sezioni unite civili; ordinanza 20 settembre 2004, n. 18902; Pres. Corona, Rel. Lo Piano, P.M.Uccella (concl. diff.); Soc. Kling &Freitag GmbH (Avv. Meissner) c. Soc. Reference laboratory(Avv. Cioccolanti, Zannini). Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 12 (DICEMBRE 2005), pp. 3419/3420-3423/3424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201484 .
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PARTE PRIMA 3420
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; ordinanza 12 ot tobre 2004, n. 20164; Pres. Saggio, Rei. Gilardi, P.M. Ve
lardi (conci, conf.). Regolamento di competenza d'ufficio.
Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno — Giudice tutelare — Competenza territoriale — Luogo di residenza dell'inabilitato — Rilevanza (Cod. civ., art. 45, 343, 348, 350, 384, 393, 424).
Competente a sopraintendere alla curatela dell'inabilitato è il
giudice tutelare del luogo di residenza di quest'ultimo e non
il giudice tutelare del luogo di residenza del curatore. ( 1 )
Rilevato in fatto. — Con decreto del 10 ottobre 2002 il Tri
bunale di Vercelli ordinava trasmettersi al giudice tutelare pres so il Tribunale di Torino gli atti della curatela della sig. R.E., essendo residente nel circondario del Tribunale di Torino il cu
ratore Longhi Giancarlo.
Avverso tale decreto il giudice tutelare presso il Tribunale di
Torino ha richiesto d'ufficio regolamento di competenza assu
mendo la competenza del giudice tutelare presso il Tribunale di
Vercelli. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione ha con
cluso per l'accoglimento della richiesta.
Considerato in diritto. — Preliminarmente occorre precisare, ribadendo quanto già affermato da questa corte in precedenti decisioni (cfr., ad es., Cass. 29 ottobre 1997, n. 10637, Foro it., Rep. 1997, voce Competenza civile, n. 198) che il regolamento di competenza d'ufficio ai sensi dell'art. 45 c.p.c. è proponibile anche in materia di volontaria giurisdizione.
Occorre poi osservare che — come correttamente rilevato dal
giudice tutelare presso il Tribunale di Torino nel provvedimento con il quale è stato richiesto il regolamento di competenza
—
che la disposizione di cui all'art. 343, 2° comma, c.c. è riferita, secondo il tenore letterale della norma, alla sola fattispecie della
tutela e che tale disposizione non figura tra quelle (art. 348, ul
timo comma, 350 e 384 c.c.) estensibili anche alla curatela in
virtù dell'esplicito richiamo contenuto negli art. 393 e 424 c.c.
D'altra parte, esiste un'evidente diversità di posizione sostan
ziale tra l'interdetto e l'inabilitato giacché, mentre nel primo ca
so viene meno la capacità d'agire e l'interdetto — salvo che non
si tratti dei diritti personalissimi — è in tutto rappresentato dal
tutore, l'inabilitato conserva la capacità d'agire anche sull'am
ministrazione ordinaria, l'assistenza del curatore essendo richie
sta solo per gli atti di amministrazione straordinaria. Ciò spiega
perché l'art. 343, 2° comma, c.c. (applicabile anche agli adulti
dichiarati incapaci in virtù dell'art. 424 c.c.) preveda il domici lio del tutore quale luogo per radicare la competenza del giudice tutelare, dovendo la disposizione essere letta in collegamento con l'art. 45, 3° comma, c.c. secondo cui l'interdetto ha il do
micilio del tutore; mentre la mancata previsione di un analogo criterio di collegamento per la curatela non consente l'applica zione estensiva della norma attesa, appunto, la diversità di si
ti) Non constano precedenti in termini. La soluzione della Suprema corte trova il suo fondamento in un argomento letterale, ossia il man cato richiamo dell'art. 343, 2° comma, c.c. ad opera dell'art. 393 c.c., che individua le disposizioni della tutela applicabili al curatore del mi nore emancipato e quindi alla curatela dell'inabilitato (art. 424 c.c.), e in considerazioni di ordine sistematico, legate al fatto che, mentre l'in
terdetto, privato della capacità d'agire, è rappresentato in tutto, tranne che non vengano in questione diritti personalissimi, dal tutore (e, infat ti, non casualmente, ai sensi dell'art. 45, 3° comma, c.c., l'interdetto ha il domicilio del tutore), l'inabilitato conserva la capacità d'agire con ri ferimento all'ordinaria amministrazione ed ha bisogno solo dell'assi stenza del curatore per il compimento degli atti di straordinaria ammi nistrazione.
Per il collegamento della norma che consente il trasferimento della tutela presso il tribunale nel cui circondario si trovi il domicilio del tu tore (art. 343, 2° comma, c.c.) con l'effetto della tutela di attribuzione della rappresentanza generale in favore del tutore stesso, v. Dell'Oro, Tutela dei minori, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979. 23; Pazé, Tutela e curatela dei minori, in Lenti (a cura di), Tu tela civile del minore e diritto sociale della famiglia, in Trattato di di ritto di famiglia diretto da Zatti, Milano, 2002, 296.
Sulle questioni legate al trasferimento della tutela e, in particolare, al se la decisione debba essere assunta dal giudice tutelare o dal tribunale in composizione collegiale, v. Trib. Novara 17 ottobre 2003, Foro it., 2004,1, 2278.
Il Foro Italiano — 2005.
tuazione sostanziale che caratterizza la posizione dell'inabilitato
rispetto a quella dell'interdetto, diversità di posizione per la
quale ogni istanza al giudice tutelare deve essere presentata an
che dall'inabilitato, così ulteriormente giustificandosi la facili tazione nell'accesso al giudice tutelare territorialmente compe tente.
Ne discende che, in accoglimento del regolamento di compe tenza richiesto d'ufficio dal giudice tutelare presso il Tribunale di Torino, deve essere dichiarata la competenza del giudice tu
telare presso il Tribunale di Vercelli a sopraintendere alla cura
tela di R.E.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 20 settembre 2004, n. 18902; Pres. Corona, Rei. Lo Piano, P.M. Uccella (conci, diff.); Soc. Kling & Freitag GmbH (Avv. Meissner) c. Soc. Reference laboratory (Avv. Cioccolanti,
Zannini). Regolamento di giurisdizione.
Giurisdizione civile — Accordo di distribuzione con patto di esclusiva — Attuazione mediante contratti di vendita — Convenzione internazionale applicabile — Fattispecie (L. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzione della conven
zione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzio
ne delle decisioni in materia civile e commerciale e protocol lo, firmati a Bruxelles il 26 settembre 1968: convenzione, art.
5; 1. 11 dicembre 1985 n. 765, ratifica ed esecuzione della convenzione delle Nazioni unite sui contratti di compraven dita internazionale di merci, adottata a Vienna I'll aprile 1980: convenzione, art. 1, 7, 31).
Nella fattispecie in cui si controverte tra le parti dell'esistenza e dell'inadempimento ad accordo di distribuzione con patto di esclusiva, da attuarsi mediante atti di vendita, la questione di giurisdizione va definita in base all'art. 5, n. 1, della con
venzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e, trattandosi di
vendita internazionale di merci, l'individuazione del luogo di
adempimento va operata in applicazione diretta della conven
zione di Vienna sui beni mobili dell'll aprile 1980, a pre scindere dalle norme di diritto internazionale privato dei due Stati contraenti. ( 1 )
(1) Nella fattispecie, una società italiana aveva citato in giudizio avanti al giudice nazionale una società tedesca, deducendone l'inadem
pimento al contratto quadro di distribuzione con patto di esclusiva, da attuarsi mediante operazioni di vendita.
Nella specie, avuto riguardo al nucleo essenziale del rapporto, al
quale era estraneo il patto di esclusiva (che non essendo collegabile a
specifica località avrebbe reso non applicabile l'art. 5 della convenzio ne di Bruxelles del 27 settembre 1968, bensì l'art. 2 della stessa), atte nendo la controversia alla materia contrattuale, le sezioni unite hanno inteso applicabile in via diretta, ai fini dell'individuazione del luogo di
adempimento delle obbligazioni nascenti dalla vendita, la disciplina so stanziale uniforme di cui alla convenzione di Vienna sulla vendita di beni mobili dell'll aprile 1980, e che nella specie tale luogo doveva ritenersi la Germania, sotto tutti e tre i profili indicati nella convenzio ne.
Sul principio di diritto, per l'applicabilità diretta della convenzione di Vienna sulla vendita di cose mobili dell'I 1 aprile 1980, che prevale altresì sulla convenzione dì Roma del 19 giugno 1980, come risulta dall'art. 21 di questa, cfr., cit. in motivazione, Cass., sez. un., 20 aprile 2004, n. 7503, Foro it.. Rep. 2004, voce Giurisdizione civile, n. 124, e 18 ottobre 2002, n. 14837, id., Rep. 2003, voce Vendita, n. 36, e Nuova
giur. civ., 2003, I, 230, con nota di Campeis e De Pauli, Luogo di
adempimento del contratto di compravendita come titolo di giurisdi zione «europea» fra convenzione di Bruxelles dei 1968 e regolamento Ue 44/2001-, alla stessa conclusione dell'applicabilità della convenzio
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — La s.r.l. Reference laboratory
(d'ora in poi, Ref), con sede in Italia, convenne in giudizio da
vanti al Tribunale di Ancona — sezione distaccata di Osimo —
la Kling & Freitag GmbH (d'ora in poi, Kling), con sede in Germania.
Espose: — che, a seguito di trattative, svolte tramite l'International
Consulting & Marketing GmbH, che di ciò era stata incaricata
dalla Kling, aveva concluso con quest'ultima un contratto, con
il quale essa veniva autorizzata a distribuire in esclusiva per l'Italia, in nome proprio e per proprio conto, i prodotti della
Kling; — che il contratto — in base al quale essa si impegnava ad
acquistare un quantitativo minimo di prodotto pari a DM
250.000 — aveva la durata dal 1° marzo 2000 al 28 febbraio
2003, rinnovabile alla scadenza; — che, in data 17 marzo 2000, essa era stata invitata dalla
Kling a stipulare un accordo chiarificatore, che in realtà preve deva modifiche al precedente contratto;
— che essa non aveva aderito alla richiesta perché il rapporto era stato regolato con il contratto già concluso;
— che, dopo aver dato esecuzione — sia pure in minima
parte — al contratto, la Kling aveva ripetutamente insistito nel
negarle la qualità di distributrice dei suoi prodotti e successiva
mente nel richiedere una nuova disciplina del rapporto; — che i contatti con la Kling si erano interrotti nel giugno del
2000. La Ref, dedotto che, con il suo comportamento, la Kling non
aveva adempiuto il contratto, chiese che il tribunale dichiarasse
la risoluzione dello stesso per inadempimento della convenuta e
condannasse quest'ultima al risarcimento del danno.
La Kling si costituì in giudizio ed eccepì il difetto di giurisdi zione del giudice italiano.
Nel corso del giudizio la Kling ha proposto ricorso per rego lamento preventivo di giurisdizione.
Al ricorso ha resistito con controricorso la Ref.
Il procuratore generale, cui il ricorso è stato trasmesso ai sen
si dell'art. 375 c.p.c., ha chiesto che sia dichiarata la giurisdi zione del giudice italiano.
La Kling ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — Preliminarmente si osserva che, te
nuto conto della data di notifica dell'atto introduttivo del giudi zio (21 giugno 2000), non si applica il regolamento (Ce) 44/2001 del consiglio, concernente la competenza giurisdizio nale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, entrato in vigore il 1° marzo 2002.
La società ricorrente, a sostegno della competenza giurisdi zionale del giudice tedesco, sostiene:
a) che non è applicabile l'art. 5 della convenzione di Bruxel
les, perché, anche tenuto conto delle deduzioni svolte dalla so
cietà attrice a sostegno della domanda, nella specie, non vi è una
lite sull'esistenza di un contratto tra le parti, ma, invece, v'è
un'assoluta mancanza del titolo negoziale; né è configurabile una lite per responsabilità precontrattuale atteso che la società
attrice ha sostenuto di avere essa stessa interrotto le trattative; la
domanda attrice è una domanda di risarcimento del danno, da
proporsi davanti al giudice del luogo dove il convenuto ha la
propria sede;
b) che, anche a voler ritenere che le parti abbiano concluso un
contratto, questo si configurerebbe come un contratto di sommi
nistrazione o fornitura di merci con riconoscimento del diritto di
esclusiva in favore della Ref; da ciò discende:
1 ) che, non avendo le parti scelto il diritto da applicare ai sen
si della 1. 18 dicembre 1984 n. 975, al contratto si applicherebbe «l'ordinamento vigente nel paese al quale appartiene la parte,
obbligata alla prestazione caratteristica del contratto», nella
ne di Vienna dell'I 1 aprile 1980, ma non in via diretta, bensì in forza
dell'individuazione della legge applicabile al rapporto secondo le nor
me di diritto internazionale privato, era giunta Cass., sez. un., 19 giu
gno 2000, n. 448/SU, Foro it., 2001,1, 527, con nota di richiami.
E bene evidenziare che nella specie, ratiotie temporìs, tenuto conto
della data di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, non era
applicabile il regolamento Ce 44/2001, concernente la competenza giu risdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delie decisioni in materia
civile e commerciale, entrato in vigore il 1° marzo 2002.
Il Foro Italiano — 2005.
specie da individuare nelle obbligazioni poste a carico della so
cietà tedesca;
2) che le forniture si realizzano mediante operazioni di ven
dita tra fornitore e distributore, per le cui modalità occorre fare
riferimento o alle condizioni generali stabilite dal venditore o
alle norme della convenzione delle Nazioni unite riguardante i
contratti di vendita internazionale di merci (1. 11 dicembre 1985
n. 765); in entrambi i casi là competenza giurisdizionale appar tiene al giudice tedesco, poiché in Germania avveniva la conse
gna della merce al trasportatore;
3) che l'obbligo di assicurare l'esclusiva non è determinabile in riferimento ad una specifica località cosicché alla violazione del detto obbligo non è applicabile l'art. 5 della convenzione di
Bruxelles ma l'art. 2.
La società controricorrente contesta la tesi della mancata con
clusione del contratto, ed assume che, avendo le parti concluso
un accordo di distribuzione con patto di esclusiva, la giurisdi zione è del giudice italiano poiché in Italia, quale sede del di stributore, l'obbligazione doveva essere eseguita.
Deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
La società attrice ha chiesto la risoluzione di un contratto che
assume aver concluso con la società convenuta, della quale ha
anche chiesto la condanna al risarcimento del danno.
Secondo l'assunto della società attrice con il contratto essa si
era impegnata «ad acquistare un quantitativo minimo di prodotti
pari a 250.000 DM per i primi tre anni»; il contratto aveva avuto
un inizio di esecuzione, perché la Kling le aveva inviato merce
per euro 13.402, come da fatture 206375 e 206376 del 24 marzo
2000. Ora, se è vero, come sostiene la società attrice, con il contro
ricorso, che l'accordo di distribuzione con patto di esclusiva è
un contratto quadro, è anche vero che esso può essere attuato
secondo diversi modelli contrattuali, alla cui disciplina occorre
poi fare riferimento sia ai fini della determinazione della giuris dizione, sia ai fini della determinazione della competenza inter
na a ciascuno Stato, sia, infine, ai fini della disciplina sostan
ziale da applicare al rapporto. Nella specie, per affermazione della stessa società attrice, la
fornitura della merce dalla società tedesca alla società italiana,
doveva avvenire (ed era parzialmente avvenuta) attraverso atti
di vendita, per i quali erano state emesse le relative fatture.
Il contratto era, pertanto, attuato mediante atti di vendita nel
quadro di un piano di fornitura, concordato tra le parti, che pre vedeva anche il diritto di esclusiva per la rivendita dei prodotti in Italia.
In una fattispecie di tale tipo, in cui si controverte tra le parti dell'esistenza del rapporto e dell'inadempimento totale dello
stesso, quello che rileva è il nucleo essenziale del rapporto, co
stituito dagli obblighi reciprocamente assunti dalle parti, che
erano da un lato quello di fornire la merce mediante atti di ven
dita e dall'altro quello di acquistare un certo quantitativo di
merce (condizione quest'ultima posta al fine di consentire la
rinnovazione del contratto, originariamente prevista per la du
rata di tre anni). Il patto di esclusiva aveva funzione accessoria e comunque
non assume rilievo nella presente controversia, poiché, negando di voler dare esecuzione al contratto, perché ritenuto non con
cluso, la Kling si è in primo luogo sottratta all'obbligo assunto, secondo la tesi della società attrice, di vendere a quest'ultima il
materiale che si era impegnata a fornire.
Ciò premesso si osserva che la questione di giurisdizione va
definita, vertendosi, in ragione del petitum e della causa petendi della domanda proposta dall'attore, in materia contrattuale, in
base all'art. 5, n. 1, della convenzione di Bruxelles del 27 set
tembre 1968 (ratificata e resa esecutiva con 1. 21 giugno 1971 n.
804), secondo cui: il convenuto domiciliato in uno Stato con
traente può essere chiamato in giudizio anche davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione contrattuale dedotta in giudizio è
stata o deve essere eseguita. In proposito deve essere disattesa la tesi della ricorrente se
condo cui l'art. 5 della convenzione di Bruxelles non sarebbe
applicabile per l'assoluta mancanza del titolo negoziale.
Invero, al fine della verifica della giurisdizione, non importa accertare l'effettiva sussistenza del titolo giuridico sul quale è
basata la domanda dell'attore.
Infatti, anche se l'esistenza del contratto sia contestata dalla
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3423 PARTE PRIMA 3424
parte convenuta in giudizio per l'adempimento o la risoluzione, in ogni caso la controversia attiene alla «materia contrattuale»
(v. Corte giust. 4 marzo 1982, causa 38/81, Ejfer c. Kantner, in
Foro it., 1983, IV, 31). L'accertamento relativo alle condizioni per l'accoglimento
della domanda appartiene al merito della causa, dovendosi solo
in quella sede verificare se un contratto fu validamente stipulato tra le parti ed eventualmente se vi fu il dedotto inadempimento
posto a base dell'azione di risoluzione del contratto, senza che,
naturalmente, su tale accertamento influisca poi la decisione
emessa al solo fine del regolamento di giurisdizione, poiché detta decisione è idonea a formare giudicato soltanto sulla giu
risdizione, ma non anche su alcun profilo attinente al merito
della domanda.
Ciò detto, nella specie, come sopra rilevato, la causa ha per
oggetto la risoluzione di un contratto in cui viene dedotto l'ina
dempimento, di una società con sede in Germania, dell'obbligo di fornire ad una società, con sede in Italia, il materiale che si
era impegnata a consegnare. Si tratta, quindi, dell'inadempi mento di obbligazioni nascenti da una vendita.
Trattandosi di vendita internazionale di merci, nel procedere all'individuazione del luogo di adempimento, non è necessario
determinare la legge sostanziale applicabile al rapporto secondo
le norme di conflitto del giudice adito, ma può farsi diretta
mente riferimento alla convenzione di Vienna sulla vendita di
cose mobili dell'11 aprile 1980, ratificata con 1. 11 dicembre
1985 n. 765, che, dettando la disciplina sostanziale uniforme
della vendita internazionale, si applica a prescindere dalle nor
me di diritto internazionale privato dei due Stati contraenti (cfr. art. 1 e 7, 2° comma, della convenzione), le quali sono, pertanto, irrilevanti ai fini di individuare la disciplina applicabile alle ob bligazioni contrattuali dedotte in giudizio (v. Cass. 14837/02, id., Rep. 2003, voce Vendita, n. 36; 7503/04, id., Rep. 2004, vo
ce Giurisdizione civile, n. 124). La convenzione di Vienna, all'art. 31, dispone: «Se il venditore non è tenuto a consegnare le merci in altro
luogo particolare, il suo obbligo di consegna consiste:
a) quando il contratto di vendita implica un trasporto di mer
ci, nel consegnare le merci al primo trasportatore perché le fac
cia pervenire all'acquirente;
b) quando, nei casi non previsti al precedente comma, il con
tratto verte su un corpo certo o su qualcosa di genere che deve
essere prelevato su una massa determinata o che deve essere
fabbricata o prodotta e quando, al momento della conclusione
del contratto, le parti sapevano che le merci si trovavano o do
vevano essere fabbricate o prodotte in un luogo particolare, nel
mettere le merci a disposizione dell'acquirente in tale luogo;
c) negli altri casi, nel mettere le merci a disposizione dell'ac
quirente nel luogo in cui il venditore aveva la sua sede di affari
al momento della conclusione del contratto».
Sotto tutti e tre i profili indicati dalla norma — stante che nel
caso di specie nessun elemento consente di ritenere operante la
deroga ai criteri in essa previsti — il luogo di adempimento del
l'obbligo di consegna della merce oggetto delle singole vendite
era la Germania.
In Germania era quindi il luogo dove l'obbligazione dedotta
in giudizio (fornitura della merce) doveva essere eseguita, e,
pertanto, secondo il criterio di collegamento posto dall'art. 5, n.
1, della convenzione di Bruxelles, deve essere dichiarato il di
fetto di giurisdizione del giudice italiano.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 29 lu
glio 2004, n. 14515; Pres. Riggio, Est. Ruggiero, P.M. Gam
bardella (conci, diff.); Min. economia e finanze (Avv. dello
Stato Guizzi) c. Soc. eoop. Spoleto - Crediti e servizi (Avv.
Tieghi, Giuliani). Cassa Comm. trib. reg. Umbria 12 luglio 2001 e decide nel merito.
Tributi in genere — Reddito di impresa — Distribuzione della riserva sovrapprezzo azioni — Condotta elusiva (L.
29 dicembre 1990 n. 408, disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve
e fondi in sospensione di imposta, nonché disposizioni di ra
zionalizzazione e semplificazione. Deleghe al governo per la
revisione del trattamento tributario della famiglia e delle ren
dite finanziarie e per la revisione delle agevolazioni tributa
rie, art. 10).
In tema di reddito di impresa e nel vigore dell'art. 10 l. 29 di
cembre 1990 n. 408, può ritenersi elusiva la distribuzione ai
soci della riserva sovrapprezzo azioni (realizzata mediante
l'assegnazione gratuita di azioni proprie) deliberata conte
stualmente all'accantonamento a riserva straordinaria della
parte dell'utile di esercizio eccedente le riserve di legge, po tendosi ritenere che gli utili erano stati distribuiti sotto forma di sovrapprezzo azioni al fine esclusivo di non farli assog
gettare a tassazione. (1)
(1) La distribuzione ai soci della riserva del sovrapprezzo azioni non
era — in forza dell'allora vigente art, 44, 1° comma, d.p.r. 22 dicembre
1986 n. 917 — assoggettabile ad imposizione, a differenza della distri
buzione dell'utile ai soci: nondimeno, la contestualità delle operazioni di accantonamento dell'utile a riserva straordinaria e di distribuzione
della riserva sovrapprezzo azioni ha portato l'ufficio finanziario ad una valutazione unitaria delle due delibere, intendendo le stesse come det
tate dal mero proposito di conseguire un risparmio di imposta. Non si rinvengono, nella giurisprudenza edita della Suprema corte,
precedenti in tali esatti termini. La Cassazione si era in precedenza espressa sull'art. 10 1. 29 dicem
bre 1990 n. 408 (modificato dall'art. 28, 1° comma, 1. 23 dicembre 1994 n. 724 e poi sostituito dall'art. 37 bis d.p.r. 29 settembre 1973 n.
600) — che consentiva all'amministrazione finanziaria di disconoscere ai fini fiscali i vantaggi tributari conseguiti in determinate operazioni
previste dalla norma stessa, «poste in essere senza valide ragioni eco
nomiche ed allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un ri
sparmio di imposta» — in controversie concernenti fusioni societarie: v. Cass. 25 marzo 2003, n. 4317, Foro it., Rep. 2003, voce Redditi (im
poste), n. 826, e Giur. imp., 2003, 825, con nota di Zizzo, L'interpreta zione inizia dove finisce Velusione?\ Dialoghi dir. tributario, 2003, 82, con nota di Stevanato e Lupi, Cessione di un bene e «datio in solu tum»: un maldestro tentativo di sostituire il «valore normale» al corri
spettivo pattuito, che ha affermato che le concorrenti condizioni per
l'applicabilità della norma sono costituite dall'assenza di valide ragioni economiche nell'effettuazione dell'operazione di fusione, dal carattere «esclusivo» dello scopo di ottenere, attraverso l'operazione stessa, un
risparmio di imposta (la quale implica che uno scopo siffatto sia l'unica
ragion d'essere degli atti compiuti dal contribuente) e dalla «fraudo
lenza», che deve connotare i mezzi utilizzati per il raggiungimento del
predetto fine esclusivo (nella sentenza si precisa che l'onere di dimo strare la concorrente ricorrenza di tali condizioni nella concreta fatti
specie incombe sull'amministrazione finanziaria, che invochi l'appli cazione della norma antielusiva): 15 novembre 2000, n. 14776, Foro it.,
Rep. 2001, voce Tributi in genere, n. 1873, secondo la quale per giudi care della ricorrenza delle condizioni richieste dalla norma per conside rare l'operazione elusiva (essendo a tal fine necessario che lo scopo di
conseguire un vantaggio d'imposta si configuri come «esclusivo», co stituisca cioè l'unica ragion d'essere degli atti compiuti dal contri
buente), deve tenersi conto dell'effettiva portata,dell'operazione di fu
sione, la quale può essere colta solo se essa viene posta in relazione con tutte le altre che ne costituiscono «il presupposto» e «la genesi»; inol
tre, occorre considerare che anche l'incorporazione di una società ope rativa da parte di una società finanziaria può rispondere, in linea astrat
ta, a valide ragioni economiche, consistenti nella razionalizzazione del le attività esercitate dalle società partecipanti alla fusione.
Nella giurisprudenza tributaria di merito, v. Comm. trib. prov. Saler no 9 febbraio 2000, ibid., n. 1182 (l'amministrazione finanziaria può accertare un maggior reddito imponibile e contestare al contribuente un
comportamento elusivo nei soli casi tassativamente previsti dall'art. 10 1. 408/90, indicando la norma elusa e fornendo la prova dei vantaggi fi scali conseguiti); Comm. trib. reg. Lombardia 28 luglio 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 983 (affinché in una delle operazioni considerate
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