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Sezioni unite civili; ordinanza 26 ottobre-12 dicembre 1961, n. 347; Pres. Lombardo P., Rel. Pece,...

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Sezioni unite civili; ordinanza 26 ottobre-12 dicembre 1961, n. 347; Pres. Lombardo P., Rel. Pece, P. M. Comucci; D'A. Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 691/692-697/698 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150420 . Accessed: 28/06/2014 17:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.141 on Sat, 28 Jun 2014 17:31:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; ordinanza 26 ottobre-12 dicembre 1961, n. 347; Pres. Lombardo P., Rel.Pece, P. M. Comucci; D'A.Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 4 (1962), pp. 691/692-697/698Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150420 .

Accessed: 28/06/2014 17:31

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691 PARTE PRIMA 692

seppe, Vittorio e Francesco Pardini, con fissati bollati in data fra il 24 ed il 30 ottobre 1948, svolgendo un'attivita

aesociata, avevano ceduto l'intero pacchetto azionario della predetta Society Pardini alla Soc. a resp. lim. Alleanza italiana delle cooperative ; ehe da taie unica cessione erano

conseguiti maggiori utili nei confronti dei soci alienanti, accertö per il 1948, una tantum, nn reddito di ricchezza mobile di categoria A) di lire 165.662.919.

Gli interessati proposero reclamo alla Commissione distrettuale di Lucca, la quale, con decisione del 7 luglio 1953, annullö l'accertamento. Su gravame deH'Ufficio la Commissione provinciale delle imposte di Lucca, con decisione 15 dicembre 1953, ritenuta la sussistenza di una societa di fatto tra la Soc. Bertolli e i Pardini per la cessione delle azioni e la tassabilita del reddito accertato, determine) tale reddito in 110.000.000 di lire.

La Commissione centrale delle imposte, con decisione in data 18 marzo 1959, rigettava il ricorso proposto da Giu

seppe Pardini, Armando Pardini, quale erede ed avente causa di Vittorio Pardini fu Amedeo, Maria Angela Pardini, ancbe quale erede di Vittorio Pardini fu Amedeo, rappre sentata, per la minore et&, dalla madre Alcinda Sestini, Mario Pardini fu Francesco, Amedeo Pardini fu Francesco, Bruna Ceccarelli ved. Pardini, quale rappresentante la

figlia minore Anna Maria Pardini. Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassa

zione Giuseppe, Mario, Amedeo, Anna Maria Pardini. Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso i

ricorrenti denunciano la violazione degli art. 2247 e 2291 e

segg. cod. civ. per avere la impugnata decisione della Com missione centrale per le imposte, Sez. un., ritenuto : a) am missibile una society di fatto tra una society per azioni, quale la Society Bertolli, e persone fisicbe ; b) sussistente, in relazione a detta premessa, una society di fatto tra la Societa. per azioni Bertolli, alia quale appartenevano 1000 azioni della Soc. f.lli Pardini, e i fratelli Pardini, ai quali appartenevano le altre 3000 azioni, Society avente per og getto il trasferimento dell'mtero pacchetto azionario alia Soc. a.r.l. Alleanza italiana cooperative.

La censura sub a) e fondata.

Questo Supremo collegio, con giurisprudenza costante (cfr. da ultimo sentenze 3 aprile 1959, n. 993, Foro it., Rep. 1959, voce Societa, n. 140 ; 23 settembre 1958, n. 3035, id., 1959, I, 1142 ; 26 ottobre 1956, n. 3966, id., 1957, I, 513 ; 18 giugno 1955, n. 1903, id., Rep. 1955, voce cit., n. 189), ha ritenuto non configurabile nel nostro ordina mento una societa di fatto tra una society di capitali ed

imprenditori singoli. Ne si ravvisano ragioni per un mutamento di tale giu

risprudenza. In vero nelle societa di fatto, aventi per oggetto un'at

tivita commerciale, che sono inquadrate nelle society in nome collettivo (art. 2249, 2297, 2293 cod. civ.), ha rile vanza essenziale la partecipazione esclusiva di persone fisiche, essendo la loro struttura disciplinata nel presupposto di una fiducia e di una conoscenza personale, proprie tra per sone fisiche, e con riguardo alle vicende delle stesse (morte, incapacity, art. 2284, 2286, 2294), nö esse hanno personality giuridica, secondo la opinione prevalsa in dottrina e secondo la giurisprudenza di questo Supremo collegio.

Invece nelle society di capitali la disciplina dellaparteci pazione dei soci prescinde dalla fiducia e dalla loro cono scenza ed ha riferimento alla titolaritä di quote o di azioni, nelle quali b diviso il patrimonio ; e a tale disciplina si riconnette quella deiramministrazione e della responsabi litä, e il conferimento della personality giuridica, che le rende indipendenti dal mutare dei soci.

Tale diversity di struttura esclude che una society di

capitali põssa essere socia di una society personale, in quanto nella society personale non sussisterebbero la fiducia e la conoscenza, proprie tra persone fisiche nei confronti della society di capitali, per essere questa indipendente dalle persone dei soci e in quanto in relazione proprio a tale fi ducia e conoscenza i terzi concludono negozi con la societa personale e questa assume obbligazioni.

Esclusa l'ammissibility della society, vien meno il titolo

ehe, in mancanza di una norma legislativa sull'imposta di

ricchezza mobile, giustificasse lin accertamento tributario in

solido.

Conseguentemente sono assorbite, sia la censura sub

b) del motivo in esame, sia quelle dei motivi secondo, terzo,

quarto, quinto e sesto, le quali, nel presupposto della confi

gurabilitä giuridica del titolo d'imposizione, riguardano questioni attinenti a presupposti dell'imposizione medesima.

L'impugnata decisione deve quindi essere cassata e la causa deve essere rinviata alia stessa Commissione eentrale

per 1'applicazione del seguente principio : « non e configura bile nel nostro ordinamento una societä di persone della

quale siano soci una societä, per azioni e persone fisiche ».

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili; ordinanza 26 otto'bre-12 dieembre

1961, n. 347 ; Pres. Lombaedo P., Rel. Pbce, P. M.

Comucci ; D'A.

Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della

magistratura — Sezione diseiplinare — Ricu sazione dei componenti — Competenza a cono seerne (R. d. leg. 31 maggio 1946 n. 511, guarentigie della magistratura, art. 32 ; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla costituzione e sul funzionamento del Con

siglio superiore della magistratura, art. 17, 42 ; d. pres. 16 settembre 1958 n. 916, disposizioni di attuazione e coordinamento della 1. 24 marzo 1958 n. 195, art. 60).

Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della

magistratura •— Sezione diseiplinare — Ricu— sazione — Proposito di astensione — Irrilevanza.

Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della

magistratura — Sezione diseiplinare — Compo nent e di diritto — Rapporto ai Ministro sui latti addebitati — Motivo di ricusazione — Insussi

stenza.

Spetta alle Sezioni unite civili della Gassazione conoscere delle istanze di ricusazione proposte nei confronti di com

ponenti della Sezione diseiplinare del Consiglio superiore della magistratura. (1)

Non viene meno la materia del contendere sulla istanza di ricusazione d'un componente di diritto della Sezione di

seiplinare del Consiglio superiore della magistratura, pur se questi esprima, per I'ipotesi di rigetto delVistanza di ricusazione, il proposito di ricliiedere Vautorizzazione ad astenersi. (2)

Nel giudizio dinanzi la Sezione diseiplinare del Consiglio superiore della magistratura non e motivo di ricusazione d'un componente di diritto il fatto che questi, quale presi dente della corte d'appello nel cui distretto presta servizio

Vineolpato, abbia prospettato al Ministro di grazia e giu stizia 1'eventualitä ehe i fatti attribuiti all'incolpato po tessero essere suseettibili di valutazione in sede disei

plinare. (3)

(1-3) Non risultano precedenti in termini.

SuH'impugnabilit& delle decisioni della Oorte diseiplinare della magistratura, funzionante secondo le disposizioni ora abro gate, v. Cass. 26 aprile 1961, n. 934, Foro it., Rep. 1961, voce Ordinamento giudiziario, n. 22 (annotata da Di Salvo, in Giust. civ., 1961, I, 728) e 20 aprile 1960 n. 896, Foro it., 1960, I, 1859, eon nota di riehiami.

Nel procedimento diseiplinare, con riguardo al quale han provveduto le Sezioni unite, il Consiglio superiore, con deci sione 25 giugno 1960, ibid., Ill, 214, ha detto manifestamente infondata l'eccezione d'incostituzionalita delle norme che rego lano la composizione e le deliberazioni della Sezione diseiplinare (la decisione o stata poi anrotata da Abbamonte, in Rass. dir. pubbl., 1961, 137 ; Viesti, in Temi, 1961, 237 ; Bertjtti, in Riv. it, dir. proc. pen., 1961, 976).

In dottrina, da ultimo, Pedace, Disciplina giudiziaria, in

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693 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 694

La Corte, eco. — Ritenuto che, a seguito di richiesta

avanzata dal Ministro della giustizia con nota 14 ottobre

1959, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione

dispose, con provvedimento 21 novembre 1959, l'istruttoria sommaria del procedimento disciplinare a carico del dott.

C. D'A., Pretore di Roma, per avere menomato grande mente il prestigio dell'Ordine giudiziärio a mezzo di alcuni

articoli da esso pubblicati, con lo pseudonimo « Giulio del

Rio », sul periodico « II pensiero nazionale ».

A seguito dell'espletamento dell'istruttoria e della ri

messione degli atti, per l'ulteriore corso, al Consiglio supe riore della magistratura, venne proceduto, in data 23 maggio 1960, ai sensi dell'art. 6 legge n. 195 del 1958 e dell'art. 33

deereto pres. n. 916 del 1958, alia composizione del col

legio giudicante della Sezione disciplinare con l'inclusione

quale componente di diritto, del dott. Silvio Tavolaro, Presidente della Corte d'appello di Roma.

A seguito di ciõ e comunieato il deposito degli atti

all'incolpato dott. D'A., quest'ultimo, con esposto 10 giugno 1960 alia Sezione disciplinare presentõ dichiarazione diricu

sazione nei confronti del dott. Tavolaro, assumendo che

il predetto dott. Tavolaro aveva presentato denunzia a

carico di esso D'A. per la proposizione del procedimento

disciplinare (6° comma dell'art. 64 cod. proc. pen.) e aveva

interesse nel procedimento stesso, avendo esso D'A. dichia

rato che tra i magistrati, ai quali aveva inteso riferirsi

nelle sue pubblicazioni, c'era anche il Presidente Tavolaro.

II dott. Tavolaro presentõ dichiarazione con la quale

espose il proprio proposito, unicamente per ragioni di asso

luta sensibilitä, e per la ipotasi di rigetto della istanza di

ricusazione, di richiedere l'autorizzazione ad astenersi

dal partecipare al giudizio disciplinare, cosi come aveva

fatto presente prima dell'inizio del procedimento, quando aveva avuto notizia delle intenzioni del D'A. nei di lui

confronti.

All'udienza del 13 maggio 1961 la Sezione disciplinare

dispose, in via pregiudiziale e con ordinanza, la rimessione

degli atti a queste Sezioni unite civili per la decisione sulla

proposta ricusazione.

Novissimo dig. it., V, pag. 1054; Janiri, Consiglio superiore

magistratura, id., IV, pag. 213 ; Torrente, Consiglio superiore

magistratura, nell'Enciclopedia del diritto, IX, pag. 327.

* * *

Per completezza d'informazione, riproduoiamo il testo della

requisitoria del Procurators generale presso la Cassazione, M.

Comucci : «Visti gli atti del procedimento disciplinare a carico del

dott. 0. D'A. e letti gli art. 66 e 69 cod. proc. pen., applicabili anche in materia di procedimento disciplinare ;

« Considerato che la dichiarazione di ricusazione di che trat

tasi e motivata e sottoscritta dal dichiarante ; « Che essa fu presentata nei termini stabiliti dal 1° comma

del citato art. 66, prima cioe che fossero compiute le formality

di apertura del dibattimento, le quali, per l'art. 420 cod. proc. pen., si considerano esaurite solo dopo la lettura delle imputa zioni (o incolpazioni) : fase alia quale non risulta che si fosse

ancora pervenuti nella seduta del 10 dicembre 1960, ne in quella

precedente del 25 giugno stesso anno, nella quale era stata sol

levata in limine eccezione di incostituzionalitä, degli art. i e 6

legge 24 marzo 1958 n. 195 (respinta con dichiarazione di mani

festa infondatezza) ed era stato provveduto in ordine all'ammis

sione di alcuni testimoni, con conseguente rinvio del procedi mento a nuoTO ruolö (6 da rilevare in proposito che, in tema di

dichiarazione di ricusazione, la legge non usa nemmeno l'inciso

« per la prima volta », che si legge nell'art. 93, 2° comma, cod. proc.

pen., in materia di dichiarazione di costituzione di parte civile); « Che la presentazione della dichiarazione avvenne dinanzi

alia Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistra

tura, presente il segretario della Sezione medesima Leopoldo Moleti, che ne redasse verbale ;

« Che sembrano pertanto ricorrere tutte le condizioni for

mali volute dall'art. 66 sopra citato per l'ammissibilita della

dichiarazione di ricusazione ; «Chiede che, riconosciuta ammissibile la dichiarazione di

ricusazione, sia provveduto a quant'altro previsto dall'art. 69, 1° comma, cod. proc. penale».

Il Procuratore generate presso la Corte di cassazione, con le proprie conclusioni scritte, ha chiesto riconoscersi

ammissibile, in rito, la dichiarazione di ricusazione e prov vedersi agli incombenti di cui al 1° comma dell'art. 69 cod. proc. penale.

Considerato quanto segue: devono essere accertate,

preliminarmente, la applicability, in materia di procedi mento disciplinare, dell'istituto della ricusazione, nonche la competenza di queste Sezioni unite civili a conoscere

della ricusazione proposta dal dott. D'A.

Ad entrambi i quesiti deve essere data risposta positiva. La soluzione positiva del primo quesito e conseguenza

del carattere giurisdizionale del procedimento disciplinare, nonclie dell'affinitä. tra quest'ultimo e il procedimento

penale, pur non rivestendo le sanzioni disciplinari carat tere di pena.

L'affinita tra i due procedimenti si ricava dalla espressa attribuzione delle funzioni di P. m. presso la Sezione disci

plinare del Consiglio superiore della magistratara, al Pro curatore generale presso la Corte suprema di cassazione

(art. 4 legge n. 195 del 1958), dal particolare clie, sia il r. decreto legge n. 511 del 1946 (art. 32), sulle guarantigie della magistratura (le cui disposizioni, per l'art. 42 della

legge n. 195 del 1958, sono tuttora applicabili, in quanto compatibili, in materia disciplinare), sia il decreto pres. n. 916 del 195 prevedono, una volta iniziata l'azione di

sciplinare, ed a seconda dei casi, l'istruttoria sommaria o l'istruttoria formale, da espletarsi con l'osservanza delle norme relative alia istruzione dei procedimenti penali: dal richiamo, per quanto attiene ai periti ed ai testi moni nel procedimento disciplinare, delle relative norme

penali, sia di carattere processuale (art. 142, 316 e 449 cod. proc. pen.), sia di carattere sostantivo (art. 366, 372, 373, 376, 377 e 384 cod. pen.) ; dalla applicability, alia discus sione nel giudizio disciplinare, delle norme sul dibatti mento penale (ex art. 35 citato r. decreto legge n. 511 del

1946). II carattere giurisdizionale del procedimento discipli

nare b, infine, confermato dalla impugnabilitä dei relativi

provvedimenti innanzi queste Sezioni unite civili (ex com binato disposto dell'art. 17 legge n. 195 del 1958 e dell'art. 60

decreto pres. n. 916 del 1958). La sottolineata affinita tra il procedimento disciplinare

ed il procedimento penale, oltre che giustificare, come si e

detto, 1'applicabilitä,, al primo, dell'istituto della ricusazione,

porta anche ad identificare nelle Sezioni unite civili della Corte di cassazione l'organo giurisdizionale competente a conoscere delle istanze di ricusazione nei confronti dei

componenti la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Infatti, mentre dall'art. 68 cod. proc. pen., nel testo

conseguente alia legge n. 517 del 1955, si ricava che la com

petenza a decidere sulla ricusazione e attribuita all'organo funzionalmente superiore a quello cui appartiene il giudice ricusato, si 6 giä. detto come la decision© sui ricorsi avverso i provvedimenti in materia disciplinare competa alle Se zioni unite civili della Corte di cassazione (non anche alle Sezioni unite penali, esulando dalle sanzioni discipinari il carattere di pena in senso tecnico-giuridico).

Affermata, come sopra, la propria competenza, queste Sezioni unite rilevano che, nella specie, nonostante la di chiarazione del dott. Tavolaro in data 10 dicembre 1960, non c venuta meno la ragione del decidere sulla istanza di ricusazione nei di lui confronti. Infatti, mentre l'art. 67 cod. proc. pen., perche la ricusazione possa considerarsi, a seconda dei casi, come non proposta o come sospesa, richiede la manifestazione, da parte del giudice ricusato, di una volontä, attuale ed incondizionata di astenersi, la richiamata dichiarazione del Presidente Tavolaro, sia pure per la preoccupazione di non volere eludere la decisione sulla ricusazione, esprime solo un proposito di astensione, che necessita di ulteriore e futura concretizzazione.

Rilevato che la istanza di ricusazione proposta dal dott. D'A. risulta da dichiarazione sottoscritta dal D'A. medesimo e da lui presentata alia segreteria del Consiglio superiore della magistratura prima che fossero compiute le formality

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695 PARTE PRIMA 696

di apertura del dibattimento, queste Sezioni unite riten

gono eke detta ricusazione debba essere dichiarata inam

missibile eomecke manifestamente infondata.

Rickiamato ehe il procedimento di ricusazione si arti eola in tre fasi, e cioe in una fase preliminare di delibazione, una fase istruttoria ed una fase decisoria, eke le ultime due

fasi sono condizionate alia eonclusione positiva della prima, nel senso eke possono svolgersi solo se la delibazione della

ricusazione abbia accertato rammissibilitä della istanza

relativa, deve essere ulteriormente precisato eke la fase di delibazione non puõ essere limitata al controllo delle sole

formalitä di rito, e quindi, nella specie, all'accertamento

del rispetto del termine e delle modalita. di presentazione della istanza, ai sensi dell'art. 66 cod. proc. pen. ; al con

trario la delibazione, pur lasciando normalmente alia fase

istruttoria ed a quella decisoria l'indagine e l'esame sul

merito della ricusazione, deve tuttavia farsi carico dell'even

tuale giä evidente inesistenza di quei presupposti di merito, il cui concorso puõ giustificare l'ulteriore svolgimento del

procedimento di ricusazione. Tale conclusione 6 legitti mata dal carattere eccezionale della ricusazione, la quale, se non accolta, «non solo reca offesa alia magistratura, ma

cagiona altresi notevole perturbamento nel buon ordine

processuale «(Relazione min. al progetto definitivo del

cod. proc. pen., pag. 21), determinando, attraverso l'inseri mento di un procedimento incidentale, una mora forzata

nello svolgimento del processo. D'altronde, il carattere eccezionale dell'istituto della ri

cusazione e evidente ove si consideri che esso si risolve nella

facoltä, per le parti, di interferire nella scelta e nella com

posizione dell'organo giudicante e cioe di interferire in una

materia eke, per la sua estrema delicatezza, e normalmente

sottratta a qualsiasi potere dispositivo delle parti stesse, le quali sono giä cautelate legislativamente attraverso

le norme eke disciplinano la funzione giudiziaria, e sotto

il profilo soggettivo dagli organi ckiamati ad esercitarla, e sotto il profilo oggettivo dallo svolgimento del processo.

II rigore, con il quale il legislatore ka considerato l'isti

tuto della ricusazione, e testimoniato dal carattere tassa

tivo dei possibili motivi di ricusazione, dalla necessity

eke le ragioni concrete della ricusazione siano enunciate

analiticamente e eke le prove a sostegno di esse siano indi

cate in modo specifico, dalla necessity eke, ove la dickiara zione di ricusazione sia fatta a mezzo di un procuratore spe ciale, nell'atto di procura siano indicati, a pena di inammis

sibilitä, i motivi della ricusazione ; dai termini entro i quali, sempre a pena di inammissibilita, la dichiarazione deve

essere presentata ; dalla prevalenza eke il legislatore ka

stabilito per la dichiarazione di astensione da parte del

giudice, nella ipotesi di concorso di ricusazione e di asten

sione, dalle sanzioni per il caso di inammissibilitä o di ri

getto della domanda di ricusazione. Tale documentato rigore fa si eke il giudice e competente

sul merito della ricusazione solo quando quest'ultima non risulti giä manifestamente infondata.

D'altra parte, richiamato eke, come si e detto, i prin eipi sulla ricusazione, nella materia disciplinare a earico dei magistrati, vanno ricavati, pur senza intaecare la so stanziale unitarietä dell'istituto della ricusazione, dai

prineipi sulla ricusazione in materia penale, atteso ciõ, mai si comprenderebbe perche, mentre al cittadino privato 6 assicurata, attraverso la facoltä di arckiviazione di cui

all'art. 74 eod. proc. pen., la possibilitä di essere solleci

tamente tutelato in relazione a denunzie e rapporti mani

festamente infondati, il giudice, pur essendo assistito dalle

piu ampie presunzioni di imparzialitä e di correttezza, dovrebbe trovarsi esposto a subire necessariamente l'ulte

riore corso di una procedura di ricusazione giä manifesta mente infondata, in tal modo provocandosi, oltre tutto, una remora ingiustificata (eke, in ipotesi, potrebbe ancke essere maliziosa) nel regolare svolgimento del processo, in relazione al quale la ricusazione venne proposta.

Nella specie, i motivi di ricusazione proposti dal dott. D'A. sono due : 1) il Presidente Tavolaro avrebbe sporto, a carico di esso D'A., la denunzia eke avrebbe originato il procedimento disciplinare ; 2) il Presidente Tavolaro sa

rebbe interessato all'esito del predetto procedimento, in

quanto incluso da esso D'A. tra i magistrati ai quali esso

medesimo D'A. aveva inteso riferirsi nei suoi articoli sul

« Pensiero nazionale ».

Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.

In quanto al primo motivo, gli atti ai quali il dott. D'A.

si riferisce non possono essere che la lettera 14 luglio 1959, inviata dal dott. Tavolaro, quale Presidente della Corte

d'appello di Koma, al Ministro di grazia e giustizia, nonche

la lettera 27 ottobre stesso anno, inviata dal Presidente

Tavolaro, sempre nella espressa qualitä, alio stesso Mi

nistro ed al Procuratore generale presso la Corte di cassa

zione. Dal contenuto delle predette due lettere esulano, perõ,

gli estremi della denunzia o rapporto di cui al combinato

disposto del n. 6 dell'art. 64 e del 3° comma dell'art. 61 cod.

proc. penale. Infatti, anzitutto la promozione dell'azione discipli

nare non competeva al Presidente Tavolaro comeche spet tante, invece, al Ministro di grazia e giustizia, mediante

richiesta al Consiglio superiore della magistratura e, ex

officio, al Procuratore generale presso la Corte suprema di

cassazione, nella qualitä di Pubblico ministero presso la

Sezione disciplinare del Consiglio superiore (ex combinato

disposto del n. 3 dell'art. 10 e del n. 1 dell'art. 14 della

legge n. 195 del 1958, sulla costituzione e sul funzionamento

del Consiglio superiore della magistratura). Le due lettere in questione potrebbero essere riportate

nella previsione di cui al 1° comma dell'art. 59 decreto pres. n. 916 del 1958 e relativa alia trasmissione, al Ministro

della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte

suprema, dei rapporti relativi ai fatti suscettibili di valu

tazione in sede disciplinare. Deve essere rilevato, perõ, che il contenuto delle due let

tere si risolve in quello di semplici note di trasmissione

degli atti che vi erano allegati (lettera e rapporto del Procu

ratore generale presso la Corte d'appello di Roma; copia della sentenza pronunziata, il 14 giugno 1959, dal Pretore

dott. Coiro ; lettera del Presidente del Tribunale di Roma ; lettera del magistrate dirigente la Pretura di Roma; dichiarazioni rese, al predetto magistrato, dal dott. D'A.

e dal dott. Coiro ; copia dei fascicoli de «II pensiero na

zionale » contenenti gli articoli pubblicativi del dott. D'A.). Infatti, nelle due lettere, il Presidente Tavolaro, con

richiamo alia stessa dizione del giä menzionato art. 59

decreto pres. n. 916 del 1958, si limita a prospettare al

Ministro, titolare, come detto, del potere di denunzia al

Consiglio superiore, la mera eventualitä che i fatti attri

buiti al dott. D'A. potessero presentarsi suscettibili di

valutazione in sede disciplinare, e non espresse, su quei fatti, alcun suo giudizio certo, tale da non permettergli ulteriormente, quale componente di diritto della Sezione

disciplinare, la piu ampia ed impregiudicata valutazione dei fatti stessi, quali fossero risultati accertati attraverso la istruttoria ed il dibattimento dello (in allora) eventuale

giudizio disciplinare. Deve inoltre essere considerato che la condotta del dott.

D'A. fu rappresentata dal Presidente Tavolaro nell'eser cizio di quel potere-dovere di sorveglianza, che al dott. Tavolaro compete, quale Presidente della Corte d'appello di Roma, e, quindi quale responsabile, per tale distretto, della organizzazicne e del funzionamento dei servizi giu diziari, di cui a sua volta, il Ministro della giustizia, ferme le competenze del Consiglio superiore, e responsabile in sede nazionale (art. 110 della Costituzione).

Ciõ premesso, va richiamato che, per ferma giurispru denza di questa Corte suprema in materia penale (sent, n. 1689 del 1952 ; n. 1287 dfel 1958 ; sent. 19 gennaio 1946, in causa Prestia) non e luogo a ricusazione del giudice per gli atti da quest'ultimo dovuti nell'esercizio delle sue fun zioni.

In tal caso infatti deve ritenersi giä escluso legislati vamente quel conflitto di competenza funzionale che e alia radice delle incompatibilitä nel nostro ordinamento giuri ridico processuale. Deve ritenersi, invece, che lo stesso le

gislatore, legittimamente certo della serena obiettivitä del

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Page 5: Sezioni unite civili; ordinanza 26 ottobre-12 dicembre 1961, n. 347; Pres. Lombardo P., Rel. Pece, P. M. Comucci; D'A

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

giudice, ha considerato ohe quest'ultimo non sara tratte nuto dal mutare o dal confermare, a seoonda degli ulteriori

sviluppi del caso sottoposto al suo giudizio, quel convinci

mento, ehe per legge avesse dovuto esprimere in una fase

pregiudiziale del giudizio stesso. Tra le applicazioni che questa Corte suprema ha avuto

occasione di fare in relazione ai principi, di cui sopra, giova richiamare, eomechö piu vicina, sul piano dei principi stessi, alia ipotesi in discussione, quella del pretore, il quale, per i reati di sua competenza, e investito per legge, e del po tere necessario a dare impulso all'azione penale, e del

giudizio sui reati cosi perseguiti. Ora, nel caso di specie, e dallo stesso sistema legisla

tive che resta giustificata la contemporanea attribuzione al Presidente Tavolaro e del potere-dovere di sorveglianza sugli uffici del distretto (della Corte d'appello di Eoma) com

prese le sezioni distaccate e sui magistrati della Corte mede

sima, dei tribunali, delle preture e degli uffici di conciliazione del distretto e delle circoscrizioni delle sezioni distaccate

(art. 14 della legge n. 511 del 1946, sulle guarentigie della

magistratura, tuttora in vigore nei limiti di cui all'art. 42 della legge n. 195 del 1958), e dell'ufficio di componente di diritto della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura (art. 4 e 6 della legge n. 195 del 1958). Deve concludersi che, per tutte le esposte ragioni &

evidente, senza che sia necessario alcun atto istruttorio, che non sussiste, nei confronti del Presidente Tavolaro, il motivo di ricusazione ex n. 6 dell'art. 64 cod. proc. penale.

Non sussiste neppure l'ulteriore motivo di ricusazione dedotto dal dott. D'A. con riferimento al n. 1 dell'art. 64

(interesse personale nel procedimento). II D'A., nella dichiarazione di ricusazione, ha precisato

che tale interesse del Presidente Tavolaro discenderebbe « dalla dichiarazione con la quale (esso dott. D'A.) faceva

presente che tra i magistrati, a cui si riferiva nei suoi arti

coli, erano, fra gli altri, S. E. Lanzara e S. E. Tavolaro». Al riguardo occorre precisare che : a) lo stesso dott.

D'A. nella dichiarazione da lui resa-, in data 9 luglio 1959, al Pretore dirigente la Pretura di Roma precisö testual mente : « nella pubblicazione (su «II pensiero nazionale ») usando l'espressione «L'altissimo magistrato » intendevo

rivolgermi ad una di queste tre persone che pensavo fosse stata la causa del provvedimento preso nei confronti del

giudice Coiro e cioe, il Presidente del Tribunale, il Presi dente della Corte d'appello o il Procuratore generate; oggi, per notizie piu specifiche, ho saputo che trattasi del Procuratore generale »; b) nell'interrogatorio da lui reso al Procuratore generale presso la Cassazione, in data 11 febbraio 1960 in sede di istruttoria sommaria, il dott. D'A. insistette nel riferirsi solo al Procuratore generale; c) il dott. Coiro (il cui trasferimento da una Sezione penale ad una Sezione civile della Pretura di Roma aveva fornito lo

spunto per le pubblicazioni del D'A.), nella deposizione da lui resa, in data 17 febbraio 1960, al Procuratore gene rale presso la Corte di cassazione, si riporto anch'egli esclu sivamente al Procuratore generale presso la Corte d'appello ; d) nei decreti di fissazione della discussione orale del pro cedimento innanzi la Sezione disciplinare l'addebito fatto al D'A. b esclusivamente relativo agli apprezzamenti del D'A. medesimi nei confronti di « un magistrato di altissimo

grado » (il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma); e) solo dopo che, con decreto 23 maggio 1960 del Presidente del Consiglio superiore, era stata giä fis sata la discussione orale del procedimento ed era stato nominato relatore il Presidente Tavolaro e, dopo che esso D'A. aveva potuto consultare gli atti presso la Segreteria del Consiglio superiore, esso medesimo D'A. con esposto 15 giugno 1960 al Consiglio superiore, lamentando lacune

nell'istruttoria del procedimento disciplinare, dichiarõ di ritenere necessario precisare che «i nominativi dei magi strati responsabili (secondo esso esponente) del trasferi mento del dott. Coiro erano S. E. Arrigo Lanzara, -S. E. Silvio Tavolaro, il Presidente (del Tribunale di Roma) Antonio Gentile ; il Pretore capo (della Pretura di Roma) Ferdinando Lignola ».

Con quello stesso esposto il D'A. richiese che si fosse

indagato sull'atteggiamento tenuto da ciascuno dei sopra indicati magistrati in relazione al trasferimento del dott. Coiro.

Da tutte le circostanze sopra precisate risul ta chiara la infondatezza anclie del secondo motivo di ricusazione.

G-iova insistere nel richiamare come il legislatore, al fine di evitare cho la ricusazione possa tramutarsi in un mezzo per interferire illegittimamente nella composi zione dell'organo giudicante, lia prescritto, come giä. si e

sottolineato, che l'istanza di ricusazione deve essere arti colata attraverso la specifica deduzione dei motivi, e delle

prove correlative. E la dottrina ha avuto cura di dedurne che la inosservanza della prescrizione di cui sopra importa la inammissibilitä, della istanza di ricusazione.

Nella specie, dalle circostanze giä, sopra puntualizzate si ricava : a) che il dott. D'A. non e incolpato di alcun ad dehito nei confronti del Presidente Tavolaro ; b) che il riferimento che, nonostante le sue stesse precisazioni in sede istruttoria, il dott. D'A. ha fatto al Presidente Tavolaro con l'esposto 15 giugno 1960 e del tutto generico, senza la deduzione ne di fatti specifici nõ delle correlative prove, tanto vero che esso stesso dott. DA. 6 indotto a richiedere

indagini al fine di accertare il comportamento tenuto dal dott. Tavolaro in relazione all'episodio Coiro. Manca, in ogni caso, la deduzione di qualsiasi circostanza concreta, idonea a spostare l'atteggiamento del Presidente Tavolaro dal piano di quella doverosa sorveglianza ed organizza zione dello svolgimento dei servizi giudiziari, che ad esso dott. Tavolaro competono nell'amhito del distretto della Corte da lui presieduta, cosi come giä. illustrato nella trat tazione del primo mezzo della ricusazione. Ne consegue che, difettando anche la sola deduzione di circostanze idonee a fame derivare un qualsiasi interesse personale del Pre sidente Tavolaro all'esito del procedimento disciplinare a carico del dott. DA., resta ribadita la infondatezza evi dente anche del secondo motivo di ricusazione.

Concludendo, la manifesta infondatezza dell'istanza di ricusazione proposta dal dott. DA. ne impone la decla ratoria di inammissibilitä,.

II ricusante, in applicazione dell'art. 71 cod. proc. pen., deve essere condannato al pagamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma che stimasi determinare in lire ventimila.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SÜPREMA D! CASSAZIONE.

Sezioni unite oivili; sentenza 25 novembre 1961, n. 2731 ; Pres. Oggioni P. P., Est. Stella Richteb, P. M. Pepe (ooncl. diff.) ; Soc. La Cittadella (Aw. D'Audino) c. Comune di Genova (Avv. Eomanelli), Soc. r. 1. im

mob. civile Cesarea (Avv. Villani), Prefetto di Genova, Soc. Pama (Avv. Guidi).

(Oassa App. Genova 23 luglio 1960)

Piano regolatore, di ricostruzionc e disciplina delle costruzioni — Piano regolatore — Suecessivo

piano di ricostruzione — Espropriazione — Di letto di giurisdizione del giudice ordinario (L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, abolizione del oontenzioso

amministrativo, art. 2 ; d. 1. 1. 1 marzo 1945 n. 154, norme per i piani di ricostruzione degli abitati danneg giati dalla guerra, art. 2 ; 1. 27 ottobre 1951 n. 1402, mo

dificazioni al d. 1. 1. 1 marzo 1945 n. 154, art. 3).

Se il potere di espropriare beni di privati e contemplato, sia

dal piano regolatore, sia dal successivo piano di rico

struzione di una cittä, sfugge alla cognizione del giudice ordinario la questione relativa all'identificazione del piano

applicabile, sollevata dal proprietario espropriato. (1)

(1) La premessa, da cui muove la motivazione, sulla discri minazione della competenza del giudice ordinario e del giudice

Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte 1-45.

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