sezioni unite civili; sentenza 10 gennaio 2003, n. 261; Pres. Carbone, Est. Marziale, P.M. Pivetti(concl. conf.); Madane s.a. (Avv. Selicato, Cesqui) c. Soc. Ditta f.lli Lombardi (Avv. Macrì,Berruti). Conferma App. Milano 24 marzo 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 4 (APRILE 2004), pp. 1245/1246-1247/1248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199167 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
previsto dal citato art. 2, 3° comma, della convenzione di New
York, il quale prevede che il giudice adito rimetta le parti di
nanzi agli arbitri solo su espressa domanda di una delle parti, non essendo sufficiente una generica contestazione della com
petenza del giudice adito. Tale è l'interpretazione accolta dai
più autorevoli commentatori della convenzione, la quale trova
fondamento anche sul testo inglese (una delle cinque versioni
ufficiali, ai sensi dell'art. 16), il quale recita: «The court...
shall, at the request of one of the parties, refer the parties to ar
bitration ...».
È la stessa norma della convenzione, quindi, ad attribuire a
qualunque giudice adito — sulla base della domanda di una
parte che invoca l'esistenza di una clausola arbitrale — il pote re-dovere di verificare la validità, operatività e applicabilità di tale clausola e, ad esito favorevole di tale verifica, di rimettere
le parti dinanzi agli arbitri. Nel caso di specie, pertanto, tale verifica dovrà essere com
piuta dal Tribunale di Brescia il quale, ove non ritenga valida,
operante e applicabile la clausola arbitrale, dovrà risolvere la
questione di giurisdizione prospettata dalla società inglese con
riferimento all'art. 2 della convenzione di Bruxelles del 27 set
tembre 1968.
Potrebbe apparire singolare il fatto che l'esame sulla validità,
operatività e applicabilità della clausola arbitrale, pur apparte nendo al merito della controversia, debba essere effettuato in via
preliminare rispetto alla verifica della giurisdizione. Ma, come
emerge dalle precedenti considerazioni, è la norma convenzio
nale che impone tale ordine di esame delle questioni, prescri vendo che sia il giudice adito a verificare, in via assolutamente
preliminare, l'esistenza della competenza degli arbitri, e la
sciando all'ordinamento dello Stato firmatario libertà di sceglie re il meccanismo processuale attraverso il quale il giudice ri
mette le parti all'arbitrato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 10 gennaio 2003, n. 261; Pres. Carbone, Est. Marziale, P.M.
Pivetti (conci, conf.); Madane s.a. (Avv. Selicato, Cesqui) c. Soc. Ditta f.lli Lombardi (Avv. Macrì, Berruti). Conferma
App. Milano 24 marzo 2000.
Giurisdizione civile — Società in amministrazione straordi naria — Revocatoria fallimentare — Soggetto straniero —
Applicabilità dell'art. 4 c.p.c. abrogato — Giurisdizione italiana (Cod. proc. civ., art. 4; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, di
sciplina del fallimento, art. 67, 203; d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in crisi, art. 6; 1. 3 aprile 1979 n. 95, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, art. unico).
In relazione ad azione revocatoria fallimentare proposta dal
commissario di società in amministrazione straordinaria nei
confronti di società straniera prima della entrata in vigore della riforma del diritto internazionale privato, sussiste la
giurisdizione del giudice italiano dovendo trovare applica zione il criterio di collegamento di cui all'art. 4 c.p.c. (ora
abrogato) in quanto l'azione revocatoria ha natura di azione
di cognizione e non di azione esecutiva. (1)
(1) Con riferimento ad una controversia per la quale, per ragioni
temporali, non era invocabile la 1. 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del
sistema italiano di diritto internazionale privato, i giudici di legittimità si limitano ad affermare la giurisdizione del giudice italiano ritenendo
applicabile il criterio di collegamento di cui all'abrogato art. 4 c.p.c. sul
presupposto della natura cognitoria dell'azione revocatoria fallimenta
re, pur se richiamano alcuni precedenti (Cass. 14 febbraio 1995, n.
1572, Foro it., 1995, I. 3627; 19 dicembre 1990, n. 12031, id., 1991,1,
Il Foro Italiano — 2004.
Svolgimento del processo. — 1. - Con atto notificato nei gior
ni 16, 17, 21 e 23 marzo 1995, la società Ditta f.lli Lombardi
s.p.a. (d'ora innanzi, società Lombardi), in amministrazione
straordinaria dal 23 gennaio 1992 dopo essere stata dichiarata
fallita, dal Tribunale di Brescia il 18 giugno 1991, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, le signore Clara Sca rampella, Angiola Poli e Olimpia Lombardi, nonché le società
Turinvest s.r.l., Itaca 91 s.r.l. (già Blue Jay) e la società Madane
s.a., con sede in Svizzera, esponendo: — che le signore Scarampella, Poli e Lombardi nel periodo in
cui avevano ricoperto (dal 1986 alla data della dichiarazione di
fallimento) la carica di amministratore della società Lombardi si
erano rese responsabili della distrazione, a vantaggio proprio e
di terzi, di beni e di somme di denaro di rilevante entità; — che, per tale motivo, era stato aperto nei loro confronti un
procedimento penale innanzi al Tribunale di Brescia per i reati
di bancarotta fraudolenta aggravata e di falsità in comunicazioni
sociali, nel quale essa ricorrente si era costituita parte civile con
atto del 24 novembre 1994, al fine di ottenere il risarcimento dei
danni ai sensi dell'art. 185 c.p.; — che, nel corso del 1990, la Scarampella risultava aver ce
duto le proprie azioni, rappresentati ve del venticinque per cento
del capitale della Immobiliare Pegaso 54 s.p.a., alla Turinvest
s.r.l., che li aveva a sua volta ceduti alla società Madane s.a.; — che, nello stesso periodo, anche la Lombardi e la Poli ri
sultavano aver ceduto, rispettivamente alla Turinvest s.r.l. e alla
Blue Jay s.r.l. (successivamente Itaca 91 s.r.l.) le proprie parte
cipazioni azionarie (di analoga consistenza) al capitale della
Immobiliare Pegaso 54; — che la Turinvest risultava aver ceduto alla Madane s.a. an
che le azioni ricevute dalla Lombardi; — che tali atti erano solo apparenti e, se realmente voluti, sa
rebbero stati preordinati al fine di pregiudicare le ragioni dei
creditori.
Tanto premesso, la società attrice chiedeva che sia le cessioni
poste in essere dalle amministratrici che quella compiuta dalla
1482; 23 febbraio 1990, n. 1396, id., 1992,1, 3377) nei quali l'afferma
zione della giurisdizione italiana era fondata sulla natura restitutoria
dell'azione; in verità il precedente più vicino e più omogeneo vista l'i
dentità della procedura concorsuale di amministrazione straordinaria, è
rappresentato da Cass., sez. un., 26 giugno 2001, n. 8745, id., 2002,1, 1867. Viceversa, per l'applicazione dell'art. 3 1. 218/95 in ordine a controversia successiva all'entrata in vigore della riforma del diritto
internazionale privato, Cass., sez. un., ord. 13 dicembre 2002, n. 17912,
id.. Rep. 2002, voce Giurisdizione civile, n. 71. Il tema merita di essere
oggi affrontato anche alla luce del regolamento Ce 1346/2000 del 20
maggio 2000 (sul quale cfr. De Cesari, Diritto internazionale privato e
processuale comunitario, Torino, 2003, 133; Punzi, Le procedure d'in
solvenza transfrontaliere nell'Unione europea, in Riv. dir. proc., 2003,
997; Bonfante, Le procedure concorsuali internazionali tra il regola mento 1346/2000 e la disciplina italiana di diritto internazionale pri vato, in Dir. comm. internaz-, 2003, 408; Scipione, Procedure concor
suali di insolvenza nella disciplina comunitaria e prospettive di rifor ma, in La «riforma urgente» del diritto fallimentare e le banche a cura
di S. Bonfatti e G. Falcone, Milano, 2003, 277; Di Amato, Le proce dure di insolvenza nell'Unione europea: competenza, legge applicabile ed efficacia transfrontaliera, in Fallimento, 2002, 693; M. Ferro, L'i
struttoria prefallimentare, Torino, 2001, 248; Fumagalli, Il regola mento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Riv. dir. proc., 2001, 708; De Santis, La normativa comunitaria relativa alle procedu re di insolvenza transfrontaliere e il diritto processuale interno: dialo
ghi tra i formanti, in Dir. fallim., 2004, I, 2; Cavalaglio, Spunti in te
ma di regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza e di ri
forma urgente della legge fallimentare, in Fallimento, 2003, 237; Da
niele, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunita
rio relativo alle procedure di insolvenza, in Riv. dir. internaz. privato e
proc., 2002, 36; Vitalone, Il regolamento n. 1346 del 2000 del consi
glio delle Comunità europee relativo alle procedure di insolvenza, in
Giusi, civ., 2002, II, 320; Olivieri, Il regolamento comunitario sulle
procedure di insolvenza, in <www.judicium.it>; Battaglia, Brevi note
sul regolamento comunitario relativo alle procedure di insolvenza, in
Dir. fallim., 2002,1, 23; Caponi, Il regolamento comunitario sulle pro cedure di insolvenza, in Foro it., 2002, V, 220; V. Proto, Regolamento Ue sulle procedure di insolvenza: un 'opportunità per il legislatore ita
liano, in Fallimento, 2000, 709; De Cristofaro, Nuovo coordinamento
delle giurisdizioni in Europa, in Int'l Lis, 2002, fase. 2, 89); per riferi
menti specifici, v. M. Fabiani, La comunitarizzazione della revocatoria
transnazionale come tentativo di abbandono di criteri di collegamento
fondati sull'approccio dogmatico, in Fallimento, 2004, 376.
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1247 PARTE PRIMA
società Turinvest in favore della Madane fossero dichiarate
nulle per simulazione assoluta o, quanto meno, inefficaci perché in frode ai creditori.
La società Itaca 91 rimaneva contumace.
1.1. - La società Madane eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell'art. 4 c.p.c. e, unitamente agli altri convenuti, l'incompetenza del Tribunale di Milano, sul ri
lievo che funzionalmente competente era il Tribunale di Bre
scia, che aveva accertato lo stato d'insolvenza, nonché il difetto
di legittimazione dell'attrice, essendo la sua qualità di creditore
oggetto di accertamento in un separato giudizio. Il tribunale, con sentenza del 29 maggio 1997 —
premesso che la giurisdizione doveva essere accertata sulla base dei criteri
dettati dall'art. 4 c.p.c., da ritenersi applicabile, anche se abro
gato dall'art. 73 1. 31 maggio 1995 n. 218, in considerazione di
quanto disposto dall'art. 72, 1° comma, stessa legge — dichia
rava il difetto di giurisdizione del giudice italiano, dopo aver rilevato la propria incompetenza funzionale a pronunciarsi sulle
domande proposte, osservando: — che competente doveva essere riconosciuto il Tribunale di
Brescia, che aveva dichiarato il fallimento della società Lom
bardi, successivamente assoggettata ad amministrazione straor
dinaria; — che, conseguentemente, non era possibile individuare, in
quella sede, nessuno dei criteri di collegamento stabiliti dal ci
tato art. 4 c.p.c., neppure quello contemplato dal n. 3 di detta di
sposizione, in quanto l'accertata incompetenza escludeva che
potesse essere ritenuto sussistente, tra le varie domande propo ste, quel rapporto di «connessione», considerato dalla legge ne cessario ai fini del riconoscimento della giurisdizione del giudi ce italiano.
1.2. - La sentenza era riformata dalla Corte d'appello di Mi
lano, sul rilievo che la domanda avanzata nei confronti della Madane s.a. era certamente «connessa» alle altre proposte dalla società Lombardi e che l'eccepita incompetenza (territoriale) del tribunale adito non valeva ad escludere la rilevanza di tale situazione ai fini del riconoscimento della giurisdizione del giu dice italiano, attesa la pregiudizialità dell'accertamento di tale
presupposto processuale rispetto a quello della competenza. 1.3. - La società Madane chiede la cassazione di tale sentenza
con due motivi di ricorso illustrati con memoria. La società in timata resiste.
Motivi della decisione. — 2. - Con i due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perché strettamente connessi, la ri corrente — denunziando violazione e falsa applicazione degli art. 1, 4, 5 e 37, 2° comma, c.p.c. in relazione all'art. 73 1. 31
maggio 1995 n. 218, nonché vizio di motivazione — censura la sentenza impugnata per aver dichiarato la giurisdizione del giu dice italiano in ordine alle domande proposte dalla società Lom bardi in amministrazione straordinaria nei confronti della Ma dane s.a. con motivazione contraddittoria e senza considerare:
a) che la questione di giurisdizione non può essere e non è mai avulsa e del tutto indipendente dalle altre questioni inerenti alla trattazione del processo e, in particolare, da quella sulla
competenza; b) che, in detta ipotesi, il giudice che si riconosca incompe
tente non può pronunciarsi sulla propria giurisdizione; c) che il criterio di collegamento fondato sulla «connessione»,
contemplato dal previgente art. 4, n. 3, c.p.c., ritenuto applica bile dalla corte territoriale in considerazione di quanto disposto dall'art. 72, 1° comma, 1. 31 maggio 1995 n. 218, non può esse re invocato rispetto alle domande che, come quelle revocatone e di simulazione, siano dirette alla ricostituzione del patrimonio dell'impresa assoggettata a fallimento o (come quella di ammi nistrazione straordinaria) ad altra procedura concorsuale di tipo liquidativo, trattandosi di domande dirette a consentire l'assog gettamento del bene all'esecuzione concorsuale e, come tali, ca ratterizzate da una finalità sostanzialmente esecutiva.
3. - La motivazione dovrebbe essere ritenuta contraddittoria — e quindi viziata ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c.
— sotto un
duplice profilo. E, precisamente, perché la corte: — affermando la sussistenza del criterio di collegamento tra
la domanda avanzata nei confronti della Madane s.a. e le altre domande proposte verso gli altri convenuti, non si sarebbe av veduta che nessuna domanda poteva ritenersi proposta, al mo mento della pronuncia, innanzi al giudice italiano, non avendo, in tale momento, la società attrice ancora provveduto alla rias sunzione del giudizio innanzi al Tribunale di Brescia dichiarato funzionalmente competente;
Il Foro Italiano — 2004.
— affermando che il riconoscimento della giurisdizione del
giudice italiano in ordine a tutte le domande proposte risponde va all'esigenza di evitare la separazione di cause tra loro inscin
dibili, non si sarebbe avveduta che tale inconveniente non era
evitato dalla decisione adottata, trattandosi di pronuncia che
consentiva all'attrice «di coltivare la questione di giurisdizione avanti ad un giudice da essa prescelto ancorché ... privo di al
cuna competenza a decidere delle domande proposte contro
parti diverse e della cui connessione, in quanto incompetente, era ... non legittimato a pronunciarsi».
3.1. - La censura, in tali termini prospettata, è palesemente inammissibile, essendo evidente che la asserita contraddittorietà
della motivazione non attiene al giudizio in fatto, ma a quello in
diritto ed è quindi estranea all'ambito di applicazione del citato
art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. 11 aprile 2000, n. 4593, Foro it.,
Rep. 2000, voce Cassazione civile, n. 284; 20 febbraio 1999, n.
1430, id., Rep. 1999, voce cit., n. 109; 10 gennaio 1995, n. 228, id., Rep. 1995, voce cit., n. 83). Il che dispensa dall'osservare
che, comunque, la deduzione, come motivo di ricorso per cassa
zione, di una questione riguardante la giurisdizione non
può farsi se non sotto il profilo della violazione delle norme che
regolano tale presupposto del processo e non anche in relazione
a vizi di motivazione sui punti di fatto dai quali esso dipende, dal momento che in materia di giurisdizione questa corte è giu dice del fatto e, come tale, può conoscere ed interpretare tutti gli atti del processo utili ad accertare l'esistenza del vizio denun
ziato (Cass., sez. un., 21 gennaio 2002, n. 638, id., Rep. 2002, voce cit., n. 84; 19 novembre 2001, n. 14541, id., Rep. 2001, voce Acque pubbliche, n. 91).
4. - La doglianza puntualizzata alla lett. c) del precedente par. 2, che riproduce quella formulata con il secondo motivo di ri
corso, è manifestamente infondata.
Non vi è dubbio che la questione di giurisdizione debba esse re risolta nel presente giudizio alla stregua dei criteri stabiliti
dall'art. 4 c.p.c., dal momento che esso è stato instaurato prima del 1° settembre 1995, data dell'entrata in vigore dell'art. 73 1.
31 maggio 1995 n. 218 che ha abrogato detta disposizione (art.
72, 1° comma, 1. 218/95, cit.). Orbene, nella vigenza del citato art. 4 c.p.c., questa corte ha
affermato, in ripetute occasioni, che i criteri di collegamento sta biliti dal citato art. 4 valevano anche rispetto alle controversie in
materia fallimentare (Cass. 23 febbraio 1990, n. 1396, id., 1992, I, 3377; sez. un. 19 dicembre 1990, n. 12031, id., 1991, I, 1482; 14 febbraio 1995, n. 1572, id., 1995, I, 3627). E da tale orienta mento, che può dirsi consolidato, non vi è motivo di discostarsi, tanto più che sia il giudizio relativo all'accertamento della si mulazione che quello avente ad oggetto l'accertamento dei pre supposti della revocatoria, hanno un'innegabile natura cognitoria e, contrariamente a quel che mostra di ritenere la ricorrente, non
possono essere assimilati a quelli di natura esecutiva. 5. - Non meno infondato è l'altro rilievo, il cui contenuto è
specificato alle lett. a) e b) dello stesso par. 2. Esso muove dal convincimento che la giurisdizione, determinando in quali casi e a quali condizioni compete al singolo il potere di provocare l'esercizio della giurisdizione rilevi (non quale «presupposto», ma) quale «condizione» dell'azione e si configuri, pertanto, quale questione «di merito» che, in quanto tale, potrebbe essere affrontata (e risolta) dal giudice solo dopo la verifica della sus sistenza dei «presupposti processuali» e, quindi, anche della
propria competenza. Di qui l'errore, in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per
aver affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ita
liano, pur essendo incompetente a pronunciarsi sulle domande
proposte. Ma è agevole replicare che la giurisdizione, non diversamente
dalla competenza, condiziona la valida instaurazione del proces so e che non vi è quindi motivo di ritenere che l'accertamento di tale requisito debba essere posposto a quello della competenza e
che, conseguentemente, il giudice italiano, se incompetente, non
possa pronunciarsi sulla propria giurisdizione, per rilevarne il difetto ovvero, come nella specie è avvenuto, per dichiarare l'e sistenza. Come del resto questa corte ha già avuto modo di
puntualizzare, precisando che l'accertamento della giurisdizione si presenta come pregiudiziale rispetto a quello della competen za (Cass., sez. un., 9 aprile 1994, n. 3328, id., Rep. 1994, voce
Sentenza civile, n. 10; 28 ottobre 1985, n. 5291, id.. Rep. 1986, voce Giurisdizione civile, n. 20).
6. - II ricorso deve essere quindi rigettato, dichiarando la giu risdizione del giudice italiano.
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