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sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M. Raimondi...

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sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M. Raimondi (concl. diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Tavormina) c. Lazo Orè. Regolamento necessario di competenza avverso Trib. Milano 14 luglio 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1549/1550-1555/1556 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198597 . Accessed: 25/06/2014 05:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Wed, 25 Jun 2014 05:43:50 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M. Raimondi (concl. diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Tavormina) c. Lazo Orè. Regolamento

sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M.Raimondi (concl. diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Tavormina) c. Lazo Orè. Regolamentonecessario di competenza avverso Trib. Milano 14 luglio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 5 (MAGGIO 2003), pp. 1549/1550-1555/1556Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198597 .

Accessed: 25/06/2014 05:43

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— prevedendo la responsabilità «in proprio» dei liquidatori per

il pagamento delle imposte dovute «per il periodo della liquida zione e per quelli anteriori», nonché uno specifico procedimento inteso a farla valere (art. 36, 5° comma) — attesta, appunto, la

predetta ratio legis\ — che. dunque, la concorrenza, al momento della formazione

del ruolo straordinario, dei due predetti elementi — iscrizione di

ipoteca legale sui beni di società assoggettata ad Irpeg, che si trovi in fase di liquidazione —

integra il requisito del «fondato

pericolo per la riscossione», imposto dall'art. 11,5° comma, ai fini del giudizio di legittimità della formazione del ruolo stesso;

— che, infine, il terzo motivo di ricorso deve essere dichia rato inammissibile per carenza di interesse a proporlo: infatti —

posto che la pronuncia di compensazione integrale delle spese del giudizio d'appello (art. 15, 1° comma, d.leg. n. 546 del 1992 e 92, 2° comma, c.p.c.) è intervenuta in ipotesi di totale soc combenza della società ricorrente; e che, in materia, vige il ge nerale ed inderogabile principio, espresso dall'art. 91, 1° com

ma, c.p.c., del divieto, per il giudice, di porre unicamente a cari co della parte totalmente vittoriosa il carico delle spese

— è del tutto evidente che la società ricorrente non ha alcun interesse attuale e concreto all'impugnazione della relativa statuizione dei giudici d'appello, in quanto qualsiasi modificazione della stessa non potrebbe che risolversi a suo svantaggio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rei. Salmè, P.M. Raimondi (conci, diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Ta

vormina) c. Lazo Orè. Regolamento necessario di competen za avverso Trib. Milano 14 luglio 1999.

Competenza civile — Regolamento necessario di competen

za — Sospensione per litispendenza internazionale — Im

pugnabilità (Cod. proc. civ., art. 42, 295; 1. 2 marzo 1963 n. 596, ratifica ed esecuzione della convenzione tra l'Italia e il

Belgio sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giu diziarie e degli altri titoli esecutivi in materia civile e com

merciale, conclusa in Roma il 6 aprile 1962: convenzione, art.

2, 14; 1. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzione della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e

protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968: conven

zione, art. 21).

E impugnabile con regolamento necessario di competenza il

provvedimento di sospensione del giudizio di divorzio, propo sto in Italia decorsi tre anni di separazione legale, adottato dal giudice italiano per litispendenza determinatasi, ai sensi dell'art. 14 della convenzione italo-belga del 1962, con la domanda di divorzio per infedeltà proposta in Belgio. ( 1 )

(1) I. - La sentenza in rassegna afferma la perdurante vigenza della convenzione italo-belga del 6 aprile 1962 ratificata con 1. 2 marzo 1963 n. 596, in quanto non abrogata dalla successiva convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione del 27 settembre 1968, ratificata con 1. 21

giugno 1971 n. 804 (né dalla 1. 31 maggio 1995 n. 218, riforma del si stema italiano di diritto internazionale privato), discostandosi così

espressamente da Cass., sez. un., 1° aprile 1993. n. 3885, Foro it.. Rep. 1993, voce Giurisdizione civile, n. 66 (secondo cui la pendenza davanti ad un giudice belga della causa di divorzio fra cittadini italiani non esclude la giurisdizione italiana sulla causa di separazione personale fra i medesimi coniugi, non trovando applicazione in materia di stato e ca

pacità delle persone la convenzione di Bruxelles, che però avrebbe

abrogato quella bilaterale cit.). Ancora sulla inapplicabilità, in materia di stato e capacità delle per

sone, della convenzione di Bruxelles, v. Cass., sez. un., 20 ottobre

1995, n. 10935, id., Rep. 1996, voce cit., n. 39. II. - La corte ha ricondotto alla sospensione necessaria del processo,

di cui all'art. 295 c.p.c., il provvedimento previsto dall'art. 14 della convenzione italo-belga, secondo cui quando una domanda con lo stes so oggetto è proposta tra le stesse parti davanti ad un giudice di uno dei due Stati, quello successivamente adito si asterrà dal decidere. Ciò non

Il Foro Italiano — 2003.

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 28 agosto 1997 Emilio Gasparini ha chiesto al Tribunale di Milano che venisse

pronunciata in applicazione dell'art. 3, n. 2,1. n. 898 del 1970 la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato il 20

aprile 1974 con Lazo Orè Violeta Haydee, cittadina italiana e

peruviana. La convenuta, premesso di avere iniziato nell'aprile 1995

presso il Tribunale di Bruxelles, luogo dove entrambi i coniugi erano residenti, giudizio di divorzio per causa determinata

(adulterio), ha eccepito pregiudizialmente la litispendenza tra il

difformemente da quanto previsto dall'art. 21 della convenzione di Bruxelles e dall'art. 7 1. 218/95.

Da qui allora l'esperibilìtà — avverso tale provvedimento — non del

regolamento di giurisdizione ma di quello necessario di competenza, ex art. 42 c.p.c.

In termini, v. Cass., sez. un., 29 gennaio 2001, n. 37/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 75, e, per esteso, Giur. it., 2001, 1603, con nota di Canale (secondo cui il regolamento di giurisdizione proposto avverso il provvedimento che abbia disatteso l'istanza di sospensione per litis

pendenza internazionale non può essere convertito in regolamento di

competenza); 28 aprile 1999, n. 274/SU, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 90; 13 febbraio 1998, n. 1514, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 59, e, per esteso, Corriere giur., 1998, 1194, con nota di Consolo (quest'ultima pronunciata con riferimento all'art. 21 della convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla 1. 10 feb braio 1992 n. 198, peraltro di contenuto analogo all'art. 21 della con venzione di Bruxelles), tutte richiamate dalla sentenza in epigrafe.

Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 11 dicembre 1997, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 93, secondo cui ai sensi dell'art. 7, 3° comma, 1. 218/95 il giudice nazionale ha la facoltà di disporre la so

spensione del giudizio per pregiudiziale internazionale, allorché la de finizione della controversia di fronte ad esso pendente si riveli dipen dente da quella della causa in atto pendente di fronte al giudice stranie ro, che viene a costituirne l'antecedente logico necessario, mentre una

prognosi condotta, in termini inevitabilmente probabilistici e pruden ziali, sulla scorta dei parametri di cui all'art. 64 I. 218/95 induce a non escludere che il definitivo provvedimento della pregiudicante causa straniera possa produrre effetti nell'ordinamento italiano.

Si veda però Cass. 15 dicembre 2000, n. 15843, id.. Rep. 2000, voce cit., n. 175, per la quale il provvedimento che nega la sospensione del

procedimento, richiesta per eccepita pendenza dinanzi ad un giudice straniero della medesima causa (c.d. litispendenza internazionale), ai sensi dell'art. 7 1. 31 maggio 1995 n. 218, non è impugnabile con istan za di regolamento di competenza, per le medesime ragioni per le quali non è ammissibile l'impugnazione avverso il diniego di sospensione della causa ai sensi dell'art. 295 c.p.c., e cioè perché l'art. 42 c.p.c. non consente un'interpretazione estensiva, né analogica, essendo norma ec cezionale, e perché soltanto il provvedimento che sospende il processo incidendo sul diritto delle parti alla decisione, giustifica la deroga al

principio della non impugnabilità dei provvedimenti ordinatori, sepa ratamente ed anticipatamente dalla sentenza, con l'ulteriore conseguen za che invece il provvedimento che nega la sospensione nel processo non viola gli art. 3 e 24 Cost.

Cfr., anche, Cass., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5290, id., Rep. 1998, voce cit., n. 47 (per esteso, Giur. it., 1999, 959) secondo cui l'accerta mento di una situazione di litispendenza internazionale, prevista dalla convenzione bilaterale italo-svizzera, configura una questione di giuris dizione e può essere posto ad oggetto di regolamento di giurisdizione.

III. - Quanto al concetto d'identità dell'oggetto della domanda, di cui all'art. 14 della convenzione italo-belga, la corte richiama l'interpreta zione più favorevole all'affermazione della litispendenza, data dalla

giurisprudenza comunitaria e da quella interna all'art. 21 della conven zione di Bruxelles, che pure richiede l'identità di titolo ed oggetto della domanda.

Così — al dichiarato fine di facilitare il riconoscimento di ogni Stato contraente delle decisioni giudiziarie — si è affermato che il concetto di litispendenza, di cui all'art. 21 cit., autonomo rispetto agli ordina menti giuridici nazionali, non richiede la piena identità di domande, ma si verifica quando due controversie tra le medesime parti riguardino pretese, ancorché formalmente diverse e reciprocamente avanzate, che derivino dallo stesso rapporto giuridico.

In tal senso, v. Corte giust. 8 dicembre 1987, causa 144/86, Foro it., 1988, IV, 341 (che ha riconosciuto la litispendenza internazionale nel caso in cui una parte presenti ad un giudice di uno Stato contraente una domanda volta all'annullamento o alla risoluzione di un contratto di vendita internazionale mentre una domanda dell'altra parte volta al l'esecuzione del medesimo contratto è pendente dinanzi ad un giudice di altro Stato contraente), richiamata dalla sentenza in rassegna.

Nella giurisprudenza italiana tale lettura dell'art. 21 trova riscontro in Cass., sez. un., 19 giugno 2000, n. 448/SU, id., 2001, I, 527, cui ad de sez. un. 25 maggio 1999. n. 293/SU, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 91. Particolare rilievo hanno Cass., sez. un.. 28 aprile 1993, n. 4992, e 15 ottobre 1992, n. 11262 (quest'ultima, richiamata dalla sentenza in ras

segna, afferma che si ha litispendenza quando tra due domande propo ste dinanzi a giudici di diversi Stati contraenti c'è identità di titolo, vale

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PARTE PRIMA

proceumieiiio instauralo uai maino m nana e queno aiuenoi

mente promosso in Belgio, chiedendo la sospensione del primo sino all'esito del secondo. La convenuta ha anche eccepito l'in

competenza per territorio del Tribunale di Milano, ritenendo

competente il Tribunale di Piacenza, luogo in cui essa aveva una

casa di abitazione, presso la quale il ricorso introduttivo era

stato notificato.

All'udienza del 12 gennaio 1998 il presidente del tribunale ha

adottato i provvedimenti temporanei e urgenti. Il tribunale, con sentenza del 14 luglio 1999, respinta l'ecce

zione d'incompetenza per territorio, ha dichiarato la litispen denza internazionale tra il giudizio pendente e il giudizio di di

vorzio previamente instaurato davanti al Tribunale di prima istanza di Bruxelles, sospendendo il processo e l'efficacia dei

provvedimenti provvisori assunti dal presidente. Per quanto ancora rileva in questa sede, il tribunale ha, innan

zi tutto, affermato che la fattispecie deve essere regolata dalle

norme di cui alla convenzione italo-belga del 6 aprile 1962, rati

ficata e resa esecutiva in Italia con 1. 2 marzo 1963 n. 596, la cui

vigenza, fatta salva dall'art. 55 della convenzione di Bruxelles

del 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con 1. n. 804

del 21 giugno 1971, trova conferma nel disposto dell'art. 2 1. n.

218 del 1995. Nella specie, ha inoltre rilevato il tribunale, sussi

stono tutti i requisiti che l'art. 14 di detta convenzione italo

belga richiede per ritenere sussistente la litispendenza interna

zionale. Infatti:

a) davanti al giudice belga pende, da epoca anteriore all'ini

zio della presente controversia, tra le stesse parti un giudizio avente il «medesimo oggetto», e cioè lo scioglimento del vin

colo matrimoniale, dovendosi la nozione di «oggetto» del giudi zio intendere in termini ampi (in relazione all'ampia materia del

riconoscimento ed esecuzione di decisioni giudiziarie civili e

commerciali, originariamente disciplinata con la convenzione) senza distinguere tra titolo e oggetto della domanda, a differen

za da quanto previsto dall'art. 7 1. n. 218 del 1995;

b) il giudice belga era competente sia ai sensi dell'art. 2, n. 7, della convenzione perché entrambe le parti, cittadini italiani, erano residenti in Belgio, sia ai sensi dell'art. 2, n. 3, perché il

Gasparini, non solo non aveva eccepito l'incompetenza del tri

bunale belga, ma aveva anzi chiesto a quel giudice il riconosci

mento della separazione personale pronunciata in Italia;

c) la decisione del giudice belga non era contraria all'ordine

pubblico e quindi avrebbe potuto essere riconosciuta in Italia, anche se lo scioglimento del matrimonio era stato richiesto per adulterio del marito, perché la dedotta violazione del dovere

matrimoniale aveva la funzione di confermare la dissoluzione

della comunione materiale e affettiva tra i coniugi, e, pertanto, vi era una sostanziale corrispondenza tra le cause dello sciogli

a dire che vertono sullo stesso rapporto contrattuale, e identità di og getto, che non è limitata all'identità formale delle domande e sussiste anche qualora con una di esse sia proposta una domanda accessoria, non mutando quest'ultima l'oggetto), id., 1994, I, 3193, con nota di C. Silvestri, Sul concetto di litispendenza nella convenzione di Bruxelles.

Tuttavia, per spunti parzialmente difformi, v. anche Cass., sez. un., 28 maggio 1998, n. 5295, id., Rep. 1998, voce cit., n. 62 (che, con rife rimento alla convenzione italo-svizzera del 1933, esclude la litispen denza quanto alle cause tra loro solo connesse, ciò alla stregua di una

interpretazione dichiaratamente restrittiva dell'art. 14 disp. prel. c.c.), nonché 17 luglio 1997, n. 6562, ibid., voce Delibazione, n. 34 (che —

con riferimento all'ormai abrogato art. 797 c.p.c. — esclude ogni situa zione di litispendenza, o di pregiudizialità necessaria, tra il giudizio di delibazione e quello di merito fondato sul medesimo rapporto sul quale è intervenuta la pronunzia del giudice straniero; in particolare, interve nuta, all'estero, sentenza di divorzio e chiesta, successivamente, da uno dei coniugi in Italia pronuncia di cessazione degli effetti civili di quello stesso matrimonio, quest'ultimo giudizio non deve essere sospeso, sino alla definizione, con sentenza passata in cosa giudicata, di altro proce dimento — promosso dall'altro coniuge — avente ad oggetto la do manda di delibazione della sentenza straniera, atteso che i due proce dimenti hanno, in realtà, oggetto diverso, senza che uno si ponga, nei confronti dell'altro, in un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica che ne precluda la definizione fino al passaggio in giudicato).

IV. - In dottrina, sulla litispendenza internazionale o comunitaria, v. Ricci, Litispendenza, voce del Digesto civ., Torino, 1994, XI. 64; Di Blase, Litispendenza internazionale, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1995, XIX; Id., Connessione e litispendenza nella convenzione di Bruxelles, Padova, 1993; Onniboni, Litispendenza e connessione comunitarie (art. 21 e 22 della convenzione di Bruxelles del 1968) in un caso di cumulo oggettivo di cause per accessorietà

presso il giudice adito per secondo, in Giur. it., 1996, IV, 31.

Il Foro Italiano — 2003.

memo uei mauimomo pievisie uana legge ueiga c ua quena ita

liana nonché l'equivalenza dei risultati perseguiti dalle due le

gislazioni. Quanto ai provvedimenti temporanei e urgenti emessi in fase

presidenziale il tribunale ha ritenuto che il persistere dell'effi

cacia degli stessi contrasterebbe con le previsioni di cui agli art.

4 e 7 della convenzione.

Avverso la sentenza del Tribunale di Milano il Gasparini ha

proposto ricorso, espressamente qualificato come regolamento necessario di competenza.

Il procuratore generale ha chiesto che sia dichiarata la giuris dizione del giudice italiano.

Motivi della decisione. — 1. - Sia il ricorrente che il procu ratore generale si sono preliminarmente posti la questione della

qualificazione giuridica del provvedimento impugnato e, quindi, dell'ammissibilità del ricorso.

Il ricorrente ritiene che, in conformità con l'orientamento

espresso da queste sezioni unite con la sentenza n. 1514 del

1998 (Foro it., Rep. 1998, voce Giurisdizione civile, n. 59), av

verso il provvedimento che, accogliendo l'eccezione di litispen denza internazionale, dispone la sospensione del processo, sia

esperibile solo il regolamento necessario di competenza e, per tanto, ha in questi termini espressamente qualificato il ricorso

proposto. Il procuratore generale sostiene invece che la sentenza nei cui

confronti è stato proposto ricorso, «pur dichiarando di voler so

spendere il processo ha sostanzialmente declinato la giurisdi zione italiana» e pertanto sarebbe esperibile solo il regolamento di giurisdizione. Avendone tutti i requisiti, il ricorso dovrebbe

essere convertito, appunto, in regolamento di giurisdizione. Ora, premesso che al fine di accertare se la pronuncia di cui si

tratta sia soggetta a regolamento di competenza, a regolamento

preventivo di giurisdizione o ad impugnazione per motivi ine

renti alla giurisdizione, non ha rilievo la formula utilizzata nel

dispositivo, ma occorre stabilire, sulla base delle norme effetti

vamente applicabili, se si controverte sulla giurisdizione o sulla

competenza e se, indipendentemente dal nomen iuris il provve dimento rientri tra quelli impugnabili con ricorso per cassazio

ne, deve innanzi tutto escludersi l'ammissibilità dell'impugna zione proposta nei confronti della sospensione dell'efficacia dei

provvedimenti provvisori assunti all'udienza presidenziale del

12 gennaio 1998. Tale provvedimento, infatti, non è certamente

un provvedimento di sospensione del processo ai sensi dell'art.

295 c.p.c. e non risolve una questione di competenza (avendo solo affermato l'incompatibilità della vigenza dei provvedi menti interinali con la pendenza del giudizio belga), non af

fronta e risolve una questione di giurisdizione e, comunque, ha

natura di provvedimento provvisorio e interinale al pari di

quello la cui efficacia è stata sospesa. Per tale ragione non sono

esperibili nei confronti di tale provvedimento né il ricorso ordi

nario (neppure ai sensi dell'art. Ill Cost.) né il regolamento

preventivo di giurisdizione o il regolamento di competenza. Quanto all'impugnazione del provvedimento di sospensione

del procedimento, deve ritenersi corretta la tesi del ricorrente.

Contrariamente a quanto affermato con la sentenza n. 3885

del 1993 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 84), in fattispecie in cui si controverteva sull'applicabilità, con riferimento a un processo di separazione, della convenzione italo-belga del 6 aprile 1962

ovvero della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, la

prima convenzione continua ad applicarsi alle controversie sullo stato e la capacità delle persone, perché l'art. 56 della conven

zione di Bruxelles del 1968 ha espressamente escluso dall'ef

fetto abrogativo delle convenzioni anteriori la disciplina delle

materie alle quali la nuova convenzione non si applica, tra le

quali, ai sensi dell'art. 1, è espressamente compresa quella rela

tiva allo stato e alla capacità delle persone. D'altra parte, sulla vigenza della convenzione bilaterale del

1962 non ha neppure avuto effetto l'entrata in vigore della nuo

va disciplina di diritto internazionale privato, perché l'art. 2 1. n.

218 del 1995 ha fatto espressamente salva l'applicazione delle

convenzioni internazionali vigenti. Ora, l'art. 14 della predetta convenzione italo-belga del 1962

dispone che, quando una domanda avente lo stesso oggetto è

proposta tra le stesse parti davanti a un giudice di uno dei due

Stati, quello successivamente adito si «asterrà dal decidere» su tale domanda (la convenzione, redatta in doppio originale esclu sivamente in lingua francese, recita: «Les autorités judiciaires de chacun des deux Etats s'abstiendront, à la requète de l'une

des partes au procès, de statuer sur une demande . . .»).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

L'espressione letterale, specialmente se messa a confronto con

analoghe espressioni utilizzate per disciplinare lo stesso feno meno della litispendenza internazionale in altre convenzioni (si veda, ad esempio, l'art. 8 della convenzione italo-svizzera del 3

gennaio 1933, approvata con 1. 15 giugno 1933 n. 743, che di

spone testualmente: «les autorités judiciaires de l'un des deux Etats doivent, si l'une des parties le domande, se dessaissir

(letteralmente, 'disfarsi') des contestations portées devant elles

lorsque ces contestations sont déjà pendantes devant une juri diction de l'autre Etat...»), non si riferisce a una definitiva de

clinatoria di giurisdizione, come ritiene il procuratore generale, ma a un provvedimento temporaneo di «astensione» dal giudi zio, e, pertanto, nella sostanza, a un fenomeno di sospensione del processo, quale è quello previsto dall'art. 21 della conven

zione di Bruxelles del 1968 (nel testo modificato dall'art. 8 della convenzione di Donostian San Sebastian del 26 maggio 1989, resa esecutiva con 1. n. 339 del 1991).

D'altra parte, il provvedimento di cui si tratta è subordinato alla valutazione prognostica dell'idoneità del provvedimento che sarà adottato dal giudice dell'altro Stato ad essere ricono sciuto ai sensi della convenzione e pertanto mal si concilierebbe con questa valutazione «allo stato» un provvedimento di defini

tiva declinatoria di giurisdizione. Ne deriva che deve nella specie farsi applicazione dell'orien

tamento (di cui alle sentenze di queste sezioni unite del 13 feb braio 1998, n. 1514, cit.; 28 aprile 1999, n. 274/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 90, e 29 gennaio 2001, n. 37/SU, id., Rep. 2001, voce cit., n. 75) che ha affermato che l'accertamento di

una situazione di litispendenza internazionale non configura una

questione di giurisdizione e non può quindi costituire oggetto di

regolamento di giurisdizione, concretando piuttosto un'ipotesi di sospensione necessaria del processo, da aggiungersi a quelle di cui all'art. 295 c.p.c., e risultando pertanto esperibile, contro il relativo provvedimento, il regolamento necessario di compe tenza ex art. 42 c.p.c. novellato. Si è infatti osservato che il giu dice italiano, prima di pronunciare sulla propria giurisdizione, in presenza di domande proposte dinanzi al giudice di un altro

Stato contraente, deve innanzi tutto accertare se sussista l'ecce

pita litispendenza, e, in caso affermativo, dopo aver riscontrato

che il giudice preventivamente adito è quello dell'altro Stato

contraente, deve sospendere il procedimento in attesa che la

competenza dell'altro giudice sia stata accertata con sentenza

definitiva; solo dopo tale accertamento il giudice prevenuto può e deve dichiarare la propria «incompetenza» in favore di quello adito in prevenzione.

2. - II ricorso, pur ammissibile come regolamento di compe tenza, è infondato.

L'art. 14 della convenzione italo-belga del 1962 prevede

l'obbligo dell'autorità giudiziaria di uno degli Stati contraenti di

astenersi dal decidere in presenza di tre condizioni: a) l'identità delle parti e dell'oggetto della domanda; b) la competenza del

giudice preventivamente adito, ai sensi dell'art. 2 della stessa

convenzione; c) la possibilità che la decisione emessa dal giudi ce preventivamente adito possa essere riconosciuta nell'altro

Stato.

Stante l'evidente identità dei soggetti, la prima questione che

si pone è quella di accertare se la domanda proposta preventi vamente dalla Lazo Orè Violeta Haydee davanti al giudice belga abbia o non «lo stesso oggetto» di quella proposta nel presente procedimento dal Gasparini.

Il ricorrente nega che vi sia identità di oggetto, interpretando la norma convenzionale nel senso che la nozione di «oggetto della domanda» rinvia ai concetti di petitum e causa petendì o

titolo, con la conseguenza che nella specie non potrebbe parlarsi dì identità di oggetto perché, pur essendo richiesta in entrambi i

giudizi una pronuncia di divorzio, la causa petendi della do

manda davanti al giudice belga è costituita dalla infedeltà, men

tre quella della domanda davanti al giudice italiano consiste

nella separazione ininterrotta per un triennio.

A sostegno dell'interpretazione proposta il ricorrente richia

ma l'orientamento espresso dalla sentenza di questa corte

2718/95 (id.. Rep. 1995, voce Delibazione, n. 13), e altre. La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Le pronunce richiamate non sono rilevanti perché non con

tengono una particolare interpretazione della nozione di titolo

della domanda (utilizzato dall'art. 12 della convenzione italo

austriaca del 16 novembre 1971, resa esecutiva con 1. n. 71 del

1974, oggetto dei giudizi nei quali dette sentenze sono state

pronunciate), ma si limitano ad affermare il principio che la si

II Foro Italiano — 2003 — Parte 1-30.

tuazione processuale che impedisce la dichiarazione di efficacia della sentenza straniera è rappresentata solo dalla litispendenza, intesa come identità di soggetti, oggetto e titolo, di un giudizio italiano instaurato prima del passaggio in giudicato della sen tenza straniera, non essendo invece sufficiente la pendenza in Italia di causa connessa o in rapporto di continenza con quella straniera.

Vero è, peraltro, che l'argomento letterale utilizzato dal giu dice del merito, consistente nel fatto che l'art. 14 della conven zione italo-belga parla di identità di oggetto, mentre l'art. 7 1. n. 218 del 1995 fa riferimento all'identità di oggetto e di titolo, non è di per sé solo decisivo, non potendo in linea teorica esclu dersi l'ammissibilità, nell'ambito dell'oggetto della domanda, che debbano essere utilizzate le nozioni di petitum e di causa

petendi. Risolutivo, appare, piuttosto, il richiamo all'orientamento in

terpretativo formatosi con riferimento all'art. 21 della conven zione di Bruxelles del 27 settembre 1968, che richiede, ai fini

dell'identificazione della nozione di litispendenza internazio

nale, identità del titolo e dell'oggetto delle domande. Ora, come è noto, la disposizione di cui si tratta è stata interpretata dalla

Corte di giustizia delle Comunità europee, con la sentenza 8 di

cembre 1987, causa 144/86 (id., 1988, IV, 341), nel senso che sono fondate sul medesimo titolo le domande che riguardano «lo stesso rapporto giuridico». Nozione indubbiamente più am

pia di quella propria del nostro ordinamento, che identifica il «titolo» con il «fatto costitutivo», ma tale ampliamento è stato

giustificato dalla Corte europea con il richiamo alla finalità

della convenzione «la quale intende potenziare in tutto lo spazio giuridico della Comunità la tutela giuridica delle persone resi

denti sul territorio di questa e facilitare il riconoscimento, in

ogni Stato contraente, delle decisioni giudiziarie rese in qualun

que altro Stato contraente».

L'interpretazione seguita dalla Corte europea è stata recepita nella giurisprudenza di queste sezioni unite con la sentenza n.

11262 del 1992 (id., 1994, I, 1545) alla quale, per brevità, può farsi rinvio.

Anche quindi a condividere la tesi secondo cui l'art. 14 della convenzione italo-belga, al di là dell'espressa formulazione che

si riferisce alla sola identità di oggetto, richiederebbe in realtà

anche l'identità di titolo, non v'è ragione di discostarsi dall'o

rientamento seguito nell'interpretazione dell'art. 21 della con venzione di Bruxelles del 1968 (che invece espressamente ri

chiede quest'ultimo requisito), essendo certamente comune an

che alla convenzione bilaterale la finalità di facilitare il ricono

scimento delle decisioni rese negli Stati contraenti, che giustifi ca l'ampliamento della nozione di «titolo» della domanda ri

spetto alla nozione propria del diritto interno.

Ne deriva che, poiché la domanda di divorzio proposta da

vanti al giudice belga attiene allo stesso rapporto giuridico ma trimoniale rispetto al quale è stata presentata domanda di divor zio al giudice italiano, le due domande hanno non solo il mede

simo oggetto, ma anche lo stesso titolo.

3. - La seconda condizione richiesta dall'art. 14 della conven

zione italo-belga del 1962 per far sorgere l'obbligo di astensio

ne del giudice successivamente adito è che il primo giudice si

debba ritenere competente ai sensi dell'art. 2 della stessa con venzione.

Il tribunale ha affermato che nella specie tale competenza sussiste alla stregua sia del punto 7 che del punto 3 del citato

art. 2, i quali, rispettivamente, prevedono che sia competente il

giudice dello Stato in cui è stata resa la decisione: a) «lorsqu'il

s'agit d'une contestation en matière d'état, de capacité ou de

droit de famille de ressortissants de l'Etat dans lequel la déci

sion a été rendue» e b) «lorsque le défendeur a présenté des

moyens de défense au fond sans décliner la compétence des

autorités judiciaires de l'Etat ou la décision a été rendue».

Sussisterebbe il primo titolo di competenza perché entrambe

le parti pur essendo cittadini italiani sono residenti in Belgio; sussisterebbe il secondo titolo perché, secondo l'assunto della

Oré, non contestato dal Gasparini, questi non avrebbe sollevato

davanti al tribunale belga eccezione d'incompetenza, avendo al

contrario richiesto a quel tribunale il riconoscimento del prov vedimento di separazione.

Il ricorrente censura entrambe le affermazioni. La prima af

fermazione sarebbe fondata su un'erronea interpretazione del

l'art. 2, punto 7, della convenzione.

L'assunto del Tribunale di Milano circa il fatto che la prima causa sia stata instaurata davanti ad un giudice competente si

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Page 5: sezioni unite civili; ordinanza 17 maggio 2002, n. 7299; Pres. Panzarani, Rel. Salmè, P.M. Raimondi (concl. diff.); Gasparini (Avv. Vaccarella, Tavormina) c. Lazo Orè. Regolamento

PARTE PRIMA 1556

fonderebbe su un errore di diritto, in quanto il termine «ressor

tissant» non indica il «residente», ma il «cittadino», con la con

seguenza che competente a pronunciare il divorzio tra le parti sarebbe il giudice del paese di cui esse sono cittadine e non

quello dello Stato in cui entrambe risiedono.

Inoltre, non sarebbe pacifica la circostanza della mancata

proposizione davanti al giudice belga di un'eccezione d'incom

petenza internazionale a conoscere della domanda di divorzio, essendo stata tale circostanza dedotta la prima volta con la com

parsa di replica, quando non era più possibile alcuna contesta

zione da parte del Gasparini. Comunque, non sarebbe stata al

trimenti raggiunta in giudizio la prova di tale circostanza. Infi

ne, la proposizione davanti al giudice belga, certamente com

petente in merito, della domanda riconvenzionale di dichiara

zione di efficacia del provvedimento di omologazione della se

parazione consensuale non implicherebbe necessariamente ri

nuncia all'eccezione d'incompetenza internazionale.

Pur essendo fondato il rilievo del ricorrente secondo cui l'art.

2, n. 7, della convenzione italo-belga del 1962, relativamente alle cause di stato, di capacità o di diritto di famiglia, non pre vede la competenza dello Stato di residenza ma di quello di cui le parti siano «ressortissants» (tale dovendo considerarsi secon

do la lingua francese, in cui è redatta la convenzione, «personne

protégée par les représentants diplomatiques ou consulaires

d'un pays donné, lorsq'elle réside dans un autre pays»), nel sen

so che la competenza spetta allo Stato del quale le parti siano

cittadine, anche se residenti all'estero, purché di tale Stato pos sano invocare e godere della protezione diplomatica o consola

re, deve ritenersi che, comunque, correttamente il tribunale ha

affermato che nella specie sussiste il criterio di cui all'art. 2, n.

3.

Il ricorrente non nega infatti, neppure in questa sede, di non avere sollevato davanti al giudice belga eccezione d'incompe tenza internazionale rispetto alla domanda di divorzio, ma si li

mita a contestare che tale circostanza possa ritenersi pacifica o,

comunque, provata. In realtà, dagli atti relativi al giudizio da vanti all'autorità giudiziaria belga (ordinanza di référé del 10

maggio 1995, atto d'appello avverso detta ordinanza, ricorso

per cassazione), che ben possono essere valutati anche da questa corte, per la natura processuale della questione, risulta che il

Gasparini ha sollevato questione di competenza internazionale solo in ordine alla richiesta di provvedimenti urgenti relativi alla custodia del figlio minore, agli alimenti per la moglie e per i fi

gli e alla separazione dei domicili dei coniugi, ma non anche relativamente alla domanda di divorzio. Risulta anche che il Ga

sparini ha proposto domanda riconvenzionale di delibazione della separazione consensuale, e tale circostanza, unita alla mancata contestazione della competenza del giudice belga sulla domanda di divorzio, comporta una sostanziale accettazione del contraddittorio nel merito di detta domanda.

4. - Il ricorrente, infine, contesta l'affermazione del giudice del merito secondo cui la pronuncia di divorzio del giudice bel

ga potrebbe essere riconosciuta in Italia, perché non contraria all'ordine pubblico.

Afferma il ricorrente che nell'accertamento dell'adulterio non

può considerarsi compreso quello della rottura definitiva del vincolo matrimoniale, la quale postula invece l'accertamento di altre più durature e stabili circostanze, onde l'adulterio medesi mo non sarebbe qualificabile come fatto ulteriore rispetto alla cessazione definitiva della comunione tra i coniugi, rispetto alla

quale costituisce piuttosto un minus, ovvero un mero elemento sintomatico di una crisi coniugale capace di fondare, al più, una

pronuncia di addebitabilità della separazione. La pronuncia straniera di divorzio per adulterio, in quanto

non presuppone l'accertamento della definitiva rottura del vin colo matrimoniale, ma solo il verificarsi di una circostanza con

tingente e temporanea, non potrebbe essere dichiarata efficace in Italia se non escludendo che la stabilità del vincolo matrimo niale sia tra i principi fondamentali del nostro ordinamento.

Peraltro, poiché la separazione personale elimina l'obbligo di

fedeltà, non sarebbe possibile, secondo la nostra legge un divor zio per adulterio consumato successivamente alla separazione.

Ulteriore motivo di contrarietà all'ordine pubblico sarebbe

rappresentato dal fatto che la pronuncia belga si baserebbe sulla

prova dell'adulterio formata in modo illecito, perché contrario ai diritti fondamentali dell'inviolabilità del domicilio della pro pria vita privata (art. 8 della convenzione europea sui diritti del

II Foro Italiano — 2003.

l'uomo e le libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre

1950). Infatti tale prova sarebbe stata acquisita mediante l'ac cesso di un ufficiale giudiziario, scortato da agenti di polizia,

presso l'abitazione del ricorrente.

Anche questa tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Non vengono contestati, infatti, i principi giuridici che il tri bunale ha posto a base della propria decisione (principi consi

stenti nell'affermazione che non contrasta con l'ordine pubblico interno la sentenza straniera di divorzio fra cittadini italiani pro nunciata in applicazione di una disciplina non coincidente con

quella interna, ma che, comunque, a tale disciplina sia sostan

zialmente analoga, nel senso che presupponga l'accertamento di

cause obiettive e predeterminate della rottura del vincolo ma

trimoniale), ma l'applicazione che dei principi stessi è stata fat

ta, affermandosi che l'accertamento dell'adulterio non sarebbe

equivalente all'accertamento dell'irreversibile rottura del vin

colo matrimoniale.

In realtà il provvedimento impugnato, in applicazione dell'in

segnamento contenuto nella sentenza n. 6975 del 1997, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 28 (la quale ha affermato il principio che non sussiste contrasto con l'ordine pubblico quando il giudice, ba sandosi sul contenuto complessivo della sentenza, abbia accer tato che il divorzio per colpa di entrambi i coniugi sia stato pro nunziato in base alla rilevazione dell'avvenuta dissoluzione del

vincolo coniugale), che lo stesso ricorrente ha richiamato, non

contiene affatto l'affermazione apodittica dell'astratta equiva lenza dell'accertamento dell'adulterio e di quello della definiti va dissoluzione del vincolo, perché, dopo aver premesso che i

coniugi sono consensualmente separati dal 1994, ha rilevato che «il giudice straniero, attraverso l'accertamento di una causa de

terminata, quale l'adulterio, ... è chiamato ad accertare, su do manda della moglie, la mancanza di volontà di proseguire l'u nione matrimoniale, attraverso l'accertamento di una circostan za ulteriore, la colpa di un coniuge, che non fa altro che confer mare l'ormai totale distacco affettivo e materiale tra i coniugi, risolvendosi in una constatazione di insanabile frattura».

Su analoghe considerazioni, peraltro, si fonda il consolidato orientamento di questa corte che ammette la dichiarazione di ef ficacia in Italia delle sentenze straniere di divorzio per mutuo consenso (anche se seguite a un breve periodo di separazione, di un anno: v. sent. 6973/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 21), per ché anche nel nostro ordinamento la volontà dei coniugi assume

essenziale rilevanza per l'accertamento del venir meno della

comunione spirituale e di vita tra i coniugi, specie dopo l'intro duzione del divorzio su istanza congiunta (oltre alla citata sent.

6973/95, v. anche le sentenze 11045/91, id., Rep. 1993, voce

Matrimonio, n. 216; 490/91, id.. Rep. 1991, voce Delibazione, n. 19; 4104/91, id., 1991, I, 2397; 4235/91, ibid., 2396; 9627/90, ibid., 2397; 5074/89, id., Rep. 1990, voce cit., n. 18; 4769/89, id., Rep. 1989, voce Matrimonio, n. 184; 1539/83, id., Rep. 1985, voce Delibazione, n. 22).

Quanto, infine, alla circostanza che la sentenza belga di di vorzio per adulterio si baserebbe su una prova assunta in viola zione dei diritti fondamentali, è sufficiente osservare che tale violazione è esclusa proprio dall'art. 8 della convenzione di Roma del 4 novembre 1950, resa esecutiva con la 1. n. 848 del

1955, richiamato dal ricorrente, in quanto la norma consente li mitazioni del diritto alla vita privata e familiare e del domicilio,

purché previste da norma di legge e quando ciò sia necessario

per la protezione, tra l'altro, della morale e dei diritti altrui.

Infatti, secondo l'impostazione del ricorrente, non si tratta di vedere se la prova dell'adulterio possa ritenersi legittimamente acquisita secondo il nostro ordinamento (che non solo non pre vede sanzioni penali dell'adulterio, ma ritiene anche non esigi bile l'osservanza del dovere di fedeltà fra coniugi separati) ma di accertare se le modalità di acquisizione della prova contrasti no con i diritti fondamentali. Ora, nel caso di specie, come

espone il ricorrente, l'accesso dell'ufficiale giudiziario nel do micilio del Gasparini venne autorizzato dall'autorità giudiziaria belga, evidentemente sulla base di una norma di legge che lo

prevede, e non può negarsi che l'utilizzazione fosse necessaria

per acquisire la prova dell'adulterio, previsto dalla legislazione belga come causa di divorzio, proprio perché la tutela della vita

privata e del domicilio non renderebbe lecito, in una società

democratica, intrusioni da parte di soggetti privati e al di fuori di una precisa predeterminazione legale.

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.

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