sezioni unite civili; sentenza 1° ottobre 1986, n. 5828; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.Taddeucci, P. M. Caristo (concl. conf.); Valente (Avv. Cerrato) c. Russo ed altro. Regolamento digiurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 81/82-89/90Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179547 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
nome, non può escludersi che due o più coltivatori diretti proprie tari confinanti, in esercizio congiunto del diritto di prelazione o di
retratto, sottopongano al vaglio del giudice un progetto di accor
pamento, per porzioni distinte e materialmente individuate, il qua le sia rispondente allo scopo di incremento delle loro singole aziende
(incremento non necessariamente proporzionale alle preesistenti di mensioni di esse).
È indubitabile, infine, che il giudice chiamato a dirimere gli in sorti conflitti (che secondo consolidata giurisprudenza è il giudice ordinario e non la sezione specializzata agraria) possa opportuna mente avvalersi per tutte le occorrenti indagini dell'ispettorato pro vinciale agrario. Esso, come la dottrina ha già posto in evidenza, ben può fungere, per la specificità della sua competenza in mate
ria, da organo ausiliario dell'autorità giudiziaria fornendole dati, informazioni e motivati pareri; impregiudicati nel giudice il dovere
di sottoporre a controllo ed a critica quegli elaborati ed il potere di espletare o rinnovare accertamenti tramite consulenti tecnici di
sua elezione.
8. - Entro i limiti e nei sensi sopra illustrati si palesano fondate
le censure mosse dai coniugi Ravaioli-Montanari, nonché dal Sici
liani con il primo motivo del suo ricorso, alla sentenza impugnata.
Questa, che non ha dato corretta soluzione al problema erme
neutico sottoposto al suo esame, deve essere cassata; e nell'annul
lamento resta assorbito il vaglio di questioni logicamente dipendenti o conseguenziali rispetto alla ratio decidendi adottata, per come sol
levati con il secondo e con il terzo motivo del ricorso del Siciliani
(in ordine alla esperibilità di un retratto pro quota ed alla respon sabilità del proprietario alienante verso il retrattato).
Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d'appello di Fi
renze, procederà al nuovo esame della causa attenendosi ai principi di diritto nei precedenti paragrafi affermati. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 1° otto
bre 1986, n. 5828; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Taddeuc
ci, P. M. Caristo (conci, conf.); Valente (Aw. Cerrato) c. Russo
ed altro. Regolamento di giurisdizione.
Acque pubbliche e private — Esercizio di attività estrattiva su con
cessione — Controversie fra privati — Giurisdizione del giudice ordinario — Presupposti — Limiti (Cod. proc. civ., art. 688; r.d.
25 luglio 1904 n. 523, t.u. delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie, art. 2, 97; r.d. 14 agosto 1920 n. 1285, regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di ac
que pubbliche, art. 17; r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t.u. delle
leggi sulle acque e impianti elettrici, art. 19, 140, 141, 143).
Il giudice ordinario è competente a decidere le controversie sorte
fra privati in ordine all'esercizio di attività estrattiva dall'alveo
di un fiume, ancorché sussista regolare autorizzazione — a mez
zo di concessione — da parte della p.a., nei limiti in cui la do
glianza non investa il provvedimento concessorio in sé ovvero
l'apprezzamento discrezionale di convenienza di cui è espressio
ne, ma soltanto l'osservanza del limite generale del rispetto dei
diritti del terzo già assegnato alla validità del provvedimento am
ministrativo (la corte ha, poi, puntualizzato che il giudice ordi
nario, nel provvedere sulla istanza del privato, dovrà pur sempre
rispettare i limiti connaturali ai suoi poteri giurisdizionali nei con
fronti di un provvedimento amministrativo, evitando di interfe rire con le attribuzioni riservate alla p.a.). (1)
(1-3) Le sentenze in epigrafe sono in termini con il più recente orienta mento della Suprema corte, sul quale cfr. la nota di V. Capozza a Cass. 16 giugno 1983, n. 4114, Foro it., 1984, I, 798, cui si rimanda (oltre che
per la vicenda relativa alla costruzione di una diga sul fiume Chiascio) per
ogni riferimento sia in ordine alla suddivisione di competenza fra giudice ordinario e tribunali regionali delle acque (i quali ultimi, hanno natura di
organi speciali della giurisdizione ordianria, v., da ultimo, Cass. 19 gennaio 1984 n. 456, id., Rep. 1984, voce Acque pubbliche, n. 98), sia in ordine al
riparto di giurisdizione fra l'a.g.o. ed il tribunale superiore delle acque (il
quale costituisce organo della giurisdizione amministrativa nelle materie di
cui all'art. 143 t.u. 1775/33, v. Cass. n. 4114/83) e, nell'ambito della giuri sdizione amministrativa, fra il tribunale superiore ed i T.A.R.
Su altre questioni di giurisdizione concernenti l'accertamento pregiudi ziale della demanialità delle acque da parte del tribunale superiore delle ac
II Foro Italiano — 1987 — Parte 1-6.
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 10 luglio 1986, n. 4479; Pres. Scanzano, Est. Pan nella, P. M. La Valva (conci,
conf.); Consorzio bonifica Basso Belice Carboj (Aw. Compagno) c. Palminteri (Avv. Cuva). Cassa App. Palermo 29 marzo 1984.
Acque pubbliche e private — Tribunale delle acque — Competen za — Opere di bonifica — Nozione — Fattispecie (Cod. civ., art.
2043; r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, nuove norme per la bonifica
integrale, art. 1, 2; r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, art. 140).
Il tribunale specializzato delle acque pubbliche è competente a de
cidere, ai sensi dell'art. 140, lett. d), t.u. n. 1775/33, su tutte le
controversie relative — fra l'altro — alle opere di bonifica, in
tendendosi per tali non solo quelle attinenti direttamente al regi me delle acque ma anche quelle stradali e tutte le altre necessarie
ai fini della bonifica, secondo la più ampia definizione contenu
ta nel testo delle norme sulla bonifica integrale (r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, art. 1 e 2); conseguentemente, devono essere propo ste dinanzi a quel tribunale specializzato tutte le domande rivolte
a conseguire la condanna del consorzio al risarcimento dei dan
ni, anche ex art. 2043 c.c., dipendenti dall'esecuzione e manu
tenzione delle opere previste dal cit. art. 140 t.u. n. 1775, con
esclusione dei soli fatti connessi in via meramente indiretta ed oc
casionale con le vicende relative al governo delle acque e delle opere di bonifica. (2)
III
TRIBUNALE DI CAMERINO; sentenza 20 luglio 1985; Pres. Bra
chetti, Est. Iacoboni; E.n.el. (Avv. Martellino, E. Conte,
Ponzi) c. Consorzio acquedotti del Nera (Avv. Galassi).
Provvedimenti di urgenza — Derivazione abusiva di acque in dan
no di concessionario — Controversie — Giurisdizione ordinaria — Fattispecie (Cod. civ., art. 2043; cod. proc. civ., art. 700; r.d.
11 dicembre 1933 n. 1775, art. 140).
È correttamente incardinata dinanzi al giudice ordinario, anziché
a quello amministrativo o al tribunale delle acque, la controver
sia sorta (in sede cautelare ex art. 700 c.p.c., e, poi, in sede di
convalida) fra l'E.n.el., titolare della concessione per lo sfrutta mento delle acque del fiume Nera, ed il consorzio per l'acque dotto del Nera che, in assenza di atti autorizzativi o concessori, abbia iniziato a deviare le acque del medesimo fiume (nella spe cie, il tribunale ha precisato trattarsi di controversia avente ad
oggetto profili di responsabilità aquiliana, per la turbativa di fatto
apportata dal consorzio al diritto soggettivo dell'E.n.el.).(!>)
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso ex art. 688 c.p.c. Car
mine Antonio e Vincenzo Russo, proprietari di un fondo agricolo
que, v. Cass. 23 ottobre 1984, n. 5373, id., 1985, I, 2063, con nota di F.
Pebtrosanti, e Trib. sup. acque 20 febbraio 1986, n. 7, Cons. Stato, 1986, II, 255.
Da ultimo, si segnalano anche: Cass. 16 maggio 1986, n. 3225, Foro it., 1986, I, 2491 (sulla disciplina della attività di costruzione di acquedotti e di distribuzione dell'acqua); 31 gennaio 1986, n. 631,id.,Mass. 122 (sul ri
parto di competenza fra tribunali regionali delle acque e tribunali ordinari
per le domande di risarcimento danni da opere idrauliche, di bonifica e di derivazione o utilizzazione di acque pubbliche); 31 gennaio 1986, n. 620, ibid., 119 (in termini con Cass. 4479/86, in epigrafe); 11 dicembre 1985, n. 6269, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 106 (in termini con Cass. 5828/86, in
epigrafe); Trib. sup. acque 1° luglio 1986, n. 42, Cons. Stato, 1986, II, 1080
(sulla responsabilità diretta nei confronti dei terzi dell'ente concessionario
per le obbligazioni indennitarie e risarcitone connesse all'esecuzione dell'o
pera pubblica); Trib. sup. acque 2 aprile 1986, n. 16, ibid., 601 (che ribadi sce la responsabilità del concessionario per i danni a terzi anche in presenza di un valido provvedimento di concessione amministrativa); Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 1985, n. 322, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 95 (che riafferma la giurisdizione del tribunale superiore delle acque anche per la
cognizione dei provvedimenti che riguardano le opere necessarie per l'uti lizzazione delle opere pubbliche); App. Firenze 19 giugno 1984, ibid., n. 109
(in fattispecie simile a quella decisa dal Tribunale di Camerino nella senten za in epigrafe ed in termini con Cass. 5828/86); Pret. Modugno 23 maggio 1984, ibid., voce Provvedimenti di urgenza, n. 32 (che ha ritenuto ammissi bile un ricorso ex art. 700 c.p.c. nei confronti della p.a. perché provveda alla realizzazione di opere di convogliamento di acque reflue).
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PARTE PRIMA
confinante con il fiume Cervaro — sulle premesse che Giovanni Va
lente, titolare di un impianto per la estrazione e per la frantuma
zione di materiali lidoidi, sito sulla sponda opposta, con l'attività
continua di sbancamento e di rimozione deviava il corso fluviale
ed esponeva a rischio la integrità del loro terreno — adivano il Pre
tore di Bovino affinché adottasse i provvedimenti necessari ad ov
viare al pericolo incombente, e disponesse idonea garanzia per i
danni.
Disposta dal pretore, con decreto notificato il 23 settembre 1981,
la comparizione delle parti, il Valente si costituiva in giudizio me diante comparsa ed esponendo di aver ottenuto valida concessione
amministrativa per la estrazione dell'alveo fluviale di me. 7.500 di
materiale misto, previo pagamento di canone, eccepiva il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario. Immediatamente dopo, con atto notificato il 29 settembre 1981,
il Valente interponeva ricorso per regolamento preventivo di giuri sdizione.
Gli intimati Russo non si sono, in questa sede costituiti.
Motivi della decisione. -1. — Il ricorrente sostiene che in ordine
alla denuncia di danno tenuto — sebbene introduttiva di una con
troversia tra soggetti privati — il pretore sarebbe carente di potestà
giurisdizionale in quanto l'opera di escavazione del fondo fluviale
e di rimozione di materiali, opera assertivamente pregiudizievole per 1 proprietari dei fondi riveraschi, era stata debidamente autorizza
ta, con provvedimento del 6 aprile 1981 dall'ufficio del genio civile
di Foggia, ai sensi dell'art. 97 t.u. 25 luglio 1904 n. 523.
A fronte di tale provvedimento, la denunzia di danno temuto sa
rebbe del tutto improbabile sotto un triplice profilo: a) perché l'art.
2 del citato t.u. riserva all'autorità amministrativa ampia discrezio
nalità in ordine ai compiti di polizia idraulica, spettando solo ad
essa di provvedere alla difesa e conservazione dei fiumi, alla rego larità dei ripari e argini, ed ad ogni altra opera qualunque fatta en
tro gli alvei e contro le sponde, e cosi pure di statuire sugli usi, atti
e fatti che possano avere relazione con il buon regime delle acque
pubbliche; b) perché ai sensi dell'art. 4 della legge sul contenzioso
amministrativo, n. 2248 del 1865, ali. E, mai potrebbe il pretore, adito ex art. 688 c.p.c., emettere provvedimenti di modifica, an
nullamento e revoca di un atto amministrativo; c) perché a norma
dell'art. 141 t.u. sulle acque e sugli impianti elettrici, n. 1775 del
1933, azioni di danno temuto non sono proponibili avverso prov vedimenti ed atti dell'autorità amministrativa nelle materie previ ste dal precedente art. 140 (tra le quali sono annoverate, sub lettera
c), le controversie eventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle
derivazioni ed utilizzazioni di acqua pubblica). 2. - Il ricorso non si profila meritevole di accoglimento. L'azione nunciativa risulta proposta da soggetto privato nei con
fronti di altro soggetto privato, entro i limiti consentiti dal 2° com
ma dell'art. 121 t.u. n. 1775 del 1933, a tutela del diritto di proprietà esercitato su fondo rivierasco al corso fluviale, esposto ad erosione
in dipendenza di fatto illecito attribuito all'intimato; e dall'esame
diretto degli atti — a questa corte consentito in sede di regolamen to di giurisdizione — emerge la inconsistenza dell'assunto difensi
vo relativo alla improponibilità dell'azione ai sensi del 1 ° comma dell'articolo citato, in quanto diretta «avverso provvedimento» del
l'autorità amministrativa preposta alla polizia fluviale.
Come è noto, a norma dell'art. 97, lett. m), del suindicato testo
unico, non si possono eseguire senza speciale «permesso» del pre fetto — compito poi trasferito dal r.d. 19 novembre 1921 n. 1688
all'ingegnere capo del genio civile — «le estrazioni di ciottoli, ghiaia, sabbia ed altre materie dal letto dei fiumi, terreni e canali pubblici, eccettuate quelle località ove, per invalsa abitudine, si suole prati care senza speciale autorizzazione, per usi pubblici o privati».
Siffatti permessi di estrazione sono correttamente assentiti — come
nel caso in esame — mediante provvedimenti di «concessione am
ministrativa» (cfr. Cass. n. 214 del 1967, Foro it., Rep. 1967, voce
Concessioni amministrative, n. 3; n. 1576 del 1972 id., Rep. 1973, voce cit., n. 7); rispetto alle quali è operante il generale principio
posto dall'art. 17 r.d. 14 agosto 1920 n. 1285 — regolamento per la derivazione ed utilizzazione di acque — secondo cui «la conces
sione si intende sempre fatta con salvezza dei diritti dei terzi» (limi te ribadito dall'art. 19 t.u. n. 1775 del 1933 sulle acque e sugli
impianti elettrici, e presente altresì, in tema di estrazione di rena
e di altri materiali da beni del demanio marittimo, negli art. 23 e
54 d.p.r. 15 febbraio 1982 n. 328, regolamento per la esecuzione
del codice della navigazione). La peculiarità di tali atti concessori è che sono eccezionali, e se
ciò risulti dal titolo, essi sono volti a procurare la esecuzione, da
li Foro Italiano — 1987.
parte del concessionario, di una attività estrattiva ritenuta dalla p.a. occorrente per la conservazione o la modificazione programmata dell'alveo e delle sponde, e comunque per il buon governo delle ac
que pubbliche: di modo che il concessionario agisce quale longa ma
nus della p.a. e la sua attività, a quest'ultima riferibile, assume
carattere di opera pubblica idraulica, sulla convenienza della quale
ogni giudizio rimane alla medesima p.a. riservato.
Ma nella normalità dei casi il permesso di estrazione rende lecito
al soggetto privato un uso speciale del bene demaniale, e dei suoi
frutti ed accessori, per il perseguimento di fini che, pur non con
fliggendo con gli interessi pubblici generali, rimangono confinati nella sfera della sua privata utilità: l'attività del concessionario non
assolve allora ad una funzione di pubblico servizio; né si indirizza
alla realizzazione di un'opera pubblica idraulica, e la sua convenienza
viene valutata su di un piano eminentemente economico in quanto la speciale utilità che il concessionario ricava dal bene demaniale
trova il suo controvalore nel canone da versare al demanio (cfr. Cass.
n. 3029 del 1979, id., Rep. 1980, voce Entrata (imposta sulla), n. 1-3). Ovviamente anche in questi casi i pubblici interessi connessi al
buon governo delle acque sono oggetto di considerazione da parte
degli organi preposti ai compiti di polizia idraulica e, nel contem
po, al rilascio delle concessioni; ma il loro esame si risolve in un
controllo negativo, a garanzia che l'attività estrattiva da assentire
od assentita, non sia per nuocere al regime idrico in atto, senza perciò
svolgere un apprezzamento positivo se il prelievo del materiale, da
parte del concessionario, assolva altresì' ad una funzione strumen
tale, di utilità nuova o maggiore rispetto agli interessi pubblici tu
telati.
3. - La lettura dell'atto concessorio n. 1929 del 6 aprile 1981, sul
quale il ricorrente impernia i propri assunti difensivi, consente ap
punto di affermare che il permesso di estrazione di materiale misto
dal fiume fu, nel caso in esame, rilasciato ad iniziativa, nell'inte
resse del privato istante, ed in vista del canone da quello dovuto; che la tutela degli interessi pubblici connessi al corso fluviale fu
espressa, in senso conservativo, mediante la prescrizione di specifi che delimitazioni spaziali e di modalità procedimentali nell'attività di scavo e di prelievo entro l'alveo; che attraverso espressa clausola
fu precisato essere, comunque, quella attività estrattiva consentita
con salvezza dei diritti dei terzi e con assunzione di ogni responsa bilità nei loro confronti da parte del concessionario.
Risulta dunque incontrovertibile che in nessun senso venne in
staurato un rapporto di strumentalità tra attività permessa ed il per
seguimento di finalità di pubblico interesse — essendosi al riguardo formulato un giudizio di mera indifferenza tra l'una e l'altro (non
nocet) — e che soprattutto fu imposto al soggetto autorizzato, quale
generale ulteriore limitazione del consenso al suo operare, il dovere
del rispetto dei diritti soggettivi dei terzi.
È del pari evidente che questi ultimi diritti non furono, in effetto
dell'atto concessorio, degradati od affievoliti — essendone incon
cepibile una subordinazione rispetto agli interessi privatistici perse
guiti dal concessionario — e che attraverso la clausola della loro
salvezza venne dato implicitamente atto della potenziale non coin
cidenza tra compatibilità dell'attività estrattiva con gli interessi pub blici connessi con il buon governo delle acque e compatibilità della
attività medesima con gli interessi privati caratterizzanti la posizio ne soggettiva di terzi, non destinatari dell'atto concessorio.
Potenziale difetto di coincidenza che di per sé manifesta la inso
stenibilità della tesi — altra volta fatta propria da questa corte: cfr.
sent. 2860 del 1973 (id., Rep. 1974, voce Acque pubbliche, n. 82) — secondo cui la integrità dei diritti perfetti di terzi, quale quello di proprietà su fondi rivieraschi, potrebbe trovare tutela giurisdi zionale esclusivamente mediante il ricorso diretto al tribunale su
periore delle acque pubbliche, ai sensi dell'art. 143, lett. b), del t.u.
n. 1775 del 1933 avverso il provvedimento concessorio, con conse
guente improponibilità di azioni possessorie o nunciative ai sensi
del 10° comma dell'art. 141 dello stesso t.u.
Lecito è, infatti, ipotizzare che modeste alterazioni dell'alveo, li
mitate erosioni delle sponde e settoriali rettifiche del corso d'acqua risultino irrilevanti sul piano degli interessi pubblici idraulici e nel contempo lesivi del diritto di proprietà di terzi; e parimenti lecito
è escludere che detti terzi possano attendere alla salvaguardia della
propria sfera patrimoniale solo se lamentino un attentato all'inte
resse pubblico connesso al buon regime delle acque, se ed in quan to collimante con il loro personale interesse.
Ed invero, nel caso in cui l'attività estrattiva di materiale del cor
so fluviale, assentita al concessionario per il soddisfacimento di sue
finalità economico-imprenditoriali, rechi danno o pericolo di dan
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
no al diritto soggettivo del terzo, la tutela giurisdizionale di que st'ultimo anche per via immediata ed interinale risulta assicurata
dal disposto di cui all'art. 141 t.u. n. 1775 del 1933, secondo limiti
e criteri largamente coincidenti con quelli operanti in materia di con
cessione amministrativa, in generale, su beni demaniali.
4. - Già in passato questa corte di legittimità ha avuto occasione
di affermare che, nelle controversie tra privati, il divieto della espe ribilità di azioni possessorie o nunciative non si giustifica allorché
il privato concessionario abbia operato sul bene demaniale non quale esecutore di funzioni ed attribuzioni proprie della p.a., ed in veste
di longa manus di quest'ultima, in collegamento con i poteri d'im
perio alla medesima spettanti (cfr. Cass. n. 438 del 1967, id., Rep.
1967, voce Possesso, n. 74; n. 2093 del 1966, ibid., n. 75); che, al
contrario, la tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario si
rende ammissibile non solo quando il privato concessionario esor
biti dall'ambito degli obblighi e degli oneri posti a suo carico (cfr. Cass. n. 1150 del 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 27), e ponga in essere una attività che, non riferibile alla p.a., resti di natura pri vata (cfr. Cass. n. 1154 del 1974), ma altresì quando il suo compor tamento dalla autorità concedente non sia stato «ordinato», con
conferimento di correlativi poteri esecutori, ma sia stato soltanto
«autorizzato» o «permesso» con salvezza dei diritti dei terzi (cfr., nella motivazione, Cass. n. 104 del 1970, id., 1970, I, 787).
In tale ultimo caso — per ripetere i dettami di una lontana pro nuncia di questa corte, del 27 maggio 1947 — se l'esercizio dell'at
tività consentita, non riconducibile al perseguimento di un interesse
della p.a., arrechi lesione ai diritti altrui, anche sotto forma di vio
lazione delle norme che concernono la tutela del possesso, la esi
stenza della concessione non può valere a trasformare in atto della
p.a. quella che è attività illegittima facente capo esclusivamente al
privato concessionario; né può dirsi che la reazione in sede cautela
re del danneggiato conduca a vulnerare l'atto amministrativo di con
cessione, il quale ha una esistenza distinta, non confondibile con
l'uso e le modalità di esplicazione delle facoltà assentite al privato, ed assentite sempre con salvezza dei diritti dei terzi.
In questo quadro generale deve essere calata la interpretazione dei primi due commi dell'art. 141 t.u. n. 1775 del 1933; e la lettura
di essi porta anzitutto ad escludere che le azioni possessorie e quel
le di nuova opera o di danno temuto (nelle materie di cui all'artico
lo precedente) siano in ogni caso da intendersi come proposte
«avverso provvedimenti e atti dell'autorità amministrativa» sol che
l'atto o il fatto del privato concessionario — a fronte del quale si
intenda reagire — abbia una qualsiasi relazione con il buon regime delle acque pubbliche.
Se cosi fosse, il disposto di cui al 2° comma dell'art. 141 in esa
me non avrebbe mai campo di applicazione nei confronti del con
cessionario, in quanto spetta sempre e comunque all'autorità
amministrativa di statuire e provvedere, ai sensi dell'art. 2 t.u. n.
523 del 1904, in ordine a qualunque opera fatta entro gli alvei e con
tro le sponde: cosicché la tutela avverso la lesione (attuale o poten
ziale) del diritto soggettivo del terzo derivante dalla attività del
concessionario resterebbe inevitabilmente condizionata dal riscon
tro della dannosità del di lui comportamento riguardo al retto go
verno delle acque pubbliche, laddove — come sopra si è osservato — non sempre alla violazione del diritto soggettivo del terzo si ac
compagna un attentato agli interessi pubblici connessi al buon re
gime delle acque. 5. - Senonché il richiamo al citato art. 2 ed alla indispensabilità
del preventivo accertamento amministrativo circa la dannosità, o
meno, dell'opera o della attività del privato per il regime delle ac
que non risulta pertinente quando la pretesa fatta valere in giudizio
riguarda posizioni di diritto soggettivo non affievolite da un prov
vedimento o da un ordine emanato dalla p.a. nell'esercizio dei po
teri di polizia idraulica: in detti sensi è l'insegnamento di questa corte
regolatrice (cfr. sent. n. 2864 del 1971, id., 1972, I, 1309; n. 1086
del 1968, id., Rep. 1969, voce Acque pubbliche, n. 62; n. 2039 del 1966, id., 1967,1,1004), costantemente seguito dal tribunale supe
riore delle acque pubbliche (cfr. sent. n. 14 del 1981, id., Rep. 1982,
voce cit., nn. 54-62; n. 20 del 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 23).
In particolare si è osservato che l'art. 2 del citato t.u. disciplina,
nella specifica materia delle acque pubbliche, quel generale potere
di polizia demaniale tradizionalmente riconosciuto alla amministra
zione, il quale concerne la tutela della integrità materiale dei beni
compresi nel demanio pubblico e della posizione di imperio su essi
riservato alla amministrazione medesima; e che il potere di inter
vento a quest'ultima spettante, quando le opere, atti o fatti atti
II Foro Italiano — 1987.
nenti al demanio idrico abbiano dato luogo a contestazioni tra pri
vati, assume carattere meramente accessorio rispetto alla potestà
primaria di provvedere alla tutela diretta degli interessi pubblici nel
settore, e comunque non esclude il ricorso alla competente autorità
giurisdizionale per tali contestazioni fra privati (cfr. Cass. n. 1417
del 1966, id., Rep. 1967, voce cit., nn. 94, 95). Il ricorso in via esclusiva o preventiva all'organo di polizia idrau
lica presuppone, dunque, che l'oggetto esclusivo o primario della
controversia attenga al buon regime del corso d'acqua ed alla tute
la degli interessi generali e pubblici ad esso connessi (cfr. Cass. n.
110 del 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 132; n. 3341 del 1959,
id., 1959, I, 1820) — donde la riserva alla stessa amministrazione
del potere di ordinare la modificazione, cessazione o distruzione delle
opere, usi fatti ed atti riconosciuti, rispetto a quegli interessi, dan
nosi — ma si resta al di là del limite funzionale della norma, allor
ché il petitum sostanziale che qualifica la controversia attenga direttamente alla tutela del diritto soggettivo perfetto, assertivamente
leso dall'attività di altro soggetto privato: attività denunziata come
illecito ex art. 2043 c.c., ancorché non nociva al buon regime delle
acque (cfr. Cass. n. 2632 del 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 136). Torna in questi casi a campeggiare il problema di fondo, se l'o
perato del titolare della concessione sia stato oggetto di un provve dimento ordinatorio, con trasferimento di pubbliche funzioni e
previo accertamento positivo della sua necessità e convenienza per
l'attingimento di finalità proprie dell'ente concedente; oppure sia
stato oggetto di un provvedimento meramente autorizzativo o per
missivo, attributivo di facoltà volte al perseguimento di finalità di
privato interesse e preceduto da un accertamento a carattere nega tivo circa la non nocività della attività assentita rispetto al buon go verno delle acque.
In quest'ultima ipotesi, il terzo il quale lamenti la lesione di un
proprio diritto soggettivo in effetto all'esplemento, da parte di al
tro privato, della attività assentita non rivolge la propria doglianza «avverso» il provvedimento concessorio; né censura l'apprezzamento discrezionale di convenienza di cui è espressione; ma agisce perché sia osservato e fatto osservare qyel limite generale del rispetto dei
diritti del terzo già assegnato alla validità del provvedimento am
ministrativo, a salvaguardia di interessi privati altrui non apprez zati e non apprezzabili al momento della concessione/permesso.
6. - La devoluzione di siffatte controversie alla cognizione del giu dice (ordinario o specializzato) e l'ammissibilità dell'intervento del
pretore ai sensi dell'art. 141 t.u. n. 1775 del 1933 — già riconosciu
te da queste sezioni unite con sentenza n. 3659 del 1980 (id., Rep.
1981, voce cit., n. 88), secondo criteri che si intendono in questa
sede ribadire — non trovano ostacolo insormontabile nel principio
posto dall'art. 4 della 1. 20 marzo 1965 n. 2248, ali. E, sull'aboli
zione del contenzioso amministrativo, ma più limitatamente dischiu
dono problemi di coordinamento con esso.
La circostanza che la p.a. competente abbia, nel concedere il per
messo di estrazione di un determinato quantitativo di materiale dal
corso d'acqua, formulato un giudizio di mera indifferenza di quel
prelievo riguardo alla conservazione dell'assetto del regime fluvia
le, escluderebbe in linea di principio che un provvedimento caute
lare del pretore di temporanea sospensione dell'attività estrattiva
possa considerarsi, per sua natura, interferente con i compiti di tu
tela del buon governo delle acque pubbliche; come pure la imposi
zione di una cauzione a carico del privato concessionario non
risulterebbe in alcun senso contrastante con la materia disciplinata
dall'atto concessorio (ed in particolare con la assunzione di ogni
responsabilità, da parte dello stesso concessionario, nei confronti
dei terzi). Tanto meno un contrasto con il provvedimento ammini
strativo potrebbe ravvisarsi qualora la inibitoria del pretore fosse
limitata ad imporre al concessionario di non esorbitare con la pro
pria attività dalle prescrizioni permissive, di tempo di luogo e di mo
do, indicate nel disciplinare. Più delicato, ma risolvibile caso per caso, è il problema se altre
prescrizioni, di contenuto positivo o negativo, circa il modus ope
randi del concessionario possano essere imposte dal pretore, a fini
di cautela del diritto soggettivo del terzo, in senso comunque inte
grativo di quelle dettate dall'autorità concedente a generale tutela
dei pubblici interessi idraulici, senza stravolgere i connotati di esse.
E resta in ogni caso sottratto dal ventaglio dei consentiti interventi
del giudice, anche in sede cautelare, l'ordine della riduzione in pri
stino dello stato dei luoghi, essendo al riguardo ogni potere riser
vato all'ingegnere capo del genio civile ai sensi dell'art. 221 t.u. n.
1775 del 1933.
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PARTE PRIMA
La problematica sopra accennata attiene, comunque, alla defini
zione dei limiti interni della giurisdizione: di modo che qualora la
situazione dedotta dal ricorrente ex 2° comma dell'art. 141 del ci
tato t.u. sia qualificabile come lesiva di una posizione di diritto sog
gettivo, la eventuale richiesta di un provvedimento possessorio e
cautelare indebitamente interferente con l'atto amministrativo e con le attribuzioni riservate alla p.a., non fa venir meno la giurisdizio ne del giudice adito ma impone soltanto a questi di astenersi dal
conferire alla pronuncia determinati contenuti, e di provvedere sulla
istanza nelle forme ed entro i limiti in cui egli può esercitare i suoi
poteri (cfr. Cass. n. 2716 del 1979, id., 1979, I, 1371; n. 767 del 1981, id., 1981, I, 343).
7. - Conclusivamente, in rigetto del ricorso, deve essere afferma
ta la giurisdizione del giudice ordinario. (Omissis).
II
Motivi della decisione. - Con il primo mezzo, il ricorrente con
sorzio, denunciando la violazione dell'art. 140 t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 in relazione all'art. 360, n. 2, c.p.c., solleva questione di
incompetenza per materia dei giudici ordinari sul presupposto del
la incontestabile, e mai contestata nei precedenti gradi del giudizio, natura di opera pubblica di bonifica della strada, per la cui realiz zazione ebbe luogo l'occupazione del terreno del Palminteri. Indi
ca, al riguardo, la competenza del tribunale delle acque pubbliche della regione Sicilia.
La censura è fondata. Secondo l'art. 140, lett. d), appartengono alla cognizione del tribunale regionale delle acque pubbliche le con troversie riguardanti l'occupazione, permanente o temporanea di fondi in conseguenza dell'esecuzione o manutenzione «di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione delle acque». La competenza del giudice specializzato comprende, cioè, per tali
controversie, non solo quelle relative ad opere idrauliche o di deri vazione e utilizzazione delle acque, ma altresì quelle relative ad opere di bonifica, per la cui specificazione occorre fare riferimento al te sto delle norme sulla bonifica integrale, emanato, nello stesso an
no, con r.d. 13 febbraio 1933 n. 215. Questo definisce le opere di
bonifica come «quelle che si compiono in base ad un piano genera le di lavori e di attività coordinate, con rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali in comprensori in cui ricadano la
ghi, paludi e terre paludose, o costituiti da terreni montani disse stati nei riguardi idrogeologici e forestali, ovvero da terreni
estensivamente utilizzati per gravi cause di ordine fisico e sociale e suscettibili, rimosse queste, di una radicale trasformazione del
l'ordinamento produttivo» (art. 1), e comprende tra le opere in pa rola anche quelle stradali, necessarie ai fini della bonifica (art. 2, 2° comma, lett. g, e 3° comma).
In tal quadro normativo, il limitare la competenza prevista dal citato art. 140, lett. d), alle opere attinenti alla «bonifica . . . del le acque» (valorizzando la lettera, indubbiamente poco felice, della
norma) porterebbe ad introdurre nel concetto di «bonifica» una di stinzione che prescinde dal significato lessicale e giuridico del ter
mine, e che non è affatto aderente al concetto unitario assunto dal
legislatore. Del resto, le opere di bonifica, come sopra definite, sono in sé,
nella grande maggioranza, tali da coinvolgere, sia pure indiretta
mente, il sistema delle acque delle zone interessate; e ciò, unitamente alla complessità del quadro che ne rimane impegnato ed alle conse
guenti attività di coordinamento affidate alla p.a., è ragione suffi ciente a giustificare la competenza del giudice specializzato.
Inoltre, un significato cosi riduttivo del termine «bonifica» (co me quello che si respinge) non avrebbe senso in una disposizione che, parlando anche di «utilizzazione delle acque», si presterebbe già con questa espressione a comprendere un'opera di bonifica di retta solo alla migliore utilizzazione di esse; di modo che lo specifi co riferimento alle opere di bonifica si giustifica solo attribuendo al termine il più ampio significato di cui si è detto.
Non può quindi essere condiviso l'orientamento che vuole coin volta la competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche solo quando l'opera cui è finalizzata la costruzione di una strada
riguardi interessi pubblici connessi al regime delle acque. Orbene le opere stradali menzionate nel citato art. 2 non posso
no non costituire oggetto dell'attività dei consorzi, sorti tra i pro prietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica, dal momento che il fine istituzionale di tali organismi, cui viene attri buita per legge la qualifica di persone giuridiche pubbliche, è quel lo di provvedere all'esecuzione, alla manutenzione ed all'esercizio delle opere di bonifica.
Il Foro Italiano — 1987.
Da quanto esposto deve ritenersi: a) che — nella presente fatti
specie — la costruzione della strada «SS15 destra ponte Carbony e fondo valle Bertolino», costituì un'opera di bonifica, compresa nel piano generale delle opere di spettanza del consorzio Basso Be
lice Carboy; b) che l'inesistenza di contestazione al riguardo da parte del controricorrente Palminteri esclude definitivamente ogni possi bile dubbio sulla natura dell'opera pubblica; c) che l'occupazione
illegittima del terreno del Palminteri per la realizzazione della stra
da generò una controversia rientrante nella previsione dell'art. 140
t.u. n. 1775/33.
Il fatto, poi, che la costruzione dell'opera pubblica sia stata con
figurata come conseguenza di attività illegittima del consorzio, il
quale abbia agito di là dalle regole giuridiche regolanti il procedi mento di espropriazione di immobili per pubblica utilità, non esclude
la competenza del giudice specializzato, essendo principio di que sta corte (giustificato dall'ampiezza della previsione del citato art.
140, lett. c e d) che devono ritenersi devolute alla cognizione del
tribunale delle acque pubbliche tutte le domande rivolte a conse
guire la condanna dell'amministrazione, ancorché in forza della ge nerale previsione di cui all'art. 2043 c.c., al risarcimento di danni
che siano direttamente dipendenti dall'esecuzione e manutenzione
delle opere previste dall'art. 140 t.u. n. 1775/33, restandone esclu
se solo quelle che si ricolleghino a fatti connessi in via meramente
indiretta od occasionale con le vicende relative al governo delle ac
que e delle opere di bonifica (sent. 2 novembre 1978 n. 4975, Foro
it., Rep. 1979, voce Acque pubbliche, n. 79). (Omissis)
III
Svolgimento del processo. - Con ricorso depositato il 29 ottobre
1982 l'E.n.el. chiedeva che il Pretore di Camerino emanesse prov vedimento urgente inteso ad inibire, al Consorzio acquedotto del
Nera, in persona del suo legale rappresentante, la prosecuzione di
lavori da detto consorzio intrapresi alle sorgenti del fiume Nera, e rivolti a derivare acque.
Con provvedimento dell'I 1 aprile 1983 il pretore adito inibiva al
consorzio intimato le opere e le attività dirette a deviare le acque del fiume Nera, fino al rilascio della concessione o dell'autorizza
zione provvisoria prevista dal t.u. delle acque. Con lo stesso provvedimento fissava il termine di mesi sei per l'i
nizio del giudizio di merito. Con atto notificato il 12 settembre 1983 l'E.n.el. conveniva di
nanzi a questo tribunale il consorzio summenzionato chiedendo l'i
nibitoria, perché illecitamente posta in essere, dell'attività di
deviazione delle acque del Nera.
Si costituiva in giudizio il consorzio convenuto che contestava la
pretesa avversa, facendo istanza di revoca del provvedimento pre torile e sollevando eccezioni di giurisdizione e di incompetenza.
(Omissis) Motivi della decisione. - (Omissis). Tale essendo l'ambito dell'in
dagine, occorre dipoi esaminare i singoli aspetti della fattispecie, prendendo le mosse dalle eccezioni sollevate dal consorzio, sia sot to il profilo di un asserito difetto di giurisdizione a favore del giu dice amministrativo, sia sotto il profilo di un'ipotizzata competenza del giudice specializzato delle acque.
Ritiene il collegio che le menzionate eccezioni traggano alimen
to, più che dal concetto e dalla natura propri delle cause prelimina ri, da un plesso di conseguenze surrettiziamente tratte a posteriori dal provvedimento pretorile, la cui asserita genericità parrebbe of frire argomenti all'uopo idonei.
Non par dubbio, invero, che ancor più del tenore del ricorso in
troduttivo (unico parametro idoneo a qualificare la domanda, ai
ben noti fini di ricognizione della giurisdizione e della competenza) sia piuttosto l'interpretazione che il consorzio convenuto dà dal prov vedimento pretorile a costituire presupposto di eccezione.
In special modo ciò deve dirsi a proposito dell'eccepito difetto
di giurisdizione che, a giudizio del tribunale, è tratto in considera
zione con indubbia licenza.
Che, infatti, le potestà legislative e amministrative in tema di ac
quedotti siano riservate alle regioni, a norma dell'art. 117 Cost., è fuori discussione; ben più arduo, di contro, è intendere dove e in qual modo il provvedimento pretorile avrebbe assunto, a pro
prio oggetto, l'esecuzione dell'acquedotto di cui agli atti di causa.
Si ponga mente al fatto che la fattispecie in esame è segnata, sot to il profilo delle posizioni soggettive, da due poli: per un verso,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la situazione, in atto, che consente all'È.n.el. di sfruttare, quale con
cessionario, le acque del Nera a fini di produzione di energia elettri
ca; per altro verso, la situazione, non ancora assurta a rango di po sizione giuridica tutelata, del consorzio convenuto che, seppur ri
servatario, secondo il p.r.g.a., delle acque del Nera, difetta tuttora di presupposto abilitante (rectius: concessorio).
Di talché, a fronte di un diritto soggettivo vantato dall'E.n.el., null'altro può opporre il consorzio se non una mera aspettativa, ini
donea a conferire alcun potere sulle acque per cui è causa.
Fatta questa premessa, è agevole inferirne che la controversia muo
ve unicamente sul terreno del regime di utilizzazione delle acque, caratterizzato (come, per implicito, riconosce lo stesso consorzio) dall'esistenza di un diritto esclusivo in capo all'È.n.el., la cui viola
zione non può che produrre tutela dinanzi all'a.g.o. Non di interessi legittimi si controverte, infatti, posto che le at
tribuzioni regionali in ordine all'esercizio dell'acquedotto sono, di
per sé, intatte e mai discusse, né nel ricorso introduttivo né nel prov vedimento pretorile, ad onta delle affermazioni contrarie.
Se non è frutto di macroscopico equivoco, infatti, è certo privo di vano esercizio retorico tentare di attribuire al provvedimento del
Pretore di Camerino intenzioni ed effetti assolutamente alieni dal
medesimo.
Laddove, infatti, si tenta di riempire il detto provvedimento, al
l'uopo qualificato come generico, di tutti i possibili contenuti, ivi
compresi quelli che neppure siffatta presunta genericità potrebbe
comportare, si compie operazione ermeneutica del tutto inaccetta
bile; ciò è a dirsi, in particolare modo, del preteso effetto inibitorio che il provvedimento svolgerebbe sull'esecuzione dell'acquedotto.
È di agevole constatazione il fatto che né il tenore letterale del
provvedimento né una pur ardita interpretazione del medesimo po trebbero condurre a tale ipotesi, che non è certo frutto della sua
pretesa genericità (che rappresenta, piuttosto, la più adeguata for
ma di tutela della posizione che si assume violata, posto che, in ma
teria di diritti soggettivi, non sarebbe certo possibile designare, in
concreto, i comportamenti illeciti e quelli che tali non sono: ond'è
che in fattispecie quale quella in esame, segnata da evidenti profili di responsabilità aquiliana, retta applicazione del canone di atipici tà ha fatto il pretore, inibendo, in previsione astratta, tutte le opere e i lavori direttamente volti alla realizzazione del danno), sibbene
di interpretazione del tutto arbitraria, inidonea, peraltro, a disto
gliere il collegio dalla constatazione che al thema decidendum è ri
sultata affatto estranea ogni questione circa l'esecuzione
dell'acquedotto. Discende da ciò che, poiché la tutela invocata muove, puramen
te e semplicemente, da posizioni di diritto soggettivo scaturite da
provvedimento concessorio a favore dell'attore, completamente pri va di fondamento è l'eccezione sulla giurisdizione, attinente, al più, a generiche illazioni proprie del consorzio convenuto, ma non cer
„ to alla realtà del processo. Identica sorte deve subire l'altra eccezione. Secondo quanto già
esposto, la vicenda in esame contrappone un diritto soggettivo ad
una mera aspettativa; in tale ambito, non pare possa trovare spa zio l'ipotizzata competenza del giudice delle acque, che avrebbe bensì
la cognizione delle controversie tra diritti di sfruttamento delle ac
que, ma non già delle controversie che, situandosi — come la pre sente — in fattispecie di conflitto tra posizione tutelata dall'ordinamento e fatto lesivo (o ritenuto tale) della prima, evoca, 10 si ripete, il lineare schema dell'illecito civile, nell'ambito del quale va ristretto il giudizio.
Invero, è agevole convincersi dell'infondatezza dell'eccezione se
si considera che il merito della causa in null'altro si risolve se non
nell'invocata tutela attuale del diritto soggettivo dell'E.n.el., cui il
consorzio non può certo opporre la propria generica qualità di ri
servatario secondo il p.r.g.a., in difetto di provvedimento conces
sorio dello Stato.
Se ciò è vero, appare evidente che non viene certo in considera
zione alcuna ipotesi di contrapposizione tra diverse posizioni sog
gettive, nulla potendo vantare il consorzio in tal senso, e men che
meno i provvedimenti regionali concernenti le opere di adduzione
delle acque, certo inidonei a costituire gli effeti propri del provve dimento concessorio tuttora di competenza statale.
Tali essendo le linee interpretative delle vicende, devesi conclu
dere nel senso dell'assoluta fondatezza della domanda dell'E.n.el.
Non par dubbio, in primo luogo, che le attività e le opere censu
rate dal pretore altro non sono che quelle indicate nella relazione
dell'ing. Fiorentino, posto che solo in esse va ravvisata attitudine
direttamente lesiva dei diritti del concessionario.
11 Foro Italiano — 1987.
Superfluo considerare, una volta di più, che solo un'interpreta zione arbitraria potrebbe far rientrare in dette opere anche l'acque dotto, in ordine al quale né il pretore ha statuito né questo tribunale è chiamato a decidere.
Unico quesito cui il collegio è tenuto a dare risposta è quello con cernente la ricognizione dei presupposti legittimanti la tutela ini bitoria.
A tale questione non può che esser data risposta positiva. Tenute per ferme le premesse generali, devesi riconoscere sussi
stente, nelle attività intraprese dal consorzio e direttamente miranti a derivare le acque, un preciso profilo di danno, che si sostanzia e nella violazione della sfera del diritto esclusivo riconosciuto al
l'È.n.el., e nel pericolo, tutt'altro che astratto, di una limitazione
dell'oggetto della concessione, quale si concreterebbe o a cagione di intenzionale derivazione, ovvero in conseguenza, pur soltanto col
posa, delle attività suddette. (Omissis).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 25 agosto 1986, n. 5167; Pres. Sagnelli, Est. Pafundi, P.M. Minetti
(conci, conf.); Soc. Risanamento di Napoli (Avv. G. Leone,
Zefelippe) c. Condominio via Campegna 5/A, Napoli (Avv.
Grassi). Cassa App. Napoli 17 novembre 1981.
Comunione e condominio — Vendita di singoli appartamenti —
Clausola attributiva della proprietà dei locali adibiti ad allog gio del portiere alla società venditrice — Fattispecie (Cod. civ., art. 1117).
Poiché i locali per la portineria (c.d. guardiola) e l'alloggio del
portiere sono caratterizzati da un rapporto di utilità, e non di
assoluta necessità, con lo stabile, occorre accertare, nei singoli casi, se le parti, nel costituire un titolo contrario alla presun zione di condominio stabilita dall'art. 1117 c.c. (nella specie, la società costruttrice dell'immobile si era attribuita, con clau
sola inserita nei contratti di vendita dei vari appartamenti, la
proprietà della portineria e dell'alloggio del portiere), abbiano
anche inteso risolvere il vincolo di destinazione derivante dalla
natura della cosa e dall'esistenza concreta di un servizio goduto in comune dai comproprietari del fabbricato. (1)
Svolgimento del processo. — La società Risanamento Napoli
s.p.a., dopo aver costruito un immobile in via Campegna n. 5, vendeva i vari appartamenti inserendo negli atti pubblici alcune
clausole riguardanti la portineria o l'alloggio del portiere; in par ticolare con la clausola n. 2 dei vari contratti si attribuiva la pro
prietà dei predetti locali e con la clausola n. 3 si riservava il dirit
to di estendere il servizio di portineria alla custodia di altro o
di più edifici vicini. Nell'assemblea in data 21 aprile 1964 del condominio di via
Campegna n. 5, frattanto costituitosi, venne stipulato un contrat to di locazione, della durata di cinque anni, dell'appartamento n. 3 ad uso del portiere addetto al servizio del fabbricato e fu
stabilito il relativo canone, di lire 15.000 mensili. Con atto notificato il 24 dicembre 1971 la soc. Risanamento
intimò licenza per finita locazione al condominio di via Campe
gna 5, chiedendo il rilascio dell'appartamento adibito ad abita zione del portiere.
Il condominio eccepì l'improponibilità della domanda, non ver
tendosi in materia di locazione, in quanto nei singoli atti di com
pravendita era stata stabilita la destinazione dell'appartamento ad alloggio del portiere, e si trattava, perciò, di una servitù o
comunque di un rapporto di natura reale a tempo indeterminato. In via subordinata eccepì che la locazione era soggetta a proroga.
(1) Non constano precedenti in termini. Sull'accertamento in concreto, da parte del giudice, del contenuto del
titolo contrario alla presunzione di condominio, stabilita dall'art. 1117
c.c., v. Cass. 6 dicembre 1978, n. 5772, Foro it., 1979, I, 353, con nota di Branca, di cui v. altresì Comunione e condominio negli edifici, in
Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1982, 394-395. Cfr. anche Cass. 14 febbraio 1981, n. 908 (Foro it., 1981,1, 2495, con nota di Francario), che ha affermato l'estraneità, alla materia del rego lamento condominiale, della clausola predisposta dal costruttore-venditore che disponga il trasferimento, in suo favore, dei locali destinati al servi zio di portierato, nel caso in cui venga meno detta destinazione.
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