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sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V....

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sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (concl. parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Marinello (Avv. Cossu, Delitala). Cassa App. Milano 2 ottobre 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2429/2430-2435/2436 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179007 . Accessed: 28/06/2014 15:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.109 on Sat, 28 Jun 2014 15:18:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (concl. parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Marinello (Avv. Cossu, Delitala).

sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V.(concl. parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Marinello (Avv. Cossu, Delitala). Cassa App.Milano 2 ottobre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2429/2430-2435/2436Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179007 .

Accessed: 28/06/2014 15:18

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2429 PARTE PRIMA 2430

tiva procura scritta del lavoratore, la successiva eventuale ratifica

deve pure avvenire con specifico atto scritto, e cioè nella stessa

forma valida per la procura a compiere l'atto; ratifica da portare

pure a conoscenza del destinatario (art. 1399 in relazione all'art.

1392 c.c.). Inoltre tutti tali atti devono essere effettuati e comuni

cati entro il termine di decadenza.

Devesi peraltro rilevare che qualora venga proposto (come im

pugnativa) direttamente il ricorso introduttivo del giudizio la pro cedura relativa al difensore contiene quella a proporre

l'impugnativa sostanziale; esso — come già detto — va diretta

mente notificato o comunicato al destinatario, per i suoi effetti

sostanziali e negoziali. Cosi pure, ove la precedente impugnativa sia stata effettuata da un legale senza procura scritta, la proposi zione del ricorso giudiziario può contenere, con la relativa procu ra al difensore stesso che già abbia posto in essere detto atto, la ratifica scritta del suo operato; ma anche tale atto va — per

quanto già sopra esposto — notificato o comunicato al datore

di lavoro.

Tanto ritenuto in linea generale anche a necessaria integrazione della motivazione della sentenza impugnata (art. 384 c.p.c.) può

passarsi all'esame dei singoli motivi del ricorso. Va dichiarato

perciò infondato il primo perché la natura negoziale dell'atto scritto

di impugnativa del licenziamento impone il necessario conferi

mento della procura scritta per il terzo che debba proporlo nel

l'interesse del lavoratore, ai sensi dell'art. 1392 c.c. (Omissis) Il ricorso viene perciò interamente rigettato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 12 feb

braio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (conci, parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Ma

nnello (Avv. Cossu, Delitala). Cassa App. Milano 2 ottobre

1979.

Rinvio civile (giudizio di) — Questioni non riproposte al vaglio della Cassazione — Preclusione (Cod. proc. civ., art. 384, 389).

Rinvio civile (giudizio di) — Esame dei motivi dichiarati assorbiti — Motivazione della sentenza della Cassazione — Vincolatività — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 384, 394).

Il giudice di rinvio non può riesaminare le questioni che risultano

essere state già decise dal giudice di secondo grado e non ripro

poste al vaglio della Cassazione. (1) Una volta accolto dalla Corte di cassazione un motivo di ricorso

con assorbimento degli altri, il giudice di rinvio, nell'esaminare

i punti relativi al motivo dichiarato assorbito, è vincolato al

rispetto della motivazione adottata a giustificazione dell'assor

bimento (in applicazione di tale principio è stata cassata la sen

tenza con la quale il giudice di rinvio ha dichiarato inammissibile

l'opposizione al pignoramento quale reiterazione invariata del

l'opposizione al decreto ingiuntivo, quando invece la Cassazio

ne aveva dichiarato assorbito l'esame di tale questione ritenendola condizionata e dipendente dalla questione principa le relativa all'esistenza del diritto di credito sollevata con l'op

posizione al decreto ingiuntivo). (2)

(1) In applicazione del principio di diritto riportato nella massima la

Suprema corte, rilevato che la contestazione relativa all'identità tra l'op posizione all'esecuzione riguardante la pignorabilità dei beni e l'opposi zione al decreto ingiuntivo era stata rigettata dalla corte d'appello e non

riproposta tra i motivi del ricorso per cassazione, ha conseguentemente ritenuto tale questione ormai preclusa in sede di giudizio di rinvio.

Per la giurisprudenza secondo la quale l'efficacia preclusiva della sen

tenza di cassazione con rinvio non riguarda soltanto le questioni che nel

relativo giudizio sono state dedotte, ma anche quelle che avrebbero potu to essere prospettate dalle parti in sede di legittimità, cfr. Cass. 24 gen naio 1984, n. 590, Foro it., 1984, I, 2809, con nota di richiami.

(2) In giurisprudenza a fronte di sentenze in cui si sostiene che le deci sioni dichiarate assorbite possono essere riesaminate dal giudice di rinvio

Il Foro Italiano — 1987.

Svolgimento del processo. — Ilario Mannello — creditore cam

biario della società in nome collettivo f.lli Greppi, trasformatasi

nella omonima società per azioni e successivamente ammessa al

concordato preventivo, con cessione dei loro beni, omologato dal

Tribunale di Lecco con sentenza 4 marzo 1972 — chiese al presi dente del Tribunale di Milano, ed ottenne, decreto ingiuntivo prov visoriamente esecutivo per il pagamento della somma di lire 25

milioni nei confronti di Donato e di Pierluigi Greppi, soci della società in nome collettivo.

Ne seguivano tre giudizi, dei quali si riassume la parte che in

questa sede conserva rilevanza:

A) Con atto notificato 1*8 settembre 1972 i due ingiunti propo nevano davanti al Tribunale di Milano opposizione al decreto, deducendo che la obbligazione esistente a loro carico aveva carat

tere sussidiario e postulava la inutile esclusione del patrimonio sociale; che per la efficacia conferita dal 2° comma dell'art. 184 1. fall, al concordato preventivo omologato nei confronti dei soci

illimitatamente responsabili, detta obbligazione sussidiaria avreb be dovuto ritenersi ridotta nella misura in cui la procedura con

cordataria non avesse soddisfatto le ragioni del creditore, ma che in ogni caso, stante l'avvenuta cessione dei beni, essi erano libe rati da ogni obbligazione e privi, quindi, di legittimazione passi va, si che ogni azione, in pendenza della procedura concordataria, doveva essere fatta valere nei confronti del liquidatore.

B) Con altro atto di citazione, notificato sempre in data 8 set tembre 1972, Donato e Pierluigi Greppi proponevano davanti al

lo stesso Tribunale di Milano opposizione al precetto loro notificato

senza alcuna limitazione (cfr. Cass. 6 febbraio 1978, n. 542, Foro it., Rep. 1978, voce Rinvio civile, n. 10; 12 dicembre 1974, n. 4238, id., Rep. 1974, voce Cassazione civile, n. 312; 23 settembre 1966, n. 2392, id., Rep. 1966, voce cit., n. 373), vi sono sentenze nelle quali si precisa che il giudice di rinvio, nell'esaminare le questioni dichiarate assorbite, deve rispettare la motivazione contenuta nella sentenza di annullamento (cfr. Cass. 21 febbraio 1980, n. 1256, id., Rep. 1980, voce Rinvio civile, n. 23; 27 gennaio 1967, n. 229, id., Rep. 1967, voce cit., n. 9; 23 marzo 1963, n. 728, id., Rep. 1963, voce cit., n. 13).

Per l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la sentenza di annullamento con rinvio che fissa i criteri in iudicando che devono infor mare la decisione della causa, comporta che devono ritenersi implicita mente e definitivamente decise tutte le questioni preliminari che costituiscono il presupposto logico-giuridico della pronuncia di annulla mento, sicché è inibito alle parti di rimettere in discussione le questioni stesse in sede di rinvio, cfr. le sentenze richiamate in motivazione, cui adde Cass. 21 luglio 1981, n. 4704, id., Rep. 1981, voce Cassazione civi le, n. 320; 30 marzo 1981, n. 1823, ibid., voce Rinvio civile, n. 19.

Perché un motivo di gravame possa ritenersi assorbito è necessario che le ragioni per le quali è stato accolto un motivo diverso siano tali da escludere che nell'eventuale giudizio di rinvio le medesime questioni pos sano ripresentarsi, essendo il loro esame impedito radicalmente o reso

superfluo dall'accoglimento di altro motivo (Cass. 15 luglio 1980, n. 4568, id., Rep. 1980, voce Cassazione civile, n. 302; 3 aprile 1978, n. 1503, id., Rep. 1978, voce cit., n. 328). Ne deriva che il mancato rispetto della motivazione sulla quale si fonda la dichiarazione di assorbimento potreb be — come è avvenuto nel caso deciso dalla sentenza riportata in epigrafe — vanificare o limitare gli effetti della sentenza di cassazione, che enun cia il principio non in astratto ma al fine della concreta decisione del caso di specie.

Nel caso di specie la Suprema corte aveva ritenuto che il capo della sentenza relativo alla assoggettabilità degli immobili all'azione esecutiva fosse collegato da un vincolo inscindibile di pregiudizialità-dipendenza con il capo relativo alla opposizione all'ingiunzione; e proprio in ragione di tale rapporto di dipendenza la corte, dopo aver accolto l'opposizione all'ingiunzione, aveva dichiarato assorbito l'esame del capo di sentenza relativo all'opposizione al pignoramento. Il giudice di rinvio, invece, di sattendendo la motivazione utilizzata dalla Suprema corte a giustificazio ne dell'assorbimento, aveva ritenuto possibile mantenere in vita il

pignoramento (dichiarando inammissibile la relativa opposizione) quando era stata radicalmente esclusa l'esistenza del diritto di credito che ne co stituiva il presupposto sostanziale. Soluzione, questa, della quale non si

può non rilevare l'irrazionalità. Per qualche indicazione v. in dottrina Andrioli, Diritto processuale

civile, Napoli, 1979, I, 908 ss.; Mandriou, Corso di dir. proc. civ., Tori

no, 1983, II, 350 ss.; Cerino Canova, Le impugnazioni civili, Padova,

1973, 602 ss.; E. Ricci, Il giudizio civile di rinvio, Milano, 1967; Fazza

lari, Il giudizio civile di cassazione, Milano, 1960, 170 ss.; Mandrioli, Sui poteri del giudice di rinvio rispetto ai motivi assorbiti e alla situazione di fatto, in Giur. Cass. civ., 1955, XXXIII, 110 ss.; Malagù, Sulla ripro ponibilità in sede di rinvio di questioni ritenute assorbite o non esaminate dal giudice d'appello, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1345 ss. [F. Donati]

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2431 PARTE PRIMA 2432

dal Mannello in base al decreto ingiuntivo opposto, ribadendo

le ragioni nell'altro giudizio esposte.

C) Con ricorso diretto al giudice dell'esecuzione del Tribunale

di Lecco e notificato il 25 novembre 1972 Pierluigi Greppi propo neva opposizione al pignoramento immobiliare notificatagli dal

Mannello (sempre in base al decreto ingiuntivo) assumendo che

il creditore non aveva diritto di procedere esecutivamente nei suoi

confronti, in quanto egli era privo di legittimazione passiva ed

i beni pignorati — oggetto di cessione ai sensi del concordato

omologato — erano sottratti alla esecuzione individuale, per le

ragioni già esposte nelle altre due sedi.

Il Mannello resisteva alle tre opposizioni, impostando le pro

prie difese sugli assunti che gli opponenti erano coobbligati con

la società debitrice e non soltanto obbligati in via solidale; che

a seguito della trasformazione della società in nome collettivo

in società per azioni non vi erano più soci illimitatamente respon sabili per tutte le obbligazioni sociali, con conseguente inapplica bilità del principio sancito dal 2° comma dell'art. 184 1. fall.;

che ai sensi del 1° comma, seconda parte, di quella norma egli aveva conservato, nonostante la omologazione del concordato pre

ventivo, le proprie ragioni nei confronti dei coobbligati della de

bitrice principale. Riuniti i primi due giudizi, il Tribunale di Milano, con sentenza del 24 settembre 1973 accoglieva la opposi zione alla ingiunzione (ritenendo il Mannello tenuto alla osser

vanza del concordato preventivo) e dichiarava inammissibile la

opposizione al precetto, per essere stati fatti valere con essa gli

stessi motivi addotti a fondamento dell'altra opposizione e non

motivi autonomi attinenti alla validità formale del titolo esecutivo.

A definizione del terzo giudizio il Tribunale di Lecce con sen

tenza del 18 aprile 1973 dichiarava inefficace il pignoramento im

mobiliare, affermando la opponibilità del concordato preventivo

omologato anche nei confronti del Mannello.

Avverso alle due sentenze interponeva separati gravami il Ma

nnello, chiedendo nei confronti di Donato e di Pierluigi Greppi

che fosse respinta la loro opposizione al decreto ingiuntivo, e

nei confronti di Pierluigi Greppi che fosse respinta la sua opposi zione al pignoramento (concretamente, a suo avviso, una inam

missibile duplicazione della già esperita opposizione al decreto

ingiuntivo in quanto sorretta dai medesimi motivi di contestazio

ne del titolo esecutivo). I due Greppi interponevano impugnazione incidentale contro

la sentenza del Tribunale di Milano, limitatamente al capo relati

vo alla dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione al precetto. La Corte d'appello di Milano con sentenza del 14 febbraio 1975,

riuniti i procedimenti, cosi provvedeva: a) rigettava la opposizio ne dei Greppi al decreto ingiuntivo, in sostanziale adesione alle

tesi difensive al riguardo sostenute dal Mannello; ti) confermava

la declaratoria di inammissibilità della opposizione al precetto;

c) ribadiva la inefficacia del pignoramento eseguito dal Mannel

lo sui beni immobili ceduti dal Greppi alla procedura concordata

ria in quanto trascritto successivamente alla trascrizione della

sentenza di omologazione del concordato preventivo, alla quale risalivano anche gli effetti, pubblicitari e di opponibilità ai terzi, relativi alla cessio honorum.

Per la cassazione di tale sentenza Donato e Pierluigi Greppi

proponevano ricorso sulla base di tre motivi; i primi due attinenti

al rigetto della loro opposizione al decreto ingiuntivo, il terzo

concernente la dichiarata inammissibilità della loro opposizione al precetto.

II Mannello proponeva a sua volta ricorso incidentale articola

to su due motivi: con il primo si doleva che nell'accogliere la

opposizione al pignoramento, la corte di merito avesse ritenuto

a lui opponibile la cessione dei beni operata dal Greppi, anziché

rilevare la prevalenza del pignoramento sulla cessione; con il se

condo censurava che fosse stato dichiarato legittimo l'intervento

in causa del liquidatore dei beni del concordato.

Con sentenza n. 953 dell'8 marzo 1977 (Foro it., 1978, I, 206)

questa Corte di cassazione, in accoglimento dei primi due motivi

del ricorso principale dei Greppi, enunciava i principi di diritto: che la norma dettata dall'art. 184, 2° comma, 1. fall, (circa la

efficacia del concordato preventivo nella società nei confronti dei

soci illimitatamente responsabili) trova applicazione anche nell'i

potesi di ammissione al concordato di una società per azioni che

derivi dalla trasformazione di una società di persone e che abbia,

per effetto della mancata adesione dei creditori, soci illimitata

mente responsabili delle obbligazioni anteriori alla trasformazio

ne; che nei confronti di questi ultimi i creditori sociali, salvo patto

Il Foro Italiano — 1987.

contrario, non possono pretendere più della percentuale concor

data (nel caso che il concordato preveda un pagamento dei debiti

in percentuale) o non possono pretendere alcunché nel caso di

concordato attuato con cessione dei beni.

Di conseguenza questa corte affermava — in contrasto con l'av

viso espresso nella sentenza impugnata — che il concordato pre ventivo della società per azioni f.lli Greppi, nella quale si era

trasfusa la omonima società in nome collettivo, era efficace an

che nei confronti di Donato e Pierluigi Greppi, quali soci illimita

tamente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società prima della sua trasformazione; e che essendo stato il concordato attua

to con la cessione dei beni, il Mannello, creditore cambiario della

società, non poteva agire nei loro confronti per il pagamento del

proprio credito.

Precisava ancora questa corte che l'accoglimento dei primi due

motivi del ricorso principale comportava l'assorbimento del terzo

motivo dello stesso ricorso e dei due motivi del ricorso incidenta

le, i quali investivano i capi della sentenza impugnata concernenti

i giudizi di opposizione al precetto ed al pignoramento, legati da un evidente nesso di pregiudizialità - dipendenza al giudizio di opposizione all'ingiunzione, cui si riferivano i motivi accolti.

Con riferimento a questi, la sentenza impugnata veniva pertan to cassata e la causa veniva rimessa per il nuovo esame, anche

in ordine alle spese, ad altra sezione della Corte d'appello di

Milano.

Avanti a detta corte il giudizio veniva riassunto ad iniziativa

dei Greppi, i quali sostanzialmente chiedevano: a) che fosse con

fermata la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui

aveva accolto la loro opposizione al decreto ingiuntivo; b) che

fosse riformato il capo di quella sentenza nella parte in cui era

stata dichiarata inammissibile la opposizione al precetto; c) che

fosse confermata la sentenza del Tribunale di Lecco nella parte in cui in accoglimento della opposizione al pignoramento, questo

era stato dichiarato inefficace; d) che il Mannello fosse condan

nato al rimborso, in loro favore, delle spese relative a tutte le

diverse fasi dei vari giudizi. Il Mannello, costituitosi, chiedeva a sua volta al giudice del

rinvio che fosse confermata la sentenza del Tribunale di Milano

nella parte in cui aveva respinto la opposizione a precetto sicco

me inammissibile; che fosse riformata la sentenza del Tribunale

di Lecco nella parte in cui aveva accolto la opposizione a «pre

cetto» (recte: pignoramento), dichiarandosi la stessa inammissibi

le per identità di petitum con la già accolta opposizione a decreto

ingiuntivo, da parte del Tribunale di Milano; che fosse giudicato

secondo diritto in ordine a quest'ultima opposizione, e fosse di

sposta la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio.

Con sentenza depositata il 2 ottobre 1979 la Corte d'appello

di Milano cosi statuiva quale giudice del rinvio: confermava la

sentenza resa dal Tribunale di Milano sia nella parte in cui aveva

accolto la opposizione dei Greppi avverso il decreto ingiuntivo, sia nella parte in cui aveva dichiarato inammissibile la opposizio ne da loro proposta avverso il precetto; in riforma della sentenza

resa dal Tribunale di Lecco dichiarava inammissibile la opposi zione proposta da Pierluigi Greppi avverso il pignoramento, os

servando al riguardo che la contestazione mossa attraverso quel mezzo — concretamente una vera e propria opposizione alla ese

cuzione — atteneva non già alla esistenza ed alla validità del tito

lo, ovvero alla caducazione di esso posteriormente alla sua

formazione, bensì' all'intrinseco contenuto del titolo medesimo, il quale nella specie era suscettivo di riesame solo da parte del

giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo nella veste di giudi ce del merito della pretesa; compensava infine, per intero, tra

le parti, le spese processuali attinenti le fasi sia del merito che

di legittimità. Avverso tale sentenza Donato e Pierluigi Greppi hanno tempe

stivamente proposto ricorso per cassazione, impostato su quattro motivi di censura. Ilario Mannello ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione. — 1. - Coperti ormai da giudicato i

capi della sentenza concernenti l'accoglimento della opposizione al decreto ingiuntivo e l'inammissibilità della opposizione al pre

cetto, la impugnazione in esame investe esclusivamente la decisio

ne resa dal giudice del rinvio in ordine alla opposizione ex art.

615, 2° comma, c.p.c., riguardante la pignorabilità dei beni e

quella, conseguenziale, della regolamentazione delle spese pro cessuali.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Accolta in primo grado, dal Tribunale di Lecco, quest'ultima

opposizione, il Mannello interpose gravame davanti alla Corte

d'appello di Milano, sulla base di due distinti ordini di considera zioni: a) perché il mezzo costituiva una «inammissibile duplica zione» della opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto sorretto

dai medesimi motivi di contestazione del titolo esecutivo; b) per ché non era a lui Mannello opponibile la cessione dei beni alla

società, ancorché richiamata nella sentenza di omologazione del

concordato preventivo, trascritta anteriormente al pignoramento. La Corte d'appello di Milano, quale giudice di secondo grado,

disattese entrambe le prospettazioni: osservando, in ordine a quella

sub a), che tra il giudizio attinente alla validità formale e sostan

ziale del provvedimento monitorio ed il giudizio di opposizione alla assoggettabilità degli immobili alla esecuzione correva «un

nesso di interdipendenza logico-giuridica, per cui la causa decisa

dal Tribunale di Lecco assume(va) rispetto a quella decisa dal

Tribunale di Milano, carattere di accessorietà», volta che i motivi

per la decisione sulla domanda accessoria dovevano trarsi, essen

zialmente, dalla decisione sulla domanda principale; osservando,

ancora, in ordine alla tesi sub b), che la trascrizione della senten

za di omologazione del concordato, antecedente alla trascrizione

del pignoramento eseguita dal creditore del socio, era di per sé

sufficiente a rendere a lui opponibile la cessione dei beni alla

società.

Con il ricorso, incidentale, per cassazione a suo tempo propo

sto, il Mannello non ha più insistito sulla questione sub a), atti

nente al rapporto di identità oggettiva oppure di accessorietà tra

le due opposizioni, ma ha concentrato le proprie censure sulla

questione sub b), vertente «sulla opponibilità della cessazione dei

beni» (come testualmente riassunto nella rubrica del primo moti

vo di detto ricorso). Dal suo canto questa corte di legittimità, con la precedente

sentenza n. 953 del 1977 — lungi dal riprendere in esame la que

stione sub a) la cui soluzione da parte della corte milanese non

costituiva materia di impugnazione — ha dato atto, nel rigettare l'eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale, che corret

tamente la corte di merito aveva ritenuto essere state sottoposte

al suo esame sia la questione relativa alla legittimità del decreto

ingiuntivo sia quella concernente la legittimità della intrapresa ese

cuzione, in quanto il capo della sentenza relativo alla assoggetta

bilità degli immobili all'azione esecutiva era collegato da un vincolo

inscindibile di pregiudizialità-dipendenza con il capo relativo alla

opposizione alla ingiunzione. E proprio in ragione di tale rapporto di dipendenza, questa

corte (dopo avere affermato che il concordato preventivo della

società per azioni era efficace nei confronti dei soci illimitata

mente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società prima

della sua trasformazione e che, essendo stato quel concordato

attuato con la cessione dei beni, il Mannello creditore cambiario

della società non poteva agire nei confronti dei Greppi per il pa

gamento del proprio credito) oltre ad accogliere il ricorso princi

pale dei Greppi attinente all'ingiusto rigetto della loro opposizione

alla ingiunzione, ha dichiarato assorbito l'esame del ricorso inci

dentale del Mannello per la parte in cui investiva il capo (dipen

dente) della sentenza relativo alla opposizione al pignoramento. Tali essendo i motivi della cassazione della sentenza resa in

sede di gravame e tali essendo le ragioni dell'assorbimento dei

motivi di censura non esaminati, solo in parte e per i profili che

si preciseranno, meritano accoglimento le critiche mosse alla pro

nuncia emessa in sede di rinvio, laddove essa ha ritenuto inam

missibile la opposizione al pignoramento quale reiterazione

invariata della opposizione al decreto ingiuntivo. 2. - Anzitutto non risulta esatto l'assunto di cui al primo moti

vo del ricorso, secondo cui questa corte con la precedente senten

za del 1977 avrebbe inteso rigettare il ricorso incidentale del

Mannello avverso la affermata efficacia del pignoramento, pur

avendo reso al riguardo una pronuncia di assorbimento, e secon

do cui in ordine a tale questione era precluso ogni esame da parte

del giudice del rinvio. Costituisce consolidato insegnamento giurisprudenziale che l'ac

coglimento in sede di legittimità di un motivo di ricorso, con

dichiarazione di assorbimento di altri, non importa la conferma

implicita della sentenza impugnata rispetto alle questioni trattate

nei motivi assorbiti, che, in quanto tali, per definizione non pos

sono considerarsi decise (cfr. Cass. 23 settembre 1966, n. 2392,

id., Rep. 1966, voce Cassazione civile, n. 373; 12 dicembre 1974,

n. 4238, id., Rep. 1974, voce cit., n. 312; 6 febbraio 1978, n.

Il Foro Italiano — 1987.

542 e 13 ottobre 1978, n. 4589, id., Rep. 1978, voce Rinvio civile,

nn. 10, 11). Se, in linea di principio, l'esame delle questioni assorbite deve

essere condotto dal giudice del rinvio (sempreché ne sia investito

dalla parte interessata) senza alcuna limitazione, ciò non di meno

quando — come nel caso in esame — l'assorbimento sia stato

dichiarato in ragione del rapporto di pregiudizialità-dipendenza

collegante la questione di cui al motivo accolto, il giudice del

rinvio nel decidere i punti ancora controversi devoluti al suo esa

me non può obliterare o denegare detto rapporto senza sconfes

sare l'iter argomentativo che ha giustificato la pronuncia medesima

di assorbimento.

Rientra dunque nel potere-dovere del giudice del rinvio il deci

dere anche la questione di cui al motivo dichiarato, in sede di

legittimità, assorbito, ma la decisione al riguardo si presenta del

tutto vincolata al rispetto della motivazione adottata a giustifica zione dell'assorbimento, se il principio di diritto cui egli deve at

tenersi è stato segnalato come utile e sufficiente, una volta applicato in concreto in sede di rinvio, a dirimere esaurientemente ed uni

vocamente, per via di logica conseguenzialità, anche la questione

dipendente.

Senonché, nel caso in esame, il giudice del rinvio si è sottratto

a tale compito ed ha ritenuto essergli consentito di riesumare una

eccezione preliminare ed estranea al tema della inefficacia del pi

gnoramento — quella dell'ammissibilità o meno di una opposi zione ex art. 615, 2° comma, c.p.c., reiterante i motivi di una

già proposta posizione a decreto ingiuntivo — la quale doveva

invece essere considerata preclusa perché risolta dal giudice di

secondo grado in senso sfavorevole agli assunti del Mannello e

non più proposta tra i motivi del ricorso incidentale per cassazione.

3. - All'errore nel quale il giudice del rinvio è incorso non s'at

taglia nemmeno la critica svolta nel secondo motivo del ricorso

in esame, nel senso che: a) la precedente sentenza di questa Cor

te suprema aveva esplicitamente annullato la parte della sentenza

di merito relativa al problema della inefficacia del pignoramento;

b) e perciò detto capo della sentenza non poteva essere riformato

od annullato in sede di rinvio; c) senza che il giudice consumasse

una usurpazione di potere giurisdizionale. Sin dalla premessa sub a) questo ragionamento non può essere

condiviso.

Nella parte iniziale della motivazione della sentenza n. 953 del

1977 questa corte, nel rigettare l'eccezione d'inammissibilità del

ricorso incidentale del Mannello, aveva ribadito il consolidato

canone giurisprudenziale a tenore del quale doveva escludersi la

formazione di un giudicato parziale in ordine ad un capo della

decisione che anziché essere dotato di una propria autonomia si

presentava legato da un inscindibile vincolo di pregiudizialità

dipendenza con altro capo della sentenza impugnata. Di tale principio questa corte ebbe poi a tener conto nel trac

ciare i limiti dell'annullamento della pronuncia denunziata, dal

momento che il motivo del ricorso incidentale del Mannello atti

nente alla ritenuta inefficacia del pignoramento non venne esami

nato né rigettato, ma soltanto dichiarato assorbito.

Non può dunque dubitarsi che la Cassazione della sentenza in

vesti non solo il suo capo principale, relativo alla decisione resa

in ordine alla opposizione alla ingiunzione ed alla sussistenza del

diritto di credito, ma anche il capo dipendente, relativo alla deci

sione resa in ordine alla opposizione al pignoramento ed alla le

gittimità dell'azione esecutiva immobiliare intrapresa in base a

quel titolo di credito.

Al giudice del rinvio non può quindi farsi addebito di avere

straripato dai limiti della materia devoluta al suo esame: e ciò

esime dal considerare che, in ogni caso, un eventuale eccesso in

quel senso avrebbe concentrato soltanto uno scorretto esercizio

della potestas iudicandi per violazione del giudicato (interno) e

per esorbitanza dell'ambito della sua competenza funzionale (cfr.

Cass. 13 maggio 1985, n. 2987, id., Rep. 1985, voce Cassazione

civile, n. 124), ma non sarebbe mai censurabile sotto il profilo

del difetto di giurisdizione. 4. - Meritevole di accoglimento è invece il terzo motivo del

ricorso, nella parte in cui i Greppi — denunziando la violazione

e falsa applicazione degli art. 345, 383, 384 e 394 c.p.c. in rela

zione all'art. 360, n. 3, c.p.c. — rimproverano al giudice del rin

vio di avere affermato l'inammissibilità dell'opposizione

all'esecuzione (sul rilievo che con essa si contestava l'intrinseco

contenuto del titolo esecutivo il cui riesame era riservato al giudi

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Page 5: sezioni unite civili; sentenza 12 febbraio 1987, n. 1543; Pres. Vela, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (concl. parz. diff.); Greppi (Avv. Fresa, Boneschi) c. Marinello (Avv. Cossu, Delitala).

2435 PARTE PRIMA 2436

ce dell'opposizione al decreto ingiuntivo), senza avvedersi: a) che

l'oggetto della opposizione al pignoramento concerneva la assog

gettabilità alla procedura esecutiva di beni dei quali il Greppi, attraverso la cessione alla società, aveva perso la disponibilità;

ti) che l'eccezione di inammissibilità, per duplicazione di doman

da, non apparteneva più al processo, né poteva essere riproposta al giudice del rinvio in quanto del tutto abbandonata dal Man

nello nei motivi da lui addotti a sostegno del ricorso incidentale

per cassazione, dopo che la corte milanese aveva ravvisato tra

la causa di opposizione alla ingiunzione di pagamento e quello sulla efficacia del pignoramento un rapporto non di identità ma

di accessorietà.

Tali censure — che a questa corte consentono l'esame diretto

degli atti del processo — sono fondate.

A parte che l'opposizione ex art. 615, 2° comma, c.p.c., per la parte relativa alla non assoggettabilità di beni determinati alla

intrapresa esecuzione implicava una problematica non suscettiva,

per il suo proprium essenziale, di essere anticipata o riassorbita

nell'ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ri

sulta decisiva la considerazione che il giudice del rinvio ha utiliz

zato, per addivenire alla pronuncia di inammissibilità

dell'opposizione al pignoramento, una questione già dibattuta tra

le parti, già risolta in senso negativo dal giudice di secondo grado ed ormai preclusa, anche alla luce della sentenza resa nel prece dente giudizio di legittimità.

Come è noto, la materia del contendere nelle successive fasi

o gradi del medesimo giudizio è disciplinata nella prospettiva di

una razionale progressiva eliminazione delle questioni, in fatto

od in diritto, dibattute: o perché abbandonate, o perché precluse o perché decise, senza che siano consentiti ritorni involutivi sui

problemi ormai definitivamente espunti dall'area della controversia.

In particolare il giudizio di rinvio — avendo per suo precipuo

scopo quello di consentire una nuova statuizione che prenda il

posto di quella cassata — costituisce essenzialmente un «processo chiuso» nel senso che la rinnovazione dell'esame da parte del nuovo

giudice designato dalla Corte di cassazione sopra i punti relativa

mente ai quali vennero cassate le statuizioni del giudice di secon

do grado, oltre ad essere condotto sulla base dei motivi di appello

già proposti, deve altresì essere contenuto nei limiti deducibili

dal principio di diritto enunciato dalla corte di legittimità me

desima.

Non ricadono pertanto nell'ambito dell'esame del giudice del

rinvio non soltanto le questioni già decise dal giudice di secondo

grado e non riproposte al vaglio della Corte di cassazione né coin

volte nell'annullamento da questa pronunziato, ma anche le que stioni preliminari o pregiudiziali che — pur potendo essere adottate

o rilevate di ufficio in sede di legittimità — devono considerarsi

implicitamente decise in via definitiva dalla Corte di cassazione

quali presupposti necessari ed indefettibili della sua decisione (cfr. Cass. 27 aprile 1985, n. 2751, id., Rep. 1985, voce cit., n. 120; 25 marzo 1985, n. 2119, ibid., voce Rinvio civile, n. 15; 7 gen naio 1980, n. 96, id., Rep. 1980, voce cit., n. 19; 6 aprile 1978, n. 1586, id., Rep. 1978, voce Cassazione civile, n. 327; 24 marzo

1976, n. 1058, id., Rep. 1976, voce Rinvio civile, n. 12); ed a

maggior ragione le questioni che sommano entrambe le caratteri

stiche di quelle sopra indicate, perché risultano nel contempo es

sere state già decise dal giudice di secondo grado ed essere state

valorizzate dal giudice di legittimità a fondamento, o presuppo sto logico-giuridico della sua pronuncia.

Una volta accolto dalla Corte di cassazione un motivo di ricor

so, con assorbimento di altri motivi (per violazione e falsa appli cazione di norme di legge), non è più possibile in sede di rinvio

sia modificare la situazione di fatto assunta a base della duplice statuizione (accoglimento-assorbimento) sia alterare le valutazio

ni giuridiche che quali punti fermi, costituendo le premesse o gli antecedenti dell 'iter argomentativo seguito dalla corte, concorro

no a giustificare, unitariamente, e l'enunciazione del principio di

diritto e il carattere decisorio ad esso assegnato. Nel caso in esame questa corte, con la sentenza del 1977, in

tanto ha stabilito che il principio di diritto enunciato fosse risolu

to dell'intera materia ancora controversa (e cioè sia del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sia del giudizio di opposizio ne al pignoramento) in quanto ha trovato già risolto e precluso il problema se tra l'una e l'altra causa intercorresse un rapporto di identità oppure di mera pregiudizialità-dipendenza; ed in tanto

ha dichiarato assorbito l'esame del ricorso incidentale del Man nello in quanto ha ribadito che la questione della pignorabilità

Il Foro Italiano — 1987.

dei beni risultava condizionata e dipendente dalla questione (prin

cipale) relativa alla esistenza del diritto di credito.

Non era pertanto consentito al giudice del rinvio, senza altera

re i limiti del riesame demandatogli, denegare la validità di queste valutazioni concernenti l'ambito ed i presupposti della pronuncia di annullamento-assorbimento: né in particolare gli era consenti

to di riesumare una eccezione, ormai espunta dall'area della con

troversia, quale quella della identità tra le due cause di opposizione. In accoglimento del terzo motivo del ricorso, l'erronea statui

zione del giudice del rinvio circa l'inammissibile duplicazione di domande deve essere cassata e la causa sulla assoggettabilità a

pignoramento dei beni deve essere rimessa, per il nuovo esame, ad altro giudice.

Questi — che si designa nella Corte d'appello di Brescia —

la deciderà in applicazione del principio di diritto a suo tempo affermato da questa corte ed in coerenza con il giudicato ormai

già formatosi sulla causa di opposizione al decreto ingiuntivo (non

dimenticando, cioè, che la soluzione da dare alla prima, è vinco

lata dalla sua dipendenza alla soluzione data alla seconda).

(Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 7 febbraio

1987, n. 1315; Pres. Menichino, Est. D'Alberto, P.M. Golia

(conci, conf.); Banca di credito popolare (Avv. Fortino) c.

Costa (Avv. Trimarchi). Cassa Trib. Messina 5 luglio 1982.

Lavoro (rapporto) — Trasferimento del lavoratore — Unità pro duttiva — Nozione (Cod. civ., art. 2103; 1. 20 maggio 1970

n. 300, norme sulla tutela della libertà e della dignità dei lavo

ratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 13, 35).

Il concetto di unità produttiva, di cui all'art. 35 l. n. 300 del

1970, che si applica ad ogni altra disposizione della medesima

legge in cui si fa riferimento a siffatta unità, deve essere carat

terizzato dall'autonomia, non potendo essere utilizzato il crite

rio «geografico», privo di riscontro normativo. (1) L'autonomia collettiva può predeterminare convenzionalmente

l'ambito territoriale minimale al di sotto del quale non è con

sentita la configurazione di un'unità produttiva (nella specie, è stata cassata la sentenza che non aveva tenuto conto dell'art.

9 della convenzione 18 giugno 1970 nel settore bancario nel

quale è previsto che «per unità produttiva si intendono il com

plesso delle dipendenze, comunque denominate — sedi, filiali,

succursali, agenzie, uffici, ecc. — operanti nell'ambito dello

stesso comune» con la conseguenza che lo spostamento entro

l'ambito comunale non soggiace alla disciplina del trasferimen to dettata dall'art. 13 della l. n. 300 del 1970). (2)

(1) La Cassazione conferma il proprio indirizzo in ordine al concetto «unitario» di unità produttiva più volte, in precedenza, enunciato: v., da ultimo, oltre alle sentenze citate in motivazione, Cass. 21 febbraio

1986, n. 1064, Foro it., 1986, I, 662. Contra, Cass. 24 giugno 1977, n.

2691, id., 1978, I, 522, con nota di Genoviva. In dottrina, a favore dell'unitarietà del concetto di unità produttiva,

v. Cester, Unità produttiva e rapporti di lavoro, Padova, 1983, 122 ss., e, più recentemente, Vallebona, Il trasferimento del lavoratore, in Riv. it. dir. lav., 1987, I, 67, 73.

Contra, per tutti Angiello, Il trasferimento dei lavoratori, Padova, 1986, 27 ss.

Nella pronuncia in epigrafe viene disatteso il criterio «geografico» che, anche recentemente, è stato seguito dalla Cassazione (v. sent. 18 maggio 1984, n. 3076 Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro (rapporto), n. 1051, e in Giust. civ., 1985, I, 115, con nota di Ghinoy).

Di contro, viene data rilevanza al requisito dell'autonomia che deve caratterizzare l'unità produttiva al di là dello spostamento territoriale del

dipendente, con la conseguenza che potrebbe concepirsi un'unità produt tiva, dislocata anche in vari comuni, mentre sarebbe possibile configurare più unità produttive nell'ambito di uno stesso edificio.

Di siffatto avviso in dottrina, da ultimo, Vallebona, Il trasferimento del lavoratore, Padova, 1986; contra, per tutti, Angiello, Il trasferimen to dei lavoratori, cit., 34.

(2) Partendo dalla già dichiarata legittimità dell'art. 5 della convenzio ne 18 giugno 1970 per i diritti e le relazioni sindacali presso le aziende di credito e finanziarie (cfr. sul punto Cass., sez. un., 8 settembre 1981, n. 5057, Foro it., 1982, I, 737, con nota di Curzio, Autonomia collet

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