sezioni unite civili; sentenza 10 aprile 2002, n. 5119; Pres. Marvulli, Est. Preden, P.M.Maccarone (concl. conf.); Danello (Avv. Stella Richter, Nese) c. Soc. Milano assicurazioni (Avv.Rudel), Soc. Levante assicurazioni (Avv. Spadafora). Conferma App. Milano 15 aprile 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 2039/2040-2049/2050Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196540 .
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2039 PARTE PRIMA 2040
ma in una pronuncia delle sezioni unite della Corte di cassazio
ne (Cass., sez'. un., 23 gennaio 2002, n. 761, che precede), che —
a proposito del rito del lavoro, ma con espliciti richiami al rito
ordinario — ha attribuito alla non contestazione, in forza del
dettato dell'art. 167, 1° comma, e dell'art. 416, 3° comma, valo
re di «comportamento univocamente rilevante ai fini della de
terminazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probato rio del fatto e dovrà ritenerlo sussistente», e ha precisato che la
«mancata contestazione, a fronte di un onere esplicitamente im
posto dal dettato legislativo, rappresenta, in positivo e di per sé, l'adozione di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto».
Inoltre, le sezioni unite hanno accreditato alla non contesta
zione — tanto con riguardo al rito del lavoro quanto con riguar do al rito ordinario — il carattere della irreversibilità (ancorché non appaia del tutto chiaro se, per le sezioni unite, l'onere della
contestazione nel rito ordinario debba essere assolto sin dal
l'atto introduttivo oppure nel termine concesso dal giudice ex
art. 180 c.p.c. per proporre le eccezioni non rilevabili d'ufficio o
ancora nel termine per il maturare delle preclusioni assertive). Nel caso che ci occupa, la Mamilla, nelle difese svolte sino
all'udienza di precisazione delle conclusioni, non ha mai negato la propria qualità di erede, nonostante che il Cappucci avesse fin
dall'atto introduttivo chiesto l'accertamento di tale qualità in
capo a lei. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 aprile 2002, n. 5119; Pres. Marvulli, Est. Preden, P.M.
Maccarone (conci, conf.); Danello (Avv. Stella Richter,
Nese) c. Soc. Milano assicurazioni (Avv. Rudel), Soc. Le
vante assicurazioni (Avv. Spadafora). Conferma App. Mila
no 15 aprile 1997.
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione infortuni —
Pluralità di polizze per il medesimo rischio — Disciplina (Cod. civ., art. 1910).
Assicurazione (contratto di) — Assicurazione infortuni per
il caso di morte — Pluralità di polizze per il medesimo ri
schio — Omissione di avviso da parte dell'assicurato —
Irrilevanza (Cod. civ., art. 1910).
All'assicurazione contro infortuni non mortali, in quanto parte
cipe della funzione indennitaria propria dell'assicurazione contro i danni, va applicata la disciplina di cui all'art. 1910
c.c., al fine di evitare che, mediante la stipulazione di più as sicurazioni per il medesimo rischio, l'assicurato, ottenendo l'indennizzo da più assicuratori, consegua un indebito arric chimento. (1)
Nel contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali il ri schio assicurato, collegato alla specifica causa di infortunio, è l'evento morte, sicché beneficiario dell'indennizzo non è
l'assicurato, ma un terzo; pertanto, non sorgendo la neces sità di tutela del principio indennitario, non è applicabile a tale rapporto la disposizione che prevede, in caso di omissio ne dolosa dì avviso della stipulazione di diverse polizze per il medesimo rischio, il venir meno del diritto all'indennità. (2)
(1-2) In senso conforme alla pronuncia in epigrafe, l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 1910 c.c. all'assicurazione contro disgra zie accidentali (non produttive di morte) — in quanto espressione di un
principio di carattere generale tendente ad impedire la stipulazione di diversi contratti di assicurazione contro il medesimo rischio, onde evi tare il conseguimento da parte del beneficiario di un indebito arricchi
mento, con conseguenze pregiudizievoli per l'economia — è affermato da Cass. 23 agosto 1999, n. 8826, Foro it., Rep. 2000, voce Assicura
li Foro Italiano — 2002.
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 28 giugno
1990, Annamaria Danello conveniva davanti al Tribunale di
Milano la Mediolanum assicurazioni s.p.a. per sentirla condan
nare al pagamento dell'indennità di lire 34.350.000, in base a
polizza di assicurazione contro gli infortuni.
La convenuta resisteva eccependo che l'indennità non era do
vuta, ai sensi dell'art. 1910 c.c., per avere la Danello, all'atto
della sottoscrizione, taciuto di aver stipulato altre polizze per lo
stesso rischio con altri assicuratori.
zione (contratto), n. 105, e, per esteso, Assicurazioni, 2000, li, 2, 13, con nota di M. Rossetti, «Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra
fames»? (riflessioni sul principio indennitario)\ App. Genova 2 maggio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 119, e, per esteso, Assicurazioni, 1996, li, 2, 125, con nota di G. Tricoli, Assicurazioni infortuni e art. 1910. 3° comma, c.c.; Cass. 4 agosto 1995, n. 8597, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 120, e, per esteso, Dir. ed economia assicuraz., 1996, 633; 2 marzo 1981, n. 1219, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n.
150, e, per esteso, Dir. e pratica assicuraz., 1982, 506, con nota di M.
Antinozzi, Pluralità di assicurazioni e problematica in tema di assicu razione contro gli infortuni, ove si ritiene che non venga meno il diritto all'indennità dell'assicurato, qualora, in presenza dell'inadempimento dell'obbligo di denuncia, la compagnia assicuratrice non provi la natura dolosa dell'omissione che, in quanto diretta a realizzare un lucro me diante una pluralità di assicurazioni per lo stesso rischio, è prevista co me requisito costitutivo del diritto della compagnia di rifiutare il paga mento dell'indennità ex art. 1910, 2° comma; nonché Cass. 19 marzo
1980, n. 1832, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 1832, che espressa mente sostiene la legittimità di una clausola contrattuale riproduttiva dell'obbligo di comunicazione dell'assicurato previsto dall'art. 1910 c.c. Contra, App. Napoli 7 maggio 1993, id., Rep. 1995, voce cit., n.
118, e, per esteso, Rass. dir. civ., 1995, 435, con nota di A. Tafuri, Profili di autonomia dell'assicurazione privata infortuni e disciplina della stipulazione di più polizze, poi cassata dalla Suprema corte con la citata sentenza 8597/95; Trib. Genova 18 giugno 1993, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 99, e, per esteso, Arch, civ., 1994, 308, con nota di A. Alibrandi, In tema di assicurazione plurima contro gli infortuni della persona, riformata da App. Genova 2 maggio 1996, cit.
In ordine al problema più generale dell'inquadramento dell'assicura zione infortuni nell'ambito di uno dei due tipi di assicurazione (contro i danni e sulla vita) espressamente disciplinati dal codice civile, la pro nuncia in rassegna evidenzia come gran parte delle decisioni che hanno ritenuto applicabile all'assicurazione infortuni norme proprie dell'assi curazione sulla vita siano state emesse in riferimento a fattispecie di in fortunio mortale. Invero, appare ormai consolidato l'orientamento giu risprudenziale richiamato, che tende ad applicare l'art. 1920 c.c., det tato in materia di assicurazione sulla vita, anche all'assicurazione con tro infortuni mortali: in tal senso, cfr., nella giurisprudenza di legitti mità, Cass. 5 marzo 2001, n. 3160, Foro it., 2001, I, 2871, con nota di P. Santoro, nonché Cass. 2 dicembre 2000, n. 15407, id., Rep. 2000, voce cit., n. 102; 18 giugno 1998, n. 6062, id., Rep. 1998, voce cit., n.
86; 14 maggio 1996, n. 4484, id., Rep. 1996, voce cit., n. 79, e, per esteso, Corriere giur., 1996, 1110, con nota di V. Amirante, Contratto a favore di terzo: designazione del beneficiario-, 10 novembre 1994, n.
9388, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 117; 1° aprile 1994, n. 3207, id., Rep. 1994, voce cit., n. 120; 28 luglio 1980, n. 4851, id., Rep. 1980, voce cit., n. 297; 4 aprile 1975, n. 1205, id., Rep. 1975, voce cit., n. 138; nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma 12 maggio 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 121, e, per esteso, Assicurazioni, 1999, 11, 2, 249, con nota di M. Rossetti, Polizza infortuni comprensiva dell 'e vento morte, omicidio dell'assicurato commesso dal beneficiario e
perdita del diritto all'indennizzo (appunti sulla natura dell'assicura zione infortuni)-, Trib. Catania 15 luglio 1989, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 115, e, per esteso, Arch, civ., 1990, 1152.
Seguendo l'orientamento giurisprudenziale minoritario, ma confor memente alla pronuncia in epigrafe, riconducono il contratto di assicu razione stipulato per la copertura dei rischi da invalidità ed inabilità de rivanti da infortunio nell'ambito dell'assicurazione contro i danni, Cass. 26 gennaio 1988, n. 661, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 99; 3
maggio 1986, n. 3017, id., Rep. 1986, voce cit., n. 73, e, per esteso, Giust. civ., 1986, 1, 2831, con nota di M. Franzoni, Natura del debito dell'assicuratore nell'assicurazione contro i danni-, 20 maggio 1985, n. 3088, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 120, e Dir. e pratica assicu
raz., 1986, 117, con nota di M. Antinozzi, L'indennità dovuta dall'as sicurazione in forza di polizza infortuni è debito di valuta; 4 marzo
1978, n. 1078, Foro it., Rep. 1978, voce cit., n. 145, e, per esteso, Giust. civ., 1978, 1, 1314, dove si afferma l'applicabilità degli obblighi stabiliti dagli art. 1913 e 1915 c.c., all'assicurazione contro gli infortu ni, posto che l'interesse dell'assicuratore a controllare il più immedia tamente possibile le cause e le conseguenze dell'evento denunciato dal l'assicurato è analogo all'esigenza tutelata nell'assicurazione contro i danni.
La pronuncia in rassegna dichiara, altresì, quanto previsto dall'art.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Al giudizio venivano riunite altre cause instaurate dalla Da
nello nei confronti della Latina Renana assicurazioni s.p.a., del
l'Assitalia assicurazioni s.p.a. e della Levante assicurazioni
s.p.a., aventi ad oggetto la richiesta di pagamento dell'indenniz
zo per lo stesso infortunio (lesione traumatica della mano sini
stra con postumi invalidanti), in base a polizze stipulate con le
predette convenute.
La Danello chiamava inoltre in giudizio la Legai & General
Assurance Society Ltd, quale coassicuratrice, per lo stesso ri
schio, con la Latina Renana assicurazioni s.p.a. Tutte le società convenute contestavano la fondatezza della
domanda.
Il tribunale, con sentenza del 29 aprile 1993, accoglieva la
domanda nei confronti della Mediolanum assicurazioni s.p.a. e
la respingeva nei confronti delle altre convenute. Considerava
che nella polizza stipulata tra la Danello e la Mediolanum assi
curazioni s.p.a. era stata inserita clausola di deroga all'art. 1910, che impone all'assicurato di comunicare alla società di assicu
razione le eventuali altre polizze contratte con altri assicuratori, mentre tale deroga non era stata prevista nelle polizze sotto
scritte con le altre compagnie. La Danello proponeva appello nei confronti di tutte le conve
nute, ad eccezione della Mediolanum assicurazioni s.p.a. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 15 aprile
1997, rigettava l'impugnazione. Considerava la corte: che al
l'assicurazione privata contro gli infortuni si applicano le previ sioni dei primi due commi dell'art. 1910; che in nessuna delle
polizze stipulate con le società appellate era stata pattuita la de
roga all'osservanza della suindicata normativa; che l'appellante non si era limitata a non dare avviso della stipulazione di più as
sicurazioni per il medesimo rischio con diversi assicuratori, ma
aveva esplicitamente dichiarato ad alcuni di essi di non aver sti
pulato altre polizze, così integrando il comportamento doloso
che, ai sensi dell'art. 1910, 2° comma, esonera l'assicuratore dal
pagare l'indennità.
Avverso la sentenza la Danello ha proposto ricorso per cassa
zione, affidato a due motivi, illustrati con memoria. Hanno resistito, con controricorso la Milano assicurazioni
1916, 4° comma, c.c. (l'estensione del diritto di surrogazione dell'assi curatore contro le disgrazie accidentali) applicabile soltanto in relazio ne all'assicurazione contro infortuni invalidanti che colpiscono lo stes so assicurato e non anche alle ipotesi di infortunio mortale, poiché in
quest'ultimo caso non verificandosi il cumulo di diritti in capo ad uno stesso soggetto verrebbe meno ia ratio dell'operatività dell'art. 1916 c.c.
Nel segno di un diverso avviso, pur non discostandosi dall'inqua dramento dell'assicurazione infortuni mortali all'interno del genus as sicurazione sulla vita, Cass. 24 aprile 1974, n. 1175, Foro it., Rep. 1974, voce cit., n. 211; 7 settembre 1966, n. 2336, id., 1966, I, 2020, con nota di richiami, la quale sostiene che nelle ipotesi in cui il terzo beneficiario dell'indennità assicurativa sia anche titolare del diritto al risarcimento del danno, verificandosi il cumulo di diritti a favore di uno
stesso soggetto, circostanza che l'operatività dell'art. 1916 c.c. vuole
scongiurare, si produca in capo all'assicuratore il diritto di surrogazio ne nei confronti dei terzi responsabili.
Da sottolineare Cass. 27 novembre 1979, n. 6205, id., Rep. 1981, vo ce cit., n. 153, e, per esteso, Assicurazioni, 1981, II, 2, 105, con nota di M. Antinozzi, Conseguenze del cambiamento di professione dell'assi curato contro gli infortuni, che, in linea con quanto affermato dalla
pronuncia in epigrafe sulla necessità di valutare di volta in volta a se conda del contratto di assicurazione contro infortuni stipulato, soprat tutto in relazione al rischio assicurato, la disciplina da attuare, ha esclu
so l'integrale applicabilità nel caso di assicurazione infortuni della di
sciplina dettata, in tema di assicurazione contro i danni, dall'art. 1926
c.c., in ordine all'aggravamento del rischio nell'assicurazione sulla vi
ta. Tra i contributi dedicati al tema della natura giuridica e della disci
plina applicabile al contratto di assicurazione contro gli infortuni, cfr., in dottrina, A. De Berardinis, L'assicurazione facoltativa contro gli
infortuni, l'art. 1910 c.c. e la disciplina dei contratti del consumatore, in Resp. civ., 2000, 381; M. Caiafa, Applicabilità dell'art. 1910 c.c.
all'assicurazione infortuni, in Arch, civ., 1999, 965; E. Colombini, Il
contratto di assicurazione contro gli infortuni, id., 1997, 689 e 801; G.
Zuccato, Una disputa tutt'altro che peregrina: l'assicurazione infor tuni è un 'assicurazione danni, in Assicurazioni, 1997, 1, 661 ; G. Forte, Ritorniamo ancora sulla natura giuridica dell 'assicurazione privata contro gli infortuni, ibid., 185; F. Cervetti, Sul contratto di assicura
zione contro gli infortuni, in Nuova giur. civ., 1996, I, 12.
Il Foro Italiano — 2002.
s.p.a. (società incorporante La Previdente assicurazioni s.p.a., a
sua volta incorporante la Ausonia assicurazioni s.p.a., già Latina
Renana assicurazioni s.p.a.) e la Levante assicurazioni s.p.a., che ha depositato memoria.
Con ordinanza del 17 aprile 2000, la terza sezione della Corte
di cassazione, alla quale il ricorso era stato assegnato, ha dispo sto la trasmissione degli atti al primo presidente della corte, avendo rilevato che in ordine alla questione investita dal primo motivo del ricorso, concernente l'inquadramento dell'assicura
zione privata contro gli infortuni nell'ambito dell'assicurazione
sulla vita, ai fini dell'applicabilità o meno dell'art. 1910, sussi ste contrasto nella giurisprudenza della corte.
Il primo presidente ha assegnato la causa alle sezioni unite
civili per la composizione del contrasto.
Motivi della decisione. — 1. - La Milano assicurazioni s.p.a.
(società incorporante La Previdente assicurazioni s.p.a., a sua
volta incorporante la Ausonia assicurazioni s.p.a., già Latina
Renana assicurazioni s.p.a.) ha eccepito l'inammissibilitjhdel r^
corso proposto da Annamaria Danello ne? confronti della La
Previdente assicurazioni s.p.a. Deduce che la Danello aveva agito nei confronti della Latina
Renana assicurazioni s.p.a. ed aveva chiamato in causa, quale coassicuratrice, la Legai & General Assurance Society Ltd.
Sostiene che, trattandosi di un unico rapporto sostanziale e
processuale, l'avvenuta notificazione della sentenza, in data 29
dicembre 1997, ad istanza della Legai & General Assurance So
ciety Ltd, ha determinato la decorrenza del termine per la pro
posizione del ricorso anche nei confronti dell'altro assicuratore.
2. - L'eccezione non è fondata.
Per consolidata giurisprudenza, nel caso di coassicurazione —
ipotesi che ricorre, ai sensi dell'art. 1911 c.c., quando uno
stesso rischio viene assunto, anche se con unico contratto, con le
medesime modalità e per lo stesso tempo da più assicuratori che
ripartiscono fra loro la quota di rischio e la relativa quota del
l'indennità — non si instaura un vincolo solidale tra assicurato
ri, ma si costituiscono separati rapporti assicurativi, in ordine ai
quali ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni sogget tive, sostanziali e processuali, relative al proprio rapporto (sen tenza 661/88, Foro it., Rep. 1988, voce Assicurazione (contrat
to), n. 96; 5673/90, id., Rep. 1990, voce cit., n. 78; 3302/90, ibid., n. 79).
3. - Con l'unico mezzo, denunciando violazione e falsa appli cazione dell'art. 1910 c.c. ed omessa, insufficiente e contrad
dittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., deduce la ricorrente: a) che erroneamente la corte territoriale ha ritenuto applicabile l'art. 1910 c.c., dettato in tema di assicurazione contro i danni, anche all'assicurazione contro gli infortuni; tale assicurazione
va al contrario inquadrata nell'ambito delle assicurazioni sulla
vita, delle quali condivide le finalità, poiché l'impossibilità di individuare con criteri oggettivi il valore della persona umana, con conseguente inevitabile ricorso al sistema della valutazione
convenzionale, rende estraneo all'assicurazione contro gli in
fortuni il principio indennitario, del quale è espressione l'art.
1910 c.c.; b) che erroneamente la corte territoriale ha escluso
che le polizze di cui trattasi non prevedessero l'esonero dell'as
sicurato dall'osservanza dell'art. 1910 c.c.
4. - Va in primo luogo esaminato il secondo profilo della cen
sura, poiché il suo eventuale accoglimento sarebbe preclusivo dell'esame della questione di diritto svolta nel primo profilo di
censura.
4.1. - La censura non è fondata.
La statuizione della corte d'appello in punto di mancata pre visione convenzionale della deroga alle disposizioni dell'art.
1910 c.c. consegue all'interpretazione che il giudice di merito
ha compiuto delle clausole di polizza. Si verte, quindi, in tema di apprezzamento di fatto, che, in
quanto sorretto da adeguata motivazione, si sottrae al sindacato
di legittimità. 5. - Può quindi procedersi all'esame del primo profilo di cen
sura.
6. - L'assicurazione privata contro gli infortuni consiste nel
contratto con il quale l'assicuratore, previa corresponsione di un
premio, si obbliga al pagamento di una certa somma all'assicu
rato, nel caso di lesione dovuta ad una causa fortuita, violenta
ed esterna che ne determini l'inabilità temporanea o l'invalidità
permanente, ovvero ad un terzo beneficiario, nel caso di morte
dell'assicurato medesimo conseguente ad infortunio.
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2043 PARTE PRIMA 2044
Questo tipo di assicurazione — la cui larga diffusione nella
pratica ha determinato il formarsi di un contratto socialmente ti
pico — non è autonomamente disciplinato nel capo ventesimo
del libro quarto del codice civile dedicato all'assicurazione. Il
citato capo ventesimo, dopo aver dettato, nella sezione prima, le
disposizioni generali sull'assicurazione (art. 1882-1903), riserva una specifica disciplina all'assicurazione contro i danni nella
sezione seconda (art. 1904-1918) ed all'assicurazione sulla vita
nella sezione terza (art. 1919-1927). In assenza di un'organica disciplina normativa (a parte l'e
stensione della disciplina della surrogazione alle «assicurazioni
contro le disgrazie accidentali» prevista dall'art. 1916, 4° com
ma), sorge riguardo all'assicurazione privata contro gli infortu
ni, per gli aspetti del rapporto in relazione ai quali le singole convenzioni non dispongono, l'esigenza di stabilirne il regime
giuridico. In tale più vasto ambito, contraddistinto dal segnalato contra
sto tra l'orientamento giurisprudenziale che propende per l'as
similazione di tale tipo di assicurazione all'assicurazione sulla
vita, e l'indirizzo che tende ad inquadrarla nell'ambito dell'as
sicurazione contro i danni, si iscrive lo specifico problema del
l'applicabilità o meno dell'art. 1910, inserito nella disciplina concernente l'assicurazione contro i danni, all'assicurazione
privata contro gli infortuni.
L'art. 1910, nei primi due commi, stabilisce quanto segue: «Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più
assicurazioni presso diversi assicuratori, l'assicurato deve dare
avviso di tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore».
«Se l'assicurato omette dolosamente di dare l'avviso, gli as
sicuratori non sono tenuti a pagare l'indennità».
7. - Ai fini della composizione del denunciato contrasto oc
corre dare conto dello stato della giurisprudenza di questa Su
prema corte.
8. - La giurisprudenza numericamente prevalente di questa
Suprema corte, in sintonia con la dottrina meno recente, tende
ad inquadrare l'assicurazione privata contro gli infortuni tra le
assicurazioni sulla vita, con conseguente applicazione (oltre che
delle disposizioni generali) di (alcune) norme inserite nell'am
bito della disciplina dettata per quest'ultimo tipo di assicurazio
ne\ E stato affermato che l'assicurazione infortuni, specie per il
caso di morte, si inquadra fra le assicurazioni sulla vita in base
ad un duplice rilievo. In primo luogo, considerando che ha con
queste in comune il contenuto e le finalità, in quanto coprono il
rischio della morte, e nessuna differenza si riscontra tra l'ipotesi in cui la morte sia prevista come effetto di circostanze determi
nate, cioè a seguito di infortunio, e l'ipotesi in cui sia, invece,
prevista puramente e semplicemente, sebbene con l'esclusione
di alcuni rischi derivanti da dati eventi (guerra, suicidio, duello,
ecc.). In secondo luogo, sottolineando che l'impossibilità dì at
tribuire un valore economico determinato alla vita umana e la
conseguente esclusione, al verificarsi dell'evento, di ogni inda
gine sulla sussistenza e sull'entità reale del danno ricollegabile all'evento importano l'inconciliabilità di qualsiasi assicurazione
sulla vita, anche se destinata a coprire un solo tipo di eventi
mortali, come l'assicurazione infortuni, col regime dell'assicu razione contro i danni (sentenza 2336/66. id., 1966, I, 2020; la
decisione riconosce tuttavia che, in virtù dell'espressa estensio ne operata dall'art. 1916, 4° comma, all'assicurazione contro gli infortuni si applica l'istituto della surroga dell'assicuratore, con la precisazione, nel caso di infortunio mortale, che la surroga è
esperibile solo se il terzo beneficiario dell'indennità è anche ti
tolare del diritto al risarcimento del danno contro il terzo re
sponsabile, come avviene nel caso di prossimi congiunti, poiché solo in tale ipotesi si verifica il cumulo di diritto in capo ad uni co soggetto che la legge vuole evitare; sul punto, è conforme la
sentenza 1175/74, id., Rep. 1974, voce cit., n. 211). Altra decisione ha ritenuto che l'assicurazione facoltativa
contro gli infortuni è affine a quella sulla vita e pertanto vanno ad essa applicate, in relazione a singole fattispecie, alcune delle
norme proprie dell'assicurazione sulla vita. Ha invero conside rato che nell'ampia categoria degli eventi attinenti alla vita
umana di cui è cenno nell'art. 1882 debbono ritenersi ricompre si l'infortunio e la disgrazia accidentale che abbiano come con
seguenza dannosa la lesione dell'integrità fisica dell'individuo e
che, perciò, cagionino a costui un'invalidità temporanea o per manente. L'assicurazione contro gli infortuni non è invece,
Il Foro Italiano — 2002.
equiparabile a quella contro i danni, stante la sostanziale diffe
renza di contenuto che l'una presenta di fronte all'altra. Mentre
nell'assicurazione contro i danni il danno viene considerato in
riferimento a cose materiali ed inanimate, suscettibili di pro
prietà e soggette perciò, per se stesse , ad un'obiettiva valuta
zione economica, nell'assicurazione contro gli infortuni e le di
sgrazie accidentali quello che viene in considerazione è il corpo umano nella sua interezza e nelle sue singole componenti, e cioè
un bene tutt'affatto particolare, rispetto al quale, per la conside
razione etica che i paesi civili hanno della vita umana, non è
configurabile un puro e semplice contratto d'indennità come ef
ficace strumento di riparazione del danno prodottosi (sentenza
2915/68, id., 1968, I, 2708: la decisione ha concluso per l'appli cabilità dell'art. 1919, 2° comma, che, per preservare la vita del
terzo da mire illecite del contraente, subordina la validità del
l'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo al con
senso di quest'ultimo, in relazione ad assicurazione contro gli infortuni comprendente tutti i rischi del gioco del calcio nonché
i rischi extraprofessionali cui fossero andati incontro i giocatori di una squadra di calcio, stipulata a favore della società e sotto
scritta solo dalla società e non dai singoli giocatori).
L'applicazione all'assicurazione contro gli infortuni di norme
comprese nella disciplina dell'assicurazione sulla vita è confer
mata dalle sentenze 1205/75, id., Rep. 1975, voce cit., n. 138;
4851/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 297; 3207/94, id., Rep. 1995, voce cit., n. 116; 9388/94, id., Rep. 1994, voce cit., n.
122, e 6062/98, id., Rep. 1998, voce cit., n. 86 (tutte le decisio ni, rese in ipotesi di infortunio mortale, hanno affermato l'ap
plicabilità dell'art. 1920, 3° comma, che attribuisce al terzo be
neficiario nel caso di morte dell'assicurato un diritto proprio ai
vantaggi dell'assicurazione). 9. - Pur confermando l'affinità dell'assicurazione contro gli
infortuni all'assicurazione sulla vita, la sentenza 1883/77 (id.,
Rep. 1977, voce cit., n. 147), adottata in fattispecie concernente
le conseguenze del mancato pagamento dei premi, ponendosi in
contrasto con la sentenza 2285/68 (id.. Rep. 1968, voce cit., n.
138) che era pervenuta alla soluzione affermativa, ha invece ri
tenuto inapplicabile all'assicurazione contro gli infortuni l'art.
1924, 2° comma (dettato in tema di assicurazione sulla vita, che
prevede la risoluzione del contratto nel caso di mancato paga mento dei premi relativi agli anni successivi al primo), ed appli cabile invece la norma generale di cui all'art. 1901. La decisio
ne ha invero ritenuto di precisare, attenuando così la portata dell'assimilazione teorica tra assicurazione sulla vita ed assicu
razione contro gli infortuni, «che l'affinità per vari aspetti ri
scontrabile tra le due specie assicurative non comporta necessa
riamente che tutte le norme dettate per la prima debbano trovare
integrale applicazione anche nella seconda: da un canto, infatti, si deve tener conto delle differenze ontologiche e di struttura fra
esse esistenti, per cui occorre stabilire, caso per caso, quali norme del ramo vita si possono applicare al ramo infortuni e
quali no, avuto riguardo alle caratteristiche di affinità o di somi
glianza che questo presenta rispetto al primo; d'altro canto, poi, non si può ignorare che, fra le norme specifiche dell'assicura zione sulla vita, ce ne sono alcune (ad esempio gli art. 1925 e
1927) che rivelano una così intima connessione col particolare congegno tecnico-giuridico di questo ramo assicurativo da non trovare riscontro in nessun altro».
Ed eguale affermazione dell'esigenza di accertare, di volta in
volta, quali norme disciplinanti l'assicurazione sulla vita siano
applicabili all'assicurazione contro gli infortuni si rinviene nella
sentenza 6205/79 (id., Rep. 1979, voce cit., n. 349), che ha
escluso l'integrale applicabilità all'assicurazione contro gli in
fortuni dell'art. 1926, che disciplina l'aggravamento del rischio
nell'assicurazione sulla vita.
10. - All'indirizzo, maggioritario, ora richiamato, che pro
pende per un'assimilazione dell'assicurazione contro gli infor tuni (specie nel caso di morte) all'assicurazione sulla vita, si
contrappone altro orientamento, minoritario, che, sia pur con
minor apparato argomentativo, ma con il confronto della preva lente dottrina più recente, tende a ricondurre l'assicurazione contro gli infortuni nell'ambito dell'assicurazione contro i dan
ni, con conseguente applicazione di alcune disposizioni dettate
per questo tipo di assicurazione.
In tal senso si è pronunciata la sentenza 1078/78 (id., Rep. 1978, voce cit., n. 145), che ha ritenuto applicabile anche all'as sicurazione contro gli infortuni, nonostante diversa previsione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
contrattuale sfavorevole all'assicurato, la disciplina dettata dagli art. 1913 e 1915, 2° comma (non derogabile ex art. 1932), in
tema di assicurazione contro i danni, circa le conseguenze del
l'inadempimento colposo all'obbligo di avviso.
La collocazione dell'assicurazione contro gli infortuni nel
l'ambito dell'assicurazione contro i danni è stata ancora affer
mata al fine della qualificazione del debito di indennizzo del
l'assicuratore come debito di valore, sul rilievo che detto debito, ancorché venga convenzionalmente contenuto, nella sua espres sione monetaria, nei limiti di un massimale, non è debito di va
luta, in quanto assolve una funzione reintegrativa della perdita subita dall'assicurato, ed è pertanto suscettibile di automatico
adeguamento (sentenza 3017/86, id., Rep. 1986, voce cit., n. 73;
661/88, id., Rep. 1988, voce cit., n. 99). 11. - Vanno infine ricordate due sentenze rese con specifico
riferimento all'art. 1910.
La sentenza 8597/95 {id., Rep. 1997, voce cit., n. 120) ha ri tenuto la norma suindicata applicabile anche all'assicurazione
contro gli infortuni, sul rilievo che costituisce espressione di un
principio di carattere generale (e cioè del principio indennitario
posto dall'art. 1905), in quanto tende ad evitare che, mediante la
stipulazione di diversi contratti di assicurazione contro il mede
simo rischio, il beneficiario ottenga un indebito arricchimento, con conseguenze pregiudizievoli per l'economia (la sentenza
invoca, quale precedente, la sentenza 1832/80, id., Rep. 1980, voce cit., n. 113, che si è invece limitata a ritenere legittima la
clausola di un contratto di assicurazione contro gli infortuni che
riproduca l'art. 1910). Occorre notare che l'affermazione di
principio costituisce un mero obiter, poiché nel caso esaminato
nella polizza era inserita una clausola di deroga all'art. 1910.
A sua volta la sentenza 8826/99 (id., Rep. 2000, voce cit., n.
105), dopo aver richiamato il precedente ora menzionato ed aver
dato atto dell'esistenza, in dottrina, della tesi contraria, secondo
cui il principio indennitario, e quindi il limite del risarcimento posto dall'art. 1905, non trova applicazione nell'assicurazione
privata contro gli infortuni, ove si ha invece la determinazione
convenzionale del danno alla persona, onde si sostiene che l'as
sicurato, a propria discrezione, potrebbe scegliere la misura del
l'indennità da ricevere in caso di infortunio, ha poi rilevato che
sul detto contrasto non era necessario soffermarsi, poiché nella
polizza era stata espressamente prevista l'operatività dell'art.
1910. 12. - In conclusione, il denunciato contrasto risulta meno
netto di quanto può apparire ad un superficiale esame della giu
risprudenza di questa Suprema corte.
In realtà, l'esame della motivazione delle singole pronunce consente di rilevare che, più che stabilire, in via di principio, per assimilazione teorica, l'inquadramento dell'assicurazione con
tro gli infortuni nell'ambito di uno dei due tipi di assicurazione
legislativamente disciplinati, con conseguente integrale applica zione delle rispettive discipline, la Suprema corte si è di volta in
volta impegnata a valutare se, in relazione alla fattispecie in
esame, fosse o meno adattabile all'assicurazione contro gli in
fortuni, priva di organica disciplina, una determinata norma, dettata per l'assicurazione sulla vita ovvero per l'assicurazione
contro i danni.
Ed è significativo che gran parte delle decisioni che hanno
ritenuto applicabili all'assicurazione contro le disgrazie acci
dentali norme proprie dell'assicurazione sulla vita sono state
emesse in riferimento a fattispecie di infortunio mortale, ravvi
sandosi una notevole analogia tra tale ipotesi (nella quale non
coincidono la persona dell'assicurato e quella del beneficiario) e
quella dell'assicurazione sulla vita (che egualmente una simile
coincidenza mai presenta). 13. - Una volta chiarito che nella giurisprudenza di questa
Suprema corte non si rinviene una contrapposizione tra indirizzi
che affermano, da un lato, l'integrale applicazione all'assicura
zione contro gli infortuni delle norme sull'assicurazione sulla
vita, e, da altro lato, la completa soggezione alla disciplina del
l'assicurazione contro i danni, ma piuttosto un'analitica ricerca,
ad opera delle singole decisioni, della compatibilità con l'assi
curazione contro gli infortuni di norme proprie di entrambi i tipi
legalmente disciplinati, giova tuttavia precisare che un'even
tuale piena assimilazione dell'assicurazione contro gli infortuni
all'assicurazione sulla vita ovvero all'assicurazione contro i
danni sarebbe in contrasto con la nozione di assicurazione det
tata dall'art. 1882, secondo cui: «l'assicurazione è il contratto
Il Foro Italiano — 2002.
col quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si ob
bliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno
ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o
una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana».
La definizione normativa, che si ricollega alla tradizionale bi
partizione delle assicurazioni, poiché nella prima parte si riferi
sce all'assicurazione contro i danni e nella seconda all'assicura
zione sulla vita, consente di affermare che la prima, in quanto considera il danno prodotto all'assicurato («ad esso prodotto»), senza ulteriori precisazioni, non è solo assicurazione di cose o
di patrimoni, ma è suscettiva di ricomprendere anche i danni
subiti dalle persone dell'assicurato per effetto di infortunio, così
caratterizzandosi (anche) come assicurazione di persone, e, per altro verso, che l'assicurazione sulla vita non esaurisce l'ambito
delle assicurazioni di persone, inglobando anche l'assicurazione
contro gli infortuni, poiché la disgrazia accidentale (non pro duttiva di morte) non costituisce evento attinente alla vita uma
na, tale essendo solo la morte, bensì evento attinente alla perso na.
14. - La questione dell'applicabilità o meno della disciplina dettata dall'art. 1919 all'assicurazione contro gli infortuni va
quindi esaminata muovendo dalla valutazione della compatibi lità e coerenza con tale assicurazione della menzionata discipli na, della quale vanno indagate le ragioni giustificatrici.
15. - La separata stipulazione di più assicurazioni per il me
desimo rischio presso diversi assicuratori è considerata con sfa
vore dal codice vigente (come del resto già dal codice abrogato
negli art. 426 e 427), in quanto può essere dettata dall'intento
dell'assicurato di ottenere una pluralità di indennizzi per il me
desimo danno. Intento la cui realizzazione, oltre a costituire in
centivo alla provocazione dolosa del sinistro da parte dell'assi
curato nella prospettiva di rivolgersi a tutti gli assicuratori, igna ri della pluralità di contratti, verrebbe a contrastare con il prin
cipio indennitario posto dall'art. 1505 («l'assicuratore è tenuto a
risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno
sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro»), trasfor
mando il contratto di assicurazione in fonte di lucro, con inde
bito arricchimento dell'assicurato, e con conseguenze pregiudi zievoli per le imprese di assicurazione e, di riflesso, per l'eco
nomia nazionale.
Per prevenire tale distorsione dell'assicurazione, l'art. 1910, 1° comma, impone all'assicurato di dare avviso di tutte le assi
curazioni a ciascun assicuratore, così consentendo a tutti gli as
sicuratori, grazie all'informazione, di accettare di concludere il
contratto solo con previsione di un indennizzo proporzional mente limitato, ovvero, dopo aver valutato il rischio nel termine
entro il quale il contraente deve tenere ferma la sua proposta (art. 1887), di decidere di non accettarla, ed inoltre, una volta
instaurato il rapporto, di svolgere, all'atto della denuncia del si
nistro, un più accurato controllo sulle sue modalità, onde preve nire la realizzazione di eventuali intenti fraudolenti.
A sua volta, il 2° comma sanziona rigorosamente l'omissione,
prevedendo che, qualora sia dolosa, gli assicuratori non sono te
nuti a pagare l'indennità.
Essendo la normativa in esame espressione del principio in
dennitario (art. 1905), che caratterizza l'assicurazione contro i
danni, stabilire se l'art. 1910 (quantomeno nei due commi sopra
menzionati) sia applicabile all'assicurazione contro gli infortuni
impone di accertare se tale tipo di assicurazione abbia o meno
natura indennitaria.
16. - La risposta positiva al quesito discende dalle considera
zioni di seguito esposte. 16.1. - In primo luogo, va rilevato che l'art. 1916, 4° comma,
prevede espressamente che le disposizioni dettate dal medesimo
articolo, concernenti il diritto di surrogazione dell'assicuratore,
«si applicano anche alle assicurazioni contro le disgrazie acci
dentali».
Ora, poiché il diritto di surrogazione dell'assicuratore, in
quanto mira ad impedire il cumulo nello stesso soggetto del di
ritto al risarcimento verso il terzo responsabile e del diritto al
l'indennizzo verso l'assicuratore, costituisce sicura applicazione del principio indennitario, l'esplicita estensione della relativa
disciplina all'assicurazione contro gli infortuni consente di af
fermare che anche questo tipo di assicurazione si caratterizza
per la funzione indennitaria.
16.2. - Va altresì considerato che l'infortunio è sicuramente
evento produttivo di danno per l'assicurato: danno patrimoniale,
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2047 PARTE PRIMA 2048
qualora incida sulla capacità di lavoro del soggetto leso, da va
lutarsi in relazione al grado dell'inabilità o invalidità, alla natu
ra dell'attività svolta dall'assicurato ed al suo reddito; ovvero,
qualora l'infortunio venga in considerazione come rischio del
l'assicurato indipendentemente dalla sua capacità di lavoro e di
guadagno, danno non patrimoniale, ma pur sempre patrimo nialmente valutabile, come attesta l'elaborazione giurispruden ziale in tema di valutazione, mediante apposite tabelle, del dan
no biologico. L'infortunio, in quanto evento dannoso da indennizzare, ben
può quindi essere ricondotto nell'ambito di applicazione del
principio indennitario. A ciò non osta la circostanza che, nell'assicurazione contro
gli infortuni, la misura dell'indennizzo è predeterminata nella
polizza, atteso che, anche in materia dell'assicurazione contro i
danni, in relazione alla quale il principio indennitario è espres samente sancito, è prevista tale eventualità, mediante la c.d. po lizza stimata (art. 1908).
Né la sottrazione al principio indennitario può essere giustifi cata affermando che colui che contrae un'assicurazione contro
gli infortuni, sarebbe libero, a sua discrezione, di stabilire l'im
porto dell'indennizzo, svincolando da ogni obiettivo riferimento
alle conseguenze dannose dalla lesione. Come già rilevato, il
pregiudizio determinato dalla perdita o dalla riduzione, a causa
di infortunio, della capacità di produrre reddito (danno patrimo niale), ovvero dal peggioramento della qualità della vita di una
persona (danno biologico in senso lato), ben può essere valutato
e monetariamente quantificato in riferimento alla specifica si
tuazione dell'assicurato, con conseguente contenimento della
pretesa assoluta discrezionalità dell'assicurato. Si tratta di una
valutazione del rischio indubbiamente più difficoltosa di quella concernente l'apprezzamento del valore di una cosa, ma pur
sempre possibile anche in relazione al pregiudizio che un in
fortunio può determinare, nel patrimonio o nella persona, al
soggetto che stipula un'assicurazione contro tale rischio. Valu
tabilità che rende percepibile la manifesta sproporzione tra in
dennizzo preteso dall'assicurando e presumibili conseguenze dell'infortunio, e che consente quindi all'assicuratore di eserci
tare la sua facoltà di non accettare la proposta, che controparte deve tener ferma per quindici giorni ex art. 1887, proprio per dar modo all'assicuratore di valutare il rischio.
17. - In conclusione, il contrasto va composto affermando
che: «all'assicurazione contro le disgrazie accidentali (non
mortali), in quanto partecipe della funzione indennitaria propria dell'assicurazione contro i danni, va estesa l'applicazione del
l'art. 1910, trattandosi di norme dettate a tutela del principio in
dennitario, per evitare che, mediante la stipulazione di più assi curazioni per il medesimo rischio, l'assicurato, ottenendo l'in
dennizzo da più assicuratori, persegua fini di lucro conseguendo un indebito arricchimento».
E opportuno precisare che la disposizione sarà pienamente applicabile nei primi due commi. Quanto al 2° ed al 3°, concer nenti rispettivamente l'obbligazione solidale degli assicuratori
per l'indennizzo, nei limiti dell'ammontare del danno, ed il re
gresso dell'assicuratore che ha pagato nei confronti degli altri
per la ripartizione proporzionale dei debito, la peculiarità del l'assicurazione contro gli infortuni, che è assicurazione di per sone e non di cose, con le conseguenti difficoltà di rapportare la misura dell'indennizzo ad un danno di consistenza obiettiva mente accertabile, se non osta radicalmente alla loro applicazio ne, la rende indubbiamente difficoltosa nella pratica.
18. - Quanto detto finora ben si attaglia all'assicurazione
contro le disgrazie accidentali non mortali, nella quale vi è co incidenza tra l'assicurato, titolare dell'interesse garantito e be
neficiario dell'indennizzo per inabilità o invalidità, e la persona sulla quale fisicamente incide l'infortunio (coincidenza che si verifica sia nel caso di assicurazione contro i propri infortuni, sia nel caso di assicurazione contro gli infortuni di terzi stipu lata nell'interesse dei medesimi).
A diverse conclusioni deve invece pervenirsi in relazione al l'assicurazione contro gli infortuni ove sia prevista la corre
sponsione dell'indennizzo nel caso di infortunio mortale. E ciò
per le ragioni che seguono. 18.1. - Nella detta ipotesi, viene in considerazione un rischio
che è tipico dell'assicurazione sulla vita: il rischio assicurato, ancorché collegato ad una specifica causa (l'infortunio), è in
fatti pur sempre costituito dalla morte, e cioè da un evento atti
II Foro Italiano — 2002.
nente alla vita umana, e non alla persona, come l'infortunio in
validante.
Inoltre, beneficiario dell'indennizzo non è l'assicurato, sul
quale incide l'evento morte, ma un terzo, come nell'assicura
zione sulla vita.
Lo schema è, con tutta evidenza, del tutto simile a quello del
l'assicurazione sulla vita, ed è quindi dalla disciplina dettata per
questo tipo di assicurazione che dovranno essere prevalente mente desunte, in relazione alle singole fattispecie, le norme
applicabili (in tal senso hanno appunto statuito le sentenze che
hanno ritenuto applicabili gli art. 1919, 2° comma, e 1929). Risulteranno invece incompatibili altre norme, dettate in ma
teria di assicurazione contro i danni, non tanto per ragioni di in
quadramento, ma per intrinseca inettitudine (come, ad esempio,
quelle sull'obbligo di avviso di cui agli art. 1913 e 1915, non essendone ipotizzabile l'adempimento da parte del soggetto de
ceduto per infortunio mortale). 18.2. - La diversità di disciplina dell'ipotesi in esame, nella
quale viene in evidenza un infortunio con conseguenze mortali,
rispetto a quella precedentemente esaminata concernente gli in
fortuni non mortali, emerge con chiarezza ove si ponga mente
all'art. 1916, che prevede il diritto di surrogazione dell'assicu
ratore.
Si tratta, come già ricordato, di norma che, nel 4° comma,
prevede l'estensione del diritto anche alle assicurazioni contro
le disgrazie accidentali, ma che può trovare applicazione solo in
relazione all'assicurazione contro infortuni invalidanti che col
piscano lo stesso assicurato, e non anche in relazione all'ipotesi dell'infortunio mortale, poiché in quest'ultimo caso, essendo
beneficiario del diritto di surrogazione, costituito dal cumulo in
unico soggetto di diritti derivanti da titoli diversi, e cioè del cu
mulo del diritto al risarcimento verso i terzi responsabili e del
diritto all'indennizzo verso l'assicuratore.
In proposito, alcune decisioni di questa Suprema corte hanno
ritenuto egualmente operante il diritto di surrogazione dell'assi
curatore nell'ipotesi in cui il terzo beneficiario, quale prossimo
congiunto dell'assicurato, sia anche titolare del diritto al risar
cimento dei danni contro il terzo responsabile dell'infortunio
mortale, sussistendo anche in tale caso un cumulo di diritti in
capo ad unico soggetto, pur riconoscendosi che in tale eventua
lità l'assicuratore non si surroga in un diritto dell'assicurato
verso il terzo responsabile, poiché il diritto all'indennità ed al
risarcimento spettando al terzo beneficiario iure proprio, e non
gli derivano dal patrimonio dell'assicurato (sentenza 2336/66,
cit.; 1175/74, cit.). Ora, anche aderendo al cennato indirizzo (non condiviso dalla
dottrina), l'inapplicabilità della surrogazione, nel caso di infor tunio mortale, resta comunque ferma, qualora non ricorra la
suindicata ipotesi di coincidenza di titolarità di diritti. E tanto basta a sorreggere l'affermata diversificazione della disciplina (anche in riferimento ad una singola disposizione) dell'assicura zione contro gli infortuni secondo il tipo di evento, invalidante o
mortale, coperto dalla polizza. 18.3. - La ravvisata diversificazione sussiste anche in punto
di applicabilità della disciplina dettata dall'art. 1910.
18.3.1. - Va anzitutto rilevato che sembra da escludere la con
figurabilità di un danno patrimoniale da morte nei riguardi del
l'assicurato, per il significativo rilievo che la morte determina il venir meno del soggetto che potrebbe farlo valere (v., in riferi mento al tema del c.d. danno biologico da morte, sentenza
1704/97, id., Rep. 1997, voce Danni civili, n. 180). D'altra parte, occorre considerare che neppure per il terzo be
neficiario la morte dell'assicurato si risolve necessariamente in un danno: non vi sarà danno, ad esempio, nel caso di terzo bene
ficiario non destinatario di contributi economici da parte del
l'assicurato in vita.
Per l'assicurazione contro l'infortunio mortale risulta quindi assai dubbia la vigenza del principio indennitario, analogamente a quanto si sostiene, sia pur non senza contrasti, per l'assicura zione sulla vita. E ciò costituisce ostacolo all'applicabilità del l'art. 1910, che del detto principio costituisce espressione.
18.3.2. - Deve inoltre considerarsi che viene meno, in rela zione all'evento morte, una delle ragioni sulle quali si fonda la
disciplina dettata dall'art. 1910, e cioè l'incentivo alla provoca zione volontaria del sinistro anche mediante forme di autolesio nismo.
Una cosa è procurarsi volontariamente una lesione, altra è
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
darsi la morte. Il naturale istinto di conservazione sembra co
stituire sufficiente remora agli intenti fraudolenti che l'art. 1910
mira a prevenire. E, d'altra parte, nel caso di assicurazioni plurime che inclu
dano tra i rischi anche l'infortunio mortale, qualora il contraente
giunga a porre fine volontariamente alla sua vita, ed il benefi
ciario richieda a tutti l'indennizzo, ciascun assicuratore avrà
adeguata tutela nell'art. 1900, compreso tra le disposizioni ge nerali in materia di assicurazione, secondo il quale l'assicurato
re non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo dell'assicurato.
Tutti gli assicuratori saranno invece obbligati a corrispondere al beneficiario l'indennità stabilita nella polizza nel caso in cui la morte del pluriassicurato consegua ad infortunio involontario, anche se della pluralità di assicurazioni, sopportando l'onere dei
relativi premi, l'assicurato non abbia dato avviso.
19. - In conclusione, occorre apportare una limitazione al
principio enunciato nel par. 17, affermando che: «deve ritenersi
inapplicabile all'ipotesi di assicurazione contro gli infortuni mortali la disciplina dettata dall'art. 1910».
20. - Nella pratica corrente, le polizze di assicurazione contro
gli infortuni non si limitano a coprire l'ipotesi dell'infortunio inabilitante o invalidante, ma anche quella dell'infortunio mor
tale.
Le differenziazioni di disciplina sopra menzionate sono quin di destinate ad operare nell'ambito di un medesimo contratto.
Una peculiarità del contratto di assicurazione privata contro
gli infortuni è infatti proprio quella dell'essere tale contratto ca
ratterizzato dalla complessità del rischio coperto, in quanto
comprensivo sia del rischio di infortunio produttivo d'inabilità
temporanea o invalidità permanente, sia del rischio di infortunio
mortale.
La duplicità del rischio implica diversificazione di disciplina del contratto, che deve quindi ritenersi soggetto ad una discipli na di tipo misto: da ricavare prevalentemente dalla disciplina dettata per l'assicurazione contro i danni, nel caso in cui il par ticolare aspetto del rapporto del quale deve essere individuata la
disciplina si ricolleghi alla deduzione di un infortunio che abbia determinato inabilità o invalidità, ovvero prevalentemente dalla
disciplina dettata per l'assicurazione sulla vita, nel caso in cui
venga in considerazione un infortunio mortale.
21. - Nella controversia oggetto di ricorso l'indennizzo è
stato richiesto in relazione ad un infortunio invalidante ed è
stato rifiutato dagli assicuratori ai sensi dell'art. 1919, 1° e 2°
comma.
Consegue che, dovendosi, per le suesposte ragioni, ritenere
applicabile all'assicurazione contro gli infortuni (salvo il caso in
cui sia dedotto un infortunio mortale) l'art. 1910, l'impugnata
sentenza, che ha deciso in conformità, accogliendo le difese de
gli assicuratori, risulta corretta.
Anche il primo profilo di censura risulta quindi infondato ed
il ricorso va rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 3 aprile
2002, n. 4769; Pres. Spadone, Est. Del Core, P.M. Uccella
(conci, diff.); Soc. La Bazzanella agricola (Avv. Irti, Mari
conda) c. Furfaro (Avv. Micera, Bianco) e altro. Cassa App. Milano 30 aprile 1999.
Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione
d'urgenza —
Ragioni militari — Irragionevole protrazio
ne — Realizzazione dell'opera pubblica —
Occupazione
appropriativa — Configurabilità (L. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 76).
Procedimento civile — Regime normativo previgente
—
Giudizio di primo grado — Nuova domanda — Divieto di
proposizione — Rilevabilità di ufficio — Limiti (Cod. proc. civ., art. 184).
La realizzazione dell 'opera pubblica sul suolo privato determi
na, nell'irragionevole protrarsi dell'occupazione d'urgenza
Il Foro Italiano — 2002.
per esigenze militari, il passaggio del bene al demanio neces
sario per il fenomeno dell 'occupazione appropriativa. ( 1 ) La violazione del divieto di introdurre una domanda nuova nel
corso del giudìzio di primo grado, rilevabile dal giudice an
che d'ufficio, non è sanzionabile in presenza di accettazione
esplicita del contraddittorio o di comportamento implicante accettazione, che non può ravvisarsi nel mero silenzio o nel
difetto di reazione (nella specie —
verificatasi prima della
entrata in vigore della l. 353/90 — è stato escluso che inte
grasse accettazione del contraddittorio il silenzio della parte a fronte di domanda nuova proposta in sede di precisazione delle conclusioni). (2)
Motivi della decisione. — Col primo motivo la ricorrente, de
nunziando violazione e falsa applicazione degli art. 822, 1°
comma, e 823 c.c., censura la sentenza per avere la corte mila
nese escluso che gli immobili erano stati acquisiti al demanio
dello Stato sol perché il terreno non venne espropriato. Al con
trario, la costruzione da parte del genio militare nei predetti immobili di due fabbricati (Batterie Dicat) destinati alla difesa militare (protezione antiaerea) era valsa a trasformare la porzio ne del suolo in un bene suscettivo di utilizzazione nell'interesse
pubblico e a determinarne l'acquisizione al demanio necessario,
per il c.d. fenomeno dell'accessione invertita, e di conseguenza l'insuscettibilità ad essere oggetto di usucapione.
Con il secondo motivo, la ricorrente, denunciata l'omessa o
insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia,
(1) Conf. Cass. 24 novembre 1983, n. 7027, Foro it., 1984, I, 445, e, in seguito, Cass. 7 marzo 1991, n. 2427, id.. Rep. 1993, voce Espro priazione perp.i., n. 368; 20 ottobre 1994, n. 8554, id.. Rep. 1995, vo ce cit., n. 214; 20 ottobre 1994, n. 8567, id., Rep. 1994, voce cit., n.
204; 28 marzo 1995, n. 3612, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 197; 21 aprile 1997, n. 3406, id., Rep. 1997, voce cit., n. 286; 12 settembre 1998, n.
9094, id., Rep. 1999, voce cit., n. 462: pur se non soggetta a termine di
scadenza, l'occupazione militare d'urgenza va considerata legittima fi
no a che siano presenti le ragioni pubblicistiche per le quali è stata di
sposta, e collegandosi a situazioni di carattere temporaneo, non può protrarsi indefinitamente (con sostanziale soppressione del diritto di
proprietà senza indennizzo). La scadenza «naturale» è rappresentata dalla irragionevolezza del perdurare dell'apprensione del bene del pri vato dopo il venir meno degli specifici scopi perseguiti dall'autorità
militare; il verificarsi di tale scadenza, peraltro, non può essere riscon trato sulla base di un sindacato delle valutazioni discrezionali effettuate da detta autorità in ordine alla consistenza e durata di quegli scopi, e,
quindi, va escluso quando il provvedimento d'espropriazione soprag
giunga entro il termine assegnato dal ministero della difesa (con la di
chiarazione di pubblica utilità) per il compimento dell'opera militare e
dell'espropriazione medesima (con la consequenziale non configurabi lità di «accessione invertita», ove l'opera stessa sia stata nel frattempo realizzata).
La fattispecie oggetto della pronuncia riguardava «fabbricati per la
protezione antiaerea», realizzati dall'amministrazione militare, con pre sumibile trasformazione del fondo; nell'ipotesi, viceversa, in cui opere permanenti di protezione antiaerea che, già esistenti all'epoca dell'e
mergenza bellica, abbiano subito semplici modificazioni e aggiunte idonee a destinarle alla loro funzione di protezione, senza alterazione delle caratteristiche essenziali dell'immobile (nella specie: galleria), non si è ritenuta, in mancanza di rituale espropriazione, l'appartenenza al demanio (Trib. Firenze 1° dicembre 1999, id., 2000, 1, 1732, con nota di richiami). Ove l'irragionevole prolungamento dell'occupazione non sia assistito da radicali trasformazioni, e si presumano cessate le
contingenti necessità militari, si è ritenuto che il proprietario possa agi re per il rilascio, provocando un provvedimento dell'amministrazione che constati il venir meno delle condizioni legittimanti l'occupazione, od un riconoscimento tacito in tal senso, derivante da inequivoco com
portamento, ovvero insorgendo attraverso l'illegittimo diniego (Cass. 29 marzo 1977, n. 1213, id., Rep. 1977, voce cit., n. 225): procedura che in qualche modo anticipa la disciplina destinata ad entrare in vigore dal 1° luglio 2002, come da art. 43 d.leg. 8 giugno 2001 n. 327, che ab
bandonando l'istituto, di creazione giurisprudenziale, dell'occupazione
appropriativa, fa dipendere da una scelta dell'amministrazione, manife
stata anche nel giudizio di restituzione, l'acquisire il bene privato og
getto di abusiva utilizzazione.
(2) Conf. Cass. 22 maggio 1996, n. 4712, Foro it., 1998, I, 2975, con
nota di Cariglia, e, in seguito, Cass. 2 maggio 1997, n. 3813, id.. Rep. 1997, voce Procedimento civile, n. 226; 8 aprile 1998, n. 3635, id.,
Rep. 1998, voce cit., n. 278; 16 novembre 1998, n. 11508, ibid., n. 274; 10 marzo 2000, n. 2805, id., Rep. 2000, voce cit., n. 247; 15 maggio 2000, n. 6238, ibid., n. 246; 5 marzo 2001, n. 3159, id., Mass., 251; 9
gennaio 2002, n. 192, id., Mass., 18.
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