sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V.(concl. parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Marinello (Avv. Cossu, Delitala). Cassa App.Milano 2 ottobre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2429/2430-2435/2436Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179007 .
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2429 PARTE PRIMA 2430
tiva procura scritta del lavoratore, la successiva eventuale ratifica
deve pure avvenire con specifico atto scritto, e cioè nella stessa
forma valida per la procura a compiere l'atto; ratifica da portare
pure a conoscenza del destinatario (art. 1399 in relazione all'art.
1392 c.c.). Inoltre tutti tali atti devono essere effettuati e comuni
cati entro il termine di decadenza.
Devesi peraltro rilevare che qualora venga proposto (come im
pugnativa) direttamente il ricorso introduttivo del giudizio la pro cedura relativa al difensore contiene quella a proporre
l'impugnativa sostanziale; esso — come già detto — va diretta
mente notificato o comunicato al destinatario, per i suoi effetti
sostanziali e negoziali. Cosi pure, ove la precedente impugnativa sia stata effettuata da un legale senza procura scritta, la proposi zione del ricorso giudiziario può contenere, con la relativa procu ra al difensore stesso che già abbia posto in essere detto atto, la ratifica scritta del suo operato; ma anche tale atto va — per
quanto già sopra esposto — notificato o comunicato al datore
di lavoro.
Tanto ritenuto in linea generale anche a necessaria integrazione della motivazione della sentenza impugnata (art. 384 c.p.c.) può
passarsi all'esame dei singoli motivi del ricorso. Va dichiarato
perciò infondato il primo perché la natura negoziale dell'atto scritto
di impugnativa del licenziamento impone il necessario conferi
mento della procura scritta per il terzo che debba proporlo nel
l'interesse del lavoratore, ai sensi dell'art. 1392 c.c. (Omissis) Il ricorso viene perciò interamente rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 12 feb
braio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (conci, parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Ma
nnello (Avv. Cossu, Delitala). Cassa App. Milano 2 ottobre
1979.
Rinvio civile (giudizio di) — Questioni non riproposte al vaglio della Cassazione — Preclusione (Cod. proc. civ., art. 384, 389).
Rinvio civile (giudizio di) — Esame dei motivi dichiarati assorbiti — Motivazione della sentenza della Cassazione — Vincolatività — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 384, 394).
Il giudice di rinvio non può riesaminare le questioni che risultano
essere state già decise dal giudice di secondo grado e non ripro
poste al vaglio della Cassazione. (1) Una volta accolto dalla Corte di cassazione un motivo di ricorso
con assorbimento degli altri, il giudice di rinvio, nell'esaminare
i punti relativi al motivo dichiarato assorbito, è vincolato al
rispetto della motivazione adottata a giustificazione dell'assor
bimento (in applicazione di tale principio è stata cassata la sen
tenza con la quale il giudice di rinvio ha dichiarato inammissibile
l'opposizione al pignoramento quale reiterazione invariata del
l'opposizione al decreto ingiuntivo, quando invece la Cassazio
ne aveva dichiarato assorbito l'esame di tale questione ritenendola condizionata e dipendente dalla questione principa le relativa all'esistenza del diritto di credito sollevata con l'op
posizione al decreto ingiuntivo). (2)
(1) In applicazione del principio di diritto riportato nella massima la
Suprema corte, rilevato che la contestazione relativa all'identità tra l'op posizione all'esecuzione riguardante la pignorabilità dei beni e l'opposi zione al decreto ingiuntivo era stata rigettata dalla corte d'appello e non
riproposta tra i motivi del ricorso per cassazione, ha conseguentemente ritenuto tale questione ormai preclusa in sede di giudizio di rinvio.
Per la giurisprudenza secondo la quale l'efficacia preclusiva della sen
tenza di cassazione con rinvio non riguarda soltanto le questioni che nel
relativo giudizio sono state dedotte, ma anche quelle che avrebbero potu to essere prospettate dalle parti in sede di legittimità, cfr. Cass. 24 gen naio 1984, n. 590, Foro it., 1984, I, 2809, con nota di richiami.
(2) In giurisprudenza a fronte di sentenze in cui si sostiene che le deci sioni dichiarate assorbite possono essere riesaminate dal giudice di rinvio
Il Foro Italiano — 1987.
Svolgimento del processo. — Ilario Mannello — creditore cam
biario della società in nome collettivo f.lli Greppi, trasformatasi
nella omonima società per azioni e successivamente ammessa al
concordato preventivo, con cessione dei loro beni, omologato dal
Tribunale di Lecco con sentenza 4 marzo 1972 — chiese al presi dente del Tribunale di Milano, ed ottenne, decreto ingiuntivo prov visoriamente esecutivo per il pagamento della somma di lire 25
milioni nei confronti di Donato e di Pierluigi Greppi, soci della società in nome collettivo.
Ne seguivano tre giudizi, dei quali si riassume la parte che in
questa sede conserva rilevanza:
A) Con atto notificato 1*8 settembre 1972 i due ingiunti propo nevano davanti al Tribunale di Milano opposizione al decreto, deducendo che la obbligazione esistente a loro carico aveva carat
tere sussidiario e postulava la inutile esclusione del patrimonio sociale; che per la efficacia conferita dal 2° comma dell'art. 184 1. fall, al concordato preventivo omologato nei confronti dei soci
illimitatamente responsabili, detta obbligazione sussidiaria avreb be dovuto ritenersi ridotta nella misura in cui la procedura con
cordataria non avesse soddisfatto le ragioni del creditore, ma che in ogni caso, stante l'avvenuta cessione dei beni, essi erano libe rati da ogni obbligazione e privi, quindi, di legittimazione passi va, si che ogni azione, in pendenza della procedura concordataria, doveva essere fatta valere nei confronti del liquidatore.
B) Con altro atto di citazione, notificato sempre in data 8 set tembre 1972, Donato e Pierluigi Greppi proponevano davanti al
lo stesso Tribunale di Milano opposizione al precetto loro notificato
senza alcuna limitazione (cfr. Cass. 6 febbraio 1978, n. 542, Foro it., Rep. 1978, voce Rinvio civile, n. 10; 12 dicembre 1974, n. 4238, id., Rep. 1974, voce Cassazione civile, n. 312; 23 settembre 1966, n. 2392, id., Rep. 1966, voce cit., n. 373), vi sono sentenze nelle quali si precisa che il giudice di rinvio, nell'esaminare le questioni dichiarate assorbite, deve rispettare la motivazione contenuta nella sentenza di annullamento (cfr. Cass. 21 febbraio 1980, n. 1256, id., Rep. 1980, voce Rinvio civile, n. 23; 27 gennaio 1967, n. 229, id., Rep. 1967, voce cit., n. 9; 23 marzo 1963, n. 728, id., Rep. 1963, voce cit., n. 13).
Per l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la sentenza di annullamento con rinvio che fissa i criteri in iudicando che devono infor mare la decisione della causa, comporta che devono ritenersi implicita mente e definitivamente decise tutte le questioni preliminari che costituiscono il presupposto logico-giuridico della pronuncia di annulla mento, sicché è inibito alle parti di rimettere in discussione le questioni stesse in sede di rinvio, cfr. le sentenze richiamate in motivazione, cui adde Cass. 21 luglio 1981, n. 4704, id., Rep. 1981, voce Cassazione civi le, n. 320; 30 marzo 1981, n. 1823, ibid., voce Rinvio civile, n. 19.
Perché un motivo di gravame possa ritenersi assorbito è necessario che le ragioni per le quali è stato accolto un motivo diverso siano tali da escludere che nell'eventuale giudizio di rinvio le medesime questioni pos sano ripresentarsi, essendo il loro esame impedito radicalmente o reso
superfluo dall'accoglimento di altro motivo (Cass. 15 luglio 1980, n. 4568, id., Rep. 1980, voce Cassazione civile, n. 302; 3 aprile 1978, n. 1503, id., Rep. 1978, voce cit., n. 328). Ne deriva che il mancato rispetto della motivazione sulla quale si fonda la dichiarazione di assorbimento potreb be — come è avvenuto nel caso deciso dalla sentenza riportata in epigrafe — vanificare o limitare gli effetti della sentenza di cassazione, che enun cia il principio non in astratto ma al fine della concreta decisione del caso di specie.
Nel caso di specie la Suprema corte aveva ritenuto che il capo della sentenza relativo alla assoggettabilità degli immobili all'azione esecutiva fosse collegato da un vincolo inscindibile di pregiudizialità-dipendenza con il capo relativo alla opposizione all'ingiunzione; e proprio in ragione di tale rapporto di dipendenza la corte, dopo aver accolto l'opposizione all'ingiunzione, aveva dichiarato assorbito l'esame del capo di sentenza relativo all'opposizione al pignoramento. Il giudice di rinvio, invece, di sattendendo la motivazione utilizzata dalla Suprema corte a giustificazio ne dell'assorbimento, aveva ritenuto possibile mantenere in vita il
pignoramento (dichiarando inammissibile la relativa opposizione) quando era stata radicalmente esclusa l'esistenza del diritto di credito che ne co stituiva il presupposto sostanziale. Soluzione, questa, della quale non si
può non rilevare l'irrazionalità. Per qualche indicazione v. in dottrina Andrioli, Diritto processuale
civile, Napoli, 1979, I, 908 ss.; Mandriou, Corso di dir. proc. civ., Tori
no, 1983, II, 350 ss.; Cerino Canova, Le impugnazioni civili, Padova,
1973, 602 ss.; E. Ricci, Il giudizio civile di rinvio, Milano, 1967; Fazza
lari, Il giudizio civile di cassazione, Milano, 1960, 170 ss.; Mandrioli, Sui poteri del giudice di rinvio rispetto ai motivi assorbiti e alla situazione di fatto, in Giur. Cass. civ., 1955, XXXIII, 110 ss.; Malagù, Sulla ripro ponibilità in sede di rinvio di questioni ritenute assorbite o non esaminate dal giudice d'appello, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1345 ss. [F. Donati]
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2431 PARTE PRIMA 2432
dal Mannello in base al decreto ingiuntivo opposto, ribadendo
le ragioni nell'altro giudizio esposte.
C) Con ricorso diretto al giudice dell'esecuzione del Tribunale
di Lecco e notificato il 25 novembre 1972 Pierluigi Greppi propo neva opposizione al pignoramento immobiliare notificatagli dal
Mannello (sempre in base al decreto ingiuntivo) assumendo che
il creditore non aveva diritto di procedere esecutivamente nei suoi
confronti, in quanto egli era privo di legittimazione passiva ed
i beni pignorati — oggetto di cessione ai sensi del concordato
omologato — erano sottratti alla esecuzione individuale, per le
ragioni già esposte nelle altre due sedi.
Il Mannello resisteva alle tre opposizioni, impostando le pro
prie difese sugli assunti che gli opponenti erano coobbligati con
la società debitrice e non soltanto obbligati in via solidale; che
a seguito della trasformazione della società in nome collettivo
in società per azioni non vi erano più soci illimitatamente respon sabili per tutte le obbligazioni sociali, con conseguente inapplica bilità del principio sancito dal 2° comma dell'art. 184 1. fall.;
che ai sensi del 1° comma, seconda parte, di quella norma egli aveva conservato, nonostante la omologazione del concordato pre
ventivo, le proprie ragioni nei confronti dei coobbligati della de
bitrice principale. Riuniti i primi due giudizi, il Tribunale di Milano, con sentenza del 24 settembre 1973 accoglieva la opposi zione alla ingiunzione (ritenendo il Mannello tenuto alla osser
vanza del concordato preventivo) e dichiarava inammissibile la
opposizione al precetto, per essere stati fatti valere con essa gli
stessi motivi addotti a fondamento dell'altra opposizione e non
motivi autonomi attinenti alla validità formale del titolo esecutivo.
A definizione del terzo giudizio il Tribunale di Lecce con sen
tenza del 18 aprile 1973 dichiarava inefficace il pignoramento im
mobiliare, affermando la opponibilità del concordato preventivo
omologato anche nei confronti del Mannello.
Avverso alle due sentenze interponeva separati gravami il Ma
nnello, chiedendo nei confronti di Donato e di Pierluigi Greppi
che fosse respinta la loro opposizione al decreto ingiuntivo, e
nei confronti di Pierluigi Greppi che fosse respinta la sua opposi zione al pignoramento (concretamente, a suo avviso, una inam
missibile duplicazione della già esperita opposizione al decreto
ingiuntivo in quanto sorretta dai medesimi motivi di contestazio
ne del titolo esecutivo). I due Greppi interponevano impugnazione incidentale contro
la sentenza del Tribunale di Milano, limitatamente al capo relati
vo alla dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione al precetto. La Corte d'appello di Milano con sentenza del 14 febbraio 1975,
riuniti i procedimenti, cosi provvedeva: a) rigettava la opposizio ne dei Greppi al decreto ingiuntivo, in sostanziale adesione alle
tesi difensive al riguardo sostenute dal Mannello; ti) confermava
la declaratoria di inammissibilità della opposizione al precetto;
c) ribadiva la inefficacia del pignoramento eseguito dal Mannel
lo sui beni immobili ceduti dal Greppi alla procedura concordata
ria in quanto trascritto successivamente alla trascrizione della
sentenza di omologazione del concordato preventivo, alla quale risalivano anche gli effetti, pubblicitari e di opponibilità ai terzi, relativi alla cessio honorum.
Per la cassazione di tale sentenza Donato e Pierluigi Greppi
proponevano ricorso sulla base di tre motivi; i primi due attinenti
al rigetto della loro opposizione al decreto ingiuntivo, il terzo
concernente la dichiarata inammissibilità della loro opposizione al precetto.
II Mannello proponeva a sua volta ricorso incidentale articola
to su due motivi: con il primo si doleva che nell'accogliere la
opposizione al pignoramento, la corte di merito avesse ritenuto
a lui opponibile la cessione dei beni operata dal Greppi, anziché
rilevare la prevalenza del pignoramento sulla cessione; con il se
condo censurava che fosse stato dichiarato legittimo l'intervento
in causa del liquidatore dei beni del concordato.
Con sentenza n. 953 dell'8 marzo 1977 (Foro it., 1978, I, 206)
questa Corte di cassazione, in accoglimento dei primi due motivi
del ricorso principale dei Greppi, enunciava i principi di diritto: che la norma dettata dall'art. 184, 2° comma, 1. fall, (circa la
efficacia del concordato preventivo nella società nei confronti dei
soci illimitatamente responsabili) trova applicazione anche nell'i
potesi di ammissione al concordato di una società per azioni che
derivi dalla trasformazione di una società di persone e che abbia,
per effetto della mancata adesione dei creditori, soci illimitata
mente responsabili delle obbligazioni anteriori alla trasformazio
ne; che nei confronti di questi ultimi i creditori sociali, salvo patto
Il Foro Italiano — 1987.
contrario, non possono pretendere più della percentuale concor
data (nel caso che il concordato preveda un pagamento dei debiti
in percentuale) o non possono pretendere alcunché nel caso di
concordato attuato con cessione dei beni.
Di conseguenza questa corte affermava — in contrasto con l'av
viso espresso nella sentenza impugnata — che il concordato pre ventivo della società per azioni f.lli Greppi, nella quale si era
trasfusa la omonima società in nome collettivo, era efficace an
che nei confronti di Donato e Pierluigi Greppi, quali soci illimita
tamente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società prima della sua trasformazione; e che essendo stato il concordato attua
to con la cessione dei beni, il Mannello, creditore cambiario della
società, non poteva agire nei loro confronti per il pagamento del
proprio credito.
Precisava ancora questa corte che l'accoglimento dei primi due
motivi del ricorso principale comportava l'assorbimento del terzo
motivo dello stesso ricorso e dei due motivi del ricorso incidenta
le, i quali investivano i capi della sentenza impugnata concernenti
i giudizi di opposizione al precetto ed al pignoramento, legati da un evidente nesso di pregiudizialità - dipendenza al giudizio di opposizione all'ingiunzione, cui si riferivano i motivi accolti.
Con riferimento a questi, la sentenza impugnata veniva pertan to cassata e la causa veniva rimessa per il nuovo esame, anche
in ordine alle spese, ad altra sezione della Corte d'appello di
Milano.
Avanti a detta corte il giudizio veniva riassunto ad iniziativa
dei Greppi, i quali sostanzialmente chiedevano: a) che fosse con
fermata la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui
aveva accolto la loro opposizione al decreto ingiuntivo; b) che
fosse riformato il capo di quella sentenza nella parte in cui era
stata dichiarata inammissibile la opposizione al precetto; c) che
fosse confermata la sentenza del Tribunale di Lecco nella parte in cui in accoglimento della opposizione al pignoramento, questo
era stato dichiarato inefficace; d) che il Mannello fosse condan
nato al rimborso, in loro favore, delle spese relative a tutte le
diverse fasi dei vari giudizi. Il Mannello, costituitosi, chiedeva a sua volta al giudice del
rinvio che fosse confermata la sentenza del Tribunale di Milano
nella parte in cui aveva respinto la opposizione a precetto sicco
me inammissibile; che fosse riformata la sentenza del Tribunale
di Lecco nella parte in cui aveva accolto la opposizione a «pre
cetto» (recte: pignoramento), dichiarandosi la stessa inammissibi
le per identità di petitum con la già accolta opposizione a decreto
ingiuntivo, da parte del Tribunale di Milano; che fosse giudicato
secondo diritto in ordine a quest'ultima opposizione, e fosse di
sposta la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio.
Con sentenza depositata il 2 ottobre 1979 la Corte d'appello
di Milano cosi statuiva quale giudice del rinvio: confermava la
sentenza resa dal Tribunale di Milano sia nella parte in cui aveva
accolto la opposizione dei Greppi avverso il decreto ingiuntivo, sia nella parte in cui aveva dichiarato inammissibile la opposizio ne da loro proposta avverso il precetto; in riforma della sentenza
resa dal Tribunale di Lecco dichiarava inammissibile la opposi zione proposta da Pierluigi Greppi avverso il pignoramento, os
servando al riguardo che la contestazione mossa attraverso quel mezzo — concretamente una vera e propria opposizione alla ese
cuzione — atteneva non già alla esistenza ed alla validità del tito
lo, ovvero alla caducazione di esso posteriormente alla sua
formazione, bensì' all'intrinseco contenuto del titolo medesimo, il quale nella specie era suscettivo di riesame solo da parte del
giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo nella veste di giudi ce del merito della pretesa; compensava infine, per intero, tra
le parti, le spese processuali attinenti le fasi sia del merito che
di legittimità. Avverso tale sentenza Donato e Pierluigi Greppi hanno tempe
stivamente proposto ricorso per cassazione, impostato su quattro motivi di censura. Ilario Mannello ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione. — 1. - Coperti ormai da giudicato i
capi della sentenza concernenti l'accoglimento della opposizione al decreto ingiuntivo e l'inammissibilità della opposizione al pre
cetto, la impugnazione in esame investe esclusivamente la decisio
ne resa dal giudice del rinvio in ordine alla opposizione ex art.
615, 2° comma, c.p.c., riguardante la pignorabilità dei beni e
quella, conseguenziale, della regolamentazione delle spese pro cessuali.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Accolta in primo grado, dal Tribunale di Lecco, quest'ultima
opposizione, il Mannello interpose gravame davanti alla Corte
d'appello di Milano, sulla base di due distinti ordini di considera zioni: a) perché il mezzo costituiva una «inammissibile duplica zione» della opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto sorretto
dai medesimi motivi di contestazione del titolo esecutivo; b) per ché non era a lui Mannello opponibile la cessione dei beni alla
società, ancorché richiamata nella sentenza di omologazione del
concordato preventivo, trascritta anteriormente al pignoramento. La Corte d'appello di Milano, quale giudice di secondo grado,
disattese entrambe le prospettazioni: osservando, in ordine a quella
sub a), che tra il giudizio attinente alla validità formale e sostan
ziale del provvedimento monitorio ed il giudizio di opposizione alla assoggettabilità degli immobili alla esecuzione correva «un
nesso di interdipendenza logico-giuridica, per cui la causa decisa
dal Tribunale di Lecco assume(va) rispetto a quella decisa dal
Tribunale di Milano, carattere di accessorietà», volta che i motivi
per la decisione sulla domanda accessoria dovevano trarsi, essen
zialmente, dalla decisione sulla domanda principale; osservando,
ancora, in ordine alla tesi sub b), che la trascrizione della senten
za di omologazione del concordato, antecedente alla trascrizione
del pignoramento eseguita dal creditore del socio, era di per sé
sufficiente a rendere a lui opponibile la cessione dei beni alla
società.
Con il ricorso, incidentale, per cassazione a suo tempo propo
sto, il Mannello non ha più insistito sulla questione sub a), atti
nente al rapporto di identità oggettiva oppure di accessorietà tra
le due opposizioni, ma ha concentrato le proprie censure sulla
questione sub b), vertente «sulla opponibilità della cessazione dei
beni» (come testualmente riassunto nella rubrica del primo moti
vo di detto ricorso). Dal suo canto questa corte di legittimità, con la precedente
sentenza n. 953 del 1977 — lungi dal riprendere in esame la que
stione sub a) la cui soluzione da parte della corte milanese non
costituiva materia di impugnazione — ha dato atto, nel rigettare l'eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale, che corret
tamente la corte di merito aveva ritenuto essere state sottoposte
al suo esame sia la questione relativa alla legittimità del decreto
ingiuntivo sia quella concernente la legittimità della intrapresa ese
cuzione, in quanto il capo della sentenza relativo alla assoggetta
bilità degli immobili all'azione esecutiva era collegato da un vincolo
inscindibile di pregiudizialità-dipendenza con il capo relativo alla
opposizione alla ingiunzione. E proprio in ragione di tale rapporto di dipendenza, questa
corte (dopo avere affermato che il concordato preventivo della
società per azioni era efficace nei confronti dei soci illimitata
mente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società prima
della sua trasformazione e che, essendo stato quel concordato
attuato con la cessione dei beni, il Mannello creditore cambiario
della società non poteva agire nei confronti dei Greppi per il pa
gamento del proprio credito) oltre ad accogliere il ricorso princi
pale dei Greppi attinente all'ingiusto rigetto della loro opposizione
alla ingiunzione, ha dichiarato assorbito l'esame del ricorso inci
dentale del Mannello per la parte in cui investiva il capo (dipen
dente) della sentenza relativo alla opposizione al pignoramento. Tali essendo i motivi della cassazione della sentenza resa in
sede di gravame e tali essendo le ragioni dell'assorbimento dei
motivi di censura non esaminati, solo in parte e per i profili che
si preciseranno, meritano accoglimento le critiche mosse alla pro
nuncia emessa in sede di rinvio, laddove essa ha ritenuto inam
missibile la opposizione al pignoramento quale reiterazione
invariata della opposizione al decreto ingiuntivo. 2. - Anzitutto non risulta esatto l'assunto di cui al primo moti
vo del ricorso, secondo cui questa corte con la precedente senten
za del 1977 avrebbe inteso rigettare il ricorso incidentale del
Mannello avverso la affermata efficacia del pignoramento, pur
avendo reso al riguardo una pronuncia di assorbimento, e secon
do cui in ordine a tale questione era precluso ogni esame da parte
del giudice del rinvio. Costituisce consolidato insegnamento giurisprudenziale che l'ac
coglimento in sede di legittimità di un motivo di ricorso, con
dichiarazione di assorbimento di altri, non importa la conferma
implicita della sentenza impugnata rispetto alle questioni trattate
nei motivi assorbiti, che, in quanto tali, per definizione non pos
sono considerarsi decise (cfr. Cass. 23 settembre 1966, n. 2392,
id., Rep. 1966, voce Cassazione civile, n. 373; 12 dicembre 1974,
n. 4238, id., Rep. 1974, voce cit., n. 312; 6 febbraio 1978, n.
Il Foro Italiano — 1987.
542 e 13 ottobre 1978, n. 4589, id., Rep. 1978, voce Rinvio civile,
nn. 10, 11). Se, in linea di principio, l'esame delle questioni assorbite deve
essere condotto dal giudice del rinvio (sempreché ne sia investito
dalla parte interessata) senza alcuna limitazione, ciò non di meno
quando — come nel caso in esame — l'assorbimento sia stato
dichiarato in ragione del rapporto di pregiudizialità-dipendenza
collegante la questione di cui al motivo accolto, il giudice del
rinvio nel decidere i punti ancora controversi devoluti al suo esa
me non può obliterare o denegare detto rapporto senza sconfes
sare l'iter argomentativo che ha giustificato la pronuncia medesima
di assorbimento.
Rientra dunque nel potere-dovere del giudice del rinvio il deci
dere anche la questione di cui al motivo dichiarato, in sede di
legittimità, assorbito, ma la decisione al riguardo si presenta del
tutto vincolata al rispetto della motivazione adottata a giustifica zione dell'assorbimento, se il principio di diritto cui egli deve at
tenersi è stato segnalato come utile e sufficiente, una volta applicato in concreto in sede di rinvio, a dirimere esaurientemente ed uni
vocamente, per via di logica conseguenzialità, anche la questione
dipendente.
Senonché, nel caso in esame, il giudice del rinvio si è sottratto
a tale compito ed ha ritenuto essergli consentito di riesumare una
eccezione preliminare ed estranea al tema della inefficacia del pi
gnoramento — quella dell'ammissibilità o meno di una opposi zione ex art. 615, 2° comma, c.p.c., reiterante i motivi di una
già proposta posizione a decreto ingiuntivo — la quale doveva
invece essere considerata preclusa perché risolta dal giudice di
secondo grado in senso sfavorevole agli assunti del Mannello e
non più proposta tra i motivi del ricorso incidentale per cassazione.
3. - All'errore nel quale il giudice del rinvio è incorso non s'at
taglia nemmeno la critica svolta nel secondo motivo del ricorso
in esame, nel senso che: a) la precedente sentenza di questa Cor
te suprema aveva esplicitamente annullato la parte della sentenza
di merito relativa al problema della inefficacia del pignoramento;
b) e perciò detto capo della sentenza non poteva essere riformato
od annullato in sede di rinvio; c) senza che il giudice consumasse
una usurpazione di potere giurisdizionale. Sin dalla premessa sub a) questo ragionamento non può essere
condiviso.
Nella parte iniziale della motivazione della sentenza n. 953 del
1977 questa corte, nel rigettare l'eccezione d'inammissibilità del
ricorso incidentale del Mannello, aveva ribadito il consolidato
canone giurisprudenziale a tenore del quale doveva escludersi la
formazione di un giudicato parziale in ordine ad un capo della
decisione che anziché essere dotato di una propria autonomia si
presentava legato da un inscindibile vincolo di pregiudizialità
dipendenza con altro capo della sentenza impugnata. Di tale principio questa corte ebbe poi a tener conto nel trac
ciare i limiti dell'annullamento della pronuncia denunziata, dal
momento che il motivo del ricorso incidentale del Mannello atti
nente alla ritenuta inefficacia del pignoramento non venne esami
nato né rigettato, ma soltanto dichiarato assorbito.
Non può dunque dubitarsi che la Cassazione della sentenza in
vesti non solo il suo capo principale, relativo alla decisione resa
in ordine alla opposizione alla ingiunzione ed alla sussistenza del
diritto di credito, ma anche il capo dipendente, relativo alla deci
sione resa in ordine alla opposizione al pignoramento ed alla le
gittimità dell'azione esecutiva immobiliare intrapresa in base a
quel titolo di credito.
Al giudice del rinvio non può quindi farsi addebito di avere
straripato dai limiti della materia devoluta al suo esame: e ciò
esime dal considerare che, in ogni caso, un eventuale eccesso in
quel senso avrebbe concentrato soltanto uno scorretto esercizio
della potestas iudicandi per violazione del giudicato (interno) e
per esorbitanza dell'ambito della sua competenza funzionale (cfr.
Cass. 13 maggio 1985, n. 2987, id., Rep. 1985, voce Cassazione
civile, n. 124), ma non sarebbe mai censurabile sotto il profilo
del difetto di giurisdizione. 4. - Meritevole di accoglimento è invece il terzo motivo del
ricorso, nella parte in cui i Greppi — denunziando la violazione
e falsa applicazione degli art. 345, 383, 384 e 394 c.p.c. in rela
zione all'art. 360, n. 3, c.p.c. — rimproverano al giudice del rin
vio di avere affermato l'inammissibilità dell'opposizione
all'esecuzione (sul rilievo che con essa si contestava l'intrinseco
contenuto del titolo esecutivo il cui riesame era riservato al giudi
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2435 PARTE PRIMA 2436
ce dell'opposizione al decreto ingiuntivo), senza avvedersi: a) che
l'oggetto della opposizione al pignoramento concerneva la assog
gettabilità alla procedura esecutiva di beni dei quali il Greppi, attraverso la cessione alla società, aveva perso la disponibilità;
ti) che l'eccezione di inammissibilità, per duplicazione di doman
da, non apparteneva più al processo, né poteva essere riproposta al giudice del rinvio in quanto del tutto abbandonata dal Man
nello nei motivi da lui addotti a sostegno del ricorso incidentale
per cassazione, dopo che la corte milanese aveva ravvisato tra
la causa di opposizione alla ingiunzione di pagamento e quello sulla efficacia del pignoramento un rapporto non di identità ma
di accessorietà.
Tali censure — che a questa corte consentono l'esame diretto
degli atti del processo — sono fondate.
A parte che l'opposizione ex art. 615, 2° comma, c.p.c., per la parte relativa alla non assoggettabilità di beni determinati alla
intrapresa esecuzione implicava una problematica non suscettiva,
per il suo proprium essenziale, di essere anticipata o riassorbita
nell'ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ri
sulta decisiva la considerazione che il giudice del rinvio ha utiliz
zato, per addivenire alla pronuncia di inammissibilità
dell'opposizione al pignoramento, una questione già dibattuta tra
le parti, già risolta in senso negativo dal giudice di secondo grado ed ormai preclusa, anche alla luce della sentenza resa nel prece dente giudizio di legittimità.
Come è noto, la materia del contendere nelle successive fasi
o gradi del medesimo giudizio è disciplinata nella prospettiva di
una razionale progressiva eliminazione delle questioni, in fatto
od in diritto, dibattute: o perché abbandonate, o perché precluse o perché decise, senza che siano consentiti ritorni involutivi sui
problemi ormai definitivamente espunti dall'area della controversia.
In particolare il giudizio di rinvio — avendo per suo precipuo
scopo quello di consentire una nuova statuizione che prenda il
posto di quella cassata — costituisce essenzialmente un «processo chiuso» nel senso che la rinnovazione dell'esame da parte del nuovo
giudice designato dalla Corte di cassazione sopra i punti relativa
mente ai quali vennero cassate le statuizioni del giudice di secon
do grado, oltre ad essere condotto sulla base dei motivi di appello
già proposti, deve altresì essere contenuto nei limiti deducibili
dal principio di diritto enunciato dalla corte di legittimità me
desima.
Non ricadono pertanto nell'ambito dell'esame del giudice del
rinvio non soltanto le questioni già decise dal giudice di secondo
grado e non riproposte al vaglio della Corte di cassazione né coin
volte nell'annullamento da questa pronunziato, ma anche le que stioni preliminari o pregiudiziali che — pur potendo essere adottate
o rilevate di ufficio in sede di legittimità — devono considerarsi
implicitamente decise in via definitiva dalla Corte di cassazione
quali presupposti necessari ed indefettibili della sua decisione (cfr. Cass. 27 aprile 1985, n. 2751, id., Rep. 1985, voce cit., n. 120; 25 marzo 1985, n. 2119, ibid., voce Rinvio civile, n. 15; 7 gen naio 1980, n. 96, id., Rep. 1980, voce cit., n. 19; 6 aprile 1978, n. 1586, id., Rep. 1978, voce Cassazione civile, n. 327; 24 marzo
1976, n. 1058, id., Rep. 1976, voce Rinvio civile, n. 12); ed a
maggior ragione le questioni che sommano entrambe le caratteri
stiche di quelle sopra indicate, perché risultano nel contempo es
sere state già decise dal giudice di secondo grado ed essere state
valorizzate dal giudice di legittimità a fondamento, o presuppo sto logico-giuridico della sua pronuncia.
Una volta accolto dalla Corte di cassazione un motivo di ricor
so, con assorbimento di altri motivi (per violazione e falsa appli cazione di norme di legge), non è più possibile in sede di rinvio
sia modificare la situazione di fatto assunta a base della duplice statuizione (accoglimento-assorbimento) sia alterare le valutazio
ni giuridiche che quali punti fermi, costituendo le premesse o gli antecedenti dell 'iter argomentativo seguito dalla corte, concorro
no a giustificare, unitariamente, e l'enunciazione del principio di
diritto e il carattere decisorio ad esso assegnato. Nel caso in esame questa corte, con la sentenza del 1977, in
tanto ha stabilito che il principio di diritto enunciato fosse risolu
to dell'intera materia ancora controversa (e cioè sia del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sia del giudizio di opposizio ne al pignoramento) in quanto ha trovato già risolto e precluso il problema se tra l'una e l'altra causa intercorresse un rapporto di identità oppure di mera pregiudizialità-dipendenza; ed in tanto
ha dichiarato assorbito l'esame del ricorso incidentale del Man nello in quanto ha ribadito che la questione della pignorabilità
Il Foro Italiano — 1987.
dei beni risultava condizionata e dipendente dalla questione (prin
cipale) relativa alla esistenza del diritto di credito.
Non era pertanto consentito al giudice del rinvio, senza altera
re i limiti del riesame demandatogli, denegare la validità di queste valutazioni concernenti l'ambito ed i presupposti della pronuncia di annullamento-assorbimento: né in particolare gli era consenti
to di riesumare una eccezione, ormai espunta dall'area della con
troversia, quale quella della identità tra le due cause di opposizione. In accoglimento del terzo motivo del ricorso, l'erronea statui
zione del giudice del rinvio circa l'inammissibile duplicazione di domande deve essere cassata e la causa sulla assoggettabilità a
pignoramento dei beni deve essere rimessa, per il nuovo esame, ad altro giudice.
Questi — che si designa nella Corte d'appello di Brescia —
la deciderà in applicazione del principio di diritto a suo tempo affermato da questa corte ed in coerenza con il giudicato ormai
già formatosi sulla causa di opposizione al decreto ingiuntivo (non
dimenticando, cioè, che la soluzione da dare alla prima, è vinco
lata dalla sua dipendenza alla soluzione data alla seconda).
(Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 febbraio
1987, n. 1315; Pres. Menichino, Est. D'Alberto, P.M. Golia
(conci, conf.); Banca di credito popolare (Avv. Fortino) c.
Costa (Avv. Trimarchi). Cassa Trib. Messina 5 luglio 1982.
Lavoro (rapporto) — Trasferimento del lavoratore — Unità pro duttiva — Nozione (Cod. civ., art. 2103; 1. 20 maggio 1970
n. 300, norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavo
ratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 13, 35).
Il concetto di unità produttiva, di cui all'art. 35 l. n. 300 del
1970, che si applica ad ogni altra disposizione della medesima
legge in cui si fa riferimento a siffatta unità, deve essere carat
terizzato dall'autonomia, non potendo essere utilizzato il crite
rio «geografico», privo di riscontro normativo. (1) L'autonomia collettiva può predeterminare convenzionalmente
l'ambito territoriale minimale al di sotto del quale non è con
sentita la configurazione di un'unità produttiva (nella specie, è stata cassata la sentenza che non aveva tenuto conto dell'art.
9 della convenzione 18 giugno 1970 nel settore bancario nel
quale è previsto che «per unità produttiva si intendono il com
plesso delle dipendenze, comunque denominate — sedi, filiali,
succursali, agenzie, uffici, ecc. — operanti nell'ambito dello
stesso comune» con la conseguenza che lo spostamento entro
l'ambito comunale non soggiace alla disciplina del trasferimen to dettata dall'art. 13 della l. n. 300 del 1970). (2)
(1) La Cassazione conferma il proprio indirizzo in ordine al concetto «unitario» di unità produttiva più volte, in precedenza, enunciato: v., da ultimo, oltre alle sentenze citate in motivazione, Cass. 21 febbraio
1986, n. 1064, Foro it., 1986, I, 662. Contra, Cass. 24 giugno 1977, n.
2691, id., 1978, I, 522, con nota di Genoviva. In dottrina, a favore dell'unitarietà del concetto di unità produttiva,
v. Cester, Unità produttiva e rapporti di lavoro, Padova, 1983, 122 ss., e, più recentemente, Vallebona, Il trasferimento del lavoratore, in Riv. it. dir. lav., 1987, I, 67, 73.
Contra, per tutti Angiello, Il trasferimento dei lavoratori, Padova, 1986, 27 ss.
Nella pronuncia in epigrafe viene disatteso il criterio «geografico» che, anche recentemente, è stato seguito dalla Cassazione (v. sent. 18 maggio 1984, n. 3076 Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 1051, e in Giust. civ., 1985, I, 115, con nota di Ghinoy).
Di contro, viene data rilevanza al requisito dell'autonomia che deve caratterizzare l'unità produttiva al di là dello spostamento territoriale del
dipendente, con la conseguenza che potrebbe concepirsi un'unità produt tiva, dislocata anche in vari comuni, mentre sarebbe possibile configurare più unità produttive nell'ambito di uno stesso edificio.
Di siffatto avviso in dottrina, da ultimo, Vallebona, Il trasferimento del lavoratore, Padova, 1986; contra, per tutti, Angiello, Il trasferimen to dei lavoratori, cit., 34.
(2) Partendo dalla già dichiarata legittimità dell'art. 5 della convenzio ne 18 giugno 1970 per i diritti e le relazioni sindacali presso le aziende di credito e finanziarie (cfr. sul punto Cass., sez. un., 8 settembre 1981, n. 5057, Foro it., 1982, I, 737, con nota di Curzio, Autonomia collet
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