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sezione VI penale; sentenza 27 gennaio 2004; Pres. Sansone, Est. Ambrosini, P.M. D'Angelo (concl....

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sezione VI penale; sentenza 27 gennaio 2004; Pres. Sansone, Est. Ambrosini, P.M. D'Angelo (concl. conf.); ric. Proc. gen. App. Catanzaro in c. Bruno e altri. Annulla App. Catanzaro 28 agosto 2002 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 547/548-549/550 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199090 . Accessed: 28/06/2014 09:28 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.66 on Sat, 28 Jun 2014 09:28:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI penale; sentenza 27 gennaio 2004; Pres. Sansone, Est. Ambrosini, P.M. D'Angelo(concl. conf.); ric. Proc. gen. App. Catanzaro in c. Bruno e altri. Annulla App. Catanzaro 28agosto 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 10 (OTTOBRE 2004), pp. 547/548-549/550Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199090 .

Accessed: 28/06/2014 09:28

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PARTE SECONDA

l'oggettiva illiceità del bene, con la conseguente sua irrevocabi

lità in assenza di un esplicito provvedimento adottato dall'auto

rità competente ed autorizza'torio della lottizzazione (nella spe

cie, la corte ha ritenuto legittima la confisca disposta in presen za di un piano di recupero previsto dall'art. 29 1. n. 47 e delibe

rato dal consiglio comunale, evidenziando come anche la modi

fica del piano regolatore sia subordinata all'approvazione da

parte della regione e ritenendo sino a tale approvazione non ri

levante il deliberato comunale)» (sez. Ili 9 novembre 2000,

Lanza e altri, id., Rep. 2001, voce cit., n. 478).

E, infatti, in precedenza era stato dichiarato «inammissibile,

per difetto d'interesse a impugnare, il ricorso per cassazione av

verso l'ordinanza della corte d'appello di rigetto dell'istanza di

revoca del provvedimento, dalla stessa emesso, di confisca di

terreni abusivamente lottizzati, motivata dal cambio di destina

zione della zona, da agricola a espansione residenziale, allorché

tale destinazione non sia definitiva perché la relativa modifica

del piano regolatore è in corso di elaborazione e subordinata alla

successiva approvazione da parte della regione, mancando per tale ragione una lottizzazione convenzionata quale presupposto

per ottenere la concessione in sanatoria» (sez. Ili 25 maggio

1999, Licciardello e altri, id., Rep. 2000, voce cit., n. 584). Orbene, la sentenza impugnata ha esattamente rigettato il

motivo di appello, con il quale era stata contestata la legittimità della disposta confisca per incompatibilità con i provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione, avendo accertato che

«la delibera del comune di Foggia esibita dagli imputati contie

ne una preliminare dichiarazione di intenti in ordine all'even

tuale recupero della zona 'Salice', ma non implica in alcun

modo la sanatoria dell'abusiva lottizzazione oggetto del pre sente giudizio».

La citata valutazione di merito, peraltro, si palesa del tutto ri

spondente al valore giuridico del provvedimento amministrativo

di cui si tratta (delibera n. 378 del 1° giugno 2001), risultando

che lo stesso costituisce solo l'atto iniziale (documento pro

grammatico preliminare preordinato alla variante al piano rego latore generale) dell' iter amministrativo che dovrebbe conclu

dersi con l'approvazione di una variante del piano regolatore

generale, destinata al recupero urbanistico della zona oggetto d'interventi di urbanizzazione abusiva, di talché la pronuncia di

merito non si pone neppure in contrasto con l'indirizzo inter

pretativo più favorevole di questa corte (sez. Ili 5 dicembre

2001, Venuti e altri, id., Rep. 2002, voce cit., n. 450), secondo il

quale la confisca deve ritenersi incompatibile con la successiva

«adozione di un piano di recupero urbanistico dell'area abusi

vamente lottizzata da parte del consiglio comunale o con la suc

cessiva autorizzazione a lottizzare»; provvedimenti che nella

specie tuttora non risultano essere stati adottati.

I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 27

gennaio 2004; Pres. Sansone, Est. Ambrosini, P.M. D'Ange

lo (conci, conf.); ric. Proc. gen. App. Catanzaro in c. Bruno e

altri. Annulla App. Catanzaro 28 agosto 2002.

Abuso di poteri e violazione dei doveri d'ufficio — Rifiuto di atti di ufficio — Momento consumativo — Reato istan

taneo (Cod. pen., art. 328). Abbandono di minori o incapaci e di neonato per causa di

onore — Abbandono di incapaci — Reato permanente

(Cod. pen., art. 591).

Il reato di rifiuto di atti di ufficio, previsto dall'art. 328, 1°

comma, c.p., è reato istantaneo, in quanto il momento consu

mativo coincide col rifiuto; per stabilire quando quest'ultimo si realizzi, pur essendo necessario prendere in considerazione

le diverse situazioni che in concreto si verificano, è ragione vole assumere come possibile termine di riferimento quello del silenzio-rifiuto, ossia i novanta giorni a cominciare dal

giorno in cui si è verificata la situazione che imponeva il

compimento dell'atto. (1) Il reato di abbandono di persone incapaci è reato permanente,

per cui la condotta penalmente rilevante perdura fino a

quando gli autori non fanno cessare le situazioni che non

consentono un'assistenza o una cura adeguata (o le situazio

ni di questo tipo cessano per intervento esterno). (2)

Motivi della decisione. — 1. - Il reato di rifiuto di atti di uffi cio, previsto dal 1° comma dell'art. 328 c.p.

— contrariamente a

quanto affermato dal p.g. nel suo ricorso — è reato istantaneo,

come ritenuto da questa sezione della Suprema corte (24 giugno

1998, Fusco, Foro it., Rep. 1998, voce Abuso di poteri, n. 116), in quanto il momento consumativo si realizza con il rifiuto (o con l'omissione).

2. - E di tutta evidenza, peraltro, che è necessario stabilire

quando il momento consumativo si realizza. Ciò deve farsi in

relazione alle situazioni che in concreto si verificano, ossia deve

essere preso in considerazione il momento a cominciare dal

quale viene posta in essere la situazione di pericolo conseguente al rifiuto (o all'omissione).

Nella maggior parte dei casi vi è immediatezza tra rifiuto e

pericolo, ma ciò non accade necessariamente in quanto si pre sentano situazioni nelle quali il pubblico ufficiale non è nel

l'oggettiva possibilità di compiere «immediatamente» l'atto do

vuto, in quanto questo comporta procedure e attività ammini

strative complesse.

(1 ) Per la qualificazione del reato di cui all'art. 328, 1° comma, c.p. come illecito istantaneo, per cui la consumazione si verifica nel mo

mento stesso in cui è stato opposto il rifiuto, cfr. già Cass. 24 giugno 1998, Fusco, Foro it., Rep. 1998, voce Abuso di poteri, n. 116: la sen tenza in epigrafe, dal canto suo, aggiunge il possibile riferimento ai sensi del silenzio-rifiuto.

Quanto alla precisa determinazione del momento consumativo, con

riguardo a una fattispecie concreta di mancata emanazione da parte di un sindaco di un provvedimento conseguente ad una decisione del tri bunale amministrativo, la Cassazione ha affermato che il reato si con suma quando l'adempimento in questione, in assenza di un termine sta bilito dal tribunale, venga procrastinato dopo il decorso dei termini per l'eventuale impugnazione; tempi, nel complesso, da ritenere ragione volmente esauribili in centottanta giorni: v. Cass. 26 maggio 1999, Aresu, Riv. pen., 1999, 990, annotata criticamente da Di Pietropaolo, in Cass. pen., 2000, 2645, e Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 154.

Rispetto alla riconducibilità alla figura criminosa in questione della condotta del giudice che depositi fuori termine la motivazione dei

provvedimenti, cfr., più di recente, Cass. 9 dicembre 2002, Masi, id.,

Rep. 2003, voce cit., n. 47. Sulla natura istantanea del reato, v., in dottrina, Putinati, Omissione.

Rifiuto di atti di ufficio, voce del Digesto pen., Torino, 1994, Vili, 570

ss.; Pagliaro, Principi di diritto penale, parte speciale, Milano, 1998, 296.

(2) Circa la natura istantanea o permanente del reato previsto dal l'art. 591 c.p., si registrano orientamenti discordanti: in dottrina, nel

primo senso, cfr. Mantovani, Diritto penale. Delitti contro la persona, Padova, 1995, 231; Fierro Cenderelli, Abbandono di persone minori o

incapaci, voce del Digesto pen., Torino, 1987, I, 8; nel senso che si tratta di reato eventualmente permanente, v., invece, Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1985, VIII, 343; Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 2002,1, 122.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Il che non esclude l'individuazione del termine entro cui

l'atto deve essere compiuto, poiché l'inerzia del pubblico uffi

ciale potrebbe protrarsi sine die frustrando così il precetto pe nale.

Tale termine, secondo un criterio di ragionevolezza ispirato ai

principi tipici dell'attività amministrativa, ben può assimilarsi a quello del silenzio-rifiuto, ossia in novanta giorni a cominciare

da quello in cui si è verificata la situazione che imponeva il

compimento dell'atto.

3. - Nel caso concreto la giunta regionale calabrese aveva de

liberato per motivi d'igiene e sanità la chiusura della casa di ri

poso Umberto I e il trasferimento degli ospiti in altre strutture in

data 28 febbraio 1995. Il sindaco Bruno aveva preso atto di tale

delibera con provvedimento del 12 aprile 1995, cui non aveva

fatto seguito l'esecuzione.

Assumendo quest'ultima data come termine iniziale per il

computo dei novanta giorni per computare il silenzio-rifiuto, il

momento consumativo del reato contestato deve fissarsi all' 11

luglio 1995. 4. - Poste queste premesse il reato è estinto nelle more del

giudizio di cassazione I'll gennaio 2003.

L'intervenuta prescrizione del reato fa venir meno l'interesse

al ricorso del p.g. e pertanto il ricorso stesso deve essere dichia

rato inammissibile, ferma restando pertanto la pronuncia asso

lutoria del Bruno.

5. - Per quanto concerne i restanti imputati, Napoli, Ciglio e

Greco, la considerazione che essi non erano destinatari dell'atto

amministrativo e quindi la loro inerzia non costituisce rifiuto di

atti d'ufficio — quale correttamente evidenziata nella sentenza

impugnata —

appare comunque superata dall'intervenuta pre scrizione del reato, con la conseguente sopravvenuta inammis

sibilità del ricorso del p.g. Anche per essi resta pertanto ferma la

pronuncia assolutoria.

5.1. - Per quanto concerne il reato di cui all'art. 591 c.p. adde

bitato ai soli Napoli, Ciglio e Carmine, la censura del p.g. deve

trovare accoglimento. L'affermazione contenuta nella sentenza, secondo cui si tratta

di reato istantaneo (così che la condotta contestata dal febbraio

1995 importerebbe la decorrenza della prescrizione da tale da

ta), non è condivisibile. L'abbandono di persone, come nel caso, incapaci è reato

permanente in quanto gli imputati realizzano la loro condotta fi

no a quando non fanno cessare le situazioni che non consentono

un'assistenza o cura adeguata (o le situazioni di questo tipo ces

sano per intervento esterno). Gestire una casa di riposo lasciando i ricoverati in balìa di lo

ro stessi o con personale inadeguato, negando le cure idonee e

obliterando i requisiti igienici necessari, realizza una condotta

che si protrae nel tempo e il cui momento consumativo non può essere cristallizzato quando la situazione viene accertata per la

prima volta. Se, nonostante l'accertamento, le condizioni dei ri

coverati non mutano, i responsabili della casa di riposo non ces

sano di porre in essere la condotta criminosa ove non mutino le

condizioni contrarie alla previsione legislativa. Il che appare non solo di tutta evidenza, ma conforme a logi

ca, perché, in caso contrario, si verrebbe a legittimare il com

portamento antigiuridico successivo al primo accertamento delle

condizioni di abbandono delle persone incapaci. 6. - In questo quadro la sentenza impugnata deve essere an

nullata limitatamente al reato di cui all'art. 591 c.p., dovendo il

giudice del rinvio accertare — ai soli fini dell'eventuale pre scrizione del reato e, in caso negativo, dell'applicazione della

relativa sanzione — fino a quando si è protratta la situazione di

abbandono delle persone incapaci riferibile agli imputati, posto che circa la sussistenza del fatto materiale accertata in primo

grado e confermata nella decisione di appello non vi è ricorso

da parte degli imputati.

Il Foro Italiano — 2004.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 15

gennaio 2004; Pres. Vitalone, Est. Novarese, P.M. Passa

cantando (conci, diff.); P.m. in c. Zanoni. Annulla Trib.

Trento 24 aprile 2003.

Sanità pubblica — Reato di discarica abusiva — Permanen

za — Cessazione (D.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, attuazione

delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pe ricolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imballag gio, art. 51).

Il reato di cui all'art. 51, 3° comma, d.leg. 22/97 ha natura

permanente sino al decorrere di dieci anni dalla cessazione

dei conferimenti nella discarica abusiva ovvero all'otteni

mento dell'autorizzazione o alla loro rimozione. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 12

novembre 2003; Pres. Savignano, Est. Onorato, P.M. Sini

scalchi (conci, diff.); P.m. in c. Puppo. Annulla senza rinvio

Trib. Genova, ord. 5 giugno 2003.

Sanità pubblica — Interpretazione autentica della definizio ne di rifiuto — Fattispecie (D.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, art. 6, 51; d.l. 8 luglio 2002 n. 138, interventi urgenti in materia

tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa far maceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree

svantaggiate, art. 14; 1. 8 agosto 2002 n. 178, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 8 luglio 2002 n. 138).

La deroga alla nozione di rifiuto introdotta dal 2° comma del

l'art. 14 l. 178/02, anche a prescindere dalla sua incompati bilità con la normativa comunitaria e dalla connessa contro

versia sulla sua applicabilità da parte del giudice italiano, ri

guarda solo le ipotesi «abbia deciso» e «abbia l'obbligo di

disfarsi» e non l'ipotesi «si disfi» (nella specie, sulla base di

tale principio, la corte ha ritenuto che erroneamente era stata

esclusa l'esistenza del rifiuto sulla considerazione che «il

materiale sequestrato (rottami ferrosi, traversine in legno et

similia di cui i produttori si erano già disfatti) fosse destinato

alla commercializzazione» e non abbandonato alla rinfusa, «ma sistematicamente ordinato» dalla società che lo aveva

acquistato). (2)

(1) I. - La sentenza suggerisce un'innovativa soluzione in merito alla

questione della cessazione della permanenza del reato di gestione di di

scarica abusiva. Si sostiene infatti che il d.leg. 22/97, a differenza del d.p.r. 915/82,

ha espressamente incluso nella gestione dei rifiuti «il controllo delle di

scariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura» sicché, te

nuto anche conto delle cadenze temporali poste dal d.leg. 36/03, «ormai

la permanenza del reato di discarica abusiva verrà meno solo dopo dieci

anni dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento del

l'autorizzazione o la rimozione dei rifiuti applicandosi le ultime due

ipotesi, del resto, in ogni fattispecie di gestione e/o smaltimento».

Questa tesi suscita per vero qualche perplessità giacché non pare così

pacifico che, per l'integrazione del reato previsto dall'art. 51,3° com

ma, d.leg. 22/97, debba essere considerato anche l'insieme delle opera zioni di gestione delle discariche post mortem.

Sul problema, Fimiani (Acque, rifiuti e tutela penale, Milano, 2000, 471 s.), interrogandosi sul fatto se l'orientamento espresso da Cass.,

sez. un., 5 ottobre 1994, Zaccarelli (Foro it., 1995, II, 345, per cui «il

reato è permanente per tutto il tempo in cui l'organizzazione è presente e attica») vada rivisto tenendo presente il concetto di gestione di cui al

l'art. 6 d.leg. 22/97, osserva che «dalla lettura degli all. B e C si evince

che le ulteriori attività di controllo dopo la chiusura degli impianti non

sono comprese nelle nozioni di smaltimento o recupero. Ciò si spiega con il fatto che trattasi non di fasi aventi una propria autonomia e come

tali soggette ad un particolare regime amministrativo, ma di regole

comportamentali da seguire nello svolgimento delle altre attività di rac

colta, trasporto, recupero, smaltimento. In sostanza sono queste quattro le possibili forme di gestione ed il legislatore ha voluto soltanto preci sare che il relativo esercizio non si esaurisce con il compimento, ma

prosegue e si completa con il controllo successivo, in attuazione dei

principi di responsabilizzazione ed effettività della protezione ambien

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