sezioni unite civili; ordinanza 19 febbraio 1987, n. 144; Pres. Brancaccio, Rel. Cassata, P.M.Minetti (concl. conf.); Consorzio di bonifica delle paludi di Ispica (Avv. Cassarino) c. I.n.p.s.(Avv. Belloni, Vario, Ausenda)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 723/724-745/746Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179388 .
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PARTE PRIMA
essere, perciò, assicurato il diritto di difendersi..., quanto meno, attraverso la conoscenza dei fatti e la possibilità di controdedur
re». E nulla rileverebbe in contrario il fatto che in sede discipli nare la sospensione è disposta «senza preventive contestazioni di
addebiti», giacché «queste... ineriscono al conseguente giudizio
sanzionatorio», mentre «nell'incompatibilità ambientale... il rap
porto tra misura provvisoria e definitiva è del pari carente di
garanzie...», sicché «l'effetto conclusivo è sfornito di tutela en
doprocedurale al pari di quello provvisorio». 3. 1. - I rilievi che il giudice a quo muove direttamente nei
confronti della sospensione — ma indirettamente anche nei con
fronti dello stesso trasferimento d'ufficio per incompatibilità am
bientale — risultano, a ben vedere, afferenti, non tanto all'istituto
della sospensione in sé, quanto al suo modo di essere. Altro è,
infatti, il problema della legittimità dell'asserita ripristinazione dell'istituto de quo nella legislazione sullo stato giuridico del per sonale docente, direttivo ed ispettivo, altro il problema della le
gittimità della disciplina ricevuta dall'istituto in sede di attuazione
della delega. A rigore, si potrebbe dire che quest'ultimo, contra
riamente a quanto ritiene il T.A.R. delle Marche, costituisce una
diversa censura, meglio che un diverso profilo. A parte ciò, i rilievi in discorso trovano smentita nel sistema
costruito dal legislatore delegato. È previsto, infatti, un procedi mento piuttosto articolato e complesso — e la procedimentalizza zione è di per sé una garanzia —, al quale partecipano, in sede
locale, il capo dell'istituto scolastico o il provveditore agli studi,
secondo che trattisi di personale docente o direttivo, ed il collegio dei docenti in funzione consultiva; è prescritto che il provvedi mento va «immediatamente» comunicato alla autorità competen te a disporre il trasferimento, il quale ultimo comporta, se il
personale appartiene ai ruoli nazionali, l'intervento del ministero
della pubblica istruzione e del consiglio di disciplina del Consi
glio nazionale della pubblica istruzione col compito di esprimere un parere addirittura vincolante; è stabilito persino un termine
insolitamente perentorio e particolarmente breve, quale è quello di dieci giorni, al cui inutile decorso consegue la revoca «di dirit
to». Mal si comprende, allora, come possa negarsi che tale disci
plina abbia dato vita ad un sistema garantistico. E solo ad un esame superficiale può apparire che abbia mag
gior consistenza l'ultimo rilievo, quello che il giudice a quo consi
dera preminente su ogni altro, in quanto concerne l'omessa
previsione della contestazione degli addebiti e, quindi, del con
traddittorio, che pure rappresenta una delle garanzie fondamen
tali del diritto di difesa. Senonché, tale omissione non va valutata
in astratto, bensì' in rapporto alla peculiare fattispecie di che trat
tasi: la sospensione, non solo è provvedimento caratterizzato dal
la provvisorietà — e si è più sopra visto quanto ne sia brevissima
la durata —, ma, soprattutto, ha per presupposto che «ricorrano
ragioni di particolare urgenza». Un'incompatibilità ambientale può
attingere tale grado, da richiedere l'immediato allontanamento
dalla scuola di chi vi abbia dato causa e, viceversa, l'eventuale
contraddittorio vanificherebbe l'istituto della sospensione, preclu dendo all'autorità di provvedere, proprio quando ne sia partico lare l'urgenza. D'altronde, il contraddittorio non è previsto neppure nella sospensione per motivi disciplinari. Senza dire che sovente
l'incompatibilità ambientale è alcunché di non scomponibile in
distinti fatti che si lascino formulare in distinti capi. E poiché,
infine, il provvedimento di sospensione è innegabilmente inteso
ad assicurare il buon andamento della scuola, il legislatore dele
gato non sembra perciò censurabile neppure per la omessa previ sione della contestazione degli addebiti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, ultimo com
ma, d.p.r. 31 maggio 1974 n. 417 (norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna,
elementare, secondaria ed artistica dello Stato), sollevata dal
T.A.R. delle Marche in riferimento all'art. 76 Cost, con l'ordi
nanza in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1987.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 19 feb
braio 1987, n. 144; Pres. Brancaccio, Rei. Cassata, P.M. Mi
netti (conci, conf.); Consorzio di bonifica delle paludi di Ispica
(Avv. Cassarino) c. I.n.p.s. (Avv. Belloni, Vario, Ausenda).
CORTE DI CASSAZIONE;
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Trattamento a carico dell'assicurazione generale obbligato ria — Estensione — Interpretazione autentica — Onere a cari
co degli enti pubblici economici — Questioni infondata e non
manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 41,
53, 101; 1. 24 maggio 1970 n. 336, norme a favore dei dipen denti civili dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assi
milati, art. 4; 1. 9 ottobre 1971 n. 824, norme di attuazione,
modificazione ed integrazione della 1. 24 maggio 1970 n. 336,
art. 6; 1. 26 aprile 1983 n. 131, conversione in legge, con modi
ficazioni, del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55 recante provvedimenti
urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983, art.
33 bis; 1. 9 maggio 1984 n. 118, interpretazione autentica della
1. 24 maggio 1970 n. 336, relativamente alla estensione dei be
nefici ai trattamenti di pensione a carico dell'assicurazione ge nerale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, art. unico).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio
nale dell'art, unico l. 9 maggio 1984 n. 118, sui benefici agli ex combattenti, in riferimento all'art. 101 Cost, e sotto il profi lo del difetto dei presupposti necessari, in assunto, per l'eserci
zio da parte del legislatore del potere di interpretare autenticamente le proprie disposizioni e del conseguente suo
sconfinamento nell'ambito del potere giurisdizionale. (1) Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi
tuzionale degli art. 4 l. 24 maggio 1970 n. 336, 6 I. 9 ottobre
1971 n. 824 e unico l. 9 maggio 1984 n. 118, sui benefici agli ex combattenti, considerati in coordinamento tra di loro in re
lazione anche all'art. 33 bis l. 26 aprile 1983 n. 131, in riferi mento agli art. 3, 41 e 53 Cost., nella parte in cui a) pongono la generalità degli enti pubblici economici in posizione svantag
giosamente differenziata sia rispetto agli imprenditori privati
(non destinatari della normativa de qua) sia rispetto agli altri
enti pubblici rientranti nell'area della c.d. finanza pubblica al
largata (beneficiari della copertura finanziaria assicurata dallo
Stato); b) violano il principio dell'adeguamento del concorso
alla spesa pubblica alla capacità contributiva degli onerati; c) costituiscono illegittima compressione del diritto al libero eser
cizio dell'iniziativa economica privata, spettante anche agli enti
pubblici economici. (2)
(1-4, 7) I. - La questione di legittimità costituzionale dell'art, un. 1.
118/84, in riferimento agli art. 101 e 104 Cost, è stata ritenuta non mani festamente infondata da Pret. Pisa, ord. 2 ottobre 1984, Foro it., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 370.
Nel senso della prima e della quarta massima, invece, è la costante
giurisprudenza della Cassazione: cfr., da ultimo, sent. 12 luglio 1986, n. 4526 e 12 giugno 1986, n. 3928, id., Mass., 800 e 689 (le quali sottoli neano che l'unico limite invalicabile imposto al legislatore è quello della irretroattività delle norme penali); 23 giugno 1986 n. 4182, ibid., 734
(che ha escluso la fondatezza della questione di legittimità anche in rela zione agli art. 3, 53, 81; e 97 Cost.); nonché, con riferimento a similari
leggi interpretative in altre materie: sent. 12 novembre 1985, n. 5552, id., Rep. 1985, voce Previdenza sociale, n. 345; 4 marzo 1983, n. 1622, id., 1983, I, 1257, con nota di richiami; e, con riferimento alla 1. 824/71 che già era stata considerata interpretativa della 1. 336/70: sent. 8 feb braio 1984, n. 960, id., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 653; 22 giugno 1982, n. 3819, id., Rep. 1982, voce cit., n. 388; 29 ottobre
1980, n. 5804, id., Rep. 1981, voce cit., n. 435; 7 dicembre 1978, n.
5824, id., Rep. 1979, voce cit., n. 556; Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo
1980, n. 402, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1158; sez. I 7 maggio 1976, n. 2133/73, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1346, ecc.
Per altri riferimenti sulle leggi di interpretazione autentica e sui presup posti che ne legittimano l'adozione, v. citata nota a Cass. 1622/83.
II. - Con la seconda massima, invece, la questione di costituzionalità viene posta sotto profili del tutto nuovi che, in ultima analisi, si ricollega no alla sent. n. 92/81 della Corte costituzionale (id., 1981, I, 1835) per estenderne la portata (nella sent. 7183/86 in epigrafe, in realtà, il proble ma è posto anche con riferimento all'art. 3 Cost, ma non approfondito per il difetto di rilevanza nel giudizio de quo).
Sugli effetti ed i limiti di applicabilità delle norme del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, convertito nella 1. 26 aprile 1983 n. 131, con le quali è stata data attuazione al decisum della Corte costituzionale, e sul preesistente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 4 dicembre
1986, n. 7183; Pres. Franceschelli, Est. Farinaro. P.M. De
Martini (conci, diff.); I.n.p.s. (Avv. Belloni, Ausenda, Va
rio) c. Consorzio pedemontano bonifica Sinistra Piave (Avv.
Cevolotto, Ferrerò). Cassa Trib. Treviso 8 novembre 1983.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Trattamento a carico dell'assicurazione generale obbligato ria — Estensione (L. 24 maggio 1970 n. 336, art. 3; 1. 9 ottobre
1971 n. 824, art. 4, 6; 1. 9 maggio 1984 n. 118, art. unico).
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Beneficio — Interpretazione autentica ex 1. 118/84 — Retroattività —
Legittimità (Cost., art. 81, 101, 104; 1. 9 maggio 1984 n. 118, art. unico).
In virtù della l. 9 maggio 1984 n. 118 — che, avendo carattere
interpretativo, ha, in mancanza di diversa disposizione, effica cia retroattiva — le disposizioni della l. n. 336 del 1970, in
tema di benefici cosiddetti «combattentistici», e successive mo
dificazioni ed integrazioni, si applicano, con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari
tassativamente indicati nelle leggi stesse, anche nei confronti dei trattamenti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria
per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori di
pendenti. (3) La legittimità costituzionale della l. 9 maggio 1984 n. 118, sui
benefici agli ex combattenti — cui va riconosciuto valore d'in
terpretazione autentica — non può essere contestata né in rife rimento agli art. 101 e 104 Cost., per la precedente mancanza
di dubbi e contrasti ermeneutici in ordine alla legge autentica
mente interpretata, né in riferimento all'art. 3 Cost., per la
disparità di trattamento fra enti che la disciplina ex l. 118/84
provocherebbe. (4)
III
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 agosto
1986, n. 4996; Pres. Franceschelli, Est. Vaccaro, P.M. De
Martini (conci, conf.); Banco di Sardegna (Avv. Saba) c. Aru
(Aw. Contaldi, Silva). Cassa Trib. Genova 20 dicembre 1982.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Previden
za integrativa aziendale — Collocamento a riposo — Benefici — Esclusione — Fattispecie (L. 24 maggio 1970 n. 336, art.
1, 2, 3; 1. 9 ottobre 1971 n. 824, art. 6).
In tema di benefici «combattentistici», l'art. 6 l. 9 ottobre 1971
n. 824 produce tutti gli effetti previsti per il collocamento a
riposo, va riferito agli istituti tipici del trattamento di quiescen
za e di fine rapporto e, pertanto, non può essere invocato al
fine del conseguimento (anche in difetto dei requisiti di età sta
biliti dai rispettivi ordinamenti interni) di trattamenti pensioni stici che configurino libere forme di previdenza aziendale su
base negoziale con funzione aggiuntiva, non sostitutiva od in
tegrativa per legge del trattamento pensionistico obbligatorio dovuto dall'I.n.p.s. (5)
(e superato) contrasto manifestatosi nella giurisprudenza della sezione la
voro, v. Cass. 27 giugno 1986, n. 4296, id., 1986, I, 2117, con nota di richiami, cui adde Cass. 15 aprile 1986, nn. 2675-2676, id., Mass., 461, 462; 17 marzo 1986, n. 1824, ibid., 322 (che ribadiscono la salvezza delle posizioni di diritto soggettivo attribuite dalla 1. 336/70); 10 dicem bre 1985, n. 6232, id., Rep. 1985, voce cit., n. 423; 22 novembre 1985, n. 5788, ibid., n. 428; T.A.R. Lazio, sez. I, 16 maggio 1984, n. 438,
ibid., n. 431 (che escludono la ripetibilità a carico del lavoratore delle
somme indebitamente versate prima degli interventi della Corte costitu zionale e del legislatore); Pret. Livorno 3 aprile 1986 (giud. Sica, A.a.m.p.s. Livorno c. C.p.d.e.l.), inedita (che ha rigettato la domanda con la quale una azienda municipalizzata di pubblici servizi aveva chiesto la restituzio
ne alla C.p.d.e.l. dei contributi versati ed afferenti al periodo anteriore
alla entrata in vigore della 1. 131/83, precisando che l'art. 30 bis di detta
legge valeva proprio a sanare, mediante la disposta copertura finanziaria, il periodo intermedio fra la sent. 92/81 della Corte costituzionale e l'en
trata in vigore della 1. 131/83). Sul concetto di finanza pubblica allargata, v. 1. 5 agosto 1978 n. 463,
recante «riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in
materia di bilancio», art. 25, 27 e tab. A. III. - Sugli effetti della 1. 118/84, in termini, Cass. 17 marzo 1986,
Il Foro Italiano — 1987.
IV
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 7 luglio
1986, n. 4432; Pres. Tamburrino, Est. Pontrandolfi, P.M.
Sgroi V. (conci, parz. diff.); Signorino (Avv. Mobilia) c.
I.n.a.d.e.l. (Avv. Capobianco). Conferma Trib. Messina 22 no
vembre 1982.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Indennità premio di servizio — Anzianità convenzionale —
Computo (D.p.r. 5 giugno 1965 n. 759, nuove norme sui trat
tamenti previdenziali dei dipendenti statali e sul sistema finan
ziario di gestione dei relativi fondi, in applicazione della 1. 5
dicembre 1964 n. 1268, art. 1; 1. 24 maggio 1970 n. 336, art.
3; 1. 9 ottobre 1971 n. 824, art. 4).
Con riguardo all'indennità «premio di fine servizio», corrisposta dall'I.n.a.d.e.l. ai dipendenti degli enti locali secondo la previ sione della l. 2 giugno 1930 n. 733 e della l. 8 marzo 1968
n. 152, il criterio di computo fissato dall'art. 4 l. n. 152/68
(un quindicesimo dell'80% della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi) deve essere applicato anche per la parte del
la indennità medesima che derivi da anzianità convenzionale
per benefici cosiddetti combattentistici, in base alla l. 24 mag
gio 1970 n. 336, atteso che l'art. 4, 5° comma, l. 9 ottobre
1971 n. 824 (recante modificazioni ed integrazioni della l. n.
336/70), con il richiamare l'art. 1,1° comma, d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759 in tema di trattamento dei dipendenti statali, non
sostituisce il suddetto criterio di computo (un quindicesimo) con quello più favorevole previsto per gli impiegati dello Stato
(un dodicesimo), ma pone quest'ultimo come limite massimo, lasciando operanti le norme dei singoli ordinamenti che con
templino un trattamento meno favorevole. (6)
n. 1831, Foro it., Mass., 322; 9 ottobre 1985, n. 4905, id., Rep. 1985, voce cit., n. 402; 30 aprile 1985, n. 2773, ibid., n. 345; 13 febbraio 1985, n. 1248, ibid., n. 368; 30 ottobre 1984, n. 5559, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 386; Pret. Ascoli Piceno 16 luglio 1984, id., 1985, I, 1564, con nota di richiami circa lo stato della giurisprudenza anteriormente all'ema nazione della 1. 118/84 (la sentenza è riportata anche in Giur. merito, 1985, 816, con nota di Dalmasso).
Sui presupposti richiesti per la proponibilità dell'azione di ripetizione delle somme indebitamente versate da parte dell'ente pubblico datore di lavoro che deduca l'erronea liquidazione ad un proprio dipendente, v. Cass. 21 gennaio 1985, n. 228, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 412; 6 novembre 1984, n. 5620, id., Rep. 1984, voce cit., n. 741; 1° agosto 1984, n. 4579, ibid., n. 397; T.A.R. Lazio, sez. Ili, 30 marzo 1984, n.
260, ibid., n. 750.
(5, 10-11) I. - In termini, la giurisprudenza più recente: Cass. 23 mag gio 1986, n. 3468, Foro it., Mass., 613; 13 dicembre 1985, n. 6325, id., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 758; 20 novembre 1985, n.
5736, ibid., n. 396; 12 novembre 1985, n. 5541, ibid., n. 398; 9 ottobre
1985, n. 4905, cit.; 12 marzo 1984, n. 1678, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 1025, 1032, 1039; 6 febbraio 1984, n. 872, ibid., n. 1159; 16 gennaio 1984, n. 201, ibid., n. 1162; 11 aprile 1984, n. 2332, ibid., n. 776; 17 dicembre 1983, n. 7454, ibid., n. 1160; 28 novembre 1983, n. 7142, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 805; 23 aprile 1983, n. 2803, ibid., n. 522; 2 dicembre 1982, n. 6553, id., Rep. 1982, voce cit., n. 883; 30 luglio 1982, n. 4334, ibid., n. 878; 3 marzo 1979, n. 1345, id., 1980, I, 196; contra'. Cass. 18 luglio 1983, n. 4957, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1077; 16 luglio 1983, n. 4957, ibid., n. 1196; Pret. Padova 28 luglio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1158, e in Giur. it., 1984, I, 2, 148, con nota di Gullì; Cass. 3 dicembre 1982, n. 6580, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 1081; 18 settembre 1982, n. 4913, ibid., n. 1102; 30 luglio 1982, n. 4351, ibid., n. 1082; 22 maggio 1982, n. 3148, ibid., n. 1090; 15 gennaio 1982, n.
258, ibid., n. 877; 15 luglio 1980, n. 4564, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1037; 6 febbraio 1980, n. 846, id., Rep. 1980, voce cit., n. 448; 14
giugno 1979, n. 3358, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1345; Pret. Modena
13 novembre 1978, id., 1979, I, 1639, con nota di richiami; in termini
non sempre univoci si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa:
v., da ultimo, in senso conforme alle sentenze in epigrafe, T.A.R. Lazio, sez. Ili, 23 marzo 1985, n. 312, id., Rep. 1985, voce cit., n. 349; contra, Cons. Stato, sez. VI, 21 ottobre 1980, n. 910, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1044; per altri richiami cfr. la cit. nota a Pret. Modena 13 novembre
1978. II. - La Cassazione considera la norma di cui all'art. 3 1. n. 336/70
derogabile dall'autonomia privata che può, in virtù di specifico titolo
contrattuale, prevedere benefici cumulabili con quello regolato dalla nor ma predetta (cfr. da ultimo, sent. 17 marzo 1986, n. 1823, id., Mass.,
322; 27 novembre 1982, n. 6444, id., Rep. 1982, voce cit., n. 771). Per completezza, si nota che sono state considerate inderogabili le nor
me regolanti il c.d. scaglionamento (ex 1. n. 355/74): v., da ultimo, Cass.
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PARTE PRIMA
V
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 ottobre
1985, n. 4930; Pres. Antoci, Est. Carucci, P.M. Di Renzo
(conci, diff.); Abbate (Avv. Esposito) c. Azienda tramvie au
tofilovie Napoli (Aw. Fiore, Scaramuzzi). Conferma Trib. Na
poli 29 luglio 1981.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Dichiarazione di incostituzionalità — Effetti — Rapporti fra enti e Stato — Limitazione — Diritto soggettivo dei dipen denti — Non interferenza.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Liquidazione dell'indennità di anzianità — Criteri (Cost., art. 81; d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759, art. 1; 1. 24 maggio 1970
n. 336 art. 3; 1. 9 ottobre 1971 n. 824, art. 6).
La sentenza n. 92 del 1981 della Corte costituzionale — che ha
dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 6 I. 9 ottobre 1971 n.
824 nella parte in cui non indica con quali mezzi i comuni, le aziende municipalizzate ed i relativi consorzi facciano fronte
agli oneri finanziari previsti dalla l. 24 maggio 1970 n. 336 nonché dalla citata l. n. 824 (le quali dettano la disciplina dei
cosiddetti benefici combattentistici) — incide solo sui rapporti
fra gli enti rientranti nella finanza pubblica allargata e lo Sta
to, e non interferisce invece sul diritto soggettivo perfetto dei
dipendenti al riconoscimento dei benefici suddetti. (7) L'art. 4, 5° comma, l. n. 824 del 1971 persegue la finalità —
non di uniformare i benefici suddetti — bensì solo di stabilire
un tetto al fine di non gravare eccessivamente sulla finanza
pubblica e quindi va interpretato nel senso che il sistema di
calcolo stabilito dalla richiamata norma del d.p.r. n. 759 non
è sostitutivo dei singoli criteri di determinazione del trattamen
to di liquidazione, quali previsti dalla specifica disciplina del rapporto di lavoro, stabilita dagli ordinamenti dei vari enti,
ma funge solo da limite massimo della liquidazione stessa (nel la specie, la Cassazione ha confermato la pronuncia del giudice del merito che — chiamato a determinare la buonuscita quale
maggiorata dai benefici combattentistici — aveva fatto esclusi
va applicazione dei criteri di calcolo previsti dalla contrattazio
ne collettiva disciplinante il rapporto di lavoro e non quelli,
più favorevoli, previsti dal citato d.p.r. n. 759). (8)
17 marzo 1986, n. 1831, id., Mass., 325; Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 1982, n. 401, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1108.
III. - La sent. n. 3792/85 si inserisce, inoltre, nell'ambito di una giuris prudenza costante che ritiene necessario, razionale e costituzionalmente
legittimo ai fini dell'applicazione dei benefici combattentistici, che la istanza del dipendente sia presentata in costanza di rapporto di lavoro e per una data in cui non si sia già verificata la cessazione del rapporto per altra causa: v. Cass. 30 ottobre 1984, n. 5550, id., Rep. 1985, voce cit., n. 363; 28 aprile 1984, n. 2659, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1009; 19 gennaio 1983, n. 500, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1064; Cons. Stato, sez. VI, 28 aprile 1981, n. 173, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1012; 29 gennaio 1980 n. 119, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1130; ad. plen. 6 maggio 1980, n. 15, id., 1980, III, 436; Corte conti, sez. Ill pens, civ., 25 dicembre 1983, n. 51975, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1013 e 5 novembre 1977, n. 36992, id., Rep. 1979, voce cit., n.
561; contrariamente a quanto ritenuto nella sent. n. 3792/85, altre sen tenze equiparano esplicitamente la richiesta di collocamento a riposo anticipato con l'atto di dimissioni volontarie (con le conseguenze, ai fini del conseguimento della pensione, evidenziate all'inizio della presen te nota): v. Cass. 9 ottobre 1985, n. 4905, cit.; 28 luglio 1983, n.
5188, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1192; 18 luglio 1983, n. 4957, ibid., n. 1077; 16 luglio 1983, n. 4913, ibid., n. 1076; 7 dicembre 1981, n.
6489, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1031, ecc.
(6, 8) Sulle numerose questioni sorte in merito ai criteri di determina zione e di computo da adottare nella attribuzione dei trattamenti favo revoli disposti con la normativa in esame, si segnalano, fra le più significative: Corte cost. 20 marzo 1985, n. 71, Foro it., 1985, I, 2199
(sui criteri di determinazione degli aumenti periodici straordinari in ag giunta a quelli massimi già conseguiti); Cass. 3 maggio 1986, n. 3004, id., Mass., 524; 19 dicembre 1985, n. 6508, id., Rep. 1985, voce Impie gato dello Stato, n. 393; 20 novembre 1985, n. 5742, ibid., n. 384; 9 ottobre 1985, n. 4923, ibid., n. 401; 19 aprile 1984 n. 2564, id., 1985, I, 1718, con nota di richiami (tutte in termini con le massime in epigrafe).
(9) I. - In termini, sulla natura costitutiva del provvedimento di rico noscimento della qualifica: Cass. 10 ottobre 1985, n. 4932, Foro it., Rep.
Il Foro Italiano — 1987.
VI
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 giu
gno 1985, n. 3795; Pres. Barba, Est. Tondo, P.M. Valente
(conci, conf.); Monte dei Paschi di Siena (Avv. Scognami
glio) c. Visca (Avv. S. Nigro). Cassa Trib. Roma 14 maggio 1982.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Provvedimento di riconoscimento della qualifica — Natura
costitutiva (L. 24 maggio 1970 n. 336, art. 2, 3; 1. 9 ottobre
1971 n. 824, art. 4; 1. 14 agosto 1974 n. 355, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 8 luglio 1974 n. 261, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti
pubblici ex combattenti e assimilati, art. 1 bis).
In tema di benefici cosiddetti combattentistici, lo scatto aggiun tivo di anzianità, di cui all'art. 1 l. 9 ottobre 1971 n. 824, non può essere attribuito con riferimento ad una data anterio
re a quella del provvedimento di riconoscimento della qualifi ca di ex combattente od assimilato, trattandosi di
provvedimento di natura costitutiva, come tale inidoneo a spie
gare effetti retroattivi. (9)
VII
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 giu
gno 1985, n. 3792; Pres. Barba, Est. Tondo, P.M. Valente
(conci, conf.); Cassa di risparmio di Venezia (Avv. Persiani) c. Massari (Avv. Scognamiglio, Benvenuti, Ventura). Cas
sa Trib. Venezia 23 maggio 1980.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Benefici — Anzianità di servizio — Maturazione — Insussistenza —
Conseguenze.
Impiegato dello Stato e pubblico — Ex combattenti — Previ
denza integrativa aziendale — Collocamento a riposo — Be
nefici — Estensione — Esclusione — Fattispecie (L. 24 maggio 1970 n. 336, art. 3, 4; 1. 9 ottobre 1971 n. 824, art. 4, 6; 1. 14 ottobre 1974 n. 355, art. 1).
In tema di benefici cosiddetti combattentistici, il collocamento
a riposo anticipato, secondo la previsione dell'art. 3 l. 24
maggio 1970 n. 336, con le modificazioni ed integrazioni della
l. 9 ottobre 1971 n. 824, postula la maturazione del diritto
a pensione, tenendo conto, per quanto riguarda i requisiti di tale diritto, che quello dell'anzianità di servizio deve sussi
stere entro il 19 ottobre 1974, mentre quello dell'età pensiona bile (ridotta) può essere eccezionalmente raggiunto, previo
1985, voce Impiegato dello Stato, n. 382; 19 dicembre 1984, n. 6633, id., Rep. 1984, voce cit., n. 388; 15 maggio 1984, n. 2960, ibid., n. 387; 12 ottobre 1982, n. 5259, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1083; 19 maggio 1979, n. 2894, id., Rep. 1979, voce cit., n. 584; Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 1982, n. 81, id., Rep. 1982, voce cit., n. 376; la natura costi tutiva è, invece, negata per gli atti di riconoscimento dei benefici econo mici: Cons. Stato, sez. VI, 31 maggio 1982, n. 276, ibid., n. 386.
II. - La Corte costituzionale è stata da ultimo chiamata a pronunziarsi sulla legittimità della esclusione degli ufficiali giudiziari dal godimento dei benefici ex art. 2 1. 336/70: v. Corte conti, sez. Ili, ord. 12 dicembre
1983, id., 1985, III, 457.
Il conseguimento della qualifica di «patriota» non è stato, invece, con siderato compreso nella nozione di ex combattente cui si riferisce la nor mativa in materia: v. Cass. 21 gennaio 1985, n. 227, id., 1985, I, 2309, con nota di richiami in ordine all'ambito di applicabilità dei benefici in
parola ed alla natura della normativa di cui alla 1. 336/70, ritenuta di carattere eccezionale e, quindi, insuscettibile di estensione analogica a sog getti diversi da quelli tassativamente indicati; in tema v. anche Cass. 17 marzo 1986, n. 1830, id., Mass., 324; nonché, per la loro particolare rilevanza, fra le sentenze richiamate, Cass. 5 febbraio 1980, n. 823, id., 1980, I, 1330, e 19 maggio 1979, n. 2894, ibid., 1407, con note di ulterio ri richiami.
III. - Sono state ritenute spettanti alla giurisdizione amministrativa le controversie sorte in materia di applicazione dei benefici combattentistici, sia tra l'ente pubblico datore di lavoro e l'amministrazione dello Stato, in ordine al carico dell'onere finanziario (T.A.R. Lazio, sez. I, 16 maggio 1984, n. 438, id., Rep. 1985, voce cit., n. 358); sia tra il pubblico dipen dente e l'ente pubblico non economico datore di lavoro, anche se invol
genti il diritto a conseguire una diversa liquidazione del trattamento
pensionistico (Cass. 28 ottobre 1985, n. 5295, ibid., n. 359; Cons. Stato,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mantenimento in servizio, entro il 31 dicembre 1979 (art. 4, 2° comma, l. n. 824 del 1971); in difetto degli indicati requisiti
per il conseguimento del diritto a pensione, la domanda di an
ticipato collocamento a riposo deve essere respinta (restando esclusa la possibilità di considerarla quale atto di dimissioni
volontarie, di per sé idoneo a porre fine al rapporto senza il
riconoscimento dei suddetti benefici), e deve altresì negarsi la
possibilità, ove seguano le dimissioni volontarie, di attribuire
i benefici stessi sulla sola indennità di anzianità. (10) La disciplina delle I. 24 maggio 1970 n. 336 e 9 ottobre 1971
n. 824, sui cosiddetti benefici combattentistici, non è applicabi le con riguardo ai trattamenti pensionistici che configurino li
bere forme di previdenza aziendale, su base negoziale e con
funzione aggiuntiva rispetto a quello dovuto dall'I, n.p.s. (nella
specie, trattamento contemplato dal regolamento di quiescenza e previdenza del personale di cassa di risparmio). (11)
I
1. - Si pone come preliminare nel giudizio la questione dell'ap
plicabilità nel caso dell'art. 33 ter 1. 26 aprile 1983 n. 131, di
conversione del d.l. 28 febbraio 1983 n. 55, secondo cui «i giudi zi pendenti . . . aventi ad oggetto il pagamento dei valori capitali
corrispettivi ai benefici attribuiti al personale di cui all'art. 4 1.
24 maggio 1970 n. 336 . . . ovvero la ripetizione delle somme già
pagate allo stesso titolo sono dichiarati estinti con compensazio ne delle spese tra le parti».
Sul punto il contrasto manifestatosi nella giurisprudenza della
sezione lavoro — con le sentenze nn. 4664/85 (Foro it., 1985,
I, 2822) e 5340/85 (id., Rep. 1985. voce Impiegato dello Stato, n. 473), in senso affermativo, e nn. 1669/84 (id., 1985, I, 495), 834/85 (ibid., 1718) e 4592/85, (ibid., 2468), in senso negativo — e che ha dato luogo alla rimessione della causa a queste sezio
ni unite perché fosse composto è stato di fatto superato dalla
copiosa successiva giurisprudenza della stessa sezione — sent.
3928/86, 4182/86 (id., Mass., 689, 734), 4296/86, (id., 1986, I, 2117), 4526/86, 4994/86, 4997/86, 4999/86, 5029/86, 5032/86, 5288/86 5300/86 (id., Mass., 800, 888, 889, 890, 894, 895, 931, 933) — che, senza ulteriori discordanze, ha ritenuto la detta dip sosizione applicabile solo nei confronti degli enti rientranti nell'a
rea della c.d. finanza pubblica allargata, per i quali con l'art.
33 bis la stessa legge ha assicurato, secondo quanto richiesto dal
la sentenza della Corte costituzionale del'8 giugno 1981, n. 92
(id., 1981, I, 1835), la copertura della relativa spesa a carico del
bilancio dello Stato.
Tale limitazione, pur non essendo espressa nella lettera della
norma, appare infatti risultare — come è rilevato nelle citate sen
tenze della sezione lavoro — dal collegamento dell'art. 33 ter con
l'art. 33 bis e dalla coerenza della ratio di questo alla statuizione
della Corte costituzionale cui il legislatore ha inteso adeguarsi. Ciò ritenuto — allo stato in via di mera delibazione — la corte
deve comunque procedere — dal momento che la pretesa del
l'I.n.p.s. oggetto del giudizio viene esercitata nei confronti di un
ente estraneo all'area della finanza pubblica allargata — alla co
sez. IV, 31 maggio 1984, n. 416, ibid., n. 481; 21 ottobre 1983, n. 739, id., Rep. 1984, voce cit., n. 400; Cass. 10 giugno 1983, n. 3982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 527; T.A.R. Umbria 24 novembre 1980, n. 325, id., Rep. 1982, voce cit., n. 409; Cons. Stato, sez. VI, 21 ottobre 1980, n. 878, id., Rep. 1981, voce cit., n. 430; T.A.R. Veneto 27 luglio 1979, n. 384, id., Rep. 1980, voce cit., n. 461; Cass. 6 giugno 1979, n. 3183, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1247) salvo che non si tratti di dipendente già collocato a riposo, sussistendo in tal caso la giurisdizione della Corte dei conti (Cass. 10 giugno 1983, n. 3982, cit.; 29 ottobre 1980, n. 5804, id., Rep. 1981, voce cit., n. 432), ovvero di dipendente di ente pubblico economico, sussistendo in tal caso la giurisdizione ordinaria (Cass. 3 maggio 1986, n. 3004, cit.).
IV. - In dottrina si segnalano, oltre alle opere citate nelle richiamate note: Tenerelli, Ancora sull'art. 3 della 336/70: le liquidazioni I.n.a.d.e.l., in Comuni d'Italia, 1985, 107; Speziale, Progressione nelle qualifiche per benefici combattentistici, in Giust. civ., 1985, I, 352; Sdii, L'inter
pretazione autentica in ordine ai benefici dei dipendenti pubblici ex com
battenti, in Lavoro e prev. oggi, 1985, 1; Genghini, Computabilità dei
benefici combattentistici a carico del fondo di integrazione delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per il personale delle casse di risparmio: mutato indirizzo interpretativo della Corte di cassazione, in Risparmio, 1984, 1313; nonché, per l'ampio spettro di indagine: Silvestri, Rassegna
degli indirizzi giurisprudenziali in materia di benefici agli ex combattenti, in Dir. impresa, 1983, 659; Piasco, Combattenti, voce del Novissimo di
gesto, appendice, 1980, II, 40.
Il Foro Italiano — 1987.
gnizione della causa, nella quale si presentano però ulteriori que stioni preliminari, di decisivo rilievo, concernenti, sotto i vari profili di cui appresso, la legittimità costituzionale della normativa di
cui l'istituto assicuratore invoca l'applicazione. 2. - Si deve innanzi tutto prendere atto, infatti, della sopravve
nienza nella disciplina della materia di cui si controverte della
1. 9 maggio 1984 n. 118, il cui articolo unico, sotto la rubrica
«Interpretazione autentica della 1. 24 maggio 1970 n. 336, relati
vamente all'estensione dei benefici ai trattamenti di pensione a
carico dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori di
pendenti», testualmente recita: «Le disposizioni della 1. 24 mag
gio 1970 n. 336 e successive modificazioni e integrazioni si
applicano, con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizio ne e nei confronti dei destinatari tassativamente indicati nelle leg
gi stesse, anche nei confronti dei trattamenti a carico
dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
e i superstiti dei lavoratori dipendenti». La difesa dell'ente escusso — soggetto ex art. 6 1. 9 ottobre
1971 n. 824 all'azione di rivalsa I.n.p.s. per quanto ai sensi di
tale norma erogato in favore dei suoi dipendenti — contesta però la legittimità costituzionale della norma stessa sotto vari aspetti, il primo dei quali rileverebbe dal difetto dei presupposti necessa
ri, in assunto, per l'esercizio da parte del legislatore del potere di interpretare autenticamente le proprie disposizioni e del conse
guente suo sconfinamento nell'ambito del potere giurisdizionale, nell'esercizio del quale questa corte aveva costantemente affer
mato — a partire dalla sentenza del 21 settembre 1978, n. 4247
(id., 1978, I, 2728) — l'esclusione delle pensioni a carico delle
assicurazioni generali obbligatorie dal campo di applicazione dei
benefici combattentistici di cui alle 1. 366/70 e 824/71; ovvero
rileverebbe, a considerare la norma in questione di natura, nella
sostanza, meramente innovativa, dal carattere fraudolento rivelato
dalla impropria intitolazione come norma di interpretazione au
tentica.
L'assunto, già ripetutamente e senza eccezioni disatteso da que sta corte — con le sentenze 5552/85 (id., Rep. 1985, voce Previ
denza sociale, n. 345), 3928/86, 4526/86 e 5029/86 (citate), che si
uniformano ad un indirizzo costantemente seguito — appare (sal
va, beninteso, la necessità di ottemperanza in prosieguo ad una even
tuale decisione in senso opposto della Corte costituzionale, già investita della questione da giudici di merito) manifestamente in
fondata.
A parte, infatti, la considerazione che, come questa corte ha ri
tenuto con la sentenza del 4 marzo 1983, n. 1622 (id., 1983,1, 1257), «il fatto che la legge possa dar luogo, o effettivamente abbia dato
luogo, ad incertezze e a discordanti interpretazioni non è condizio
ne necessaria della natura di interpretazione autentica della legge che si presenta come interpretativa, né interferisce con l'efficacia
retroattiva connaturale alla legge medesima, la quale, anche quan do discutibile per il suo contenuto logico, in ogni caso introduce
nell'ordinamento un nuovo precetto, dato dall'interpretazione co
me da esso imposta e sostitutivo di quello cosi interpretato», che
il giudice ai sensi dell'art. 101 Cost, è tenuto ad osservare nelle con
troversie non ancora definite, in ordine alle quali una norma gene rale e astratta è ontologicamente inidonea ad inserire con l'esercizio
della giurisdizione; a parte ciò, vi è da rilevare che la natura di nor
ma interpretativa non è in realtà ravvisabile nella disposizione in
esame.
Tale natura si trova, infatti, affermata, insieme, peraltro, alla
indicazione della sua portata estensiva, solo nella intitolazione
della legge — che come è noto non ha valore dispositivo, ma
può solo fornire un indizio della volontà del legislatore — e ciò
per effetto dell'assorbimento nella proposta di legge n. 1335 pre sentata alla camera dei deputati il 22 febbraio 1984, che era inti
tolata solo come «Estensione . . . ecc.» e di cui è stato in definitiva
integralmente approvato il testo, oltre che della proposta n. 1312
e del disegno n. 114 presentata rispettivamente alla camera ed
al senato e intitolati «Estensione . . . ecc.» e «Tutela . . . ecc.»,
della proposta n. 1392 presentata del pari alla camera; ma non
trova alcun riscontro sostanziale nei relativi lavori parlamentari, fonte anch'essi sussidiaria di indicazioni circa l'intenzione del le
gislatore, nei quali l'esigenza di estendere le integrazioni compor tate dai benefici in questione ai trattamenti previdenziali obbligatori è motivata soltanto — col risultato per converso di una indicazio
ne contraria — da ragioni di equità nei confronti dei destinatari
di tali trattamenti e dalla opportunità di legittimare il comporta
mento già in tali sensi tenuto dall'istituto assicuratore.
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PARTE PRIMA
La legge, va osservato inoltre, ha un contenuto di senso com
piuto chiaramente integrativo, e non esplicativo, di quello delle
precedenti disposizioni cui si ricollega e stabilisce espressamente — come se si fosse trattato di norma interpretativa non sarebbe
stato necessario — la sua efficacia retroattiva.
3. - Le altre questioni di legittimità costituzionale sollevate dal
l'ente datore di lavoro considerano la disciplina dettata con la
1. 118/84 in rapporto al disposto degli art. 3, 41, 53, 81 e 97
Cost.: in quanto operante per un verso con effetti retroattivi di
eccezionale estensione temporale, tali da compromettere il buon
andamento di gestioni pubbliche e in quanto, per altro verso,
collocantesi, anche ed in particolare in ragione della retroattività, al di fuori di ogni possibile ipotesi di programmazione per fini
sociali; in quanto comportante per gli enti pubblici economici
una disparità di trattamento risolventesi in «pesantissima inferio
rità economico-finanziaria» rispetto agli altri soggetti operanti nello
stesso settore o in settori similari e una disparità di trattamento,
inoltre, tra enti aventi o non dipendenti ex combattenti o assimi
lati; in quanto non accompagnata — ove la portata dell'art. 33
bis 1. 131/83, affetto anch'esso nell'ipotesi da vizio di incostitu
zionalità, debba intendersi limitata agli enti rientranti nell'area
della finanza pubblica allargata — da provvidenze di copertura finanziaria reclamate tanto, in via generale, dalla natura pubblica
degli enti gravati, quanto, per ciò che più specificamente concer
ne i consorzi di bonifica, da esigenze di coerenza col sistema delle
sovvenzioni di cui per disposizioni di legge essi godono da parte delle regioni in materia subentrate allo Stato; e in quanto gravan te gli enti datori di lavoro — in contrasto con l'ordinario criterio
della ripartizione degli oneri previdenziali tra lo Stato, i lavorato
ri e, in relazione alla durata di ogni singolo rapporto, i datori
di lavoro, nonché col criterio dell'attribuzione per i servizi milita
ri di contributi interamente figurativi — di un onere pari all'inte
ro importo dei benefici erogati in relazione a tutta la durata del
rapporto assicurativo dei lavoratori ed in ragione di servizi mili
tari da loro prestati in guerra o di vicende personali a tali servizi
assimilate.
Considerate tali eccezioni, la corte ritiene per le ragioni che
seguono non manifestamente infondato il dubbio che la discipli na risultante dal collegamento dell'art, unico 1. 118/84 con l'art.
4 1. 336/70 e l'art. 6 I. 824/71, messo quest'ultimo in relazione
con l'art. 33 bis della 1. 131/85, sia, in rapporto al disposto degli art. 3, 41 e 53 Cost., illegittima.
4. - Si deve infatti in proposito innanzi tutto rilevare che la
detta disciplina pone la generalità degli enti pubblici economici
in posizione svantaggiosamente diffenziata, tanto rispetto agli im
prenditori privati, ai quali essi sono in tutto assimilati sul piano
operativo e su quello dei rapporti con i dipendenti, ma che sono
esenti da qualsiasi onere per benefici combattentistici, non essen
do questi previsti per il loro personale, quanto nei confronti degli enti rientranti nell'area della finanza pubblica allargata, di cui
condividono la natura e i fini generici essenziali e che per effetto
della 1. 131/83 godono della copertura degli oneri in questione a carico del bilancio dello Stato.
Con la sentenza dell'8 giugno 1981, n. 92, cit., le cui argomen tazioni sono richiamate in quella del 17 dicembre dello stesso an
no n. 189 (id., 1982, I, 343), la Corte costituzionale ha ritenuto,
invero, non ravvisabile nel disposto dell'art. 6 1. n. 824/71 una
violazione del principio di parità sancito dall'art. 3 Cost.; ma
10 ha fatto — con riferimento alla diversità di trattamento deri
vante per i vari enti pubblici (e senza riguardo quindi agli im
prenditori privati) dalla mancanza di collegamento tra l'entità degli oneri su di essi gravanti e la «quantità di lavoro» prestato dai
dipendenti e nel presupposto, di cui si dirà più avanti, della non
irragionevolezza della scelta del soggetto gravato dell'onere dei
benefici — sul solo rilievo dell'impossibilità di «spingere il suo
sindacato sino a considerare la situazione speciale di ciascun en
te, istituto o azienda, giudizio questo riservato al merito politico
legislativo». La limitatezza della prospettiva in cui esso si pone sembra dun
que escludere che tale motivo di decisione — condizionato per un verso dalla mancanza in atto della copertura assicurata poi ai comuni e ai loro consorzi e aziende e per altro verso dalla
accettazione a presupposto della decisione (esplicito nella senten
za 189/81 e implicito nella precedente) dell'affermato indirizzo
giurisprudenziale, che negava l'applicabilità dei benefici in discorso
sulle prestazioni a carico delle assicurazioni generali obbligatorie, e peraltro non vincolante al di fuori dei limiti di efficacia propri
11 Foro Italiano — 1987.
del tipo di statuizione cui ha dato luogo — possa considerarsi
ostativo ad una affermazione di illegittimità costituzionale, per difetto di razionale giustificazione, della disparità di trattamento
che con la messa a carico degli enti pubblici economici degli one
ri di cui all'art. 6 1. 824/71 aggravati dalla 1. 118/84 è venuta
a determinarsi a scapito dei detti enti nei confronti, come si è
detto, tanto degli enti pubblici beneficiari della copertura finan
ziaria assicurata dallo Stato, quanto degli imprenditori privati con
cui essi si trovano ad operare in regime di concorrenza.
Tanto meno sembra poi alla corte che ad ostacolo di una tale
affermazione possa porsi il rilievo, sotto il primo profilo, che
la copertura finanziaria è stata disposta in favore degli enti della
finanza pubblica allargata in ottemperanza ad un precetto costi
tuzionale che non riguarda gli altri enti pubblici, dal momento
che il disposto dell'art. 81 Cost. — inteso ad evitare dissesti del
bilancio statale, quali, va notato, la regola del buon andamento
dell'amministrazione sancita dall'art. 97 non può non far consi
derare inammissibili nella gestione di qualsiasi ente pubblico —
non interferisce in alcun modo con la ratio, costituita da una
fondamentale esigenza di giustizia distributiva, del precedente art.
3; né pare che un precedente ostativo possa essere ravvisato, sot
to il secondo profilo, nel giudizio di infondatezza emesso dalla
Corte costituzionale con la sentenza del 28 luglio 1976, n. 194
(id., 1977, I, 23) in ordine all'esclusione dai benefici combattenti
stici dei lavoratori dipendenti da imprenditori privati, giacché la
discriminazione in tal modo operata tra categorie di lavoratori
beneficiari e non beneficiari si pone in termini diversi, e compor tanti spiegazioni diverse, dalla discriminazione operata tra cate
gorie di datori di lavoro onerati e non onerati dei costi dei benefici.
5. - Vi è da considerare, poi, che, come la Corte costituzionale
ha rilevato con le citate sentenze nn. 92 e 189 del 1981, i benefici
in questione hanno — giusta quanto ritenuto con la precedente sentenza del 14 aprile 1965, n. 27 (id., 1965, I, 1130) — un carat
tere «premiale» collegato ad interessi generali di esclusiva compe tenza dello Stato che ne pone la regolamentazione al di fuori
dell'«ambito di applicazione dei principi costituzionali concernen
ti ... il diritto al lavoro» (art. 36 Cost.), nonché il diritto —
sembra doversi aggiungere in coerenza con quanto dalla stessa
corte ritenuto con la sentenza del 20 aprile 1968, n. 29 (id., 1968,
I, 1107), del 6 luglio 1966, n. 92 (id., 1966, I, 1649) e del 19 luglio 1968, n. 113 (id., 1968, I, 2353) in materia di pensioni di guerra e analoghe provvidenze — a prestazioni previdenziali
(art. 38 Cost.). Sembra pertanto restare escluso che a tali benefici, anche se
spettanti in connessione con prestazioni retributive o previdenzia
li, possa essere attribuita la medesima natura di queste. Le stesse due sentenze del 1981 hanno invero anche affermato,
in concordanza con la precedente pronunzia del 2 febbraio 1972, n. 12 (id., 1972, I, 580), che la competenza esclusiva dello Stato
ad attribuire i benefici non esclude il suo potere di farne per
legge gravare l'onere su soggetti diversi; ma hanno nel contempo
precisato che la scelta al riguardo esercitabile dal legislatore deve essere informata a criteri di razionalità sulla base di una «comu
nanza specifica o generica di interessi» e di un «collegamento diretto o indiretto tra la causa dell'imposizione e il fine da conse
guire ... in relazione a doveri di solidarietà politica, economica
e sociale», nei due casi (implicitamente, tranne che per il riferi
mento «anche ad esigenze di riforma della p.a.) ritenuti sussistenti.
Cosiffatta precisazione era in effetti resa necessaria dal dispo sto dell'art. 53 Cost. — norma specificativa, per un verso, del
precedente art. 2 nella parte relativa ai doveri di solidarietà e,
per altro verso, dell'art. 3 nella parte affermativa del principio di parità — secondo cui «tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva».
Posto, dunque, che l'erogazione delle prestazioni «premiali»
disposte in favore degli ex combattenti ed assimilati indubbia
mente costituisce una spesa pubblica, la legittimità dei corrispon denti prelevamenti di ricchezza (in qualsiasi forma) messi a carico
di una determinata categoria di soggetti viene a porsi in dipen denza dell'osservanza da parte del legislatore del principio di ade
guamento alla capacità contributiva degli onerati; ed è a questo che in effetti si riduce la necessità del collegamento tra criterio di imposizione e funzione della spesa o tra presupposto del pre lievo e sfera economica dell'obbligato dalla Corte costituzionale
costantemente affermato, anche se talora solo per implicito, con
riferimento, non solo ai prelevamenti tributari in senso stretto
(sent. 16 giugno 1964, n. 45, id., 1964, I, 1528; 26 giugno 1965, n. 50, id., 1965, I, 1332), ma anche ai prelevamenti (generalmen te a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, in ragione dei
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vincoli di solidarietà connaturali ai loro reciproci rapporti) di con
tributi destinati all'assolvimento delle funzioni previdenziali che
l'art. 38 Cost, demanda ad «organi ed istituti predisposti o inte
grati dallo Stato» (sent. 16 dicembre I960, n. 70, id., 1961, I,
3; 9 giugno 1965, n. 44, id., 1965, I, 1120; 21 giugno 1966, n.
74, id., 1966, I, 1832; 20 febbraio 1969, n. 21, id., 1969, I, 810). 6. - La ragionevolezza e la conseguente legittimità della scelta ope
rata dal legislatore nel mettere a carico degli enti pubblici estranei
alla finanza pubblica allargata l'intero onere dei «benefici combat
tentistici» spettanti ai propri dipendenti può dunque essere dimo
strata solo dalla esistenza di un congruo collegamento tra l'esercizio
della individuata funzione premiale e la condizione degli onerati.
Sul punto, come si è riferito, la Corte costituzionale si è pronun ciata in senso affermativo con le citate sentenze del 1981; ma quel
giudizio — espresso, come si è osservato, nel presupposto della non
riferibilità dei benefici alle prestazioni previdenziali a carico delle
assicurazioni generali obbligatorie — non può senz'altro appli
carsi, sembra anzi fortemente dubbio che possa attagliarsi alla
situazione venutasi a creare con l'entrata in vigore della 1. 118/84.
Mentre, infatti, in precedenza l'onere dei benefici veniva posto a carico degli enti datori di lavoro in connessione, e in proporzio
ne, di prestazioni retributive (tale essendo da considerarsi anche
il trattamento finale) inerenti ai singoli rapporti intrattenuti con
i beneficiari, la nuova disposizione li pone in relazione a presta zioni dovute da altro soggetto (l'I.n.p.s.) in forza di obblighi na
scenti da un rapporto, quello assicurativo, che, come rilevato nella
citata giurisprudenza di questa corte, è distinto e autonomo ri
spetto a quelli di lavoro che ne costituiscono il presupposto, e
generalmente si svolge, comprendendo d'ordinario la vita attiva
di un lavoratore, più di uno di questi, per un arco di tempo mag
giore di ciascuno di essi.
La razionalità della sopravvenuta estensione di oneri sembra
dunque meritare una specifica verifica in tale particolare prospet
tiva, nella quale, non va trascurato di osservare, vengono ad as
sumere uno speciale risalto le discordanze già presenti, ma con
minor peso, nella situazione precedente — tra i criteri di imposi zione adottati in ordine alla scelta degli onerati e all'ammontare
dei prelevamenti e quelli secondo cui nella disciplina delle assicu
razioni generali obbligatorie per i servizi militari di cui agli art.
56 r.d. 4 ottobre 1935 n. 1827 e 49 1. 30 aprile 1969 n. 153 (su cui Cass. 9 maggio 1983, n. 3169, id., Rep., 1984, voce Previden
za sociale, n. 315) sono attribuiti agli assicurati contributi intera
mente figurativi, ossia a totale carico dell'ente assicuratore, e le
contribuzioni ordinarie sono ripartite tra lo Stato, i datori di la
voro e i lavoratori.
7. - Il principio di adeguamento del concorso alla spesa pubbli ca alla capacità contributiva dei soggetti gravati esige, inoltre, che allorquando un'imposizione sia disposta con effetti retroatti
vi (in ogni caso inopportuni secondo la sentenza della Corte co
stituzionale del 27 luglio 1982, n. 143, id., 1982, I, 2712) questi — come la stessa corte ha avvertito con le sentenze del 16 giugno
1964, n. 45 (id., 1964, I, 1528), del 23 maggio 1966, n. 44 (id., 1966, I, 996), dell'I 1 aprile 1969, n. 55 (id., 1969, I, 1394) e del 17 aprile 1985, n. 104 (id., 1985, I, 2198) — non debbono
essere tali, ove la nuova disposizione «alteri, modifichi o trasfor
mi gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria e i criteri
di valutazione che vi sono connessi, quali risultano da una prece dente normativa», da spezzare il rapporto che deve sussistere tra
imposizione e «idoneità del contribuente a corrispondere la pre
stazione», considerata questa «in relazione ... col presupposto al quale la prestazione» stessa è collegata e con gli elementi es
senziali dell'obbligazione tributaria».
Appare pertanto giustificato il dubbio che le disposizioni della
1. 118/84, risolvendosi nell'estensione della precedente imposizio ne in relazione, come si è detto, con l'adempimento di obbliga zioni a carico di un ente diverso dagli onerati e basate su
presupposti essenzialmente diversi da quelli delle obbligazioni di
questi, abbiano violato, in tal modo divergendo dalla ratio della
disciplina preesistente, anche tale esigenza. L'alterazione del precedente rapporto va poi anche considerata
sotto il profilo, di indubbio rilievo in una questione di costituzio
nalità concernente la capacità contributiva, dell'entità dei suoi
effetti, che nel caso appaiono particolarmente gravi, sull'econo
mia degli onerati.
L'ottemperanza agli obblighi derivanti dalla 1. 118/84 compor
ta, infatti, per gli enti pubblici economici l'erogazione di spese che si aggiungono — generalmente sopravanzandole nella misura
Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-48.
— a quelle già a loro carico per i benefici combattentistici con
nessi ai trattamenti di fine rapporto previsti dai rispettivi ordina
menti; altera i rapporti di integrazione dagli ordinamenti stessi
stabiliti tra tali trattamenti e le prestazioni previdenziali a carico
delle assicurazioni generali obbligatorie, determinando a danno
dei datori di lavoro, ove i trattamenti integrativi siano già corri
sposti in misura rapportata all'ammontare di prestazioni previ denziali con comprensive dei benefici, situazioni di squilibrio
generalmente non correggibili; e viene imprevedibilmente ad inci
dere, sconvolgendole, su situazioni di bilancio via via maturate
e composte — secondo le regole della buon aamministrazione —
nell'arco di tempo intercorso tra il 1970 e il 1984, alla cui durata
va riconosciuta, giusta quanto a contrariis si trova affermato nel
la sentenza della Corte costituzionale del 27 luglio 1982, n. 143,
cit., specifica rilevanza.
8. - La legittimità dell'aggravio di imposizione comportato dal
la 1. 118/84 sembra infine alla corte che meriti di essere conside
rata — sulla base, e ad ulteriore sostegno, di quanto si è già osservato in ordine alla disparità di trattamento tra enti pubblici economici e imprenditori privati e alla relazione tra efficacia re
troattiva dell'imposizione e capacità contributiva — in rapporto al disposto dell'art. 41 Cost., che sancisce la libertà dell'iniziativa
economica privata; giacché, per essere gli enti pubblici economici
destinati ad operare con criteri imprenditoriali, in regime privati stico ed in concorrenza con gli imprenditori privati, sembra do
versi ritenere che — nell'ambito, beninteso, delle loro finalità
istituzionali — essi siano da annoverarsi tra i destinatari della
detta garanzia di libertà, e appare per converso non irragionevole considerare la loro differenziata sottoposizione a prelevamenti di
ricchezza per spese pubbliche non corrispondenti — sotto i profi li della causa, dell'entità e del riferimento temporale — alla pro
pria capacità contributiva come fattore di illegittima compressione della libertà stessa.
9. - Posto, dunque, che in ordine alla 1. 118/84 ed alla collega ta normativa di cui l'I.n.p.s. invoca l'applicazione si pongono
questioni di legittimità costituzionale che secondo quanto si è espo sto non appaiono manifestamente infondate e ritenuto che la lo
ro soluzione è indispensabile per la decisione della causa, tali
questioni debbono ai sensi degli art. 134 e 136 Cost, e 23 1. 11
marzo 1953 n. 87 essere deferite al giudizio della Corte costitu
zionale con conseguente sospensione, fino alla decisione di que
sta, del giudizio in corso.
II
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo del ricorso, si
denuncia violazione dell'art. 3 1. 24 maggio 1970 n. 336 e degli art. 4 e 6 1. 9 ottobre 1971 n. 824 (art. 360, n. 3, c.p.c.) e si
deduce — dopo di aver rilevato che era sopravvenuta la 1. n.
118/84 di interpretazione autentica della 1. n. 336/70 e succ. mod., la quale aveva esteso retroattivamente i benefici in questione an
che ai trattamenti di pensione a carico dell'assicurazione generale
obbligatoria — che comunque il tribunale avrebbe erroneamente
ritenuto di escludere l'applicazione dei benefici combattentistici
sul trattamento di pensione a carico dell'assicurazione generale
obbligatoria dei dipendenti del consorzio.
Con la memoria, l'istituto chiede l'estinzione del giudizio ex
art. 30 ter 1. n. 131/83.
Osserva prelininarmente la corte che tale ultima richiesta non
è fondata. Invero, premesso che sia il d.l. 28 febbraio 1983 n.
55 sia la successiva legge di conversione 26 aprile 1983 n. 131, hanno per titolo «Provvedimenti urgenti per il settore della fi
nanza locale per l'anno 1983», è da rilevare che lo stesso corpo delle predette disposizioni si riferisce unicamente alle previsioni di bilancio dei comuni e delle province. In particolare va osserva
to che l'art. 30 ter della legge di conversione n. 131/83 non può essere letto separatamente dall'art. 30 bis della stessa legge. E
tale articolo recita testualmente: «Agli effetti dei pensionamenti derivati dalla 1. 24 maggio 1970 n. 336, all'art. 6 1. 9 ottobre
1971 n. 824 è aggiunto il seguente comma: «All'onere finanziario
derivante dall'applicazione della 1. 24 maggio 1970 n. 336, al per sonale indicato dall'art. 4 della legge stessa, valutato in ragione di lire 300 miliardi all'anno, provvede l'ente, l'istituto o l'azienda
datore di lavoro all'uopo parzialmente utilizzando o le disponibi lità del proprio bilancio provenienti dai trasferimenti operati a
carico del bilancio dello Stato o quelle affluite in bilancio in rela
zione alle specifiche attività svolte dai medesimi». Ed il richiamo
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PARTE PRIMA
all'art. 6 1. 9 ottobre 1971 n. 824, nel senso dell'aggiunta del
predetto ulteriore comma, è giustificato dalla sentenza della Cor
te cost. 8 giugno 1981, n. 92 (Foro it., 1981, I, 1835), che ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art.
81, 4° comma, Cost., l'art. 6 1. 9 ottobre 1971 n. 824 «nella
parte in cui non indica con quali mezzi i comuni, le aziende mu
nicipalizzate e relativi consorzi faranno fronte agli oneri finanzia
ri posti a loro carico».
Invero, l'art. 81, 4° comma, Cost, sancisce che ogni altra leg
ge, oltre quella di bilancio, che importi nuove o maggiori spese, deve indicare i mezzi per farvi fronte; e la corte, con la sentenza
menzionata, ha ritenuto che tale principio costituzionale non può essere eluso dal legislatore, addossando ad enti, rientranti nella
c.d. finanza pubblica allargata (v. tabella A di cui all'art. 25 1.
n. 462 del 1978) nuove e maggiori spese, senza indicare i mezzi
con cui farvi fronte.
Si spiega in tal modo la ragione della disposta estinzione dei
giudizi, di cui all'art. 30 ter 1. 26 aprile 1983 n. 131, avendo il legislatore provveduto, giusta l'art. 30 bis della legge, a finan
ziare i predetti enti di «finanza pubblica allargata» (nei quali rien
trano i comuni, le aziende municipalizzate ed i relativi consorzi) e ciò proprio in relazione agli oneri derivanti a tali enti dalla
applicazione dell'art. 4 1. 24 maggio 1970 n. 336, sarebbe stato
fuor di luogo mantenere ancora in vita i giudizi pendenziali tra
gli istituti previdenziali e tali enti alla data di entrata in vigore della legge di copertura finanziaria; giudizi relativi al pagamento in favore dell'I.n.p.s. del corrispettivo in valore capitale dei be
nefici combattentistici conseguenti proprio all'applicazione della
predetta 1. n. 336/70.
Ne discende che l'estinzione è applicabile soltanto a giudizi tra
l'I.n.p.s. ed i menzionati enti rientranti nella c.d. finanza pubbli ca allargata e non agli altri giudizi pendenti tra l'I.n.p.s. ed enti
diversi da quelli sopra menzionati.
D'altronde, la 1. 9 maggio 1984 n. 118 è posteriore alla 1. 26
aprile 1983 n. 131, che all'art. 30 ter prevede l'estinzione dei giu dizi pendenti (nei limiti però avanti precisati), per cui non avreb
be alcun senso se l'estinzione fosse viceversa da intendersi
generalizzata, applicare, con interpretazione autentica — e quindi retroattivamente — nei confronti dei trattamenti a carico dell'as
sicurazione generale obbligatoria le disposizioni, di cui alla 1. n.
336/70, pur avendo lo stesso legislatore precedentemente dispo sto l'estinzione d'ufficio dei giudizi sorti proprio per la mancata
applicazione della legge stessa.
Nella specie, è pacifico che il consorzio resistente non rientra
tra gli enti c.d. di finanza pubblica allargata, per cui la richiesta
dell'I.n.p.s. di estinzione d'ufficio del giudizio ex art. 30 ter 1.
26 aprile 1983 n. 131, va disattesa.
Deve accogliersi, invece, l'unico motivo del ricorso principale, proposto dallo stesso istituto, in base all'art, unico 1. 9 maggio 1984 n. 118 (dichiaratamente interpretativa), secondo cui: «le di
sposizioni della 1. 24 maggio 1970 n. 336, e successive modifica zioni ed integrazioni, si applicano, con effetto dalla data prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari tassativa
mente indicati nelle leggi stesse, anche nei confornti dei tratta menti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti».
Non vi è dubbio che trattasi di una norma d'interpretazione autentica e come tale retroattiva.
Invero, è giurisprudenza costante di questa corte che a prescin dere dalla intestazione della legge (qui, peraltro, la legge è espres samente qualificata dal legislatore di «interpretazione autentica») il carattere interpretativo autentico di una legge dipende esclusi
vamente dal suo contenuto, caratterizzato dall'enunciazione di un
apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio
e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone una certa interpretazione, escludendone ogni altra, non solo per il futuro, ma anche per il passato e che ha perciò sempre effica cia retroattiva, a meno che la stessa legge disponga altrimenti
(v. Cass. 4 marzo 1983, n. 1622, id., 1983, I, 1257). E tali caratteri ha indubbiamente la norma in esame, in quanto
il legislatore, collegandosi a precetti preesistenti (quelli della 1. n. 336/70 e successive modificazioni ed integrazioni) ha autorita
tivamente ritenuto applicabili i detti precetti, fugando ogni dub
bio o contraria interpretazione in proposito, nei confronti
dell'assicurazione generale obbligatoria «con effetto dalla data
prevista da ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari
tassativamente indicati nelle leggi stesse».
Orbene, è vero che l'art. 11 disp. sulla legge in generale sanci
II Foro Italiano — 1987.
see il principio che «la legge non dispone che per l'avvenire», ma è pur vero che detto principio è stato elevato a dignità di
precetto costituzionale nel solo campo delle leggi penali, giusta l'art. 25 Cost.
Fuori di tale ipotesi, esso costituisce unicamente una direttiva
rivolta al legislatore, che ha piena facoltà di derogarvi quando eccezionalmente lo ritenga opportuno; non esiste, quindi, un prin
cipio costituzionale di irretroattività nemmeno nel campo tributa
rio, a meno che il provvedimento legislativo non abbia provocato una alterazione della relazione tra impugnazione e capacità con
tributiva (art. 53 Cost.). Non può, perciò, dubitarsi che il legislatore ben possa, quando
una legge abbia dato luogo ad incertezze interpretative, precisare, in modo definitivo ed obbligatorio, erga omnes, il suo reale pen siero mediante l'emanazione di apposita legge interpretativa, che
diviene obbligatoria, come qualsiasi altra legge ordinaria nei con
fronti di tutti i cittadini.
Avverso l'applicabilità di tale legge il resistente ha, però, ecce
pito anzitutto che essa è in contrasto con gli art. 101, 2° comma, e 104, 1° comma, Cost., i quali rispettivamente dispongono: «I
giudici sono soggetti soltanto alla legge» e «La magistratura co
stituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro pote re». In sostanza, si sostiene che vi sarebbe, nella specie, un eccesso
di potere del legislatore, il quale per stroncare un'interpretazione ormai costante della magistratura, in conformità con quanto de
ciso dalle sezioni unite di questa corte con la sentenza n. 4247
del 21 settembre 1978 (id., 1978, I, 2728), ha emanato la legge di interpretazione autentica n. 118/84 dopo ben 14 anni dalla
legge interpretata 24 maggio 1970 n. 336, prevaricando sul potere
precipuo della magistratura, che è quello di interpretare le leggi. L'eccezione è manifestamente infondata. Invero, a parte l'op
portunità o meno di una siffatta politica legislativa (emanazione di una legge interpretativa a tanto notevole distanza di tempo dalla legge interpretata) rientra indiscutibilmente tra i poteri del
legislatore sia quello di emanare una legge innovativa retroattiva
sia quello di imporre al giudice mediante l'interpretazione auten
tica una lettura diversa da quella cui si sarebbe dovuto giungere — alla stregua della normativa preesistente — attraverso il cor
retto impiego degli strumenti esegetici, sempre che, ovviamente, sia rispettato il limite invalicabile della irretroattività delle norme
penali, come si è detto, È, quindi, ammissibile l'intervento del
legislatore, con interpretazione autentica, non soltanto quando in materia vi sia stato contrasto giurisprudenziale, ma anche quan do l'indirizzo ermeneutico della Corte di cassazione, istituzional
mente investita dal potere nomofilattico, risulta — come nella
specie — pressoché omogeneo (v. Cass. 20 maggio 1982, n. 3139,
id., Rep. 1982, voce Legge, n. 40). E tale intervento non contra
sta né con l'art. 101 Cost., in quanto i giudici sono soggetti an
che alle leggi di interpretazione autentica né con l'art. 104, 1°
comma, Cost, in quanto l'indipendenza della magistratura non
è minimamente intaccata dal potere del legislatore di interpretare autenticamente le leggi, dato che in uno Stato di diritto tale pote re non è vietato dalla Costituzione, deve ritenersi consentito allo
stesso legislatore.
Quanto alla ulteriore eccezione in ordine alla irretroattività della
disposizione, di cui all'art, unico 1. n. 118/84, nonostante la di
chiarata, ma nominale sua natura di interpretazione autentica, deve aggiungersi a quanto già detto che il problema se siano re
troattive soltanto le leggi interpretative che «interpretano» e non
anche le leggi interpretative che «innovano», problema ampia mente discusso in dottrina, va qui risolto nel senso che la norma
in parola non può non ritenersi retroattiva. E ciò perché non
soltanto nella intestazione, ma nello stesso corpo della disposizio ne il legislatore ha affermato che «le disposizioni della 1. 24 mag
gio 1970 n. 336 si applicano con effetto dalla data prevista da
ciascuna disposizione e nei confronti dei destinatari tassativamen
te indicati nelle leggi stesse». In effetti, salvi i suddetti descritti
limiti costituzionali alla retroattività, ogni legge che si definisca — o voglia palesemente essere di interpretazione autentica — re
troagisce, e ciò perché questa definizione ovvero questa palese volontà almeno una cosa sta chiaramente ad esprimere: che è
volontà del legislatore — generalmente per reagire, come si è det
to, a un indirizzo interpretativo maggioritario — interpretare, con
effetti ab origine, una vecchia norma con una nuova, la quale
integra la precedente disposizione in senso sostanziale, ché altri
menti nessun concreto scopo avrebbe l'interpretazione autentica.
Anche tale specifica eccezione va, pertanto, respinta. Il consor
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zio ha, infine, eccepito che la 1. n. 118/84 ha creato disparità di trattamento tra enti, violando cosi l'art. 3 Cost., ed ha rilevato
1) che l'aver posto la legge a carico del solo datore di lavoro
l'onere di spesa derivante dall'applicazione dei benefici crea una
irragionevole disparità di trattamento tra enti pubblici in dipen denza del solo elemento casuale dell'aver o meno tra i propri
dipendenti ex combattenti od assimilati; 2) che non è indifferente
per gli enti datori di lavoro far fronte al pagamento delle presta zioni previdenziali in unica soluzione ovvero gradualmente nel
corso dei sette o dieci anni, come accade rispettivamente a che
ha o a chi non ha dipendenti con qualifica di ex combattenti;
3) che l'onere relativo ai contributi assicurativi per l'invalidità
e la vecchiaia è ripartito tra lavoratori, datori di lavoro e Stato
in rappresentanza della collettività, mentre col sistema di cui alla
1. n. 824/71 resta a carico del solo ultimo datore di lavoro l'ac
cantonamento e la corresponsione delle somme necessarie a fi
nanziare il fondo pensioni per i lavoratori dipendenti; 4) che pur essendo il legislatore libero di scegliere i soggetti tenuti all'onere
finanziario in relazione all'elargizione dei benefici combattentisti
ci, è tenuto a farlo rispettando le norme costituzionali ed in par ticolare quelle che impongono di trattare allo stesso modo i soggetti dell'ordinamento giuridico che versano nella medesima situazio
ne; 5) che, infine, con la 1. 9 maggio 1984 n. 118, il legislatore avrebbe dovuto provvedere anche in ordine all'onere finanziario, cosi come aveva fatto con l'art. 30 bis 1. 26 aprile 1983 n. 131
per i dipendenti delle regioni delle province, dei comuni o loro
aziende.
Tutte le predette eccezioni non assurgono al livello della non
manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale.
Invero, premesso che rientra nella discrezionalità del legislatore concedere benefici a determinate categorie di cittadini (ex com
battenti ed equiparati) e che la Corte costituzionale, con la men
zionata sentenza n. 92 del 1981, si è espressa in proposito, dichiarando infondata la relativa eccezione di costituzionalità, è
dato rilevare che manca, allo stato, in relazione alle eccezioni
sopra indicate, con concreta, specifica rilevanza di un interesse
leso nel presente giudizio, tal che questo possa — in ipotesi —
essere sospeso in riferimento ad un concreto accertamento dei
profilati dubbi di costituzionalità.
In altri termini, non appartiene, al presente ricorso alcuna que stione in ordine ad eventuali pagamenti e duplicazione di paga menti da parte della resistente, sicché le eccezioni di legittimità costituzionale proposte non attengono al thema decidendum in atti.
Né, comunque, l'aver eventualmente già il consorzio pagato, in tutto od in parte, con propri fondi, i benefici combattentistici
a propri dipendenti, può impedire all'I.n.p.s. di avvalersi della
vigente 1. n. 118 del 1984 per recuperare propri crediti in ordine
al trattamento a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Del pari, in una visione globale del problema, non è impedito
al consorzio di recuperare somme eventualmente pagate per erro
re a propri dipendenti. Nel caso di specie, va rilevato, in particolare, che il trattamen
to di previdenza è strutturato attraverso un duplice rapporto: il
primo facente capo all'assicurazione generale obbligatoria; il se
condo disciplinato da un distinto regolamento, che opera secon
do la logica dei fondi integrativi. A proposito di tale duplice rapporto va osservato che quello
facente capo all'.I.n.p.s. è fondato sulla legge ed ha carattere
obbligatorio ed inderogabile; quello integrativo ha fondamento
su disposizioni regolamentari, interne al consorzio e presuppone l'esistenza del primo per garantire un trattamento più favorevole
sia sotto il profilo quantitativo sia applicando gli eventi protetti.
Consegue che il fondo integrativo non si pone in alternativa con
il rapporto assicurativo obbligatorio originario, attesa la diversità
della fonte normativa che disciplina l'uno e l'altro, né si deduce
alcunché che lasci presumere il contrario.
In conclusione, il ricorso dell'I.n.p.s. va accolto e la sentenza
impugnata va cassata, con rinvio ad altro giudice di appello, che
si designa nel Tribunale di Padova, il quale riesaminerà la con
troversia attenendosi ai principi sopra esposti. (Omissis)
III
Motivi della decisione. — Con il primo motivo, variamente
articolato, il ricorrente denunzia violazione ed erronea applica zione della 1. n. 336 del 1970 e della 1. n. 824 del 1971 in relazio
ne all'art. 18 del «nuovo trattamento integrativo di quiescenza
Il Foro Italiano — 1987.
per i dipendenti» approvato dal consiglio di amministrazione del
Banco di Sardegna nell'adunanza del 27/28 novembre 1979.
Deduce che il tribunale: a) erroneamente ha fatto applicazione delle norme suddette ai dipendenti del banco nonostante il carat
tere «aggiuntivo» del trattamento previsto dal regolamento e sen
za aver considerato che questo, frutto dell'autonomia negoziale, aveva contenuto derogatorio rispetto alle norme suddette; essen
do successivo ad esse non poteva subire la disciplina delle stesse
che avevano ormai esaurito la loro efficacia; b) erroneamente ha
esteso il beneficio della riduzione del limite di età, previsto in
esclusiva relazione al conseguimento della pensione di vecchiaia, anche all'ipotesi della pensione di anzianità, per la quale il legi slatore ha previsto solo l'agevolazione per l'aumento di servizio;
c) erroneamente ha equiparato il trattamento erogato dal fondo, sebbene a carattere «aggiuntivo» e a contenuto negoziale, al trat
tamento erogato a carico di gestioni speciali, le quali sono invece
amministrate in regime pubblicistico da enti pubblici; d) erronea
mente — perché in spregio del divieto di cumulo — ha ammesso
il dipendente a godere dei benefici combattentistici nonostante
che lo stesso già una volta ne aveva usufruito ai fini della pensio ne I.n.p.s.
Il motivo è fondato. Le premesse indiscusse alle quali ha fatto
riferimento il tribunale, ossia l'incontestata applicabilità sia delle
1. n. 336 del 1970 e n. 824 del 1971 al rapporto d'impiego che
ha legato le parti sia dei benefici discendenti dal fondo di previ denza (che il banco pretende semplicemente di applicare con una
decorrenza successiva), non approdano alla conseguenza che il
dipendente ex combattente se collocato a riposo possa usufruire
dei benefici combattentistici, agli effetti della determinazione del
l'anzianità convenzionale, contemporaneamente a carico dei da
tori di lavoro (o dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità vecchiaia e superstiti ex 1. n. 118 del 1984) e di altre
forme previdenziali.
Proprio la suddetta semplice possibilità invece è stata ritenuta
attuabile nel caso di specie sulla scorta della lettura del regola mento del Banco di Sardegna il quale, prevedendo il collocamen
to a riposo per le due sole ipotesi del raggiungimento dell'età
pensionabile (60 anni) e delle dimissioni (o del licenziamento), ad avviso del tribunale lascia spazio ad una sola conseguenza: che i destinatari dei benefici combattentistici, anche agli effetti
del sistema pensionistico interno del Banco di Sardegna, debbano
essere considerati non già cessati dal servizio per dimissioni bensì
posti a riposo per raggiunta età pensionabile. La conclusione che
se ne ricava è che in siffatta ipotesi il trattamento integrativo di quiescenza spetti non già per effetto del raggiungimento dell'e
tà pensionabile (per l'Aru il 1° febbraio 1984) come sostiene il
Banco di Sardegna, ma per effetto dell'incidenza dei benefici com
battentistici sul termine utile al pensionamento (per l'Aru il 1°
gennaio 1980 giorno del collocamento a riposo).
Orbene, postosi nel ristretto solco della differenza tra i due
suddedetti tipi di cessazione del rapporto di lavoro (raggiungi mento del limite di età e dimissioni o licenziamento) il tribunale
non ha tenuto in alcun conto che il fondo in questione costituisce
una libera fonte di previdenza aziendale e che il trattamento da
esso erogato è del tutto autonomo ed indipendente da quello del
l'I. n.p.s. (il che non è contestato). E l'affermazione di principio contenuta nella decisione impu
gnata, sebbene essa ricalchi il contenuto di una sentenza di que sta corte (4564/80, Foro it., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 1037) non può essere condivisa perché non è conforme alla
prevalente giurisprudenza relativa alla materia in esame (n.
1345/79, id., 1980, I, 196; 1347/79, id., Rep. 1980, voce cit., n. 983; 2284/82, id., Rep. 1982, voce cit., n. 653; 7454/83, id.,
Rep. 1984, voce cit., 1160) alla quale il collegio intende aderire
perché di contenuto più rispondente al disposto legislativo. In sintesi, in tema di benefici combattentistici, l'art. 6 1. n.
824 del 1971 secondo il quale il collocamento a riposo — ai sensi
dell'art. 3 1. n. 336 del 1970 — dei dipendenti degli enti pubblici diversi dallo Stato, produce «tutti gli effetti previsti per il collo
camento a riposo», va riferito agli istituti tipici del trattamento
di quiescenza e di fine rapporto; e, pertanto, non può essere in
vocato al fine del conseguimento, in difetto dei requisiti di età
stabiliti dai rispettivi ordinamenti interni, di trattamenti pensioni stici che configurino libere forme di previdenza aziendale su base
negoziale con funzione aggiuntiva e non sostitutiva od integrativa del trattamento pensionistico dovuto dall'I.n.p.s. (sez. un. 872/84,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 1159, e 7454/83, ibid., n. 1160).
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PARTE PRIMA
Ai fini della valutazione della natura del trattamento erogato dal fondo è opportuno segnalare che le sezioni unite di questa corte (n. 872 del 1984) hanno già avvertito che nella formula «even
tuale trattamento integrativo» di cui all'art. 3 1. n. 336 del 1970
e all'art. 4, 3° e 4° comma, 1. n. 841 del 1971 la nozione tecnico
giuridica di «trattamento pensionistico integrativo» non comprende
qualsiasi prestazione economica avente l'effetto di migliorare co
munque il trattamento pensionistico tipico, ma indica soltanto
un meccanismo previdenziale appositamente istituito dalla legge ed avente la peculiare finalità di completare il regime previden ziale obbligatorio di determinati beneficiari, come è stato previ sto appunto per i marittimi (1. n. 658 del 1957), per gli addetti
alle esattorie (1. n. 377 del 1958), per gli addetti alle miniere (1. n. 5 del 1970), ecc.; e che altre volte la funzione previdenziale è demandata a strutture pubblicistiche (c.d. gestioni speciali) che
operano in regime di previdenza obbligatoria ed in ogni caso nel
l'ambito delle finalità istituzionali perseguite dall'I.n.p.s. dal quale sono gestiti. Ed è stata altresì avvertita una peculiarità costante
per quanto riguarda la fonte dei vari meccanismi previdenziali, ossia che essi trovano la loro fonte diretta immediata ed esclusiva
nella legge la quale provvede altresì a porre una disciplina nor
mativa tipicamente pubblicistica. (Omissis)
IV
Motivi della decisione. — (Omissis). Col secondo motivo, de
nunciando violazione e falsa applicazione della norma contenuta
nell'art. 4 1. n. 824 del 1971, che richiama l'art. 1 d.p.r. n. 759
del 1965, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., il ricorrente
censura la sentenza impugnata per avere dichiarato che nella pre detta norma non rientrano anche i dipendenti degli enti locali.
La censura concerne l'interpretazione data dal tribunale in punto di aliquota, sull'SOVo della retribuzione annua, da applicarsi al
l'indennità «premio di fine servizio» dovuta ai dipendenti degli enti locali andati a riposo con i benefici combattentistici.
Il ricorrente sostiene, infatti, che il citato art. 4, disponendo che per tali dipendenti i benefici derivanti dall'aumento di servi
zio previsto dal 2° comma dell'art. 3 1. n. 336 del 1970 «operano, ai fini della liquidazione della indennità di buonuscita o di previ denza, o dell'indennità di anzianità comunque denominata, nei
limiti previsti dall'art. 1 d.p.r. n. 759 del 1965», ha voluto esten
dere ai dipendenti degli enti locali l'aliquota di un dodicesimo, stabilita in quest'ultimo testo a favore dei dipendenti statali, e
ciò sia per gli anni di anzianità fittizia, sia per gli anni di anziani
tà effettiva. (Omissis) Passando al secondo motivo del ricorso, che verte soltanto sul
la questione suindicata del divisore ai fini della determinazione
dell'indennità «premio di fine servizio» (non essendo più le altre
questioni di merito in contestazione), osserva la corte che an
ch'esso è infondato.
Questa Suprema corte, in fattispecie concernenti l'applicazione della disciplina introdotta a favore degli ex combattenti od assi
milati, aveva, con giurisprudenza costante, affermato il principio secondo cui, ai fini della determinazione dell'indennità di buonu
scita relativa all'azianità figurativa di sette o di dieci anni ricono
sciuta dal 2° comma dell'art. 3 1. n. 336 del 1970 ai dipendenti dello Stato ex combattenti ed assimilati ed estesa al personale
dipendente indicato nell'art. 4 della stessa legge, il riferimento
all'art. 1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759 (sul trattamento previden ziale dei dipendenti statali), operato dall'ultimo comma dell'art.
4 1. 9 ottobre 1971 n. 824, è inteso a stabilire criteri di liquidazio
ne, per quanto attiene alla aliquota del computo e alla determina
zione della stessa base di calcolo (un dodicesimo dell'80%
dell'ultimo stipendio annuo o paga o retribuzione), eguali per tutti i dipendenti ammessi a godere del beneficio, con conseguen te esclusione dei criteri di liquidazione, più o meno favorevoli,
degli ordinamenti delle varie amministrazioni di appartenenza dei
dipendenti medesimi; con la conseguenza, in tema di indennità
«premio di servizio» per i dipendenti degli enti locali, che il crite
rio di calcolo («un quindicesimo» dell'SCVo), previsto dall'art. 4
1. 8 marzo 1968 n. 152, è utilizzabile soltanto in relazione agli anni di effettivo servizio e non anche in relazione agli anni di
anzianità figurativa, per i quali va invece applicato il sistema di
calcolo previsto dall'art. 1 d.p.r. del 1965 (tra le tante: Cass.
13 aprile 1984, n. 2396, Foro it., Rep. 1984, voce Impiegato dello
Stato, n. 854; 16 febbraio 1984, n. 1185, ibid., n. 831; 10 gen naio 1983, nn. 151 e 155, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 848, 858).
Il Foro Italiano — 1987.
Questo il costante orientamento giurisprudenziale di cui si è
parlato, alla stregua del quale, però, non si poneva in dubbio
che il meno favorevole divisore di un quindicesimo, previsto dal
la legge speciale per il trattamento dei dipendenti degli enti locali
(art. 4 1. n. 152 del 1968), fosse applicabile, ai fini della determi
nazione dell'indennità «premio di fine servizio», almeno per il
periodo di anzianità effettiva di servizio, esulando, per tale perio
do, ogni ragione perequati va in ordine ai benefici economici per
gli ex combattenti ed equiparati; onde giustamente il tribunale
ha disatteso la pretesa del Signorino di applicazione del più favo
revole divisore di un dodicesimo per il periodo di anzianità effet
tiva di servizio.
Senonché il cennato orientamento giurisprudenziale è stato ne
gli ultimi tempi rimeditato per quanto riguarda il periodo di an
zianità figurativa attribuito agli ex combattenti ed equiparati (sette 0 dieci anni a seconda dei casi), una prima volta con sentenza
18 aprile 1984, n. 2536 della sezione lavoro (id., Rep. 1984, voce
cit., n. 865) e, subito dopo, con sentenza di queste sez. un. 10
aprile 1984, n. 2564 (id., 1985, I, 1718), che è pervenuta a con
clusioni sostanzialmente analoghe, seguita ulteriormente da con
forme decisione 4 giugno 1985, n. 3344 della sezione lavoro (id.,
Rep. 1985, voce cit., n. 437). Con la prima delle citate decisioni, la corte ha ritenuto che
l'art. 4, ult. comma, 1. 9 ottobre 1971 n. 824, il quale dispone
che, per il personale degli enti indicati dall'art. 4 1. n. 336 del
1970, i benefici derivanti dall'aumento di servizio previsto dal
2° comma dell'art. 3 di tale legge, operano, ai fini della liquida zione dell'indennità di buonuscita o di previdenza, o dell'inden
nità di anzianità comunque denominata, nei limiti previsti dall'art.
1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759, vada inteso nel senso che il sistema
di calcolo stabilito dalla norma richiamata (art. 1 d.p.r. citato) non è sostitutivo dei criteri di calcolo propri dell'indennità di cui
il beneficio combattentistico costituisce un supplemento, ma fun
ge solo da limite massimo della liquidazione spettante in base
ai criteri di calcolo (più o meno favorevoli) stabiliti dagli ordina
menti dei vari enti e che, pertanto, l'indennità «premio di servi
zio» per i dipendenti degli enti locali vada determinata, anche
per quanto concerne gli anni di anzianità figurativa, in base al
sistema di calcolo (un quindicesimo, ecc.) previsto dall'art. 4 1.
8 marzo 1968 n. 152, anziché in base al sistema di calcolo stabili
to dall'art. 1 d.p.r. del 1965 per i dipendenti statali.
Si è osservato con argomentazioni pertinenti nella detta deci
sione che «in tal senso si esprime univocamente la lettera della
legge» (art. 4 della legge sui combattenti n. 824 del 1971) con
lo stabilire che «i benefici . . . operano ... nei limiti previsti dal
l'art. 1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759», di talché «non sembra pos sibile trarre dalla considerazione della sua ratio e dei collegamenti sistematici con le altre norme regolatrici della materia, alcuna
indicazione che imponga di leggerla come se dicesse che i benefici
operano, invece, secondo la previsione richiamata»; che, quindi, con la citata norma della legge sui combattenti si è inteso porre «un limite massimo, costituito dal ragguaglio al corrispondente trattamento degli statali» e che, anche dal punto di vista della
ratio della norma, «del tutto piana si presenta la spiegazione che
del senso limitativo della norma è data (al lume dell'esperienza storica di comune acquisizione, documentata anche da pronunzie della Corte costituzionale) mercé il richiamo alla preoccupazione di arginare l'onere finanziario cui i benefici finanziari esponeva
no, senza contropartita, gli enti erogatori»; onde «il prospettato intento totalmente perequativo» in materia di benefici economici
derivanti dall'anzianità figurativa riconosciuta agli ex combatten
ti (secondo il precedente orientamento giurisprudenziale) finiva
col porre a fondamento dell'interpretazione della norma una «evi
dente petizione di principio». E ad analoga conclusione sono pervenute, come già detto, le
sezioni unite di questa corte con la citata sentenza n. 2564 del
1984 (cui ha fatto seguito l'identica decisione n. 3344 del 1985
della sezione lavoro), laddove si è stabilito, con riguardo all'in
dennità «premio di servizio», corrisposta dall'I.n.a.d.e.l. ai di
pendenti degli enti locali secondo la previsione della 1. 2 giugno 1930 n. 733 e della 1. 8 marzo 1968 n. 152, che il criterio di
computo fissato dall'art. 4 di tale ultima legge (nella misura di
un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi doti
ci mesi considerata in ragione dell'80%), deve essere applicato anche per quanto attiene alla parte della indennità medesima li
quidata in relazione all'anzianità convenzionale spettante per i
benefici cosiddetti combattentistici, in base alla 1. 24 maggio 1970
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
n. 336, tenuto conto che il richiamo all'art. 1,1° comma, d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759 (trattamento previdenziale dei dipendenti
statali), operato dal 5° comma dell'art. 4 1. 9 ottobre 1971 n.
824 (recante modificazioni ed integrazioni della suddetta 1. n. 336
del 1970), non comporta la sostituzione di detta misura (un quin
dicesimo) con quella di un dodicesimo prevista per gli impiegati dello Stato, ma, fungendo da limite, lascia operanti le norme dei
singoli ordinamenti che regolano le specifiche spettanze di fine
rapporto, se e in quanto non implichino un trattamento più favo
revole rispetto agli impiegati dello Stato.
Hanno osservato queste sezioni unite, con argomentazione ul
teriormente pertinente, che, se da tale interpretazione del suddet
to richiamo deriva «la esclusione nella determinazione della quota di indennità di fine rapporto riferibile agli anni di anzianità con venzionale ... di qualsiasi computo che in base alle norme vi
genti negli ordinamenti dei singoli enti si riveli più favorevole
rispetto agli impiegati dello Stato . . ., è pur sempre agli stessi
ordinamenti che il giudice deve far riferimento per determinare
l'indennità dovuta in relazione all'anzianità convenzionale di che
trattasi. Poiché invero tale anzianità convenzionale si basa su una
fictio iuris, comportando essa un trattamento del dipendente co
me se egli presso l'ente di appartenenza avesse prestato effettivo
servizio altresì per il numero di anni aventi rilievo ai fini del be
neficio combattentistico . . ., non può lo stesso giudice adottare
una sorta di sistema misto quasi che l'art. 4, 5° comma, 1. del
1971 avesse voluto, attraverso il richiamo all'art. 1,1° comma,
d.p.r. n. 759 del 1965, anziché introdurre un limite, realizzare
un trattamento più favorevole rispetto a quello ricavabile dalle
norme interne dei singoli enti, vale a dire più favorevole addirit
tura di quello che si sarebbe avuto in caso di prestazione del
servizio», perché ciò si rivelerebbe «chiaramente contrario ali'in
tentio legis e farebbe abnormemente superare il concetto di 'au
mento di servizio' di cui al 2° comma dell'art. 3 1. n. 336 del
1970 e all'art. 4 l.n. 824 del 1971».
Tali principi vanno ribaditi in questa sede, rilevandosi che il
precedente orientamento giurisprudenziale non appare abbando
nato, pur dopo la sentenza n. 2564 del 1984 di queste sezioni
unite, dalla sezione lavoro della corte (v. sentenze nn. 3519, 3562,
4201, 4206, 4207, 4208, 4209, 4210, 4211, 4212, 4213, 4214, 4215, 4220, 4221, 4222, 4226, 4227, 4228, 4229, 4230, 4231, 4255, 4256, 4257, 4258, 4259 e 5710 del 1984, id., Rep. 1984, voce cit., nn.
780, 830, 858, 806-812, 781, 814, 803-805, 797-802, 826, 784-787, 788), donde la risoluzione del contrasto in questa sede e la neces
sità di mettere un punto fermo al riguardo; anche se il contrasto
stesso è più che altro apparente, trattandosi di decisioni, a quan to risulta, pronunziate tutte, o quasi tutte, prima della citata de
cisione di queste sezioni unite, ma pubblicate successivamente.
La sentenza impugnata, che ha ritenuto legittima l'applicazio ne del divisore di un quindicesimo per tutti gli anni di anzianità
effettiva e figurativa, escludendo quello di un dodicesimo preteso dal Signorino, si conforma al nuovo orientamento che vien qui
ribadito; onde anche il secondo motivo del ricorso, come il pri
mo, va rigettato. (Omissis)
V
Motivi della decisione. — La resistente A.t.a.n. deduce pregiu dizialmente che la dichiarata incostituzionalità (Corte cost. n.
92/81, Foro it., 1981, I, 1735) dell'art. 6 1. 9 ottobre 1971 n.
824 nella parte in cui non indica con quali mezzi i comuni, le
aziende municipalizzate e di relativi consorzi faranno fronte ai
rispettivi oneri finanziari, priverebbe della sua fonte normativa
la pretesa azionata, coinvolgendo l'intera legge. Il rilievo dev'essere disatteso, in conformità del costante orien
tamento di questa corte, non superato da idonei argomenti in
contrario. Si è infatti osservato (Cass. 927/84, id., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 499; 2310/84, ibid., n. 483, fra
le più recenti pronunzie) che la sentenza della Corte costituziona
le n. 92 del 1981 non è di ostacolo all'applicazione dei benefici
combattentistici, perché, pur creando un vuoto legislativo, l'anzi
detta dichiarazione di incostituzionalità — che attiene soltanto
ai rapporti fra gli enti rientranti nella cosi detta finanza pubblica
allargata e lo Stato, tenuto a provvedere alle necessarie coperture e ai relativi stanziamenti — non pone nel nulla le posizioni di
diritto soggettivo attribuite dalla 1. n. 336 del 1970 e non esclude
che detti enti debbano sopportare gli oneri derivanti dall'applica zione dei benefici citati.
Il Foro Italiano — 1987.
Passando ora all'esame di motivi del ricorso, si rileva che col
primo di essi (violazione delle 1. n. 336/70 e 824/71 e dell'art.
1 d.p.r. 759/65, omessa e contraddittoria motivazione) l'Abbate
sostiene la tesi — contraria a quella del tribunale — del richiamo
integrale, ai fini della liquidazione della buonuscita per i sette
o dieci anni di anzianità convenzionale, dei criteri di cui al citato
art. 1 d.p.r. del 1965, proprio per il carattere speciale dell'istituto
in questione, che si pone come trattamento aggiuntivo alla inden
nità per servizio effettivamente prestato. Col secondo motivo (violazione delle stesse norme, nonché vi
zio di motivazione) si censura un preteso equivoco in cui il tribu
nale sarebbe incorso per disattendere l'orientamento di questa corte, criticato in motivazione (sez. un. 3543/76, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 519, 598).
Col terzo motivo si censura la sentenza per avere omesso di
considerare, quale punto decisivo, un parere del ministro dei tra
sporti esibito in giudizio. Col quarto motivo il ricorrente si duole della inadeguatezza
delle argomentazioni addotte dal tribunale per discostarsi dall'o
rientamento espresso da questa corte con sentenza 5741/80 (id.,
Rep. 1980, voce cit., n. 969, e 2439/81, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 799). I suesposti motivi, da esaminare congiuntamente per la loro
dipendenza da un argomento principale, devono essere rigettati
per infondatezza di quest'ultimo. Si assume in sostanza che l'applicazione integrale del criterio
di cui all'art. 1 d.p.r. n. 759 del 1965 (liquidazione dell'indennità
di buonuscita per i dipendenti statali), richiamato dall'art. 4 1.
n. 824 del 1971, debba sostituire quelli meno favorevoli dettati
dalla contrattazione collettiva del settore ferrotramviario, dedu
cendosi a sostegno della tesi di carattere speciale del «beneficio
combattentistico», il quale non può che trovare applicazione egua litaria per tutti i pubblici dipendenti, come sarebbe stato dichia
rato dallo stesso relatore al senato della legge 824.
L'argomento è frutto di un evidente malinteso. Non si dubita
né può dubitarsi della primaria esigenza di eguaglianza che deve connotare la legge ordinaria e conseguentemente la sua interpre
tazione, ma nella concreta attuazione della legge occorre puntua lizzare e cogliere il momento essenziale in cui la detta esigenza di eguaglianza si manifesta, come peculiare effetto della norma, isolato dalle altre situazioni soggettive particolari e differenziate
preesistenti alla norma introdotta nell'ordinamento e comunque
indipendenti da questa. È chiaro che se la norma giova ad un soggetto più che ad un
altro soltanto in conseguenza del fatto che l'uno si trovi già in
condizione più favorevole, non potrà certo farsi carico alla nor
ma della disparità del risultato, eventualmente da correggere con
mezzi diversi da quello consistente in un adattamento della nor
ma, forzata e distorta dal suo meccanismo, cosi come questo si
evince dal relativo sistema.
Oggetto specifico del «beneficio combattentistico» in discussio
ne, secondo l'inequivocabe enunciato del 2° comma dell'art. 3
1. 336/70, è la concessione dell'aumento di servizio di sette, e
se trattasi di mutilati e invalidi di guerra e di vittime civili di guerra, di dieci anni, condizione questa vantaggiosa in se stessa
per chi intenda avvalersene qualunque sia il profilo della sua uti
lizzazione («sia ai fini del compimento della anzianità necessaria
per conseguire il diritto a pensione, sia ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di buonuscita o di previdenza», come precisa la disposizione). Nel dettato normativo non è ravvi
sabile alcun elemento che possa giustificare un preteso «livella
mento» delle basi e criteri operativi del calcolo per la liquidazione dei diritti connessi al beneficio dei sei o dieci anni di anzianità
convenzionale, liquidazione da eseguirsi evidentemente secondo
le norme dei rispettivi ordinamenti dello Stato o degli enti da
cui il beneficiario dipende. La disposizione del 5° comma dell'art. 4 della legge di attua
zione n. 824/71, la quale stabilisce che per il personale dipenden te dagli enti pubblici diversi dallo Stato i benefici predetti operano, ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita e di previ denza o di anzianità comunque denominati «nei limiti previsti dall'art. 1 d.p.r. 5 giugno 1965 n. 759» (relativa quest'ultima alla
buonuscita degli statali, cosi come regolata all'epoca), è indicati
va della preoccupazione e della ratio legislativa di non gravare eccessivamente sulla finanza pubblica, con riferimento alle liqui dazioni più favorevoli eventualmente comportate dagli ordinamenti
degli enti pubblici (ad es. calcolo di emolumenti accessori, mensi
lità aggiuntive, non previste per gli statali). Neppure dal citato
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PARTE PRIMA
art. 4 della 824 è dunque possibile trarre argomento a sostegno della tesi «egualitaria», ché anzi esso sta — testualmente ed uni
vocamente — a significare solo la funzione di «tetto» rappresen tata dalla determinazione della buonuscita agli statali, che non
può essere superata ma al di sotto della quale non sarebbe affat
to illegittima — né a livello costituzionale né a livello di legge ordinaria — l'eventuale esistenza di analoghi istituti meno van
taggiosi, purché non in contrasto con norme inderogabili. Per le ragioni suddette non può essere seguito dal collegio deci
dente il filone giurisprudenziale di questa corte (ad es. 4201/84,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 858; 4208/84, ibid., n. 808; 4212/84, ibid., n. 813; 4255/84, ibid., n. 826) che, assumendo come ope rante nella legge un supposto criterio di liquidazione eguale per tutti i dipendenti ammessi a godere del beneficio — sia pure limi
tatamente agli anni di anzianità convenzionale — detto criterio
sostitutisce a quelli, più o meno favorevoli, previsti dagli ordina
menti delle varie amministrazioni di appartenenza dei dipendenti medesimi.
Deve invece condividersi l'orientamento affermato in altre nu
merose pronunzie precedenti e successive a quelle sopra indicate, secondo cui il citato ultimo comma dell'art. 4 1. n. 824 del 1971
va inteso — senza essere per ciò sospettabile di illegittimità costi
tuzionale in rapporto all'art. 3 Cost. — nel senso che il sistema
di calcolo stabilito dalla norma richiamata (art. 1 d.p.r. 759 del
1965) non è sostitutivo dei criteri di calcolo propri dell'indennità
(di cui il beneficio combattentistico costituisce un supplemento), ma funge solo da limite massimo della liquidazione spettante in
base ai criteri di calcolo (più o meno favorevoli) stabiliti dagli ordinamenti dei vari enti (2564/84, id., 1985, I, 1718; 2536/84; id., Rep. 1984, voce cit., n. 865; 3562/84, ibid., n. 830; 5874/84,
ibid., n. 847). La sentenza impugnata, che si attiene appunto al secondo orien
tamento, merita pertanto piena conferma. (Omissis)
VI
Motivi della decisione. — (Omissis). Parimenti infondato è il
secondo motivo del ricorso incidentale, perché la sentenza impu
gnata, conformandosi alla giurisdizione amministrativa ed ordi
naria, ha esattamente riconosciuto al provvedimento attributivo
della qualifica di partigiano combattente natura costitutiva e gli ha quindi negato efficacia retroattiva; il che risponde non soltan
to ad un principio generale del nostro ordinamento (principio che,
peraltro, non è assoluto), ma anche, e soprattutto, alla legislazio ne speciale in esame, che, con l'art. 1 bis d.l. 8 luglio 1974 n.
261, non soltanto esige il provvedimento formale di riconosci
mento delle qualifiche, ma, rinviando a trenta giorni dopo l'av
venuta notifica di esso il termine per proporre la domanda di
collocamento a riposo anticipato, chiaramente dimostra di non
attribuirgli efficacia retroattiva, perché avrebbe altrimenti optato
per la ordinaria (quanto al termine) domanda con riserva. (Omissis)
VII
Motivi della decisione. — (Omissis). Un primo orientamento
della giurisprudenza della sezione lavoro di questa Suprema corte
(v. sent. 16 giugno 1979, n. 3405, Foro it., Rep. 1979, voce Im
piegato dello Stato, n. 1349; 6 febbraio 1980, n. 846, id., Rep.
1980, voce cit., n. 448; 15 gennaio 1982, n. 258, id., Rep.1982, voce cit., n. 877; 22 maggio 1982, n. 3148, ibid., n. 1090; 18
luglio 1983, n. 4957, id., Rep. 1983, voce cit., n. 1077) aveva
in effetti ritenuto — prevalentemente basandosi sulla lettera del
l'art. 3 1. n. 336 del 1970 e sulla ratio della norma, diretta a
premiare gli ex combattenti ed equiparati, ma anche a realizzare
10 sfoltimento dei ruoli delle amministrazioni pubbliche — che
non sussiste un collegamento necessario tra conseguimento del
diritto a pensione ed attribuzione dei benefici combattentistici di
cui al ripetuto art. 3 che la richiesta di collocamento a riposo
anticipato altro non è che una dichiarazione di dimissioni accom
pagnata dalla domanda di fruire dei benefici riconosciuti dalla
1. n. 336 del 1970 al prestatore d'opera, il quale, come per le
dimissioni, esercita una sua discrezionale facoltà diretta a por
fine, prima della scadenza prevista, al rapporto di lavoro; con
la conseguenza «che il dipendente di un ente pubblico economi
co, se ex-combattente o assimilato, ha diritto all'integrale com
puto dei sette o dieci anni di anzianità convenzionale anche soltanto
per l'indennità di anzianità, senza alcun riferimento ai requisiti
11 Foro Italiano — 1987.
ed alle condizioni richiesti per il conseguimento del diritto a pen sione» (cosi, sent. n. 4957/83, cit.).
A questo indirizzo si sono, più di recente, contrapposte altre
pronunce (v. per tutte sent. 10 gennaio 1984, n. 201, id., Rep.
1984, voce cit., n. 1034; 12 marzo 1984, n. 1678, ibid., n. 1032),
che, sulla base di un'interpretazione sistematica delle leggi in fa
vore degli ex-combattenti ed esplicitamente richiamandosi alla giu
risprudenza del Consiglio di Stato, sez. VI (v. decisione n. 899
del 21 ottobre 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1019; n. 619
del 30 ottobre 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1114) e della
Corte dei conti (v. decisione n. 1014 del 29 novembre 1979, id.,
Rep. 1980, voce cit., nn. 1145, 1149), hanno invece ritenuto la
sussistenza di un nesso necessario tra collocamento a riposo anti
cipato e maturazione del diritto a pensione; con la conseguenza
che, in difetto dei requisiti necessari per il conseguimento del di
ritto alla trattamento pensionistico, la domanda di anticipato col
locamento a riposo deve essere respinta, tanto più che il
collocamento a riposo in questione «al di là della qualità sogget tiva e dell'anticipazione, non è altro che un vero e proprio collo
camento ordinario», poiché «l'ex combattente (o l'assimilato) gode del beneficio nel senso che unicamente anticipa il collocamento — ancorché ordinario — di sette o dieci anni».
Ritiene, ciò premesso, il collegio che questo secondo indirizzo
debba essere approvato e seguito. Come è già stato rilevato, infatti, l'anzidetto collegamento non
soltanto discende da un principio generale del sistema, ma è uni
vocamente attestato dalla disciplina speciale in esame. Decisivo
è al riguardo il rilievo che il 2° comma dell'art. 4 1. n. 824 del
1971 (il quale dispone che il dipendente che non raggiunga il mi
nimo di età previsto per il conseguimento del diritto alla pensio
ne, neppure con il beneficio di cui al precedente comma, è
trattenuto in servizio fino al compimento di tale termine di anzia
nità e comunque non oltre il 31 dicembre 1979) non avrebbe al
cun senso se l'anzidetto requisito non fosse, nel sistema della legge,
indispensabile ai fini dell'anticipato collocamento a riposo, posto che la norma chiaramente esclude una facoltà del dipendente di
optare tra collocamento a riposo anticipato senza pensione e con
tinuazione del servizio sino al raggiungimento dell'età pensiona bile ridotta. Altri concordanti argomenti ermeneutici sono inoltre
offerti: dal 4° comma dell'art. 6 1. n. 824/71, che stabilisce che
il collocamento a riposo del personale non statale, di cui all'art.
4 1. n. 336/70, «produce tutti gli effetti previsti per il collocamen
to a riposo»; dall'art. 6, 2° comma, 1. n. 824/81 che prevede a carico degli enti erogatori l'obbligo di liquidare tempestivamen te le pensioni; dall'art. 6 d.l. n. 261/74 che espressamente parla di «personale collocato in quiescenza a norma della 1. 24 maggio 1970 n. 336» e che, ponendo il divieto per tale personale di avere
e di mantenere impieghi ed incarichi alle dipendenze dello Stato, di enti pubblici, ecc., risulterebbe manifestamente eccessivo se ri
ferito a soggetti collocati a riposo senza diritto a pensione e con
il solo incremento dell'indennità di anzianità; ed infine, da tutte
le altre numerose disposizioni delle cit. leggi in cui l'espressione «collocamento a riposo» è usata con immediato e funzionale rife
rimento «al conseguimento del diritto a pensione». Né si può ritenere che tale interpretazione contrasti con la ratio
della legislazione in esame, perché proprio lo scopo di favorire
in modo razionale e responsabile lo sfoltimento dei ruoli della
p.a., consigliava di limitare l'esodo a quei dipendenti che, già avanti negli anni e prossimi all'acquisto del diritto a pensione, risultavano più meritevoli del beneficio e nel contempo, appari
vano, quanto meno in linea di massima, meno idonei alla prose cuzione di un proficuo servizio.
Cosi accertata la sussistenza del necessario nesso tra colloca
mento a riposo anticipato e diritto al trattamento pensionistico, resta da aggiungere che i requisiti richiesti per la spettanza di
tale diritto devono sussistere al momento della domanda di collo
camento a riposo anticipato e, comunque, non oltre la scadenza
del termine per la sua presentazione e cioè entro il 19 ottobre
1974. Soltanto per il requisito dell'età pensionabile ridotta — co
me si è visto — è stato espressamente ed eccezionalmente previ
sto, dal 2° comma dell'art. 4 1. n. 824/71, che esso possa essere
raggiunto, previo mantenimento in servizio, dopo l'anzidetto mo
mento e non oltre il 31 dicembre 1979; ma è proprio l'ecceziona
lità di tale previsione a confermare che l'altro autonomo requisito dell'anzianità di servizio deve invece sussistere al 19 ottobre 1974
(v. sent. 201/84, cit.). Non può, quindi, trovare accoglimento
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la tesi del resistente secondo cui sarebbe sufficiente che tale re
quisito esista al momento dell'effettivo collocamento a riposo.
Inconsistente, in particolare, è l'argomento che si è ritenuto
di poter trarre dal 5° comma dell'art. 1 1. n. 355 del 1974, in
base al quale sono escluse dallo scaglionamento le cessazioni dal
servizio «per raggiungimento dei limiti di età o dei limiti massimi
di anzianità di servizio di cui all'art. 2 1. 15 febbraio 1958 n.
46». Per l'acquisizione del diritto a pensione e del connesso dirit
to al collocamento a riposo anticipato è infatti sufficiente il rag
giungimento dei limiti minimi di anzianità di servizio e non si può quindi sostenere che la norma vanificherebbe il sistema dello
scaglionamento ove si ritenesse (come in effetti è doveroso) che
il requisito della detta anzianità deve sussistere entro il 19 ottobre
1974. Giova piuttosto precisare, ulteriormente, che il difetto dei re
quisiti in questione comporta che la domanda di collocamento
a riposo anticipato deve essere respinta, né sussiste la possibilità di considerarla atto di dimissioni volontarie, di per sé idoneo a
porre fine al rapporto senza l'attribuzione dei benefici combat
tentistici di cui al ripetuto art. 3 1. n. 336/70 o con l'attribuzione
di essi sulla sola indennità di anzianità.
Anche se è vero, infatti, che la detta domanda costituisce, so
stanzialmente, un atto discrezionale diretto a porre fine anzitem
po al rapporto, è tuttavia innegabile che il collocamento a riposo
anticipato, cosi come disciplinato (art. 1 1. n. 355/74), è per l'en
te datore di lavoro atto dovuto, non già estinzione del rapporto autonomamente prodotta dall'esercizio, da parte del dipendente, di un diritto potestativo di recesso ed alla quale esso ente debba
soltanto passivamente soggiacere. La stessa domanda ha, inoltre, una propria tipicità in senso legislativo e si inquadra in una fatti
specie caratterizzata dal nesso tra collocamento a riposo e diritto
al trattamento pensionistico. Mancando tale nesso, non sussiste
il diritto fatto valere con la domanda e questa è, per ciò solo,
improduttiva di effetti. Non si può perciò condividere la tesi se
condo cui «le condizioni necessarie per il godimento dei benefici
di cui alle 1. n. 336/70 e 824/71 si pongono come meri presuppo sti esterni alla struttura del negozio» di recesso (cosi, invece, sent,
n. 201/84, cit.), tanto più che — prescindendo da ulteriori, sterili
differenziazioni e precisazioni dogmatiche — fuor di dubbio è
che la domanda stessa è univocamente subordinata alla possibili tà di godimento degli anzidetti benefici, tanto da essere diretta, come si è visto, ad un vero e proprio collocamento a riposo ordi
nario, ancorché anticipato. Resta naturalmente salva la ipotesi in cui, rappresentata al ri
chiedente l'insussistenza delle condidizioni di legge, questi insista
nella richiesta e rifiuti di restare in servizio, ben potendo in tal
caso (quando le ragioni da lui opposte risultino in definitiva in
fondate) essere considerato dimissionario. Profili, questi, che, in
ipotesi, potranno anche giustificare nuove conclusioni in sede di
rinvio, nei limiti in cui queste siano rese necessarie da questa sen
tenza (art. 394, ult. comma, c.p.c.). Anche il terzo motivo del ricorso è fondato. Ed invero, pur
se si dovesse ammettere che la previsione dell'art. 12, n. 4, del
regolamento del trattamento di quiescenza e previdenza del per sonale della cassa di risparmio è tale da ricomprendere l'ipotesi del collocamento anticipato a riposo ex art. 3 1. n. 336/70, reste
rebbe pur sempre erronea la statuizione della sentenza impugnata secondo cui il requisito di trent'anni di servizio utile poteva esse
re raggiunto, con applicazione dell'anzianità convenzionale, an
che dopo il 19 ottobre 1974, essendo rimasto il dipendente in
servizio.
È comunque decisivo ed assorbente il rilievo che queste sezioni
unite con sentenza 6 febbraio 1984, n. 872 (id., Rep. 1984, voce
cit., n. 1159; componendo il contrasto tra le sentenze n. 1345
del 1979, id., 1980, I, 196, e 1327 del 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 983 e la sentenza n. 4564 del 1980, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 1037), hanno già ritenuto che la disciplina delle 1. n. 336
del 1970 e n. 824 del 1971 è inapplicabile ai trattamenti pensioni stici che configurino, come nella specie, libere forme di previden za aziendale su base negoziale e con funzione aggiuntiva rispetto al trattamento pensionistico dovuto dall'I.n.p.s., non essendo pos sibile ricomprenderli nella formula «eventuale trattamento inte
grativo» di cui al 4° comma dell'art. 4 1. n. 824/71; formula
che si riferisce a trattamenti integrativi pur sempre di fonte lega
le, come quello previsto per i marittimi (1. n. 658/57), per gli addetti all'esattoria (1. n. 877/58), per gli addetti alle miniere (1. n. 5/70). (Omissis)
Il Foro Italiano — 1987.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 febbraio
1987, n. 1332; Pres. Menichino, Est. Beneforti, P. M. Be
nanti (conci, conf.); Riggio (Avv. C. De Martini, A. Proto
Pisani) c. E.n.el. (Avv. Calabrese, Fabbrini). Conferma Trib.
Firenze 13 gennaio 1983.
Impugnazioni civili in genere — Sentenza di reintegrazione ese
guita in punto di retribuzione — Riforma in appello — Obbli
go di corrispondere le retribuzioni dal momento della
pubblicazione dalla sentenza di riforma — Esclusione (Cod.
proc. civ., art. 336, 337; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla
tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sinda
cale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento, art. 18).
Il lavoratore, al quale il datore di lavoro, pur non ottemperando all'ordine giudiziale di reintegrazione immediatamente esecuti
vo, ha corrisposto la retribuzione soltanto fino alla pubblica zione della sentenza d'appello di riforma, non ha diritto a
pretendere il pagamento della retribuzione fino al passaggio in
giudicato della sentenza di riforma (nella motivazione si preci sa altresì che le somme ottenute dal lavoratore dopo la senten
za di riforma in esecuzione di successivi provvedimenti giudiziali di condanna, benché non dovute, si rendono ripetibili soltanto
dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di
riforma). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 24 gennaio 1987, n. 673; Pres. ed est. Onnis, P. M. De Martini (conci,
conf.); R.a.i. - TV (Avv. D'Angelantonio) c. Triumbari (Avv. G. S. Assennato). Cassa Trib. Potenza 17 giugno 1983.
Impugnazioni civili in genere — Sentenza di reintegrazione non
eseguita — Riforma in appello (Cod. proc. civ., art. 336; 1.
20 maggio 1970 n. 300, art. 18).
Il lavoratore che, a seguito di sentenza pretorile dichiarativa del
l'illegittimità del licenziamento, non abbia ottenuto né la rein
tegrazione nel posto di lavoro né il pagamento della retribuzione, non può, dopo la pubblicazione della sentenza d'appello di ri
forma, chiedere la corresponsione delle retribuzioni medio tem
pore maturate. (2)
(1-5) I. - Con la prima delle cinque decisioni in epigrafe, la sezione lavoro della Corte di cassazione si ribella consapevolmente alla interpre tazione che le sezioni unite avevano dato all'art. 336, 2° comma, c.p.c. con riferimento alla ipotesi di sentenza d'appello di riforma di pronuncia pretorile dichiarativa della illegittimità del licenziamento ex art. 18 1. 20
maggio 1970 n. 300: v. Cass., sez. un., 15 marzo 1982, n. 1669, Foro
it., 1982, I, 986 e 10 maggio 1982, nn. 2872, 2873 e 2874, ibid., 1482. La giurisprudenza della Corte di cassazione successiva alle pronunce
del 1982 è riferita ampiamente nella motivazione delle cinque decisioni che si riportano, mentre quella di merito ed ampi richiami di dottrina si rinvengono id., 1985, I, 2955, id., 1983, I, 2411, 1735 e 1018, id., 1982, I, 2084, e 1457.
I precedenti di merito della prima decisione in epigrafe sono costituiti da Pret. Firenze 29 giugno 1982 e Trib. Firenze 13 gennaio 1983, entram be riportate in Foro it., 1982, I, 2084, e 1983, I, 1018.
Poiché l'autore della presente nota redazionale è stato difensore nella decisione n. 1332/87 che si riporta, ci si astiene doverosamente da ogni commento, e ci si limita solo al rammarico che la sezione lavoro, pur nella consapevolezza del contrasto con le sezioni unite, non abbia ritenu to opportuno provocare immediatamente — ai sensi dell'art. 376, 3° com
ma, c.p.c. — l'intervento delle sezioni unite limitando in tal modo
l'insorgere di un nuovo inevitabile periodo di incertezza causata dalla stessa giurisprudenza della Cassazione.
Dato che è ragionevole prevedere che le sezioni unite saranno chiamate
rapidamente a pronunciarsi sulla questione, si è reputato opportuno ri
produrre immediatamente di seguito altre quattro decisioni relative alla medesima problematica dei rapporti tra art. 336 c.p.c. e art. 18 1. 300/70.
II. - Cass. 673/87 e 2311/86 (rispettivamente la seconda e la quinta delle decisioni in epigrafe) risolvono in modo specularmente opposto il medesimo problema relativo alla possibilità o no per il lavoratore di do mandare il pagamento delle retribuzioni (medio tempore maturate alla
stregua della sentenza di primo grado dichiarativa della illegittimità del
licenziamento) dopo la pubblicazione della sentenza d'appello di riforma
(è il caso risolto in senso negativo da Cass. 673/87) o addirittura dopo il passaggio in giudicato della sentenza d'appello di riforma (è il caso risolto in senso positivo da Cass. 2311/87).
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