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Sezioni unite civili; sentenza 11 maggio 1983, n. 3242; Pres. F. Greco, Est. Caturani, P. M....

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Sezioni unite civili; sentenza 11 maggio 1983, n. 3242; Pres. F. Greco, Est. Caturani, P. M. Corasaniti (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Di Pace) c. Comune di Bologna (Avv. G. Stella Richter, Ballerini, Ferrerio). Cassa App. Bologna 17 settembre 1976 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2143/2144-2147/2148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176997 . Accessed: 24/06/2014 20:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.111 on Tue, 24 Jun 2014 20:35:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 11 maggio 1983, n. 3242; Pres. F. Greco, Est. Caturani, P. M.Corasaniti (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Di Pace) c. Comune di Bologna (Avv. G.Stella Richter, Ballerini, Ferrerio). Cassa App. Bologna 17 settembre 1976Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2143/2144-2147/2148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176997 .

Accessed: 24/06/2014 20:35

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2143 PARTE PRIMA 2144

di « opposizione alla stima ») contro l'espropriante, nel caso in cui

ritengano che l'indennità determinata in sede amministrativa non

comprende anche l'intero ammontare corrispondente ai frutti non

percepiti o al mancato raccolto (o, eventualmente, ai miglioramenti

apportati al fondo). Ed è chiaro che se gli stessi affittuari agiscono

proponendo azione di opposizione alla stima, ovvero intervengono autonomamente nell'analogo giudizio proposto dal proprietario

espropriato (e non v'è dubbio che se intervengono per tutelare le

loro ragioni, l'intervento non potrà essere altro che « autonomo »), essi rivolgono la loro domanda contro l'ente espropriante '(non è,

infatti, concepibile un'azione di opposizione alla stima contro il

proprietario espropriato), il quale ente sarà, perciò, passivamente

legittimato nel giudizio, nei confronti degli affittuari predetti, ossia, in definitiva, « responsabile » verso gli stessi.

Invano, quindi, il ricorrente Ansaloni (cioè l'affittuario che, col

proprio intervento in causa, aveva proposto quella azione, pur con

l'erronea formula della domanda « alternativa », e che è ora

interessato a che sia rimossa la pronuncia secondo cui, nella

fattispecie sopra delineata, la responsabilità ricade unicamente

nell'ente espropriante, posto che è passata in giudicato, per avere

egli omesso di proporre a suo tempo l'appello incidentale, la

pronuncia che escludeva la legittimazione passiva dell'ente espro

priante) sostiene che l'esclusione della possibilità di un'autonoma

azione degli affittuari nei confronti dell'ente espropriante dovrebbe

evincersi dal disposto del citato art. 1638 c.c. (il quale recita che « in caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione

temporanea del fondo locato, l'affittuario ha diritto di ottenere dal

locatore la parte di indennità a questo corrisposta per i frutti non

percepiti o per il mancato raccolto »). Una diffatta convinzione, invero, non tiene conto che nel sistema della legge sono previste — come, peraltro, si è già accennato — due distinte possibilità.

Da un lato (art. 27, 3° comma, 1" parte, 1. 25 giugno 1865 n.

2359 e art. 1638 c.c.) si considera l'eventualità che il proprietario

espropriato (anche nella sua ritenuta qualità di rappresentante ex

lege dell'affittuario: cfr. sent. 26 maggio 1964, n. 1295, id., Rep. 1964, voce cit., n. 160; 30 settembre 1955, n. 2734, id., Rep. 1955, voce cit., n. 86) abbia accettato l'indennità offertagli in sede

amministrativa, ovvero ne abbia avuto l'esatta determinazione (e non sul bene oggetto dell'ablazione), dovranno rivolgere le loro

pretese unicamente verso il proprietario; ed è ovvio che, nell'ipo tesi di controversia giudiziaria, solo quest'ultimo soggetto potrà essere ritenuto passivamente legittimato alla causa, ossia responsa bile verso gli affittuari predetti.

Dall'altro (art. 27, 3° comma, 2° parte, 1. del 1865) si considera,

invece, l'ipotesi che gli affittuari non ritengano congruamente determinata l'indennità, in sede amministrativa, e intendano, quin di, dolersi di tale inesatta determinazione (sul rilievo che la stessa

non sarebbe comprensiva anche dell'intero ammontare dell'equiva lente dei frutti pendenti e del mancato raccolto, ovvero dei

miglioramenti apportati al fondo espropriato). In questo caso

possono agire, in opposizione, contro l'ente espropriante, o propo nendo direttamente, essi stessi, l'azione di opposizione alla stima, ovvero intervenendo in modo autonomo nell'analogo giudizio già promosso dal proprietario espropriato.

Ed è chiaro che se la legittimazione passiva dell'ente esproprian te, nei confronti degli affittuari, sussiste allorché l'azione viene

proposta in modo diretto, altrettanto deve ritenersi allorché la stessa è proposta per via di intervento autonomo, non essendo una tale ovvia conclusione esclusa dal principio (male invocato dal

ricorrente) alla «indennità unica». Il fatto, invero, che l'indennità

(secondo il criterio della 1. del 1865) sia « unica », nella determi

nazione fattane tanto in sede amministrativa che in sede giudizia ria (cioè nel giudizio di opposizione alla stima) non esclude che, in quest'ultima sede, gli affittuari possono chiedere che venga

predeterminata la parte di indennità loro spettante.

L'indennità, infatti, è « unica » solo nel senso che deve com

prendere l'equivalente del valore tanto del bene perduto per effetto della ablazione, quanto dei frutti pendenti o del mancato

raccolto (cfr. sent. 21 ottobre 1981 n. 5505, id., 1982, I, 727), e

deve essere offerta esclusivamente al proprietario espropriato. Solo

la legge successiva (art. 17 1. 22 ottobre 1971 n. 865, come modificato dall'art. 14 1. 28 gennaio 1977 n. 10), invero, prevede per gli affittuari che siano anche coltivatori diretti del fondo un'indennità aggiuntiva e attribuisce loro, perfino, una autonoma

posizione nel procedimento espropriativo (cfr. sent. 14 aprile 1981, n. 225, id., 1981, I, 2458). Ma il fatto che la predetta indennità sia « unica » (nel sistema della 1. del 1865) non esclude che nel

procedimento giudiziale (cioè nel giudizio di opposizione alla stima) gli affittuari possono assumere una posizione autonoma, anche se a tale giudizio partecipano non già per chiedere che l'ente espro priante sia condannato a corrispondere loro alcunché, bensì solo

per chiedere che nell'indennità da attribuirsi al proprietario (la

quale sarà, poi, depositata dall'ente espropriante nella Cassa

depositi e prestiti) venga ricompresa anche la somma che il

proprietario stesso dovrà, poi, ad essi corrispondere. Il principio di

unicità dell'indennizzo, in altri termini, produce solo l'effetto che il

giudice della opposizione alla stima non potrà attribuire diretta

mente agli affittuari la parte (di indennità) ad essi spettante; ma la

vigenza di tale principio non ha impedito allo stesso legislatore di

attribuire agli affittuari la legittimazione di cui si è detto, avendo

egli tenuto conto, evidentemente, dell'interesse che gli stessi hanno

a che la parte di indennità ad essi spettante sia predeterminata, anche per prevenire eventuali controversie col proprietario, al

momento in cui questi, dopo averla riscossa, la corrisponde loro

concretamente. Di modo che, se gli affittuari non esercitano la

detta facoltà ad essi concessa dalla legge, e l'opposizione alla stima

viene esercitata dal solo proprietario, quest'ultimo agirà (sotto la

propria responsabilità) anche quale rappresentante ex lege degli affittuari stessi; ma se la facoltà predetta viene esercitata, anche

solo mediante l'intervento in giudizio (e si tratta, come si è detto, di un intervento autonomo), da quel momento il proprietario

perde la qualità di rappresentante ex lege e avrà solo l'obbligo,

dopo riscossa l'intera indennità, di corrisponderne una parte agli

affittuari, nella misura che sarà stata determinata in sede giudiziale

(cfr., per riferimenti, sent. 15 ottobre 1979, n. 5370, id., Rep. 1979, voce cit., n. 283).

Ed è incontestabile che se quella facoltà viene esercitata, il solo

contraddittore degli affittuari sarà l'ente epropriante, anche se la

sua responsabilità (verso gli affittuari) troverà esplicazione unica

mente nell'adempimento dell'obbligo di depositare, a favore del

proprietario, anche quella somma che, in definitiva, è destinata a

soddisfare le ragioni degli affittuari predetti.

Impropriamente, poi, il ricorrente sostiene che la sentenza

impugnata avrebbe escluso la responsabilità (verso esso affittuario) del proprietario espropriato per aver fatto leva sulla circostanza

che tra il proprietario predetto e l'ente espropriante era stata

stipulata una transazione {la quale, con apposita clausola, avrebbe

previsto l'esonero di responsabilità del proprietario predetto). La

sentenza impugnata, invero, ha escluso la responsabilità del

proprietario in quanto ha ritenuto che la responsabilità stessa

spettasse, ab origine, all'ente espropriante (anche se ha, poi, osservato che codesta attribuzione di responsabilità non produceva effetti concreti, poiché era passata in giudicato la sentenza di

primo grado nella parte in cui assolveva dalla domanda il predetto ente espropriante). Nessun rilevante riferimento, perciò, essa ha

fatto alla transazione; ma quand'anche l'esclusione della responsa bilità del proprietario fosse stata riferita (unicamente) al detto

esonero di responsabilità, un errore siffatto avrebbe comportato, semplicemente, la correzione della motivazione della sentenza, non

già la sua cassazione.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 11

maggio 1983, n. 3242; Pres. F. Greco, Est. Caturani, P.M. Corasaniti (conci, difi.); Min. finanze (Avv. dello Stato Di Pace) c. Comune di Bologna (Aw. G. Stella Richter, Ballerini, Ferrerio). Cassa App. Bologna 17 settembre 1976.

Espropriazione per pubblico interesse — Indennità — Opposizio ne alla stima — Delibera comunale di perimetrazione — Con trollo di legittimità — Giurisdizione ordinaria (L. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia residen

ziale pubblica, norme sull'espropriazione per pubblica utilità, modifiche ed integrazioni alle 1. 17 agosto 1942 n. 1150, 18 apri le 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847, ed autorizzazione di

spese per interventi straordinari nel settore dell'edilizia resi

denziale, art. 16, 18, 19).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della impugnativa proposta dal proprietario dell'immobile e

spropriato ex art. 19 l. n. 865/71, il quale in sede di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione contesti la legittimità della deliberazione con la quale, ai sensi dell'art. 18 della detta

legge, il consiglio comunale abbia proceduto alla delimitazione dei centri edificati ai fini dell'applicazione del precedente art. 16

(ora dell'art. 1 l. n. 385/80) per stabilire i criteri di determina zione dell'indennità. (1)

(1) La Cassazione si allinea all'orientamento prevalente presso i giudici amministrativi in relazione alla delibera comunale di perimetra

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con citazione del 18 ottobre 1973 l'amministrazione delle finanze dello Stato conveniva in giudizio davanti alla Corte d'appello di Bologna il comune di quella città,

proponendo, ai sensi dell'art. 19 1. 22 ottobre 1971 n. 865, opposizione alla stima di lire 1.087.900 da parte delPU.t.e. in ordine ad un'area di ettari 0.55.86 di proprietà del patrimonio disponibile dello Stato e sottoposta ad espropriazione per pubblica utilità da parte di detto comune al fine di costruirvi un edificio scolastico.

A fondamento della sua impugnativa l'amministrazione istante

assumeva che l'area de qua sarebbe stata erroneamente considerata dal comune esterna al centro edificato, dovendosi invece la stessa

ricomprendersi entro il perimetro del centro urbano, ai sensi

dell'art. 18 1. n. 865/71 onde la relativa indennità avrebbe dovuto essere determinata ai sensi dell'art. 16, 4" comma.

Il comune contestava la domanda sostenendone l'inammissibilità

per avere omesso l'attrice di impugnare tempestivamente la delibe ra consiliare 17 aprile 1972 con la quale l'ente aveva già provveduto alla delimitazione dei centri edificati.

La corte di Bologna con la sentenza in questa sede impugnata rilevava che l'opposizione non era diretta contro la stima effettuata

dall'U.t.e., bensì contro il provvedimento comunale di delimitazio

ne del centro edificato, e poiché la posizione del proprietario di un

terreno oggetto del provvedimento comunale di perimetrazione è

di interesse legittimo a che l'ente locale usi del suo potere senza

incorrere nei vizi di legittimità dell'atto amministrativo, ne conse

gue che la relativa controversia sfugge alla cognizione dell'a.g.o. Né può addursi in contrario che l'amministrazione finanziaria

sarebbe stata posta in condizioni di conoscere l'illegittima ag

gressione della proprietà altrui perpretata dal comune soltanto con

la comunicazione 15 settembre 1973 contenente l'avviso di deposi to della relazione di stima delPU.t.e. perché le delibere comunali

sono pubbliche e quindi conosciute dagli interessati attraverso

l'affissione agli albi del municipio.

Per la cassazione della suddetta sentenza ha proposto ricorso

alle sezioni unite l'amministrazione finanziaria dello Stato; resiste

con controricorso il comune di Bologna. Motivi della decisione. — Con unico motivo, denunziandosi

violazione degli art. 16, 18 e 19 1. 22 ottobre 1971 n. 865 con

riferimento ai principi sui limiti della giurisdizione dell'a.g.o., nonché difetto di motivazione si assume che: a) la domanda

proposta in sede di merito rifletteva la tutela del diritto di

zione dei centri abitati effettuata ai sensi dell'art. 18 1. 22 ottobre 1971

n. 865, atto contro il quale si ritiene inammissibile il ricorso, a causa

del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. V. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1980, n. 401, Foro it., Rep. 1981, voce Espropriazio ne per p.i., n. 140; 13 giugno 1978, n. 575, id., Rep. 1978, voce cit., n.

127; TA.R. Abruzzo, sede di Pescara, 25 novembre 1980, n. 220, id.,

Rep. 1980, voce cit., n. 178; T.A.R. Piemonte 20 marzo 1979, n. 176,

id., Rep. 1979, voce cit., n. 118; T.A.R. Emilia-Romagna 11 novembre

1976, n. 561, id., 1977, III, 153, con ampia nota di richiami di C. E.

Gallo. Contra, parrebbe, T.A.R. Lombardia, sede di Brescia, 31 marzo

1981, n. 228, id., 1982, III, 133, a cui dire la perimetrazione disposta in

attuazione dell'art. 18 cit. non esaurisce i suoi effetti con riguardo al

solo evento dell'espropriazione, ma costituisce strumento di regolamen tazione urbanistica locale, correlandosi, quindi, a tipiche situazioni

soggettive di interesse legittimo. L'affermazione è resa, tuttavia, inciden

talmente in una controversia relativa all'impugnazione della delibera di

individuazione degli edifìci particolarmente degradati, agli effetti previsti dall'art. 18 1. 27 luglio 1978 n. 392 sull'equo canone. A questo

proposito, la corte, nella decisione riportata, prende le distanze dalla

fattispecie prevista nell'art. 18 1. 392/78, il quale ha affidato ai comuni

il compito di suddividere in zone il proprio territorio ai fini della

determinazione del coefficiente di ubicazione da utilizzare nel calcolo

del canone di locazione (sul dibattito, tutt'altro che sopito, circa

l'individuazione dell'autorità giudiziaria fornita di giurisdizione in meri

to all'impugnazione della delibera comunale c.d. di zonizzazione, v. da

ultimo T.A.R. Lombardia, sede di Brescia, 31 marzo 1981, n. 228, cit.,

nonché Cass. 29 ottobre 1980, n. 5809, id., 1981, I, 2524, citata in

motivazione, entrambe con esaurienti note di richiami, cui adde, per un'interessante e piuttosto frequente fattispecie, affine a quella prevista

dall'art. 18 1. 392/78, iPret. Firenze 12 gennaio 1982, id., 1982, I, 1444,

con nota di richiami). Va segnalato infine l'orientamento — solo apparentemente contrario

all'odierna pronuncia — del Consiglio di Stato, che ha ritenuto la

propria giurisdizione in ordine ad impugnative di perimetrazione di

centri abitati adottate dai comuni in attuazione della 1. 765/67, avendo

tali atti lo scopo e il carattere di regolamentazione urbanistica locale

cui sono ricollegabili situazioni soggettive di interesse legittimo (cfr.

Cons. Stato, sez. V, 17 maggio 1974, n. 331, id., Rep. 1974, voce

Edilizia e urbanistica, n. 201; 29 ottobre 1971, n. 935, id., Rep. 1971,

voce cit., n. 346; 17 novembre 1970, n. 940, id., Rep. 1970, voce Piano

regolatore, n. 85. Sul punto v., in termini espliciti, la motivazione di

Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 1978, n. 565, cit., in extenso in Cons.

Stato, 1978, 995, spec. 997).

proprietà sull'area leso dalla stima dell'U.t.e., la quale trovava soltanto un presupposto nel provvedimento comunale di delimita zione del centro edificato. Tale atto, del resto, conteneva un mero accertamento non discrezionale e non comportava alcun affievola mento del diritto del proprietario, onde la causa rientrava nella

giurisdizione dell'a.g.o.; b) erroneamente la corte d'appello ha rilevato la mancata tempestiva impugnazione del suddetto provve dimento comunale, giacché l'interesse ad impugnarlo era sorto soltanto con il procedimento di espropriazione e con il relativo atto di stima.

Le riassunte censure sono fondate nei termini che sono precisati dalle seguenti considerazioni.

Il problema di giurisdizione riproposto in questa sede non ha

perso la sua rilevanza in seguito alla sent. n. 5/80 della Corte costituzionale (Foro it., 1980, I, 273) che ha dichiarato la illegitti mità dell'art. 16, 5°, 6° e 7° comma, 1. 22 ottobre 1971 n. 865, cui faceva riferimento il testo originario dell'art. 18, nel riconoscere ai comuni il potere di delimitazione dei centri abitati, in quanto l'art. 1 della sopravvenuta 1. 29 luglio 1980 n. 385 ha previsto in

materia, fino all'entrata in vigore di apposita legge sostitutiva delle norme dichiarate illegittime, un'indennità provvisoria da determi narsi secondo criteri che egualmente presuppongono l'accennata delimitazione ai sensi dell'art. 18 1. n. 865/71.

Ciò premesso, recita l'art. 18 cit.: « Entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni, ai fini dell'applicazione del precedente art. 16, procedono alla delimi tazione dei centri edificati con deliberazione adottata dal consiglio comunale .., Il centro edificato è delimitato per ciascuno centro o nucleo abitato, dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi. Non possono essere compresi nel perimetro dei centri edificati gli insediamenti

sparsi e le aree esterne, anche se interessate dal processo di urbanizzazione ».

In primo luogo deve escludersi che la norma de qua abbia attribuito al consiglio comunale un potere discrezionale circa la delimitazione delle aree comprese nei centri edificati.

Esula dalla disciplina giuridica qualsiasi valutazione di pubblici interessi la cui cura sia stata affidata all'ente territoriale, giacché la

p.a. si limita ad operare, giusta la chiara formulazione della

norma, una ricognizione della situazione di fatto. Né può correttamente discorrersi neppure di discrezionalità

tecnica della p.a., la quale presuppone pur sempre una scelta che l'autorità amministrativa deve compiere sulla base di dati tecnici.

Quando invece l'agire dell'amministrazione è rigidamente vincolato all'accertamento tecnico, manca la possibilità stessa di un giudizio circa la scelta da operare in concreto e quindi viene meno la nozione stessa della discrezionalità e non rimane altro che l'atto

puramente ricognitivo che integrando la stima dell'indennità di

esproprio che lo presuppone, ad essa è intimamente coordinata nell'ambito del procedimento espropriativo in cui si contende circa la tutela del diritto dell'espropriato ad un'indennità conforme a

quella rigidamente prevista dalla legge.

Deve inoltre escludersi che, pur trattandosi di attività vincolata di carattere ricognitivo, la p.a. si proponga di realizzare attraverso l'adozione dei relativi atti la cura di determinati interessi pubblici con il conseguente affievolimento del diritto soggettivo dell'espro priato.

Questa corte, invero, ha si ammesso che la vincolatezza dell'a zione amministrativa non depone senz'altro in favore della esisten za di un diritto soggettivo, ben potendo anche l'attività vincolata della p.a. essere rivolta a realizzare immediatamente interessi di natura pubblicistica, ma il principio è valido ed operante quando si tratta in realtà di azione amministrativa che si risolva nella

emanazione di un provvedimento. Nel caso di specie si è invece in presenza di atti meramente

ricognitivi, la cui funzione si svolge e si esaurisce all'interno dei

procedimenti di espropriazione che interesseranno in futuro le aree

coinvolte (in senso positivo o negativo) dell'atto de quo. E se nel

procedimento espropriativo tutta l'attività amministrativa (compre sa quella degli U.t.e. e delle commissioni previste rispettivamente dalle 1. 1971 n. 865 e 1977 n. 10) che attiene alla determinazione

dell'indennità di esproprio rientra nella giurisdizione dell'a.g.o.

perché riflettente la tutela immediata del diritto soggettivo ad un

giusto indennizzo secondo i criteri previsti in maniera precisa dalla legge, ne consegue che anche l'atto di delimitazione di cui si

contende rientra nei poteri di cognizione del giudice ordinario.

L'atto è quindi soggetto al controllo di legittimità dell'a.g.o., così come del resto quest'ultima opera allorché controlla la legittimità

degli altri atti amministrativi che attengono alla stima dei beni

espropriati.

Il risultato cui si è pervenuti è coerente con quanto le sezioni

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PARTE PRIMA 2148

unite hanno già statuito a proposito della deliberazione comunale

con cui viene attuata, ai sensi dell'art. 18 1. 27 luglio 1978 n. 392, la perimetrazione in zone del territorio comunale e vengono

individuati, all'interno di queste, gli edifici o comparti di edifici

particolarmente degradati ai fini della determinazione dei

coefficienti per il calcolo dell'equo canone.

In questa ipotesi infatti — e diversamente dal caso che

interessa il presente giudizio — le sezioni unite hanno rilevato la

esistenza di un potere discrezionale della p.a. circa la suddivisione del territorio comunale in zone, il quale presuppone valutazioni e

scelte di carattere socio-politico, mancando nella legge una defini

zione precisa e vincolante di centro storico, di periferia, di zone di « pregio particolare » e si è lasciato ai comuni un'ampia sfera di

libertà di determinazione tale da consentire diversità di apprezza mento e di applicazioni in funzione della pianificazione territoriale

che ciascun comune si è data o intende darsi (nella motivazione, sent. 29 ottobre 1980, nn. 5808 e 5809, id., Rep. 1980, voce

Locazione, n. 546 e id., 1981, I, 2524). Mentre in tal caso si tratta di integrazione autoritativa a cura

della p.a. di contratti privati di locazione, non dissimile da quanto avviene in tutti i casi in cui la p.a. interviene di autorità per

disciplinare determinati prezzi attraverso l'azione del CIP (su cui eli. la sentenza di queste sezioni unite 1° ottobre 1982, n. 5030, id.,

1982, I, 2424) e dove la situazione soggettiva degli interessati si

esaurisce nella titolarità di un interesse legittimo nei rapporti con

l'autorità amministrativa, nel caso de quo invece l'atto di delimita zione del centro edificato è strettamente connesso con i (futuri)

procedimenti espropriativi, per i quali è previsto espressamente dalla legge in funzione di una legittima determinazione dell'inden

nità.

Esso quindi attiene ad una materia nella quale sono individuabi li nel privato espropriato posizioni di diritto soggettivo, spettando al medesimo il diritto alla indennità di esproprio secondo i criteri e nella misura rigidamente previsti dalla legge nel suo interesse

(cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 1978, n. 565, id.,

Rep. 1978, voce Espropriazione per p.i., n. 127; 15 aprile 1980, n.

401, id., Rep. 1980, voce cit., n. 140, e per l'affermazione secondo

cui, trattandosi di atto ohe ha l'esclusivo fine di consentire la deter

minazione dell'indennità di esproprio, non è autonomamente im

pugnabile, sez. IV 26 settembre 1980, n. 950, ibid., voce Giu

stizia amministrativa, n. 347). Quanto procede vale anche a superare la obiezione della difesa

del comune secondo cui la impugnativa dell'atto di delimitazione

ex art. 18 1. 1971 n. 865 avrebbe dovuto in ogni caso proporsi nei

termini di decadenza previsti dalla legge nei confronti degli atti

amministrativi, trattandosi di atto che integra i singoli procedimen ti espropriativi all'esclusivo fine di consentire la determinazione

della indennità di esproprio con effetti incidenti unicamente sul

diritto degli espropriandi all'ottenimento di una esatta indennità

(cosi Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 1978, n. 565). Pertanto

l'interesse alla impugnativa non può insorgere che nel momento in

cui sulla base dell'atto in questione la stima è stata effettuata, onde l'unico termine rilevante ai fini della esperibilità della

impugnazione non può essere che quello previsto dall'art. 19 1.

865/71, entro cui deve proporsi dal proprietario espropriato la

opposizione alla stima.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio ad altro giudice che si designa in altra sezione della Corte d'appello di Bologna che, nel decidere la controversia, applicherà il seguente principio di diritto: « Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la

cognizione della impugnativa proposta dal proprietario dell'immo

bile espropriato ex art. 19 1. n. 865/71, il quale in sede di

opposizione alla stima della indennità di espropriazione contesti la

legittimità della deliberazione con la quale, ai sensi dell'art. 18

della detta legge, il consiglio comunale abbia proceduto alla

delimitazione dei centri edificati ai fini dell'applicazione del

precedente art. 16 (ora dell'art. 1 1. n. 385/80) onde stabilire i

criteri di determinazione'dell'indennità ». {Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 7 maggio

1983, n. 3130; Pres. Rubinacci, Est. Panzarani, P.M. Benanti

(conci, conf.); Marcoccia (Aw. Prosperetti) c. Soc. Prealpi

(Aw. Bartuli, Campanale, Grasso). Cassa Trib. Varese 14

febbraio 1980.

Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare — Dichiarazio

ne di incostituzionalità — Conseguenze (L. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,

della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di

lavoro e norme sul collocamento, art. 7, 18).

A seguito della sentenza n. 204 del 30 novembre 1982, con cui la

Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dei primi

tre comma dell'art. 7 /. 20 maggio 1970 n. 300, interpretati nel

senso che essi siano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari,

per i quali non siano espressamente richiamati dalla normativa

legislativa, collettiva o validamente posta dal datore di lavoro,

deve considerarsi illegittimo il licenziamento in tronco intimato

in base a una clausola contrattuale (nella specie, art. 45 c.c.n.l.

per i dipendenti da industrie alimentari) che ne consente

l'irrogazione senza l'osservanza delle garanzie imperativamente

previste dall'art. 7 e devono ritenersi applicabili a tale fattispe

cie le disposizioni contenute nell'art. 18 l. n. 300/70 concernenti

l'ordine di reintegrazione e il risarcimento del danno. (1)

II

PRETURA DI PARMA; sentenza 25 giugno 1983; Giud. M. De

Luca; Bronzoni (Avv. Petronio) c. Soc. Comsa (Avv. Pi

nardi, Fratta).

Lavoro (rapporto) — Licenziamento disciplinare — Garanzie pro

cedurali — Dichiarazione di incostituzionalità — Conseguenze

(L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 7). Lavoro (rapporto) — Dirigenti — Licenziamento disciplinare

intimato senza le garanzie procedurali — Conversione in li

cenziamento « ad nutum » — Ammissibilità (Cod. civ., art. 1418,

1424, 2118).

A seguito della sentenza n. 204 del 30 novembre 1982, con cui la

Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dei primi

tre comma dell'art. 7 l. 20 maggio 1970 n. 300, interpretati nel

senso che essi siano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari,

per i quali non siano espressamente richiamati dalla normativa

legislativa, collettiva o validamente posta dal datore di lavoro, le

garanzie procedurali stabilite da tali disposizioni sono diretta

mente applicabili ad ogni licenziamento per mancanze, motivato

da colpa del lavoratore, ditalché, indipendentemente dall'esisten

za di una disciplina legislativa o collettiva che lo qualifichi come disciplinare, il licenziamento intimato senza l'osservanza

del predetto procedimento è nullo per violazione di norme

imperative di legge ai sensi dell'art. 1418, 1° comma, c.c. (2)

(1-2) Le sentenze riportate contribuiscono ad individuare la reale

portata della dichiarazione di incostituzionalità dei primi tre comma dell'art. 7 1. n. 300/70 e pongono in luce gli sviluppi interpretativi della situazione normativa prodottasi a seguito della sent. n. 204 del 30

novembre 1982, Foro it., 1982, I, 2981, con nota di richiami e

osservazioni di G. Silvestri, con cui la Corte costituzionale ha

pronunciato l'illegittimità delle predette disposizioni, interpretate nel senso che siano inapplicabili ai licenziamenti disciplinari, per i quali non siano espressamente richiamate dalla normativa legislativa, colletti va o validamente posta dal datore di lavoro.

Il terna è consapevolmente affrontato dalla decisione del Pretore di

Parma, che, con ampiezza e rigore di argomentazioni, si prefigge di

dissipare l'equivoco di una possibile lettura limitativa e fuorviarne della sent. n. 204/82 e di ricondurre il fulcro del nuovo assetto normativo nell'area delle stesse disposizioni imperative di legge dettate dall'art. 7, recidendo il nesso con le previsioni della contrattazione collettiva, alla

quale è negata qualsiasi funzione mediatrice ai fini dell'applicazione delle garanzie procedurali. In ugual senso v. Pret. Parma 18 maggio 1983, giud. M. De Luca, Manco c. Soc. Diaspron, inedita. Per una lucida e articolata analisi critica della decisione della Corte costituziona

le, con risultati coincidenti con quelli della sentenza riportata sub II, v. M. De Luca, I licenziamenti disciplinari dopo l'intervento della Corte costituzionale: profili sistematici e prospettive, id., 1983, I, 855.

Nel caso deciso dalla sent. n. 3130/83, riportata sub I, la questione relativa all'ambito di operatività delle garanzie procedurali, definibile alla luce della recente pronuncia della Corte costituzionale, si poneva in termini del tutto diversi in quanto il contratto collettivo applicabile nella specie prevedeva espressamente la mancanza addebitata al lavora tore come specifica causa giustificativa del licenziamento in tronco, senza però prescrivere l'osservanza del procedimento stabilito dall'art. 7 1. n. 300/70. Tuttavia, pur esulando dal thema decidendi, la Cassazione non ha mancato di rilevare che, per effetto della dichiarazione di incostituzionalità dei primi tre comma dell'art. 7, « al licenziamento disciplinare debbono in ogni caso applicarsi le forme procedimentali che garantiscono la difesa dell'incolpato quale che sia la previsione, in particolare, della contrattazione collettiva » : se poi si considera che nella motivazione della sentenza in epigrafe è anche precisato che « la pronuncia della Corte costituzionale ... perviene quindi, nella affermata necessità dell'osservanza di un basilare principio di coerenza tra le parti di cui si compone l'ordinamento giuridico, a riconoscere nei confronti della più grave delle sanzioni disciplinari... l'imprescindibile diretta operatività della tutela legale, rimuovendo — come detto — la

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