesta dell'imputato van
no perciò identificate e chiarite. È innanzitutto da riconoscere
che obiettivo fondamentale delle nuove discipline previste dagli art. 77 e 79 della legge di modifica del sistema penale è non solo
o non tanto quello di realizzare un affievolimento della reazione
sanzionatoria rispetto ad un illecito commesso quanto quello di
ottenere una deprocessualizzazione attraverso uno sveltimento del
processo penale ed una rapida fuoriuscita dal sistema penale di
chi ha commesso illeciti di modesta entità. Attraverso la offerta
di una formula terminativa di estinzione del reato, in cambio di
una rinuncia da parte dell'imputato a tutte quelle garanzie pro cessuali che rendono lento il processo e intasano le aule di giusti
zia, il legislatore ha tentato, sia pur con troppa timidezza, di sveltire
il processo penale attraverso la eliminazione sempre della fase
di un secondo giudizio di merito e talvolta della stessa fase dibat
timentale di primo grado. Se infatti l'obiettivo fosse stato quello di ottenere solo una di
minuzione della risposta carceraria, ritenuta non sempre risocia
lizzante specie per chi ha commesso reati di scarsa entità ed è
quindi soggetto a pene detentive brevi, non vi sarebbe stato biso
gno di ricorrere alla particolare procedura e alla nuova previsione di un'ulteriore causa di estinzione di reato, potendosi tale obietti
vo raggiungere con la previsione dell'applicazione delle sanzioni
sostitutive nell'ambito di quel procedimento che, attraverso il mec
canismo di cui all'art. 53 della predetta legge, consente l'irroga zione di sanzioni penali diverse dalla carcerazione. In realtà —
come unanimemente ha riconosciuto la dottrina — il legislatore ha voluto tradurre nell'ordinamento giuridico italiano l'istituto
del diritto americano del plea bargaining, tendente proprio ad
una riduzione dei processi. Certo il nuovo istituto non è del tutto
mutuato dall'istituto statunitense; basti pensare che per il nostro
ordinamento non si tratta di un accordo transativo tra accusa
e difesa passivamente recepito dal giudice perché si riconosce a
questi un ampio potere discrezionale pur se l'ordinamento attri
buisce all'imputato la possibilità di influire sull'epilogo del pro cesso fornendo con il suo atto di volontà un'ipotesi decisoria che
altrimenti sarebbe preclusa al giudice. Ma il fatto che sia del tut
to improprio il termine di «patteggiamento» comunemente usato,
non significa che l'obiettivo essenziale del nuovo istituto non sia
proprio quello dell'anagolo istituto statunitense di deprocessua
lizzazione attraverso una depenalizzazione. Se queste sono le finalità perseguite dal legislatore, le caratteri
stiche del nuovo procedimento e della nuova formula terminativa
di esso sono sostanzialmente le seguenti:
a) Il procedimento speciale previsto dagli art. 77-79 si può por
re in essere solo se l'imputato sceglie e sollecita nella sua insinda
cabile libertà un simile rito. La richiesta dell'imputato — meglio
forse sarebbe stato dire l'istanza — formulata entro i termini pe
rentori è condizione indispensabile, anzi presupposto necessario,
perché possa essere adottato il nuovo rito e si possa pervenire
Il Foro Italiano — 1987.
alla declaratoria di estinzione del reato con applicazione delle san
zioni sostitutive. È lasciata cioè alla libera determinazione del
l'imputato la scelta tra un rito processuale assai più garantista, con pienezza del dispiegamento del diritto di difesa, con più am
pie possibilità di controllo attraverso le varie fasi processuali, con
una maggiore e più incisiva indagine in ordine alla sussistenza
di tutti gli elementi costitutiva dell'ipotesi criminosa addebitata
o la scelta di un rito abbreviato — e quindi meno garantistista e oggettivamente più sommario — che però consente, al contra
rio del rito ordinario, un esito assai favorevole per l'imputato, attraverso la declaratoria di estinzione del reato, anche se accom
pagnata da sanzioni sostitutive che non incidono però mai in mi
sura pesante sulla libertà personale (non è senza significato che
non sia applicabile la sanzione sostitutiva, prevista dall'art. 53
della semilibertà).
b) La istanza, ovvero la richiesta secondo la formula legislati
va, non deve essere automaticamente accolta dal giudice ove vi
sia il parere favorevole del pubblico ministero; come già accenna
to il giudice non è chiamato ad una sorta di omologazione di
una sanzione sostitutiva che l'imputato, nell'accordo con la pub blica accusa, si è sostanzialmente autoapplicata. Il potere discre
zionale del giudice è invece assai ampio dovendo non solo accertare
innanzitutto se all'autore del reato dovrebbe essere in concreto
applicabile una pena non superiore a tre mesi di reclusione o di
arresto ma anche, anzi principalmente, se sia opportuna la sosti
tuzione (valutando quindi la gravità del reato e la personalità
dell'imputato) nonché quale delle due misure (la sanzione pecu niaria o la sanzione della libertà controllata), sia la più idonea
al reinserimento sociale del soggetto.
c) Una simile valutazione — che presuppone un accertamento
sulle caratteristiche del reato nonché sulla personalità dell'impu tato anche se finalizzato non ad un'affermazione di responsabili tà ma solo alla applicabilità della sanzione sostitutiva richiesta — esige una attività del giudice tendente ad acquisire tutti gli elementi indispensabili a questo giudizio. Per questo la nuova
normativa pone una preclusione temporale alla richiesta dell'im
putato ma non indica alcun obbligo del giudice di decidere imme
diatamente dopo la formulazione dell'istanza. L'art. 77 non solo
non prevede l'obbligo di emettere un provvedimento reiettivo della
istanza ma non prevede in alcun modo un termine entro cui il
giudice deve decidere, limitandosi ad indicare in quale fase del
procedimento il giudice può disporre l'accoglimento della istanza
purché vi sia stata una tempestiva formulazione della stessa. E
ciò proprio per consentire al giudice — in piena libertà — di
acclarare, nei modi e nei tempi che ritiene più opportuni, se sus
sistono quei presupposti e quelle ragioni di opportunità che sole
consentono di pervenire alla declaratoria di estinzione del reato
con applicazione di sanzioni sostitutive. Dalla chiarissima formu
lazione degli articoli in questione emerge perciò che il limite del
l'istruttoria, come quello dell'apertura del dibattimento, è termine
previsto solo per la formulazione della richiesta da parte dell'im
putato non per la relativa pronuncia che può essere effettuata
«in ogni stato e grado del procedimento». La richiesta perciò ha la funzione di influire sull'epilogo del processo consentendo
l'applicazione di una formula terminativa altrimenti non adotta
bile; non fa scattare invece un diritto ad ottenere nella stessa fase
in cui la richiesta è formulata una risposta del giudice sia essa
positiva che negativa. Non per nulla non solo non si prevede un
provvedimento di rigetto a cui consegue altro provvedimento con
cui si dichiari di iniziare un procedimento con rito ordinario ma
è espressamente ammessa una impugnativa solo nei confronti della
sentenza e non nei confronti di un provvedimento formale di reie
zione neppure previsto. Laddove invece — se sussistesse un dirit
to dell'imputato ad ottenere immediatamente una risposta onde
evitare la fase dibattimentale — si sarebbe dovuto prevedere sia
l'obbligo di pronuncia del provvedimento reiettivo sia la possibi lità della impugnazione in via diretta dello stesso, onde verificar
ne l'opportunità o meno del passaggio dal rito speciale al rito
ordinario.
d) In realtà non vi è un rito speciale che si chiude sempre con
l'esaurimento della fase istruttoria o degli atti preliminari al di
battimento e un rito ordinario che si apre quando la causa estin
tiva non sia stata pronunciata in queste fasi e si sia provveduto
a procedere al dibattimento. Il rito rimane unico, e speciale, sia
nell'ipotesi contemplata dall'art. 77 che in quella contemplata dal
l'art. 79.
È in proposito da notare: non può essere senza significato che
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PARTE SECONDA
l'art. 79 usa la formula «il giudice può procedere ai sensi dell'art.
77 in ogni stato e grado del procedimento» quando vi sia stata
la richiesta tempestiva. Né si tratta di una formulazione estempo ranea e non meditata da parte del legislatore se è vero — com'è
vero — che il testo dell'art. 79 era originariamente alle camere
(allora art. 52 ter) «l'applicazione della misura di cui all'articolo
precedente può essere disposta dal giudice in ogni stato e grado del procedimento» quando vi sia stata la richiesta nel termine
e che tale formula venne sostituita, per l'emendamento proposto
dagli on. Sabbatini, Ricci, Violante, Casini e Rizzo ed approvato con la formula «il giudice può procedere ai sensi dell'art. 52 bis
in ogni stato e grado del procedimento». Appare evidente che
non si voleva la applicazione, in un procedimento divenuto ordi
nario, della stessa formula terminativa prevista nel procedimento
speciale, ma di una prosecuzione dell'unico procedimento specia le quando la richiesta formulata dall'imputato non abbia ancora
potuto avere accoglimento per il mancato accertamento della sus
sistenza dei suoi presupposti; la prosecuzione, senza soluzione di
continuità, del procedimento speciale dalla fase istruttoria a quel la dibattimentale — è ancora di più dalla fase degli atti prelimi nari a quella del dibattimento — implica non una reiezione
dell'istanza ma solo la esigenza del giudice di appurare in modo
adeguato e sulla base di precisi elementi probatori la sussistenza
di tutti quei presupposti che solo legittimano l'accoglimento delle
richieste. Non è senza significato che nel caso di proseguimento della procedura nella fase dibattimentale non si esige da parte
dell'imputato una reiterazione dell'originale richiesta che non vie
ne «consumata» proprio perché non vi è neppure una implicita reiezione. Ed è anzi da ritenere, come ha sottolineato la dottrina,
che neppure in caso di esplicita reiezione dell'istanza è consentito
all'imputato di proporre una nuova richiesta proprio perché la
richiesta originaria rimane valida e perché non è possibile che
si giunga alla ipotesi di una estinzione del reato se la richiesta
sia stata proposta oltre i termini previsti dall'art. 77.
Quanto sopra detto vale ancora di più nel caso di richiesta
avanzata solo prima del compimento delle formalità di apertura del dibattimento: in tali casi il dibattimento è assolutamente indi
spensabile proprio per accertare quegli elementi che soli rendono
possibile l'applicazione della causa estintiva, applicazione che im
pone una attenta valutazione del fatto e della personalità dell'im
putato. In proposito autorevole dottrina, e con argomenti validi, ha affermato che non essendo consentite nella fase predibatti mentale indagini di merito non è applicabile in questa fase la
sanzione sostitutiva dato che «la declaratoria della estinzione in
esame postula accertamenti tanto impegnativi e particolari, e cosi
delicati giudizi sulla sanzione sostitutiva e sostituita, da escludere
senz'altro che ad essi sia possibile far fronte in una fase per sua
natura limitata alle pronunce fondate sul solo presupposto ipote tico della situazione descritta nella imputazione». L'apertura del
dibattimento, quando l'istanza sia stata avanzata negli atti preli
minari, non implica perciò affatto una neppure implicita reiezio
ne dell'istanza ma solo il doveroso accertamento, che non può essere fatto che nel dibattimento, sulla possibilità di accoglimen to della istanza. In realtà la reiezione della richiesta dell'imputato si ha solo con la condanna. Ed e questa che pone termine al
rito speciale previsto dagli art. 77-79 e fa rientrare il procedimen to nel suo alveo ordinario consentendo anche il giudizio di secon
do grado (la Cassazione ha in proposito riconosciuto che «la
disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 77 1. 24 novembre
1981 sulle modifiche al sistema penale, secondo cui contro le sen
tenze che applicano la disciplina del patteggiamento è ammesso
soltanto ricorso per cassazione, non può intendersi riferita alle
sentenze con cui, negata invece l'applicazione della disciplina del
l'art. 77, sia stata emessa pronuncia di condanna. Tale sentenza, anche a garanzia dei diritti dell'imputato, è soggetta alla normale
disciplina delle impugnazioni, salva la possibilità prevista dall'art.
79 di applicare, in ogni stato e grado del procedimento, la previ sione dell'art. 79 precedentemente negate» (vedi sent. 10 febbraio
1983, Giaimis id., Rep. 1984, voce Pena, n. 210). Non ignora questo collegio che la Corte costituzionale ha, sia
pure solo in motivazione, affermato che l'art. 79 ridà spazio al
l'art. 77 «ma soltanto per gli aspetti chiaramente richiamati dallo
stesso art. 79 e comunque non suscettibili di trovare soluzione
nella prescrizione del diritto comune»: e che «la formula il giudi ce può procedere ai sensi dell'art. 77 in ogni stato e grado del
procedimento non implica necessariamente un concomitante ri
chiamo ali 'iter procedimentale antecedente l'adozione del provve
II Foro Italiano — 1987.
dimento». Sembrerebbe che l'autorevole consesso — sia pure so
lo al fine di consentire l'applicazione in dibattimento della san
zione sostitutiva pur in presenza di un parere negativo del pubblico ministero — distingua nettamente l'ipotesi di applicazione della
sanzione in istruttoria o negli atti preliminari del dibattimento
da quella di applicazione all'esito del dibattimento, ritenendo che
il rito speciale valga nel primo caso ma non valga nel se
condo.
Non sembra che si possa condividere l'autorevole affermazione — che, è bene ribadirlo, non vincola l'interprete perché sostenuta
solo in motivazione e non nel dispositivo che potrebbe radicarsi
anche su altra motivazione — sia per tutto quanto sin'ora è stato
affermato sia perché tale affermazione si basa su un solo argo
mento peraltro assai fragile. Si sostiene infatti nella sentenza 30
aprile 1984, n. 120 (id., 1984, I, 1172) che l'art. 79 non implica
necessariamente un richiamo all' iter procedimentale antecedente
in quanto «se il 'può procedere ai sensi dell'art. 77' fosse com
prensivo di tutti gli aspetti disciplinati da quest'ultimo, inclusi
quelli di natura procedimentale, correrebbe il rischio di apparire
superflua l'espressa prescrizione che esista una richiesta formula
ta dall'imputato entro il termine stabilito dall'art. 77». In realtà
la clausola finale dell'art. 79 — anziché specificare un mutamen
to di rito, e svuotare cosi sostanzialmente di contenuto la formu
la «procedere ai sensi dell'art. 77» che come abbiamo visto fu
voluta espressamente dal legislatore — sta solo a ribadire che
il termine entro cui deve essere avanzata la richiesta è termine
perentorio che comporta la decadenza della possibilità di far va
lere l'istanza.
e) Deve essere anche esaminata la questione — rilevante ai
fini della individuazione dei poteri di controllo della Cassazione
in sede di ricorso contro la sentenza applicativa della causa
di estinzione — se il provvedimento di cui all'art. 77 abbia
natura di sentenza di condanna o non. Sul punto non solo
la dottrina, ma anche la giurisprudenza di questa corte, ha dato
soluzioni profondamente contrastanti. Ritiene il collegio che la
sentenza de qua deve ritenersi sentenza di proscioglimento per
applicazione di una causa estintiva del reato e non di condanna.
E questo per una pluralità di motivi: sul piano della interpreta zione letterale della norma non può essere tolto ogni valore
all'uso di una formula terminativa del giudizio che è chiaramen
te ed inequivocabilmente una formula di proscioglimento (estin zione del reato) e che perciò è in netta antitesi con una sentenza
di condanna; non è senza significato e valore il fatto che nella
sezione seconda della legge non viene mai usata dal legislatore la formula sentenza di condanna (vedi art. 80, 83, 84) mentre
nella sezione prima viene spesso usata la locuzione «pena» (art.
54, 57, 58, 59, 60, 61, 63, 69, 71) nonché quella di «sentenza
di condanna» (v. art. 53, 61, 62, 65, 70, 73) e quella di «con
dannato» per la persona a cui siano state applicate le sanzioni
sostitutive di cui agli art. 53-76 (vedi art. 55, 56, 59, 69, 75). La diversità lessicale — cosi massicciamente presente nel testo
legislativo — non può essere casuale e sottolinea la profonda diversità che vi è tra il provvedimento che conclude il procedi mento ordinario, applicando le sanzioni sostitutive, ed il provve dimento che, concludendo il procedimento speciale, dichiara
estinto il reato anche se contestualmente si applicano sanzioni
sostitutive; non sono solo gli elementi letterali, pur significativi, a indurre alla conclusione che la sentenza de qua non può rite
nersi di condanna; non può innanzitutto non rilevarsi come del
tutto fuori del sistema appaia una sentenza di condanna applica ta nella fase istruttoria e sulla base di accertamenti sommari
sulla responsabilità (dottrina e giurisprudenza riconoscono che
alla istanza dell'imputato non può riconoscersi natura di confes
sione); nessuno degli effetti tipici di una sentenza di condanna
è previsto per il provvedimento di cui agli art. 77-79: l'art.
77 prescrive che la sentenza (e sintomaticamente non è aggiunto «di condanna») produce solo gli effetti espressamente previsti dalla II sezione per cui l'iscrizione nel casellario ha solo l'effetto
di concludere un nuovo provvedimento di estinzione del reato
ex art. 77 per chi se ne sia altre volte giovato. Resta cosi escluso
che il provvedimento possa essere preso in considerazione per la eventuale dichiarazione di recidiva, di abitualità, di professio nalità nel reato né per la concedibilità successiva di pene sostituti
ve irrogate d'ufficio: non osta alla concessione del perdono
giudiziale o alla concessione della sospensione condizionale della pe
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GIURISPRUDENZA PENALE
na. Né è possibile con il provvedimento previsto ordinare la pub blicazione della sentenza o applicare misure di sicurezza: ed è
significativo che è possibile solo applicare la misura della confi
sca, ai sensi del 2° comma e non del 1° comma dell'art. 240
che presuppone una sentenza di condanna.
Se si trattasse di una sentenza di condanna ad una pena sosti
tutiva sarebbe logico che, nel caso di non ottemperanza all'obbli
go, si fosse adottato il sistema di conversione previsto dall'art.
66: invece il legislatore ha dovuto ricorrere alla previsione di una
autonoma ipotesi di reato proprio perché non poteva superare un giudicato dichiarativo di estinzione dell'originario illecito.
Questo coacervo di elementi, univocamente orientati a qualifi care come sentenza di proscioglimento e non di condanna quella di cui agli art. 77 e 79, dà, a parere del collegio, la certezza che
il provvedimento in questione non può qualificarsi come sentenza
di condanna. Né gli argomenti che da una parte della giurispru denza di questa corte sono stati portati per qualificare il predetto
provvedimento come sentenza di condanna scalfiscono gli elementi
assai corposi a favore della tesi contraria sopra riportati: non
quello secondo cui «stante la indiscutibile natura di pena delle
sanzioni non definitive sostitutive ... è da ritenersi che la norma
di cui all'art. 77 abbia solo disciplinato un procedimento penale abbreviato . . . che si conclude con una sentenza di condanna pe nale» (cfr. sent. 25 marzo 1983, Sotgiu, id., Rep. 1984, voce cit., n. 212) perché si parte da un presupposto che si assume indiscuti
bile (che le sanzioni sostitutive abbiano natura di pena), ma che
in realtà è tutt'altro che pacifico ed è anzi decisamente contrasta
to da vari elementi sopra indicati; perché la identica «etichetta»
usata nel caso previsto dall'art. 53 ed in quello di cui all'art.
77 non può e non deve trarre in inganno ove si consideri che
mentre nella prima ipotesi il termine «sanzione sostitutiva» è rite
nuto dal legislatore espressamente equivalente al termine «pena sostitutiva» o «pena» tout court (si vedano gli art, 54, 57, 58,
59, 2° comma, lett. b, 60 e via di seguito) nella seconda ipotesi è sicuramente evitata ogni identificazione ed equiparazione tra
il termine «sanzione sostitutiva» e il termine «pena sostitutiva»
(vedi art. 77 e 82); perché non si comprenderebbe ove tanto le
sanzioni di cui all'art. 53 e quelle di cui all'art. 77 avessero iden
tica natura e la diversità tra i due istituti fosse attinente soltanto
al rito processuale, il motivo per cui la inottemperanza alla san
zione non abbia lo stesso effetto di convertire la «pena» sostituti
va in quella sostituita: la impossibilità della conversione nel secondo
caso non può che essere posta in relazione alla natura non di
pena ma di sanzione amministrativa della misura adottata a se
guito di richiesta dell'imputato; non quello secondo cui l'esisten
za della prescrizione di determinare la pena in concreto e di
effettuare il ragguaglio con quella sostitutiva «sta a dimostrare
che le pronunce in questione devono essere assimilate, quanto
alla loro natura giuridica, a sentenze di condanna presupponendo
esse l'accertamento della responsabilità dell'imputato ... e la mi
sura nonché la qualità della pena» (cfr. sent. 21 giugno 1985,
Mura): deve al riguardo osservarsi che il rinvio operato dall'art.
77 alla disciplina delle sanzioni sostitutive applicate d'ufficio è
limitato alla determinazione, applicazione ed esecuzione delle san
zioni sostitutive previste dall'art. 77 mentre nel resto la disciplina è assai diversa; che se tanto alle une quanto alle altre si fosse
voluto attribuire una identica natura penalistica e costituissero
pertanto in entrambi i casi una sentenza di condanna non si com
prenderebbe perché esse siano distintamente previste, diversamente
disciplinate nei presupposti, diversamente disciplinate negli effet
ti; che il ragguaglio con la pena detentiva che si dovrebbe appli
care ha finalità profondamente e sostanzialmente diverse nei due
casi avendo nell'ipotesi di cui all'art. 53 il compito di determina
re la pena da scontare ove il «condannato» non ottemperi alle
prescrizioni ed avendo invece, nell'ipotesi di cui all'art. 77, il li
mitatissimo scopo di consentire il controllo della correttezza del
provvedimento del giudice dati i limiti entro cui questi può acco
gliere la richiesta dell'imputato. In realtà il richiamo alle disposi
zioni della I sezione non può che essere inteso — sulla base di
un principio ermeneutico di generale applicazione — nel senso
che le disposizioni richiamate si osservano se e in quanto applica
bili per cui non può desumersi la natura della sentenza ex art.
77 dalla disciplina prevista dagli art. 53 e seguenti ma è necessa
rio prima analizzare autonomamente le disposizioni di cui alla
sezione II e poi esaminare se ed in che limiti siano ad essa appli
cabili le disposizioni di cui alla I sezione. Oltre tutto per indivi
duare l'essenza di un istituto sono determinanti la disciplina che
Il Foro Italiano — 1987.
esso riceve nel suo complesso e gli effetti cui esso, secondo que
sta disciplina, dà luogo; non quello secondo cui «tale natura di
sentenza di condanna non è in contrasto con la declaratoria di
estinzione del reato imposta dalla norma, trattandosi di una cau
sa estintiva sui generis prevista non in via generale e quindi da
non ricollegarsi quanto agli effetti allo schema processuale ordi
nario» (cfr. sent, del 21 giugno 1985, cit.): anche il perdono giu
diziale non è previsto in via generale eppure, come ha riconosciuto
ripetutamente questa corte, «la sentenza che applica il perdono
giudiziale è a tutti gli effetti penali una sentenza di prosciogli mento» (sez. Ili 3 maggio 1985, Vitali, id., Rep. 1959, voce Ese
cuzione in materia penale, n. 4) e «il perdono giudiziale si risolve
in un irrevocabile proscioglimento, pronunciato in luogo della con
danna, che consegue alla affermazione della colpevolezza, e cioè
in una pronuncia di carattere pienamente e definitivamente libe
ratorio. Il perdono giudiziale pertanto ha una efficacia estintiva
totale del reato al pari delle altre cause estintive diverse dalla
sospensione condizionale della pena» (sez. II 19 maggio 1977, mass. 135938). Si tratta, come precisa esattamente questa stessa
sentenza, di una rinuncia da parte dello Stato non già alla esecu
zione della pena inflitta ma alla condanna che l'imputato avrebbe
meritato per aver commesso il reato.
Anche per il nuovo istituto vi è una rinuncia dello Stato a con
dannare attraverso l'applicazione della causa estintiva ed alla de
claratoria di non procedibilità: ma se ciò è vero — come non
par dubbio che sia vero — non può ritenersi che il provvedimen to ex art. 77 o 79 possa ricondursi nello schema tipico della sen
tenza di condanna.
Alla luce dei principi sopra chiariti appare agevole risolvere
le diverse questioni che sono state proposte con il ricorso.
a) Deve essere esaminata inanzi tutto la questione proposta con
il quinto motivo di ricorso perché, se fondata, comporterebbe
più che una mera nullità della sentenza una nullità dell'intero
giudizio dibattimentale.
La questione non è fondata. A parte il dubbio sulla sussistenza
di un interesse dell'imputato ad impugnare sul punto una senten
za che ha riconosciuto fondata la richiesta di declaratoria di estin
zione del reato, e l'ha accolta, al solo fine di vedersi applicare la stessa formula terminativa negli atti preliminari al dibattimen
to anziché all'esito del dibattimento stesso, vi è da rilevare che — come sopra si è detto — l'imputato non ha un diritto ad otte
nere negli atti preliminari la pronuncia, avendo il giudice l'obbli
go, ove allo stato manchi un accertamento dei presupposti su
cui si deve ancorare il provvedimento, di procedere nel dibatti
mento stesso al fine di acclarare la effettiva sussistenza di tali
presupposti. È questo un potere discrezionale del giudice — per ché attiene ad esigenze di istruttoria della richiesta — non sinda
cabile in questa sede ove è possibile sindacare solo se è giustificata la reiezione o l'accoglimento della istanza con la sentenza. Non
si può pertanto neppure condividere la tesi sostenuta in altro pro
cedimento da questa corte — che comunque ugualmente rende
rebbe infondato il motivo di ricorso — secondo cui «pur avendo
la richiesta di sanzione sostitutiva fatta dall'imputato prima delle
formalità di apertura del dibattimento finalità che richiedono una
applicazione immediata della sanzione stessa (ricorrendone i pre
supposti) l'integrale svolgimento del dibattimento culminante nel
l'applicazione della sanzione sostitutiva richiesta costituisce una
mera irritualità che non inficia né invalida il provvedimento fina
le che infligge la sanzione sostitutiva» (27 settembre 1984, Roffi,
id., Rep. 1985, voce Pena, n. 110). In realtà non costituisce irri
tualità lo svolgimento del dibattimento tendente ad accertare la
sussistenza dei presupposti per l'accoglimento dell'istanza.
b) Manifestamente infondata è la questione di costituzionalità
sollevata, perché la previsione della sola possibilità di ricorrere
in Cassazione contro la sentenza applicativa della causa estintiva
non viola né il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,
né il principio della possibilità di difesa di cui all'art. 24 Cost.
Si sostiene nel ricorso che mentre appare giustificata la manca
ta previsione di una impugnazione in appello nel caso di sentenza
istruttoria o predibattimentale, ciò non è giustificato nel caso in
cui si sia proceduto al dibattimento; che sussisterebbe una ingiu
stificata disparità di trattamento tra la sentenza de qua e le altre
sentenze dibattimentali applicative di cause estintive. Deve però
osservarsi, sulla base di quanto precedentemente detto, che la sen
tenza dibattimentale che accolga la richiesta della causa estintiva
non si differenzia in alcun modo dalla sentenza emessa nella fase
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PARTE SECONDA
istruttoria e — quando possibile — nella fase predibattimentale, essendo unico il procedimento speciale ed essendosi dovuto ricor
rere alla fase dibattimentale solo per accertare compiutamente la
sussistenza di tutti i presupposti indispensabili all'accoglimento della richiesta.
Né vi è una disparità di trattamento ingiustificata tra questo caso di applicazione della particolare causa estintiva del reato e
gli altri casi per cui si è riconosciuto, anche da parte della Corte
costituzionale, la possibilità dell'appello. In tutti questi ultimi ca
si la causa estintiva viene ritenuta d'ufficio dal giudice, ci sia
stata o non una sollecitazione in tal senso ed anche quando vi
sia una opposizione dell'imputato che ha chiesto espressamente e solo il proscioglimento in merito; nel caso di cui all'art. 79
la formula di proscioglimento deriva esclusivamente dalla richie
sta dell'imputato che liberamente sceglie di preferire, e quindi di mettere in moto, un rito abbreviato che gli consente di ottene
re un risultato per lui positivo (eliminazione di una condanna) altrimenti non conseguibile, piuttosto che un rito ordinario in
cui è certamente più ampiamente assicurato il suo diritto di dife
sa ma che può anche terminare con una affermazione esplicita di responsabilità e la irrogazione di una sanzione penale. L'ordi
namento lascia all'imputato ampia discrezionalità nella scelta; ma
quando essa sia stata fatta non può consentire che l'imputato
possa vedere accolta la sua istanza di declaratoria di estinzione
del reato ma senza dare più la contropartita di consentire una
rapida definizione del procedimento e cioè l'obiettivo che il legis latore perseguiva con l'introduzione dell'istituto di cui agli art.
77 e 79. Sussisterebbe in realtà una disparità di trattamento con
chi ha preferito il rito ordinario, proprio per tentare la strada
di un proscioglimento nel merito a seguito di un approfondito accertamento della sua eventuale responsabilità, se colui che ha
proposto istanza ex art. 77 potesse godere sia di un processo ga rantito al massimo attraverso anche il doppio grado di giurisdi zione nel merito sia comunque di una formula di estinzione del
reato preclusa all'altro.
La questione pertanto deve ritenersi manifestamente infonda
ta. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 14 mag
gio 1986; Pres. Martuscelli, Est. Siena, P.M. Carlucci (conci,
diff.); ric. Torriani. Annulla Trib. Milano 11 febbraio 1985.
Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Discarica — Definizione (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, attuazione delle direttive CEE n.
74/442, relativa ai rifiuti, n. 76/403, relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319, relativa
ai rifiuti tossici e nocivi, art. 9, 10, 25).
A norma degli art. 10 e 25 d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915 per discarica deve intendersi il luogo dove stabilmente e permanen temente si svolge il processo di smaltimento dei rifiuti, mentre
i termini «abbandono, scarico e deposito», usati dal legislatore nel precedente art. 9, indicano un qualsiasi atto occasionale
o discontinuo di smaltimento dei rifiuti solidi. (1)
(1) Nella sentenza riportata la Cassazione fornisce una definizione del concetto di discarica secondo quanto è dato desumere dall'art. 10 d.p.r. n. 915/82 ponendo una chiara differenza tra questa nozione e quella di
«abbandono, scarico e deposito» che compare nell'art. 9 dello stesso de creto. L'opinione rievoca quanto già era emerso nelle prime sentenze di
merito; in proposito, si veda Pret. Menaggio 29 giugno 1983, Foro it., 1985, II, 36, con nota di richiami (cui si rinvia per le citazioni dottrinarie sul tema specifico; in particolare si richiama l'opera di carattere tecnico di Di Froio, Disciplina dei rifiuti, Milano, 1984, 50).
Da ultimo, sulla problematica delle discariche comunali, v. Pret. Asti 6 giugno 1986 e altre quattro (.Foro it., 1986, II, 681 con nota di richia
mi) fra cui Pret. Roma 12 febbraio 1986, riportata anche in Giur. merito, 1987, 117 con nota di Benini.
Per la questione relativa alla nozione di rifiuto (solo accennata nella sentenza che si riporta) v. Pret. Asti 10 gennaio 1986, Foro it., 1986, II, 443.
Da segnalare il passo della sentenza in cui si puntualizza che «il legisla tore abbia voluto distinguere la discarica dallo smaltimento generico dei rifiuti stante la diversa sanzione prevista per la fattispecie disciplinata
Il Foro Italiano — 1987.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 19 no
vembre 1985; Pres. Martuscelli, Est. Cavallari, P.M. Pa
gliarulo (conci, conf.); ric. Spinelli. Conferma Trib. Chieti
3 dicembre 1984.
Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Centro di raccolta dei veicoli
a motore fuori uso — Obbligo di autorizzazione regionale —
Sussistenza (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, art. 6, 15, 25). Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Centro di raccolta dei veicoli
a motore fuori uso — Attività di smaltimento dei rifiuti pro dotti da terzi (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, art. 6, 10, 15, 25).
I centri di raccolta o rottamazione di autoveicoli fuori uso non
possono essere realizzati o gestiti senza la prescritta autorizza
zione regionale. (2) I centri di raccolta dei veicoli fuori uso non possono considerarsi
discariche dato che, a differenza delle discariche, che sono luo
ghi di raccolta di rifiuti privi ormai di qualsiasi valore econo
mico, gli stessi centri raccolgono, invece, beni suscettibili di
successive operazioni tecnologiche tendenti a recuperare un va
lore economico. (3)
III
PRETURA DI FORLÌ; sentenza 1° ottobre 1986; Giud. Verar
di; imp. Ravaioli.
Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Centro di raccolta dei veicoli
a motore fuori uso — Discarica (D.p.r. 10 settembre 1982 n.
915, art. 10, 15). Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Centri di raccolta dei veicoli
a motore fuori uso — Licenza comunale e/o autorizzazione
regionale — Mancanza — Reati configurabili (D.p.r. 10 set
tembre 1982 n. 915, art. 10, 15, 25). Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Attività di smaltimento dei
rifiuti preesistente al 16 dicembre 1982 — Omessa presentazio ne della domanda di autorizzazione entro il termine del 16 marzo
1983 — Prosecuzione dell'attività in assenza della prescritta au
torizzazione — Reati configurabili (D.p.r. 10 settembre 1982
n. 915, art. 6, 10, 15, 25, 31).
Allorquando un'attività di ammasso di carcasse di veicoli fuori uso si sviluppa in maniera incontrollata (ovvero senza alcuna
al 1° comma rispetto a quella del 2° comma dell'art. 25»: per vero, la corte non esaurisce la problematica, ma l'affermazione pare rivestire un certo interesse in rapporto alla dibattuta questione inerente l'obbligo di richiedere l'autorizzazione regionale anche per la gestione delle discariche comunali. A questo riguardo, si segnala che la Corte d'appello di Torino con sentenza 10 aprile 1987 (inedita), riformando integralmente Pret. Asti 6 giugno 1986, cit., ha argomentato tra l'altro che la specifica fase della discarica rientra nell'attività di smaltimento dei rifiuti con la conseguenza che per la gestione della stessa non è necessario il rilascio della autorizza zione regionale trattandosi di attività esercitata obbligatoriamente dal l'ente locale.
In materia da ultimo Corte cost., ord. 15 dicembre 1986, n. 261 id., 1987, I, 997, ha dichiarato manifestamente inammissibile una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto il reato di cui all'art. 25.
(2-3) La Cassazione ha affrontato, a quanto risulta per la prima volta, la fattispecie prevista dall'art. 15 d.p.r. n. 915/82, cioè il centro di rac colta delle carcasse di autoveicoli. La decisione, anche se non particolar mente approfondita, è di notevole portata perché afferma a chiare lettere il principio secondo il quale i centri di raccolta di veicoli usati devono essere provvisti, oltre che della licenza comunale di cui all'art. 15, anche dell'autorizzazione di cui all'art. 6, lett. d), del decreto. La giurispruden za di merito e la dottrina sul punto sono divise: in senso analogo Pret. Asti 22 marzo 1985, Foro it., 1985, II, 341; in senso parzialmente diffor me Pret. Firenze 23 ottobre 1985, id., 1986, II, 109, secondo la quale l'autorizzazione è necessaria solo quando si effettui attività consistente nel recupero dei pezzi, nella rottamazione e nella demolizione delle car casse, e Pret. Forlì riportata sub III. Per i riferimenti dottrinari si rinvia alle note di richiami alle sentenze su citate.
Di rilevante interesse è l'affermazione della corte circa la non ricondu cibilità dei centri di raccolta carcasse nella categoria delle discariche: in senso contrario, oltre a Pret. Forlì di cui oltre, Pret. Menaggio 29 giugno 1983, id., 1985, II, 36. Anche su tale problematica si rinvia alle note di richiami suindicate per il panorama delle posizioni dottrinarie in argo mento: va comunque ricordato riassuntivamente che la tesi sostenuta dal la Corte di cassazione è condivisa dalla gran parte della dottrina.
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