sezioni unite civili; ordinanza 14 giugno 1999, n. 92/SU; Pres. Cantillo, Est. Evangelista, P.M.Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Piccoli (Avv. Rotolo) c. Min. risorse agricole, alimentari eforestaliSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2865/2866-2869/2870Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194902 .
Accessed: 25/06/2014 07:01
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 07:01:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 14
giugno 1999, n. 92/SU; Pres. Cantillo, Est. Evangelista, P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Piccoli (Avv.
Rotolo) c. Min. risorse agricole, alimentari e forestali.
Cassazione civile — Procedimento — Elezione di domicilio —
Trasferimento del domiciliatario — Conseguenze (Cod. proc.
civ., art. 141, 366, 370, 375, 377; r.d. 22 gennaio 1934 n.
37, norme integrative e di attuazione del r.d.l. 27 novembre
1933 n. 1578 sull'ordinamento delle professioni di avvocato
e di procuratore, art. 82).
Nel giudizio di cassazione le notificazioni di cui all'art. 375, 3° comma, c.p.c. e le comunicazioni di cui al successivo art.
377, 2° comma, vanno effettuate presso la cancelleria della
Corte di cassazione, allorché il domiciliatario, indicato con
l'elezione di domicilio effettuata ai sensi del 2° comma del
l'art. 366 c.p.c., si sia trasferito fuori del luogo indicato con
essa, senza comunicare alla cancelleria della stessa corte il
nuovo domicilio, non potendo assumere alcun rilievo la co
noscenza del nuovo indirizzo del domiciliatario che abbia po tuto acquisire l'ufficiale giudiziario in occasione di un inutile
tentativo di notificazione nell'originario luogo di domicilia
zione, ancorché il luogo del trasferimento del domiciliatario
(sia esso o meno un avvocato) si situi in Roma. (1)
(1) L'ordinanza in epigrafe risolve un contrasto insorto in seno alla
Suprema corte, relativamente all'applicazione dell'art. 377, 2° comma,
c.p.c., in forza del quale, una volta fissata l'udienza per la discussione dal primo presidente o dal presidente della sezione semplice, «dell'u
dienza è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima». Il contrasto riguardava il modus operandi della cancelleria della corte, nel caso in cui, tentata la comunicazione
all'avvocato, mediante notificazione per il tramite dell'ufficiale giudi
ziario, presso il domicilio eletto ex 2° comma dell'art. 366 c.p.c. in
Roma, siffatta notificazione appaia impossibile in quel luogo (ex art.
141, ultimo comma, c.p.c., il quale, per il caso di trasferimento del
domiciliatario, dispone che la notifica nel domicilio eletto non possa
più essere fatta), a causa del trasferimento del domiciliatario, che, pe raltro, risulti avvenuto in altro luogo — situato sempre in Roma —
da informazioni apprese dall'ufficiale giudiziario e dal medesimo riferi
te nella relata del tentativo di notificazione della comunicazione, resti
tuita alla cancelleria. Secondo un orientamento, che aveva ricevuto l'avallo delle sezioni
unite della corte una prima volta proprio a risoluzione di analogo con
trasto ed una seconda volta più di recente (Cass., sez. un., ord. 1°
dicembre 1988, n. 739, Foro it., 1989, I, 1532; sent. 13 novembre 1997, n. 11220, id., Rep. 1998, voce Avvocato, n. 89. V. anche Cass., sez.
lav., 21 gennaio 1995, n. 683, id., Rep. 1995, voce Cassazione civile,
227), in tal caso si doveva considerare che l'elezione di domicilio avvie
ne da parte di chi lo elegge a proprio rischio attraverso una manifesta
zione di volontà e che una sua variazione deve essere oggetto di apposi ta partecipazione alla cancelleria da parte del domiciliato o dello stesso
domiciliatario, quale suo fiduciario, onde, in difetto di quella parteci
pazione, doveva escludersi che lo stesso ufficiale giudiziario e la cancel
leria della corte (cui l'ufficiale avesse rimesso la relata di mancata noti
ficazione) potessero ed a maggior ragione dovessero ricercare il nuovo indirizzo ovvero dare rilievo alla sua conoscenza acquisita a seguito delle informazioni assunte dall'ufficiale giudiziario, e, quindi, provve dere alla notificazione della comunicazione in discorso nel nuovo indi
rizzo. Viceversa, dovendo l'ipotesi della cessazione dell'elezione di do
micilio per il trasferimento del domiciliatario considerarsi analoga a quella della mancata elezione del domicilio ed essendovi nell'ordinamento una
norma, che avrebbe valore generale, in punto di elezione di domicilio
nel giudizio di cassazione, cioè quella del 2° comma dell'art. 366 c.p.c.
(la quale, per l'ipotesi di mancata elezione di domicilio in Roma, stabi
lisce che le notificazioni siano fatte presso la cancelleria della corte), si sarebbe dovuto far luogo alla sua applicazione analogica all'ipotesi della comunicazione ex 2° comma dell'art. 377 c.p.c.
Contro l'orientamento affermato dalle sezioni unite, di recente, alcu
ne inedite ordinanze emesse dalle sezioni semplici — come enuncia il
provvedimento in epigrafe — si erano poste in consapevole contrasto, affermando che la cancelleria della corte, una volta avuta la restituzio
ne delle relata dell'esito mancato della notifica e preso cognizione della
indicazione da parte dell'ufficiale giudiziario del nuovo indirizzo, non
potrebbe disporre che la comunicazione sia rinnovata mediante notifi
cazione in cancelleria, ma dovrebbe doverosamente disporre che la co
municazione avvenga mediante notificazione nel nuovo indirizzo del do
miciliatario. Il dissenso dalle sezioni unite veniva motivato — come
emerge dal provvedimento in rassegna — nel fatto che nell'ipotesi in
questione risulterebbe che si è inteso mantenere il domicilio nell'ambito
del comune di Roma e, dunque, stante la lettera del 2° comma dell'art.
Il Foro Italiano — 1999.
Ritenuto in fatto. — Che Piccoli Vincenzo, con ricorso del
25 ottobre 1994, proponeva opposizione dinanzi al Pretore di
Taranto avverso l'ordinanza in data 16 settembre 1994, n. 172, del ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, notifi
catagli il 26 settembre 1994, con la quale gli era stato ingiunto il pagamento di lire 3.921.266.034, per violazione dell'art. 2 1.
23 dicembre 1986 n. 898, per avere l'Associazione ionica pro duttori ortofrutticoli ed agrumari delle regioni Puglia e Basili
cata, della quale era stato legale rappresentante, conseguito in
debitamente aiuti complessivi di pari importo, negli anni
1984-1987; che il pretore rigettava l'opposizione con sentenza del 9 giu
gno 1995, contro la quale il Piccoli proponeva ricorso per cas
sazione, sulla base di tre motivi, cui resisteva l'amministrazione
con controricorso e ricorso incidentale; che non essendo comparsa alcuna delle parti all'udienza di
discussione del 27 marzo 1998, il collegio — rilevando che, quan to al ricorrente, la comunicazione della data dell'udienza stessa
era stata effettuata presso la cancelleria della corte, sul rilievo
che la sede indicata nell'elezione di domicilio a norma dell'art.
366, 2° comma, c.p.c. era stata trasferita in altro luogo, senza
che se ne fosse data tempestiva informazione alla cancelleria
medesima; che, peraltro, l'ufficiale giudiziario, nella relata di
notifica all'originario indirizzo del domiciliatario, ne aveva in
dicato il nuovo indirizzo sito nel comune di Roma; che, in tema
366 non vi sarebbero gli estremi per la notifica in cancelleria. Le ordi nanze in discorso, di fronte alla constatazione che la cancelleria, a se
guito della restituzione da parte dell'ufficiale giudiziario della relata della notificazione della comunicazione ineseguita, ancorché l'ufficiale giudi ziario avesse fatto constare il nuovo indirizzo del domiciliatario, aveva
provveduto ad eseguire la comunicazione mediante notifica in cancelle
ria, disponevano — evidentemente nel presupposto che tale comunica zione fosse nulla — la rinnovazione della stessa all'indirizzo risultante
dalla relata già restituita dall'ufficiale giudiziario, provvedendo conse
guentemente a rinviare la causa a nuovo ruolo. Con l'ordinanza in epigrafe le sezioni unite hanno, ora, ribadito il
loro orientamento, osservando: a) che l'assunto delle sezioni semplici, laddove ipotizza che il domiciliatario trasferitosi in Roma abbia impli citamente manifestato l'intenzione di mantenere il domicilio, con una sorta di «trascinamento» della domiciliazione, confligge palesemente con
l'ultimo comma dell'art. 141 c.p.c., che prevede l'inefficacia dell'elezio ne di domicilio quando il domiciliatario si trasferisca fuori dalla sede
della domiciliazione (Cass., sez. un., 6 settembre 1990, n. 9198, id.,
Rep. 1990, voce Notificazione civile, n. 17), dovendosi, peraltro, consi
derare (come ebbe a statuire Cass. 6 aprile 1978, n. 1588, id., 1978,
I, 1952) che il concetto di «sede» nell'ultimo comma dell'art. 141 indi
vidua non il comune (o la città) della domiciliazione, ma il luogo preci so designato nell'elezione (cioè l'ufficio, lo studio professionale, l'abi
tazione, ecc., del domiciliatario); b) che l'elezione di domicilio, sia che
si qualifichi in senso negoziale, sia che non si qualifichi in tal modo, consiste in una dichiarazione indirizzata ai soggetti che a vario titolo
operano nel processo di cassazione (giudice, controparte ed ausiliario
preposto all'individuazione del luogo in cui l'ufficio deve eseguire le
notificazioni), onde il trasferimento del domicilio deve assumere analo
ga veste e, quindi, consistere in una dichiarazione indirizzata a quegli stessi soggetti.
Sulla base di tali argomenti le sezioni unite confermano che il 2° comma dell'art. 366 ha natura di disposizione generale, atta a regolare non solo la notificazione del controricorso e dell'eventuale ricorso inci
dentale, ma tutte le notificazioni e le comunicazioni (ivi comprese quel le da farsi agli avvocati), e, quindi, l'ipotesi di cui all'art. 375, 3° com
ma, ed anche quella dell'art. 377, 2° comma, c.p.c. Concludono, per tanto, nel senso che, qualora il trasferimento del domiciliatario, ancorché
avvenuto in Roma, non sia fatto constare alla cancelleria della Suprema corte, gli adempimenti da dette norme previsti debbano senz'altro farsi
presso la cancelleria, non diversamente da quanto accade nell'ipotesi di mancata elezione di domicilio in Roma.
Va rilevato che, di rinforzo al proprio argomentare le sezioni unite
sottolineano che tale soluzione è conforme all'impulso ufficioso che ca
ratterizza lo svolgimento del processo di cassazione (ed all'uopo richia
mano la circostanza che la morte del difensore non determina l'interru
zione di tale processo; in questo senso, v., citate nel provvedimento in epigrafe, Cass. 26 giugno 1997, n. 5719, id., Rep. 1997, voce Cassa
zione civile, n. 234; 29 novembre 1991, n. 12870, id., Rep. 1991, voce
Procedimento civile, n. 167; sez. un. 8 marzo 1993, n. 2756, id., Rep.
1993, voce Cassazione civile, n. 105; 14 ottobre 1992, n. 11195, id.,
1993, I, 2280). Infine, le sezioni unite si preoccupano di spiegare che
quella giurisprudenza (Cass. 30 gennaio 1987, n. 911, id., Rep. 1987, voce Impugnazioni civili, n. 27; 13 gennaio 1987, n. 149, ibid., voce
Notificazione civile, n. 21; 20 marzo 1982, n. 1822, id., Rep. 1982, voce cit., n. 35), secondo cui, prevalendo nella domiciliazione l'elemen
This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 07:01:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2867 PARTE PRIMA 2868
di conseguenze del trasferimento del domiciliatario dall'indiriz
zo indicato ai fini dell'elezione di domicilio di cui al citato art. 366, si erano formati contrastanti orientamenti nella giurispru denza della corte — rimetteva gli atti al primo presidente, che
assegnava, quindi, il ricorso alle sezioni unite per l'esame della
sola questione indicata come oggetto del rilevato contrasto;
che, anche l'udienza di discussione davanti alle sezioni unite
è stata fissata con comunicazione del relativo avviso al ricorren
te presso la cancelleria e non già presso il nuovo indirizzo risul
tante nei sensi sopra riferiti, sicché, non essendo comparso al
cuno dei difensori, la questione si ripropone in relazione a que sta stessa udienza.
Considerato in diritto. — Che, decidendo identica questione, in sede di composizione di contrastanti orientamenti, già in pas sato emersi, le sezioni unite, con ordinanza 1° dicembre 1988, n. 739 (Foro it., 1989, I, 1532) hanno sancito il principio secon
do il quale, nel giudizio di cassazione le notificazioni di cui all'art. 375, 2° comma, c.p.c. e le comunicazioni di cui al suc
cessivo art. 377, 2° comma, vanno effettuate presso la cancelle
ria della Corte di cassazione, qualora gli avvocati delle parti si siano trasferiti fuori del luogo indicato nell'elezione di domi
cilio compiuta ai sensi dell'art. 366, 2° comma, e non abbiano
comunicato al cancelliere che deve procedere agli indicati adem
pimenti il nuovo domicilio con atto depositato nell'ufficio, pri ma del perfezionamento dell'attività notificatoria presso la can
celleria stessa; e ciò, senza che assuma rilievo la conoscenza
che l'ufficiale giudiziario abbia potuto acquisire del nuovo indi
rizzo del domiciliatario e senza che possa dubitarsi della con
formità della regola alla garanzia costituzionale del diritto di
difesa, non incompatibile con oneri di diligenza facilmente os
servabili per modalità di esecuzione, come quello della comuni
cazione suddetta, la quale, poi, presuppone un evento che, per la relazione sottesa all'elezione di domicilio, deve ritenersi non
sottratto alla conoscibilità della parte; che questo principio risulta seguito dalla prevalente giurispru
denza successiva (cfr. sent. 28 novembre 1992, n. 12723, id.,
Rep. 1992, voce Cassazione civile, n. 87; 21 gennaio 1995, n.
683, id., Rep. 1995, voce cit., n. 227; 13 maggio 1998, n. 4813,
id., Rep. 1998, voce cit., n. 279) e ribadito dalle stesse sezioni
unite con sentenza 13 novembre 1997, n. 11220 (ibid., voce A v
vocato, n. 89), laddove i provvedimenti che se ne sono discosta
ti non somministrano elementi di valutazione non confutati nel
la precedente occasione o plausibili motivi di diverso apprezza mento dei termini del problema;
che tanto deve, in particolare, affermarsi circa il rilievo (cfr. ord. 23 gennaio 1998, resa sul ricorso r.g. n. 7576 del 1995)
per cui, in caso di accertamento, da parte dell'ufficiale giudizia rio notificante, dell'avvenuto trasferimento del domiciliatario
ad altro indirizzo di Roma, la circostanza sarebbe inidonea a
giustificare la successiva consegna dell'atto alla cancelleria «po sto che tale modalità di notificazione è consentita solo nel caso in cui la parte non abbia eletto domicilio in Roma», mentre
quell'accertamento «evidenzia in modo non equivoco che si è
inteso mantenere il domicilio in tale ambito territoriale»;
che, invero, una siffatta conclusione procede da una lettura
arbitrariamente riduttiva e, nella sostanza, vanificante del pre ciso disposto dell'ultimo comma dell'art. 141 c.p.c., che preve
to personale su quello topografico, è valida la notifica eseguita con
consegna a mani del domiciliatario, se eseguita nel luogo in cui egli si è trasferito (in quanto in tal caso la notificazione raggiunge il suo
scopo), non contraddice le conclusioni raggiunte in ordine all'esigenza che il trasferimento del domiciliatario, per vincolare chi deve notificare a notificare nel luogo di trasferimento deve essere formalmente comu nicato (per la verità solo Cass. n. 149 del 1987 specifica che la consegna al domiciliatario deve essere personale, ma non par dubbio che anche le altre due decisioni abbiano implicitamente inteso riferirsi solo a tale
ipotesi e che analogamente sia da intendere l'argomentare delle sezioni unite: se fosse altrimenti resterebbe violato l'art. 141, ultimo comma, c.p.c.).
In dottrina, per approfondimenti sulle questioni relative alle notifica zioni e comunicazioni in Cassazione, v. G. Balena, Notificazioni e co municazioni nel giudizio di cassazione, in Riv. dir. proc., 1980, 767
ss., e, da ultimo, con considerazione anche dell'ordinanza in epigrafe, R. Frasca, Considerazioni sulle notificazioni e comunicazioni nel giu dizio di cassazione, in corso di pubblicazione in Gazzetta giur. [R. Frasca]
Il Foro Italiano — 1999.
de l'inefficacia (Cass., sez. un., 6 settembre 1990, n. 9198, id.,
Rep. 1990, voce Notificazione civile, n. 17) dell'elezione di do
micilio allorché il domiciliatario «si è trasferito fuori della sede
indicata» nell'atto di elezione: proposizione nella quale non è
dato cogliere alcuna equazione fra il concetto di «sede» e quello di ambito territoriale del comune di riferimento, con conseguente
soppressione della rilevanza del «luogo» specifico di consegna, del quale è, invece, menzione nel 1° comma della medesima
norma e che, anche alla luce dei chiarimenti desumibili dal con
tiguo art. 139 c.p.c., ben difficilmente può ritenersi nozione
priva di riferibilità alla «casa di abitazione» o all'«ufficio» del
domiciliatario;
che, dunque, come già, del resto, riconosciuto da questa cor
te con la sentenza 6 aprile 1978, n. 1588 (id., 1978, I, 1952), nell'art. 141, ultimo comma, c.p.c. la parola «sede» significa,
non, genericamente, città di residenza del domiciliatario, ma
luogo preciso (ufficio, studio professionale, abitazione, ecc.) de
signato nell'elezione, con tutte le indicazioni che valgono sicu
ramente ad identificarlo (città, nome della strada e numero civi
co), onde, essendo appunto il trasferimento da un luogo siffat
to la circostanza che la norma di previsione identifica come
preclusiva della produzione degli effetti dell'elezione stessa (che
è, poi, una situazione sovrapponibile senza residui alla carenza
di quest'ultima), non trova spazio una presunta volontà dell'eli
gente di mantenere il proprio domicilio nell'ambito territoriale
del medesimo comune: invero o essa rimane così indiscrimina
ta, ed allora è priva di un requisito individuatore indispensabile
per l'efficacia della domiciliazione; o tale requisito si pretende di ravvisare nel nuovo indirizzo appreso dall'ufficiale giudizia
rio, ma allora si configurerebbe una sorta di trasferimento im
plicito della domiciliazione medesima, che, all'opposto, è pro
prio quanto la norma ha voluto escludere;
che, d'altra parte, una lettura sistematica dell'art. 366, 2°
comma, c.p.c. impone di configurare l'elezione di domicilio (a
prescindere dalla sua natura negoziale o no) quale dichiarazione
indirizzata ai soggetti che, a diverso titolo, operano nel giudizio di cassazione (e cioè, segnatamente, alla controparte; al giudice,
per quanto attiene alla rilevanza che essa ha ai fini della regola rità dello svolgimento del processo e dei relativi controlli; al
l'ausiliario tenuto ad individuare il luogo in cui eseguire le co
municazioni e le notificazioni cui l'ufficio deve provvedere): ra
gion per cui il trasferimento della domiciliazione, per conservare
rilevanza nell'esposto contesto, sembra esigere esso stesso una
specifica dichiarazione indirizzata, della quale ben difficilmente
si individuerebbe un equipollente nell'esito delle informazioni
assunte dall'ufficiale giudiziario che abbia inutilmente procedu to ad un primo tentativo di notificazione, posto che esse con
cernono comportamenti di un terzo e non del dichiarante;
che, peraltro, una volta riconosciuto (alla stregua di Cass., sez. un., 1° dicembre 1988, n. 739, cit., il cui assunto non è, in parte qua, posto in discussione neanche dall'orientamento che se ne discosta in ordine all'identificazione delle conseguenze da trarre dall'avvenuto accertamento del trasferimento del do
miciliatario) che l'art. 366, 2° comma, c.p.c. ha natura di «di
sposizione di carattere generale che regola non solo la notifica
zione del controricorso e dell'eventuale ricorso incidentale ad
istanza del controricorrente, ma tutte le comunicazioni e notifi
cazioni che debbono farsi agli avvocati di entrambe le parti e,
quindi, anche le notificazioni di cui agli art. 375, 2° comma, e 377, 2° comma, c.p.c., in mancanza di altre disposizioni di
carattere particolare», evidenti ragioni di speditezza del proce dimento e di prevenzione di intenti dilatori suggeriscono un'in
terpretazione della norma nel senso di negare rilievo a risultan
ze della relazione (circa un nuovo indirizzo), che potrebbero, alla prova dei fatti, rivelarsi inesatte o, comunque, innescare
meccanismi di ricerca del tutto incompatibili con le esigenze con
servative dell'udienza di discussione già fissata;
che, queste ultime considerazioni si impongano specialmente con riguardo ad un procedimento, come quello di cassazione,
che, caratterizzandosi, dopo la sua rituale introduzione, per il
prevalente impulso officioso, risulta insensibile persino all'evento della morte del difensore, la quale, quand'anche accertata in
occasione della notificazione dell'avviso di udienza, come non
comporta interruzione, così non impone alla cancelleria alcun
particolare adempimento inteso a favorire la partecipazione al
l'udienza stessa di un nuovo difensore, senza che a tanto si ri
colleghi un qualsiasi vulnus al diritto costituzionale di difesa,
This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 07:01:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
in quanto, nel detto procedimento avanti alla Corte di cassazio
ne, la prospettazione delle ragioni del ricorrente è affidata per intero all'atto scritto del ricorso, mentre la discussione orale
in udienza non ha per lui che un valore complementare (Cass. 26 giugno 1997, n. 5719, id., Rep. 1997, voce Cassazione civile, n. 234; 29 novembre 1991, n. 12870, id., Rep. 1991, voce Pro
cedimento civile, n. 167; sez. un. 8 marzo 1993, n. 2756, id.,
Rep. 1993, voce Cassazione civile, n. 105; 14 ottobre 1992, n.
11195, id., 1993, I, 2280); che non può trarsi contrario argomento dal principio, talora
affermato dalla corte (sent. 30 gennaio 1987, n. 911, id., Rep.
1987, voce Impugnazioni civili, n. 27; 13 gennaio 1987, n. 149,
ibid., voce Notificazione civile, n. 21; 20 marzo 1982, n. 1822,
id., Rep. 1982, voce cit., n. 35), secondo cui, anche in caso
di elezione di domicilio, l'elemento personale prevale su quello
topografico, con la conseguente validità della notificazione ese
guita nel luogo in cui si è effettivamente trasferita la persona
designata, posto che in tal guisa si realizza lo scopo di portare l'atto a conoscenza del destinatario: da questa giurisprudenza
emerge, infatti, chiaramente che una siffatta realizzazione è in
dividuata come evento sanante della nullità altrimenti derivante
dalla mancanza di notificazione in uno dei diversi luoghi che
sarebbero stati da individuare in conseguenza dell'effetto cadu
catorio del trasferimento sull'elezione di domicilio, senza, dun
que, che risulti contestata la produzione dell'effetto stesso, la
cui affermazione costituisce, anzi, il presupposto della ricono
sciuta sanatoria;
che, in conclusione, l'esaminata questione deve risolversi dando
continuità al principio indicato in premessa, con la conseguen
za, da un lato, dell'affermazione di validità, nella specie, della
comunicazione dell'avviso di udienza al ricorrente presso la can
celleria, in considerazione dell'avvenuto trasferimento del do
miciliatario dall'indirizzo indicato con l'elezione di domicilio e
del difetto di successiva comunicazione tempestiva di nuova ele
zione, ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli art. 366, 2° comma, e 377, 2° comma, c.p.c.; e, dall'altro lato, della restituzione degli atti alla sezione di provenienza, ai sensi
dell'art. 142 disp. att. c.p.c.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 1° giugno
1999, n. 5306; Pres. Senofonte, Est. Plenteda, P.M. Car
nevali (conci, conf.); Soc. So.La.Co. (Avv. Visconti, Jona) c. Banca nazionale dell'agricoltura (Avv. Alessi). Conferma
App. Torino 27 gennaio 1997.
Concordato preventivo — Cessione di credito anteriore all'am
missione — Efficacia — Notificazione anteriore al concorda
to — Limiti (Cod. civ., art. 1264, 1265 , 2704, 2914; r.d. 16
marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 45, 166, 167). Concordato preventivo — Cessione dei beni — Effetto traslati
vo — Esclusione — Mandato irrevocabile (Cod. civ., art. 1977; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 182).
L'art. 2914 c.c. — per cui sono inefficaci nei confronti del cre
ditore pignorante e di quelli intervenuti nell'esecuzione le ces
sioni di credito notificate al debitore o da lui accettate succes
sivamente al pignoramento — non si applica all'ipotesi di con
cordato preventivo, posto che non vige il divieto di cui all'art.
45 l. fall., che non è richiamato dal successivo art. 169 e
che il concordato preventivo diversamente dal fallimento non
può essere equiparato ad un pignoramento generale. (1)
(1) In termini, Cass. 22 settembre 1990, n. 9650, Foro it., Rep. 1991, voce Concordato preventivo, n. Ili aveva osservato che l'art. 2914 c.c. — per cui sono inefficaci nei confronti del creditore pignorante e di
quelli intervenuti nell'esecuzione le cessioni di credito notificate al debi
tore o da lui accettate successivamente al pignoramento — pur operan
II Foro Italiano — 1999.
Non sorge conflitto — tale da dover essere risolto con i mecca
nismi di cui agli art. 1265 e 2704 c.c. — fra la cessione di
un credito operata dal debitore a favore di un terzo prima dell'ammissione al concordato preventivo e la cessione dei beni
(fra i quali comprendere anche il credito già ceduto) ai credi
tori contenuta nella proposta concordataria, in quanto la se
conda non ha effetto traslativo ma si sostanzia in un manda
to irrevocabile a gestire e liquidare i beni del debitore. (2)
Svolgimento del processo. — La società So.La.Co. s.a.s., ammessa al concordato preventivo con cessione di beni con de
creto del Tribunale di Biella del 14 novembre 1990, cui era se
guita la sentenza di omologazione in data 2-29 luglio 1991, e
il liquidatore del concordato chiesero al Tribunale di Vercelli
la condanna della Banca nazionale dell'agricoltura, filiale di Ver
celli, al pagamento della somma di lire 128.698.924, oltre inte
ressi, pari all'importo di ricevute bancarie e di effetti salvo buon
fine. La convenuta resistette alla domanda assumendo che ave
va versato il controvalore, mercé accredito sul conto corrente
dell'attrice, e deducendo che tale importo era stato oggetto di
cessione in proprio favore, giusta contratto del 23 maggio 1990.
Il tribunale, con sentenza 18 novembre-12 dicembre 1994, riget tò la domanda, dando atto che la cessione non era stata notifi
cata ai creditori, ma ritenendo che non fosse in discussione la
do in caso di fallimento del creditore cedente, attesa l'equivalenza al
pignoramento del vincolo che avvince il patrimonio del fallito, vicever sa non si applica all'ipotesi di concordato preventivo, per la quale difet ta quella equiparazione, né vige il divieto di cui all'art. 45 1. fall., che non è richiamato dal successivo art. 169; pertanto, le cessioni di credito
stipulate prima della domanda di concordato preventivo, proposta dal
cedente, possono essere notificate dal cessionario al debitore ceduto o
da costui accettate con atto di data certa, ai sensi dell'art. 1265 c.c., anche nel corso della procedura concordataria, senza che abbia rilievo il successivo fallimento, i cui effetti si producono dalla data della di
chiarazione e non da quella della domanda suddetta, con la conseguen za che tali cessioni risultano opponibili ai terzi ed alla massa dei credi
tori del fallimento del medesimo cedente; Trib. Milano 13 aprile 1989, id., Rep. 1990, voce cit., n. 119.
Sull'inapplicabilità in generale dell'art. 45 1. fall, al concordato pre ventivo, Cass. 21 ottobre 1993, n. 10434, id., 1994, I, 1427, con nota di L. Ristori, che era giunta alla medesima conclusione pur con un
percorso argomentativo in parte diverso, affermando che la disposizio ne dell'art. 45 1. fall., a norma della quale le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della di
chiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori, non è espressamente richiamata dall'art. 168 1. fall, e non può, pertanto, essere applicata, neppure per analogia, al concordato preventivo, ove, non essendovi, come nel fallimento, sostituzione integrale del curatore
all'imprenditore, che conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'eser
cizio dell'impresa, sia pure con i vincoli indicati dall'art. 167 1. fall., il patrimonio non è completamente assicurato alla liquidazione ed in sensibile a qualunque atto che ne alteri la consistenza ed ove, conse
guentemente, i vincoli all'opponibilità degli atti dei terzi, trovandosi
questi di fronte ad un imprenditore solo parzialmente limitato nella
sua legittimazione a negoziare, devono risultare espressamente o alme no implicitamente; da ultimo, in dottrina, G. Lo Cascio, Il concordato
preventivo, Milano, 1997, 357; contra, G. Canale, Il procedimento di
liquidazione dei beni ceduti nel concordato preventivo, Padova, 1996, 78, sulla scia di E.F. Ricci, Il cessionario del credito di fronte alla
liquidazione dei beni ceduti nel concordato preventivo, in Giur. comm., 1989, I, 264.
(2) La seconda parte della motivazione non riserva sorprese visto che i giudici di legittimità negano un conflitto fra due diverse cessioni di credito (quella particolare a favore di un terzo e quella generale a favo re dei creditori) sostenendo che la cessione dei beni (e quindi dei crediti
di cui è titolare il debitore concordatario) ai creditori, quale particolare modo di attuazione del concordato preventivo, non determina il trasfe
rimento dei beni in favore dei creditori e la conseguente immediata libe
razione del debitore, ma comporta soltanto il conferimento di un man
dato agli organi della procedura, i quali, in tal modo, sono legittimati a disporre dei beni ceduti; cfr. Cass. 21 febbraio 1995, n. 1909, Foro
it., Rep. 1995, voce Concordato preventivo, n. 74; 11 dicembre 1993, n. 12216, id., 1994, I, 2467; 21 gennaio 1993, n. 709, id., Rep. 1993, voce cit., n. 95; 28 marzo 1985, n. 2187, id., 1986, I, 172; 27 giugno
1981, n. 4177, id., 1982, I, 603, con nota di richiami. In dottrina, da
ultimo, G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 1997, 692.
Si distacca dall'orientamento assunto dalla corte regolatrice, A. Bonsi
gnori, Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia diretto da F. Galgano, Padova,
1997, XXIII, 374.
This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 07:01:22 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions