sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M.Raimondi (concl. diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Tavormina) c. Lazo Orè. Regolamentonecessario di competenza avverso Trib. Milano 14 luglio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1549/1550-1555/1556Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198597 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
— prevedendo la responsabilità «in proprio» dei liquidatori per
il pagamento delle imposte dovute «per il periodo della liquida zione e per quelli anteriori», nonché uno specifico procedimento inteso a farla valere (art. 36, 5° comma) — attesta, appunto, la
predetta ratio legis\ — che. dunque, la concorrenza, al momento della formazione
del ruolo straordinario, dei due predetti elementi — iscrizione di
ipoteca legale sui beni di società assoggettata ad Irpeg, che si trovi in fase di liquidazione —
integra il requisito del «fondato
pericolo per la riscossione», imposto dall'art. 11,5° comma, ai fini del giudizio di legittimità della formazione del ruolo stesso;
— che, infine, il terzo motivo di ricorso deve essere dichia rato inammissibile per carenza di interesse a proporlo: infatti —
posto che la pronuncia di compensazione integrale delle spese del giudizio d'appello (art. 15, 1° comma, d.leg. n. 546 del 1992 e 92, 2° comma, c.p.c.) è intervenuta in ipotesi di totale soc combenza della società ricorrente; e che, in materia, vige il ge nerale ed inderogabile principio, espresso dall'art. 91, 1° com
ma, c.p.c., del divieto, per il giudice, di porre unicamente a cari co della parte totalmente vittoriosa il carico delle spese
— è del tutto evidente che la società ricorrente non ha alcun interesse attuale e concreto all'impugnazione della relativa statuizione dei giudici d'appello, in quanto qualsiasi modificazione della stessa non potrebbe che risolversi a suo svantaggio.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rei. Salmè, P.M. Raimondi (conci, diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Ta
vormina) c. Lazo Orè. Regolamento necessario di competen za avverso Trib. Milano 14 luglio 1999.
Competenza civile — Regolamento necessario di competen
za — Sospensione per litispendenza internazionale — Im
pugnabilità (Cod. proc. civ., art. 42, 295; 1. 2 marzo 1963 n. 596, ratifica ed esecuzione della convenzione tra l'Italia e il
Belgio sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giu diziarie e degli altri titoli esecutivi in materia civile e com
merciale, conclusa in Roma il 6 aprile 1962: convenzione, art.
2, 14; 1. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzione della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e
protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968: conven
zione, art. 21).
E impugnabile con regolamento necessario di competenza il
provvedimento di sospensione del giudizio di divorzio, propo sto in Italia decorsi tre anni di separazione legale, adottato dal giudice italiano per litispendenza determinatasi, ai sensi dell'art. 14 della convenzione italo-belga del 1962, con la domanda di divorzio per infedeltà proposta in Belgio. ( 1 )
(1) I. - La sentenza in rassegna afferma la perdurante vigenza della convenzione italo-belga del 6 aprile 1962 ratificata con 1. 2 marzo 1963 n. 596, in quanto non abrogata dalla successiva convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione del 27 settembre 1968, ratificata con 1. 21
giugno 1971 n. 804 (né dalla 1. 31 maggio 1995 n. 218, riforma del si stema italiano di diritto internazionale privato), discostandosi così
espressamente da Cass., sez. un., 1° aprile 1993. n. 3885, Foro it.. Rep. 1993, voce Giurisdizione civile, n. 66 (secondo cui la pendenza davanti ad un giudice belga della causa di divorzio fra cittadini italiani non esclude la giurisdizione italiana sulla causa di separazione personale fra i medesimi coniugi, non trovando applicazione in materia di stato e ca
pacità delle persone la convenzione di Bruxelles, che però avrebbe
abrogato quella bilaterale cit.). Ancora sulla inapplicabilità, in materia di stato e capacità delle per
sone, della convenzione di Bruxelles, v. Cass., sez. un., 20 ottobre
1995, n. 10935, id., Rep. 1996, voce cit., n. 39. II. - La corte ha ricondotto alla sospensione necessaria del processo,
di cui all'art. 295 c.p.c., il provvedimento previsto dall'art. 14 della convenzione italo-belga, secondo cui quando una domanda con lo stes so oggetto è proposta tra le stesse parti davanti ad un giudice di uno dei due Stati, quello successivamente adito si asterrà dal decidere. Ciò non
Il Foro Italiano — 2003.
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 28 agosto 1997 Emilio Gasparini ha chiesto al Tribunale di Milano che venisse
pronunciata in applicazione dell'art. 3, n. 2,1. n. 898 del 1970 la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato il 20
aprile 1974 con Lazo Orè Violeta Haydee, cittadina italiana e
peruviana. La convenuta, premesso di avere iniziato nell'aprile 1995
presso il Tribunale di Bruxelles, luogo dove entrambi i coniugi erano residenti, giudizio di divorzio per causa determinata
(adulterio), ha eccepito pregiudizialmente la litispendenza tra il
difformemente da quanto previsto dall'art. 21 della convenzione di Bruxelles e dall'art. 7 1. 218/95.
Da qui allora l'esperibilìtà — avverso tale provvedimento — non del
regolamento di giurisdizione ma di quello necessario di competenza, ex art. 42 c.p.c.
In termini, v. Cass., sez. un., 29 gennaio 2001, n. 37/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 75, e, per esteso, Giur. it., 2001, 1603, con nota di Canale (secondo cui il regolamento di giurisdizione proposto avverso il provvedimento che abbia disatteso l'istanza di sospensione per litis
pendenza internazionale non può essere convertito in regolamento di
competenza); 28 aprile 1999, n. 274/SU, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 90; 13 febbraio 1998, n. 1514, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 59, e, per esteso, Corriere giur., 1998, 1194, con nota di Consolo (quest'ultima pronunciata con riferimento all'art. 21 della convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla 1. 10 feb braio 1992 n. 198, peraltro di contenuto analogo all'art. 21 della con venzione di Bruxelles), tutte richiamate dalla sentenza in epigrafe.
Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 11 dicembre 1997, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 93, secondo cui ai sensi dell'art. 7, 3° comma, 1. 218/95 il giudice nazionale ha la facoltà di disporre la so
spensione del giudizio per pregiudiziale internazionale, allorché la de finizione della controversia di fronte ad esso pendente si riveli dipen dente da quella della causa in atto pendente di fronte al giudice stranie ro, che viene a costituirne l'antecedente logico necessario, mentre una
prognosi condotta, in termini inevitabilmente probabilistici e pruden ziali, sulla scorta dei parametri di cui all'art. 64 I. 218/95 induce a non escludere che il definitivo provvedimento della pregiudicante causa straniera possa produrre effetti nell'ordinamento italiano.
Si veda però Cass. 15 dicembre 2000, n. 15843, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 175, per la quale il provvedimento che nega la sospensione del
procedimento, richiesta per eccepita pendenza dinanzi ad un giudice straniero della medesima causa (c.d. litispendenza internazionale), ai sensi dell'art. 7 1. 31 maggio 1995 n. 218, non è impugnabile con istan za di regolamento di competenza, per le medesime ragioni per le quali non è ammissibile l'impugnazione avverso il diniego di sospensione della causa ai sensi dell'art. 295 c.p.c., e cioè perché l'art. 42 c.p.c. non consente un'interpretazione estensiva, né analogica, essendo norma ec cezionale, e perché soltanto il provvedimento che sospende il processo incidendo sul diritto delle parti alla decisione, giustifica la deroga al
principio della non impugnabilità dei provvedimenti ordinatori, sepa ratamente ed anticipatamente dalla sentenza, con l'ulteriore conseguen za che invece il provvedimento che nega la sospensione nel processo non viola gli art. 3 e 24 Cost.
Cfr., anche, Cass., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5290, id., Rep. 1998, voce cit., n. 47 (per esteso, Giur. it., 1999, 959) secondo cui l'accerta mento di una situazione di litispendenza internazionale, prevista dalla convenzione bilaterale italo-svizzera, configura una questione di giuris dizione e può essere posto ad oggetto di regolamento di giurisdizione.
III. - Quanto al concetto d'identità dell'oggetto della domanda, di cui all'art. 14 della convenzione italo-belga, la corte richiama l'interpreta zione più favorevole all'affermazione della litispendenza, data dalla
giurisprudenza comunitaria e da quella interna all'art. 21 della conven zione di Bruxelles, che pure richiede l'identità di titolo ed oggetto della domanda.
Così — al dichiarato fine di facilitare il riconoscimento di ogni Stato contraente delle decisioni giudiziarie — si è affermato che il concetto di litispendenza, di cui all'art. 21 cit., autonomo rispetto agli ordina menti giuridici nazionali, non richiede la piena identità di domande, ma si verifica quando due controversie tra le medesime parti riguardino pretese, ancorché formalmente diverse e reciprocamente avanzate, che derivino dallo stesso rapporto giuridico.
In tal senso, v. Corte giust. 8 dicembre 1987, causa 144/86, Foro it., 1988, IV, 341 (che ha riconosciuto la litispendenza internazionale nel caso in cui una parte presenti ad un giudice di uno Stato contraente una domanda volta all'annullamento o alla risoluzione di un contratto di vendita internazionale mentre una domanda dell'altra parte volta al l'esecuzione del medesimo contratto è pendente dinanzi ad un giudice di altro Stato contraente), richiamata dalla sentenza in rassegna.
Nella giurisprudenza italiana tale lettura dell'art. 21 trova riscontro in Cass., sez. un., 19 giugno 2000, n. 448/SU, id., 2001, I, 527, cui ad de sez. un. 25 maggio 1999. n. 293/SU, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 91. Particolare rilievo hanno Cass., sez. un.. 28 aprile 1993, n. 4992, e 15 ottobre 1992, n. 11262 (quest'ultima, richiamata dalla sentenza in ras
segna, afferma che si ha litispendenza quando tra due domande propo ste dinanzi a giudici di diversi Stati contraenti c'è identità di titolo, vale
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PARTE PRIMA
proceumieiiio instauralo uai maino m nana e queno aiuenoi
mente promosso in Belgio, chiedendo la sospensione del primo sino all'esito del secondo. La convenuta ha anche eccepito l'in
competenza per territorio del Tribunale di Milano, ritenendo
competente il Tribunale di Piacenza, luogo in cui essa aveva una
casa di abitazione, presso la quale il ricorso introduttivo era
stato notificato.
All'udienza del 12 gennaio 1998 il presidente del tribunale ha
adottato i provvedimenti temporanei e urgenti. Il tribunale, con sentenza del 14 luglio 1999, respinta l'ecce
zione d'incompetenza per territorio, ha dichiarato la litispen denza internazionale tra il giudizio pendente e il giudizio di di
vorzio previamente instaurato davanti al Tribunale di prima istanza di Bruxelles, sospendendo il processo e l'efficacia dei
provvedimenti provvisori assunti dal presidente. Per quanto ancora rileva in questa sede, il tribunale ha, innan
zi tutto, affermato che la fattispecie deve essere regolata dalle
norme di cui alla convenzione italo-belga del 6 aprile 1962, rati
ficata e resa esecutiva in Italia con 1. 2 marzo 1963 n. 596, la cui
vigenza, fatta salva dall'art. 55 della convenzione di Bruxelles
del 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con 1. n. 804
del 21 giugno 1971, trova conferma nel disposto dell'art. 2 1. n.
218 del 1995. Nella specie, ha inoltre rilevato il tribunale, sussi
stono tutti i requisiti che l'art. 14 di detta convenzione italo
belga richiede per ritenere sussistente la litispendenza interna
zionale. Infatti:
a) davanti al giudice belga pende, da epoca anteriore all'ini
zio della presente controversia, tra le stesse parti un giudizio avente il «medesimo oggetto», e cioè lo scioglimento del vin
colo matrimoniale, dovendosi la nozione di «oggetto» del giudi zio intendere in termini ampi (in relazione all'ampia materia del
riconoscimento ed esecuzione di decisioni giudiziarie civili e
commerciali, originariamente disciplinata con la convenzione) senza distinguere tra titolo e oggetto della domanda, a differen
za da quanto previsto dall'art. 7 1. n. 218 del 1995;
b) il giudice belga era competente sia ai sensi dell'art. 2, n. 7, della convenzione perché entrambe le parti, cittadini italiani, erano residenti in Belgio, sia ai sensi dell'art. 2, n. 3, perché il
Gasparini, non solo non aveva eccepito l'incompetenza del tri
bunale belga, ma aveva anzi chiesto a quel giudice il riconosci
mento della separazione personale pronunciata in Italia;
c) la decisione del giudice belga non era contraria all'ordine
pubblico e quindi avrebbe potuto essere riconosciuta in Italia, anche se lo scioglimento del matrimonio era stato richiesto per adulterio del marito, perché la dedotta violazione del dovere
matrimoniale aveva la funzione di confermare la dissoluzione
della comunione materiale e affettiva tra i coniugi, e, pertanto, vi era una sostanziale corrispondenza tra le cause dello sciogli
a dire che vertono sullo stesso rapporto contrattuale, e identità di og getto, che non è limitata all'identità formale delle domande e sussiste anche qualora con una di esse sia proposta una domanda accessoria, non mutando quest'ultima l'oggetto), id., 1994, I, 3193, con nota di C. Silvestri, Sul concetto di litispendenza nella convenzione di Bruxelles.
Tuttavia, per spunti parzialmente difformi, v. anche Cass., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5295, id., Rep. 1998, voce cit., n. 62 (che, con rife rimento alla convenzione italo-svizzera del 1933, esclude la litispen denza quanto alle cause tra loro solo connesse, ciò alla stregua di una
interpretazione dichiaratamente restrittiva dell'art. 14 disp. prel. c.c.), nonché 17 luglio 1997, n. 6562, ibid., voce Delibazione, n. 34 (che —
con riferimento all'ormai abrogato art. 797 c.p.c. — esclude ogni situa zione di litispendenza, o di pregiudizialità necessaria, tra il giudizio di delibazione e quello di merito fondato sul medesimo rapporto sul quale è intervenuta la pronunzia del giudice straniero; in particolare, interve nuta, all'estero, sentenza di divorzio e chiesta, successivamente, da uno dei coniugi in Italia pronuncia di cessazione degli effetti civili di quello stesso matrimonio, quest'ultimo giudizio non deve essere sospeso, sino alla definizione, con sentenza passata in cosa giudicata, di altro proce dimento — promosso dall'altro coniuge — avente ad oggetto la do manda di delibazione della sentenza straniera, atteso che i due proce dimenti hanno, in realtà, oggetto diverso, senza che uno si ponga, nei confronti dell'altro, in un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica che ne precluda la definizione fino al passaggio in giudicato).
IV. - In dottrina, sulla litispendenza internazionale o comunitaria, v. Ricci, Litispendenza, voce del Digesto civ., Torino, 1994, XI. 64; Di Blase, Litispendenza internazionale, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1995, XIX; Id., Connessione e litispendenza nella convenzione di Bruxelles, Padova, 1993; Onniboni, Litispendenza e connessione comunitarie (art. 21 e 22 della convenzione di Bruxelles del 1968) in un caso di cumulo oggettivo di cause per accessorietà
presso il giudice adito per secondo, in Giur. it., 1996, IV, 31.
Il Foro Italiano — 2003.
memo uei mauimomo pievisie uana legge ueiga c ua quena ita
liana nonché l'equivalenza dei risultati perseguiti dalle due le
gislazioni. Quanto ai provvedimenti temporanei e urgenti emessi in fase
presidenziale il tribunale ha ritenuto che il persistere dell'effi
cacia degli stessi contrasterebbe con le previsioni di cui agli art.
4 e 7 della convenzione.
Avverso la sentenza del Tribunale di Milano il Gasparini ha
proposto ricorso, espressamente qualificato come regolamento necessario di competenza.
Il procuratore generale ha chiesto che sia dichiarata la giuris dizione del giudice italiano.
Motivi della decisione. — 1. - Sia il ricorrente che il procu ratore generale si sono preliminarmente posti la questione della
qualificazione giuridica del provvedimento impugnato e, quindi, dell'ammissibilità del ricorso.
Il ricorrente ritiene che, in conformità con l'orientamento
espresso da queste sezioni unite con la sentenza n. 1514 del
1998 (Foro it., Rep. 1998, voce Giurisdizione civile, n. 59), av
verso il provvedimento che, accogliendo l'eccezione di litispen denza internazionale, dispone la sospensione del processo, sia
esperibile solo il regolamento necessario di competenza e, per tanto, ha in questi termini espressamente qualificato il ricorso
proposto. Il procuratore generale sostiene invece che la sentenza nei cui
confronti è stato proposto ricorso, «pur dichiarando di voler so
spendere il processo ha sostanzialmente declinato la giurisdi zione italiana» e pertanto sarebbe esperibile solo il regolamento di giurisdizione. Avendone tutti i requisiti, il ricorso dovrebbe
essere convertito, appunto, in regolamento di giurisdizione. Ora, premesso che al fine di accertare se la pronuncia di cui si
tratta sia soggetta a regolamento di competenza, a regolamento
preventivo di giurisdizione o ad impugnazione per motivi ine
renti alla giurisdizione, non ha rilievo la formula utilizzata nel
dispositivo, ma occorre stabilire, sulla base delle norme effetti
vamente applicabili, se si controverte sulla giurisdizione o sulla
competenza e se, indipendentemente dal nomen iuris il provve dimento rientri tra quelli impugnabili con ricorso per cassazio
ne, deve innanzi tutto escludersi l'ammissibilità dell'impugna zione proposta nei confronti della sospensione dell'efficacia dei
provvedimenti provvisori assunti all'udienza presidenziale del
12 gennaio 1998. Tale provvedimento, infatti, non è certamente
un provvedimento di sospensione del processo ai sensi dell'art.
295 c.p.c. e non risolve una questione di competenza (avendo solo affermato l'incompatibilità della vigenza dei provvedi menti interinali con la pendenza del giudizio belga), non af
fronta e risolve una questione di giurisdizione e, comunque, ha
natura di provvedimento provvisorio e interinale al pari di
quello la cui efficacia è stata sospesa. Per tale ragione non sono
esperibili nei confronti di tale provvedimento né il ricorso ordi
nario (neppure ai sensi dell'art. Ill Cost.) né il regolamento
preventivo di giurisdizione o il regolamento di competenza. Quanto all'impugnazione del provvedimento di sospensione
del procedimento, deve ritenersi corretta la tesi del ricorrente.
Contrariamente a quanto affermato con la sentenza n. 3885
del 1993 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 84), in fattispecie in cui si controverteva sull'applicabilità, con riferimento a un processo di separazione, della convenzione italo-belga del 6 aprile 1962
ovvero della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, la
prima convenzione continua ad applicarsi alle controversie sullo stato e la capacità delle persone, perché l'art. 56 della conven
zione di Bruxelles del 1968 ha espressamente escluso dall'ef
fetto abrogativo delle convenzioni anteriori la disciplina delle
materie alle quali la nuova convenzione non si applica, tra le
quali, ai sensi dell'art. 1, è espressamente compresa quella rela
tiva allo stato e alla capacità delle persone. D'altra parte, sulla vigenza della convenzione bilaterale del
1962 non ha neppure avuto effetto l'entrata in vigore della nuo
va disciplina di diritto internazionale privato, perché l'art. 2 1. n.
218 del 1995 ha fatto espressamente salva l'applicazione delle
convenzioni internazionali vigenti. Ora, l'art. 14 della predetta convenzione italo-belga del 1962
dispone che, quando una domanda avente lo stesso oggetto è
proposta tra le stesse parti davanti a un giudice di uno dei due
Stati, quello successivamente adito si «asterrà dal decidere» su tale domanda (la convenzione, redatta in doppio originale esclu sivamente in lingua francese, recita: «Les autorités judiciaires de chacun des deux Etats s'abstiendront, à la requète de l'une
des partes au procès, de statuer sur une demande . . .»).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
L'espressione letterale, specialmente se messa a confronto con
analoghe espressioni utilizzate per disciplinare lo stesso feno meno della litispendenza internazionale in altre convenzioni (si veda, ad esempio, l'art. 8 della convenzione italo-svizzera del 3
gennaio 1933, approvata con 1. 15 giugno 1933 n. 743, che di
spone testualmente: «les autorités judiciaires de l'un des deux Etats doivent, si l'une des parties le domande, se dessaissir
(letteralmente, 'disfarsi') des contestations portées devant elles
lorsque ces contestations sont déjà pendantes devant une juri diction de l'autre Etat...»), non si riferisce a una definitiva de
clinatoria di giurisdizione, come ritiene il procuratore generale, ma a un provvedimento temporaneo di «astensione» dal giudi zio, e, pertanto, nella sostanza, a un fenomeno di sospensione del processo, quale è quello previsto dall'art. 21 della conven
zione di Bruxelles del 1968 (nel testo modificato dall'art. 8 della convenzione di Donostian San Sebastian del 26 maggio 1989, resa esecutiva con 1. n. 339 del 1991).
D'altra parte, il provvedimento di cui si tratta è subordinato alla valutazione prognostica dell'idoneità del provvedimento che sarà adottato dal giudice dell'altro Stato ad essere ricono sciuto ai sensi della convenzione e pertanto mal si concilierebbe con questa valutazione «allo stato» un provvedimento di defini
tiva declinatoria di giurisdizione. Ne deriva che deve nella specie farsi applicazione dell'orien
tamento (di cui alle sentenze di queste sezioni unite del 13 feb braio 1998, n. 1514, cit.; 28 aprile 1999, n. 274/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 90, e 29 gennaio 2001, n. 37/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 75) che ha affermato che l'accertamento di
una situazione di litispendenza internazionale non configura una
questione di giurisdizione e non può quindi costituire oggetto di
regolamento di giurisdizione, concretando piuttosto un'ipotesi di sospensione necessaria del processo, da aggiungersi a quelle di cui all'art. 295 c.p.c., e risultando pertanto esperibile, contro il relativo provvedimento, il regolamento necessario di compe tenza ex art. 42 c.p.c. novellato. Si è infatti osservato che il giu dice italiano, prima di pronunciare sulla propria giurisdizione, in presenza di domande proposte dinanzi al giudice di un altro
Stato contraente, deve innanzi tutto accertare se sussista l'ecce
pita litispendenza, e, in caso affermativo, dopo aver riscontrato
che il giudice preventivamente adito è quello dell'altro Stato
contraente, deve sospendere il procedimento in attesa che la
competenza dell'altro giudice sia stata accertata con sentenza
definitiva; solo dopo tale accertamento il giudice prevenuto può e deve dichiarare la propria «incompetenza» in favore di quello adito in prevenzione.
2. - II ricorso, pur ammissibile come regolamento di compe tenza, è infondato.
L'art. 14 della convenzione italo-belga del 1962 prevede
l'obbligo dell'autorità giudiziaria di uno degli Stati contraenti di
astenersi dal decidere in presenza di tre condizioni: a) l'identità delle parti e dell'oggetto della domanda; b) la competenza del
giudice preventivamente adito, ai sensi dell'art. 2 della stessa
convenzione; c) la possibilità che la decisione emessa dal giudi ce preventivamente adito possa essere riconosciuta nell'altro
Stato.
Stante l'evidente identità dei soggetti, la prima questione che
si pone è quella di accertare se la domanda proposta preventi vamente dalla Lazo Orè Violeta Haydee davanti al giudice belga abbia o non «lo stesso oggetto» di quella proposta nel presente procedimento dal Gasparini.
Il ricorrente nega che vi sia identità di oggetto, interpretando la norma convenzionale nel senso che la nozione di «oggetto della domanda» rinvia ai concetti di petitum e causa petendì o
titolo, con la conseguenza che nella specie non potrebbe parlarsi dì identità di oggetto perché, pur essendo richiesta in entrambi i
giudizi una pronuncia di divorzio, la causa petendi della do
manda davanti al giudice belga è costituita dalla infedeltà, men
tre quella della domanda davanti al giudice italiano consiste
nella separazione ininterrotta per un triennio.
A sostegno dell'interpretazione proposta il ricorrente richia
ma l'orientamento espresso dalla sentenza di questa corte
2718/95 (id.. Rep. 1995, voce Delibazione, n. 13), e altre. La tesi del ricorrente non può essere condivisa.
Le pronunce richiamate non sono rilevanti perché non con
tengono una particolare interpretazione della nozione di titolo
della domanda (utilizzato dall'art. 12 della convenzione italo
austriaca del 16 novembre 1971, resa esecutiva con 1. n. 71 del
1974, oggetto dei giudizi nei quali dette sentenze sono state
pronunciate), ma si limitano ad affermare il principio che la si
II Foro Italiano — 2003 — Parte 1-30.
tuazione processuale che impedisce la dichiarazione di efficacia della sentenza straniera è rappresentata solo dalla litispendenza, intesa come identità di soggetti, oggetto e titolo, di un giudizio italiano instaurato prima del passaggio in giudicato della sen tenza straniera, non essendo invece sufficiente la pendenza in Italia di causa connessa o in rapporto di continenza con quella straniera.
Vero è, peraltro, che l'argomento letterale utilizzato dal giu dice del merito, consistente nel fatto che l'art. 14 della conven zione italo-belga parla di identità di oggetto, mentre l'art. 7 1. n. 218 del 1995 fa riferimento all'identità di oggetto e di titolo, non è di per sé solo decisivo, non potendo in linea teorica esclu dersi l'ammissibilità, nell'ambito dell'oggetto della domanda, che debbano essere utilizzate le nozioni di petitum e di causa
petendi. Risolutivo, appare, piuttosto, il richiamo all'orientamento in
terpretativo formatosi con riferimento all'art. 21 della conven zione di Bruxelles del 27 settembre 1968, che richiede, ai fini
dell'identificazione della nozione di litispendenza internazio
nale, identità del titolo e dell'oggetto delle domande. Ora, come è noto, la disposizione di cui si tratta è stata interpretata dalla
Corte di giustizia delle Comunità europee, con la sentenza 8 di
cembre 1987, causa 144/86 (id., 1988, IV, 341), nel senso che sono fondate sul medesimo titolo le domande che riguardano «lo stesso rapporto giuridico». Nozione indubbiamente più am
pia di quella propria del nostro ordinamento, che identifica il «titolo» con il «fatto costitutivo», ma tale ampliamento è stato
giustificato dalla Corte europea con il richiamo alla finalità
della convenzione «la quale intende potenziare in tutto lo spazio giuridico della Comunità la tutela giuridica delle persone resi
denti sul territorio di questa e facilitare il riconoscimento, in
ogni Stato contraente, delle decisioni giudiziarie rese in qualun
que altro Stato contraente».
L'interpretazione seguita dalla Corte europea è stata recepita nella giurisprudenza di queste sezioni unite con la sentenza n.
11262 del 1992 (id., 1994, I, 1545) alla quale, per brevità, può farsi rinvio.
Anche quindi a condividere la tesi secondo cui l'art. 14 della convenzione italo-belga, al di là dell'espressa formulazione che
si riferisce alla sola identità di oggetto, richiederebbe in realtà
anche l'identità di titolo, non v'è ragione di discostarsi dall'o
rientamento seguito nell'interpretazione dell'art. 21 della con venzione di Bruxelles del 1968 (che invece espressamente ri
chiede quest'ultimo requisito), essendo certamente comune an
che alla convenzione bilaterale la finalità di facilitare il ricono
scimento delle decisioni rese negli Stati contraenti, che giustifi ca l'ampliamento della nozione di «titolo» della domanda ri
spetto alla nozione propria del diritto interno.
Ne deriva che, poiché la domanda di divorzio proposta da
vanti al giudice belga attiene allo stesso rapporto giuridico ma trimoniale rispetto al quale è stata presentata domanda di divor zio al giudice italiano, le due domande hanno non solo il mede
simo oggetto, ma anche lo stesso titolo.
3. - La seconda condizione richiesta dall'art. 14 della conven
zione italo-belga del 1962 per far sorgere l'obbligo di astensio
ne del giudice successivamente adito è che il primo giudice si
debba ritenere competente ai sensi dell'art. 2 della stessa con venzione.
Il tribunale ha affermato che nella specie tale competenza sussiste alla stregua sia del punto 7 che del punto 3 del citato
art. 2, i quali, rispettivamente, prevedono che sia competente il
giudice dello Stato in cui è stata resa la decisione: a) «lorsqu'il
s'agit d'une contestation en matière d'état, de capacité ou de
droit de famille de ressortissants de l'Etat dans lequel la déci
sion a été rendue» e b) «lorsque le défendeur a présenté des
moyens de défense au fond sans décliner la compétence des
autorités judiciaires de l'Etat ou la décision a été rendue».
Sussisterebbe il primo titolo di competenza perché entrambe
le parti pur essendo cittadini italiani sono residenti in Belgio; sussisterebbe il secondo titolo perché, secondo l'assunto della
Oré, non contestato dal Gasparini, questi non avrebbe sollevato
davanti al tribunale belga eccezione d'incompetenza, avendo al
contrario richiesto a quel tribunale il riconoscimento del prov vedimento di separazione.
Il ricorrente censura entrambe le affermazioni. La prima af
fermazione sarebbe fondata su un'erronea interpretazione del
l'art. 2, punto 7, della convenzione.
L'assunto del Tribunale di Milano circa il fatto che la prima causa sia stata instaurata davanti ad un giudice competente si
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PARTE PRIMA 1556
fonderebbe su un errore di diritto, in quanto il termine «ressor
tissant» non indica il «residente», ma il «cittadino», con la con
seguenza che competente a pronunciare il divorzio tra le parti sarebbe il giudice del paese di cui esse sono cittadine e non
quello dello Stato in cui entrambe risiedono.
Inoltre, non sarebbe pacifica la circostanza della mancata
proposizione davanti al giudice belga di un'eccezione d'incom
petenza internazionale a conoscere della domanda di divorzio, essendo stata tale circostanza dedotta la prima volta con la com
parsa di replica, quando non era più possibile alcuna contesta
zione da parte del Gasparini. Comunque, non sarebbe stata al
trimenti raggiunta in giudizio la prova di tale circostanza. Infi
ne, la proposizione davanti al giudice belga, certamente com
petente in merito, della domanda riconvenzionale di dichiara
zione di efficacia del provvedimento di omologazione della se
parazione consensuale non implicherebbe necessariamente ri
nuncia all'eccezione d'incompetenza internazionale.
Pur essendo fondato il rilievo del ricorrente secondo cui l'art.
2, n. 7, della convenzione italo-belga del 1962, relativamente alle cause di stato, di capacità o di diritto di famiglia, non pre vede la competenza dello Stato di residenza ma di quello di cui le parti siano «ressortissants» (tale dovendo considerarsi secon
do la lingua francese, in cui è redatta la convenzione, «personne
protégée par les représentants diplomatiques ou consulaires
d'un pays donné, lorsq'elle réside dans un autre pays»), nel sen
so che la competenza spetta allo Stato del quale le parti siano
cittadine, anche se residenti all'estero, purché di tale Stato pos sano invocare e godere della protezione diplomatica o consola
re, deve ritenersi che, comunque, correttamente il tribunale ha
affermato che nella specie sussiste il criterio di cui all'art. 2, n.
3.
Il ricorrente non nega infatti, neppure in questa sede, di non avere sollevato davanti al giudice belga eccezione d'incompe tenza internazionale rispetto alla domanda di divorzio, ma si li
mita a contestare che tale circostanza possa ritenersi pacifica o,
comunque, provata. In realtà, dagli atti relativi al giudizio da vanti all'autorità giudiziaria belga (ordinanza di référé del 10
maggio 1995, atto d'appello avverso detta ordinanza, ricorso
per cassazione), che ben possono essere valutati anche da questa corte, per la natura processuale della questione, risulta che il
Gasparini ha sollevato questione di competenza internazionale solo in ordine alla richiesta di provvedimenti urgenti relativi alla custodia del figlio minore, agli alimenti per la moglie e per i fi
gli e alla separazione dei domicili dei coniugi, ma non anche relativamente alla domanda di divorzio. Risulta anche che il Ga
sparini ha proposto domanda riconvenzionale di delibazione della separazione consensuale, e tale circostanza, unita alla mancata contestazione della competenza del giudice belga sulla domanda di divorzio, comporta una sostanziale accettazione del contraddittorio nel merito di detta domanda.
4. - Il ricorrente, infine, contesta l'affermazione del giudice del merito secondo cui la pronuncia di divorzio del giudice bel
ga potrebbe essere riconosciuta in Italia, perché non contraria all'ordine pubblico.
Afferma il ricorrente che nell'accertamento dell'adulterio non
può considerarsi compreso quello della rottura definitiva del vincolo matrimoniale, la quale postula invece l'accertamento di altre più durature e stabili circostanze, onde l'adulterio medesi mo non sarebbe qualificabile come fatto ulteriore rispetto alla cessazione definitiva della comunione tra i coniugi, rispetto alla
quale costituisce piuttosto un minus, ovvero un mero elemento sintomatico di una crisi coniugale capace di fondare, al più, una
pronuncia di addebitabilità della separazione. La pronuncia straniera di divorzio per adulterio, in quanto
non presuppone l'accertamento della definitiva rottura del vin colo matrimoniale, ma solo il verificarsi di una circostanza con
tingente e temporanea, non potrebbe essere dichiarata efficace in Italia se non escludendo che la stabilità del vincolo matrimo niale sia tra i principi fondamentali del nostro ordinamento.
Peraltro, poiché la separazione personale elimina l'obbligo di
fedeltà, non sarebbe possibile, secondo la nostra legge un divor zio per adulterio consumato successivamente alla separazione.
Ulteriore motivo di contrarietà all'ordine pubblico sarebbe
rappresentato dal fatto che la pronuncia belga si baserebbe sulla
prova dell'adulterio formata in modo illecito, perché contrario ai diritti fondamentali dell'inviolabilità del domicilio della pro pria vita privata (art. 8 della convenzione europea sui diritti del
II Foro Italiano — 2003.
l'uomo e le libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre
1950). Infatti tale prova sarebbe stata acquisita mediante l'ac cesso di un ufficiale giudiziario, scortato da agenti di polizia,
presso l'abitazione del ricorrente.
Anche questa tesi del ricorrente non può essere condivisa.
Non vengono contestati, infatti, i principi giuridici che il tri bunale ha posto a base della propria decisione (principi consi
stenti nell'affermazione che non contrasta con l'ordine pubblico interno la sentenza straniera di divorzio fra cittadini italiani pro nunciata in applicazione di una disciplina non coincidente con
quella interna, ma che, comunque, a tale disciplina sia sostan
zialmente analoga, nel senso che presupponga l'accertamento di
cause obiettive e predeterminate della rottura del vincolo ma
trimoniale), ma l'applicazione che dei principi stessi è stata fat
ta, affermandosi che l'accertamento dell'adulterio non sarebbe
equivalente all'accertamento dell'irreversibile rottura del vin
colo matrimoniale.
In realtà il provvedimento impugnato, in applicazione dell'in
segnamento contenuto nella sentenza n. 6975 del 1997, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 28 (la quale ha affermato il principio che non sussiste contrasto con l'ordine pubblico quando il giudice, ba sandosi sul contenuto complessivo della sentenza, abbia accer tato che il divorzio per colpa di entrambi i coniugi sia stato pro nunziato in base alla rilevazione dell'avvenuta dissoluzione del
vincolo coniugale), che lo stesso ricorrente ha richiamato, non
contiene affatto l'affermazione apodittica dell'astratta equiva lenza dell'accertamento dell'adulterio e di quello della definiti va dissoluzione del vincolo, perché, dopo aver premesso che i
coniugi sono consensualmente separati dal 1994, ha rilevato che «il giudice straniero, attraverso l'accertamento di una causa de
terminata, quale l'adulterio, ... è chiamato ad accertare, su do manda della moglie, la mancanza di volontà di proseguire l'u nione matrimoniale, attraverso l'accertamento di una circostan za ulteriore, la colpa di un coniuge, che non fa altro che confer mare l'ormai totale distacco affettivo e materiale tra i coniugi, risolvendosi in una constatazione di insanabile frattura».
Su analoghe considerazioni, peraltro, si fonda il consolidato orientamento di questa corte che ammette la dichiarazione di ef ficacia in Italia delle sentenze straniere di divorzio per mutuo consenso (anche se seguite a un breve periodo di separazione, di un anno: v. sent. 6973/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 21), per ché anche nel nostro ordinamento la volontà dei coniugi assume
essenziale rilevanza per l'accertamento del venir meno della
comunione spirituale e di vita tra i coniugi, specie dopo l'intro duzione del divorzio su istanza congiunta (oltre alla citata sent.
6973/95, v. anche le sentenze 11045/91, id., Rep. 1993, voce
Matrimonio, n. 216; 490/91, id.. Rep. 1991, voce Delibazione, n. 19; 4104/91, id., 1991, I, 2397; 4235/91, ibid., 2396; 9627/90, ibid., 2397; 5074/89, id., Rep. 1990, voce cit., n. 18; 4769/89, id., Rep. 1989, voce Matrimonio, n. 184; 1539/83, id., Rep. 1985, voce Delibazione, n. 22).
Quanto, infine, alla circostanza che la sentenza belga di di vorzio per adulterio si baserebbe su una prova assunta in viola zione dei diritti fondamentali, è sufficiente osservare che tale violazione è esclusa proprio dall'art. 8 della convenzione di Roma del 4 novembre 1950, resa esecutiva con la 1. n. 848 del
1955, richiamato dal ricorrente, in quanto la norma consente li mitazioni del diritto alla vita privata e familiare e del domicilio,
purché previste da norma di legge e quando ciò sia necessario
per la protezione, tra l'altro, della morale e dei diritti altrui.
Infatti, secondo l'impostazione del ricorrente, non si tratta di vedere se la prova dell'adulterio possa ritenersi legittimamente acquisita secondo il nostro ordinamento (che non solo non pre vede sanzioni penali dell'adulterio, ma ritiene anche non esigi bile l'osservanza del dovere di fedeltà fra coniugi separati) ma di accertare se le modalità di acquisizione della prova contrasti no con i diritti fondamentali. Ora, nel caso di specie, come
espone il ricorrente, l'accesso dell'ufficiale giudiziario nel do micilio del Gasparini venne autorizzato dall'autorità giudiziaria belga, evidentemente sulla base di una norma di legge che lo
prevede, e non può negarsi che l'utilizzazione fosse necessaria
per acquisire la prova dell'adulterio, previsto dalla legislazione belga come causa di divorzio, proprio perché la tutela della vita
privata e del domicilio non renderebbe lecito, in una società
democratica, intrusioni da parte di soggetti privati e al di fuori di una precisa predeterminazione legale.
Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.
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