sezione VI penale; sentenza 18 novembre 2004; Pres. Trojano, Est. Carcano, P.M. Cedrangolo(concl. diff.); ric. C. Annulla App. Genova 7 maggio 2003Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 4 (APRILE 2005), pp. 197/198-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200726 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
Al riguardo, il procedimento in esame ha già visto il giudice di merito sfortunatamente impegnato in tal senso, con due ricor
si dichiarati entrambi inammissibili dalla Consulta, per ragioni formali. Si pone, dunque, il problema della riproponibilità del
conflitto da parte di questa corte; problema che deve essere ne
gativamente risolto, così come ha fatto il giudice del rinvio. E
noto invero che, con la sentenza n. 116 del 2003, la Corte co
stituzionale ha dichiarato inammissibile la riproposizione di un
conflitto, preceduto da altro già incorso in tale sanzione per ra
gioni formali, come nella fattispecie. Osserva, in proposito-, l'attuale ricorrente che si tratterebbe di una decisione che non si
richiama a valutazioni del merito del conflitto stesso e che non
estenderebbe la sua efficacia al di là del caso deciso; ma le ar
gomentazioni di detta sentenza non consentono tale conclusio
ne.
La Corte costituzionale, invero, argomentando al di là del ca
sus decisus, afferma che la 1. 87/53, per quanto non abbia posto termini di decadenza per la proposizione del ricorso con il quale il conflitto di attribuzione viene rilevato (volendo favorire al
massimo la ricerca e la conclusione di intese extragiudiziarie tra
gli organi interessati al conflitto, al di fuori delle strettoie di tali
termini), tuttavia formalizza una fase di ammissibilità del con
flitto, che risponde all'esigenza di delimitare il più possibile
questo tipo di processo, che ha aspetti assolutamente peculiari. Il legislatore del 1953 ha quindi conferito alla Corte costituzio
nale, in sede di delibazione sull'esistenza della «materia di un
conflitto», un potere molto ampio di individuazione dei profili
soggettivi e di qualificazione del thema decidendum, cioè un
potere di conformazione del giudizio sul conflitto di attribuzio
ne, che si esprime attraverso la fissazione di regole che necessa
riamente ne definiscono la «materia», stabilendo inderogabil mente soggetti e termini per lo svolgimento del processo. Re
gole che, per la loro natura conformativa, non possono essere
eluse quando il conflitto sia stato sollevato in sede processuale,
neppure invocando — ai fini di una eventuale riproposizione del
ricorso già dichiarato inammissibile — la mancata previsione di
termini di decadenza, che atterrebbero comunque alla fase ante
riore alla proposizione del ricorso: sussiste, invero, l'esigenza costituzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso
in termini certi, non rimessi alle parti confliggenti. Va dunque
superata la situazione di conflittualità ed incertezza, che non si
attaglia alle questioni di equilibrio tra i poteri dello Stato, le
quali invece, attenendo alle garanzie di ripartizione costituzio
nale delle attribuzioni, postulano che siano ristabilite certezza e
definitività di rapporti, al fine di assicurare il regolare esercizio
delle funzioni costituzionali.
Si tratta, come è evidente, di affermazioni che — al di là della
fattispecie in allora esaminata — pongono limiti di carattere ge
nerale, che rendono impensabile la riproposizione di un terzo
conflitto di attribuzione.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con le ulteriori sta
tuizioni indicate nel dispositivo.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 18
novembre 2004; Pres. Trojano, Est. Carcano, P.M. Cedran
gola) (conci, diff.); ric. C. Annulla App. Genova 7 maggio 2003.
Assistenza familiare (violazione degli obblighi di) — Obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio e al coniuge —
Inadempimento — Intervento sostitutivo dell'altro geni
tore o di altri congiunti — Irrilevanza (Cod. pen., art. 570). Assistenza familiare (violazione degli obblighi di) — Impos
sibilità economica di far fronte agli obblighi — Rilevanza — Condizioni (Cod. pen., art. 570).
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare,
l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore e al
coniuge ricorre anche quando le esigenze di vita di questi ul
timi vengano soddisfatte, in tutto o in parte, dall'altro genito re con i proventi del proprio lavoro o con l'intervento di altri
congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di
bisogno in cui versano i soggetti passivi del quale, viceversa, costituisce la prova. (1)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la
sussistenza del reato è esclusa solo qualora l'imputato alle
ghi idonei e convincenti elementi indicativi di situazioni che
si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza eco
nomica e nella impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla prestazione (nella specie, la Suprema corte ha annullato
la sentenza che aveva condannato l'imputato senza compiere accertamenti sulla grave patologia indicata dall'obbligato come causa della concreta impossibilità di far fronte ai pro
pri impegni, nonostante la produzione di cartelle cliniche
comprovanti i ricoveri e le dichiarazioni della stessa moglie, in ordine alle condizioni psichiche e alle difficoltà economi
che dell'obbligato). (2)
(1) Nello stesso senso, v. Cass. 9 gennaio 2004, Bencivenga, Ced
Cass., rv. 228491, la quale esclude che l'eventuale convincimento del
genitore inadempiente di non essere tenuto, in una tale situazione di concorso di mezzi altrui, all'assolvimento del suo primario dovere, non
integra un'ipotesi di ignoranza scusabile di una norma, che corrisponde ad un'esigenza morale universalmente avvertita; 1° dicembre 2003, Pi
sano, id., rv. 228262, che sottolinea l'irrilevanza, al fine di escludere il
reato, della percezione di eventuali cespiti reddituali relativi ad elargi zioni a carico della pubblica assistenza (nella specie, il minore disabile
percepiva una modesta pensione di invalidità ed era assistito economi
camente dal genitore affidatario, che svolgeva un'attività lavorativa); 29 aprile 2002, Lombardo, Foro it., Rep. 2002. voce Assistenza fami liare, n. 7; 21 settembre 2001, Mangatia, ibid., n. 6, citata in motiva
zione; 23 aprile 1998, Perri, id., Rep. 1998, voce cit., n. 8; nella giuris prudenza di merito, v. Pret. Dolo 2 febbraio 1989, id., 1989, II, 493.
(2) Con riferimento alla seconda massima, oltre alla citata Cass. 29
aprile 2002, Lombardo, la quale puntualizza che la condizione di disoc
cupazione dell'obbligato deve essere qualificabile come incolpevole, v. Cass. 25 giugno 1999, Morfeo, Foro it., Rep. 2000, voce Assistenza
familiare, n. 7, citata in motivazione; 8 luglio 1997, Carabellese, id.,
Rep. 1998, voce cit., n. 5; 25 ottobre 1990, Patruno, id., 1992, II, 295, secondo la quale incombe pur sempre all'imputato l'onere di allegazio ne di idonei e convincenti elementi indicativi della concreta impossibi lità di adempiere.
Al riguardo, Cass. 5 febbraio 1998, Cusumano, id., Rep. 1999, voce
cit., n. 10, dalla premessa che non vi è interdipendenza tra il reato di cui all'art. 570, 2° comma, n. 2, c.p. e l'assegno liquidato dal giudice civile, ha tratto la conseguenza che la decisione di quest'ultimo non fa stato nel giudizio penale né in ordine alle condizioni economiche del
coniuge obbligato, né per ciò che riguarda lo stato di bisogno degli aventi diritto ai mezzi di sussistenza, circostanze queste che devono es sere accertate in concreto (nello stesso senso, quanto all'autonomia dei
due piani di valutazione, v. anche Cass. 12 novembre 1998, Tortorella, ibid., n. 11). Secondo Cass. 7 maggio 1998, Giannetti, id., Rep. 1998, voce cit., n. 3, la condizione di impossibilità economica dell'obbligato che esclude la sussistenza del reato, deve estendersi a tutto il periodo di
tempo nel quale si sono reiterate le inadempienze e deve consistere in
una situazione incolpevole di indisponibilità di introiti sufficienti a
soddisfare le esigenze minime di vita degli aventi diritto (nella specie, siffatti requisiti sono stati esclusi, in quanto era stato accertato dal giu dice di merito che l'imputato aveva svolto una sua attività lavorativa
produttiva di un reddito sufficiente, aveva avuto la disponibilità di
un'autovettura di grossa cilindrata e aveva frequentato una casa da
giuoco); alla situazione di incolpevole impossibilità di far fronte agli
obblighi, Cass. 16 maggio 1997, Ricciardi, ibid., n. 9, equipara gli eventi che il soggetto sia costretto a subire e che, non potendo essere
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PARTE SECONDA
Ritenuto in fatto. — 1. - R.C. propone ricorso contro la sen
tenza 7 maggio 2003 della Corte d'appello di Genova che ha
confermato la sentenza di primo grado con la quale egli è stato
dichiarato responsabile del delitto di cui all'art. 570, 2° comma,
n. 2, c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla mo
glie D.B. ed alla figlia minore.
1.1. - La corte territoriale ha disatteso le censure articolate
con l'atto d'appello ed ha ritenuto configurabile in fatto ed in
diritto il reato contestato. E stato provato in fatto il mancato
versamento delle somme poste a carico di C. dal giudice civile
per il mantenimento della moglie e della figlia minore. Ad avvi
so della corte di merito, la dedotta insussistenza dello stato di
bisogno della moglie e la possibilità di costei di provvedere, come in realtà è accaduto, alle necessità del figlio minore, non
avevano rilievo negativo ai fini della configurabilità dell'ipotesi criminosa de ijua. Altrettanto, è stato ritenuto privo di rilievo lo
stato di incapacità economica di C., tenuto conto dell'impossi bilità di immaginare che egli non svolgesse alcuna attività lavo
rativa. In proposito, la corte ha rilevato che R.C., per la sua gio vane età e per l'assenza di gravi patologie che gli impedissero di lavorare, senz'altro poteva adattarsi a lavori temporanei che
gli avrebbero potuto consentire di fornire almeno in parte i mez
zi dovuti. Tale situazione dimostrava, ad avviso della corte di
merito, la volontaria sottrazione all'obbligo di provvedere di
contribuire, nei limiti stabiliti dal giudice civile, al manteni
mento della figlia minore.
2. - R.C., con un primo motivo, denuncia la sentenza impu
gnata per difetto di motivazione, sotto il profilo della mancanza
e della manifesta illogicità, nonché per inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale in relazione all'art. 570, 2°
comma, n. 2, c.p. Si individuano i punti critici del discorso giustificativo: l'uno,
la configurabilità del reato de quo anche in assenza di un reale
stato di bisogno del genitore affidatario e della sua accertata
possibilità di provvedere al mantenimento del figlio minore;
l'altro, l'irrilevanza, ai fini dell'esclusione della sussistenza del
reato, dell'incapacità economica di R.C. di provvedere a contri
buire, nei limiti indicati dal giudice civile, al mantenimento
della figlia minore. Quanto a tale ultimo profilo, si deduce di avere dimostrato,
anche mediante l'esibizione di cartelle cliniche, i vari ricoveri di
R.B. per gravi crisi depressive proprio nel periodo oggetto della
contestazione e che la corte ha omesso di esaminare tale docu
mentazione, limitandosi ad affermare che l'imputato non poteva non trovare lavoro in assenza di gravi patologie. Con il ricorso
si deduce, ancora, che la grave patologia sofferta da C. lo aveva
portato diverse volte a tentare il suicidio e che tale situazione di
notevole difficoltà e di precarietà era nota alla ex moglie, come
da costei dichiarato in dibattimento.
2.1. - Con un secondo motivo si deduce l'inosservanza di
norme processuali, in quanto la corte d'appello non avrebbe
correttamente valutato il secondo motivo d'appello col quale si denunciava che, nonostante nel capo di imputazione fosse stata
indicata quale epoca di commissione del reato il periodo dal settembre 1998 al 13 ottobre 1999, il giudice di primo grado ha
condannato C. per il reato continuato fino all'emissione della sentenza di- primo grado, in tal modo mutando il fatto storico e
posticipando la data finale della permanenza della condotta cri
minosa al di là delle indicazioni contenute nell'imputazione. Tale è la sintesi ex art. 173, 1° comma, c.p.p. dei termini delle
questioni poste. Considerato in diritto. — Il primo motivo di ricorso, nei li
miti indicati, è fondato. Non è da revocare in dubbio che ai fini della configurabilità
del delitto di cui all'art. 570, 2° comma, n. 2, c.p., l'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre anche
quando vi provveda in tutto o in parte l'altro genitore con i pro venti del proprio lavoro e con l'intervento di altri congiunti, at
impediti, siano tali da rendere inevitabile una determinata condotta, escludendone la punibilità in virtù delia causa di giustificazione della forza maggiore, di cui all'art. 45 c.p. (nella specie, l'obbligato era de
tenuto); al contrario, alle situazioni di negligenza dell'obbligato, Cass. 30 novembre 1995, Cangelli, id., Rep. 1997, voce cit., n. 5, ha ricon dotto il caso dell'imputato che non aveva fatto valere il suo diritto alla continuazione del rapporto di lavoro con l'esercizio di mansioni com
patibili con la sua parziale invalidità.
Il Foro Italiano — 2005.
teso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui
versa il soggetto passivo del quale, viceversa, costituisce la pro va (sez. VI 21 settembre 2001, Mangatia, Foro it., Rep. 2002, voce Assistenza familiare, n. 6).
Infatti, l'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori di età grava su entrambi i genitori e permane indipen dentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali, né l'assol
vimento del predetto obbligo da parte di uno dei genitori esenta
in alcun modo l'altro (ex plurimis, sez. VI 12 novembre 2002,
Scasciamacchia, id., Rep. 2003, voce cit., n. 4). Ne consegue che, sotto tale profilo, correttamente la corte ha escluso ogni ri
lievo alla dedotta insussistenza dello stato di bisogno, richiesto
per la configurazione del reato de quo, per avere l'altro coniuge
provveduto al mantenimento del figlio minore.
Mentre, è fondata la censura rispetto al mancato accertamento
delle condizioni di salute di R.C. ed all'incidenza delle stesse
sulle capacità lavorative.
Come risulta dai motivi d'appello, il ricorrente ha dedotto la
sua grave patologia ed ha posto in risalto che la stessa ha inciso
notevolmente sulle sue capacità lavorative. Dal verbale d'u
dienza del 7 maggio 2003 innanzi alla corte territoriale, inoltre, risulta la produzione delle cartelle cliniche relative ai ricoveri
diC. Come è noto, in tema di violazione degli obblighi di assisten
za familiare la condizione di impossibilità economica dell'ob
bligato vale come scriminante soltanto se essa si estenda a tutto
il periodo di tempo nel quale si sono reiterate le inadempienze e
se consista in una situazione incolpevole di indisponibilità di
introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita degli aventi diritto (sez. VI 7 maggio 1998, Giannetti, id., Rep. 1998, voce cit., n. 3).
Ne consegue che il venire meno l'obbligo di fornire i mezzi
di sussistenza alla famiglia ricorre solo quando risulti provato che le difficoltà economiche si siano tradotte in stato di vera e
propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla prestazione, dovendo l'imputato, ai fini
dell'esclusione della propria responsabilità per il reato di cui al
l'art. 570 c.p., allegare idonei e convincenti elementi indicativi
della concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri obbli
ghi (in tal senso, sez. VI 25 giugno 1999, Morfeo, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 7).
I principi di diritto enunciati, condivisi da questo collegio ed ai quali la corte territoriale non si è attenuta, avrebbero imposto un accurato e serio accertamento sulla grave patologia indicata
dal ricorrente come causa della concreta impossibilità di far
fronte ai propri impegni, tenuto conto della produzione delle
cartelle cliniche comprovanti i ricoveri e delle dichiarazioni rese
dalla moglie, D.B., sulle condizioni psichiche e le difficoltà
economiche del ricorrente.
II convincimento espresso in termini generici, circa l'assenza
di patologie tali da impedire un'attività lavorativa, denota la
mancanza di ogni accertamento su di un punto determinante,
allegato tempestivamente e documentato dall'interessato.
Peraltro, la gravità della patologia dedotta avrebbe imposto accertamenti, anche mediante una perizia medica, della quale la
corte avrebbe dovuto dar conto della superfluità ai fini dell'in
dagine da compiere. Va ribadito, in proposito, il principio di diritto secondo cui il
giudice, allorché ricorrano indagini e valutazioni che richiedano
specifiche competenze tecniche e scientifiche, può disporre, an
che d'ufficio ex art. 508 c.p.p., una perizia, salvo che la ritenga
superflua e non utile e dia conto, con adeguata motivazione, delle ragioni della propria decisione.
Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Genova per un nuovo giudizio nel rispetto dei principi di diritto indicati.
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