sezione VI penale; sentenza 8 maggio 2006; Pres. de Roberto, Est. Ippolito, P.M. TindariBaglione (concl. conf.); ric. Cusini. Annulla senza rinvio App. Venezia 3 novembre 2005Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 409/410-415/416Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202134 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 8
maggio 2006; Pres. de Roberto, Est. Ippolito, P.M. Tindari
Baglione (conci, conf.}; ric. Cusini. Annulla senza rinvio
App. Venezia 3 novembre 2005.
CORTE DI CASSAZIONE;
Estradizione e mandato d'arresto europeo — Mandato
d'arresto europeo — Esecuzione — Copia trasmessa a
mezzo telefax — Autenticazione — Necessità — Esclusio
ne (L. 22 aprile 2005 n. 69, disposizioni per conformare il di ritto interno alla decisione quadro 2002/584/Gai del consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e
alle procedure di consegna tra Stati membri, art. 6). Estradizione e mandato d'arresto europeo — Mandato
d'arresto europeo — Esecuzione — Stato di emissione —
Mancata previsione di termini massimi di carcerazione
preventiva — Rifiuto della consegna (Cod. proc. pen., art.
705; 1. 4 agosto 1955 n. 848, ratifica ed esecuzione della con
venzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle li
bertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del
protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a Pa
rigi il 20 marzo 1952: convenzione, art. 5; 1. 22 aprile 2005 n.
69, art. 18).
Ai fini della decisione sulla consegna della persona colpita dal
mandato d'arresto europeo, non è richiesta la trasmissione
dell'originale o l'autenticazione della copia trasmessa a
mezzo telefax all'autorità italiana per l'esecuzione. (1)
L'obbligo dì rifiutare la consegna della persona colpita dal
mandato d'arresto europeo, nei casi in cui la legislazione dello Stato di emissione non stabilisce i limiti massimi della
carcerazione preventiva, sussiste anche quando la legge pre scrive la verifica periodica della durata della detenzione at
traverso controlli d'ufficio dell'autorità giudiziaria. (2)
(1-2) I. - Con la sentenza in rassegna, la Cassazione interviene su due aspetti della procedura passiva di consegna basata sul mandato di arresto europeo.
Per quanto concerne la trasmissione dell'atto, la corte giunge ad af
fermare il principio enunciato nella prima massima attraverso l'analisi normativa della legge italiana e della decisione quadro 2002/584/Gai e la riaffermazione dei postulati che stanno alla base del nuovo sistema di
consegna, che sostituisce l'estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri dell'Unione europea.
Nella sentenza viene infatti evidenziato il nesso tra il principio di
mutuo riconoscimento dei provvedimenti giudiziari, di cui la decisione
quadro sul mandato di arresto europeo costituisce una particolare appli cazione, e il suo corollario rappresentato dalla libertà dei mezzi di tra
smissione, che svincola la circolazione dell'atto dall'osservanza di formalità predeterminate.
A tale riguardo, la 1. 69/05, nella parte relativa al c.d. mandato passi vo (quello emesso dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro e trasmesso alle autorità italiane per la sua esecuzione), si limita a pre scrivere i requisiti relativi al contenuto dell'atto (art. 6, 1° comma) e al suo regime linguistico (art. 6, 7° comma).
Secondo i principi del diritto dell'Unione europea sulla cooperazione giudiziaria in materia penale, applicabili dal giudice nazionale nei li miti dell'interpretazione conforme, l'eurordinanza denominata mandato d'arresto europeo può essere trasmessa con qualsiasi mezzo sicuro, idoneo a produrre una registrazione scritta che consenta all'autorità di
esecuzione di verificarne la provenienza e l'autenticità (art. 10, par. 4, della decisione quadro; art. 6, par. 1, della convenzione relativa all'as
sistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione
europea, adottata a Bruxelles il 29 maggio 2000). Non è, quindi richie
sta né la trasmissione dell'originale dell'atto, né di una sua copia au
tenticata. Sul punto, non vi sono precedenti specifici. Per le precedenti appli
cazioni giurisprudenziali del mandato d'arresto europeo, v. Cass. 26
gennaio 2006, Spinazzola, 14 dicembre 2005, Dobos, e 22 novembre
2005, Calarese, nonché 23 settembre 2005, Ilie, Foro it., 2006, II, 273 e
289, con note di richiami giurisprudenziali e bibliografici. Sulla tra
smissione del mandato di arresto europeo, O. Villoni, Il mandato d'ar
resto europeo: autorità competenti e contenuto, in Mandato d'arresto
europeo. Dall'estradizione alle procedure di consegna a cura di M.
Bargis e E. Selvaggi, Torino, 2005, 185 ss., 201. Sulle modalità di tra
smissione degli atti previste negli strumenti dell'Unione europea in
materia di cooperazione giudiziaria, AA.VV., Diritto penale europeo e
Il Foro Italiano — 2006 — Parte II-11.
Ritenuto in fatto. — 1. - Rosanna Cusini, a mezzo del suo di
fensore avv. Gian Antonio Minghelli, ricorre per cassazione av
verso la sentenza sopra indicata, con cui la Corte d'appello di
Venezia ha disposto la sua consegna all'autorità giudiziaria del
Regno del Belgio, accogliendo la richiesta di cui al mandato
d'arresto europeo, emesso dal G.i.p. di Charleroi in data 29 set
tembre 2005, per il reato di truffa.
2. - L'arresto fu operato in Italia il 13 ottobre 2005 dai cara
binieri di Porto Viro e — previa audizione della Cusini, che ri
ordinamento italiano. Le decisioni quadro dell'Unione europea: dal mandato d'arresto alla lotta al terrorismo, Milano, 2006.
II. - Il principio affermato nella seconda massima si applica ai casi in cui la procedura passiva di consegna ha per oggetto un mandato d'arre sto europeo basato su provvedimenti di natura cautelare o preventiva.
La regola di giudizio è ricavata dal chiaro significato dell'art. 18, lett. e), 1. 69/05 che non consente al giudice nazionale di ricorrere a
un'interpretazione diversa da quella letterale. Ciò in virtù dei limiti che il principio di interpretazione conforme incontra rispetto alle decisioni
quadro del consiglio Ue, ai quali la Cassazione fa espressamente rife rimento e che non consentono la disapplicazione della norma penale interna in contrasto con la decisione quadro.
La sentenza fa emergere la sostanziale irragionevolezza dell'art. 18, lett. e), cit. In primo luogo, il rifiuto della consegna connesso alla man cata predeterminazione ex lege della durata dei termini massimi della carcerazione preventiva non trova fondamento nel diritto alla ragione vole durata della detenzione riconosciuto dall'art. 5, 3° comma, della convenzione europea sui diritti umani (Cedu). In tali casi, la violazione dei diritti fondamentali dell'uomo non sarebbe neppure astrattamente
configurabile, posto che la giurisprudenza della Corte europea ricono sce la compatibilità con la Cedu dei sistemi nei quali la verifica sulla durata massima della custodia cautelare avviene esclusivamente attra verso controlli d'ufficio dell'autorità giudiziaria, obbligatori e periodi ci.
L'art. 18, lett. e), 1. 69/05 non è quindi riconducibile al principio ge nerale secondo cui la consegna deve esser negata quando la persona è stata o sarà sottoposta a un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali (art. 705, 2° comma, lett. a, c.p.p.), ma rappre senta soltanto una proiezione, nei rapporti giurisdizionali con le auto rità di altri Stati membri, della riserva di legge statale contenuta nel l'art. 13, ultimo comma, Cost.
Il principio dell'interpretazione conforme delle decisioni quadro del
consiglio dell'Unione europea, da parte del giudice nazionale, è stato Corte giust. 16 giugno 2005, C-105/03, Pupino, che sarà riportata in un
prossimo fascicolo. La Corte di cassazione italiana ha già applicato questo principio in una fattispecie relativa al mandato d'arresto euro
peo, nella sentenza 23 settembre 2005, Ilie, cit. Sul principio di ragio nevole durata della detenzione in corso di processo, v. Corte eur. diritti dell'uomo 24 agosto 1998, Commissione c. Governo Italia, in Foro it., 1998, IV, 409.
Dalla sentenza in epigrafe, si ricava un secondo profilo di irragione volezza dell'art. 18, lett. e), 1. 69/05. Esso consiste nel fatto che, né la
disciplina sull'estradizione (convenzionale ed extraconvenzionale), né la decisione quadro sul mandato di arresto europeo, prevedono il rifiuto della consegna quando la legge dello Stato richiedente non determina i
termini massimi di carcerazione preventiva. In tale ipotesi, nella procedura di estradizione, la consegna può esse
re rifiutata soltanto quando il sistema legale dello Stato richiedente sia in contrasto con i diritti fondamentali della persona (art. 705, 2° com
ma, lett. a, c.p.p., cit.); ma tale condizione ostativa non ricorre quando l'ordinamento straniero presenti garanzie processuali non corrispon denti a quello dell'ordinamento italiano (in tal senso, Cass. 21 settem
bre 1995. Di Maio, id., Rep. 1996, voce Estradizione, n. 41). Per quanto concerne il mandato d'arresto europeo, gli art. 3 e 4 della
decisione quadro 2002/584/Gai, nell'elencare i motivi, obbligatori o fa
coltativi, di rifiuto della consegna non prevedono la mancanza di termi
ni legali di durata della carcerazione preventiva. Ne consegue che il
modello di eurordinanza allegato alla decisione quadro non contiene
indicazioni relative ai limiti della custodia cautelare eventualmente
previsti dalla legge dello Stato di emissione, le quali dovranno essere
necessariamente acquisite dall'autorità italiana quali informazioni inte
grative. La disposizione di legge interna, dunque, non corrisponde alla deci
sione quadro e rischia di pregiudicare la realizzazione di un sistema di
consegna semplificato rispetto all'estradizione, che agevoli la coopera zione giudiziaria tra gli Stati membri.
Nel sistema delineato nel titolo VI del trattato sull'Unione europea, il
contrasto tra la legge interna e le decisioni quadro può essere rilevato
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PARTE SECONDA
fiutò il consenso all'estradizione in Belgio — fu convalidato il
successivo giorno 15 dal presidente della Corte d'appello di
Venezia, che applicò la misura cautelare della custodia in carce
re.
3. - Risulta dalla descrizione dei fatti inserita nel mandato
d'arresto europeo, compilato secondo il modello allegato alla
decisione quadro del consiglio dell'Unione europea del 13 giu
gno 2002 (G.U.C.E. del 18 luglio 2002), che la Cusini si era in contrata con diverse persone proponendo loro di investire in
borsa, suo tramite, rilevanti somme di denaro, con promessa di
reddito molto elevato. Cinque persone avevano consegnato la
somma complessiva di 114.800 euro, senza più recuperare il lo
ro denaro, avendo la Cusini abbandonato il proprio domicilio in
Belgio, senza lasciare alcun recapito. Si dà, altresì, atto della pendenza d'altro procedimento per i
reati di truffa e falsità, per i quali era stata prima raggiunta da
misura cautelare personale e poi scarcerata su cauzione.
Nel provvedimento cautelare dell'autorità giudiziaria belga
(acquisito dalla corte d'appello), si specifica che la donna è im
putata «di essersi, nel Belgio, a Charleroi e in connessione al
trove, in data indeterminata, ripetutamente, tra il 1° settembre
2002 e il 9 aprile 2004, quale autore, coautore e complice, allo
scopo di appropriarsi di roba altrui, fatto consegnare o rilasciare
fondi» (e precisamente 114.800 euro) da cinque persone nomi
nativamente indicate, «sia usando falsi nomi o false qualità, sia
impiegando manovre fraudolente per convincere dell'esistenza
di false imprese, di un potere o di un credito immaginario, per far nascere la speranza o il timore di un successo, di un inci
dente o di tutt'altro evento chimerico, o per approfittare della
fiducia o della credulità».
Si ritengono sussistenti sia «indizi seri di colpevolezza a cari
co dell'imputata» del reato di cui all'art. 496 c.p. belga, con ri
ferimento al «ruolo centrale dell'imputata che ha lasciato crede
re alle vittime che aveva la disponibilità di mezzi che le con
sentivano di assicurarsi un altissimo reddito nel caso che l'inve
stimento di somme di denaro le venisse affidato e facendosi
passare per una specialista della finanza», sia le esigenze caute
lari collegate alla scomparsa della Cusini dal territorio belga senza lasciare alcuna indicazione di recapito.
Per il reato d'escroquerie, l'art. 496 c.p. belga (come emerge dal testo della disposizione di legge trasmessa dall'autorità bel
ga) prevede la reclusione da un mese a cinque anni.
4. - Sulla base di tali elementi e atti, la corte veneziana —
prendendo atto dell'esistenza della doppia incriminazione in
Belgio e in Italia del reato di truffa (escroquerie), delle infor
anche dalla Corte di giustìzia delle Comunità europee, su ricorso delle autorità giudiziarie degli Stati membri. Nelle materie del c.d. terzo pila stro, infatti, la Corte di giustizia, pur non potendo attivare nei confronti
degli Stati membri le procedure di infrazione proprie del diritto comu
nitario, né potendo annullare le misure legislative nazionali che contra stino con le decisioni o decisioni quadro del consiglio, ben può dichia rare la non conformità del diritto statale, nell'ambito del giudizio di validità delle misure di applicazione delle decisioni quadro adottato da uno Stato (art. 35, par. 1, del trattato sull'Unione europea).
Una valutazione di non conformità dell'art. 18, lett. e), cit., rispetto ai motivi di rifiuto della consegna previsti dagli art. 4 e 5 della decisio ne quadro, è stata, del resto, già formulata dalla commissione europea, nell'annesso al rapporto basato sull'art. 34 della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, pubblicato il 26 gennaio 2006 (versione ri
visitata). Il rapporto indica anche altre disposizioni della 1. 69/05 che obbliga
no la corte d'appello a rifiutare la consegna in casi non previsti dalla decisione quadro, contenute nello stesso art. 18 (lett. b, c, /, s, e negli art. 8, 3° comma, e 17, 4° comma) (commissione europea, annesso al
rapporto basato sull'art. 34 della decisione quadro sul mandato d'arre sto europeo, cit., pag. 8 s.).
Sull'art. 18, lett. e), 1. 69/05, v. G. Iuzzolino, La decisione sull'ese cuzione del mandato d'arresto europeo, in Mandato d'arresto euro
peo. Dall'estradizione alle procedure di consegna, cit., 289. Sul rap porto della commissione, v. Cass. 26 gennaio 2006, Spinazzola, 14 di cembre 2005, Dobos, 22 novembre 2005, Calarese, cit. Il documento
può essere consultato alla pagina web <http://ec.europa.eu/justice_ home/doc_centre/criminal/doc/sec_2006_079_en.pdf>). [G. Iuzzolino]
Il Foro Italiano — 2006.
mazioni di cui all'art. 6 1. 69/05, della descrizione dei fatti con
testati e dell'acquisizione della copia del provvedimento del
giudice belga, contenente adeguata motivazione delle circostan
ze fattuali che collegano la Cusini alla fattispecie contestata e
danno conto di specifiche esigenza cautelari — ha ritenuto, da
un lato, sussistenti i presupposti per l'accoglimento della richie
sta di consegna e, dall'altro, l'inesistenza di cause ostative ai
sensi dell'art. 18 1. 69/05.
5. - Nel ricorso per cassazione si deduce l'illegittimità della
sentenza impugnata per violazione della 1. 69/05 e, segnata
mente, per:
a) mancato accertamento dell'autenticità del mandato di ar
resto europeo;
b) sussistenza della causa ostativa alla consegna di cui al
l'art. 18, lett. e);
c) sussistenza della causa ostativa alla consegna di cui all'art.
18, lett. p)\
d) insussistenza di gravi indizi di colpevolezza ex art. 17.
Considerato in diritto. — 6. - La ricorrente lamenta, in primo
luogo, che il provvedimento cautelare emesso dal giudice istruttore del Tribunale di Charleroi non sia stato acquisito né in
originale né in copia autentica, ma sia pervenuto soltanto a
mezzo telefax. Da ciò conseguirebbe «l'impossibilità di ritenere
accertata, nel procedimento, l'autenticità e, quindi, in ultima
analisi, la stessa esistenza dei provvedimenti oggetto del con
traddittorio».
La censura è infondata. Si osserva innanzitutto che è neppure
prospettabile che il mandato di arresto europeo sia acquisito in
originale, trattandosi di documento emesso da un'autorità na
zionale di un paese europeo e destinato a tutti gli altri Stati
membri dell'Unione. In secondo luogo, nel caso in esame non
può dubitarsi dell'esistenza del mandato di cattura emesso dal
giudice istruttore di Charleroi, attesa la sovrabbondanza di ele
menti documentali (dall'inserimento della relativa segnalazione del mandato di arresto europeo nel sistema di informazione
Schengen ai contatti diretti tra le autorità giudiziarie di emissio
ne e di esecuzione) che lo comprovano. Per quanto concerne la deduzione di illegittimità per mancata
autenticazione della copia, osserva il collegio che nessuna di
sposizione della 1. 69/05 o della decisione quadro 2002/584/Gai
prevede l'acquisizione del documento in copia autentica, come
presupposto di ammissibilità di una pronuncia positiva alla con
segna. Nel nuovo sistema, improntato a mutuo riconoscimento e li
bera circolazione delle decisioni giudiziarie tra le autorità giudi ziarie dei paesi dell'Unione, si è voluto liberare i procedimenti da ogni inutile appesantimento burocratico, tipico delle comuni
cazioni ufficiali a mezzo dei rispettivi apparati ministeriali della
giustizia o degli esteri, senza ovviamente nulla sacrificare alle
garanzie delle persona ed alla certezza del traffico giuridico. A
tal fine le comunicazioni a mezzo telefax, con annotazione sui
documenti del numero di apparecchio ricevente e trasmittente,
possono considerarsi pienamente idonee a fornire le normali ga ranzie di affidabilità.
Poiché è ovviamente necessaria la certezza che la copia ac
quisita, ricevuta dall'autorità giudiziaria italiana, sia conforme
al documento originale, è stato espressamente previsto che «nel
caso in cui insorgano difficoltà relative alla ricezione o all'au
tenticità dei documenti trasmessi dall'autorità giudiziaria», il
presidente della corte d'appello «prende contatti diretti con que sta al fine di risolverli» (art. 9, 2° comma, 1. 69/05).
Nel caso di specie nessuna difficoltà di tal genere è insorta né
risulta essere mai stata prospettata dalla difesa alla corte territo
riale. Rileva, inoltre, il collegio che dal fascicolo emerge che
contatti diretti sono intercorsi tra il presidente della corte vene
ziana e il g.i. di Charleroi che ha emesso il provvedimento cau
telare, aventi ad oggetto la specifica procedura in esame, cosic
ché nessun dubbio o questione è prospettabile sull'autenticità
del mandato di arresto emesso nei confronti di Rosanna Cusini.
(Omissis) 9. - La ricorrente invoca, con il secondo motivo, la sussisten
za della causa ostativa alla consegna espressamente prevista dalla lett. e) dell'art. 18 1. 69/05, in quanto «la documentazione
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GIURISPRUDENZA PENALE
presente agli atti del procedimento non fa alcun cenno circa l'e
sistenza, nell'ordinamento giuridico dello Stato emittente, della
previsione di limiti massimi della carcerazione preventiva». Il motivo si articola in due questioni: la prima riferita alla
mancanza di comunicazione da parte dell'autorità belga delle
norme di legge relative ai termini massimi di carcerazione pre
ventiva; la seconda più propriamente relativa al divieto di con
segna della persona colpita da mandato di arresto europeo nel
caso in cui la legislazione dello Stato di emissione non prevede i
limiti massimi di carcerazione preventiva. 9.1. - Osserva il collegio che la conclusione negativa del pro
cedimento, invocata dalla ricorrente, determinata dalla mera
mancata trasmissione del testo delle disposizioni relative ai ter
mini massimi di carcerazione da parte dell'autorità belga, co
stituirebbe un'abnorme espressione di formalismo burocratico, contraria allo spirito ed alla lettera della decisione quadro per ché scollegata da ogni esigenza di reale garanzia, mentre è crite
rio ermeneutico ormai pacifico che la legge interna, attuativa di
normativa europea, deve interpretarsi in senso conforme alla di
sciplina comunitaria, come più volte ha ripetuto sia la Corte eu
ropea di giustizia (da ultimo, sentenza su ricorso 105/03, P. c.
Italia del 16 giugno 2005) e dalla Corte costituzionale italiana
(tra le tante, v. sent. n. 170 del 1984, Foro it., 1984,1, 2062). Va
anche considerato che la realtà istituzionale dell'Unione euro
pea — ordinamento giuridico di cui è parte integrante la repub
blica italiana, con tutti i suoi organi giurisdizionali ordinari — non è più assimilabile ad un ordinamento «straniero», cosicché
non solo la normativa comunitaria, ma anche il diritto interno
degli Stati membri — almeno per quanto concerne «i diritti fon
damentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tra
dizioni costituzionali comuni agli Stati membri, in quanto prin
cipi generali del diritto comunitario» (art. 6, n. 2, del vigente trattato Ue), nonché nella parte in cui s'intreccia con la funzione
giurisdizionale italiana — devono considerarsi parte del diritto
che il giudice nazionale deve conoscere, secondo l'antico bro
cardo ìura novit curia.
In ogni caso, è preciso dovere del giudice del paese richiesto
adoperarsi per acquisire tutte le necessarie informazioni prima di assumere la propria decisione, come prescritto dalla 1. 69/05
all'art. 16 (informazioni e accertamenti integrativi), richiamato
dall'art. 6, 2° comma, proprio con riferimento alla necessità di
verificare la sussistenza di una delle ipotesi di divieto di conse
gna previste dall'art. 18, nonché dalla norma generale in materia
di estradizione, che impone alla corte d'appello di decidere
«dopo aver assunto le informazioni e disposto gli accertamenti
ritenuti necessari» (art. 704, 2° comma, c.p.p.).
Supplendo alla mancata richiesta di informazioni da parte del
giudice veneziano, questa corte, all'udienza del 12 dicembre
2005, ha richiesto al ministro della giustizia, ai sensi dell'art. 6
sopra indicato, l'urgente acquisizione delle disposizioni del Re
gno del Belgio applicabili ai fini della decisione, con particolare riferimento all'esistenza di previsione di limiti massimi di car
cerazione preventiva, espressamente richiesti — a pena di ri
fiuto di consegna — dall'art. 18, lett. e), 1. 69/05.
Con nota del ministro della giustizia datata 4 aprile 2006,
pervenuta alla corte il giorno seguente, è stata trasmessa la ri
sposta dell'autorità giudiziaria belga, la quale comunica che
«per quanto concerne il quesito relativo all'esistenza di un li
mite massimo alla custodia preventiva, la risposta è negativa». Per la custodia preventiva per reati puniti con pena superiore ad
un anno di reclusione (come il delitto contestato), è previsto l'esame in camera di consiglio da parte della giurisdizione d'i
struzione, una prima volta entro il quinto giorno dall'arresto e,
successivamente, con cadenza mensile e «nel rispetto della ra
gionevole durata prevista dall'art. 5, 3° comma, della conven
zione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamenta
li».
9.2. - Si pone, dunque, il problema di stabilire se la Cusini,
pur in presenza di tutti gli altri presupposti e condizioni richiesti dalla decisione quadro comunitaria e dalla legge italiana 69/05,
che ad essa ha dichiaratamente inteso dare attuazione, possa es
II Foro Italiano — 2006.
sere consegnata all'autorità giudiziaria del Regno del Belgio, in
presenza di una condizione ostativa posta dal legislatore nazio
nale, la quale non solo non è prevista dalla predetta decisione
quadro, ma non è neppure richiesta dalla procedura ordinaria di
estradizione, disciplinata dalla convenzione europea firmata a
Parigi il 13 dicembre 1957, che è stata espressamente sostituita
da un «nuovo sistema semplificato di consegna» tra autorità
giudiziarie, in attuazione della «libera circolazione delle deci
sioni giudiziarie in materia penale» proprio al fine di «eliminare
la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina at
tuale in materia di estradizione» (v. n. 5 dei considerando della
decisione quadro).
Questa corte ha ben presente il dibattito in corso da anni nella
dottrina europea e, soprattutto, nella giurisprudenza della corte
dei diritti dell'uomo di Strasburgo concernente il rispetto della
fondamentale garanzia dell'effettiva ragionevole durata della
detenzione, richiesta dall'art. 5, 3° comma, della convenzione
europea per i diritti dell'uomo, anche in relazione alla più gene rale garanzia della durata ragionevole del processo, richiesta
dall'art. 6, 1° comma, della stessa convenzione.
Non necessita un approfondito esame comparativo dei vari
ordinamenti europei per constatare che, all'identico scopo di
perseguire l'intento di limitare la detenzione in attesa di giudi
zio, i vari ordinamenti percorrono strade differenti.
Mentre in Italia, dall'inizio degli anni settanta del secolo
scorso, si è fatto ricorso alla determinazione di termini massimi
di carcerazione — differenzianti a seconda della natura del reato
e delle diverse fasi del procedimento — il cui superamento de
termina la scarcerazione automatica dell'imputato, in altri paesi (tra cui il Belgio) si utilizza, secondo il modello inglese, il mec
canismo dei controlli periodici da parte del giudice, predetermi nati a breve e frequente scadenza, senza previsione di automati
smi liberatori connessi al superamento di limiti massimi.
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha
non soltanto ripetutamente giudicato questi ultimi sistemi per fettamente rispettosi delle garanzie fondamentali prevista dal
l'art. 5, 3° comma, della convenzione («Ogni persona arrestata
o detenuta ... ha diritto di essere giudicata entro un termine ra
gionevole o di essere posta in libertà durante l'istruttoria»), ma
si è mostrata piuttosto scettica verso astratte, pur se ovviamente
legittime, previsioni legislative (cfr. sentenza St. c. Austria del
10 novembre 1969, id., 1970, IV, 1; W. c. Svizzera del 26 gen naio 1993; Er. c. Repubblica federale tedesca del 5 luglio
2001), ritenendo, invece, preferibile più responsabilizzanti si
stemi che impongano alle autorità giudiziarie nazionali di vigi lare costantemente affinché, negli specifici e concreti casi giu
diziari, la durata della detenzione preventiva non superi il limite
della ragionevolezza, a prescindere anche dal rispetto dei limiti
massimi di custodia ( W. c. Svizzera del 26 gennaio 1993; T. c.
Francia del 28 agosto 1992; I.A. c. Francia del 23 settembre
1998; G. c. Belgio del 16 settembre 2002; P. c. Italia del 6 no
vembre 2003).
Proprio in una causa concernente l'osservanza dell'art. 5, 3°
comma, della convenzione europea per i diritti dell'uomo in re
lazione ad una custodia cautelare sofferta da un imputato in un
procedimento penale italiano, la corte ha evidenziato che la va
lutazione circa la ragionevolezza della carcerazione preventiva non può avvenire in astratto, ma deve tenere conto delle specifi che circostanze del caso. La corte ha rilevato che la persistenza di forti indizi di colpevolezza costituisce la condicio sine qua non della liceità della detenzione preventiva, ma dopo un certo
lasso di tempo, essa non è più sufficiente, poiché occorre verifi
care se vi siano altri rilevanti motivi che giustifichino la priva zione della libertà individuale e, infine, se le competenti giudi ziarie nazionali abbiano adoperato una «speciale diligenza» nel
portare a termine la relativa procedura (Sar. c. Italia del 17 feb
braio 2005). Che sistemi giuridici diversi, di pari livello di civiltà giuridi
ca, possano legittimamente adottare differenti modalità in mate
ria di misure cautelari personali è anche confermato dalla giuris
prudenza di questa corte in ambito estradizionale, che non ha
individuato nella differente disciplina processuale, pur diretta
mente incidente in senso peggiorativo sulla libertà dell'imputa
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PARTE SECONDA
to, un motivo d'impedimento all'estradizione, se non quando essa implica una lesione di diritti fondamentali.
E il mancato rispetto di questi ultimi da parte dell'ordina
mento giuridico del paese richiedente la causa ostativa all'estra
dizione, secondo il codice di procedura penale (art. 705, 2°
comma, lett. a), in perfetta sintonia con la giurisprudenza della
stessa corte di Strasburgo, che ha individuato nella violazione
dei diritti fondamentali previsti dalla convenzione europea per i
diritti dell'uomo un limite all'estradizione.
In sintesi, non è necessario che nello Stato richiedente Vigano
garanzie processuali corrispondenti a quelle dello Stato richie
sto; ciò che conta, invece, è che quell'ordinamento assicuri le
fondamentali esigenze di difesa dell'imputato ed il rispetto dei
diritti fondamentali previsti dalla convenzione europea per i di
ritti dell'uomo.
Tale criterio è seguito in Inghilterra, dove la legge di attua
zione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo
«prevede che il giudice debba verificare la compatibilità dell'e
stradizione, cioè del mandato d'arresto, con le disposizioni della
convenzione europea per le tutela dei diritti dell'uomo», e in
Germania dove la richiesta di consegna «può essere respinta se
ritenuta inammissibile di fronte ai principi» della predetta con
venzione (v. relazione di maggioranza alla camera dei deputati sulla 1. 69/05 — seduta del 12 maggio 2004).
Questa corte di legittimità deve prendere atto che il legislato re nazionale, con la legge nazionale attuativa del mandato d'ar
resto europeo, ha ritenuto di assumere la disciplina italiana della
custodia cautelare come esclusivo parametro di riferimento, su
perando la problematicità del dibattito giurisprudenziale e dot
trinario, molto vivo in Europa, nonché le conclusioni di autore
vole dottrina comparativistica, secondo cui i sistemi di paesi eu
ropei che sono articolati sul meccanismo dei frequenti controlli
periodici sembrano più idonei a soddisfare concretamente le
esigenze di un'effettiva ragionevole durata della carcerazione
preventiva. L'art. 18, lett. e), 1. 69/05 espressamente e testualmente im
pone «il rifiuto di consegna ... se la legislazione dello Stato
membro di emissione non prevede i limiti massimi della carce
razione preventiva». Tale previsione non è contenuta nelle decisione quadro co
munitaria, ma è diretta trasposizione dell'art. 13, ultimo comma, Cost, italiana, che realizza la presunzione d'innocenza dell'im
putato, principio fondamentale comune ai paesi dell'Unione eu
ropea e a quelli che hanno sottoscritto la convenzione europea
per i diritti dell'uomo.
In ordine a tal espressa previsione ostativa non appare legit tima un'interpretazione sistematica e razionalizzatrice sul mo
dello di quella recentemente e doverosamente operata da questa corte (Cass. 23 settembre 2005, Ilie, id., 2006, II, 289), con rife rimento alla condizione ostativa prevista dall'art. 18, lett. t)
(esigenza di motivazione del mandato d'arresto europeo). Il vincolante principio di interpretazione conforme al diritto
comunitario, posto a fondamento del risultato ermeneutico rag
giunto in quella pronuncia, trova un limite invalicabile, più volte affermato proprio della Corte europea di giustizia di Lus
semburgo, che pure quell'obbligo ha elaborato ed imposto ai
giudici nazionali: «l'obbligo per il giudice nazionale di fare ri
ferimento al contenuto di una decisione quadro nell'interpreta zione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale cessa
quando quest'ultimo non può ricevere un'applicazione tale da
sfociare in un risultato compatibile con quello perseguito da tale
decisione quadro. In altri termini, il principio d'interpretazione conforme non può servire da fondamento ad un'interpretazione contra legem del diritto nazionale» (Corte giust., grande sezio
ne, P. c. Italia, 16 giugno 2005, causa C-105/03). Ciò impedisce non soltanto di adottare un'interpretazione di
versa da quella fatta palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla chiarissima intenzione
del legislatore nazionale (art. 12 preleggi), ma anche di formula
re alla Corte di giustizia di Lussemburgo una domanda di pro nuncia pregiudiziale «sulla validità o sull'interpretazione delle
decisioni quadro e [...] sulla validità e sull'interpretazione delle
misure di applicazione delle stesse» (art. 35 del trattato sull'U
nione europea).
Il Foro Italiano — 2006.
Anche la Corte di giustizia, infatti, alla pari del giudice na
zionale, trova l'indicato limite di compatibilità nell'adozione di
un'interpretazione conforme del diritto nazionale al diritto co
munitario. Né strada percorribile appare l'avvio della verifica di costitu
zionalità della norma da parte della Corte costituzionale, in pri mo luogo perché essa riproduce una norma costituzionale (art.
13, ultimo comma, Cost.) e, inoltre, perché il non breve tempo necessario alla verifica costituzionale sarebbe paradossalmente
pagato con ulteriore compressione della libertà della ricorrente.
Allo stato della legislazione, questa corte di legittimità deve
affermare che sussiste una condizione ostativa, espressamente voluta dalla legge nazionale, che vieta di dar corso al mandato
di arresto europeo e di consegnare Rosanna Cusini all'autorità
del Regno del Belgio. Rientra nell'esclusiva competenza del legislatore stabilire se
quella condizione ostativa, vincolante ed insuperabile per la giu
risdizione, non debba essere rimeditata, valutando se — nel
processo di progressiva formazione dell'Unione europea e nel
rispetto dell'equilibrato bilanciamento dei principi stabiliti dagli art. 10, 11, 13, 26 e 27 Cost, italiana — non possano ritenersi
equipollenti alla previsione legislativa italiana di limiti massimi
di carcerazione preventiva i meccanismi di controllo periodico
sopra indicati, che in altri ordinamenti europei assicurano con
cretamente la ragionevole durata della detenzione preventiva, anche al fine di evitare, sul piano giuridico, l'insorgenza di dif
ficoltà nei rapporti tra l'Italia e gli altri membri dell'Unione il
cui ordinamento non prevede limiti massimi di custodia cautela
re e, sul piano fattuale, l'individuazione dell'Italia come privi
legiato rifugio degli imputati al fine di sottrarsi più agevolmente alle ricerche delle autorità giudiziarie dei predetti paesi.
10. - In conclusione, non si può che procedere all'annulla
mento senza rinvio della sentenza impugnata ed alla immediata
scarcerazione della Cusini, se non detenuta per altra causa, ri
sultando illegittima l'ulteriore protrazione della sua detenzione.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 11
aprile 2006; Pres. Marvulli, Est. Marzano, P.M. Ciani
(conci, conf.); ric. Sepe e altro. Annulla senza rinvio App. Palermo 19 ottobre 2004.
Falsità in atti — Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici — Impiegato pubblico — Cartel lino marcatempo — Allontanamenti brevi dal luogo di la
voro — Mancata timbratura — Reato — Esclusione (Cod.
pen., art. 479).
La mancata timbratura, da parte del dipendente pubblico, del
cartellino marcatempo in occasione di brevi allontanamenti
dal luogo di lavoro non integra il reato di falso ideologico in
atto pubblico, dal momento che i cartellini marcatempo (ed i
fogli di presenza) del lavoratore non costituiscono atti pub blici, in quanto destinati ad attestare solo una circostanza materiale che offerisce al rapporto fra il pubblico dipendente e la pubblica amministrazione (soggetto a disciplina privati
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