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sezioni unite civili; sentenza 11 luglio 1994, n. 6532; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M. Di...

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sezioni unite civili; sentenza 11 luglio 1994, n. 6532; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Mittersteiner (Avv. Costa, Vanzetta) c. Mittersteiner (Avv. Prosperi, Telser). Cassa App. Trento 11 aprile 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 183/184-185/186 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189215 . Accessed: 28/06/2014 08:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.98 on Sat, 28 Jun 2014 08:26:15 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 11 luglio 1994, n. 6532; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M. Di Renzo (concl. conf.); Mittersteiner (Avv. Costa, Vanzetta) c. Mittersteiner (Avv.

sezioni unite civili; sentenza 11 luglio 1994, n. 6532; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M. DiRenzo (concl. conf.); Mittersteiner (Avv. Costa, Vanzetta) c. Mittersteiner (Avv. Prosperi,Telser). Cassa App. Trento 11 aprile 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 1 (GENNAIO 1995), pp. 183/184-185/186Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189215 .

Accessed: 28/06/2014 08:26

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PARTE PRIMA

n. 5697 (Foro it., Rep. 1991, voce Tributi in genere, n. 994), mentre ha statuito in senso contrario con sentenza 14 aprile

1988, n. 2968 {id., Rep. 1988, voce cit., n. 1123, che, peraltro, non tiene conto del precedente del 1981 e sembra influenzata

dalla soluzione da darsi alla ben diversa ipotesi del ricorso alla

Commissione centrale che sia oggetto di rinunzia: Cass. n. 4189

del 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1001). Invero, la dizione della legge delega (art. 10, n. 14: «preve

dendosi che l'azione giudiziaria possa essere esperita avanti le

corti d'appello, dopo che sia decorso il termine per il ricorso

dalla Commissione centrale») è chiaramente nel senso di dare

rilievo soltanto al mero decorso del termine, e cioè all'accerta

mento che durante quel termine non sia stato proposto il ricor

so alla Commissione centrale.

La dizione del decreto delegato conferma tale principio, con

l'espressione «decorso inutilmente», e con la previsione che l'av

venuta decorrenza del termine debba essere comprovata con cer

tificato della segreteria della commissione che ha emesso la de

cisione impugnata (cfr. Cass. 29 gennaio 1990, n. 553, id., Rep.

1990, voce cit., n. 2751). Entrambe le norme, nella loro dizione letterale, hanno riguardo

alla mera circostanza che il termine suddetto sia decorso «inu

tilmente» e cioè senza che della sua pendenza la parte interessa

ta abbia approfittato, per proporre il ricorso alla Commissione

centrale. Tutto ciò che avviene dopo tale termine è irrilevante,

perché dalla scadenza di esso decorre il termine perentorio, per ricorrere alla corte d'appello; termine che appunto è certificato

dalla segreteria. Non ha rilievo di fronte a tali espressioni uni

voche, il principio della consumazione dell'impugnazione, e cioè

la circostanza che sia stato proposto un ricorso alla Commissio

ne centrale oltre il termine, ma prima della proposizione del

l'impugnazione alla corte d'appello, posto che, in tal modo, si darebbe prevalenza ad una impugnazione inammissibile, an

ziché ad una ammissibile, il che non può essere nei disegni del

legislatore, dovendosi privilegiare le soluzioni per le quali il pro cesso arrivi ad una decisione di merito, anziché ad una decisio

ne di mero rito.

Pertanto la sentenza deve essere cassata e la causa va rimessa

ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 11 lu

glio 1994, n. 6532; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M.

Di Renzo (conci, conf.); Mittersteiner (Avv. Costa, Vanzet

ta) c. Mittersteiner (Aw. Prosperi, Telser). Cassa App. Tren

to 11 aprile 1992.

Trentino-Alto Adige — Bolzano — Maso chiuso — Commis

sione locale — Determinazione — Disapplicazione del giudice ordinario — Impossibilità — Estremi (L. 20 marzo 1865 n.

2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 4, 5; d. pres.

giunta prov. Bolzano 28 dicembre 1978 n. 32, ordinamento

dei masi chiusi, art. 2).

Il giudice ordinario, cui, ai fini della disapplicazione, in via in cidentale, dell'atto amministrativo, è consentito sindacarne tutti

i possibili vizi compreso quello di eccesso di potere, non può riesaminare e censurare, siccome rientrante tra le valutazioni

di merito della pubblica amministrazione, il giudizio espresso dalla commissione musale locale sulla idoneità dell'azienda

da costituire in «maso chiuso» a produrre reddito sufficiente

per il mantenimento di almeno cinque persone. (1)

(1) La massima, nelle sue linee generali, ribadisce principi già enun

ciati dalla Cassazione (cons., fra le altre, sez. un. 9 giugno 1989, n.

2773, Foro it., 1990, I, 605, con nota di richiami; 12 giugno 1990,

Il Foro Italiano — 1995.

Svolgimento del processo. — 1. - Con atto notificato I'll

maggio 1984 Rosa Mittersteiner conveniva in giudizio davanti

al Tribunale di Bolzano i fratelli Franz ed Hildegard Mitterstei

ner esponendo: — che il comune genitore Franz Mittersteiner, deceduto in

data 14 giugno 1983, aveva trasferito al proprio figlio maschio

Franz junior, con contratto del 7 maggio 1982, denominato di

«vendita e consegna» l'intera sua proprietà immobiliare, già ta

volarmente identificata come P.T. 159/11 c.c. Lana; — che detto contratto costituiva disposizione lesiva della quota

di legittima a lei coerede spettante, sia perché dissimulava una

donazione (o quanto meno costituiva un negotium mixtum cum

donatione), sia perché non rispondeva a realtà quanto nel testa

mento del genitore affermato circa la tacitazione dei suoi diritti

ereditari con la donazione, avvenuta nel maggio del 1968, di

altro terreno di 880 mq.; che i beni oggetto di quel contratto erano soggetti a collazio

ne, onde ricostruire l'asse ereditario da dividere tra i coredi, in quanto la loro costituzione in «maso chiuso» operata il

n. 5705, ibid., 2166, con osservazioni di C.M. Barone) la quale, in

relazione a giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria (sul medesimo giudizio, per ulteriori implicazio ni, cons, pure Cass. 16 gennaio 1991, n. 336, id., 1991, I, 2444, con

osservazioni di C.M. Barone e 25 ottobre 1993, n. 10598, id., 1994,

I, 1458, con in nota la seconda parte della rassegna di giurisprudenza sulle sanzioni amministrative di C. Mezzabarba) per violazione di prov vedimento sindacale, ha escluso la possibilità per il giudice ordinario di disapplicare per vizio di merito l'atto amministrativo (la cui disappli cazione da parte dell'a.g.o., presuppone, secondo Cass. 12 gennaio 1993, n. 270, id., Rep. 1993, voce Atto amministrativo, n. 127, l'accertamen to anche d'ufficio, ad opera della stessa a.g.o., in ogni stato e grado del processo, dei presupposti di validità del ripetuto atto, ivi compreso quello della competenza ad emetterlo). Nella motivazione delle sent,

n. 2773 del 1989 e n. 5705 del 1990 le sezioni unite hanno confermato che «viene esercitato un sindacato di legittimità se si rileva che vi è contrasto fra le finalità perseguite in concreto dall'autorità amministra

tiva e le finalità pubbliche ad essa istituzionalmente affidate», e che

«viene, invece, esercitato un sindacato di merito se si rileva che non

vi è coincidenza tra i fini della norma di legge e il provvedimento che,

per l'attuazione di essa, viene adottato. E ciò perché con tale ultimo sindacato finisce per essere censurata la scelta (operata dall'amministra

zione) dello strumento giuridico amministrativo ritenuto idoneo alla rea lizzazione di quel fine che si è inteso perseguire. La differenza è sostan

ziale, perché nel caso di eccesso di potere per sviamento si rileva una voluta divergenza di finalità, mentre nell'altro caso il sindacato incide

sui poteri discrezionali di scelta dello strumento più idoneo a perseguire il fine della legge».

Della definizione dell'eccesso di potere si è data altresì carico, più di recente, anche Cass. 15 luglio 1993, n. 7841, id., 1994, I, 80, con osservazioni di C.M. Barone, la quale ha precisato che lo stesso è e resta un vizio di legittimità e non di merito, costituito dalla violazione dei criteri di logicità, uguaglianza e razionalità che devono informare il potere discrezionale della pubblica amministrazione, costituendone anzi i limiti impliciti.

In dottrina, per una recente ricognizione della vicenda considerata

dagli art. 4 e 5 1. n. 2248, ali. E, del 1865, cons. Nobile, La disapplica zione dell'atto amministrativo: spunti ricostruttivi, in Riv. amm., 1991, 1736 ss., che alle pag. 1740 ss. si sofferma sui vizi conoscibili dal giudi ce ordinario.

Per qualche riferimento all'ordinamento dei masi chiusi, risultante dal d. pres. giunta prov. Bolzano n. 32 del 1978 e successive modifica

zioni, cons. Cass. 3 luglio 1993, n. 7280, Foro it., Rep. 1993, voce Trentino-Alto Adige, n. 69, secondo cui l'anzidetto ordinamento assi cura una limitata protezione dell'interesse dell'affittuario ad unificare, nella sua persona, la titolarità dell'azienda agraria ed il diritto di pro prietà dei fondi, qualora questi siano costituiti in maso chiuso; pertan to, l'esclusione del diritto di prelazione dei conduttori, prevista in caso di alienazione del maso ad uno dei soggetti che, in ordine di preferenza, vanno individuati come assuntori se, in caso di successione legittima, vi siano più eredi (art. 15a, 2° comma, in relazione all'art. 18d d. pres. giunta prov. Bolzano cit.), opera anche quando i terreni siano stati concessi in godimento, con un contratto agrario tra quelli previsti dal l'art. 8 1. n. 590 del 1965, prima della costituzione in maso chiuso del l'azienda agricola che utilizza i terreni medesimi; rientrando tale disci

plina della prelazione nella competenza legislativa della provincia auto noma di Bolzano — esercitabile, in tema di maso chiuso, anche in deroga ai principi dell'ordinamento civile e processuale comune (sent. Corte cost. n. 35 del 1972, id., 1972, I, 1197) — ed essendo strumentale alla tutela del principio della connessione dell'azienda agricola, costituita «in maso», con la compagine familiare, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15a d. pres. giunta prov. Bolzano citato con riferimento agli art. 3, 43, 44, 116 e 117 Cost.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

3 maggio 1977 dal genitore al preordinato scopo di favorire

il figlio maschio (con intavolazione dei terreni in P.T. 123/1 c.c. Lana) appariva del tutto illegittima, non avendo detti beni

estensione (18.673 mq), consistenza e natura tali da rappresen tare una azienda agricola funzionale; sicché il relativo provvedi mento adottato in data 20 aprile 1977 dalla commissione locale

dei masi chiusi doveva essere, ai fini della divisione ereditaria,

disapplicata ai sensi degli art. 4 e 5 1. n. 2248 del 1965, ali. E. L'attrice chiedeva pertanto che il tribunale, dichiarata la nul

lità del contratto del 7 maggio 1982, accertata la lesione della

sua quota di legittima, e disposta la collazione dei beni donati

previa disapplicazione della chiusura del maso, procedesse alla

divisione ereditaria con attribuzione in natura della quota a lei

spettante, pari ai 2/9 dell'asse da valutare secondo i valori ve

nali di mercato all'attualità.

2. -1 convenuti, costituitisi, contrastavano tali domande, as

sumendo che con il contratto di compravendita ed assunzione

del maso, il figlio maschio aveva assunto l'obbligazione di cor

rispondere al genitore il 30% del reddito lordo del maso, di

riconoscergli il diritto di abitare colà e di mantenerlo a proprie

spese anche in caso di malattia od infermità; che il valore del

terreno donato dal genitore alla figlia Rosa superava l'entità

della sua quota di legittima; che il corrispettivo dell'acquisto del maso doveva essere commisurato con il valore della sua as

sunzione e cioè sulla base del suo reddito netto (come determi

nato dal competente pretore in corso di giudizio, con decreto

del 24 giugno 1987). 3. - Previo espletamento di c.t.u. il Tribunale di Bolzano con

sentenza del 12 marzo 1990 respingeva le domande.

Perveniva a tale conclusione osservando: a) che sebbene il

de cuius fosse deceduto poco più di un anno dopo la stipulazio ne del contratto di cessione del maso, detto negozio rivestiva

natura aleatoria ed era da considerare valido; b) che la costitu

zione dei terreni in maso chiuso cinque anni prima di quel con

tratto non risultava essere stato preordinato al fine di favorire

il figlio; né l'atto amministrativo, autorizzativo di detta costitu

zione, poteva essere disapplicato dal giudice, dato che la ragio ne d'invalidità a tale effetto dedotta dalla attrice (e cioè la asse

rita inidoneità dei beni a produrre un reddito sufficiente per il mantenimento di cinque persone) atteneva non alla legittimità bensì' al merito della valutazione espressa al riguardo dalla com

missione locale dei masi chiusi di Lana. 4. - Rosa Mittersteiner interponeva gravame insistendo nelle

proprie istanze, e dolendosi in particolare: a) che la alcatorietà

del contratto del 7 maggio 1982 era stata ravvisata dal tribunale

in base ad un erroneo apprezzamento delle risultanze proces suali attinenti alle controprestazioni del compratore ed alla libe

ralità che aveva ispirato il cedente; b) che erroneamente era sta

ta esclusa la sindacabilità del provvedimento della commissione

locale dei masi chiusi, atto che il giudice ordinario doveva di

sapplicare incidenter tantum, in quanto privo di motivazione;

c) che doveva essere avallato dal giudice il già sollevato sospetto di illegittimità costituzionale della legge regolatrice dei masi chiusi.

Franz Mittersteiner resisteva alla impugnazione, mentre Hil

degard restava contumace.

5. - Con sentenza dell'I 1 aprile 1992 la Corte di appello di

Trento accoglieva la censura sub a) e disattendeva quelle sub

b) e sub c). Osservava che il contratto del 7 maggio 1982 non presentava

aspetti di effettiva alcatorietà e che, una volta accertata la sua

integrale nullità, il complesso costituente il maso era da consi

derare parte dell'asse ereditario.

Ai fini della determinazione della quota di legittima spettante alla appellante la corte di merito confermava il giudizio espres so dal tribunale circa la insindacabilità, sia pure in via inciden tale, del provvedimento di costituzione del maso chiuso, che

risultava adottato dalla competente amministrazione in base ad

una valutazione di natura squisitamente tecnica; (omissis) Motivi della decisione. — (Omissis). La collegata censura sub

A), mirante a infirmare la legittimità del rifiuto di disapplica zione, non si presenta, a sua volta, assistita da giuridico fon

damento.

Come è noto, ai fini della disapplicazione per via incidentale

dell'atto emesso da un organo della pubblica amministrazione, il sindacato consentito al giudice ordinario, pur estendendosi

a tutti i possibili vizi del provvedimento, compreso quello di

eccesso di potere, trova un limite invalicabile nella impossibilità

Il Foro Italiano — 1995.

di riesame e di censura delle valutazioni di merito. Ed è valuta

zione di merito riservata alla pubblica amministrazione, quella relativa al riconoscimento o meno all'azienda da costituire in

maso chiuso della idoneità ad assicurare il mantenimento di al

meno cinque persone (cfr. Cons. Stato, sez. VI, nn. 349, 350

e 598 del 1991, Foro it., Rep. 1991, voce Trentino Alto Adige, nn. 62-70).

Nella specie, la odierna ricorrente — dopo avere in primo

grado invano chiesto al tribunale di sovvertire quella valutazio

ne di merito contenuta nella deliberazione del 20 aprile 1977

—, ha con l'atto di appello ritenuto di suffragare la reiterata

richiesta con l'asserita insufficienza della motivazione contenu

ta, circa la reddività del maso, nella deliberazione predetta. Senonché — in presenza di un provvedimento ove si dava

esplicitamente atto della ricorrenza dei presupposti richiesti dal

l'art. 2 dell'allora vigente ordinamento masale per darsi luogo alla chiusura del maso — i giudici del gravame hanno rettamen

te considerato che la lamentata carenza nel documento di una

più analitica illustrazione in ordine al requisito della produttivi tà dell'azienda non valesse a spostare la censura della appellan te dal piano (sostanziale) della valutazione del merito a quello

(pretestuoso) della sindacabilità per vizio di legge. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 8 luglio

1994, n. 6448; Pres. De Rosa, Est. Vidiri, P.M. Tondi (conci,

conf.); Iodice ed altri (Avv. Neri, Franchi) c. Soc. Sip (Avv.

Marazza). Conferma Trib. Milano 14 settembre 1991.

Lavoro (rapporto di) — Qualifiche e mansioni — Introduzione

di nuove tecnologie — Maggiorazione retributiva — Discri

minazione di trattamento — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 3, 36, 37, 41; cod. civ., art. 1175, 1375, 2099, 2103).

È correttamente motivata la sentenza del giudice di merito che

abbia escluso il carattere discriminatorio della clausola con

trattuale collettiva (nel caso, relativa al rapporto di lavoro

dei dipendenti della Sip) con la quale in occasione della intro duzione di nuove tecnologie viene riconosciuto il diritto ad

una maggiorazione retributiva, pur a parità di qualifica e man

sioni, esclusivamente a favore dei lavoratori assunti prima di

una determinata data (in motivazione la corte osserva che, nella specie, il giudice aveva effettuato un corretto controllo

di ragionevolezza sulla motivazione della disparità di trat

tamento). (1)

II

TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 8 giugno 1994; Pres. Far

nisari, Est. F. Rossi; Ferrovie dello Stato (Avv. Tosi, Garu

fi) c. Maggiore ed altri.

Lavoro (rapporto di) — Parità di trattamento — Esclusione — Fattispecie.

Non impone una ingiustificata disparità di trattamento la clau

sola contrattuale collettiva (nel caso, relativa al rapporto di

lavoro dei dipendenti dell'ente Ferrovie dello Stato) che pre vede il riconoscimento come giornata festiva del 29 giugno

per i soli dipendenti con residenza amministrativa in impianti

posti nel comune di Roma o che si trovino in sussidio a tali

impianti. (2)

(1-2) Dopo le decisioni delle sezioni unite della Cassazione del 1993: n. 6031 (Foro it., 1993, I, 1794, con nota di Mazzotta e Risparmio, 1993, 1233, con nota di Genghini) e 6030 del 1993 (Foro it., Rep.

1993, voce Lavoro (rapporto), n. 988 e Corriere giur., 1993, 1057, con

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