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sezioni unite civili; sentenza 1° febbraio 1985, n. 652; Pres. Moscone, Est. Onnis, P. M. Fabi...

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sezioni unite civili; sentenza 1° febbraio 1985, n. 652; Pres. Moscone, Est. Onnis, P. M. Fabi (concl. conf.); I.p.a.b. di Milano (Avv. Giorgianni, Lado) c. Codecà (Avv. Caravita di Toritto, Romano), Rotelli ed altri. Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 2 (FEBBRAIO 1985), pp. 367/368-369/370 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177695 . Accessed: 25/06/2014 01:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 01:43:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 1° febbraio 1985, n. 652; Pres. Moscone, Est. Onnis, P. M. Fabi(concl. conf.); I.p.a.b. di Milano (Avv. Giorgianni, Lado) c. Codecà (Avv. Caravita di Toritto,Romano), Rotelli ed altri. Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 2 (FEBBRAIO 1985), pp. 367/368-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177695 .

Accessed: 25/06/2014 01:43

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PARTE PRIMA

da affidarsi ad una più o meno tempestiva iniziativa dell'ammi

nistrazione ma costituisce parte integrante del provvedimento sulla libertà provvisoria ai fini della completezza del giudizio di

compatibilità che sta alla base del diniego del beneficio.

E tale giudizio compete al tribunale secondo le regole spe

cifiche per l'appello di cui al libro terzo, titolo terzo del

c.p.p. e particolarmente in conformità dell'art. 515 dello stes

so codice, il quale attribuisce al giudice superiore la pie na cognizione circa i punti della decisione a cui si riferiscono

i motivi proposti. Pertanto nella specie, in presenza dell'impugna tiva dell'imputato che richiedeva la riforma del provvedimento in

quanto le sue condizioni di salute erano incompatibili con lo

stato di detenzione, la cognizione del giudice di appello com

prendeva indubbiamente il controllo del giudizio di compatibilità in tutte le sue componenti.

Ben poteva in altri termini il tribunale pronunziarsi in merito

al difetto del detto elemento essenziale del giudizio di compatibilità ad esso devoluto; da ciò consegue l'infondatezza delle questioni

sollevate, le quali hanno invece tutte come presupposto comune

l'esclusione di tale possibilità per effetto delle norme impugnate. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate,

nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costitu

zionale degli art. 1, 4° comma, 1. 22 maggio 1975 n. 152, 11 1.

26 luglio 1975 n. 354, 277 e 281 c.p.p., sollevate in riferimento

agli art. 3, 24, 27 e 32 Cost, con ordinanza del Tribunale di

Torino del 22 ottobre 1982.

CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 1° feb

braio 1985, n. 652; Pres. Moscone, Est. Onnis, P. M. Fabi

(conci, conf.); I.p.a.b. di Milano (Aw. Giorgianni, Lado) c.

Codecà (Avv. Caravita di Toritto, Romano), Roteili ed altri.

Regolamento di giurisdizione.

Concessioni amministrative — Fondo rustico di ente pubblico «—

Bene patrimoniale disponibile — Affitto — Domanda di con

segna — Giurisdizione ordinaria — Fattispecie (L. 6 dicembre

1971 n. 1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 5).

Poiché il rapporto in base al quale è consentito a privato il

godimento di fondo rustico compreso nel patrimonio disponibi le di ente pubblico integra gli estremi dell'affitto e non della

concessione amministrativa, rientra nella giurisdizione del giu dice ordinario la cognizione della domanda proposta dal

l'affittuario contro l'ente per ottenere l'accertamento dell'obbligo di eseguire il contratto, la condanna alla consegna del fondo e il risarcimento dei danni. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione 17 luglio 1978

Angelo Codecà conveniva davanti al Tribunale di Milano l'ente comunale di assistenza di quella città e il presidente Giuseppe Roteili, assumendo che il 26 aprile 1973 aveva stipulato con il detto ente un contratto di affitto relativo al fondo rustico « S.

Chiara », sito nei comuni di Bastida Pancarana e Sommo Lomel

(1) In senso conforme alla prima parte della massima, sia pure in termini generali, Cass. 7 luglio 1981, n. 4450, Foro it., Rep. 1982, voce Concessioni amministrative, n. 1.

Per l'affermazione della giurisdizione ordinaria nel caso in cui si controverta se un rapporto debba qualificarsi di concessione o di diritto privato e si deduca la illegittimità degli atti che hanno posto termine ad un rapporto di concessione in riferimento alla lesione di posizioni soggettive sorte in capo al privato con la costituzione del rapporto stesso, Cass. 14 ottobre 1972, n. 3052, id., Rep. 1973, voce cit., n. 5.

A proposito delle condizioni di configurabilità defla giurisdizione amministrativa in materia concessionaria ai sensi dell'art. 5 1. n. 1034 del 1971, da ultimo Cass. 21 novembre 1983, n. 6917, id., 1984, I, 1003, con nota di richiami; adde, circa i limiti di applicabilità del menzionato art. 5 nelle controversie in tema di assegnazione di fondi rustici espropriati in applicazione delle leggi di riforma fondiaria, fra le altre, Cass. 9 febbraio 1984, n. 996, id., Mass., 200; 24 settembre 1982, n. 4934 e 27 luglio 1982, n. 4317, id., Rep. 1982, voce Agricoltura nn. 59, 60; 18 gennaio 1982, n. 293, id., 1982, I, 683, con nota di richiami e osservazioni di C. M. Barone.

Per qualche riferimento, in ordine alla ininfluenza della revoca sui

diritti soggettivi ormai acquisiti, A. M. Sandulli, Manuale, 1982, 642; nonché i precedenti richiamati in nota a Cass. 1° ottobre 1982, n. 5027,

Foro it., 1982, I, 2433.

Il Foro Italiano — 1985.

lina, per il periodo di nove anni, cioè dal 10 novembre 1973 al

10 novembre 1982, nonché di compartecipazione per la parte del

podere da adibire a pioppeti, e che però il fondo non gli era

stato consegnato né al momento della stipulazione del contratto,

perché occupato abusivamente da Adolfo e Carlo Ferrari e da

Umberto e Luigi Del Bo, né in tempo successivo, quando quei

terzi, nel giudizio promosso nei loro confronti dall'E.c.a., erano

stati dichiarati occupati senza titolo.

Ciò premesso, il Codecà chiedeva che il tribunale dichiarasse

l'ente convenuto tenuto ad eseguire il contratto e lo condannasse

alla consegna del fondo, e — in solido con il Roteili — al

risarcimento dei danni.

L'E.c.a., costituitosi in giudizio, eccepiva, in via pregiudiziale,

l'incompetenza del tribunale, siccome competente la sezione specia lizzata agraria e, nel merito, chiedeva il rigetto delle domande.

Si costituiva in giudizio anche il Roteili, il quale eccepiva il

proprio difetto di legittimazione passiva.

I predetti Ferrari e De Bo, chiamati in causa dal Codecà, deducevano che il contratto di affitto con costui era stato

revocato con deliberazione del 2 novembre 1978 e che il podere « S. Chiara » con successiva deliberazione del 29 marzo 1979 era

stato loro concesso in affitto per il periodo 11 novembre 1979 -

10 novembre 1994. Chiedevano quindi la sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello amministrativo promosso dal

Codecà, il quale aveva impugnato le anzidette deliberazioni

dinanzi al T.A.R. della Lombardia, la pronunzia di difetto di

giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, il rigetto delle

domande proposte nei loro confronti.

Dichiarata dall'adito tribunale con sentenza del 16 giugno 1980

la propria incompetenza, per essere competente la sezione specia lizzata agraria, la causa veniva riassunta dal Codecà dinanzi alla

detta sezione del Tribunale di Voghera. Costituitasi in giudizio, l'amministrazione delle I.p.a.b. (istitu

zioni pubbliche di assistenza e beneficenza), ex E.c.a. di Milano,

eccepiva il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

La stessa amministrazione ha ora proposto ricorso a queste sezioni unite della Corte di cassazione per il regolamento preven tivo della giurisdizione. Resiste il Codecà con controricorso, mentre gli altri intimati non si sono costituiti. La ricorrente ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione. — Con l'istanza per regolamento di

giurisdizione l'amministrazione delia I.p.a.b. di Milano, già ente comunale di assistenza, deduce il difetto di giurisdizione dell'au torità giudiziaria ordinaria e, assumendo che il rapporto dedotto in giudizio dal Codecà trae origine da una tipica concessio

ne-contratto, mediante la quale il detto ente aveva ceduto in

godimento al privato un proprio bene patrimoniale, e che le domande del Codecà avevano per oggetto non già indennità o aitri corrispettivi, ma le conseguenze dell'atto di revoca, adottato nell'esercizio del proprio potere discrezionale di autotutela, so stiene che la cognizione della controversia spetta alla giurisdizio ne esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell'art. 5, 1°

comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034. Soggiunge che, anche a voler

prescindere dalla citata norma di legge, la controversia, esaminata in base agli ordinari criteri di discriminazione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, dovrebbe essere devoluta alla cogni zione di quest'ultima, atteso che il petitum sostanziale riguarda l'atto 2 novembre 1978 col quale era stata disposta la revoca delia precedente deliberazione relativa all'assegnazione del podere in affitto al Codecà, e che pertanto la domanda di manutenzione dei contratto, divenuto ormai inefficace, avrebbe importato la modifica o la revoca di un atto della p.a., vietata al giudice ordinario dall'art. 4 della legge abolitrice del contenzioso ammi nistrativo. (Omissis)

Ciò premesso, si osserva che l'assunto dell'amministrazione ricorrente è infondato.

Nei rapporto tra un ente pubblico ed il privato avente ad

oggetto il godimento di un bene immobile, facente parte, come neila specie, del patrimonio disponibile dell'ente stesso, non è

configurabile una concessione amministrativa, per la quale manca 11 presupposto oggettivo dell'esistenza di una potestà giuridica pubblica, ed un siffatto rapporto è da collocarsi pertanto nel l'ambito privatistico (cfr. Cass. 7 luglio 1981, n. 4450, Foro it.,

Rep. 1982, voce Concessioni amministrative, n. 1).

In codesto ambito è da porsi, appunto, il contratto di affitto

del fondo rustico Santa Lucia che, a seguito della relativa deliberazione di contrattare adottata il 27 settembre 1973, l'E.c.a.

di Milano (ente pubblico soggetto alle norme sulla contabilità dello Stato, ai sensi degli art. 5 e 9 1. 3 giugno 1937 n. 847) ebbe

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a stipulare a trattativa privata con il Codecà con atto del 26

aprile 1974.

Ai fini della attribuzione della controversia alla cognizione del

T.A.R. non giova pertanto alla ricorrente invocare l'art. 5, 1°

comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, atteso che tale norma, nel

devolvere alla giurisdizione (esclusiva) dei tribunali amministrativi

regionali « i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni o di servizi pubblici », si riferisce, per

quanto qui interessa, alla concessione avente ad oggetto beni « pubblici », cioè destinati alla soddisfazione diretta di interessi

pubblici, in relazione ai quali alla p.a. sono dati, come già si è

rilevato, poteri autoritativi, mentre da un siffatto ambito giurisdi zionale esulano le controversie in tema di contratti stipulati iure

privatorum dalla stessa amministrazione, concernenti beni appar tenenti al patrimonio disponibile.

La domanda proposta dal Codecà nei confronti dell'ammini

strazione delle I.p.a.b. (ex E.c.a.) di Milano per far valere

l'impegno negoziale assunto in forza dell'anzidetto contratto di

affitto del podere di Santa Lucia spetta, dunque, in base al

criterio del c.d. petitum sostanziale, alla giurisdizione del giudice ordinario, siccome ricollegantesi ad una posizione di diritto sog

gettivo derivante da un rapporto privatistico. In contrario non vale addurre la circostanza che il comitato

di amministrazione delle I.p.a.b. revocò in data 2 novembre 1978

la relativa deliberazione di contrattare. La p.a. può, invero, revocare a sua discrezione le deliberazioni che precedono la

conclusione del contratto, ma ciò solo nell'ipotesi che il contratto

stesso non sia stato ancora concluso (cfr. Cass. 10 marzo 1971, n.

686, id., Rep. 1971, voce Comune, n. 57; 25 maggio 1972, n. 1651,

id., Rep. 1972, voce Contratti della p.a., n. 9). Sicché la revoca

della deliberazione di contrattare, ove sia intervenuta, come nel

caso in esame, dopo che il contratto è stato già perfezionato, lascia intatto, nella sua consistenza, il diritto soggettivo del

privato contraente, per la carenza nell'amministrazione del potere di incidere su tale posizione soggettiva.

È irrilevante, infine, in questa sede la questione circa i provve dimenti adottabili dal giudice ordinario in riferimento al divieto di annullare, revocare o modificare l'atto amministrativo, stabilito dall'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, considerata la sua

attinenza solo ai limiti interni delle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice.

Ritenuto, in conclusione, che la cognizione della controversia

spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, devesi in tal

senso statuire. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 gen naio 1985, n. 575; Pres. Scanzano, Est. Sensale, P. M. Sgroi V.

(conci, conf.); Comunità israelitica di Roma (Avv. D. Tede

schi, Giorgianni) c. Comune di Roma (Avv. Galanti, Bar

bicinti). Conferma App. Roma 13 aprile 1982.

Prescrizione e decadenza — Espropriazione per pubblico inte

resse — Retrocessione di immobile inutilizzato — Diritto po testativo dell'espropriato — Interruzione della prescrizione —

Estremi (Cod. civ., art. 2935, 2943, 2944; 1. 25 giugno 1865

n. 2359, espropriazione per cause di pubblica utilità, art. 63).

La prescrizione del diritto potestativo dell'espropriato alla resti

tuzione dell'immobile non utilizzato, per la mancata esecuzione

dell'opera pubblica e la scadenza dei termini all'uopo concessi e

prorogati, può essere interrotta mediante la domanda giudiziale

prevista dall'art. 63 l. n. 2359 del 1865 o attraverso il ricono

scimento del diritto da parte dell'espropriante ma non con la

costituzione in mora di quest'ultimo. (1)

(1) La sentenza del Tribunale di Roma 28 settembre 1979, resa nel

primo grado del giudizio ora definito dalla Corte di cassazione, è in Foro it., 1980, I, 3104 con nota di richiami.

L'affermazione riassunta nella massima trova puntuale rispondenza nelle enunciazioni di Cass. 9 novembre 1983, n. 6622, id., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 229 (parte non riprodotta nel Foro, 1984, I, 1340) e 8 giugno 1976, n. 2088, id., Rep. 1976, voce Prescrizione e decadenza, n. 141, richiamate ed esaminate dalla

riportata sentenza in una con tutta la precedente giurisprudenza della

corte, concernente, rispettivamente, la configurazione come diritto pote stativo della retrocessione ex art. 63 1. n. 2359 del 1865, le differenze di quest'ultima dall'istituto disciplinato dagli art. 60-62 stessa legge (sull'argomento meritano altresì di essere ricordate Cass. 28 giugno

Il Foro Italiano — 1985.

Svolgimento del processo. — Con citazione del 3 novembre

1976, la comunità israelita di Roma conveniva in giudizio il comune di Roma, deducendo che con decreto del 31 marzo 1940 il

prefetto di Roma aveva pronunciato a favore del governatore

l'espropriazione di una casa con botteghe e giardino, di sua

proprietà e sita in Roma alla via Sforza, n. 43 e G. Lanza n. 121, 123 e 125, al fine della sistemazione viaria della zona, in applica zione del r.d.l. 6 luglio 1931 n. 981 convertito in 1. 24 marzo 1932

n. 355, con cui era stato reso esecutivo il piano particolareggiato della zona stessa, ma che le opere previste non erano state

realizzate e che, inoltre, ogni mutamento della posizione urbani

stica della zona era stato vietato dal nuovo piano regolatore,

approvato con d.p.r. 16 dicembre 1965. La comunità istante

chiedeva, quindi, che fosse pronunziata, ai sensi dell'art. 63 1. 25

giugno 1865 n. 2359, la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e fosse disposta la retrocessione del bene espropriato, che

essa aveva già inutilmente chiesto con atti del 16 maggio 1965 e

del 10 luglio 1975.

Il comune di Roma chiedeva il rigetto della domanda, eccepen do preliminarmente la prescrizione decennale, con decorrenza

dall'approvazione del piano regolatore (16 dicembre 1965), del

diritto alla retrocessione del bene espropriato e contestando nel

merito la pretesa. Il Tribunale di Roma accogliendo l'eccezione di prescrizione,

rigettava la domanda e la sua decisione (Foro it., 1980, I, 3104) è

stata confermata, con la sentenza impugnata in questa sede, dalla

Corte d'appello di Roma, la quale, dopo aver delineato il concetto

di diritto potestativo e dopo aver precisato che la fonte di tali

diritti è solo la legge, ha ritenuto che la configurazione del diritto

alla retrocessione come diritto potestativo si desume chiaramente

dall'art. 63 1. 25 giugno 1865 n. 2359, nel quale si evidenziano sia

la potestà dell'espropriato di riacquistare la proprietà del bene

mediante una iniziativa unilaterale (attuabile normalmente con la

domanda giudiziale) diretta ad ottenere una sentenza costitutiva (i

cui effetti, peraltro, possono essere conseguiti anche mediante un

contratto sostitutivo del provvedimento del giudice), sia l'in

differenza della volontà dell'espropriente e la posizione di mera

soggezione dello stesso; e che a tale configurazione non osta la

previsione, nell'art. 60, ult. comma, della stessa legge, di amiche

voli pattuizioni, non solo perché sono limitate alla determinazione

del prezzo, quanto perché la possibilità che l'effetto giuridico dell'esercizio del diritto potestativo sia ricollegata ad un atto

negoziale non contraddice, sul piano concettuale, la configurabilità del diritto potestativo; era, quindi, irrilevante che il comune di

Roma avesse restituito, in una ipotesi analoga, un altro edificio

precedentemente espropriato. Era piuttosto opportuno rilevare,

secondo la corte d'appello, che il diritto potestativo costituisce

uno ius ad rem avente contenuto patrimoniale, quale potere di

conseguire il bene in concorso delle condizioni volute dalla legge; che l'azione di retrocessione ha natura reale, in quanto diretta al

riacquisto della proprietà di un bene già trasferito a terzi; che la

1975, n. 2250, id., Rep. 1975, voce Espropriazione per p.i., nn. 296-300

e 16 maggio 1972, n. 1483, id., 1973, I, 850, con osservazioni di F.

Satta), il carattere costitutivo della pronuncia di retrocessione e

l'efficacia ex nunc del retrotrasferimento di proprietà con la stessa

attuato, la inidoneità dell'atto di costituzione in mora ad interrompere la prescrizione dei diritti potestativi (sul punto i richiami della corte devono essere integrati con la citazione della recente Cass. 17 gennaio 1984, n. 402, id., Mass., 83, contenente identica affermazione di carattere generale, e della remota Cass. 3 novembre 1959, n. 3249, id., 1960, I, 975, riguardante la inidoneità dell'atto de quo ad interrompere la prescrizione dell'azione di annullamento di un contratto), le conno tazioni che deve esibire il riconoscimento del diritto per spiegare effetti interruttivi della prescrizione. Per la sent. n. 6622/83, infatti, al diritto

potestativo alla retrocessione ex art. 63 1. n. 2359 del 1865 non corrisponde dal lato passivo un obbligo di prestazione delia controparte, bensì una situazione di mera soggezione all'iniziativa del titolare, con la conseguenza che, in mancanza di una prestazione da adempiere, non è giuridicamente ipotizzabile una richiesta di adempimento con la efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, 4° comma, c.c.; e, per la sent. n. 2088/76, la prescrizione del diritto di chiedere la retrocessione di aree espropriate rimaste inutilizzate è interrotta dal riconoscimento del diritto stesso da parte dell'ente espropriante.

Sull'ambito dell'effetto interruttivo della prescrizione della domanda giudiziale, nel senso che questo deriva solamente da quella con cui l'attore chiede il risarcimento e la tutela giudiziale del diritto del quale si eccepisce, poi, la prescrizione, Cass. 5 giugno 1979, n. 3174, id., 1979, I, 2008.

In dottrina, sulla interruzione della prescrizione dei diritti potestativi, G. Vacirca, in Dir. e giur., 1983, 803 ss.; R. Oriani, Processo di cognizione, ecc., 1977, 38-39, testo e note.

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