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Sezioni unite civili; sentenza 1 febbraio 1961, n. 207; Pres. Cataldi P., Est. Cesaroni, P. M....

Date post: 30-Jan-2017
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Sezioni unite civili; sentenza 1 febbraio 1961, n. 207; Pres. Cataldi P., Est. Cesaroni, P. M. Criscuoli (concl. diff.); Ditta Squinzano (Avv. Contaldi, Piccini, Alberti) c. Finanze (Avv. dello Stato Salerni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 611/612-613/614 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151033 . Accessed: 24/06/2014 22:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.96 on Tue, 24 Jun 2014 22:47:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 1 febbraio 1961, n. 207; Pres. Cataldi P., Est. Cesaroni, P. M.Criscuoli (concl. diff.); Ditta Squinzano (Avv. Contaldi, Piccini, Alberti) c. Finanze (Avv. delloStato Salerni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 611/612-613/614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151033 .

Accessed: 24/06/2014 22:47

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611 PARTE PRIMA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 1 febbraio 19(51, n. 207 ; Pres. Cataldi P., Est. Cesaroni, P. M. Crisctjoli (conci, diff.) ; Ditta Squinzano (Avv. Contaldi, Piccini, Al

berti) c. Finanze (Avv. dello Stato Salerni).

(Conferma Cons. Stato 21 gennaio 1959)

Dogana — Controversie doganali — Decisioni del Ministro per le finanze —• Impugnative — Giuris dizione del Consiglio di Stato (R. d. 9 aprile 1911 n. 330, t. u. delle leggi per la risoluzione delle contro versie doganali, art. 4 ; r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. sul Consiglio di Stato, art. 26).

Spetta al Consiglio di Stato conoscere delle impugnative avverso le decisioni del Ministro per le finanze in ma teria di qualificazione e classificazione o di accertamento del valore delle merci, ai fini dell'imposta doganale. (1)

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo di ricorso, la Ditta

Squinzano, denunciando la violazione dell'art. 113, 1°

comma, della Costituzione, dell'art. 2 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E e dell'art. 16, 1° comma, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, in relazione all'art. Ili, 3° comma, della Costitu

zione, e dell'art. 360, 1° comma, cod. proc. civ., assume che la decisione del Ministro delle finanze in materia doganale avrebbe il carattere di atto amministrativo vincolato, nessun

margine essendo lasciato alla discrezionalità della pub blica Amministrazione, dinanzi a cui la pretesa del privato, di corrispondere il tributo secondo la natura e l'esatto ammontare del valore imponibile, non può raffigurarsi come interesse legittimo, ma come diritto soggettivo, tu telabile avanti il giudice ordinario, dopo l'esaurimento dell'iier amministrativo, quando, come nella specie, non siano previsti organi giurisdizionali speciali.

Queste Sezioni unite ritengono che tale tesi non possa essere accolta.

Come è noto, alla prima legge doganale sarda del 9

luglio 1859 n. 3494, che affidava al Ministro le decisioni delle controversie per il caso di divergenza delle parti in ordine al diritto dovuto, seguì la legge 30 maggio 1878 n. 4390, i cui art. 6 e 7 regolavano le controversie sulla

qualificazione ed assimilazione delle merci, rimettendo

sempre alla decisione del Ministro le liti relative, previo parere del Collegio consultivo previsto dal r. decreto 5

agosto 1878 n. 4479.

(1) La decisione del Consiglio di Stato, Ad. plen., 21 gen naio 1959, n. 1 (ora confermata) è riassunta nel nostro Rep. 1959, voce Dogana, nq. 15, 16.

La sentenza della Corte costituzionale 27 giugno 1958, n. 40, cui si fa riferimento nella motivazione della sentenza anno tata, è pubblicata in Foro it., 1958, I, 1 <151, con nota di richia mi, e 1400, con nota di Cutrera, Natura giuridica e impugna zione del decreto del Ministro delle finanze in materia di con troversie doganali, ove ulteriori richiami, tra i quali, in parti colare, la sentenza delle Sezioni unite del 17 aprile 1956, n. 1141 (id., 1956, I, 683), la quale ha affermato che la decisione del Ministro per le finanze nelle controversie doganali ha carattere giurisdizionale e che in seguito all'entrata in vigore della Costi tuzione è ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge, impugnazione la quale comprende ed assorbe quella di conte nuto limitato del Consiglio di Stato ; vedi ivi i rilievi dell'An drioli, Il Ministro giudice e la Costituzione della Repubblica ; e la difforme sentenza Cass. 18 febbraio 1959, n. 501, id., 1959, I, 342, con ampia nota di richiami.

È da precisare che la sentenza della Corte costituzionale summenzionata (e commentata anche da Magnani, Ricorso al Consiglio di Stato in materia di controversie doganali, in Dir. e pratica trib., 1959, II, 48) è stata pronunciata tra le stesse parti di cui alla sentenza in epigrafe e così l'ordinanza del l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 26 febbraio 1957 (Foro it., 1957, III, 192) che aveva rinviato alla detta Corte la questione di legittimità sorta dal contrasto tra il 2° comma l'art. 26 t. u. sul Consiglio di Stato e gli art. Ili e 113 della Costituzione.

Nulla veline poi innovato con la legge ulteriore 13 novembre 1887 n. 5028, nè infine col t. u. 24 novembre 1895 n. 679, le disposizioni del quale insieme a quelle delle

leggi 22 dicembre 1910 n. 860, formarono la sostanza del t. u.

approvato con r. decreto 9 aprile 1911, tuttora vigente, con le modifiche ad esso apportate dal r. decreto 8 giugno 1936 n. 1234, dalla legge 4 dicembre 1939 n. 2026 e dal decreto pres. 7 luglio 1950 n. 442, emanato in virtù della

legge 24 dicembre 1949 n. 993, che ha regolato, accanto alle precedenti controversie, anche quelle riguardanti il

valore, ma senza modificare nella sostanza o nella forma la procedura di cui al ricordato t. u. del 1911 per le contro versie in tema di qualificazione delle merci, quando esse

riguardino la classificazione di queste, ovvero l'accerta mento della genuinità del grado alcoolico o saccarometrico, o della quantità e misura di una merce o dei suoi compo nenti, secondo è specificato nell'art. 4, lett. a), b) t. u. cit.

Ciò posto, non sembra potersi negare che la disciplina di tale procedimento sia sostanzialmente affine a quella del ricorso gerarchico e che la decisione trovi fondamento nell'esercizio di un potere discrezionale, nel senso che tanto il Ministro quanto il Consiglio consultivo possono, secondo il loro apprezzamento, classificare la merce nell'una o nel l'altra categoria o attribuirle il valore che si ritenga più appropriato, con che il diritto del privato si affievolisce ad interesse legittimo.

Il che si giustifica, come è stato rilevato anche dalla dottrina più informata, avendo riguardo alla natura del tutto particolare della legge doganale, agli interessi di carattere generale che la legge intende tutelare, non escluso

quello di prevenire liti giudiziarie lunghe e costose, in materia che, nella pratica, si avvale dei più abili accorgi menti per sfuggire al dazio di confine e alle relative tariffe.

Nessuna meraviglia, quindi, se le questioni di classifi cazione delle merci, ai fini dell'imposta doganale, siano state sempre considerate dalla dottrina come questioni da risolversi in sede amministrativa, in quanto concer nenti interessi legittimi ed interessi discrezionalmente

protetti. Nè, in proposito, può sfuggire la dichiarazione fatta

dalla Corte costituzionale nella motivazione della propria sentenza, con il rilievo che, in effetti, l'art. 3 della legge 31 marzo 1889 n. 5992 (corrispondente, al 1° e 2° comma dell'art. 26 della legge sul Consiglio di Stato del 1924) nell'escludere, in sede di sindacato di legittimità delle decisioni ministeriali in materia doganale, il sindacato per violazione di legge, non lo fece sul presupposto della natura

giurisdizionale di quelle decisioni, bensì, come risulta dai lavori preparatori, unicamente per la considerazione che in quella materia « la maggiore tutela degli interessi indi viduali sarebbe riuscita irreparabilmente dannosa alla difesa e alla economia sociale ».

Ben si comprende, perciò, e si spiega come, data la natura e la organizzazione del sistema di accertamento, il legislatore abbia configurato, nella pretesa dell'impor tatore, un interesse legittimo e ne abbia affidato il controllo al supremo . organo amministrativo, eliminando per di

più, dal controllo stesso, il vizio di violazione di legge. Nè vi è motivo per ritenere che tale situazione legisla

tiva sia mutata dopo la sentenza della Corte costituzionale, la quale conduce bensì a riconoscere il carattere di atto amministrativo della decisione del Ministro, ma non tocca, ed anzi conferma, l'esclusione della giurisdizione del

giudice ordinario, per le ragioni stesse, per le quali non si volle dare un controllo più penetrante al giudice ammini strativo.

D'altra parte, la Corte costituzionale ha bensì affermato la incostituzionalità del capoverso dell'art. 26 t. u. sopra citato, ma soltanto perchè esso limitava i motivi di impu gnazione e ciò in contrasto con l'art. 113 Cost., e senza infirmare la determinazione legislativa di deferimento di tutta la materia al giudizio del Consiglio di Stato.

Ma vi è di più. Il nostro ordinamento tributario, infatti, è venuto

sempre più orientandosi, dopo la legge del 1865 sul conten zioso amministrativo, nel senso di sottrarre alla cognizione

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G13 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

dell'autorità giudiziaria ordinaria le questioni di estima

zione semplice, e cioè quelle aventi per oggetto l'attri

buzione di un valore ad una cosa, e che possono essere

decise con indagine empirica, non implicando la risolu

zione di questioni giuridiche. Sotto tale aspetto, il giudizio viene sdoppiato in due

distinte ed indipendenti categorie di indagini, per quanto l'una sia il presupposto dell'altra ; per cui quella di sem

plice estimazione viene affidata al suo proprio giudice

(normalmente le commissioni delle imposte), mentre l'altra, di ordine esclusivamente giuridico, o di fatto, ma non

vertente sulla estimazione, resta attribuita al suo giudice naturale (autorità giudiziaria ordinaria), che la risolverà

sulla base dell'accertamento, al quale si sia pervenuti nella

precedente indagine di fatto.

E tale appunto deve ritenersi il sistema instaurato delle

leggi doganali, nel quale, ad una prima fase di accerta

mento dei singoli dati di fatto (valore e natura delle merci), che, in caso di contestazione, si svolge, ad istanza dell'im

portatore, innanzi alla camera di commercio o al collegio dei periti doganali, può seguire una seconda fase, di carat

tore spiccatamente contenziosa, avanti l'autorità giudi ziaria ordinaria, quando, ad accertamento compiuto, sorga contestazione circa l'applicazione del dazio secondo tariffa.

Nella specie, come risulta dallo svolgimento del giudizio, si trattava di importazione di alcuni milioni di chilogrammi di zucchero avariato, per-cui la Ditta Squinzano chiedeva la

riduzione di valore a cinquanta lire il Kg., mentre l'Ufficio

doganale ammetteva una riduzione minore, sulla base del

valore di lire 70 al Kg. Sorta controversia, e non avendo la Ditta Squinzano

chiesto il giudizio della Camera di commercio, il Ministro, con suo provvedimento del 14 luglio 1955, sentito il parere dei periti doganali, determinava il prezzo il lire 63 al Kg.

Il che dimostra come il decreto del Ministro, più che

facente parte di un procedimento complesso, sia un presup

posto autonomo, che si stacca dalle restanti operazioni di

accertamento, dando vita ad un giudizio di estimazione

semplice. A ciò si aggiunga che, secondo la procedura stabilita

dal t. u. del 1911, sorta controversia fra i contribuenti e

la dogana rispetto alla qualificazione delle merci, l'imposi zione resta sospesa, sicché fino a tale momento non è nem

meno concepibile una lite fra il contribuente e la Finanza, la quale, non avendo percepito alcun tributo, non può aver leso alcun diritto.

E se così è, cade l'obiezione del ricorrente, che nella

specie la estimazione sarebbe legislativamente vincolata, avuto riguardo alle norme stabilite dall'art. 17 disp. prel. delle tariffe doganali, approvate con decreto pres. 7 luglio 1950 n. 442.

A parte, infatti, il rilievo che nella estimazione del

valore in relazione al « prezzo normale ed attuale delle

merci » non può prescindersi da un elemento di discre

zionalità dovuto al carattere eminentemente pratico di

tale criterio, sta di fatto che l'invocata disposizione non

basterebbe a far sorgere la competenza della giurisdizione ordinaria, per la considerazione più sopra esposta, che i

ricorsi in tema di controversie doganali sono stati consi

derati dal legislatore, come riguardanti, almeno di regola, materia di interessi legittimi e, come tali, sottoposti "alla

giurisdizione del giudice amministrativo.

In conclusione, quindi, competente a conoscere delle

impugnative avverso il provvedimento del Ministro, che

accerti, come nel caso, il valore della merce presentata allo sdoganamento, per la successiva applicazione della

tariffa, non può essere che il Consiglio di Stato come

giudice di legittimità degli atti amministrativi, con l'unica

conseguenza, che abrogato l'art. 26, 2°. comma, che con

sentiva il ricorso solo per incompetenza ed eccesso di potere, sarà ora ammesso il ricorso generale di legittimità, disci

plinato dalla prima parte dell'art. 26 del t. u., senza alcuna

limitazione, e cioè anche per violazione di legge. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 29 dicembre 1960, n. 3322 ; Pres. Torrente P., Est. Viviani, P. M. Pedace (conci,

conf.) ; Buonocore (Avv. De Filippis, Laserra) c. Buo

nocore (Avv. D'Alessandro), Staempfli (Avv. Pieroni,

Muzy, Ventrella) e Cipollina (Avv. Busso).

(Gassa App. Napoli 24 marzo 1959)

Minore età — Provvedimenti del giudice tutelare —

Autorizzazione a divisione nell'interesse di minori — Giudice competente (Cod. civ., art. 45, 320, 343 ;

disp. att. cod. civ., art. 51). Camera di consiglio — Provvedimenti di giurisdi

zione volontaria — Presunzione di legittimità — In

competenza del giudice —- Onere della prova — Fat

tispecie (Cod. civ., art. 2697; cod. proc. civ., art. 320). Camera di consiglio — Decreto d'autorizzazione del

giudice tutelare — Illegittimità — Diritti del

terzo contraente — Mala lede — Estremi (Cod.

proc. civ., art. 742). Camera di consiglio — Decreto di autorizzazione

del giudice tutelare — Illegittimi! à — Diritti del

terzo contraente — Nozione di terzo (Cod. proc.

civ., art. 742). Camera di consiglio — Decreto di autorizzazione

del giudice tutelare — Incompetenza del giudice

Inopponibilità ai terzi (Cod. proc. civ., art. 742).

La competenza ad emettere il provvedimento con cui si auto

rizzi il genitore, esercente la patria potestà, a procedere a

divisioni nell'interesse dei figli minori, spetta al giudice tutelare del luogo di domicilio e non a quello del luogo di residenza dei minori. (1)

Spetta a chi afferma la invalidità, per incompetenza del

giudice, di un provvedimento di giurisdizione volontaria

l'onere della prova della invalidità stessa. (2) Ad escludere la buona fede del terzo, che abbia stipulato, con

persona autorizzata • a ciò da un provvedimento di volon

taria giurisdizione, poi revocato o modificato, non è suf

ficiente l'omissione dell'accertamento dei vizi, di cui il

provvedimento sia inficiato. (3) Ohi contrae con persona autorizzata ad agire da un prov

vedimento di volontaria giurisdizione è terzo rispetto a

questo e, pertanto, non gli sono opponibili, se versa in

buona fede, la revoca, la modificazione o la dichiarazione

d'inefficacia del provvedimento, successivo al negozio. (4)

L'incompetenza del giudice che ha emesso un provvedimento di volontaria giurisdizione non determina la nullità

assoluta del medesimo, ma concreta un'ipotesi di inva

lidità inopponibile al terzo, che abbia stipulato in buona

fede con chi dal provvedimento era autorizzato ad agire. (5)

(1) Conforme Cass. 7 giugno 1948, n. 859, Foro it., 1948, I, 595, che ha affermato la competenza del giudice tutelare del domicilio del minore ad autorizzare la vendita di immobili e

App. Perugia 30 luglio 1947, id., Hep. 1948, voce Minore

età, n. 3. In dottrina consulta in argomento Carusi, Il domicilio e

la determinazione della competenza territoriale di volontaria giu risdizione, in Vita not., 1954, 121 ; Micheli, Camera di consiglio (diritto processuale civile), voce dell' Enciclopedia del diritto, 1959, V, 988.

(2) In ordine alla presunzione di legittimità che assiste i

provvedimenti di giurisdizione volontaria possono consultarsi, in senso conforme, Oass. 16 gennaio 1956, n. 97, Foro it., Rep. 1956, voce Camera di consiglio, n. 5, e 16 febbraio 1952, n. 417, id., 1952, I, 428, con osservazione di G. Sto:lfi.

Sulla impugnabilità per vizi di legittimità dei provvedi menti di giurisdizione volontaria in sede contenziosa ad opera dei soli terzi interessati all'invalidazione del provvedimento, consulta, in senso affermativo, Oass. 20 gennaio 1961, n. 79, re

tro, 215, con ampia nota di richiami, cui adde in nota alla stessa

sentenza, Franchi, in Giur. it., 1961, I, 1, 415. In argomento, si veda in dottrina Fazzalari, La giurisdi

zione volontaria, Padova, 1953, pag. 184 e segg., anche per quanto concerne l'ammissibilità di un'impugnazione proposta da chi fu parte nel procedimento volontario, in sede contenziosa ; Lo

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