sezione VI; sentenza 12 febbraio 2004, causa C-265/00; Pres. Skouris, Avv. gen. Ruiz-JaraboColomer (concl. conf.); Campina Melkunie BV c. Benelux-MerkenbureauSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 3 (MARZO 2005), pp. 171/172-179/180Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200272 .
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PARTE QUARTA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione VI; sentenza 12 febbraio 2004, causa C-265/00; Pres.
Skouris, Avv. gen. Ruiz-Jarabo Colomer (conci, conf.);
Campina Melkunie BV c. Benelux-Merkenbureau.
Unione europea — Marchio comunitario — Neologismo —
Termine composto da elementi descrittivi — Carattere di
stintivo — Condizioni (Direttiva 21 dicembre 1988 n. 89/104/Cee del consiglio, sul ravvicinamento delle legislazio ni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, art. 2,
3).
L'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva del consiglio 21 dicembre
1988 n. 89/104/Cee, sul ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, deve esse
re interpretato nel senso che un marchio costituito da un neo
logismo composto di più elementi, ciascuno dei quali de
scrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali la
registrazione viene richiesta, è esso stesso descrittivo delle
caratteristiche di tali prodotti o servizi e come tale privo del
necessario carattere distintivo, salvo che esista uno scarto
percettibile tra il neologismo e la semplice somma degli ele
menti che lo compongono, nel presupposto che, a motivo del
carattere inusuale della combinazione rispetto ai prodotti o
servizi, il neologismo crei un 'impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dal semplice raggruppamento del
le indicazioni fornite dagli elementi che lo compongono. (1)
(1) La Corte di giustizia conferma il proprio orientamento riguardo alle caratteristiche della funzione distintiva del marchio comunitario, mettendo in luce l'importanza del nesso che corre tra l'uso di elementi descrittivi dei prodotti o dei servizi per i quali si intende utilizzare il marchio e la verifica circa la capacità distintiva del marchio così adottato. La tematica viene analizzata con particolare riferimento alla
possibilità che il marchio da esaminare sia costituito da un neologi smo, le cui componenti siano rappresentate da singole espressioni di contenuto certamente descrittivo del prodotto o del servizio che si in tende contraddistinguere; e la corte ribadisce il principio, apparente mente lapalissiano, ma doverosamente affermato nella fattispecie sot
toposta all'attenzione dei giudici comunitari, della necessità di un esame complessivo del nuovo termine linguistico proposto come se
gno distintivo, al fine di accertare se, al di là della semplice sommato ria di dati descrittivi (che, in quanto tali, non possono costituire og getto di valido marchio, secondo il disposto dell'art. 3, n. 1, lett. c, della direttiva del consiglio e dell'art. 7, n. 1, lett. c, del regolamento sul marchio comunitario, di identico tenore: sulla ratio di una tale esclusione dettata dalla direttiva, v. le motivazioni di Corte giust. 6
maggio 2003, causa C-104/01, Foro it., 2004, IV, 371, spec. 386; 8
aprile 2003, cause riunite C-53/01-C-55/01, Raccolta, 2003. I, 3161; 4
maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Foro it.. Rep. 1999, voce Unione europea, n. 1240; in riferimento alla corrispondente pre visione del regolamento 40/94. cfr. Corte giust. 23 ottobre 2003, causa C-191/01 P, id., Rep. 2003, voce cit., n. 1454), sia riscontrabile un dato di peculiare combinazione degli elementi descrittivi che renda il nuovo segno dotato della necessaria capacità distintiva (per una neces saria accentuazione del carattere di particolarità, riguardante il parti colare significato dell'espressione utilizzata, v. le conclusioni dell'av vocato generale assunte nel presente procedimento, che fanno rinvio a
quelle formulate in Corte giust. 12 febbraio 2004, causa C-363/99,
<www.europa.eu.int/eur-lex/it> [ove è stato affermato, tra gli altri, il medesimo principio di interpretazione della direttiva proposto dalla sentenza in epigrafe, relativamente ad una controversia in cui si dove va valutare il carattere distintivo del marchio olandese «Postkantoor» — ufficio postale — usato per contraddistinguere prodotti relativi alla
carta, alla pubblicità, alle assicurazioni, all'emissione di francobolli
postali, alle costruzioni, alle telecomunicazioni, ai trasporti, all'istru zione nonché alle informazioni tecniche e di consulenza], punti 66
ss.). In senso conforme, v., di recente. Corte giust. 20 settembre 2001.
causa C-383/99 P, Foro it., Rep. 2002, voce cit., nn. 1542, 1543, in cui è stata riconosciuta capacità distintiva al marchio «baby-dry» utilizzato
per contraddistinguere pannolini monouso di carta o cellulosa e per pannolini di tessuto; in quella decisione, una volta precisato che per «i marchi composti di parole, un eventuale carattere descrittivo dev'essere constatato non solo per ciascuno dei termini considerati separatamente, ma anche per l'insieme che essi compongono; ogni scostamento per cettibile nella formulazione del sintagma presentato per la registrazione rispetto alla terminologia impiegata, nel linguaggio corrente della cate
goria interessata di consumatori, per designare il prodotto o il servizio o le loro caratteristiche essenziali è atto a conferire a tale sintagma un
Il Foro Italiano — 2005.
1. - Con sentenza 26 giugno 2000, pervenuta alla corte il 29
giugno successivo, il Benelux-Gerechtshof ha sollevato, a nor
ma dell'art. 234 Ce, tre questioni pregiudiziali relative all'inter
pretazione degli art. 2 e 3, n. 1, della prima direttiva del consi
glio 21 dicembre 1988 n. 89/104/Cee, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (G.U. 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»),
2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una
controversia tra la società Campina Melkunie BV (in prosieguo: la «Campina») e il Benelux-Merkenbureau (Ufficio marchi del
Benelux; in prosieguo: l'«UMB»), a motivo del rifiuto di que
carattere distintivo che gli permette d'essere registrato come marchio», è stato escluso il carattere meramente descrittivo del segno «baby-dry», in quanto i due termini che Io compongono «sono frutto ... di un'in venzione lessicale che permette al marchio così formato di svolgere una funzione distintiva e non possono costituire oggetto di un rifiuto di re
gistrazione», dal momento che «anche se ciascuno dei due termini che
compongono l'insieme considerato può far parte di espressioni proprie del linguaggio comune per designare la funzione di pannolini per bam
bini, la loro giustapposizione, inusuale nella sua struttura, non costitui sce un'espressione nota della lingua inglese per designare tali prodotti o per presentare le loro caratteristiche essenziali» (per un'approfondita critica della soluzione concreta prescelta dai giudici lussemburghesi, v.
Sandri, Marchio comunitario e combinazioni di parole, in Dir. ind., 2001, 339, spec. 344, che mette in guardia dai pericoli connessi alla so vravalutazione del dato della distintività, a fronte del ricorso a denomi
nazioni, pur se combinate tra loro, comunque sempre generiche). Com'è ovvio, ricerca e valutazione della capacità distintiva in sif
fatte ipotesi involgono necessariamente apprezzamenti di fatto (così Corte giust. 19 settembre 2002, n. 104/00 P, Foro it., Rep. 2003, voce
cit., n. 1433, a cui dire per valutare il carattere distintivo di un segno composto da due parole che designano soltanto una gamma di prodotti o di servizi destinati alle imprese, si deve verificare se la combinazione di due termini generici presenti un carattere aggiuntivo che possa attri buire al segno nel suo insieme un carattere distintivo): peraltro non mancano indirizzi precisi circa il contenuto del giudizio che deve esser condotto nel verificare la sussistenza della capacità distintiva in ogni singolo segno utilizzato come marchio.
Nel senso che, «al fine di valutare se un marchio possegga carattere distintivo ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104/Cee, l'autorità competente in materia di registrazione di marchi deve proce dere ad un esame concreto, tenendo conto di tutte le circostanze della
fattispecie, ed in particolare dell'uso che di tale marchio sia stato fat
to», v. Corte giust. 6 maggio 2003, causa C-104/01, cit.; sul necessario
riferimento, per la valutazione del carattere distintivo del marchio, sia ai prodotti o ai servizi per cui è richiesta la registrazione che alla com
prensione che ne ha il pubblico destinatario, v. Trib. I grado 9 ottobre 2002, causa T-173/00, ibid., n. 1453; 2 luglio 2002, causa T-323/00, ibid., n. 1434; 31 gennaio 2001, causa T-193/99, id., Rep. 2002, voce
cit., n. 1528; 31 gennaio 2001. causa T-331/99, ibid., n. 1529; 5 aprile 2001, causa T-87/00, ibid., n. 1544; 12 gennaio 2000, causa T-19/99, id., Rep. 2001, voce cit., n. 1149; nel senso che, pur esistendo la possi bilità che la mancanza di carattere distintivo del segno ed il suo caratte re descrittivo possano intersecarsi in una certa misura, è necessario che tali impedimenti abbiano ciascuno un settore proprio d'applicazione e debbano, pertanto, formare oggetto di un'analisi autonoma, v. Trib. I
grado 7 giugno 2001, causa T-359/99, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 1617; conseguentemente, si è affermato: «Il fatto che un segno non sia
descrittivo, ai sensi dell'art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento 40/94, sul marchio comunitario, non significa automaticamente che sia distintivo ai sensi della lett. b) dì questa disposizione; infatti, anche il carattere distintivo può mancare se il pubblico pertinente non riesce a scorgere in tale segno un'indicazione dell'origine commerciale dei prodotti» (così Trib. I grado 9 ottobre 2002, causa T-360/00, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 1445; sottolinea la funzione di indicazione di origine del prodotto nel marchio utilizzato, Trib. I grado 25 settembre 2002, causa T-316/00, ibid., n. 1443).
Sulla valutazione del carattere distintivo del marchio complesso, che richiede anch'essa la considerazione d'insieme del segno proposto (te nendo conto del modo in cui i diversi elementi sono combinati), v. al tresì Trib. I grado 2 luglio 2002, causa T-323/00, ibid., nn. 1435, 1476.
Quanto alle singole soluzioni apprestate dalla giurisprudenza di me rito comunitaria, va ricordato che:
— è stata esclusa l'ammissibilità della registrazione come marchio comunitario dell'espressione Simply Soda perché priva di carattere di
stintivo, trattandosi «di una mera combinazione dell'avverbio 'simply' (semplicemente, solamente) e della parola 'soda' che, applicata ai pro dotti oggetto della domanda (acque minerali e gassose e altre bevande
analcoliche, bevande di frutta e succhi di frutta; altri preparati per fare
bevande) è priva di qualsiasi carattere distintivo; la mera combinazione di quelle parole, senza alcuna aggiunta, sottrazione o altra modifica
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
st'ultimo di procedere alla registrazione come marchio del se
gno «BIOMILD» richiesta dalla Campina.
Contesto normativo
Normativa comunitaria
3. - Ai sensi del suo primo 'considerando', la direttiva ha lo
scopo di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in mate
ria di marchi, al fine di eliminare le disparità esistenti idonee ad
fantasiosa è chiaramente priva di carattere distintivo e non può assolve
re la funzione essenziale di indicatore di origine di quei prodotti» (Uff. armonizzaz. mercato interno 8 marzo 2000, ibid., n. 1452);
— non è stata riconosciuta capacità distintiva al vocabolo «trust
edlink», utilizzato per contraddistinguere i servizi rientranti nel com
mercio elettronico e per gli altri prodotti e servizi ad esso afferenti, poi ché le due parole componenti il marchio sono risultate l'una generica e
designante soltanto una caratteristica tecnica essenziale del commercio
elettronico e l'altra indicante una qualità auspicabile della stessa, nel
caso di specie l'affidabilità (Trib. I grado 26 ottobre 2000, causa T
345/99, id., Rep. 2002, voce cit., n. 1545); — non si è ritenuto registrabile come marchio comunitario per i
prodotti «carta, cartone e prodotti in queste materie non compresi in al
tre classi; stampati», il vocabolo «Giroform», dal momento che tale
termine informa direttamente il consumatore circa la destinazione dei
prodotti; infatti, le parole «giro» e «form», usate insieme, designano, nell'ambito degli istituti di credito, un formulario o uno stampato rela
tivo ad operazioni di pagamento bancario caratterizzate da un addebito
sul conto del cliente e la circostanza che il prodotto per il quale si ri
chiede il marchio possa servire alla produzione di altri tipi di stampati non inficia tale conclusione, né l'uso di una sola parola con l'iniziale
maiuscola, in luogo delle due parole separate e stampate in minuscolo, come avviene nella lingua inglese, costituisce un elemento di carattere
creativo che possa rendere il segno nel suo insieme idoneo a distinguere i prodotti di un'impresa da quelli di altre imprese (Trib. I grado 31
gennaio 2001, causa T-331/99, ibid., n. 1556); — è stato negato il carattere distintivo al termine «Enviro-Wash»
per prodotti chimici per pulire e lavare, preparati per pulire e macchine
e attrezzature per lavare e pulire e ciò in quanto dato dall'unione del
termine «enviro» — che sarebbe interpretato come abbreviazione della
parola «environment» (ambiente) — con la parola inglese d'uso comu
ne «wash» (lavare) senza aggiungere, sottrarre o modificare alcun ele
mento o lettera, operazione che sarebbe considerata fantasiosa e arbitra
ria (Uff. armonizzaz. mercato interno 19 gennaio 2000, ibid., n. 1560); — si è ravvisato il carattere distintivo nel vocabolo «Eurocool», per
il quale veniva chiesta la registrazione per servizi di deposito merci, in
particolare merci da frigo e surgelate, e di ideazione di sistemi logistici, in particolare per il trasporto e la conservazione di dette merci, in
quanto, per il pubblico interessato, da ritenersi un pubblico specializ zato, ben informato, attento ed avveduto, il vocabolo «Eurocool», con
siderato nel suo insieme, è dotato di una intrinseca capacità di essere
percepito come segno distintivo e in quanto non è dimostrato che il
detto vocabolo, considerato nel suo insieme, sia una denominazione
generica o abituale nel settore dei prodotti alimentari e nel settore al
berghiero o in quello dei servizi indicati nella domanda di registrazio
ne, per identificare o caratterizzare questi ultimi (Trib. I grado 27 feb
braio 2002, causa T-34/00, id., Rep. 2003, voce cit., n. 1455); — è stato riconosciuto il diritto di registrare il marchio costituito dal
vocabolo «double-mint», per prodotti alimentari al sapore di menta, in
quanto il termine prescelto non consente al pubblico interessato di sco
prire immediatamente e senza alcun'altra riflessione la descrizione di
una caratteristica dei prodotti di cui trattasi («i numerosi significati che
comporta il tale vocabolo composto — di cui ciascuna componente è
una parola corrente della lingua inglese — s'impongono di per sé,
quantomeno in maniera associativa o allusiva, per un consumatore me
dio di espressione inglese e privano così questo segno di qualsiasi fun
zione descrittiva .. . mentre, per un consumatore che non padroneggia sufficientemente la lingua inglese, il vocabolo controverso avrà, per sua
natura, un significato vago e di fantasia; il vocabolo «double-mint» ha
quindi un senso equivoco e suggestivo che dà adito a interpretazioni di
verse; la molteplicità delle combinazioni semantiche possibili esclude
quindi che il consumatore ne recepisca una in particolare; conseguen temente, il detto vocabolo non può essere qualificato come esclusiva
mente descrittivo e la sua registrazione non può essere rifiutata per tale
motivo»; così Trib. I grado 31 gennaio 2001, causa T-193/99, id., Rep.
2002, voce cit., n. 1555); — non incorre nel divieto di registrazione per carenza del carattere
distintivo il sintagma das prinzip der bequemlichkeit, utilizzato come
slogan pubblicitario per veicoli terrestri e loro parti nonché per mobili
di arredamento e per ufficio, in quanto valutato in base a tutti gli ele
1l Foro Italiano — 2005.
ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera presta zione dei servizi, nonché a falsare le condizioni di concorrenza
nel mercato comune.
4. - Tuttavia, come risulta dal terzo 'considerando' della di
rettiva, quest'ultima non mira al ravvicinamento completo delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi.
5. - Il dodicesimo 'considerando' della direttiva ricorda come
tutti gli Stati membri della Comunità siano vincolati dalla con
venzione di Parigi del 20 marzo 1883 per la tutela della pro
prietà industriale, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 (Recueil des traités des Nations unies, voi. 828, n. 11847,
menti che lo compongono e letto nel suo insieme, non può ritenersi
composto esclusivamente da segni o indicazioni che possono servire
per designare la qualità dei prodotti di cui trattasi (Trib. I grado 11 di
cembre 2001, causa T-138/00, ibid., n. 1558); — non è di carattere esclusivamente descrittivo il marchio Easy
bank, utilizzato per contraddistinguere i servizi di una banca telematica, in particolare per servizi bancari elettronici, in quanto il nesso esistente
tra il significato del vocabolo Easybank, da un lato, e i servizi che pos sono essere forniti da una banca telematica, dall'altro, risulta troppo
vago e indeterminato per conferire a tale termine un carattere descritti
vo rispetto a detti servizi (Trib. I grado 5 aprile 2001, causa T-87/00,
ibìd., n. 1547); — la registrazione del vocabolo EuroHealth, inammissibile come
marchio comunitario richiesto per i servizi che rientrano nella categoria «assicurazioni», potendo designare nell'area linguistica anglofona della
Comunità, una determinata categoria di servizi di assicurazione, vale a
dire i servizi di assicurazione malattia che possono essere offerti a li
vello europeo, può al contrario validamente esser utilizzato per con
traddistinguere i servizi che rientrano nella categoria «affari finanziari»
(Trib. I grado 7 giugno 2001, causa T-359/99, ibid., n. 1548). Per ulteriori riferimenti sulla giurisprudenza comunitaria in tema
di capacità distintiva, v. la nota di richiami ad App. Torino 28 di
cembre 2002, id., 2003, I, 1870, nonché Ubertazzi, Commentario
breve al diritto della concorrenza^, Padova, 2004, 253 s.; sul difetto
di capacità distintiva, per uso di termini a contenuto descrittivo, v.,
tra le più recenti, Trib. I grado 3 dicembre 2003, causa T-16/02,
<www.europa.eu.int/eur-lex/it>, in relazione all'uso del termine TDI
da parte di case automobilistiche che richiedano la registrazione di
marchi comunitari per autovetture e loro componenti, nonché per i
servizi di riparazione ed assistenza di autoveicoli; 27 novembre
2003, causa T-348/02, ibid., concernente l'uso del termine «quick»
per contraddistinguere prodotti alimentari che possano essere prepa rati e serviti immediatamente. Per un aggiornamento in dottrina, cfr.
Bonet, Propriétés intellectuelles, in Rev. tr. droit européen, 2004,
97-101. In ordine alla possibilità di riconoscere carattere distintivo al mar
chio di colore, v. Corte giust. 6 maggio 2003, causa C-104/01, cit., con
nota di richiami. Sui requisiti necessari per riconoscere carattere distintivo ai marchi
di forma, v., da ultimo, Corte giust. 29 aprile 2004, cause riunite da C
468/01 P a C-472/01 P, Foro it., 2005, IV, 50; 12 febbraio 2004, causa
C-218/01, e Trib. I grado 28 gennaio 2004, cause riunite da T-146/02 a
T-153/02, id., 2004, IV, 130, tutte con note di richiami. In particolare, sul carattere distintivo dei marchi composti da segni costituenti motivi
applicati sui prodotti, cfr. Trib. I grado 9 ottobre 2002, causa T-36/01,
id, Rep. 2003, voce cit., nn. 1441, 1442 e 1444.
Sulla giurisprudenza nazionale in tema di capacità distintiva del mar
chio, v. App. Torino 28 dicembre 2002, cit.; Ubertazzi, op. cit., 432 ss.
In dottrina, v., di recente, Sandri, Parole di uso comune in una lin
gua dell'Unione e capacità distintiva, in Dir. ind., 2003, 62; Montu
schi, Capacità distintiva e combinazione di parole comuni, id., 2002,
19; Franzosi, Marchi, descrìttivi, suggestivi, arbitrari, di fantasia, ibid., 125, spec. 126.
Nel senso che la previsione della direttiva, con cui si sancisce la nul
lità per difetto del carattere distintivo dei marchi «costituiti esclusiva
mente dalle denominazioni generiche di prodotti e servizi . ..» (art. 3, 1° comma, lett. c), ha consentito di «legittimare la prassi, che peraltro nessuno ha mai contestato, di inserire nei marchi complessi sia delle
denominazioni generiche, sia delle indicazioni descrittive», v. Vanzet
ti-Galli, La nuova legge marchi2, Milano, 2001, 134; nello stesso sen
so, cfr. Benussi, II marchio comunitario, Milano, 1996, 38.
Sulla «relatività» del carattere distintivo richiesto per i marchi comu
nitari e nazionali, in riferimento sia al dato rappresentato dalla tipologia dei prodotti o dei servizi, sia alla percezione del segno da parte del con
sumatore (in relazione all'uso di termini di altre lingue), v., ampia mente, Sena, Il nuovo diritto dei march?, Milano, 2001, 42 s.; Benussi,
op. cit., 25; per l'affermazione secondo la quale «per un marchio co
munitario sussisterà un impedimento assoluto alla registrazione ... an
che se esso costituisca denominazione generica soltanto in uno dei pae si della Comunità», v. Vanzetti-Di Cataldo, Manuale di diritto indu
striale1, Milano, 1996, 252. [S. Di Paola]
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PARTE QUARTA
pag. 108), e come sia necessario che le disposizioni della diret
tiva siano in armonia completa con quelle di tale convenzione.
6. - L'art. 2 della direttiva, intitolato «segni suscettibili di co
stituire un marchio di impresa», stabilisce quanto segue: «Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che posso
no essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, com
presi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del
prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da
quelli di altre imprese». 7. - L'art. 3 della direttiva, che elenca le cause d'impedi
mento alla registrazione o di nullità di quest'ultima, prevede, ai
nn. 1 e 3, quanto segue: «1. Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono
essere dichiarati nulli:
a) i segni che non possono costituire un marchio di impresa;
b) i marchi di impresa privi di carattere distintivo;
c) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o
indicazioni che in commercio possono servire a designare la
specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la pro venienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del pro dotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del
prodotto o servizio;
d) di marchi di impresa composti esclusivamente da segni o
indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;
(...) 3. Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o,
se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del par. 1, lett. b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a se
guito dell'uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere
distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la pre sente disposizione sia anche applicabile quando il carattere di
stintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o do
po la registrazione stessa».
Legge uniforme del Benelux in materia di marchi
8. - La legge uniforme del Benelux in materia di marchi è
stata modificata, con effetto dal 1° gennaio 1996, dal protocollo 2 dicembre 1992, recante modifica della legge suddetta (Neder lands Traktatenblad 1993, n. 12; in prosieguo: la «LBM»), al fi
ne di trasporre la direttiva nell'ordinamento giuridico dei tre
Stati membri del Benelux.
9. - L'art. 1 della LBM prevede quanto segue: «Sono considerati marchi individuali le denominazioni, i di
segni, i calchi, i timbri, le lettere, i numeri, le forme dei prodotti 0 delle confezioni e tutti gli altri segni che servono a distinguere 1 prodotti di un'impresa.
Tuttavia, non possono essere considerati marchi le forme che
siano imposte dalla natura stessa del prodotto, le quali influi scano sul suo valore sostanziale ovvero producano risultati in
dustriali».
10. - L'art. 6 bis, nn. 1 e 2, della LBM così dispone: «1. L'Ufficio marchi del Benelux pronuncia un diniego di re
gistrazione di un segno depositato qualora ritenga che:
a) tale segno non costituisca un marchio ai sensi dell'art. 1, in particolare per mancanza di qualsiasi carattere distintivo così
come previsto dall'art. 6 quinquies B, sub 2, della convenzione
di Parigi; b) il deposito sia riferito ad un marchio contemplato dall'art.
4, sub 1 e 2.
2. Il diniego di registrazione deve riguardare il segno costitu
tivo del marchio nella sua interezza. Esso può essere limitato ad
uno o più prodotti ai quali il marchio sia destinato».
Causa nazionale e questioni pregiudiziali
11. - Il 18 marzo 1996, la Campina, che è un produttore lattie
ro-caseario, ha depositato presso l'UMB la parola composta BIOMILD quale marchio per prodotti rientranti nelle classi 29, 30 e 32, ai sensi dell'accordo di Nizza del 15 giugno 1957, re
lativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servi
zi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modifi
cato, classi che riguardano diversi prodotti alimentari, tra i quali
Il Foro Italiano — 2005.
i prodotti lattiero-caseari. Il prodotto commercializzato nei Pae
si Bassi con tale marchio è uno yogurt dal sapore dolce.
12. - Con lettera 3 settembre 1996, l'UMB ha comunicato alla
Campina il diniego di registrazione, a motivo del fatto che il
«[i]l segno BIOMILD riflette unicamente il carattere 'biologico' e 'dolce' dei prodotti di cui alle classi 29, 30 e 32. Il segno è
pertanto esclusivamente descrittivo e non possiede alcun carat
tere distintivo (...); la combinazione dei due elementi non mo
difica tale constatazione». L'UMB ha definitivamente confer
mato tale diniego con lettera in data 7 marzo 1997.
13. - Il 6 maggio 1997, la Campina ha proposto un ricorso
contro tale diniego dinanzi al Gerechtshof te 's-Gravenhage (Paesi Bassi), che lo ha respinto.
14. - In data 11 novembre 1997, la Campina ha proposto ri
corso per cassazione dinanzi all'Hoge Raad der Nederlanden
(Paesi Bassi), il quale, nutrendo dubbi circa la corretta applica zione della LBM, ha sottoposto, il 19 giugno 1998, nove quesiti al Benelux-Gerechtshof. Tale giudice, ritenendo che tre di que sti quesiti esigessero preliminarmente un'interpretazione della
direttiva, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottopor re alla corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli art. 2 e 3, n. 1, della direttiva debbano essere inter
pretati nel senso che, per valutare se un segno formato da una
parola nuova composta da vari elementi possieda un sufficiente
carattere distintivo per essere utilizzato come marchio per i pro dotti considerati, occorre partire dal presupposto che la questio ne va risolta, in linea di principio, affermativamente anche nel
caso in cui ciascuno dei detti elementi sia di per sé privo di ca
rattere distintivo in relazione a tali prodotti, e che diversa solu
zione si impone solo se sussistono circostanze ulteriori, ad
esempio se la parola nuova costituisce l'espressione manifesta e
comprensibile — di primo acchito e per tutti — di una combi
nazione di proprietà considerata essenziale sul piano commer
ciale e non designabile altrimenti che con tale parola nuova.
2) In caso di soluzione negativa della questione sub 1), se si
debba ritenere che un segno formato da una parola nuova, com
posta da vari elementi privi di per sé di carattere distintivo ai
sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva in relazione ai prodotti con
siderati, sia privo anch'esso di qualsiasi carattere distintivo, e
che diversa soluzione si imponga solo se sussistono circostanze
ulteriori, tali per cui la combinazione degli elementi sia qualco sa di più della somma delle parti, ad esempio qualora la parola nuova denoti una certa creatività.
3) Se la soluzione della questione sub 2) sia diversa nel caso
in cui esistano sinonimi per ciascuno degli elementi costitutivi
del segno, di modo che i concorrenti del soggetto richiedente la
registrazione, desiderosi di mostrare al pubblico che anche i loro
prodotti possiedono la combinazione di proprietà designata dalla parola nuova, possano ragionevolmente farlo avvalendosi
di tali sinonimi».
Sulle questioni pregiudiziali
15. - Preliminarmente, è pacifico, in primo luogo, che le que stioni sollevate riguardano la registrazione di un marchio. Per
tanto, occorre intenderle nel senso che il giudice di rinvio chie
de l'interpretazione dell'art. 3, n. 1, della direttiva.
16. - In secondo luogo, come risulta dal punto 12 della pre sente sentenza, nella vicenda oggetto della causa nazionale, l'UMB si è fondato sul carattere «esclusivamente descrittivo»
del neologismo «biomild», il quale «riflette unicamente il ca
rattere 'biologico' e 'dolce' dei prodotti [in questione]», per de
durne che il marchio BIOMILD non possedeva alcun carattere
distintivo.
17. - L'eventuale mancanza di carattere distintivo addebitata
al marchio BIOMILD deriva dunque dalla constatazione che
quest'ultimo sarebbe descrittivo di caratteristiche dei prodotti in
questione, in quanto sarebbe composto esclusivamente di ele
menti essi stessi descrittivi di tali caratteristiche.
18. - A questo proposito, se è vero che dall'art. 3, n. 1, della
direttiva risulta che i singoli impedimenti alla registrazione in
dicati in tale disposizione sono indipendenti l'uno dall'altro ed
esigono un esame separato (v., in particolare, sentenza 8 aprile 2003, cause riunite da C-53/01 a C-55/01, Linde e a., Racc. pag. 1-3161, punto 67), sussiste nondimeno un'evidente interseca
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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
zione degli ambiti di applicazione delle diverse cause di impe dimento indicate ai punti b), c) e d) della disposizione suddetta
(v., in tal senso, sentenza 4 ottobre 2001, causa C-517/99, Merz & Kreìl, Racc. pag. 1-6959, punti 35 e 36; Foro it., Rep. 2002, voce Unione europea, n. 1526).
19. - In particolare, un marchio denominativo che sia descrit
tivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ai sen
si dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, è, per tale motivo, ne
cessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi stessi prodotti o servizi, secondo quanto stabilito dalla lett. b) del medesimo art. 3, n. 1. Un marchio può nondimeno essere
privo di carattere distintivo in relazione a determinati prodotti o
servizi per ragioni diverse dal suo eventuale carattere descritti
vo.
20. - Pertanto, al fine di fornire una risposta utile al giudice di
rinvio, occorre intendere i quesiti pregiudiziali proposti — che
vanno esaminati congiuntamente — come diretti in sostanza a
stabilire se l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere in
terpretato nel senso che un marchio, costituito da un neologismo
composto di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteri
stiche dei prodotti o servizi per i quali viene chiesta la registra zione, può esso stesso esser considerato non descrittivo delle ca
ratteristiche dei detti prodotti o servizi, ed eventualmente a quali condizioni. Il detto giudice chiede, in particolare, se il fatto che
ciascuno degli elementi componenti il neologismo abbia o no
dei sinonimi assuma un qualche rilievo.
Osservazioni presentate alla corte
21. - La Campina fa valere che il carattere distintivo degli elementi che compongono un marchio non è determinante ai fini
della valutazione del carattere distintivo del marchio stesso. In
fatti, un marchio si distinguerebbe dagli elementi che lo com
pongono, in quanto sarebbe sempre qualcosa di più della somma
dei suoi elementi ed avrebbe dunque un'autonoma esistenza ri
spetto ad essi. A suo avviso, solo nel caso in cui la combinazio
ne delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi non po tesse essere designata altrimenti che con il neologismo sarebbe
possibile ritenere che quest'ultimo verrà percepito come de
scrittivo di tali prodotti o servizi e si dovrebbe rifiutarne la regi strazione.
22. - Secondo la Campina, se il pubblico destinatario non può
percepire una parola, in ipotesi descrittiva, se non come la de
scrizione delle qualità di determinati prodotti o servizi, tale pa rola non potrà essere registrata come marchio per tali prodotti o
servizi, sicché essa dovrà, per ciò solo, restare sempre a disposi zione dei concorrenti per descrivere le medesime qualità posse dute da prodotti o servizi identici o simili. Da un lato, una pa
rola, in ipotesi descrittiva, dovrebbe restare a disposizione dei
concorrenti per designare una determinata qualità, dall'altro, una parola sarebbe sempre qualcosa di più della somma degli elementi che la compongono.
23. - L'UMB sostiene che il fatto che il marchio sia un neo
logismo non è sufficiente a garantire che esso consenta di di
stinguere i prodotti o i servizi. Sarebbe importante soltanto sta
bilire se la parola, a prescindere dal suo carattere di novità o
meno, sia idonea a identificare i prodotti o i servizi per i quali viene chiesta la sua registrazione come marchio. Al riguardo, occorrerebbe tener conto della regola secondo cui i segni de
scrittivi, ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono
inidonei per loro stessa natura a distinguere i prodotti o i servizi
di un'impresa. Secondo l'UMB, se il neologismo è composto di
elementi ciascuno dei quali privo di per sé di qualsiasi carattere
distintivo in relazione ai prodotti in questione, la combinazione
di tali elementi soddisfa il prescritto requisito del carattere di
stintivo soltanto nella misura in cui essa abbia di per sé carattere
distintivo. L'autorità competente a valutarne il carattere distin
tivo o descrittivo dovrebbe tener conto di tutte le circostanze, ivi
compresa la percezione che può averne un consumatore medio.
24. - Una parola composta di elementi ciascuno dei quali pri vo di carattere distintivo potrebbe essere ritenuta sufficiente
mente distintiva soltanto ove presentasse una caratteristica ag
giuntiva. 25. - Tuttavia, il criterio per valutare se un marchio abbia ca
rattere distintivo, ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva,
ovvero carattere descrittivo, ai sensi della lett. c) della medesi
II Foro Italiano — 2005 — Pane IV-8.
ma disposizione, non potrebbe consistere nell'esistenza o no di
sinonimi. 26. - Il governo portoghese fa valere che l'art. 3, n. 1, lett. c),
della direttiva osta alla registrazione di marchi i quali, pur aspi rando alla novità o alla fantasia per il fatto che contengono una
combinazione di due parole, rappresentino in definitiva soltanto
la somma di due denominazioni che, isolatamente considerate, non siano sufficientemente idonee a distinguere i prodotti o i
servizi di un'impresa da quelli di altre imprese operanti nel me
desimo settore di attività.
27. - Secondo il governo portoghese, soltanto in casi eccezio
nali, qualora l'insieme degli elementi privi di carattere distinti
vo dia vita ad un segno che denoti una certa creatività ed origi nalità, potrà ammettersi la registrazione di un marchio conte
nente unicamente indicazioni a carattere descrittivo. A suo avvi
so, una tale valutazione dovrà necessariamente essere condotta
caso per caso.
28. - Quanto all'esistenza di sinonimi, il governo portoghese fa valere che il fatto che i termini che costituiscono un marchio
non siano i soli adatti per indicare, in particolare, talune pro
prietà o potenzialità di un bene non significa che per questo essi
corrispondano alla lettera e allo spirito dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. Infatti, malgrado l'esistenza di sinonimi, la regi strazione di un marchio di questo tipo non potrebbe essere auto
rizzata nel caso in cui i termini che lo costituiscono si limitasse
ro a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il
valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbrica
zione del prodotto o di prestazione del servizio.
29. - La commissione ritiene che l'autorità competente in
materia di registrazione dei marchi, nell'esaminare una doman
da di registrazione di un marchio denominativo composto in re
lazione agli impedimenti assoluti alla registrazione indicati al
l'art. 3, n. 1, lett. b)-d), della direttiva, debba prendere in consi
derazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti del caso con
creto al fine di stabilire se, agli occhi del pubblico interessato, il
marchio distingua i prodotti o i servizi dell'impresa in questione da quelli di altre imprese.
30. - Secondo la commissione, la detta autorità deve a tal fine
fare riferimento all'opinione del consumatore medio, normal
mente informato, attento e avveduto, relativa ai prodotti o ai
servizi per i quali la tutela è stata richiesta, nel territorio per il
quale viene domandata la registrazione. Nell'ambito di tale
esame, occorrerebbe sempre prendere le mosse dalle concrete
circostanze del caso di specie, sicché qualsiasi regola di princi
pio sarebbe soltanto parzialmente utilizzabile.
31. - La commissione fa valere che un marchio composto di
diversi elementi, ciascuno dei quali privo di qualsiasi carattere
distintivo rispetto ai prodotti o servizi di cui trattasi, è di norma
anch'esso sprovvisto — salvo consacrazione per effetto dell'uso
— di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett.
b), della direttiva. Diversa soluzione si imporrebbe soltanto in
presenza di circostanze ulteriori, quali una modifica della rap
presentazione grafica o del senso della combinazione dei detti
elementi, per effetto della quale il marchio acquistasse una ca
ratteristica aggiuntiva, atta a conferirgli un minimo di idoneità, nel suo insieme, a distinguere i prodotti o i servizi di un'impre sa.
32. - Secondo la commissione, un marchio composto di ele
menti ciascuno dei quali descrittivo per i prodotti o servizi per i
quali la registrazione viene richiesta è esso stesso, di norma, salvo consacrazione per effetto dell'uso, descrittivo ai sensi del
l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. Diverso sarebbe soltanto
ove sussistessero circostanze ulteriori, quali una modifica della
rappresentazione grafica o del senso della combinazione dei
detti elementi, che facessero acquistare al marchio una caratteri
stica aggiuntiva, privandolo del suo carattere descrittivo.
Risposta della corte
33. - Ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono
esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da
segni o indicazioni che in commercio possono servire a designa re la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la
provenienza geografica ovvero l'epoca della fabbricazione del
prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche
del prodotto o servizio.
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PARTE QUARTA
34. - Secondo la giurisprudenza della corte, le varie cause di
impedimento alla registrazione elencate all'art. 3 della direttiva
vanno interpretate alla luce dell'interesse generale sottostante a
ciascuna di esse (v., in particolare, sentenze 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. 1-5475, punto 77; Foro it.,
Rep. 2002, voce cit., n. 1525; Linde e a., cit., punto 71, e 6
maggio 2003, causa C-104/01, Libertel, Racc. pag. 1-3793, punto 51; Foro it., 2004, IV, 371).
35. - Per quanto riguarda l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, la corte ha riconosciuto che tale disposizione persegue una fina
lità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indi
cazioni descrittivi delle caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente uti
lizzati da tutti. La detta disposizione osta quindi a che siffatti
segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa per effetto
della loro registrazione come marchi (sentenze 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. 1-2779, punto 25; Foro it., Rep. 1999, voce cit., n.
1240; Linde e a., cit., punto 73, e Libertel, cit., punto 52). 36. - Infatti, tale interesse generale implica che tutti i segni o
le indicazioni che possono servire a designare caratteristiche dei
prodotti o servizi per i quali viene chiesta la registrazione ven
gano lasciati a disposizione di tutte le imprese affinché queste
possano utilizzarli per descrivere le medesime caratteristiche dei
propri prodotti. I marchi composti esclusivamente di segni o in
dicazioni di questo tipo non possono dunque essere oggetto di
registrazione, salvo il caso di applicazione dell'art. 3, n. 3, della
direttiva.
37. - Perché un marchio costituito da un neologismo risul
tante da una combinazione di elementi, quale quella in questio ne nella causa nazionale, sia considerato descrittivo, ai sensi
dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, non è sufficiente che un
eventuale carattere descrittivo venga constatato per ciascuno di
tali elementi. Tale carattere deve essere constatato anche per il
neologismo stesso.
38. - Non è d'altronde necessario che i segni o le indicazioni
componenti il marchio contemplati dall'art. 3, n. 1, lett. c), della
direttiva siano effettivamente utilizzati, al momento della do
manda di registrazione, allo scopo di descrivere prodotti o ser
vizi quali quelli per i quali la domanda viene presentata ovvero
le caratteristiche di tali prodotti o servizi. Così come indicato
dallo stesso tenore letterale della disposizione suddetta, è suffi
ciente che tali segni e indicazioni possano essere utilizzati a tale
scopo. Un segno verbale deve dunque incorrere in un diniego di
registrazione, in applicazione della disposizione di cui sopra, nel caso in cui esso, in almeno uno dei suoi potenziali significa ti, designi una caratteristica dei prodotti o servizi in questione (v., in tal senso, a proposito delle identiche disposizioni di cui
all'art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (Ce) del consiglio 20 di
cembre 1993 n. 40/94, sul marchio comunitario (G.U. 1994, L
11, pag. 1), sentenza 23 ottobre 2003, causa C-191/01 P, OHMI/
Wrigley, punto 23; Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 1454). 39. - Per regola generale, la semplice combinazione di ele
menti, ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei pro dotti o servizi per i quali la registrazione viene richiesta, resta essa stessa descrittiva delle dette caratteristiche, ai sensi del l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, quand'anche formi un neo
logismo. Infatti, il semplice fatto di accostare elementi siffatti senza apportarvi alcuna modifica inusuale, segnatamente di or dine sintattico o semantico, non può che dar vita ad un marchio
composto esclusivamente di segni o di indicazioni che possono servire in commercio a designare caratteristiche dei detti pro dotti o servizi.
40. - Tuttavia, una tale combinazione può non essere descrit
tiva, ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, a condizio ne che crei un'impressione sufficientemente diversa da quella
prodotta dal semplice raggruppamento dei detti elementi. Se si tratta di un marchio denominativo, che è destinato ad essere ascoltato quanto ad essere letto, una condizione siffatta dovrà essere soddisfatta per quanto riguarda l'impressione tanto uditi va che visiva prodotta dal marchio.
41. - Pertanto, un marchio costituito da un neologismo com
posto di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali la registrazione viene richiesta, è esso stesso descrittivo di tali caratteristiche, ai sensi dell'art.
3, n. 1, lett. c), della direttiva, salvo che esista uno scarto per cettibile tra il neologismo e la semplice somma degli elementi
Il Foro Italiano — 2005.
che lo compongono, ciò che presuppone che, a motivo del ca
rattere inusuale della combinazione rispetto ai detti prodotti o
servizi, il neologismo crei un'impressione sufficientemente di
versa da quella prodotta dal semplice raggruppamento delle in
dicazioni fornite dagli elementi che lo compongono, in modo
tale che esso prevalga sulla somma di questi ultimi.
42. - Al fine di valutare se un marchio siffatto incorra nella
causa di impedimento alla registrazione indicata dall'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, è indifferente che esistano o no sinonimi
che consentano di designare le medesime caratteristiche dei
prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione. In
fatti, tale disposizione, pur prevedendo che, per incorrere nella
causa di diniego della registrazione ivi enunciata, il marchio de
ve essere composto «esclusivamente» di segni o di indicazioni
atte a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi in que stione, non esige che i detti segni o le dette indicazioni siano
l'unico modo per designare tali caratteristiche.
43. - Occorre dunque risolvere le questioni proposte dichia
rando che l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva deve essere inter
pretato nel senso che un marchio costituito da un neologismo
composto di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteri
stiche dei prodotti o servizi per i quali la registrazione viene ri
chiesta, è esso stesso descrittivo delle caratteristiche di tali pro dotti o servizi, ai sensi della detta disposizione, salvo che esista
uno scarto percettibile tra il neologismo e la semplice somma
degli elementi che lo compongono, ciò che presuppone che, a
motivo del carattere inusuale della combinazione rispetto ai
detti prodotti o servizi, il neologismo crei un'impressione suffi
cientemente diversa da quella prodotta dal semplice raggruppa mento delle indicazioni fornite dagli elementi che lo compon
gono, in modo tale che esso prevalga sulla somma di questi ul
timi. Al fine di valutare se un marchio siffatto incorra nella causa
di impedimento alla registrazione indicata all'art. 3, n. 1, lett.
c), della direttiva, è indifferente che esistano o no sinonimi che
consentano di designare le medesime caratteristiche dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione.
Per questi motivi, la corte (sesta sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Benelux-Gerechtshof con sen
tenza 26 giugno 2000, dichiara e statuisce:
L'art. 3, n. 1, lett. c), della prima direttiva del consiglio 21 di
cembre 1988 n. 89/104/Cee, sul ravvicinamento delle legisla zioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, deve
essere interpretato nel senso che un marchio costituito da un
neologismo composto di elementi ciascuno dei quali descrittivo
di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali la registrazio ne viene richiesta, è esso stesso descrittivo delle caratteristiche
di tali prodotti o servizi, ai sensi della detta disposizione, salvo
che esista uno scarto percettibile tra il neologismo e la semplice somma degli elementi che lo compongono, ciò che presuppone che, a motivo del carattere inusuale della combinazione rispetto ai detti prodotti o servizi, il neologismo crei un'impressione suf
ficientemente diversa da quella prodotta dal semplice raggrup
pamento delle indicazioni fornite dagli elementi che lo compon
gono, in modo tale che esso prevalga sulla somma di questi ul
timi. Al fine di valutare se un marchio siffatto incorra nella causa
di impedimento alla registrazione indicata all'art. 3, n. 1, lett.
c), della direttiva 89/104, è indifferente che esistano o no sino nimi che consentano di designare le medesime caratteristiche
dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione.
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