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sezioni unite civili; sentenza 13 dicembre 2002, n. 17888; Pres. Vessia, Est. Miani Canevari, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 13 dicembre 2002, n. 17888; Pres. Vessia, Est. Miani Canevari, P.M. Iannelli (concl. diff.); Stefani (Avv. Boer) c. Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo, Pescosolido). Conferma Trib. Modena 23 aprile 1998 Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 789/790-791/792 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197952 . Accessed: 25/06/2014 03:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 03:52:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 13 dicembre 2002, n. 17888; Pres. Vessia, Est. Miani Canevari, P.M.Iannelli (concl. diff.); Stefani (Avv. Boer) c. Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo, Pescosolido).Conferma Trib. Modena 23 aprile 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 789/790-791/792Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197952 .

Accessed: 25/06/2014 03:52

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13

dicembre 2002, n. 17888; Pres. Vessia, Est. Miani Canevari, P.M. Iannelli (conci, diff.); Stefani (Avv. Boer) c. Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo, Pescosolido). Conferma Trib.

Modena 23 aprile 1998.

Previdenza e assistenza sociale — Pensione di reversibilità — Ricalcolo — Integrazione al minimo — «Cristallizza

zione» — Inapplicabilità (L. 21 luglio 1965 n. 903, avvia mento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensio ne della previdenza sociale, art. 22; d.l. 12 settembre 1983 n.

463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari

settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni

termini, art. 6; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463).

E inapplicabile la c.d. «cristallizzazione» prevista dall'art. 6, 7° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in I. 11

novembre 1983 n. 638, all'ipotesi di pensione di reversibilità

per la quale, cessando il diritto di uno dei contitolari in epoca successiva al 30 settembre 1983, si effettui il ricalcolo ab ori

gine della prestazione pensionistica a favore del superstite che ne conserva il diritto, il quale si trovi in situazione che gli consenta di beneficiare dell'integrazione al minimo della

pensione. (1)

Svolgimento del processo. — Carlo Stefani ha goduto dal

1981. in contitolarità con il figlio minore, di pensione di rever

sibilità erogata dall'Inps fino al 1° aprile 1986; da questa data, con il compimento della maggiore età del figlio, è rimasto l'uni

co titolare del trattamento. Dal 1° ottobre 1984 il sig. Stefani ha

goduto anche di pensione diretta (di importo superiore al mini

mo); l'Inps ha preteso la restituzione di somme che riteneva in

debitamente corrisposte per l'attribuzione dal 1° aprile 1986

della quota di trattamento minimo sulla pensione di reversibilità

nonostante il concorso con la pensione diretta.

Con ricorso al Pretore di Modena il sig. Stefani ha dedotto

l'illegittimità del criterio adottato dall'Inps per la determinazio

ne dell'importo della pensione di reversibilità a seguito della

cessazione della situazione di contitolarità, chiedendo il ricono

scimento del proprio diritto al ricalcolo della pensione medesi

ma ab origine, con l'attribuzione dell'integrazione al tratta

mento minimo e quindi alla conservazione dell'importo dovuto

al 30 settembre 1983.

Il pretore adito ha rigettato tale domanda, accogliendo invece

quella subordinata diretta all'accertamento della non ripetibilità dell'indebito.

In grado di appello il Tribunale di Modena ha confermato

questa decisione con sentenza del 23 aprile 1998, avverso la

quale il sig. Stefani ha proposto ricorso per cassazione affidato

ad unico motivo ed illustrato da memoria. L'Inps si è costituito

con il deposito di procura speciale. L'esame del ricorso è stato affidato a queste sezioni unite per

(1) Le sezioni unite compongono il contrasto insorto nella giurispru denza della sezione lavoro, fra Cass. 5 maggio 1999, n. 4512, Foro it.,

Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 779; 15 aprile 1997, n. 3216,

id., Rep. 1997, voce cit., n. 1034; 23 giugno 1992, n. 7666. id., Rep. 1993, voce cit.. n. 745, che hanno espresso l'orientamento confermato nel principio riassunto in massima, e Cass. 30 dicembre 1999, n. 14720,

id., Rep. 1999, voce cit.. n. 667; 14 maggio 1997, n. 4223, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 1033, che si sono espresse in senso contrario.

Il contrasto si è ingenerato a seguito di Corte cost. 31 dicembre 1993, n. 495, id., 1995. I, 1137, con nota di richiami, che ha dichiarato l'ille

gittimità costituzionale dell'art. 22 1. 21 luglio 1965 n. 903, nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilità sia calcolata in pro

porzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo già liqui data al pensionato o che l'assicurato avrebbe comunque diritto di per

cepire. La sentenza che si riporta ritiene che, pur dovendosi procedere al ri

calcolo ab origine nel caso di mutamento del quadro dei superstiti aventi diritto (secondo quanto già affermato da sez. un. 2 novembre

1987, n. 8048. id., Rep. 1988, voce cit., n. 942), il trattamento spettante ai rimanenti contitolari, avendo decorrenza successiva all'epoca consi

derata dall'art. 6 d.l. 463/83, convertito in 1. 638/83, che ha previsto la

c.d. cristallizzazione come rimedio alia perdita del diritto all'integra zione al minimo, non può considerarsi inciso da tale perdita.

Il Foro Italiano — 2003.

la composizione di un contrasto verificatosi nella giurispruden za della sezione lavoro.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo si denunciano i

vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, come sostituito dall'art. 22 1. 903/65, e dell'art. 6 1.

638/83, in relazione all'art. 4 1. 140/85, nonché omessa e insuf

ficiente motivazione, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata non ha cor

rettamente interpretato le norme relative ai criteri di ricalcolo

della pensione di reversibilità a seguito della cessazione del di

ritto di uno dei contitolari. Nella fattispecie la pensione di rever

sibilità, se liquidata nei confronti di un unico titolare, avrebbe

fruito dell'integrazione al minimo fino al 30 settembre 1983.

Sostiene quindi che «poiché a seguito della fuoruscita del figlio, la pensione andava riliquidata fin dall'origine, e cioè da data

anteriore al settembre del 1983, essa doveva considerarsi come

integrata al minimo al 30 settembre 1983, con conseguente di

ritto alla cristallizzazione per il periodo successivo» oltre agli aumenti previsti dalla successiva 1. n. 140 del 1985.

Il ricorso non merita accoglimento. La questione sottoposta all'esame di queste sezioni unite riguarda, in relazione alla di

sciplina dell'art. 6 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in 1.

11 novembre 1983 n. 638, l'integrazione al minimo della pen sione di reversibilità, regolata dall'art. 22 1. 21 luglio 1965 n.

903, nel caso in cui la contitolarità di detto trattamento tra più

superstiti cessi successivamente al 30 settembre 1983.

In base alla citata normativa dell'art. 6 d.l. 463/83, a decorre

re dal 1° ottobre 1983 l'integrazione al minimo delle pensioni non spetta ai soggetti che risultino possessori di redditi propri

assoggettati all'imposta sul reddito delle persone fisiche per im

porti superiori a determinati limiti previsti dalla legge, mentre, nel caso di concorso di due o più pensioni, l'integrazione al mi

nimo spetta una sola volta. I trattamenti integrati al minimo alla

data del 30 settembre 1983, non più spettanti per effetto della

nuova disciplina, vengono mantenuti nella misura pagata alla

medesima data, fino ad assorbimento negli aumenti della pen sione base derivanti dalla perequazione automatica (c.d. cristal

lizzazione). Il divieto della doppia integrazione non si applica alle pensioni ai superstiti in cui vi siano più titolari (art. 6, comma 11 bis, 1. 638/83, cit.).

Si deve ora considerare, quanto alla pensione ai superstiti, che la cessazione della situazione di contitolarità per successiva

esclusione di alcuno degli aventi diritto (per esempio, per rag

giungimento della maggiore età dei figli minori) comporta ne

cessariamente la riliquidazione della prestazione nei confronti

del restante superstite, in base ai criteri dettati dall'art. 22 1. n.

903 del 1965 (che ha sostituito l'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939 n.

636, modificato dall'art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218) secondo cui

tale prestazione è stabilita nelle «seguenti aliquote della pensio ne già liquidata o che sarebbe spettata all'assicurato a norma

dell'art. 12:

a) il sessanta per cento al coniuge; b) il venti per cento a ciascun figlio se ha diritto a pensione

anche il coniuge, oppure il quaranta per cento se hanno diritto a

pensione soltanto i figli». Con riguardo a questa fattispecie, la sentenza 2 novembre

1987, n. 8048 delle sezioni unite della Corte di cassazione (Foro

it.. Rep. 1988, voce Previdenza sociale, n. 942) ha affermato il

principio secondo cui il criterio di riliquidazione della pensione ai restanti superstiti va sempre individuato (in mancanza di altra

disposizione di legge) nello stesso art. 22 1. n. 903 del 1965, co

stituendo, alla stregua di tale norma, la data della morte del

dante causa e l'ammontare della pensione diretta spettante a co

stui i costanti elementi di riferimento, non solo ai fini della de

terminazione iniziale dell'importo della prestazione, ma anche

ai fini della riliquidazione mediante ricalcolo ab origine al veri

ficarsi in ogni mutamento del gruppo dei contitolari.

La riliquidazione va quindi operata con riferimento al dato

fisso dell'ultima pensione diretta spettante al dante causa, me

diante preventiva detrazione della quota del contitolare escluso

dal diritto, applicandosi poi sul residuo importo di pertinenza dei restanti contitolari, con decorrenza dalla morte del dante

causa, gli aumenti di legge e gli incrementi perequativi via via

intervenuti medio tempore. La citata decisione dimostra specificamente che la situazione

di contitolarità per un certo periodo può determinare, secondo i

casi, risultati più o meno vantaggiosi per gli aventi diritto; ma

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PARTE PRIMA

ciò non può influire sull'operatività della regola desumibile

dalla norma di legge, che impone il ricalcolo ab origine della

prestazione come criterio permanente di determinazione della

stessa, anche al seguito del verificarsi di una vicenda parzial mente estintiva.

Si tratta dunque di stabilire in questa sede se l'applicazione del suddetto criterio, comportando la determinazione della mi

sura della pensione di reversibilità per l'unico titolare prima dell'ottobre del 1983 in misura inferiore al minimo, implichi

conseguentemente il riconoscimento del diritto all'integrazione al minimo prima di tale data e la conservazione dell'importo «cristallizzato» per il periodo successivo, ancorché il calcolo di

tale quota riguardi esclusivamente la prestazione dovuta per

questo periodo, nell'arco temporale di operatività dei limiti pre visti dall'art. 6 1. 638/83.

Sulla questione si sono registrati due orientamenti contra

stanti. Per il primo, i criteri di riliquidazione della pensione di

reversibilità, ex art. 22 1. 21 luglio 1965 n. 903, nel caso di

esclusione di uno dei superstiti dal novero degli aventi diritto, non interferiscono sui presupposti e limiti di operatività tempo rale del disposto dell'art. 6, 7° comma, d.l. 12 settembre 1983 n.

463 (convertito nella 1. n. 638 del 1983), che prevede la conser

vazione del trattamento pensionistico nella misura corrisposta al

30 settembre 1983; questa disposizione non può quindi trovare

applicazione con riferimento all'importo della pensione riliqui data con decorrenza dal 1° ottobre 1983, non rilevando la data

anteriore dell'evento in relazione al quale viene riliquidato il

trattamento. In questo senso, si sono espresse Cass. 23 giugno 1992, n. 7666 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 745), 15 aprile 1997, n. 3216 (icl., Rep. 1997, voce cit., n. 1034), e 5 maggio 1999, n.

4512 (id., Rep. 2000, voce cit., n. 779), osservando che l'appli cazione della regola della «cristallizzazione» riguarda il tratta

mento economico nella misura in godimento al 30 settembre

1983, e non può essere riferita alla pensione spettante al super stite, quale unico titolare, soltanto da epoca successiva.

Da questa soluzione dissentono altre decisioni (Cass. 14

maggio 1997, n. 4223, id., Rep. 1997. voce cit., n. 1033; 30 di cembre 1999, n. 14720, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 667) secon

do cui anche nel caso in cui l'esclusione di uno dei beneficiari e la riliquidazione si verifichino successivamente al 30 settembre

1983, può operare — se al pensionato ancora avente diritto fos

se spettato in base alla disciplina precedentemente vigente il be

neficio dell'integrazione al minimo — il principio della conser

vazione del trattamento pensionistico nella misura dovuta in

detta data.

Per questo secondo orientamento, la riliquidazione della pen sione spettante al residuo superstite, dovendo essere compiuta con riferimento a tempi passati, verificando quello che sarebbe stato il suo ammontare in ciascun periodo, comporta l'applica zione delle norme vigenti all'epoca secondo il principio tempus

regit actum, canonizzato nell'art. 11 preleggi, e trascurando i mutamenti legislativi eventualmente sopravvenuti; l'incidenza di nuove norme su periodi precedenti porterebbe a violare il ca none di irretroattività della legge stabilito da tale norma.

Nella stessa linea, Cass. 14720/99. cit., afferma che la regola della cristallizzazione deve trovare applicazione ogniqualvolta la decorrenza delle due o più pensioni percepite risalga a data anteriore al 1° ottobre 1983 e «la cessazione dell'integrazione al minimo venga a cadere in epoca successiva a tale data a causa dell'esistenza di una situazione di contitolarità»; con la precisa zione che spetta in tali casi all'assicurato il diritto a riscuotere la

pensione non integrata al minimo nell'importo raggiunto al 30 settembre 1983 a partire dalla data di cessazione dell'integra zione (salvo il superamento dei limiti di reddito di cui all'art. 6, 1° comma, 1. 638/83) senza che siano dovuti arretrati prima di tale data.

Anche Cass. 25 gennaio 2002, n. 902 (non massimata) ha af

fermato, per l'ipotesi di cessazione della contitolarità dopo il 30 settembre 1983, l'applicazione della regola della riliquidazione ab origine della pensione di reversibilità alla componente pen sionistica costituita dall'eventuale integrazione al minimo, con la conseguenza della commutabilità delle relative maggiorazioni ex art. 4 1. n. 140 del 1985; ma nella fattispecie considerata con

questa decisione risultava precluso l'esame della.questione re lativa alla cristallizzazione della pensione nell'importo spettante al 30 settembre 1983.

Il collegio ritiene che debba essere confermato il primo

Il Foro Italiano — 2003.

orientamento sopra ricordato, non potendo essere seguita l'ar

gomentazione posta a base dell'indirizzo contrastante. Nella

specie si pone, infatti, il problema della determinazione del

l'ammontare della prestazione (pensione di reversibilità) spet tante unicamente per il periodo successivo all'entrata in vigore del d.l. 463/83; a questo fine, i dati relativi all'epoca della morte

del dante causa e all'importo della pensione diretta a questi do

vuta rappresentano solo gli elementi di riferimento per il rical

colo della prestazione secondo il criterio sopra indicato. Non si

prospetta dunque un problema di applicazione retroattiva della

legge, che sorge nelle ipotesi in cui la nuova disciplina discono

sca gli effetti già verificatisi del fatto passato o tolga efficacia

alle conseguenze di esso, introducendo nuovi presupposti per il

riconoscimento di diritti inerenti a tale fatto.

In effetti, l'applicazione della regola di diritto riguarda qui una pretesa creditoria interamente riferibile al periodo successi

vo all'entrata in vigore della disciplina del 1983, anche se ai fini

della determinazione dell'ammontare del trattamento è necessa

rio (data la natura derivata e dipendente della prestazione consi

derata rispetto alla pensione diretta) considerare il periodo pre cedente per individuare la base di calcolo.

Mediante l'operazione di riliquidazione viene definita, infatti, l'entità della prestazione decorrente solo da epoca successiva

alla data considerata dall'art. 6 1. 638/83, data rispetto alla quale non è configurabile alcuna perdita del diritto all'integrazione al

minimo; non può quindi trovare applicazione neppure la dispo sizione del 7° comma dello stesso articolo, che su tale presup

posto predispone una particolare tutela (la c.d. cristallizzazione

dell'«importo erogato alla data di cessazione del diritto all'inte

grazione») al fine di evitare l'istantaneo ridimensionamento, dalla stessa data, del reddito previdenziale.

L'indirizzo qui disatteso non trova d'altro canto argomenti di

sostegno nei principi enunciati dalla sentenza 31 dicembre

1993, n. 495 della Corte costituzionale (id., 1995, I, 1137), con

cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 22 1.

21 luglio 1965 n. 903, nella parte in cui non prevede che la pen sione di reversibilità sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo già liquidata al pensio nato o che l'assicurato avrebbe comunque diritto di percepire.

Con tale pronuncia il giudice delle leggi, individuando la fun

zione della pensione di reversibilità in una sorta di proiezione ultra mortem della funzione di sostentamento assolta in vita dal

reddito del de cuius e di protezione dallo stato di bisogno deri

vante dalla morte di questi, ha affermato che tali finalità non

verrebbero realizzate se il calcolo della percentuale spettante al

superstite si operasse sulla pensione contributiva e non sull'im

porto effettivamente spettante al defunto. Il profilo esaminato

riguarda dunque l'individuazione della base di calcolo costituita

dal trattamento spettante al dante causa, e non attiene alla diver

sa questione qui in esame, che investe invece l'operazione di

computo, sulla suddetta base, della pensione dovuta al superstite (alla quale corrisponde, come ha osservato la Corte costituzio

nale, un autonomo diritto all'integrazione al minimo del tratta mento del medesimo superstite, trattandosi di diverse pensioni con distinti titolari).

In conclusione, può essere qui formulato il seguente principio di diritto: in caso di perdita del diritto alla pensione di reversi bilità da parte di uno dei contitolari in epoca successiva al 30 settembre 1983, il trattamento spettante ai rimanenti contitolari

riguarda una prestazione decorrente solo da epoca successiva alla data considerata dall'art. 6 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in 1. 11 novembre 1983 n. 638, ancorché riliquidata ab origine secondo i criteri fissati dall'art. 22 1. 21 luglio 1965 n. 903. Rispetto a tale data non è configurabile una perdita del diritto all'integrazione al minimo, e non può trovare applicazio ne neppure la disposizione del 7° comma dello stesso articolo, che su tale presupposto prevede la c.d. cristallizzazione dell'im

porto erogato alla data di cessazione del diritto all'integrazione. Risulta quindi conforme a diritto la statuizione, contenuta

nella sentenza impugnata, di rigetto della domanda diretta, ai fi ni del ricalcolo della pensione di reversibilità spettante dal 1°

aprile 1986, alla conservazione del trattamento integrato al mi nimo ai sensi dell'art. 6, 7° comma, 1. 638/83.

Il ricorso deve essere conseguentemente respinto.

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