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sezioni unite civili; sentenza 10 agosto 1996, n. 7410; Pres. Bile, Est. Baldassarre, P.M. Leo...

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sezioni unite civili; sentenza 10 agosto 1996, n. 7410; Pres. Bile, Est. Baldassarre, P.M. Leo (concl. conf.); Min. sanità, Min. tesoro, Min. università e ricerca scientifica (Avv. dello Stato Fiorilli) c. Perrotta (Avv. Abbamonte), Cappelli (Avv. Satta, Cappelli) e altri. Conferma Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 735 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1563/1564-1567/1568 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191217 . Accessed: 25/06/2014 03:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.69 on Wed, 25 Jun 2014 03:10:29 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 10 agosto 1996, n. 7410; Pres. Bile, Est. Baldassarre, P.M. Leo(concl. conf.); Min. sanità, Min. tesoro, Min. università e ricerca scientifica (Avv. dello StatoFiorilli) c. Perrotta (Avv. Abbamonte), Cappelli (Avv. Satta, Cappelli) e altri. Conferma Cons.Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 735Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1563/1564-1567/1568Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191217 .

Accessed: 25/06/2014 03:10

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1563 PARTE PRIMA 1564

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 ago sto 1996, n. 7410; Pres. Bile, Est. Baldassarre, P.M. Leo

(conci, conf.); Min. sanità, Min. tesoro, Min. università e

ricerca scientifica (Aw. dello Stato Fiorilli) c. Perrotta (Aw.

Abbamonte), Cappelli (Avv. Satta, Cappelli) e altri. Con

ferma Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 735.

Giustizia amministrativa — Consiglio di Stato — Decisioni —

Ricorribilità per cassazione — Limiti — Fattispecie (Cost., art. Ill; cod. proc. civ., art. 362; r.d. 26 giugno 1924 n.

1054, testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 48). Istruzione pubblica — Scuola di specializzazione universitaria

— Medici iscritti — Direttive comunitarie — Posizione sog

gettiva concernente la pretesa alla specializzazione — Giuris

dizione amministrativa (Direttiva 16 giugno 1975 n. 75/363

Cee del consiglio, concernente il coordinamento delle disposi zioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attivi

tà di medico; direttiva 26 gennaio 1982 n. 82/76 Cee del con

siglio, che modifica la direttiva 75/362/Cee e la direttiva

75/363/Cee; d.leg. 8 agosto 1991 n. 257, attuazione della di

rettiva n. 82/76/Cee del consiglio del 26 gennaio 1982, recan

te modifica di precedenti direttive in tema di formazione dei

medici specialistici, a norma dell'art. 6 1. 29 dicembre 1990

n. 428).

È inammissibile il ricorso per cassazione di una decisione del

Consiglio di Stato allorché si addebiti al giudice di aver asse

gnato ad una norma di legge quella portata precettiva che

avrebbe potuto assumere solo a seguito dell'intervento della

Corte di giustizia delle Comunità europee. (1)

(1-2) I. - La normativa comunitaria in tema di corsi per il consegui mento dei titoli di medico specialista (direttiva 16 giugno 1975 n. 75/363 Cee del consiglio, integrata dalla successiva direttiva 26 giugno 1982 n. 82/76 Cee del consiglio), che stabilisce tra l'altro il diritto degli spe cializzandi ad una adeguata remunerazione, è stata recepita in Italia soltanto con il d.leg. 8 agosto 1991 n. 257, il quale ha previsto l'appli cabilità della nuova disciplina a partire dall'anno accademico 1991/1992. Ai soggetti che proseguono corsi iniziati anteriormente a tale data, di

conseguenza, dovrebbe applicarsi la precedente e meno favorevole di

sciplina. La disparità di trattamento tra le due categorie di specializzan di ha provocato l'insorgere di una controversia dinanzi a Tar Lazio, sez. I, 16 aprile 1993, n. 601, Foro it., Rep. 1993, voce Istruzione pub blica, n. 443, confermata da Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 735, id., Rep. 1995, voce Giustizia amministrativa, n. 526, avverso la quale è stato proposto ricorso alle sezioni unite della Cassazione re

spinto dalla odierna sentenza, ha ritenuto che dovesse essere disapplica to il d.leg. 8 agosto 1991 n. 257 — e annullati i decreti ministeriali che ad esso hanno dato esecuzione — nella parte in cui riserva l'appli cazione dell'ordinamento comunitario ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione nell'anno accademico 1991/1992, lasciando soprav vivere il precedente regime per le specializzazioni in corso. Sulla diversa situazione dei medici che già siano in possesso della specializzazione al momento della proposizione del ricorso, v. Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 21 agosto 1996, n. 692, in questo fascicolo, 288, con nota di richiami.

II. - La sentenza in epigrafe si occupa del problema dell'estensione del sindacato delle sezioni unite della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato in un caso in cui si addebita al giudice ammini strativo di aver assegnato ad una norma di legge la portata precettiva che avrebbe potuto assumere solo a seguito dell'intervento interpretati vo della Corte di giustizia delle Comunità europee, ovvero di quello demolitore della Corte costituzionale. Sul punto, v. Cass., sez. un., 25 maggio 1984, n. 3223, id., Rep. 1984, voce cit., n. 745: la sentenza ha stabilito l'inammissibilità del ricorso proposto avverso pronuncia del

Consiglio di Stato che non rispetti l'obbligo di rimessione alla Corte di giustizia delle Comunità europee delle questioni pregiudiziali relative

all'interpretazione di una norma comunitaria, asserendo che in tal caso viene posta in discussione non già la giurisdizione del giudice, bensì l'inosservanza della disposizione processuale di cui all'art. 177 del trat tato (a tale prescrizione è stato dunque negato il carattere di norma attributiva di giurisdizione).

Più in generale, per l'affermazione secondo cui le sezioni unite pos sono verificare soltanto il rispetto da parte del Consiglio di Stato dei limiti esterni del potere giurisdizionale, v. Cass., sez. un., 4 agosto 1995, n. 8550, id., Rep. 1995, voce cit., n. 802; 14 giugno 1995, n. 6688, ibid., n. 803; 26 aprile 1994, n. 3967, id., 1994, I, 1350, che ha ritenuto inammissibile il ricorso in Cassazione per difetto di giurisdizione avver so decisione che in sede di esecuzione del giudicato di condanna dell'au torità giudiziaria ordinaria ne avrebbe modificato la portata, determi nando modalità e tempi di calcolo degli interessi legali; 20 dicembre

Il Foro Italiano — 1997.

Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quan to diretta alla tutela di interessi legittimi, la controversia avente

ad oggetto la pretesa di medici al conseguimento del diploma di specializzazione sulla base di direttiva comunitaria (16 giu

gno 1975 n. 75/363, integrata dalla direttiva 26 gennaio 1982

n. 82/76, recepita nell'ordinamento italiano con l. 29 dicem

bre 1990 n. 428 e con d.leg. 8 agosto 1991 n. 257) che richie

de un'attività organizzatoria, con largo margine di discrezio

nalità, dell'amministrazione statale, configurandosi quindi co

me norma di azione. (2)

Motivi della decisione. — 1. - Appare opportuno riassumere i tre motivi di ricorso, sia perché tutti pongono il problema dei limiti dell'impugnazione delle decisioni del Consiglio di Sta to, sia in considerazione dei collegamenti esistenti tra le distinte

censure.

Le amministrazioni ricorrenti addebitano, infatti, alla deci

sione impugnata:

1) Eccesso di potere giurisdizionale in danno della Corte di

giustizia delle Comunità europee, violazione dell'art. 164 del

trattato, per avere ritenuto direttamente applicabili le direttive

comunitarie nell'ordinamento nazionale e consentito al giudice nazionale di disapplicare la normativa di recepimento, ove rite

nuta in contrasto con le direttive medesime, essendo, invece,

giudice della validità di tali provvedimenti legislativi nazionali

unicamente la Corte di giustizia, alla quale spetta l'interpreta zione del diritto comunitario; con la conseguenza che il giudice nazionale — qualora dubiti della violazione dell'art. 5 del trat

tato istitutivo della Comunità europea — non può esimersi dal

1993, n. 12613, ibid., 54, ove si afferma che pretesi errori di interpreta zione e di applicazione di un giudicato attengono all'esplicazione inter na del potere giurisdizionale.

La presente sentenza nega che le censure con le quali si afferma l'ap propriazione da parte del Consiglio di Stato di poteri riservati a giuris dizioni diverse denunzino il vizio di «eccesso di potere giurisdizionale» in assoluto, il quale ricorre solo quando il giudice speciale invada il

campo riservato alla pura discrezionalità dell'amministrazione: sull'ec cesso di potere giurisdizionale in tal guisa inteso, nel senso della sua

configurabilità nell'ipotesi in cui l'indagine svolta dal Consiglio di Sta to sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell'op portunità e della convenienza dell'atto ovvero quando la decisione fina le esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione, v. Cass., sez. un., 5 agosto 1994, n. 7261, id., Rep. 1994, voce cit., n. 708; ord. 13 luglio 1993, n. 611, id., Rep. 1993, voce cit., n. 905; v. inoltre Cass., sez. un., 3 luglio 1993, n. 7288, ibid., n. 907, che afferma che l'eccesso di potere giurisdizionale è configurabile quando il giudice amministrativo, in materia nella quale la legge gli assegna una potestas iudicandi limitata alla sola indagine sulla legittimità degli atti amministrativi, abbia invece effettuato un sin dacato di merito, e 12 dicembre 1989, n. 5525, id., 1991, I, 582, con nota di richiami, secondo cui l'eccesso di potere giurisdizionale per scon finamento nel merito da parte del Consiglio di Stato non è configurabi le allorché tale giudice decida nell'esercizio della giurisdizione esclusiva, che è giurisdizione piena sul rapporto.

III. - Sull'obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare la nor mativa interna in contrasto con le direttive comunitarie che contengano norme precise e incondizionate, ancorché lo Stato non abbia recepito le direttive o le abbia recepite in modo inadeguato, oltre a Tar Lazio, sez. I, 16 aprile 1993, n. 601, cit., e Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 735, cit., v. Trib. Udine 2 dicembre 1994, id.. Rep. 1995, voce Unione europea, n. 632; Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498, ibid., n. 633; Tar Lazio, sez. II, 15 marzo 1995, n. 435, ibid., n. 634; Cass. 3 febbraio 1995, n. 1271, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 931, e Corte giust. 14 luglio 1994, causa C-91/92, id., 1995, IV, 38, con nota di L. Daniele, La Corte di giustizia conferma l'efficacia diretta «intermittente» delle direttive comunitarie.

IV. - La presente sentenza si segnala inoltre per l'affermazione secon do cui le norme precise e incondizionate di una direttiva comunitaria non valgono a fondare necessariamente diritti soggettivi in capo ai pri vati. Si noti peraltro che Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 21 agosto 1996, n. 692, cit., ha ritenuto che dalle medesime direttive comunitarie che trovano applicazione nel caso oggetto della sentenza in epigrafe, deriverebbero posizioni giuridiche aventi consistenza di diritti soggetti vi. Anche Corte giust. 23 febbraio 1994, causa C-236/92, ibid., 229, con nota di M. C. Baruffi, Sulla tutela dei «diritti soggettivi comunita ri», sembra instaurare un nesso tra diretta applicabilità delle disposizio ni di una direttiva e configurabilità di diritti soggettivi in capo ai priva ti: tale sentenza ha più in particolare negato che dall'art. 4 della diretti va del consiglio 15 luglio 1975 n. 75/442 Cee in materia di rifiuti derivassero diritti ai singoli che i giudici nazionali debbano tutelare,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sollevare la questione d'interpretazione ai sensi dell'art. 177 del

trattato stesso.

2) Eccesso di potere giurisdizionale nei confronti del giudice

ordinario, violazione dell'art. 29 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054,

per non avere considerato che, anche a voler ammettere che

il giudice italiano abbia il potere di procedere all'immediata ap plicazione di una normativa comunitaria non recepita (ovvero

parzialmente o impropriamente recepita) nell'ordinamento na

zionale, tale giudice sarebbe quello ordinario, in quanto — do

vendo essere la direttiva incondizionata e sufficientemente pre cisa — si verterebbe in una situazione pienamente tutelata, sen

za margini di discrezionalità, configurante, quindi una posizione di diritto soggettivo, di cui il giudice amministrativo potrebbe conoscere solo nell'ambito della giurisdizione esclusiva, non ri

corrente nella specie.

3) Eccesso di potere giurisdizionale in danno del giudice co

stituzionale, violazione dell'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n.

1, per avere operato una valutazione negativa di legittimità di

un provvedimento legislativo (il d.leg. 257/91, il quale riserva

un punteggio solo agli specializzati secondo la normativa euro

pea), riconoscendo tale punteggio a tutti gli specializzandi. 2. - Le censure in esame non denunziano l'eccesso di potere

giurisdizionale in assoluto, che ricorre quando il giudice specia le e, in particolare, il giudice amministrativo, invada il campo riservato alla pura discrezionalità della pubblica amministrazio

ne in assenza di posizioni suscettibile di qualsivoglia tutela giu

risdizionale; bensì l'appropriazione da parte del Tar del Lazio

e del Consiglio di Stato di poteri riservati a giurisdizioni diverse.

Gli addebiti mossi al giudice amministrativo con i motivi pri mo e terzo presentano un ulteriore aspetto comune, quello cioè

di avere travalicato i limiti imposti al giudice del rapporto con

troverso nell'attività di cognizione della legge in concreto appli

cabile, sostituendosi agli organi disegnati a determinare l'inci

denza delle direttive comunitarie sulle norme dell'ordinamento

dello Stato.

in quanto la norma non è «incondizionata» (carattere che ricorre quan do la disposizione sancisce un obbligo non soggetto a condizioni né subordinato all'emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni della Comunità o degli Stati membri) né «sufficientemente precisa» (in quan to non prevederebbe un obbligo in termini non equivoci).

Sul punto giova osservare che le prescrizioni le quali sanciscono ob

blighi in termini non equivoci, non soggetti a condizione o subordinati all'emanazione di altri atti paiono in effetti riconoscere contestualmente la consistenza di diritti alle situazioni correlate a quegli obblighi e com

prese nello stesso rapporto giuridico. Una tale interpretazione è però il portato della meccanica applicazione alle posizioni definite come di ritti e obblighi dall'ordinamento comunitario di tutti i caratteri delle situazioni giuridiche corrispondenti a quei nomina nella nostra cultura

giuridica, laddove non si può escludere che nel contesto comunitario le posizioni indicate abbiano natura differente rispetto a quella degli equivalenti terminologici italiani. Ad esempio, mentre nel diritto italia no risarcibile è il solo diritto soggettivo, l'ordinamento comunitario non identifica le situazioni risarcibili con i diritti soggettivi derivanti da di rettive direttamente applicabili. V., ad es., Corte giust. 19 novembre 1991 cause riunite C-6/9G e C-9/90, id., 1992, IV, 145, con nota di

A. Barone e R. Pardolesi, Il fatto illecito del legislatore e di G. Pon

zanelli, L'Europa e la responsabilità civile: questa sentenza enuncia il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario imputabili agli Stati stessi, anche quando gli interessati non possano far valere diritti nei confronti dello Stato dinanzi ai giudici nazionali (punto 27); v. al tresì 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e 48/93, id., 1996, IV, 185, con nota di richiami, ove si è chiarito che il principio opera in tutti i casi di violazione delle norme comunitarie, abbiano o meno efficacia diretta (la sentenza indica altresì, quali condizioni per ottenere il risarci

mento, le seguenti circostanze: la norma comunitaria violata deve esse

re preordinata ad attribuire diritti, la violazione deve essere manifesta e grave, deve ricorrere un nesso di causalità diretto tra violazione e

danno subito dai singoli) e, sul piano interno, Cass. 5 aprile 1995, n.

3974, id., Rep. 1995, voce Unione europea, n. 636. Si consideri poi che le disposizioni sufficientemente dettagliate e non

attuate dagli Stati membri hanno solo effetti «verticali» (v., ad es., Cass. 15 maggio 1995, n. 5289, ibid., voce Contratto in genere, n. 354; Corte giust. 14 luglio 1994, causa C-91/92, cit.: in tal caso il giudice nazionale aveva rimesso alla corte una questione pregiudiziale concer

nente il problema se i singoli possano fondare diritti su di una direttiva

precisa e incondizionata sottolineando che il principio di legalità si op

pone all'esistenza, in uno stesso ordinamento, di un atto normativo che sia tale solo nei rapporti tra alcuni soggetti dell'ordinamento; la

corte ha tuttavia riaffermato l'efficacia solo verticale delle direttive), con la conseguenza che direttive incondizionate e sufficientemente pre

II Foro Italiano — 1997.

3. - La questione, così posta, non è riconducibile all'ambito

delle doglianze di cui agli art. Ill Cost., 362 c.p.c. e 48 r.d.

26 giugno 1924 n. 1054. Alla stregua di tali norme, le decisioni del Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale sono soggette al controllo delle sezioni

unite della Corte di cassazione soltanto per motivi attinenti alla

giurisdizione, cioè all'individuazione del giudice munito del po tere di decidere la controversia ovvero alla verifica dell'osser

vanza dei limiti esterni delle attribuzioni di detto giudice, con

esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzio

ne giurisdizionale.

Proprio questa funzione viene messa in discussione, invece,

quando si addebiti al giudice, sia ordinario che speciale, di ave

re — al fine limitato e specifico di decidere una determinata

controversia — assegnato ad una norma di legge quella portata

precettiva che avrebbe potuto assumere solo a seguito dell'inter

vento interpretativo della Corte di giustizia della Comunità eu

ropea, ovvero di quello demolitore della Corte costituzionale.

In entrambi i casi si denuncia infatti un errore nell'applica zione delle norme sostanziali riferibili al caso controverso o di

quelle procedurali disciplinanti il giudizio, delle quali al giudice amministrativo era stata chiesta la concreta attuazione.

4. - Con la decisione in esame il Consiglio di Stato — dati

i limiti derivanti dai motivi degli appelli — non ha compiuto ex professo il riesame delle questioni di diritto afferenti al meri

to e si è limitato a recepire i «capisaldi sui quali il Tar ha fon

dato la propria decisione (e cioè la diretta e immediata applica bilità delle direttive comunitarie negli ordinamenti degli Stati

membri e la possibilità per il giudice adito di disapplicare la normativa nazionale, ove contrastante con la prima)».

Il rilievo che precede non implica formazione del giudicato in ordine alla giurisdizione, essendo stati rimessi in discussione

con le impugnazioni avverso la sentenza di primo grado tutti

i capi di domanda; con la conseguenza che la sostanziale ade

sione delle stesse amministrazioni alle tesi accolte in diritto dal

cise, le quali pure consentono di configurare diritti nei confronti dello

Stato, non valgono a fondare diritti a favore dei singoli nei rapporti con altri privati (v. però, per un'applicazione nei rapporti tra privati, Pret. Matera 14 luglio 1994, ibid., voce Lavoro (rapporto), n. 934).

La terminologia adottata dalla normativa comunitaria e dalla Corte di giustizia per indicare la posizione giuridica spettante al privato a fronte di una direttiva non trasposta nel diritto italiano non deve dun

que essere considerata decisiva per individuare le posizioni giuridiche nazionali, sicché la situazione denominata «diritto» non necessariamen te corrisponde al diritto soggettivo. Di conseguenza, come riconosciuto dalla odierna sentenza, il privato, invocando la efficacia diretta della

direttiva, potrà far valere interessi legittimi dinanzi al giudice ammini strativo nazionale — ed impugnare gli atti amministrativi che danno esecuzione alle norme interne incompatibili — ove le disposizioni suffi cientemente precise e incondizionate disciplinino l'azione dell'ammini strazione senza proteggere direttamente interessi dei privati, e cioè sen za prefigurare un obbligo in senso proprio (non a caso, più in generale, la nostra giurisprudenza afferma che, anche se la questione è regolata da norma comunitaria, il riparto della giurisdizione va risolto in base all'ordinamento giuridico italiano secondo il criterio del petitum sostan ziale: v. Cass., sez. un., 27 luglio 1993, n. 8385, id., Rep. 1994, voce

Giurisdizione civile, n. 112; 18 giugno 1981, n. 3967, id., Rep. 1981, voce cit., n. 72).

Si noti infine che, mentre questa operazione di «traduzione» è relati vamente semplice — nel senso che implica l'impiego del tradizionale criterio di riparto — nell'ipotesi in cui i «diritti» scaturenti da direttive sufficientemente precise e incondizionate siano valutati al fine di indivi duare il giudice competente a conoscere delle controversie insorte tra un privato e un'amministrazione, assai più arduo è il problema di de scrivere sul piano interno la posizione lesa dal legislatore nazionale a causa del mancato recepimento della direttiva, posizione alla quale la

giurisprudenza comunitaria, ha come s'è visto, riconosciuto la possibili tà di tutela in via risarcitoria. Vero è che in via di prima approssimazio ne la questione potrebbe essere risolta affermando che risarcibile sia la stessa situazione «utilizzata» per risolvere il problema del riparto, onde potrebbe essere riconosciuta risarcibile anche la lesione dell'inte resse legittimo ove, come spesso accade, questa posizione sia configura bile secondo il criterio sopra esposto. Tuttavia, così opinando si trascu

ra il fatto che in un caso la pretesa all'azione legittima è nei confronti

dello Stato legislatore (risarcimento dei danni), nell'altro è nei confron ti dell'amministrazione, sicché bisognerebbe dimostrare che si tratti del

la medesima situazione e che si possa parlare di interessi legittimi anche

nei confronti del legislatore; certo è soltanto che tale posizione è co

munque ascrivibile alle situazioni soggettive meritevoli di tutela, pur non essendo coincidente con i nostri diritti soggettivi tradizionalmente intesi. [F. Fracchia]

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1567 PARTE PRIMA 1568

primo giudice non preclude le questioni relative alla competen za giurisdizionale qui poste.

Da quanto sopra si ricava, comunque, la conferma testuale

della ritenuta attinenza dei problemi interpretativi al merito del

la decisione.

Alla stessa conclusione si perviene facendo riferimento — co

me si deve per decidere in ordine alla giurisdizione — al peti tion sostanziale, costituito, nella specie, dalla domanda di an

nullamento dei provvedimenti amministrativi di cui in narrati

va, rispetto alla quale la disapplicazione della norma interna

per contrasto con la normativa europea risulta meramente stru

mentale.

Vanno, pertanto, respinti i motivi primo e terzo.

5. - Il secondo mezzo — dichiaratamente e logicamente gra dato al rigetto degli altri due — si articola nella denuncia d'in

vasione da parte del Consiglio di Stato della giurisdizione di

un'autorità giudiziaria (quella ordinaria), che decide sui rappor ti giuridici (e non sulle leggi) nell'ambito dell'ordinamento

italiano. Individuata, come dal precedente paragrafo, la pretesa azio

nata dai medici istanti, risulta agevole rilevare come la stessa sia diretta alla tutela di interessi legittimi e non di diritti soggettivi.

La Corte di giustizia (v. sent. 23 febbraio 1994, causa 236/92, Foro it., 1995, IV, 230; 22 giugno 1989, causa n. 103/88, id.,

1991, IV, 129; 9 marzo 1978, causa 106/77, id., 1978, IV, 201) ha avuto modo di chiarire che in tutti i casi in cui le disposizio ni delle direttive comunitarie appaiano, dal punto di vista so

stanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli pos sono farle valere innanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato (e le relative pubbliche amministrazioni sono, del pari, tenute ad applicarle), sia che lo Stato medesimo non abbia rece

pito tempestivamente la direttiva nel diritto nazionale, sia che

l'abbia recepita in modo inadeguato. La direttiva del consiglio Cee 75/363 del 16 giugno 1975 (in

tegrata dalla successiva 82/76 del 26 gennaio 1982), in partico lare all'art. 2, ha imposto agli Stati membri una serie di obbli

ghi riguardanti la formazione dei medici specialisti, elencando le condizioni essenziali («almeno») per il conseguimento del re lativo diploma.

Si tratta di principi generali e regole che, trasferiti nell'ordi namento italiano dalla 1. 29 dicembre 1990 n. 428 e dal d.leg. 8 agosto 1991 n. 257, richiedono — al pari delle norme comuni tarie a cui tali provvedimenti normativi danno attuazione —

un'attività organizzatoria, con largo margine di discrezionalità, dell'amministrazione statale («dovrà comunque assicurare . . .»).

Il delineato quadro normativo configura, quindi, norme di

azione, in quanto queste disciplinano nell'interesse generale l'at tività amministrativa nel settore dei corsi di specializzazione dei

medici, conferendo ai ministeri competenti i poteri necessari per l'organizzazione, la programmazione e il funzionamento dei corsi, nonché per la determinazione del numero e la distribuzione de

gli stessi e delle borse da assegnare. In conseguenza, gli istanti, impugnando i predetti provvedi

menti amministrativi generali, emessi in forza delle citate norme di legge, hanno fatto valere non diritti soggettivi, ma i legittimi loro interessi al corretto uso dei poteri conferiti alla pubblica amministrazione nell'interesse della generalità (v. sent. 11 no vembre 1994, n. 9418, id., Rep. 1994, voce Sanità pubblica, n. 230).

6. - Non esclude posizioni di interesse legittimo e la loro tute la nella sede della giurisdizione generale di legittimità la diretta

applicazione, nel caso in esame richiesta e operata, della nor mativa Cee, essendo stato già, senza contrasti, stabilito che, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giu dice amministrativo, la posizione giuridica (diritto soggettivo o interesse legittimo) dedotta dal privato contro la pubblica am ministrazione in forza di norme comunitarie, va individuata e

qualificata con esclusivo riferimento ai criteri dell'ordinamento

giuridico interno e in base al cosiddetto petitum sostanziale, nulla rilevando che l'ordinamento comunitario non contempli la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi (sez. un. 27 luglio 1993, n. 8385, id., Rep. 1994, voce Giurisdizione civi

le, n. 112; 18 giugno 1981, n. 3967, id., Rep. 1981, voce cit., n. 72).

7. - Per le esposte ragioni il ricorso va integralmente respinto e dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il Foro Italiano — 1997.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 8 ago sto 1996, n. 7289; Pres. Meriggiola, Est. Limongelli, P.M.

Cinque (conci, conf.); Soc. Emerson (Avv. Trapani) c. Ca

scone (Avv. Bordo). Conferma Trib. Napoli 22 settembre

1993.

Locazione — Legge 392/78 — Morosità del conduttore — Inti

mazione di sfratto — Opposizione del conduttore — Sanato ria giudiziale —

Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 658, 663, 665; 1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di im mobili urbani, art. 55).

Qualora il conduttore, cui sia stato intimato lo sfratto ai sensi

dell'art. 658 c.p.c., pur contestando la morosità, abbia chie

sto (sebbene in via subordinata) e ottenuto dal pretore un termine per la sanatoria ai sensi dell'art. 55 l. 392/78, il man cato pagamento da parte sua del dovuto nel termine assegna togli legittima l'emissione dell'ordinanza di convalida dello

sfratto, che pertanto, in quanto correttamente emessa, non è suscettibile di impugnazione mediante appello. (1)

(1) La Cassazione, riprendendo il principio secondo cui la contesta zione della morosità da parte del conduttore non preclude né rende incompatibile il ricorso alla sanatoria giudiziale di cui all'art. 55 1. 392/78, attesa la «prevalente volontà solutoria del conduttore» implicita nella sua richiesta di sanare la morosità (principio, questo, già affermato da Cass. 21 agosto 1985, n. 4474, Foro it., 1986, I, 1568, con nota di richiami, e in precedenza da Cass. 22 maggio 1982, n. 3134, id., Rep. 1982, voce Locazione, n. 173), ritiene che, ove al conduttore sia stata accordata tale possibilità, «l'ordinanza di convalida non possa più ritenersi condizionata dalla mancata proposizione dell'opposizione, se condo quanto dispone l'art. 665 c.p.c., bensì dal mancato pagamento del dovuto nel termine all'uopo fissato, secondo la previsione dell'art. 55 cit., che ha carattere perentorio». In senso sostanzialmente confor me, Cass. 23 maggio 1990, n. 4646, id., Rep. 1991, voce Sfratto, n. 13 (riportata anche in Giust. civ., 1991,1, 2129, con nota di M. De Tula).

L'orientamento secondo cui la contestazione della morosità da parte del conduttore non è ostativa all'applicazione dell'art. 55 1. 392/78 (che, secondo quanto si legge nella sentenza in epigrafe, sarebbe «consolida to») risulta, tuttavia, espressamente contraddetto da Cass. 18 aprile 1989, n. 1835, Foro it., 1990, I, 2251, con nota di richiami. Analoga disparità di vedute si registra tra i giudici di merito: cfr. Trib. Bologna 22 aprile 1994, id., Rep. 1994, voce Locazione, n. 454 (secondo cui la richiesta del termine c.d. di grazia ex art. 55, formulata in via subordinata dal conduttore nell'opporsi alla convalida dello sfratto, deve essere inter pretata «quale istanza volta a scongiurare, comunque, l'emissione del titolo esecutivo costituito dall'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c.»), Pret. Reggio Emilia, ord. 21 dicembre 1993, ibid., n. 446 (che ritiene, invece, sussistente «una incompatibilità logica e giuridica tra l'opposi zione all'intimazione di sfratto per morosità e la contestuale proposi zione dell'istanza volta ad ottenere la concessione del termine . . .» ex art. 55). In dottrina, sul punto, v., da ultimo, I. Arena, La decadenza della sanatoria delta morosità nell'opposizione alla convalida dello sfratto, in Rass. locazioni, 1996, 18.

Per Cass. 12 maggio 1993, n. 5414, Foro it., 1994, I, 1074, con nota di richiami, d'altra parte, in caso di contestazione parziale della moro sità deve trovare applicazione non già la disciplina dell'art. 55 1. 392/78, bensì quella dell'art. 666 c.p.c.; con la conseguenza che, ottemperando all'ordine del pretore di pagamento della somma non contestata, il con duttore si pone al sicuro dal rischio di una convalida ai sensi dell'art. 663 c.p.c. dell'intimazione di sfratto, ma non da quello di una successi va pronunzia di risoluzione del contratto di locazione all'esito del giudi zio proseguito in via ordinaria.

Effettivamente consolidato, almeno a livello di giurisprudenza di le gittimità, è, invece, il principio secondo cui entro il termine concessogli dal giudice ai sensi dell'art. 55 1. 392/78 (sulla cui natura perentoria, cfr. anche Cass. 27 febbraio 1995, n. 2232, id., Rep. 1995, voce cit., n. 496) il conduttore è tenuto a sanare completamente il proprio debito, anche per ciò che concerne interessi e spese processuali, essendo altri menti legittima la pronunzia dell'ordinanza di convalida di sfratto ex art. 663 c.p.c., senza alcuna necessità di verifica della morosità residua: v., da ultimo, Cass. 27 aprile 1994, n. 3977, id., 1995, I, 230, con nota di richiami (annotata da A. Carrato, in Rass. locazioni, 1995, 354). Trib. Grosseto 15 marzo 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Sfratto, n. 35 (e Arch, locazioni, 1995, 444), osserva, peraltro, che, in caso di contestazione circa la tempestività o la congruità del pagamento ef fettuato dall'intimato ai sensi dell'art. 55 1. 392/78, il pretore non può convalidare lo sfratto, ma tutt'al più potrebbe emettere ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni dell'intimato, ex art. 665 c.p.c. Cfr. altresì, sulle modalità di pagamento idonee per una efficace sanatoria

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