Sezioni unite civile; sentenza 13 ottobre 1980, n. 5457; Pres. T. Novelli, Est. Carotenuto, P. M.Silocchi (concl. conf.); Cirillo (Avv. Salvucci, Bertini, Sanguineti) c. Comune di Rossiglione(Avv. Parrelli, Buglioni) e altri. Cassa App. Genova 21 febbraio 1978Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 427/428-433/434Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171354 .
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PARTE PRIMA
tivo della espressione Fem-Kleen e la conseguente nullità del re
lativo brevetto per mancanza di novità intrinseca del marchio, ai
sensi dell'art. 18, n. 2, in relazione all'art. 47, n. 2, r. d. 929/1942. Sono, pertanto, evidenti sia la violazione di detti articoli, sia il
denunziato difetto di motivazione.
11 secondo motivo va, quindi, accolto, con la cassazione della
sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per nuovo esame e
per la pronuncia sulle spese anche di questo grado di giudizio, ad altro giudice, che si ritiene di dover indicare nella Corte
d'appello di Torino.
Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 14 otto
bre 1980, n. 5517; Pres. V. D'Orsi, Est. Caturani, P. M.
Grossi (conci, conf.); Compagnia it. assicurazioni L'Edera (Avv.
Mittiga, Del Pozzo) c. Di Palma (Avv. De Blasi). Cassa
Pret. Napoli 13 marzo 1378.
Notificazione e comunicazione di atti civili — Notificazione a
mezzo del servizio postale — Consegna a portiere di edifìcio
condominiale — Nullità (Cod. proc. civ., art. 149, 160; r. d.
18 aprile 1940 n. 689, approvazione del regolamento di ese
cuzione dei titoli 1 e 11 del libro 1 del codice postale e delle
telecomunicazioni, art. 174).
È nulla la notificazione a mezzo del servizio postale effettuata a
mani del portiere non all'esclusivo servizio del destinatario, ma di un intero condominio. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con decreto 27
ottobre 1975 il Conciliatore di Napoli (sez. vicaria) ingiunse ad
Antonio Di Palma di corrispondere alla s.p.a. l'Edera la somma
di lire 46.830 per premio assicurativo.
Su opposizione del Di Palma ed in contumacia della società
convenuta, il giudice adito con sentenza 10 novembre 1976 re
vocò il decreto ingiuntivo e condannò la opposta società alle
spese del processo. Su gravame di quest'ultima il Pretore di Napoli rigettò l'ap
pello, confermando la decisione di primo grado, sul rilievo che
l'opposizione al decreto ingiuntivo era stata rettamente notifi
cata a mezzo posta al portiere, in quanto per la stessa struttura
del condominio, costui, pur dipendendo dalla comunità, deve ciò
(1) 1 precedenti che si rinvengono ritengono nulla (e non inesi
stente), e quindi sanabile ex tunc dall'avvenuto raggiungimento dello
scopo cui l'atto era destinato, la notifica per mezzo del servizio
postale effettuata mediante consegna del plico al portiere dello sta bile che non sia addetto al servizio esclusivo del destinatario: in tal senso, v. Cass. 22 maggio 1980, n. 3386, Foro it., Mass., 675 (la sentenza sarà riportata in un prossimo fascicolo); 17 luglio 1979, n. 4177, id., Rep. 1979, voce Notificazione civile, n. 73 e 22 ottobre
1976, n. 3786, id., 1977, I, 1262, con nota di richiami, cui adde, con forme alla sentenza eh? si riporta, Trib. Salerno 14 ottobre 1974, id., Rep. 1975, voce cit-, n. 43 e, in extenso, in Rìv. dir. proc., 1975, 499, con nota di Caputo.
Per riferimenti, v. Cass. 11 febbraio 1974, n. 397 (Foro it., 1975, I, 677, con nota di richiami di Masi), citata in motivazione, la quale ha ritenuto che in caso di notificazioni eseguite per consegna di retta da parte dell'ufficiale giudiziario, ove, in base al disposto del l'art. 139, 3° comma, cod. proc. civ., la copia dell'atto sia consegnala al portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del
destinatario, non è necessario che si tratti di portiere al servizio esclusivo di quest'ultimo, essendo tale particolarità richiesta solo per le notificazioni effettuate per mezzo del servizio postale.
L'indirizzo giurisprudenziale cui la decisione in epigrafe si adegua suscita perplessità, in quanto sembra non tener conto! a) della ormai
sempre più accentuata esigenza di una piena economia processuale (su cui si veda da ultimo Comoglio, Il principio di economia pro cessuale, 1980, I, passim, spec. 168), scevra di fronzoli e distinguo vari, quale è quello di cui alla vicenda che ci occupa tra portiere a servizio esclusivo di un solo inquilino e portiere a servizio di un intero condominio; b) di come sia storicamente superato il concètto di portiere alle esclusive dipendenze di un'unica persona, quando assistiamo, soprattutto nei grandi agglomerati urbani come è, nel caso di specie, la città di Napoli, al fenomeno di accentramento di servizi nei sempre più grandi complessi condominiali. Tutto som
mato, ci pare più consona ai tempi l'interpretazione estensiva del l'art. 174, 3° comma, r. d. 18 aprile 1940 n. 689, data dal Pretore di Napoli, secondo il quale, come è dato leggere nella sentenza che si riporta, « l'opposizione al decreto ingiuntivo era stata rettamente notificata a mezzo posta al portiere, in quanto per la stessa strut tura del condominio, costui, pur dipendendo dalla comunità, deve ciò nonostante considerarsi al servizio esclusivo di ciascun condomino, per quanto riguarda il recapito della corrispondenza».
M. SciALOfA
nonostante considerarsi al servizio esclusivo di ciascun condomi
no, per quanto riguarda il recapito della corrispondenza. Quanto
poi alla prova della « esclusiva dipendenza » richiesta dall'art. 174 r. d. 18 aprile 1940 n. 689, essa doveva in ogni caso essere data dalla società appellante e non dal Di Palma appellato, in
quanto con l'atto di appello era stata la società L'Edera a con testare la esclusività della dipendenza del custode.
Nei confronti della suddetta sentenza ricorre per cassazione la s.p.a. L'Edera, formulando due motivi; resiste con controri corso Antonio Di Palma. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso la ricorrente, denunziando anche difetto di motivaziorie, sostie ne che — contrariamente a quanto ritenuto dall'impugnata sen tenza — la consegna dell'atto al portiere che non sia all'esclusivo servizio del destinatario ma dell'intero condominio è causa di nullità della notificazione (art. 160 cod. proc. civ. e 174 r. d. 18
aprile 1S40 n. 689). La censura è fondata. La notificazione per mezzo del servizio
postale può essere eseguita con consegna del plico a mani del
portiere solo nel caso in cui questi sia alle esclusive dipendenze del destinatario dell'atto, ai sensi dell'art. 174, 3° comma, r. d. 18 aprile 1940 n. 689. Difettando tale circostanza — come nel caso in cui il portiere sia al servizio di uno stabile con più con domini — la notificazione è affetta da nullità ai sensi dell'art.
160 cod. proc. civ. (Cass. 29 dicembre 1976, n. 4752, Foro it.,
Rep. 1976, voce Notificazione civile, n. 51; Sez. un. 8 ottobre
1974, n. 2656, id., Rep. 1974, voce cit., n. 42; 11 febbraio 1974, n. 397, id., 1975, I, 677).
Nella specie il pretore è caduto in errore di diritto ritenendo
che nell'ambito del condominio il portiere deve considerarsi, per
quanto concerne il recapito della corrispondenza, al servizio di ciascun condomino.
Infatti, il condominio come ente di gestione ha una propria connotazione soggettiva che consente di imputare al medesimo tutti i servizi (e quindi anche quello di portierato) che sono svolti nell'interesse collettivo dei condomini.
Il codice postale, tenendo conto di tale realtà, ha distinto tra
portiere ad esclusivo servizio del destinatario e quello a servizio di un gruppo di condomini legittimando solo il primo alla rice
zione degli atti notificati a mezzo posta proprio in considerazio
ne del più diretto rapporto con l'interessato.
Alla stregua dell'accennato principio, il pretore avrebbe do
vuto, pertanto, rimettere la causa al primo giudice, ai sensi del
l'art. 354 cod. proc. civ., a causa della nullità della notificazione
dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo proposto dal Di
Palma e della nullità dell'ordinanza con cui il Conciliatore di
Napoli (sezione vicaria) dichiarò la contumacia della società
L'Edera senza ordinare la rinnovazione della notificazione (art.
291, r comma, cod. proc. civile). Questa corte, riscontrata la nullità del giudizio di primo grado,
per la quale il giudice di appello avrebbe dovuto rimettere le
perti al primo giudice, deve disporre, ai sensi dell'art. 383, 3"
comma, cod. proc. civ., la cassazione delle sentenze di primo e
secondo grado e rinviare la causa al Conciliatore di Napoli (se zione vicaria) affinché proceda agli adempimenti previsti dall'art.
291, 1° comma, cod. proc. civ. e pronunci anche in ordine alle
spese dell'intero procedimento (relative cioè a giudizi di primo e secondo grado nonché al presente giudizio di cassazione).
L'accoglimento del primo motivo del ricorso determina l'assor
bimento del secondo motivo con cui la ricorrente assume che il
giudice di appello sarebbe incorso nella violazione delle norme
che disciplinano l'onere probatorio. Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civile; sentenza 13
ottobre 1980, n. 5457; Pres. T. Novelli, Est. Carotenuto, P. M. Siloccht (conci, conf.); Cirillo (Avv. Salvucci, Bertini,
Sanguineti) c. Comune di Rossiglione (Avv. Parrelli, Bu
glioni) e altri. Cassa App. Genova 21 febbraio 1978.
Servitù pubbliche — Requisiti — Titolo costitutivo — Uso « ab
immemorabili» (Cod. civ., art. 825). Servitù pubbliche — Estinzione — Comportamento della pub
blica amministrazione titolare — Rilevanza (Cod. civ., art. 825;
legge 12 febbraio 1958 n. 126, disposizioni per la classificazione e
la sistemazione delle strade di uso pubblico).
Sussiste servitù di uso pubblico su fondo privato nel caso in cui
il passaggio, esercitato da una collettività di persone apparte
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nenti ad un gruppo territoriale, soddisfi il pubblico interesse
del collegamento fra strade pubbliche, ed esista un idoneo ti
tolo costitutivo (nella specie, uso ab immemorabili). (1)
I diritti di uso pubblico su beni privati (nella specie, servitù
pubblica di passo su fondo privato) si estinguono esclusiva
mente per manifestazioni di volontà abdicativa, espressa o ta
cita, dell'ente pubblico territoriale, a nulla rilevando la vo
lontà degli utenti. (2)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto notifi
cato il 20 aprile 1962 Giuseppe Cirillo citava davanti al Tribu
nale di Genova Rocco Cavanna, Domenico Occoprico, Giovanni
Parodi e Agostino Puppo esponendo che egli .era proprietario di
una villa con circostante terreno — sita in località Argio del co
mune di Rossiglione — a lui venduta nel settembre 1948 da An
gelica Moresco e da Maria Staricco ved. Moresco. Al limitare del
predetto terreno esisteva una strada, soggetta a pubblico transi
to, che collegava la strada comunale per Ovada con le vie vici: nali Polrone e Puvie. Poiché da qualche tempo tale strada era
(1) In senso conforme è l'orientamento pacifico che, per la sussi stenza della servitù di uso pubblico richiede la contestuale presenza:
a) dell'uso del bene privato da parte di una collettività di persone considerate uti cives (anche se non organizzate in un ente pubblico
territoriale); b) della publico utilitas; c) del titolo costitutivo: Cass.
13 gennaio 1979, n. 270, Foro it., Rep. 1979, voce Servitù pubbliche, n. 1; 12 luglio 1979, n. 4036, ibid., n. 3; 14 luglio 1976, n. 2710,
id., Rep. 1976, voce cit., n. 2; 30 aprile 1974, n. 1234, 19 luglio
1974, n. 2183, 7 novembre 1974, n. 3401, id., Rep. 1974, voce cit., nn. 1-4; 7 maggio 1973, n. 1223, id., Rep. 1973, voce Strade, n. 21, e con nota di Goggi, in Giur. agr. it., 1975, 93; 27 ottobre 1973, n. 2799, Foro it., Rep. 1973, voce Servitù pubbliche, n. 1; 10 aprile
1973, n. 1026, id., 1974, 1, 830, con nota di richiami di C. M. Barone.
In dottrina è controversa la natura giuridica dei diritti reali de
maniali, di cui all'art. 825 cod. civile. La dottrina meno recente ne
gava il carattere di vera e propria servitù, mancando il rapporto tra
due fondi: cfr. Girola, Le servitù prediali pubbliche, Padova, 1937, 125 e 222, in particolare, ove esclude l'autonomia delle servitù pub bliche. Tra i civilisti è diffusa, invece, un'interpretazione dell'art. 825
cod. civ. secondo gli schemi propri del diritto privato: Messined, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano 1957, I, 428; Grosso
Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963, I, 195; Resta, in Com
mentario, a cura di Scialoia e Branca, Bologna-Roma, 1976, sub
art. 825. Per una diversa impostazione del problema che ritiene rile
vante il pubblico interesse e rifiuta le categorie privatistiche, C. Fer
rari, Servitù pubbliche, voce del Novissimo digesto, Torino, 1970,
XVII, 174; Id., Uso pubblico (diritto di), id., 1975, XX.
Sull'immemorabile come titolo costitutivo delle servitù pubbliche: Cass. 14 luglio 1976, n. 2710, cit.; Trib. Bari 16 giugno 1968, Foro
it., Rep. 1968, voce Servitù pubbliche, n. 9; Pret. Treviglio 11 otto
bre 1960, id., Rep. 1961, voce cit., n. 8, e con nota di Ianni, in
Corti Brescia, Venezia e Trieste, 1961, 77; App. Palermo 19 set
tembre 1956, Foro it., Rep. 1957, voce Strade, n. 25; Cass. 15 gen naio 1949, n. 33, id., 1949, I, 579, con nota di G. Pugliese. Ben
maggiore rilievo assume l'usucapione quale titolo costitutivo delle ser
vitù pubbliche; Cass. 12 luglio 1979, n. 4036, cit.; 18 ottobre 1978, n. 4691, id., Rep. 1978, voce Servitù pubbliche, n. 1; 25 ottobre
1976, n. 3840, id., Rep. 1976, voce cit., n. 3; 7 maggio 1973, n. 1223,
cit.; 10 aprile 1973, n. 1026, cit. In dottrina, è pacificamente ammessa la costituzione di servitù pub
bliche per uso ab immemorabili, mentre è incerta la natura giuridica
dell'istituto, ritenuto talvolta titolo costitutivo del diritto, talaltra mera
presunzione di legittimità; cfr. Coco, Immemorabile (dir. vig.), voce
dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XXI; Gasparri, Sul con cetto di immemorabile, in Giur. Cass. civ., 1949, XXVIII, 1. Sulle
origini storiche dell'ambivalenza dell'istituto, v. Pugliese, op. cit.
(2) In senso conforme Cass. 6 dicembre 1974, n. 4045, Foro it.,
Rep. 1974, voce Servitù pubbliche, n. 5; 19 aprile 1972, n. 1259,
Id., Rep. 1972, voce cit., n. 3; 7 giugno 1968, n. 1732, id., 1968, I,
1748, con nota di richiami, cui adde Cass. 15 gennaio 1949, n. 33, cit.
In dottrina, l'insufficienza del non uso e la necessità di una ma
nifestazione di volontà, sia pure indiretta, dell'ente titolare della ser
vitù, costituiscono dati pacifici, cosi' come indiscussa è l'imputazione di una siffatta volontà alla persona giuridica-ente territoriale, e non
già alla collettività degli utenti; in tal senso Pugliese, op. cit., 585;
Germano, Sulla estinzione delle servitù di uso pubblico, in Giur.
agr. it., 1965, 96; Orusa, Riflessioni in materia di diritti di uso
pubblico, in Giur. it., 1965, I, 1, 90; Armati, Sulla natura giuridica delle servitù di uso pubblico, in Giur. agr. it., 1969, 29.
È principio pacifico che l'iscrizione negli appositi elenchi delle
strade comunali ha valore meramente dichiarativo, giustificando solo
una presunzione semplice della loro natura pubblica. In giurispru
denza, v., tra le più recenti, Cass. 12 aprile 1979, n. 2173, Foro it.,
Rep. 1979, voce Strade, n. 9; 10 gennaio 1978, n. 72, id., Rep. 1978,
voce cit., n. 21; 7 settembre 1977, n. 3889, id., Rep. 1977, voce cit.,
n. 21; 12 novembre 1976, n. 4182, id., Rep. 1976, voce cit., n. 13; 15 novembre 1976, n. 4224, ibid., n. 21.
Per la dottrina, Orusa, Precisazioni in materia di diritti di uso
pubblico (e di vie vicinali), in Giur. it., 1966, I, 1, 160; A. M. San
dulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1974, 562.
divenuta impraticabile, alcuni proprietari e affittuari di terreni
siti a nord della proprietà dell'attore, tra i quali i convenuti, per
portarsi dalla strada comunale ai loro terreni, avevano iniziato a
percorrere, anche con carri, una stradetta che attraversava il ter
reno dell'attore e che non era gravata da alcuna servitù di passo. 11 Cirillo, anche per venire incontro alle sollecitazioni del sinda co di Rossiglione, aveva tollerato il passaggio in attesa che fosse
riattivata l'altra strada soggetta a pubblico transito. Poiché non
era stato dato corso ad alcuna opera di riattivazione della strada
predetta e i convenuti pretendevano di avere il diritto di ser
virsi della stradetta che attraversava il suo terreno, il Cirillo chie
deva che fosse dichiarata l'inesistenza di servitù di passaggio su
tale stradetta e che fosse inibito ai convenuti il transito su di
essa.
1 convenuti resistevano alla domanda sostenendo che la stra
detta in questione era una strada vicinale soggetta a servitù pub blica di transito e, come tale, era iscritta al n. 12 dell'elenco
delle strade vicinali del comune di Rossiglione, omologato dal
prefetto di Genova in data 7 settembre 1935.
Interveniva in giudizio anche il comune il quale, nell'aderire
alla tesi dei convenuti, precisava che nel 1930 il sen. Mattia
Moresco, allora proprietario della villa e del terreno, aveva co
struito la strada esterna alla sua proprietà (su cui l'attore soste
neva esistere il diritto di uso pubblico) allo scopo di dirottare
il transito sempre esercitato in precedenza sulla stradetta in que stione. Gli utenti della stradetta erano stati indotti a trasferire
il passaggio sulla nuova strada solo perché il Moresco era un
alto esponente del regime fascista, ma, dopo la liberazione, ave
vano ripreso a servirsi della stradetta.
Chiedeva pertanto che fosse dichiarato che la stradetta in
questione era soggetta a servitù pubblica di passaggio.
Dopo l'assunzione di prova testimoniale e la produzione di
documenti il tribunale con sentenza 10 giugno 1975 dichiarava
che la stradetta era « vicinale, soggetta a servitù di pubblico pas so pedonale e carraio » e rigettava la domanda del Cirillo.
Su gravame del soccombente la Corte d'appello di Genova con
sentenza 15 ottobre 1976 confermava la decisione del tribunale
osservando: 1) la soggezione della stradetta a servitù pubblica di passaggio, almeno fino all'anno 1930, era ammessa dallo stesso
Cirillo, tenuto conto delle dichiarazioni da lui rese in sede di
ispezione giudiziale dei luoghi e del contenuto dei capitoli di
prova per testimoni da lui formulati; 2) l'esistenza della servitù
era peraltro dimostrata sia dall'obiettiva situazione dei luoghi, che evidenziava la necessità del passaggio per collegare la strada
comunale a determinate strade vicinali, sia dalle risultanze istrut
torie, dalle quali emergeva che il passaggio dei cittadini risaliva
ad epoca remotissima; 3) non era provato che la servitù si fosse
estinta per rinuncia degli utenti (esclusa dalla prova testimonia
le, e, comunque, non risultante da atto scritto) ovvero per prescri zione (il passaggio, interrotto nel 1930, era stato ripreso nel 1945).
Contro questa sentenza il Cirillo proponeva domanda di revo
cazione sostenendo che la pronuncia era l'effetto di un errore
di fatto in quanto la corte di Genova non aveva tenuto conto di
un documento prodotto in appello (elenco delle strade del comu
ne di Rossiglione in data 26 luglio 1954) dal quale risultava che
era iscritta come strada vicinale pubblica quella « esterna » alla
sua proprietà e non quella «interna».
Con sentenza 21 febbraio 1978 la Corte d'appello di Genova
dichiarava inammissibile la domanda osservando che non ricor
reva l'ipotesi di cui al n. 4 dell'art. 395 cod. proc. civ. in quanto nella sentenza d'appello era stato precisato essere irrilevante, ai
fini del decidere, l'iscrizione negli elenchi delle strade.
Contro entrambe le sentenze della corte di Genova il Cirillo ha
proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi. Resi
stono con separati controricorsi il comune di Rossiglione non
ché il Rocco, l'Occoprico e il Parodi. Non si sono costituiti gli
eredi di Agostino Puppo, deceduto nelle more del giudizio. Le
parti costituite hanno presentato memoria. Il ricorso, assegnato
in un primo tempo alla seconda sezione civile, è stato rimesso
alle sezioni unite, avendo il Cirillo, col sesto motivo, sollevato
una questione di giurisdizione.
Motivi della decisione. — (Omissis). Ai fini dell'esame degli
altri motivi è da precisare che i giudici di merito hanno affron
tato due distinti problemi, i quali concernono: 1) l'esistenza del
diritto di uso pubblico della strada che corre all'interno della
proprietà Cirillo; 2) l'estinzione di tale diritto. E, mentre hanno
risolto positivamente il primo, hanno dato soluzione negativa
al secondo.
Considerando che i primi tre motivi del ricorso riguardano
l'estinzione del diritto e che il quarto riguarda invece l'esistenza
dello stesso, per esigenze logiche deve prima essere esaminato il
quarto motivo.
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PARTE PRIMA
Con esso il ricorrente, denunciando violazione degli art. 42
Cost., 832, 949 cod. civ. e 205 cod. proc. civ. in relazione al
l'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., deduce che la corte di Ge
nova ha affermato l'esistenza di una servitù pubblica di passag
gio sulla strada che corre all'interno della proprietà Cirillo (la
quale è una villa circondata da ampio parco) senza considerare
che mancava sia il titolo costitutivo del diritto, sia l'interesse
pubblico alla costituzione, dal momento che il passaggio, anziché
essere esercitato dalla generalità dei cittadini, era praticato da un
gruppo ristretto di persone. La censura è infondata. I giudici di merito sono pervenuti al
l'affermazione dell'esistenza del diritto di uso pubblico sulla base
di un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo hanno precisato che lo stesso Cirillo aveva
ammesso che fino all'anno 1930 — allorché venne costruita la
strada esterna alla sua proprietà, aperta al pubblico transito (quel la corrente tra la particella n. 5 e le particelle nn. 4 e 18 del
l'estratto di mappa prodotto in giudizio) — era la strada in que stione (ossia quella « interna » alla proprietà) che svolgeva la
funzione di coltegare la strada comunale per Ovada alle vicinali
Pollone e Puvie.
In secondo luogo hanno rilevato che, in relazione alla strada in
esame, sussistevano tutti i presupposti per il riconoscimento del
l'uso pubblico, ossia: a) il passaggio esercitato iure servitutis
publicae da parte di una collettività di persone qualificate dal
l'appartenenza ad un gruppo territoriale; b) l'idoneità della stra
da a soddisfare il pubblico interesse, costituendo il necessario
mezzo di collegamento fra strade pubbliche; c) l'esistenza di un
titolo idoneo per l'acquisto del diritto, rappresentato, nel caso
di specie, dall'uso della strada da tempo immemorabile. In rela
zione a tali presupposti la corte di Genova ha precisato che essi
non solo erano dimostrati attraverso l'assunta prova testimoniale, ma erano confermati dal fatto che la strada in questione era già indicata in una vecchia carta militare risalente all'anno 1878.
Non sussiste pertanto il denunciato difetto di motivazione cir
ca l'esistenza della servitù.
Può quindi passarsi all'esame dei motivi (il primo, il secondo
ed il terzo) che concernono il problema dell'estinzione del diritto.
Con essi, la cui trattazione può essere fatta congiuntamente, si
denuncia violazione degli art. 9, 19, 20 legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, 91 legge comunale e provinciale 3 marzo 1934 n. 385, 50, lett. a), r. d. 12 ottobre 1933, n. 1539 e
5, 6, 18, 36 legge 8 ottobre 1931 n. 1572 (norme sulla formazio
ne del catasto), 824, 825, 1061, 1073 cod. civ., 116 cod. proc. civ.
in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso
esame di un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, cod. proc. civile).
11 ricorrente deduce che la corte di Genova — con l'afferma
re che il diritto di uso pubblico non poteva ritenersi estinto,
sia perché mancava la prova che gli utenti, con atto scritto, aves
sero rinunciato ad esso, sia perché non era decorso il termine di
prescrizione, essendo il non uso della strada stato limitato al pe riodo fra il 1930 e il 1945 — ha fatto applicazione di principi che sono estranei alla disciplina delle servitù pubbliche. Non ha infatti considerato che ai fini dell'accertamento dell'estinzione del
diritto di uso pubblico della strada « interna » era rilevante ac
certare il comportamento del comune di Rossiglione (titolare del
diritto) che, da una parte, aveva consentito sia la costruzione
della strada vicinale « esterna » nell'anno 1930, su iniziativa del
sen. Moresco, sia il suo uso da parte della collettività dei citta
dini, con conseguente abbandono della strada « interna », la qua le era stata chiusa al transito mediante cancelli, e, dall'altra, nella
formazione del nuovo elenco delle strade comunali aveva indi
rato come vicinale pubblica soltanto la strada esterna, contrasse
gnata col n. 72. Della produzione in grado di appello di questo elenco delle strade comunali (firmato dal sindaco e portante la
data del 26 luglio 1954: doc. n. 35) la corte di Genova non ha
fatto neppure menzione, omettendo cosi' di esaminare un docu
mento che era idoneo, insieme con le altre circostanze sopra in
dicate, a dimostrare l'univocità del comportamento del comune
in ordine alla cessazione definitiva dell'uso pubblico della strada « interna ».
Le censure sono fondate. Per risolvere il problema dell'estin
zione della servitù pubblica di transito sulla strada in questione la corte di Genova ha fatto applicazione dei principi del diritto
privato. Ha infatti osservato che, nel caso di specie, non vi era
stata rinuncia al passaggio, mediante atto scritto, da parte degli utenti della strada, né era decorso il termine di prescrizione, ai
sensi dell'art. 252 disp. att. cod. civ., essendo il mancato uso della strada da parte della collettività dei cittadini limitato al
periodo di quindici anni fra il 1930 (quando era stata aperta al
pubblico passaggio — su iniziativa del sen. Moresco, dante causa
del Cirillo — la strada « esterna » alla proprietà del ricorrente) e il 1945, allorché dopo la liberazione i cittadini avevano ces
stato di avere timore reverenziale nei confronti del Moresco, il
quale era un alto esponente del regime fascista.
Motivando in tal modo i giudici di merito non hanno tenuto
conto dei principi che questa corte, in accordo con la migliore dottrina, ha ripetutamente affermato in tema di estinzione dei
diritti di uso pubblico su beni di proprietà privata.
Questi diritti — dei quali è titolare l'ente pubblico territoriale,
quale soggetto esponenziale della collettività dei cittadini — han
no natura reale, per la loro inerenza al bene sul quale seno co
stituiti, e sono sottoposti alla disciplina che è propria del dema
nio (art. 825 cod. civile). Formano quindi oggetto di azione am
ministrativa volta al soddisfacimento di interessi pubblici deter
minati (per l'uso pubblico di strade private l'interesse è costitui
to dalle necessità della circolazione) e sono direttamente colle
gati — quanto alla loro costituzione, modificazione ed estinzio
ne — alla volontà e alle valutazioni dell'ente che ne è titolare.
Da ciò consegue che, sul piano giuridico, non sono configura bili atti abdicativi che siano compiuti dalla collettività degli « utenti » (abdicazione diretta, nell'ipotesi di rinuncia, o indi
retta, nell'ipotesi di non uso per il tempo necessario alla prescri
zione) e che l'estinzione dei diritti di uso pubblico può avvenire
soltanto per effetto di una manifestazione di volontà, anche tacita
(desumibile da fatti concludenti, univoci e incompatibili con la
volontà di utilizzare il bene) della pubblica amministrazione, la
quale soltanto può apprezzare, nella cura del pubblico interesse, se persista la necessità di asservimento del bene di proprietà pri vata (cfr. sent. 6 dicembre 1974, n. 4045, Foro it., Rep. 1974, voce Servitù pubbliche, n. 5; 19 aprile 1972, n. 1259, id., Rep. 1972, voce cit., n. 2; 18 marzo 1960, n. 571, id., Rep. 1960, voce
cit., n. 5; 15 gennaio 1949, n. 33, id., 1949, I, 579).
La sentenza n. 4045 del 1974, in particolare, ha aggiunto che
la volontà della pubblica amministrazione (in ipotesi di dedotta
estinzione di una servitù pubblica di passaggio) può essere de
sunta anche dalla mancata opposizione alla cessazione del pas
saggio sulla strada e dalla creazione di altre strade di collega mento che assicurino la medesima utilità.
Ciò posto, è da rilevare che la corte di Genova, fuorviata dal
l'erroneo presupposto che i diritti di uso pubblico si estinguano secondo gli schemi del diritto privato, ha completamente omesso
ogni indagine circa i fatti dai quali — secondo l'assunto del Ci
rillo — era possibile desumere, in modo certo, che il comune di
Rossiglione aveva manifestato la volontà di non utilizzare, in
via definitiva, la strada in questione per essere venuto meno il
pubblico interesse al passaggio su di essa in conseguenza della
apertura di una nuova strada (quella « esterna » alla proprietà Cirillo) che assicurava ugualmente il comodo collegamento fra
la strada comunale per Ovada e le vicinali Polrone e Puvie.
In particolare non ha esaminato il documento prodotto in gra do d'appello (elenco delle strade comunali in data 26 luglio 1954, diverso dal vecchio elenco del 1935, esaminato dai giudici di
merito) dal quale — secondo le deduzioni del Cirillo — risultava che era stata inclusa tra le vicinali pubbliche la strada « esterna »
alla proprietà del ricorrente (contrassegnata col n. 72), mentre
era stata esclusa quella « interna ».
La decisività di questo documento non può essere negata in
base ai rilievi, formulati dai resistenti, secondo cui: a) l'inclu
sione o meno di una strada negli elenchi comunali non costitui
sce prova a favore o contro la demanialità; b) l'elenco in que stione, anche se risulta sottoscritto dal sindaco, è stato compila to dall'ufficio tecnico erariale in sede di formazione del catasto
e, quindi, per i particolari fini tributari cui tale operazione è
preordinata. È sufficiente osservare: 1) nel caso di specie l'inclusione e la
esclusione rispettiva delle due strade (quella « esterna » e quella « interna ») non sono dedotte come fonte di prova dell'esistenza
della servitù pubblica di passaggio, ma come elementi indicativi
del comportamento del comune che, in aggiunta agli altri ele
menti indicati dal Cirillo (tra i quali: consenso all'abbandono
della strada « interna » ; mancata opposizione alla sua chiusura
con cancelli per un lunghissimo arco di tempo; consenso all'uso
della strada « esterna »), possono far desumere la volontà dell'en te di far cessare l'uso della strada in connessione con l'uso del
l'altra; 2) trattandosi di valutare un comportamento, rilevante è
l'adesione del comune alla formazione dell'elenco, desumibile
dalla sottoscrizione del documento da parte del sindaco, o, co
munque, la mancata opposizione ad essa.
In conseguenza del rilevato omesso esame di fatti decisivi l'im
pugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio della causa ad
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
altro giudice, restando assorbiti gli altri due motivi (il quinto, che è relativo alla chiesta declaratoria di libertà della strada, la
quale dipende dall'esito dell'accertamento sopra indicato, e il set
timo, che è relativo al carico delle spese). (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III civile; sentenza 9 ot
tobre 1980, n. 5411; Pres. A. Caleca, Est. Sebastio, P. M.
Nicita (conci, parz. diff.); Arnaldi (Avv. Paoletti) c. Soc.
Sa.ga.pa. (Avv. Fontanelli). Regolamento di competenza av
verso Pret. Roma 20 luglio 1979.
Locazione — Competenza — Sfratto per morosità — Controver
sia sullr, misura del canone — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.
34, 295, 658, 667; legge 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle
locazioni di immobili urbani, art. 44, 45).
La controversia sulla risoluzione per morosità di un rapporto di locazione è attribuita al giudice competente per valore se
condo i criteri ordinari, il quale deve valutare la pregiudizia lità delle questioni concernenti la validità delle clausole 1ST AT
e la determinazione del canone, attribuite dalla legge 392/ 1978 alla competenza funzionale del pretore e del conci
liatore. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con atto no
tificato 1*11 giugno 1979 Arrigo Arnaldi, Maria Enrichetta Ar
naldi e Franca Arnaldi intimavano alla Sa.ga.pa. s.p.a. sfratto
per morosità dai locali siti in Roma, via Flavia n. 96 ed adibiti
ad albergo (hotel Medici), concessi in locazione in base a con
tratti del 1° gennaio e del 1° agosto 1963; contestualmente cita
vano la Sa.ga.pa. dinanzi al Pretore di Roma per la convalida.
Deducevano che la convenuta era inadempiente al pagamento
della somma di lire 61.433.598 risultante dall'adeguamento del
canone previsto dalla clausola 1ST AT inserita nel contratto.
Si costituiva la Sa.ga.pa. opponendosi alla convalida ed ec
cependo l'infondatezza e l'improponibilità della domanda, non
ché l'incompetenza per valore del pretore. Con ordinanza del 20 luglio 1979 il pretore adito declinava
la propria competenza per valore a favore del Tribunale di
Roma, stante l'entità della pretesa morosità, senza emettere il
richiesto provvedimento di rilascio.
Osservava che l'accertamento della morosità dipendeva dal
l'applicabilità o meno della clausola di adeguamento del ca
none all'indice del costo della vita, accertando che, perdurando
lo stato di incertezza nella giurisprudenza, andava regolato, quan
to alla competenza, dai normali criteri di valore.
Avverso questa decisione le attrici hanno proposto istanza di
regolamento di competenza. La convenuta ha presentato memo
ria difensiva.
Motivi della decisione. — Con unico motivo le ricorrenti as
sumono che, pur trattandosi di contratti di locazione venticin
quennali, come tali non sottoposti alla normativa vincolistica,
tuttavia per effetto dell'eccezione di parte convenuta si debba
preliminarmente accertare l'applicabilità o meno della clausola
di adeguamento del canone: la controversia ha per oggetto la
determinazione dell'entità del canone e come tale apparterrebbe
alla competenza del pretore. Conclude pertanto chiedendo che venga dichiarata la com
petenza del pretore in ordine all'accertamento sulla sussistenza
della morosità, ovvero che venga dichiarata la competenza del
tribunale ad effettuare anche tale accertamento in via inci
dentale. Il ricorso è in parte fondato. La legge 28 luglio 1978 n. 392
pone una regolamentazione di carattere generale che incide an
che sulle locazioni degli immobili destinati ad albergo, i quali
(I) La decisione ignora, sulla specifica questione della competenza
a conoscere la controversia sulla risoluzione per morosità di un rap
porto di locazione e la questione concernente la validità delle clausole
ISTAT, Cass., Sez. un., 23 aprile 1980, n. 2646, Foro it., 1980, I, 1229
e, con specifico riferimento alle locazioni alberghiere, Cass. 12 feb
braio 1979, n. 958, id., 1980, 1, 426, con nota di richiami. In mo
tivazione, nel senso che le locazioni alberghiere « in precedenti deci
sioni di questa corte erano state ritenute sottratte alla disciplina di
diritto comune degli immobili urbani », si richiama Cass. 19 gen
naio 1979, n. 409, id., Rep. 1979, voce Albergo, n. 10.
Sulla questione decisa, alle note di richiami a Cass. 2646/1980 e
958/1979, cit., acide, in dottrina, G. Ricci, Lo sfratto per morosità
secondo la legge 27 luglio 1978 n. 392, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
1980, 849 ss., 877 ss. La sentenza che si riporta è annotata, assieme a Cass. 2 aprile 1980,
n. 2136 (Foro it., 1980, 1, 933, con nota di richiami), da Preden,
in Giust. civ., 1980, 1, 2589.
Il Foro Italiano — 1981 — Parte I-28.
in precedenti decisioni di questa corte erano stati ritenuti sot tratti alla disciplina di diritto comune degli immobili urbani
(Cass. 19 gennaio 1979, n. 409, Foro it., Rep. 1979, voce Al
bergo, n. 10). Infatti secondo l'esplicita indicazione dell'art. 27, 1° comma,
n. 2, la normativa concerne anche gli immobili di interesse tu ristico compresi quelli di cui all'art. 2 legge 12 marzo 1968 n. 325: deve perciò ritenersi che attraverso tale richiamo la di
sciplina posta dalla legge 392/1978 riguardi anche gli alberghi. Ora gli art. 44 e 45 della citata legge statuiscono che le con
troversie concernenti la determinazione, l'aggiornamento e l'ade
guamento del canone sono di competenza del conciliatore se il canone non è superiore a lire 50.000 mensili; negli altri casi sono di competenza del pretore.
Essendo quindi pacifico che il canone mensile supera, nella
specie, lire 50.000 mensili, la questione relativa all'adeguamen to del canone per effetto della clausola 1ST AT è di competenza del pretore.
Tale competenza deve ritenersi di carattere funzionale e inde
rogabile: si pone a questo punto il quesito se possa essere rico
nosciuta al pretore anche la competenza a giudicare sulla do
manda con la quale è stata chiesta la declaratoria della risolu
zione del contratto per il caso in cui, accertata la efficacia della
clausola ISTAT, dovesse risultare dimostrata la inadempienza della conduttrice per il rifiuto dalla stessa opposto a corrispon dere gli aumenti di canone richiesti.
Il quesito, cui la giurisprudenza formatasi anteriormente alla
entrata in vigore della legge n. 392/78 aveva costantemente dato
risposta negativa (cfr. per tutte Cass. n. 2206/77, id., 1977, I,
1655), va riesaminata alla luce della predetta legge 392/78. Ora tale legge con l'introduzione dell'equo canone e della du
rata minima quadriennale ha superato il precedente sistema im
perniato sul blocco dei canoni e sulla proroga legale dei con
tratti. Per quanto attiene, poi, alla procedura ha stabilito che ai
giudizi in corso continuano ad applicarsi le leggi precedenti (art.
82), cosi sottintendendo un mutato regime per il futuro; ha det
tato numerose disposizioni in tema di competenza, tra loro coe
renti, profondamente e volutamente innovatrici rispetto al pre cedente sistema sia del codice di rito che delle leggi speciali (art. 30 e 45); con alcune di dette disposizioni ha tra l'altro confer
mato la competenza del conciliatore e del pretore anche in casi
nei quali era attribuita loro in precedenza; con l'art. 49 ha espli citamente previsto che cause relative a rapporti di locazione esu
lino dalla competenza per materia del conciliatore o del pretore, ex art. 30 e 45, e vadano quindi rimesse al diverso giudice com
petente secondo le norme ordinarie.
Ai sensi dei citati art. 30 e 45 legge n. 392 del 1978 è possi bile delineare il seguente schema: l'art. 30 prevede la compe tenza del conciliatore o del pretore (secondo il limite di valore,
introdotto ex novo di lire 600.000) per le procedure di rilascio,
nei casi di disdetta alla prima scadenza della locazione o, in re
gime transitorio, di recesso del locatore dal contratto nelle spe cifiche ipotesi determinate dalla legge stessa (art. 29 e 59); nella
procedura di rilascio ex art. 30 cit. è riservata al conciliatore o
pretore anche la controversia sulla risoluzione del contratto, nel
caso di opposizione del conduttore.
L'art. 45, 1° e 2" comma, prevede la competenza del concilia
tore o del pretore (secondo la stessa ripartizione per valore di
cui sopra) per le controversie su determinazione, aggiornamen to e adeguamento del canone in base alla nuova disciplina: Io
stesso art. 45, 3° comma, riserva al pretore (qualunque sia il va
lore) alcuni tipi di controversie espressamente elencati.
Ora, in nessuna di queste previsioni può comprendersi la pre sente controversia, nella quale si contende se sussista o no una
morosità idonea a giustificare lo sfratto per tale causa.
Dal raffronto tra la disciplina degli art. 30 e 45 da un lato e
55 dall'altro si evince che mentre per le cause relative al rila
scio per il termine del rapporto di locazione è stata prevista una
disciplina completa che potrebbe, in ipotesi, considerarsi sosti
tutiva della procedura di licenza o di sfratto per finita locazione,
non altrettanto può dirsi per lo sfratto per morosità.
Questo, dunque, deve ritenersi che continui a essere discipli
nato dagli art. 658 segg. cod. proc. civile. Poiché in caso di op
posizione del debitore il relativo giudizio segue le ordinarie re
gole di competenza per valore, la decisione su tale giudizio spetta
al Tribunale di Roma.
È appena il caso di rilevare che il tribunale, dato il carattere
funzionale della competenza del pretore per la determinazione
del canone, valutata la pregiudizialità di tale questione, dovrà
sospendere il proprio giudizio ai sensi dell'art. 295 cod. proc.
civile. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
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