sezioni unite civili; ordinanza 18 maggio 2004, n. 9440; Pres. Grieco, Rel. Preden, P.M. Russo(concl. conf.); Credito emiliano (Avv. Abbadessa) c. Dolei (Avv. Zangara) e altro. Regolamento dicompetenzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2365/2366-2373/2374Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199382 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
creditore garantito (cfr., in tal senso, in motivazione, Cass. n.
4608 del 1987, id., 1989,1, 2289). Alla luce di queste considerazioni devesi conseguentemente
affermare che — se il garante si è fatto promettere a parte un
qualche compenso dal debitore principale per facilitargli, con la
garanzia prestata, la concessione di una dilazione per il paga mento del debito scaduto, senza che compenso al garante, pre stazione della garanzia e dilazione per il pagamento del debito
scaduto siano stati fatti oggetto di una complessiva pattuizione (al quale abbiano partecipato creditore, debitore principale e ga
rante), che abbracci in un nesso sinallagmatico tutte le presta zioni — il negozio di garanzia è a titolo gratuito.
In tal caso, infatti, il negozio, che potrebbe apparire oneroso
quanto al motivo, devesi considerare gratuito quanto alla causa, essendo questo il solo profilo che conta.
Nel caso di specie la corte di merito ha escluso l'esistenza di
una siffatta pattuizione, osservando in particolare che l'atto di
concessione dell'ipoteca non faceva alcun riferimento ad un
qualche obbligo del costituente di prestare la garanzia e che la
Plastica Valmisa s.r.l. si era limitata ad asserire di aver conces
so, per la garanzia ottenuta, una dilazione per il pagamento del
debito scaduto ed un ulteriore credito alla Sacchitalia s.r.l. senza
dare alcuna prova di tali atti e, in ogni caso, senza dimostrare la
correlazione fra gli stessi e la garanzia prestata dallo Zambelli.
In sostanza ha escluso che lo Zambelli abbia ricevuto diret
tamente un qualche vantaggio patrimoniale o compenso dal cre
ditore o dal debitore del rapporto principale. Ciò è sufficiente per affermare, come correttamente fatto
dalla corte di merito, che la concessione di ipoteca da parte dello Zambelli costituisce un negozio a titolo gratuito, senza che
rilevi il fatto che questi aveva interesse a concedere la garanzia
perché, come da lui asserito, amministratore della società e so
cio di maggioranza (circostanza quest'ultima rappresentata pe raltro per la prima volta soltanto con il ricorso per cassazione), costituendo le asserite (ma non provate, come affermato dalla
corte di merito) concessione della dilazione di pagamento del
debito e concessione di un ulteriore credito un vantaggio diretto
per un diverso soggetto. Sostiene la ricorrente che il negozio di garanzia dovrebbe
considerarsi oneroso anche se il garante non ha beneficiato della
dilazione per il pagamento del debito, avendone beneficiato, in
vece, il debitore principale, essendo indifferente che il vantag
gio, attribuito come corrispettivo, vada alla parte o, per volere
ed accordo dei soggetti del negozio, ad un terzo.
A sostegno di tale sua affermazione la ricorrente invoca la
sentenza di questa corte n. 10161 del 1991, cit., nella quale si è
affermato il principio secondo cui agli effetti dell'art. 64 1. fall,
è oneroso il contratto di prestazione di garanzia ipotecaria per un debito altrui, qualora il creditore garantito presti corrispetti vamente il suo consenso alla proroga del termine di scadenza
del debito del terzo suo debitore, atteso che caratteristica essen
ziale del contratto oneroso è il rapporto corrispettivo di presta zioni economicamente valutabili ancorché le parti riversino il
relativo vantaggio (economico) a favore di altri.
Si legge testualmente nella sentenza summenzionata che «nel
contratto oneroso l'essenziale è dato dal sinallagma con presta zioni economicamente valutabili e non pure dall'ulteriore circo
stanza che ciascuna delle prestazioni debba entrare a far parte dei rispettivi patrimoni dei contraenti.
Il contratto rimane a titolo oneroso anche se una o entrambe
le parti riversano il vantaggio (economico) a favore di altri.
Da ciò l'ulteriore considerazione che nel contratto sinallag matico od oneroso quel che conta è l'incrocio delle prestazioni, a prescindere dal fatto che una delle parti compia contempora neamente un atto di disposizione del proprio diritto contrattuale,
disponendo dell'oggetto della prestazione (altrui) a vantaggio di
un terzo.
Lo schema tipico del contratto, di natura certamente onerosa,
in cui uno dei contraenti attribuisce ad altri il vantaggio della
prestazione di controparte, è quello del contratto a favore di ter
zi (art. 1411 ss. c.c.). Tale schema, del resto, è ravvisabile in quei contratti, appa
rentemente senza causa onerosa o gratuita, per i quali occorre
un'indagine mirata, appunto, alla scoperta di tale causa, che si
rinviene, poi, onerosa. E proprio l'ipotesi dei contratti di garan zia personale o reale stipulati, a favore del terzo debitore, con il
creditore di quest'ultimo». Tale decisione non può essere condivisa perché non tiene
Il Foro Italiano — 2004.
conto che, in materia fallimentare, al fine di decidere della natu
ra gratuita od onerosa della prestazione della garanzia per un
debito scaduto occorre aver riguardo agli effetti che si sono pro dotti nel patrimonio del garante (poi dichiarato fallito).
Devesi considerare, come sostenuto anche da autorevole dot
trina, se il garante ha ricevuto o non ha ricevuto un vantaggio o
un compenso dal creditore o dal debitore (con la precisazione che, nel caso di vantaggio o di compenso provenienti dal debito
re, il negozio è oneroso soltanto se tale vantaggio o compenso
assurga a causa e non resti a livello di motivo del negozio di ga
ranzia) (cfr., in tal senso, Cass. 4608/87, cit.). Ciò perché la garanzia ipotecaria prestata dal terzo comporta
che il bene assoggettato ad ipoteca sia potenzialmente sottratto
alla garanzia dei suoi creditori per essere destinato a garantire
l'adempimento di un'obbligazione altrui ed il legislatore falli
mentare, come emerge dal sistema delle revocatone, ha ritenuto
prevalente l'interesse dei creditori del fallimento rispetto a
quello dei soggetti che hanno beneficiato degli atti posti in esse
re dal soggetto, poi dichiarato fallito, ed ha considerato partico larmente odioso — come risulta dal fatto che solo per gli atti a
titolo gratuito è stata prevista l'inefficacia ex lege — un depau
peramento del patrimonio del fallito non bilanciato da un corri
spettivo. Del tutto priva di fondamento è, infine, l'affermazione della
ricorrente dell'esistenza di contestualità tra credito garantito e
prestazione della garanzia, avendo la corte di merito corretta
mente escluso l'esistenza di un rapporto di interdipendenza tra
il sorgere del credito e la concessione della garanzia per il fatto
che l'ipoteca in questione è stata concessa a garanzia di un cre
dito portato da effetti cambiari già scaduti e protestati e, quindi,
quando il rischio insito nell'operazione creditizia era già in atto
(cfr., al riguardo, Cass. n. 12948 del 1992, id., 1994, I, 1126, in cui si è affermato che la contestualità sussiste, anche in man
canza di coincidenza temporale, quando il rischio insito nella
funzione creditizia è assunto sul presupposto della concessione
della garanzia e che va esclusa nel caso in cui la garanzia so
pravvenga quando il rischio dell'operazione creditizia sia già in
atto). Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 18
maggio 2004, n. 9440; Pres. Grieco, Rei. Preden, P.M. Rus
so (conci, conf.); Credito emiliano (Avv. Abbadessa) c. Dolei
(Avv. Zangara) e altro. Regolamento di competenza.
Revocatoria (azione) — Credito contestato in separato giu dizio — Sospensione necessaria del processo — Esclusione
(Cod. civ., art. 2901; cod. proc. civ., art. 295).
Nel processo avente ad oggetto l'azione revocatoria ordinaria
promossa dal creditore per impugnare un atto dispositivo
compiuto dal debitore, non deve essere disposta la sospensio ne necessaria se il credito da tutelare è oggetto di contesta
zione in separato giudizio sia perché il credito litigioso non
può essere considerato meritevole di minor tutela rispetto al
credito certo, sia perché fra i due giudizi non sussiste il peri colo di conflitto fra giudicati. (1)
(1) Il giudice di legittimità, questa volta nella sua più autorevole
composizione, approfittando del terzo accesso in Cassazione di azioni
pauliane proposte dal medesimo istituto di credito sempre davanti allo
stesso giudice di merito, compone il contrasto di giurisprudenza sul te
ma della sospensione necessaria del processo nel quale viene introdotta
una domanda revocatoria ordinaria rispetto al separato processo in cui
si contesta la pretesa creditoria. Il contrasto, già formatosi nel 1996 a seguito di Cass. 6 febbraio
1996, n. 960, Foro it., Rep. 1997, voce Revocatoria (azione), n. 11, era
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2367 PARTE PRIMA 2368
Ritenuto in fatto. — Con atto notificato il 7 marzo 1994 il
Credito emiliano s.p.a., quale società incorporante la Banca po
polare commerciale di Paterno s.r.l., conveniva davanti al Tri
bunale di Catania, unitamente ad altri ex amministratori e sinda
ci della società incorporata, Pasquale Dolei, per sentirlo con
dannare al risarcimento dei danni arrecati alla società.
Con atto notificato il 17 marzo 1999, il Credito emiliano, sulla base del vantato credito risarcitorio, proponeva azione re
vocatoria ex art. 2901 c.c. chiedendo dichiararsi inefficace nei
suoi confronti l'atto del 1° giugno 1994, con il quale il Dolei
aveva donato al figlio Domenico la metà indivisa di alcuni im
mobili, e citava i predetti davanti allo stesso tribunale.
Il giudice istruttore, con ordinanza del 26 settembre 2000, ac
cogliendo l'istanza del Dolei, ritenuta la pendenza, davanti ad
altra sezione, del primo processo, sospendeva quello in corso davanti a lui «in quanto avente ad oggetto proprio l'accerta mento del credito tutelando nella presente sede, contestato nella
sua stessa esistenza».
Avverso l'ordinanza il Credito emiliano ha proposto regola mento di competenza, al quale ha resistito il Dolei.
Il ricorso è stato assegnato alla prima sezione della Corte di
cassazione, che, con ordinanza del 9 marzo 2002, ha rilevato che vi è contrasto, nella giurisprudenza della corte, sulla que stione concernente la sussistenza o meno del rapporto di pregiu dizialità necessaria, tale da comportare la sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c., tra il giudizio promosso con l'azione revo catoria di cui all'art. 2901 c.c. e quello avente ad oggetto l'ac
certamento del credito invocato ai fini della tutela revocatoria, atteso che, secondo l'indirizzo prevalente, non sussistono i pre supposti per la sospensione necessaria, non costituendo la defi nizione della seconda controversia l'indispensabile antecedente
logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria
(sent. 5178/77, Foro it., Rep. 1978, voce Revocatoria (azione), n. 7; 2104/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 9; n. 14166/01, id., 2002, I, 1451; 971/98, id., Rep. 1999, voce Fallimento, n. 520,
quest'ultima in materia di revocatoria fallimentare), mentre altre sentenze hanno affermato, al contrario, che il giudizio promosso con l'azione revocatoria è soggetto alla sospensione necessaria ove sia pendente la controversia relativa all'esistenza del credito
dedotto, costituendo l'esito di tale accertamento con efficacia di
divenuto insostenibile quando a distanza di pochi mesi la sezione II con la pronuncia 30 luglio 2001, n. 10414 e la sezione I con la decisione 14 novembre 2001, n. 14166 — entrambe id., 2002, I, 1451, alla cui nota si rinvia — avevano assunto due indirizzi opposti, visto che la prima aveva dato continuità al precedente del 1996 (per riferimenti in dottri na, cfr. Cossu, Revocatoria ordinaria (azione), voce del Digesto civ., Torino, 1998, XVII, 464), mentre la seconda si era riallacciata ai nume rosi precedenti più risalenti (per riferimenti in letteratura, v. D'Ercole, L'azione revocatoria, in Trattato di diritto privato diretto da P. Resci gno, Torino, 1985, 20. Il, 148).
Le sezioni unite optano per la tesi più condivisa e meno recente (an che se già ripresa da Cass. 24 luglio 2003, n. 11471, Foro it., Mass., 1058) sulla base di due, diversi pilastri interpretativi, il primo di carat tere sostanziale e il secondo di carattere processuale.
Quanto al primo, hanno osservato che il credito litigioso ben può es sere assimilato al credito eventuale e rafforzano questa conclusione con la considerazione che, diversamente, tutti i crediti da atto o fatto illecito sarebbero ingiustificatamente esposti al rischio della perdita della ga ranzia patrimoniale, sì che una lettura «conservativa» della protezione del credito litigioso è anche quella più sintonica con i principi costitu zionali. Il problema, se mai, è un altro e cioè quale debba essere la pro va che il creditore, attore in revocatoria, debba fornire con riferimento alla scientia fraudis e alla partecipatio fraudis; la risposta più plausi bile è che il creditore debba provare che il debitore e il terzo erano con
sapevoli dell'esistenza di una pretesa creditoria, ancorché contestata.
Quanto al versante processuale, ribadiscono che nessun conflitto di
giudicati è prospettabile, né sul piano logico (in quanto l'oggetto del
giudizio in cui si discute «l'accertamento del credito» è certamente di
somogeneo rispetto all'oggetto del processo nel quale si dibatte «la tu tela del credito», sì che il giudice dell'azione revocatoria deve delibare incidenter tantum l'esistenza di una ragione di credito: cfr. Trisorio Liuzzi, La Cassazione e la sospensione ex art. 295 c.p.c., id.. 2000, I, 1969), né su quello pratico, dal momento che laddove il credito risul tasse insussistente, la pronuncia di accoglimento della domanda revo catoria risulterebbe inutiliter data (v. Cossu, Revocatoria ordinaria (azione), cit., 472), in quanto l'espropriazione nei confronti del terzo
proprietario presuppone pur sempre l'esistenza di un titolo esecutivo sul credito. [M. Fabiani]
Il Foro Italiano — 2004.
giudicato l'antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla
domanda revocatoria (sent. 960/96, id., Rep. 1997, voce Revo
catoria (azione), n. 11; 10414/01, id., 2002,1, 1451). Ha quindi trasmesso gli atti al primo presidente per l'eventuale assegna zione del ricorso alle sezioni unite.
In tal senso ha disposto il primo presidente. Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto
l'accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto. — 1. - Il quadro normativo al quale occorre far riferimento nel definire i termini del contrasto è dato
dall'art. 2901 c.c., secondo cui, ove ricorrano alcune determi
nate condizioni, «Il creditore, anche se il credito è soggetto a
condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati
inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimo nio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni», dall'art. 2902 c.c., in virtù del quale «Il creditore, ottenuta la di
chiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei ter
zi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che
formano oggetto dell'atto impugnato» (norma che a sua volta si
coordina con l'art. 2910, 2° comma, c.c. e con gli art. 602 e 603
c.p.c.), e dall'art. 295 c.p.c., nel testo novellato dalla 1. n. 353
del 1990, secondo cui: «Il giudice dispone che il processo sia
sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risol
vere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione
della causa».
2. - L'ordinanza che sollecita la composizione del conflitto ri
ferisce dell'esistenza di due contrastanti indirizzi nella giuris
prudenza di questa corte.
2.1. - La tesi che nega la necessità della sospensione, ai sensi
dell'art. 295 c.p.c., del processo nel quale sia proposta l'azione
revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. in attesa della definizione del
distinto giudizio avente ad oggetto l'accertamento del credito
per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria è affermata dalle sentenze 5178/77, 2104/00 e 14166/01.
Si tratta di decisioni tutte relative a fattispecie di azioni revo
catone proposte per la tutela conservativa di crediti litigiosi, e
cioè di crediti allegati dall'attore che esperisce l'azione revo
catoria in relazione ai quali è pendente separato giudizio per il
loro accertamento. Venivano in considerazione: l'affermato credito derivante da prestazioni di attività lavorative soggetto ad
accertamento giudiziale (sent. 5178/77); l'affermato credito di
somme dovute in base ad un contratto, contestato con azione di
accertamento negativo (sent. 2104/00); l'affermato credito per risarcimento danni per mala gestio fatto valere in giudizio nei
confronti di amministratori di società (sent. 14166/01). Le menzionate pronunce, premesso che la sospensione neces
saria ex art. 295 c.p.c. deriva, secondo la giurisprudenza di que sta corte, soltanto dalla presenza di un rapporto di pregiudizia lità tra giudizi diversi, operante quando la definizione di una
controversia costituisce l'indispensabile antecedente logico
giuridico della decisione dell'altra, hanno concordemente rite nuto che ciò non accadeva nelle fattispecie decise, poiché l'a zione revocatoria può essere proposta (come riconosce una con sistente giurisprudenza, della quale si darà conto più avanti) an che a tutela di crediti eventuali, o anche di semplici ragioni di
credito, anche se oggetto di contestazione in giudizio, delle
quali non è necessario il preventivo accertamento giudiziale. Al suindicato principio si è anche uniformata la sentenza
11471/03 (id., Mass., 1058), dalla quale non risulta tuttavia
quale fosse l'oggetto del distinto giudizio. 2.2. - La tesi contraria, che afferma la necessità della sospen
sione del processo avente ad oggetto la domanda revocatoria, è
sostenuta dalle sentenze 960/96 e 10414/01. Anche tali pronun ce riguardano fattispecie di crediti litigiosi, con conseguente contemporanea pendenza di due giudizi, quello revocatorio e
quello avente ad oggetto l'accertamento del diritto di credito
posto a fondamento della domanda revocatoria. La prima sen
tenza riguarda un caso di azione revocatoria promossa da un
soggetto quale cessionario di un credito, la cui esistenza era og getto di contestazione in separato giudizio. La seconda l'ipotesi del credito risarcitorio per mala gestio fatto valere in giudizio nei confronti di amministratori di società ed allegato quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria (ipotesi identica a quella presa in esame dalla sentenza 14166/01 e che forma oggetto an che del ricorso di cui all'ordinanza che ha segnalato il contra
sto). La sentenza 960/96 ha affermato che la qualità di creditore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
rappresenta la premessa ed il presupposto processuale dell'eser
cizio dell'azione revocatoria, con la conseguenza che la man
canza del credito incide negativamente sulla proponibilità del
l'azione revocatoria, e che nei casi in cui occorre procedere alla
verifica dell'esistenza del credito è necessario anteporre questa verifica all'esperimento dell'azione revocatoria; ha quindi rite
nuto non applicabile il difforme principio di cui alla precedente sentenza 5178/77, in quanto fondato sul presupposto che il cre
dito fosse esistente, benché non accertato giudizialmente, men
tre nel caso in esame il credito era contestato nella sua esisten
za.
La sentenza 10414/01 ha espressamente negato che la tutela
conservativa apprestata dall'art. 2901 c.c. possa essere conse
guita dall'attore che alleghi l'esistenza di un credito litigioso. La decisione ritiene che, avuto riguardo alla lettera ed alla ratio
dell'art. 2901 c.c. nel quale l'estensione della legittimazione an
che ai soggetti titolari di credito soggetto a condizione o a ter
mine era diretta a risolvere un problema dibattuto nel vigore dell'art. 1235 del codice previgente, la nozione di credito sog
getto a condizione va ristretta alle sole ipotesi di crediti che tro
vino comunque originario fondamento in un negozio, siano essi
soggetti a condizione pattizia o destinati ad evolversi, ex lege, a
seguito dell'evento normativamente previsto e del pari incertus
an, in una pretesa creditoria in via di regresso, e non può essere
estensivamente intesa sino a ricomprendere la semplice aspetta tiva di fatto nella quale si concretizza il credito litigioso, nel
quale è in contestazione lo stesso fatto genetico della pretesa. Afferma quindi che, non potendo essere elevata a condizione
dell'azione revocatoria la pretesa risarcitoria della cui fondatez
za sia ancora in corso l'accertamento giudiziale, consegue che
l'esito di tale accertamento con efficacia di giudicato costituisce
antecedente logico-giuridico necessario della pronunzia sull'a
zione revocatoria, e che pertanto il giudizio relativo a quest'ul tima, se pendente davanti ad altro giudice, deve essere sospeso.
3. - Ai fini della composizione del contrasto, che trae origine da una diversa interpretazione della norma sostanziale dettata
dall'art. 2901 c.c., occorre prendere posizione circa la risposta che deve esser data al quesito se la formula ivi adottata, secondo
cui può agire in revocatoria «il creditore, anche se il credito è
soggetto a condizione o a termine» possa essere estensivamente
interpretata sino a ricomprendervi la fattispecie del credito
eventuale anche nella veste di credito litigioso, in modo da ele
varla a condizione dell'azione, a fatto costitutivo della fonda
tezza della domanda revocatoria.
4. - Nella giurisprudenza di questa corte si è progressiva mente formato un orientamento che, anche a prescindere dalle
tematiche della sospensione, ha fornito una lettura evolutiva ed
espansiva dell'art. 2901 c.c., in virtù della quale al credito sot
toposto a condizione sospensiva è stata equiparata la situazione
del credito potenziale o eventuale, figura della quale è stata pro
gressivamente dilatata l'estensione, fino a ricomprendervi anche
il credito litigioso. Una risalente pronuncia (sent. 1688/73, id., Rep. 1973, voce
cit., n. 11) ha rilevato che il riferimento normativo al credito
condizionato o a termine consente di ritenere che il legislatore non abbia inteso tutelare soltanto la posizione di chi sia in atto
titolare di un diritto di credito attuale, la cui fattispecie costitu
tiva si sia già compiutamente perfezionata, ma si sia ispirato ad
una ratio più ampia, rispondente alla fondamentale esigenza di
offrire tutela al soggetto rispetto al quale si sia realizzata una
situazione di fatto in presenza della quale la concreta ed effetti
va rilevanza, come fonte di garanzia patrimoniale, del patrimo nio di altro soggetto, dipenda ormai soltanto dal sopravvenire di
ulteriori vicende, estranee alla sua sfera di controllo e di inge renza. Ha quindi, in relazione ad azione revocatoria esperita dalla banca accreditante nei confronti dell'accreditato, affer
mato che l'accreditante deve ritenersi creditore (eventuale) an
che prima del prelievo delle somme da parte dell'accreditato.
La sentenza 1220/85 (non massimata) ha considerato la posi zione del coobligato solidale per oneri tributari, destinato a di
venire creditore del convenuto, ex art. 1203, n. 3, c.c., solo ove
egli stesso, quale obbligato solidalmente, avesse pagato l'impo
sta, risultando titolare in precedenza di un credito eventuale, di
una mera aspettativa. Altre decisioni hanno qualificato come creditore eventuale,
legittimato ad agire ex 2901 c.c., il garantito nei confronti del
fideiussore, sebbene quella di quest'ultimo sia una responsabi
li. Foro Italiano — 2004.
lità senza debito, eventuale o potenziale e comunque non attua
le, per non essere ancora divenuto inadempiente il debitore
principale (sent. 2400/90, id., 1990,1, 2871; 591/99, id., 1999,1, 1469).
Si è ancora affermato che il promissario acquirente, che ha
agito nei confronti del promittente venditore per l'adempimento in forma specifica, può esperire l'azione revocatoria avverso la
donazione del medesimo bene avvenuta durante il giudizio per
l'acquisto coattivo di esso, per tutelarsi non già a tal fine, bensì
per il credito risarcitorio, ancorché eventuale e non ancora esi
gibile (sent. 5863/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 20). Nel solco del richiamato indirizzo si pongono altre sentenze,
secondo cui la nozione di credito accolta dall'art. 2901 c.c. è
nozione lata comprensiva della ragione di credito o dell'aspet tativa di credito, con conseguente irrilevanza delle relative fonti
di acquisizione (sent. 1242/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1; 1388/81, id., Rep. 1981, voce cit., n. 8; 6475/82, id., Rep. 1983, voce cit., n. 6; 12144/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 7).
E vanno infine ricordate le decisioni, che più interessano ai
fini in esame, nelle quali è riconosciuta l'idoneità del credito li
tigioso a determinare l'insorgere della qualità di creditore che
abilita a proporre l'azione revocatoria, sia che si tratti di un cre
dito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in
separato giudizio (sent. 5178/77: nella specie si trattava di cre
diti da prestazione d'opera fatti valere in separato giudizio; sent.
2104/00: nella specie si trattava di credito di somma di denaro
dovuta in base a contratto di leasing contestato in separato giu
dizio), sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito
(sent. 1712/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 14; 14166/01). 5. - Questo il quadro di sintesi della giurisprudenza della
corte in tema di lettura estensiva dell'art. 2901 c.c. circa la no
zione di creditore legittimato ad agire con l'azione revocatoria.
Giurisprudenza che offre nella sentenza 2400/90 la più com
piuta argomentazione della tesi estensiva. Ivi si osserva che la
diversa disciplina che il codice del 1942 ha assegnato all'azione
revocatoria con l'art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione del
l'art. 1235 del codice del 1865, ben si inquadra nell'indirizzo
normativo del legislatore del 1942, che volle rafforzare la posi zione del creditore, intervenendo sulla responsabilità per ina
dempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva presunta
per legge (art. 1294 c.c.) ed infine proprio sulla revocatoria or
dinaria, modificando la precedente disciplina in due punti fon
damentali: sia ritenendo, da un lato condizione necessaria e suf
ficiente, per l'esercizio dell'azione revocatoria, la mera scientia
fraudis, e non più la prava intenzione in frode del creditore, sia
legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente even
tuali come quelli titolari di un credito soggetto a condizione. Si
rileva ancora, nella pronuncia, che da quest'ultimo riconosci
mento discende che la tutela ordinamentale è diretta a favore
non solo dei titolari di crediti certi, liquidi ed esigibili, ma anche
dei creditori potenziali o eventuali, che egualmente hanno inte
resse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c.
Quanto al credito litigioso da fatto illecito, l'apertura è argo mentata dalla sentenza 1712/98, nella quale si è rilevato che
l'art. 2901 c.c. non distingue tra le varie categorie di crediti, in
relazione alle loro fonti, poiché, in realtà, l'art. 2901 c.c. acco
glie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o
aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di
certezza, liquidità ed esigibilità, il che è coerente con la pacifica funzione dell'azione revocatoria, che non ha scopi restauratori,
né nei confronti del debitore né del creditore istante, ma tende
unicamente a restituire la garanzia generica assicurata a tutti i
creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali. Si è
quindi affermato, nella decisione citata, che questi principi val
gono anche per i crediti nascenti da fatti illeciti, che possono non essere certi, in quanto ne sia contestata la sussistenza o sia
no comunque litigiosi, ma che senza dubbio rientrano nel nove
ro delle ragioni di credito eventuale, la cui consistenza deve es
sere vagliata dal giudice di merito nel quadro della nozione am
pia accolta dalla citata norma, senza pretendere che l'illecito sia
accertato con sentenza passata in giudicato, e salva la valutazio
ne circa la ricorrenza di eventuali cause di pregiudizialità (sul
punto la sentenza sembra quindi propendere per la tesi della
possibilità della sospensione). 6. - In senso critico nei confronti della progressiva estensione
da parte della richiamata giurisprudenza della nozione di credito
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PARTE PRIMA 2372
eventuale, sino a ricomprendervi anche il credito litigioso, si è
espressa la sentenza 10414/01. Come già in precedenza riferito, la decisione ritiene: che l'intento del legislatore del 1942, nel
procedere all'estensione della legittimazione ad agire con la re
vocatoria ex art. 2901 c.c. anche ai soggetti titolari di credito
soggetto a condizione o a termine, era quello di risolvere un
problema dibattuto nel vigore dell'art. 1235 del codice previ
gente; che avuto riguardo a quella che è la specifica ratio della
norma, ed alla sua formulazione letterale, avendo il legislatore
espressamente identificato nei «creditori» la categoria dei legit timati, ed al contempo previsto una deroga a tale identificazione
primaria, consentendone una secondaria con l'estensione della
legittimazione anche ai titolari di crediti eventuali in quanto
soggetti a condizione o a termine, deroga siffatta deve intendersi
come tassativa; che può ritenersi consentita l'interpretazione estensiva volta ad equiparare la posizione del titolare del credito
sottoposto a condicio facti a quella dei titolari di situazioni at
tuali idonee ad evolversi, a seguito di eventi normativamente
previsti ma al pari della condizione anch'essi incerti, in una
pretesa creditoria di regresso o di rilievo, poiché si tratta di cre
diti che in entrambi i casi nascono da negozi dei quali non viene
in contestazione la validità, onde la ragione di credito è certa, sebbene risulti eventuale in quanto ne è sospesa l'efficacia; che
ben diversa è l'ipotesi del credito litigioso, laddove, essendo in
contestazione lo stesso fatto genetico della pretesa, non può le
gittimamente ravvisarsi un'aspettativa di diritto in ordine al
vantato credito, neppure in fieri, sebbene, al più, un'aspettativa di fatto, risolventesi nella mera speranza d'un risultato positivo della controversia.
7. - Ritengono queste sezioni unite che meriti adesione la
lettura estensiva della nozione di credito eventuale fino alla ri
comprensione, quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria, del credito litigioso.
Non persuade, nella sentenza 10414/01, che avversa tale opi nione, la riduttiva valutazione della ratio legis, come limitata a
superare precedenti dubbi sulla legittimazione del titolare di
crediti condizionati: si tratta di finalità che non esaurisce le ra
gioni ispiratrici dell'intervento del legislatore, ma si inserisce, restandone assorbita, nel più ampio quadro dell'intenzione del
legislatore di rafforzare ed ampliare la tutela del creditore, che
trova attuazione nell'estensione della tutela" conservativa ai ti
tolari di crediti non attuali.
Ed inoltre, è ben vero che la norma è formulata con riferi
mento all'ipotesi di credito nascente da titolo negoziale, poiché è essenzialmente a questo che sono apponibili condizioni e ter
mini (l'ordinamento non ignora peraltro l'ipòtesi del titolo giu diziale sottoposto a condizione o a termine). Ma, proprio in ra
gione della finalità di rafforzamento della tutela del creditore
perseguita dall'art. 2901 c.c., sul rilievo che il titolare di crediti
soggetti a condizione sospensiva è un creditore eventuale, po tenziale, titolare di un'aspettativa, è apparsa legittima, mediante
lettura estensiva della norma, l'equiparazione di tale situazione
alla fattispecie nella quale la pretesa creditoria è destinata a
concretizzarsi in dipendenza dell'evoluzione, secondo determi
nate previsioni normative, di una situazione, quale è, ad esem
pio, quella del fideiussore coobbligato in solido con il garantito
per il credito da far valere in via di regresso, nel caso che il de
bitore principale non adempia ed il creditore abbia escusso il ga rante, o quella del garantito verso il fideiussore, che è solo
eventuale sino a quando il debitore principale non è divenuto
inadempiente. E se è consentita siffatta lettura estensiva, come del resto ri
conosce la sentenza 10414/01, nel senso della legittimazione anche del creditore eventuale, nell'ambito di una fattispecie su
scettiva di evoluzione secondo previsione normativa, non è
scorretta, in quanto costituisce solo una ulteriore progressione della medesima linea interpretativa, la riconduzione nella figura del credito eventuale anche dell'ipotesi del credito litigioso, sia
nel caso in cui questo trae origine da un negozio e sia controver
so (come nel caso considerato dalla sentenza 5178/77), sia nel
caso in cui tragga origine non da un negozio, ma da un fatto il
lecito (contrattuale o extracontrattuale) dedotto in giudizio a so
stegno di una domanda risarcitoria (come nel caso considerato
dalle sentenze 1712/98 e 14166/01). In particolare, per quanto concerne la seconda eventualità, va
rilevato che anche il fatto illecito è fonte di obbligazioni (art. 1173 c.c.) e qualora l'illecito sia posto a fondamento di una do
II Foro Italiano — 2004.
manda giudiziale di risarcimento non può negarsi che la fatti
specie costituita dalla deduzione in giudizio di un fatto illecito
per conseguire il risarcimento del danno sia suscettiva di evol
versi potenzialmente secondo previsione normativa, dovendo il
giudice pronunciarsi sulla domanda, fino al riconoscimento di
un credito a titolo di risarcimento che, in pendenza del giudizio, in quanto credito litigioso, è credito eventuale, o, in altri termi
ni, ragione o aspettativa di credito; ragione o aspettativa che
potrà o meno concretizzarsi a seconda dell'esito della lite, così
determinandosi l'insorgere di una situazione non dissimile, se
non nella fattispecie che ne determina l'insorgenza, da quella dei crediti eventuali (del fideiussore per il regresso e del garan tito verso il fideiussore) dei quali si è prima discorso. E quanto detto vale, per analoga ragione, per il credito litigioso di origine contrattuale oggetto di contestazione giudiziale.
D'altra parte, non sembra che, come sostiene la sentenza
10414/01, la ricomprensione dei crediti litigiosi, con particolare riferimento a quelli da fatto illecito, tra i crediti eventuali legit timanti l'esercizio dell'azione revocatoria sia tale da determina
re un'ingiustificata compressione del diritto di proprietà (art. 42
Cost.) sotto il profilo della limitazione del potere del debitore di
disporre dei propri beni, sicché una lettura costituzionalmente
orientata dell'art. 2901 c.c. imporrebbe di adottare un'interpre tazione restrittiva. Occorre infatti considerare, al contrario, che
la lettura estensiva della norma, in coerenza con il suo inqua dramento tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimo niale del credito, trova giustificazione nelle esigenze di tutela
del credito, che appaiono egualmente meritevoli di considera
zione sia che il credito eventuale tragga origine da un negozio, sia che nasca da un fatto illecito, rivestendo eguale dignità le
due posizioni creditorie, e meritando quindi entrambe l'accesso
alla tutela conservativa somministrata dall'art. 2901 c.c., nel ca
so in cui il debitore, in pendenza del giudizio di accertamento
del credito compia atti di disposizione del patrimonio suscettivi
di pregiudicare le ragioni del creditore.
8. - In conclusione, ritornando alla questione oggetto del con
flitto, componendo il contrasto, va accolta la tesi che nega la
necessità della sospensione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., del pro cesso nel quale sia proposta l'azione revocatoria di cui all'art.
2901 c.c. in attesa della definizione del distinto giudizio avente
ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione è
stata proposta la domanda revocatoria.
9. - Queste le ragioni. 9.1. - Nella giurisprudenza di questa corte è largamente pre
valente, anche con riferimento al novellato art. 295 c.p.c. (dal
quale il legislatore si è limitato ad espungere il riferimento al
caso di sospensione previsto dall'art. 3 c.p.p.), l'affermazione
secondo cui la sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c. deve es
sere disposta qualora i giudizi pendenti innanzi a giudici diversi siano legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità
dipendenza, da intendere come pregiudizialità non meramente
logica, ma giuridica, nel senso che la definizione della contro
versia pregiudiziale costituisca l'indispensabile antecedente lo
gico-giuridico dal quale dipende la decisione della causa pre
giudicata, il cui accertamento debba avvenire con efficacia di
giudicato, con conseguente eventualità di un conflitto di giudi cati (tra le tante, sent. 7355/97, id., 1998,1, 3642; 10576/98, id.,
Rep. 1998, voce Procedimento civile, n. 317; 12198/98, ibid., n.
312; 5083/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 319; 1230/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 324; 4977/01, id., Rep. 2001, voce cit., n. 254; 1593/02, id., Rep. 2002, voce Fallimento, n. 274; 14670/03, id., 2004,1, 1474).
9.2. - Nessuna delle menzionate condizioni è ravvisabile nel
caso in esame.
9.2.1. - Non la dipendenza logico-giuridica, poiché, essendo
allegato (come deve ritenersi consentito per le già svolte consi
derazioni) quale titolo di legittimazione e fatto costitutivo della
fondatezza della domanda revocatoria il credito eventuale, in
veste di credito litigioso, la sussistenza (ed insieme la dimostra
zione) di questo è data proprio dalla pendenza del giudizio di
accertamento del credito, del quale non è quindi necessario at
tendere la definizione prima di pronunciare sulla domanda di
revocatoria.
9.2.2. - E neppure è ravvisabile l'eventualità di un conflitto
pratico di giudicati, poiché per dare attuazione alla sentenza de
finitiva che dichiara l'inefficacia dell'atto di disposizione nei confronti del creditore è necessario procedere nelle forme previ
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ste dagli art. 602 e 603 c.p.c., notificando al debitore ed al terzo
acquirente il titolo esecutivo, costituito, nel caso del credito liti
gioso, dalla sentenza di condanna, con la conseguenza che, ove
la domanda del creditore sia rigettata, la sentenza che accoglie la domanda revocatoria a tutela dell'allegato credito litigioso si
rivelerà di nessuna utilità, ma non si porrà in contrasto, in
quanto erogata a tutela di un credito eventuale, con la decisione
negativa sull'esistenza del credito.
10. - Venendo all'esame del ricorso, va rilevato che il Tribu
nale di Catania ha sospeso il processo revocatorio in ragione della pendenza del processo relativo alla domanda avente ad
oggetto il credito per risarcimento danni posto a fondamento
della domanda revocatoria, ma la sospensione, per quanto detto, non poteva essere disposta.
Il ricorso proposto ai sensi dell'art. 42 c.p.c. avverso detta or
dinanza è accolto. L'ordinanza di sospensione va annullata.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 11 mag
gio 2004, n. 8947; Pres. Senese, Est. Amoroso, P.M. Sorren
tino (conci, diff.); Borsellino (Avv. Vella) c. Cassa nazio
nale di previdenza ed assistenza forense (Avv. Berliri).
Conferma Trib. Agrigento 3 maggio 2001.
Avvocato — Previdenza forense — Iscrizione alla cassa —
Esercizio continuativo della professione — Criterio della
media del reddito nel triennio — Effetti (L. 22 luglio 1975 n. 319, modifica delle norme riguardanti la previdenza e l'as
sistenza forense, art. 2; 1. 20 settembre 1980 n. 576, riforma
del sistema previdenziale forense, art. 22; 1. 11 febbraio 1992
n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n.
576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla Cas
sa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati e
procuratori, art. 11). Avvocato — Previdenza forense — Avvocato titolare di pen
sione — Prosecuzione dell'attività professionale — Obbli
go di iscrizione alla cassa (L. 20 settembre 1980 n. 576, art.
22; 1. 11 febbraio 1992 n. 141, art. 11).
Il diritto-dovere di iscrizione alla cassa forense con conseguenti
obblighi contributivi, discende dal raggiungimento, nel corso
dell'anno, di un reddito netto, ai fini Irpef, oppure di un vo
lume di affari ai fini dell'Iva, non inferiore all'importo fis sato dal comitato dei delegati della cassa forense, mentre la
possibilità di prendere in considerazione la media nel trien
nio di detto reddito o volume di affari, è contemplata solo a
tutela dell'iscritto che intenda mantenere l'iscrizione nono
stante il mancato raggiungimento di quei minimi nel singolo
anno, e pertanto non preclude la possibilità di ottenere la
cancellazione in difetto dei medesimi minimi nell'anno di ri
ferimento. (1) L'obbligo dì iscrizione alla cassa forense sussiste per l'avvo
cato titolare di trattamento pensionistico che prosegue nel
l'esercizio dell'attività professionale. (2)
(1-2) In ordine alla prima massima, nel senso che al fine di determi
nare l'esercizio continuativo della professione, il criterio della media
triennale del reddito o del volume di affari, non è idoneo a fondare
l'obbligo di iscrizione alla cassa anche negli anni di produzione di un
reddito inferiore al minimo richiesto in relazione ad uno o due anni nel
triennio (anche se tale minimo si raggiunga o si superi una volta ope rata la media relativa a tre anni consecutivi), ma, all'opposto, consente
all'assicurato di conservare la permanenza e i benefici dell'iscrizione
nonostante l'insufficienza reddituale per uno o due anni, conf. Cass. 8
maggio 1987, n. 4263, Foro it., 1988, I, 507; Pret. Napoli 9 maggio 1988, Prev. forense, 1988, fase. 4. 40. In ordine alla validità delle deli
bere del comitato dei delegati, Cass. 12 gennaio 1988, n. 125, Foro it..
Il Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso depositato il 9
aprile 1997, l'avv. Borsellino Giovanni ha adito il Pretore di
Agrigento deducendo di essere stato iscritto, quale avvocato, alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense dal
1956 ma, poiché non esercitava la professione con continuità ed
era iscritto ad altro ente previdenziale quale docente di ruolo
presso istituti scolastici superiori, a seguito di istanza del 28 lu
glio 1977, la giunta esecutiva della cassa ne aveva deliberato la
cancellazione in data 27 novembre 1982, con il conseguente rimborso dei contributi medio tempore versati. Ha dedotto,
inoltre, il ricorrente che pur non avendo superato negli anni
1992, 1993 e 1994 i limiti di volume di affari stabiliti dal comi tato dei delegati, superamento che costituiva il presupposto della continuità dello svolgimento della professione, la giunta esecutiva della cassa ne aveva disposto la reiscrizione d'ufficio
come comunicato con missiva del 29 giugno 1996, richiedendo
inoltre la somma di lire 11.518.000 a titolo di omissione contri
butiva relativa al triennio menzionato, e che la cassa non poteva
disporre tale reiscrizione in quanto comunque il ricorrente, già
ultrasessantacinquenne al momento della stessa (2 marzo 1996), non avrebbe potuto conseguire altro trattamento pensionistico di
modo che, a seguito dell'entrata in vigore della 1. 335/95, che ha
previsto l'iscrizione presso l'Inps dei liberi professionisti che
non esercitino la professione con continuità, e dell'emanazione
del d.m. 282/96 attuativo della stessa, che esclude l'obbligo di
iscrizione e contributivo per gli ultrasessantacinquenni, deve
ritenersi implicitamente abrogata la norma di cui all'art. 22 1.
Rep. 1988, voce Avvocato, n. 106; 7 gennaio 1997, n. 41, id., Rep. 1997, voce cit., n. 161 (in cui si afferma che la prova dell'esercizio
continuativo della professione deve essere fornita coi criteri determinati dal comitato dei delegati della cassa). In dottrina, D. Donella, L'eser
cizio continuativo della professione, in Prev. forense, 1994, fase. 2-3, 68. Sui criteri per l'iscrizione alla cassa forense, L. Carbone, L'acces
so al sistema previdenziale dei liberi professionisti, in Foro it., 1994, 1,
115; Id., La «nuova» previdenza forense, id., 1992, I, 1031; Id., La tu
tela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 63 ss.
In ordine alla seconda massima, giurisprudenza consolidata (in parte citata in motivazione). L'obbligo di iscrizione alla cassa forense sussi
ste sia per l'avvocato già iscritto ad altra gestione previdenziale (es., docente scuola media), che per l'avvocato già pensionato (sia della cas
sa di previdenza che di altro ente previdenziale per un pregresso rap
porto di lavoro), per il solo fatto dell'esercizio della professione con
continuità; anche nel caso in cui l'iscrizione non potrà dare luogo ad
alcun trattamento pensionistico (per l'età avanzata in cui si è iscritto
alla cassa), l'avvocato è quindi soggetto all'obbligo di iscrizione atteso
il dovere di solidarietà di gruppo, indipendentemente dai vantaggi per sonali conseguibili. Non è esonerato, quindi, dall'iscrizione alla cassa
forense (ed al relativo obbligo contributivo) l'avvocato iscritto in età
avanzata qualora egli eserciti la professione con carattere di continuità.
Sul tema della pluralità di posizioni assicurative pubbliche e solidarietà
nella previdenza dei liberi professionisti, in particolare nella previdenza forense, Cass. 19 maggio 1993, n. 5660, Foro it., 1994, I, 115; 12 di
cembre 1991, n. 13439, id., 1992, I, 1811; 15 maggio 1990, n. 4146, e
26 aprile 1990, n. 3463, id., 1991,1, 1179, con nota di V. Ferrari, Pre
videnza e solidarietà nell'esercizio delle libere professioni; 12 gennaio 1988, n. 124, id., 1988,1, 3353; Corte cost. 23 giugno 1988, n. 707, id., 1990, I, 1420; 16 marzo 1989, n. 109, id., 1989, I, 1733; 4 maggio 1984, nn. 132 e 133, id., 1984, I, 1782. In dottrina, sul tema, Rossi, Tutela costituzionale della posizione assicurativa, in Dir. lav., 1988, II,
408; Cerreta, Profili evolutivi della legislazione e della giurisprudenza nella previdenza degli appartenenti ad ordini professionali, id., 1990,
II, 397; L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, cit., 75.
Il sistema previdenziale degli avvocati, basato sulla solidarietà di
categoria, «giustifica» la soggezione all'iscrizione alla cassa forense
(con conseguente obbligo contributivo) di tutti i membri della catego
ria, compresi coloro che non abbiano comunque necessità né intenzione
di avvalersene, essendo destinatari di analoghi vantaggi assicurativi per essere titolari di altra posizione assicurativa pubblica (né si può parlare di duplicazione di tutela previdenziale in quanto si fa riferimento a due
distinte attività lavorative).
Quanto alla legittimità della diversa disciplina esistente tra le varie
casse previdenziali dei liberi professionisti in tema di obbligo o meno
di iscrizione alla cassa per quei professionisti che siano soggetti anche
ad altro sistema previdenziale, Corte cost. 23 dicembre 1986, n. 284,
Foro it., 1988,1. 3563, e ciò in quanto le casse di previdenza delle varie
categorie professionali sono entità distinte con una propria autonomia
ed un proprio equilibrio finanziario, sicché è giustificata una loro diver
sa regolamentazione (Corte cost. 31 marzo 1988, n. 368, id., 1989, I,
3017). [L. Carbone]
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